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Bronzi provinciali romani e mitologia greca


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Gorny & Mosch 314, lotto 553

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NÖRDLICHE LEVANTE. ANTIOCHIA AM ORONTES. Kleopatra VII. und Marc Anton, 36 v. Chr. Tetradrachme ø 26mm (14.50g). Vs.: ΒΑΣΙΛΙΣΣΑ ΚΛΕΟΠΑΤΡΑ ΘΕΑ ΝΕΩΤΕΡΑ, drapierte Büste mit Diadem u. reichem Schmuck n. r. Rs.: ΑΝΤΩΝΙΟΣ ΑΥΤΟΚΡΑΤΩΡ ΤΡΙΤΟΝ ΤΡΙΩΝ ΑΝΔΡΩΝ, Kopf n. r. McAlee 174; RPC I, 4094; Prieur 27; HGC 9, 1361. Zarte Tönung, spröder Schrötling mit rissiger Oberfläche, ss-vz.

ΒΑΣΙΛΙΣΣΑ ΚΛΕΟΠΑΤΡΑ ΘΕΑ ΝΕΩΤΕΡΑ, busto drappeggiato con diadema e ricchi gioielli a destra.

Hammer 16'000 EUR

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Gorny & Mosch 314, lotto 561

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PALÄSTINA. BAR KOCHBA AUFSTAND, 132 - 135 N. CHR. ø 18mm (5.10g). 134 - 135 n. Chr. Mzst.Jerusalem. Vs.: Hebräisch "Für die Freiheit von Jerusalem", Weintraube. Rs.: Hebräisch "Shimon", Palmbaum mit Früchten. Mildenberg 158; Meshorer 302b; Hendin 739.

Schwarze Patina mit rotbraunem Sandbelag, Sehr Schön. 500 EUR

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Gorny & Mosch 314, lotto 562

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NORDAFRIKA. ALEXANDRIA. Claudius, 41 - 54 n. Chr. ø 25mm (9.64g). 41 - 42 n. Chr. Vs.: TI KΛAY KAI CEBAC ΓΕΡΜΑ, Kopf mit Lorbeerkranz n. r., r. unten Stern. Rs.: AYTOKRA / L B (= Jahr 2), Nilpferd n. r. Dattari 162; Köln, Alexandria 70-71; RPC I, 5124. R! Dunkelbraune Patina, ss.

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Gorny & Mosch 314, lotto 563

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NORDAFRIKA. ALEXANDRIA. Claudius, 41 - 54 n. Chr. ø 15mm (2.81g). 49 - 50 n. Chr. Vs.: ΤΙΒ ΚΛΑΥ, Kopf mit Lorbeerkranz n. r. Rs.: Kröte, darüber L I (= Jahr 10). RPC I, 5179; Dattari 171; Geissen 96. 3448; Kampmann/Ganschow 12.68. Dunkelbraune Patina, gutes ss.

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DE GREGE EPICURI

Questa con la rana è eccezionale (ma che dire del precedente ippopotamo?) anche se con la mitologia greca ha un rapporto...diciamo alla lontana.


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1 ora fa, gpittini dice:

DE GREGE EPICURI

Questa con la rana è eccezionale (ma che dire del precedente ippopotamo?) anche se con la mitologia greca ha un rapporto...diciamo alla lontana.

 

Nella mitologia greca le rane sono simbolo di fertilità, armonia e talvolta licenziosità, e compaiono spesso nei miti legati alla trasformazione e alla punizione. Sono protagoniste della storia di Leto, trasformata in rana dai contadini della Licia, e dell'epopea parodistica Batrachomyomachia (La battaglia delle rane e dei topi). Appaiono anche nelle favole di Esopo, come nella storia delle “Rane che desideravano un re”.

Riguardo al motivo della raffigurazione della rana su questa moneta, Ernst Gölitzer (Entstehung und Entwicklung des alexandrinischen Münzwesens von 30 v. Chr. bis zum Ende der julisch-claudischen Dynastie, Berlino 2004) scrive (pag. 116): “La rana ha un certo significato magico (apotropaico), apparteneva al mondo sotterraneo, quindi potrebbe aver trovato posto sulle monete di piccolo taglio come simbolo di protezione contro il male”.

