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Introduzione all'iconografia del denario repubblicano


Rapax

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https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-G144/1

Di esempi e di congetture ne esistono veramente tanti, quello postato è uno splendido denario di Ti Veturius 137 ac nel quale si ritrae la scena di due guerrieri che fanno un giuramento al cospetto di un'altra persona accosciata (probabilmente un feziale) che tiene un porcellino. Si tratterebbe di un rito risalente alla guerra tra Roma ed Alba ed al patto stabilito tra le due citta' di attenersi all'esito del duello tra gli Orazi ed i Curiazi, se una delle due parti non avesse rispettato i patti sarebbe stata uccisa come il maiale. La moneta dovrebbe ricordare un antenato Tiberius Veturius Calvinus console che nel 334 ac avrebbe portato avanti il trattato tra i Romani ed i Campani durante la fondazione di Cales 

Questa simbologia ad esempio verra' ripresa durante la guerra sociale 

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Dagli ultimi decenni del II secolo potremmo fare un esempio per ciascun tipo di denario emesso e su alcuni, come quello postato da @maumo, potremmo scriverci un libro. Le analisi delle diverse scene di giuramento, presente anche sul noto statere aureo, rappresentano delle vere e proprie fonti, dalle quali attingere cogliendo particolari che hanno permesso di individuare aspetti peculiari dell'operato dei feziali e di precedenti analoghi rituali (uccisione gladiis del maiale o a mezzo del lapis silex, ecc...).

Diciamo che lo scopo di questa discussione non è certo quello di illustrare e spiegare tutte le iconografie presenti sugli innumerevoli denari repubblicani, quanto quello di provare a dare qualche suggerimento ai neofiti in termini di metodi da utilizzare. 

@maumo ha però colto nel segno e tra tanti ha pescato, non certo casualmente, un denario estremamente importante non solo per quanto racconta ma anche per ciò che rappresenta in termini "evolutivi". Non ne sono certissimo, ma se non erro si tratta del primo denario dove al dritto non compare Roma. Rappresenta quindi un vero e proprio punto di svolta, anche se resterà un "caso isolato" per poco meno di un ventennio.

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Il 16/6/2020 alle 20:47, maumo dice:

https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-G144/1

Di esempi e di congetture ne esistono veramente tanti, quello postato è uno splendido denario di Ti Veturius 137 ac nel quale si ritrae la scena di due guerrieri che fanno un giuramento al cospetto di un'altra persona accosciata (probabilmente un feziale) che tiene un porcellino. Si tratterebbe di un rito risalente alla guerra tra Roma ed Alba ed al patto stabilito tra le due citta' di attenersi all'esito del duello tra gli Orazi ed i Curiazi, se una delle due parti non avesse rispettato i patti sarebbe stata uccisa come il maiale. La moneta dovrebbe ricordare un antenato Tiberius Veturius Calvinus console che nel 334 ac avrebbe portato avanti il trattato tra i Romani ed i Campani durante la fondazione di Cales 

Questa simbologia ad esempio verra' ripresa durante la guerra sociale 

Il discorso sul denario di Veturio (il mio preferito in assoluto) è un po' più complesso.

 

Come ha scritto @Rapax (del cui ritorno mi rallegro) l'iconografia monetale attraversa alcune fasi iniziali di "gestazione".

C'è una prima effervescenza con tipi differenziati e oggi difficilmente interpretabili, tanto sulla monetazione in argento e bronzo cosiddetta "romano campana", di chiara ispirazione greca (  https://numismatica-classica.lamoneta.it/cat/R-RC ) quanto sulla sulla monetazione enea fusa, il cosiddetto aes grave ( https://numismatica-classica.lamoneta.it/cat/R-RRB ), inserito invece in un fenomeno monetale diffuso in ambito etrusco e italico (e qui si discute se Roma abbia ispirato gli altri popoli, o viceversa) 

 

In seguito, i tipi si irrigidiscono, con:

- il viso di una divinità al dritto;

- una scena di ispirazione militare (ma comunque collegata all'ambito religioso) al retro.

Questo schema ripetitivo si riscontra:

- sulle ultime didracme ( i cosiddetti quadrigati), tutte Giano imberbe / Giove in quadriga ( https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-RC/24 )

- sulle ultime dracme ( i cosiddetti vittoriati), tutte Giove / Vittoria con trofeo ( https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-A5/1 ) 

- sui primi denarii, tutti Roma / Dioscuri a cavallo ( https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-A1/1 ) affincati in seguito da Roma / divinità in biga ( https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-A1/66 )

- sui bronzi, tutti divinità / prora di nave (https://numismatica-classica.lamoneta.it/cat/R-RRB9http://numismatica-classica.lamoneta.it/cat/R-RRB11https://numismatica-classica.lamoneta.it/cat/R-B7 )

Preciso, per i tecnici, che le monete di cui ho postato i link sono solo degli esempi, la produzione fu molto più ampia seppure sempre con le medesime iconografie.

 

La rigidità dei tipi non stupisce: so che era una costante in ambiente greco, perché garantiva la riconoscibilità immediata della moneta e, quindi, la possibilità di riferirla istantaneamente, a una città o uno Stato che ne garantiva l'accettazione. Se non mi sbaglio, le civette di Atene e il cavallo di Alessandro Magno sono stati riproposti per secoli.

 

Quello che stupisce, nella storia della monetazione repubblicana, è la terza fase. A un certo punto infatti (nell'anno 137, secondo la cronologia di Crawford, RRC) due magistrati monetari decidono di abbandonare la fissità dei tipi, introducendo al  retro una scena scelta da loro (cambia anche la scelta della raffigurazione al dritto, ma per il momento permane il ritratto di una divinità). Comincia qui quell'evoluzione descritta da @Rapax, che vede (caso forse unico nella storia antica)  la città-Stato produrre ogni anno monete differenti dall'anno precedente.

I primi due denari di questa fase sono fra i più belli mai emessi.

Uno è appunto quello di Veturio, Marte / giuramento  http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-G144/1

L'altro è quello di Pompeio, Roma / lupa con gemelli http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-G109/1

E' una scelta per l'epoca rivoluzionaria: erano ormai quasi 100 anni che Roma non cambiava i tipi delle sue monete; e anche quando nel suo lontano passato li aveva cambiati (in quella che ho definito la prima fase), aveva scelto raffigurazioni un po' standardizzate , di chiara ispirazione mitologico-magnogreca (sull'argento) o naturalistico-italica (sul bronzo fuso).  Ora, invece, è diverso: Roma comincia a proporre al mondo al propria, personale iconografia. Come ha evidenziato Carandini, non è vero che i Romani difettassero di racconti mitilogici: la verità è che, con la loro mente pragmatica, il patrimonio mitologico era stato calato in una (presunta) realtà storica, integrandosi in essa; è questa fusione mitologia-storia che troviamo sulle prime monete.

Tuttavia, la mentalità romana era evoluzionista in senso diverso da come intendiamo noi, oggi, l'evoluzionismo culturale. Per i moderni, evolvere significa abbattere e ricostruire; per i Romani significava conservare inalterato l'edificio, adattandolo tuttavia a usi completamente nuovi, e infine costruirci sopra (sto usando una metafora, ma è vero anche in senso letterale: nessun edificio veniva obliterato ... ).

Per questa ragione, i tipi monetali introdotti "rivoluzionariamente" nel 137 a.C. furono proposti come una restituzione di tipi tradizionali, apparsi durante la prima fase. Il giuramento, in particolare, fu ripreso quasi senza modifiche dal retro dai primi aurei ( https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-RC/22 ) mentre la lupa che allatta fu ripresa dalle didracme ( https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-RC/8 ). Peraltro, io dubito che i due denari siano contemporanei, proprio perché il primo ripropone pedissequamente un tipo già apparso, l'altro invece rielabora un tema, "osando" allontanarsi dalla tradizione un po' di più.

 

 

 

Modificato da L. Licinio Lucullo
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Fatta questa lunga digressione, è possibile discutere dell'interpretazione della scena del giuramento. Infatti, le relative teoria si incrociano con quelle sulla datazione dell'aureo ove per la prima volta apparve.