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In effetti ippopotamo è il nome del grande mammifero africano semiacquatico derivante dalle parole greche che significano “cavallo” e “fiume”, ma non ha alcun ruolo nella mitologia greca.

Una creatura leggendaria della mitologia greca è invece l’Ippocampo, raffigurato come un cavallo marino con la parte superiore del corpo di un cavallo e la parte inferiore di un pesce o di un serpente. Può avere zoccoli o zampe palmate, e al posto della criniera può esserci una cresta di membrana o delle alghe.

Spesso l’Ippocampo veniva raffigurato mentre trainava il carro di Poseidone, il dio del mare, ma anche altri dei marini e ninfe venivano raffigurati mentre lo cavalcavano.

L’Ippocampo simboleggiava il legame tra la terra e il mare ed era associato al potere e alla rapidità dell'oceano.

 

La raffigurazione dell’ippopotamo sui bronzi provinciali di Claudio è dovuto al fatto che durante il periodo greco-romano questo animale era considerato, insieme al coccodrillo (pure raffigurato al rovescio dei bronzi di Claudio), l'animale egiziano per eccellenza.

L'ippopotamo femmina aveva un ruolo più positivo del maschio nelle credenze egizie per la sua forte associazione a Taweret, “la grande”, una dea della maternità e della fertilità che viene spesso raffigurata come una creatura in parte ippopotamo.

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15 ore fa, apollonia dice:

Nella mitologia greca le rane sono simbolo di fertilità, armonia e talvolta licenziosità, e compaiono spesso nei miti legati alla trasformazione e alla punizione. Sono protagoniste della storia di Leto, trasformata in rana dai contadini della Licia, e dell'epopea parodistica Batrachomyomachia (La battaglia delle rane e dei topi). Appaiono anche nelle favole di Esopo, come nella storia delle “Rane che desideravano un re”.

Riguardo al motivo della raffigurazione della rana su questa moneta, Ernst Gölitzer (Entstehung und Entwicklung des alexandrinischen Münzwesens von 30 v. Chr. bis zum Ende der julisch-claudischen Dynastie, Berlino 2004) scrive (pag. 116): “La rana ha un certo significato magico (apotropaico), apparteneva al mondo sotterraneo, quindi potrebbe aver trovato posto sulle monete di piccolo taglio come simbolo di protezione contro il male”.

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Curiosità

Il maschio della rana di Darwin, un piccolo anfibio che vive in Cile e Argentina, con la lingua trasferisce le uova deposte dalla femmina dentro la propria sacca vocale, e qui le conserva finchè la metamorfosi è completa e i piccoli sono già autonomi.

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Gorny & Mosch 314, lotto 565

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NORDAFRIKA. ALEXANDRIA. Trajan, 98 - 117 n. Chr. Drachme ø 36mm (21.23g). 108/109 n. Chr. Vs.: ΑΥΤ ΤΡΑΙΑΝ ΣΕΒ ΓΕΡΜ ΔΑΚΙΚ, drapierte Panzerbüste mit Lorbeerkranz n. r. Rs.: Kaiser mit Adlerzepter in Elefantenquadriga n. r., von r. oben schwebt Victoria mit Kranz zu ihm, im Abschnitt L IB. Dattari 775; Kampmann 27.156. Rotbraune bis braune Sandpatina, ss.

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La scritta al dritto ΑΥΤ ΤΡΑΙΑΝ ϹΕΒ ΓΕΡΜ ΔΑΚΙΚ (Αὐτ(οκράτωρ) Τραϊαν(ὸς) Σεβ(αστὸς) Γερμ(ανικὸς) Δακικ(ός)) si traduce in Imperatore Traiano Augusto Germanico Dacico, un insieme di titoli celebrativi dell’imperatore romano Marco Ulpio Traiano. “Germanico" e "Dacico" si riferiscono alle sue vittorie militari in Germania e nella Dacia, dove vinse campagne decisive che portarono a vaste conquiste territoriali e un enorme bottino.

Traiano fu il primo imperatore nato in una provincia romana (Spagna) e portò l'Impero alla sua massima espansione territoriale.

Sul rovescio, con la data L ΙΒ = “dell’anno” 12 corrispondente al 108/9 a. C., è raffigurato l’imperatore in piedi su una quadriga trainata da elefanti, con testa coronata d'alloro, vestito con toga, che regge uno scettro con punta ad aquila e un ramo; sopra, Nike.