‒        Generalmente, l’emissione viene datata tra il 217 e il 216, poco dopo lo scoppio della Seconda Guerra Punica. Il R/ ricorderebbe un singolare giuramento effettuato dall'esercito di Roma dopo le disastrose e ripetute sconfitte romane contro Annibale, oppure quello imposto ai socii italici perché mantenessero fede al patto che avevano precedentemente stipulato contro Cartagine (episodi entrambi citati da Livio). L’occasione sarebbe stata un invio di oro a Roma da parte di Gerone II di Siracusa.

‒        Per Mommsen la scena ricorderebbe la concessione del diritto della cittadinanza romana ai Campani e a una parte dei Sanniti, avvenuta nel 334 sotto il consolato di T. Veturio Calvino e di Sp. Postumio Albino: in tale modo il discendente del primo console avrebbe successivamente ricordato la vicenda nel suo denario del 137 (Cr. 234/1).

‒        Secondo Crawford (che colloca l’aureo al 217), è qui riprodotto il foedus Caudinum, stipulata nel 321 dal console T. Veturius Calvinus (per questo, l’iconografia sarà ripresa in seguito da un altro Veturius, con il denario Cr. 234/1, essendo la pax Caudina il prototipo, mitico e non storico, della pax Numantina). Viene tuttavia opposto che appare improbabile che Roma abbia commemorato una tale umiliazione.

‒        La Breglia ha collocato gli aurei al 290-289 alla fine delle guerre sannitiche: in tal modo il giuramento avrebbe simboleggiato la riappacificazione tra i due popoli.

‒        Per Mattingly il giuramento indicherebbe il trattato concluso nel 263 tra Roma e Ierone di Siracusa. L'incertezza è dovuta al fatto che mentre il guerriero di destra è indubbiamente un romano, quello di sinistra, barbato, non avrebbe le sembianze di un greco ma piuttosto di un italico.

‒        Altra ipotesi è che le monete d'oro siano state battute nel 209 utilizzando una parte delle riserve auree dello Stato romano (l’aurum vicesimarium, ottenuto dalla tassa sulle manumissioni, che “ad ultimos casos serbabatur” - Livio, XXVII, 10). Questa teoria è tuttavia oggi superata, perché l’aureo è paplesemnete connesso, sul piano ponderale e stilistico, con il quadrigato, che Thomsen ha dimostrato essere anteriore al denario.

‒        Per Alföldi e Thomsen (che data l’emissione prima del disastro di Canne del 216) la scena rievocherebbe la fondazione di Roma: i due personaggi in piedi sarebbero Latino ed Enea nell'atto di giurare alleanza e concordia (Virgilio, Eneide, XII, 161-215) oppure Tito Tazio e Romulo, a conclusione dello scontro fra Romani e Sanniti (Virgilio, Eneide, VIII, 639-41; in questo senso, l'Alföldi). L'occasione storica per tale richiamo mitologico sarebbe il giuramento che i soldati, sia romani che i loro alleati latini, dovettero pronunciare nella primavera del 216 (da un passo di Livio) di fronte ai loro tribuni.

‒        Pedroni collega invece l'emissione aurea all'eccezionale arruolamento dei Romani e degli alleati avvenuto nel 225, la “leva tumultuaria” considerata epocale già dagli storici antichi. In quell'anno, con il pretesto della minaccia dei Galli, i Romani conteggiarono tra tutti gli alleati il numero degli uomini in grado di essere mobilitati in caso di guerra. Un avvenimento che ha coinvolto i romani ed i loro alleati italici, un'occasione quindi che avrebbe spinto il Senato per un'emissione aurea di carattere straordinaria e di grande valore propagandistico.

‒        Campana, considerando l'elevato livello stilistico e l'accurata tecnica di coniazione, la data al 225. Secondo Crawford la moneta da 6 scrupoli varrebbe 40 assi semilibrali, quella da 3 scrupoli 20 assi (l'aureo da 30 assi, se autentico, sarebbe successivo a queste monete).

‒        Un’ulteriore interpretazione in chiave mitologica del gioramento potrebbe essere un richiamo al patto di alleanza tra i capi di Alba Longa e Roma, prima dell'ordalia tra Horatii e Curiatii (Livio I, 24).

‒        Coarelli evidenzia che, secondo Plinio, il primo aureo romano fu coniato 51 anni dopo l’argento (dopo il 269): si tratta, per l’autore, di questo aureo, che egli data appunto al 219. Infatti, al R/ è riprodotto un foedus, che veniva stipulato da due feziali, il pater patratus e un gregario, verbenarius. In effetti, le due figure di sinistra portano una veste particolare, che lascia il corpo nudo e presenta un elemento globulare alle spalle: probabilmente il cinctus Gabinus, di cui si servivano i sacerdoti, e quella in piedi è raffigurata come uomo anziano, che regge una lancia, prerogativa del pater patratus, antenata (secondo l’Alföldi) dello scettro e quindi simbolo dell’imperium. La figura di destra invece, staccata dalle altre due, è giovane e veste una corazza anatomica. Si tratta del foedus tra Romolo e Tito Tazio (peraltro, in sabino cures era il nome sia della città di Tito Tazio che della lancia), di cui esisteva un gruppo scultoreo, verosimilmente qui riprodotto, lungo la sacra via. L’aureo potè essere emesso grazie alle prime miniere aurifere cadute in mano ai Romani, ovvero le miniere di Victimulae, presso Vercelli, che sappiamo furono sottratte a Roma, da Annibale, alla fine del 218. Sappiamo da Zonara che nel 220 i due consules suffecti, Lucio Veturio Philo e Gaio Lutazio, a completamento della guerra contro i Celti della Gallia Cisalpina (conclusasi nel 222 con la presa di Milano) spinsero le conquiste di Roma “fino alle Alpi”: probabilmente è questa la data di conquista delle miniere. Quindi, nel 219, con l’oro acquisito grazie alle operazioni di Lucio Veturio Philo, fu commemorata la fine delle operazioni militari iniziate nel 225, quando i Galli cisalpini Boi e Insubri e transalpini Gesati, avevano invaso l’Italia, creando grande preoccupazione e causando una spontanea adesione degli Italici a Roma: evento cui allude la citazione dei foedus originario tra Tito Tazio e Romolo.

‒        Bernard contesta lo studio di Coarelli e sostiene la necessità di datare l’emissione del quadrigato alla Seconda Guerra Punica sulla base di tre considerazioni: gli studi metalloscopici, che hanno dimostrato come in massima parte di tratti di monete coniate con argento spagnolo; la distribuzione dei ritrovamenti (Italia meridionale, Sicilia orientale e Spagna), coerente con il teatro di guerra e la loro inusualità (spesso si tratta di teosretti conteneti solo quadrigati e in consistente numero).

 

 

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Direi che gli impeccabili interventi di @L. Licinio Lucullo hanno ottimamente evidenziato e motivato le prime "rotture" iconografiche portandoci alla data del 137 a.C. (secondo la ricostruzione crawfordiana).

Per gli anni immediatemente successivi riterrei degne di nota le emissioni della Minucia, nelle quali prima C. Minucius Augurinus (135 a.C.) poi Ti. Minucius Augurinus (134 a.C.), portano sul rovescio una vera e propria storia familiare, ben riassunta qui:

 

Ricordando sia Publio e Marco Minucio che Marco Minucio Feso, ecco emergere un aspetto di primaria importanza che interesserà un elevatissimo numero di emissioni successive: richiamare al passato per denunciare le problematiche del presente. Questi due denari infatti rimandando limpidamente al problema agrario, ben vivo oltre due secoli prima, ma nondimeno attuale anche sul finire del II secolo.

Il prefetto dell'annona è una carica istituita ufficialmente da Augusto ma non totalemnte estranea al periodo repubblicano ove, normalmente, tale ruolo veniva ricoperto dagli edili curuli. In casi particolarmente critici tuttavia poteva avvenire l'elezione di un magistrato straordinario, con il preciso incarico di sopperire alla scarsità di grano nell'Urbe. Questo accadde per la prima volta nel 493 a.C. ed il magistrato dell'annona, eletto dai tribuni della plebe, fu un esponente della Minucia, Lucio Minucio Augurino che, tramite il suo impeccabile operato, evitò lo scatenarsi di una nuova secessione. E' bene ricordare che la prima grande secessio plebis avvenne l'anno precedente e portò all'istituzione della carica del tribunus plebis.