 

Nel saggio di Mirko Rizzotto “Traiano in India?”, PUBBLICAZIONI DELL’ISTITUTO COMPRENSIVO “DANTE ALIGHIERI” DI COLOGNA VENETA – IV/2 2019/2020 (https://lnx.iccolognaveneta.edu.it/wp-content/uploads/2019/11/Traiano-in-India.pdf), l’autore vede in questa emissione di Traiano un motivo propagandistico dell’accordo dell’Impero Kushan nell’India settentrionale con Roma:

Un’eco propagandistica dell’accordo con i Kushan può leggersi, a nostro avviso, in una dracma coniata da Traiano ad Alessandria d’Egitto tra il 107 e il 108 d.C., in cui, sul verso, è chiaramente mostrato lo stesso Traiano, munito di scettro sormontato da un’aquila ed intento a guidare una quadriga trainata da quattro elefanti. Al di là che l’immagine mostri un evento reale o sia piuttosto un richiamo esplicito ad Alessandro Magno (anche Domiziano aveva adottato in un’occasione tale simbolo iconografico), l’elefante costituisce uno degli emblemi più immediati dell’India e il periodo in cui la moneta fu coniata – dopo i trionfi dacici e prima dell’invasione della Partia – indica plausibilmente un collegamento diretto con il mondo indiano, e pertanto con i Kushan. Che poi tali pachidermi addomesticati siano stati inviati effettivamente come dono e pegno di buona volontà a Traiano da parte di Kanishka è un’ipotesi plausibile, e forse neanche tanto remota. Del resto monete di Traiano (ora conservate al British Museum di Londra) sono state ritrovate in uno stupa buddhista ad Ahin Posh, in Pakistan, accanto a quelle con l’effige di Kanishka, in un esplicito tentativo, stavolta da parte kushan, di accostare i due grandi sovrani.

 

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Gorny & Mosch 314, lotto 566

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NORDAFRIKA. ALEXANDRIA. Trajan, 98 - 117 n. Chr. ø 37mm (24.22g). 111 - 112 n. Chr. Vs.: ΑΥΤ ΤΡΑΙΑΝ Σ-ΕΒ ΓΕΡΜ ΔΑΚΙΚ, Kopf mit Lorbeerkranz u. Aegis auf l. Schulter n. r. Rs.: Harpokrates Canopus mit dem Unterkörper eines Krokodils sowie Pschent, Füllhorn u. typischem Fingergestus auf Podest mit Girlande, im Feld L - IE (= Jahr 15). RPC online III, 4613.2; BMC 463; Dattari 7050; Geissen 3454; Kampmann/Ganschow 27.399. Schwarze Patina, ss-vz.

 

La scritta al dritto è la stessa di quella sul bronzo precedente con quadriga di elefanti.

Sul rovescio è raffigurato su un piedistallo con ghirlanda Arpocrate di Canopo con corpo di coccodrillo e il dito sulle labbra; in testa ha lo Pschent (la doppia corona dei faraoni dell'antico Egitto che simboleggia il potere unificato del re sull'Alto e Basso Egitto) e in mano una cornucopia.

Nel campo la data L - IE (= dell’anno 15) che corrisponde al 111/12 d. C.

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Arpocrate, figlio di Iside e Serapide, è una divinità egizia appartenente alla religione dell’antico Egitto che corrisponde a Horus bambino ed è legata al sole nascente. Nell’arte egizia Arpocrate è raffigurato come un fanciullo nudo con il cranio rasato, una treccia laterale che nell’antico Egitto era elemento caratterizzante dell’infanzia, e un dito alla bocca. Spesso porta la nebride (una pelle di cerbiatto, simile a un'egida e vestimento di Dioniso e dei suoi seguaci) e si appoggia a un tronco di vite, simboli di fertilità e rinascita. Porta sul capo la doppia corona dell’Alto e Basso Egitto e in alcune rappresentazioni tiene in mano una cornucopia, segno di abbondanza,

Canopo è un’antica città egizia nel delta del Nilo, sede di un grande santuario dedicato a Iside e suo marito Serapide. La struttura era caratterizzata da un cortile sacro (temenos) che racchiudeva il tempio principale, con cappelle dedicate ad altre divinità come Anubi, Ermete Trismegisto e Arpocrate.

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