E i conservatori patrizi che non sposavano la causa plebea se ne stavano immobili a livello monetale? Naturalmente no. Qualche anno dopo, intorno agli anni 126-125 a.C. ecco apparire un denario voluto da Numerius Fabius Pictor, del quale si è ampiamente parlato qui:

Ecco quindi che il denario, richiamando le gesta di illustri antenati e conseguentemente proponendo una mirata narrazione gentilizia, può anche essere specchio delle vicende sociali e politiche coeve al periodo di emissione, ecco la doppia chiave di lettura.

Non tutti i denari emessi da qui in avanti ci possono raccontare storie di questa portata, ma buona parte delle successive produzioni difficilmente non avranno nulla da dirci. Come vedremo poi, i messaggi si faranno in taluni casi ancor più efficaci e diretti.

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Come sempre è un piacere leggere queste discussioni. Mi rammarico di non poter partecipare attivamente perché rispetto a voi sono molto carente,

Cita

 - sulle ultime dracme ( i cosiddetti vittoriati), tutte Saturno / Vittoria con trofeo ( https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-A5/1 ) 

ma volevo chiedere a @L. Licinio Lucullo (so che non c'entra con la discussione) come mai pensa che sia Saturno la testa barbuta sui vittoriati invece di Giove. Inoltre hai il mio apprezzamento per il buongusto sulla scelta del denario di Veturio come preferito ??

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9 ore fa, L. Licinio Lucullo dice:

Errore di sbaglio :-).

Lo correggo subito, grazie 

Devo dire che ci sono rimasto male ?, pensavo a qualche tesi suggestiva e invece....

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Perdonatemi il "salto in avanti" nel tempo, ma mi sembra giusto che l'abbandono di questo sistema iconografico fu avviato da Silla.

In primo luogo egli adottò iconografie innovative, come nel denario con la doppia cornucopia: 

Ma soprattutto iniziò non solo ad alludere a fatti contemporanei, addirittura a rappresentare se stesso, sia pure (forse) solo sotto forma di statua:

http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-G257/1

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Lo strappo definitivo sarà però assestato dalle emissioni itineranti di Cesare, che nel proseguire le innovazioni avviate dallo zio (perché anche Silla era stato sposato a Julia, non solo Mario ...) le porta a perfezione.

Quando Cesare passa il Rubicone, infatti, diviene nemico pubblico: diventa impossibile per lui, ricevere denaro contante. Da questo momento comincia allora a far battere moneta alle sue legioni. Queste emissioni sono particolari e (a mio avviso) tutte molto belle e presentano tre peculiarità:

- fanno riferimento a eventi contemporanei;

- abbandonano l' "obbligo" di raffigurare un dio, al dritto;

- adottano soluzioni iconografiche innovative.

La prima di queste emissioni è forse la più intrigante: la moneta con l'elefante che calpesta il serpente 

 

Moneta importantissima: la prima emessa in aperta illegalità, con il nome di un privato, in aperta sfida al Senato. È una delle monete con maggiore tiratura di tutta la Repubblica. Una tradizione antiquaria fa risalire questa moneta a Mediolanum, ove il proconsole risiedeva quando non era in campagna militare; Cr. la attribuisce a una zecca itinerante; Sear ipotizza che sia stata coniata in Gallia, prima della marcia su Roma, oppure nell'Urbe, monetando il tesoro pubblico abbandonato dai pompeiani; Banti-Simonetti riporta genericamente Gallia Cisalpina; Grueber ipotizza una zecca militare a Milano o Ravenna; Ulrich-Bansa propende per Ravenna. Secondo D. Van Meter (The Hanbook of Roman Imperial Coins) la moneta, coniata nel 49-48 per finanziare l'invasione dell'Italia, l'allegoria si riferirebbe alla salvezza della Repubblica (il serpente), schiacciata da Metello Scipione (la cui gens avevao raffigurato un elefante sulle proprie monete). Generalmente si ritiene che ad essere calpestato sia un dragone; l'elefante africano non alluderebbe solo alla vittoria contro Ariovisto nel 58 (il dragone era lo stendardo dei Germani) ma anche al nome di Cesare, che scoprì l'esistenza nella lingua dei Mauri di una parola omografa che significava elefante. Il Grueber, pur riportando il dragone nella descrizione della moneta, nelle note interpreta il simbolo come un carnyx così come mostrato nel denario contemporaneo di Postumius Albinus Brutus (Cr. 450/1). Generalmente il carnyx viene raffigurato con forma lunga e dritta, terminante poi curvo con testa di cinghiale; nella moneta in questione se in alcuni conî si potrebbe vedere il carnyx in altri per la forma sinuosa e per la testa piccola si ha più l'impressione che sia un serpente, anche per quella forma a puntini che di solito viene utilizzato per identificare un serpente come in un denario contemporaneo della Acilia (Cr. 442/1). Gli autori anglosassoni (Sear, Crawford e Sydenham) indicano "dragon", così come il francese Babelon, che lo ritiene il simbolo dei germani. Altri invece sostengono che si tratti di un serpente che rappresenterebbe, secondo il Riccio, tutti i nemici di Cesare. Da notare come solo a partire dall'800 gli autori hanno cercato di fornire un'interpretazione di questi simboli. Altro problema spinoso, e non di poca importanza, è la datazione. Crawford fa scuola e la maggior parte delle opere edite dopo il suo lavoro ne seguono le tracce. E' uso quindi datare la moneta al 50-49 o 49-48, in concomitanza colla sottomissione della Gallia; il Sear propone invece il 54-51, all'epoca della guerra coi Germani. Gli emblemi religiosi sono raffigurati nella monetazione romana come simboli di incarichi sacerdotali. La brocca ed il lituus sono immagini che rappresentano le funzioni legate a due dei più autorevoli collegia religiosi: i Pontifices e gli Augures. Entrambi assicurano la leggitimità di ogni azione politica, assicurando la salvezza dello stato romano grazie al rispetto del volere divino. Gli emblemi hanno quindi dei precisi riferimenti alla cultura romana dell'augurato e del sacrificio. Agli Augures che hanno il compito di prendere gli auspices, per determinare il favore divino, detentori del lituus; al Pontifex Maximus che esercita il controllo assoluto sui pubblici sacrifici, preparando ad esempio il vino sacro delle libagioni, per assicurare una perfetta aderenza ai dettami liturgici del mos maiorum. Questi simboli instaurano poi un diretto legame tra i riti tradizionali ed il potere politico della magistratura repubblicana. Proprio Cesare ricopre la maggior parte delle cariche religiose (Flamen Dialis nell'87 o 86, Pontifex nel 73, Pontifex Maximus nel 63 ed Augur nel 47). A scopo propagandistico decide di battere monete che richiamino la sfera religiosa e riportino emblemi liturgici, creando un nuovo tipo che focalizzi l'iconografia esclusivamente sugli strumenti simbolo. Questa è intesa a enfatizzare la sua autorità suprema, la funzione delle immagini è, infatti, di rappresentare un potere eccezionale e gli emblemi scelti per questa emissione diventano un'occasione per presentarlo come uno dei tradizionali magistrati repubblicani, con un carisma eccezionale. Al R/ l'elefante, già simbolo scelto dai Metelli (RRC287-288) rappresenta un simbolo di forza inarrestabile, come gli elefanti di Giuba erano stati un ingrediente fondamentale della propaganda di Scipione ed un fattore determinante nel suo esercito. A Tapso Cesare cattura sessanta elefanti, pronti da schierare davanti alla città (B. Afr. 86) e la celeberrima Legio V Alaudae riceve proprio l'elefante come emblema del coraggio in battaglia (App, BCC II, 96). Da Panormo a Tapso, dalla gens dei Metelli a quella Iulia nella persona di Cesare, lo stesso animale è stato simbolo di maestosa potenza che a Tapso diventa prerogativa esclusiva del nuovo signore di Roma

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