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Per una ipotesi di ATTRIBUZIONE della SERIE OVALE dell’aes grave


Vel Saties

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Supporter

Buongiorno. Vorrei porre alla vostra attenzione il recentissimo articolo del 23 novembre apparso su Cronaca Numismatica a firma Stefano Bani e Italo Vecchi relativo a quella interessantissima quanto misteriosa serie monetale (se avete la compiacenza di guardare la mia immagine di avatar capirete) che è la serie ovale tradizionalmente attribuita ad area umbra o a Tutere. 
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Cita

Questa serie, un unicum nel panorama italico di aes grave, presenta su di un lato la clava simbolo del semidio Eracle/Hercle/Ercules, e dall’altro il segno di valore. Come sappiamo questo eroe, assurto a divinità, era venerato nella maggior parte dei centri della Penisola, in particolar modo nella fascia centrale dove spiccano i santuari dislocati lungo la via della transumanza che collegava l’Adriatico alle pianure laziali.

https://www.cronacanumismatica.com/per-una-ipotesi-di-attribuzione-della-serie-ovale-dellaes-grave/

Modificato da Vel Saties
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Ho letto con grande interesse l'articolo citato. A mio avviso, tuttavia, restiamo nell'ambito delle ipotesi, pur plausibili ovviamente, e la problematica richiederebbe un'analisi più ampia e basata sulla raccolta della documentazione, definendone l'aspetto ponderale e le diversificazioni stilistiche per poi passare all'analisi di rinvenimenti ed eventuali aree di circolazione. 

Da quanto si legge, l'elemento determinante per l'attribuzione della serie a Tarchna (Tarquinia) sarebbe il dato ponderale.

Tempo fa si discusse già su queste particolari produzioni e con ipotesi non sempre convergenti:

 

 

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Aggiungo che forse sarebbe stato opportuno indicare un minimo di bibliografia sull'argomento citando almeno i maggiori studi sul tema tra cui quello di L. Ambrosini, Le monete della cosiddetta serie «ovale» con il tipo della clava”, "Studi Etruschi", LXIII, 1997, 195-226.

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Ho letto anche io con interesse l'articolo. Premetto che conosco entrambi gli autori, che stimo, i quali certamente sono esperti e qualificati. Da ignorante, forse aggiungo pure la parola "superficiale" (sempre riferita a me stesso), rilevo che gli ambiti di circolazione non siano stati evidenziati moltissimo pur in un articolo che vuole essere chiaramente divulgativo. È assolutamente possibile che la zecca ipotizzata possa essere giusta, al posto di Tuder, oppure di altra località da determinare tra nord dell'Umbria e Val di Chiana. Un dato di fatto, assolutamente empirico, è la non irrilevante circolazione di queste tipologie, in primis il sestante, ma anche (meno) l'oncia ed il quadrante (molto meno), per non parlare di un nominale più piccolo, probabilmente una semuncia (della più grande rarità) in tutto il centro Italia, in particolare Umbria, Marche ed Abruzzo. Gli eventuali nominali più grandi, che forse esistono, non li ho mai visti e non ne accenno.

Poi, può essere tutto, anche Tarquinia, il luogo di produzione. A me, sempre da ignorante, Tuder non ha mai convinto appieno per la poca affinità fra queste monete e quelle sicuramente attribuibili alla città umbra. Non entro nella problematica relativa alla metrologia perché sicuramente altri, molto meglio di me, potranno esprimersi.

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Supporter

Diciamo che è un articolo più informativo, come se ne potrebbero trovare sui giornali, che scientifico. Una nota preliminare che faccia da teaser ad una pubblicazione più approfondita.
Secondo me, quindi, dobbiamo attendere l'opera di Vecchi per una disanima più puntuale della tesi proposta. Per ora gustiamoci questa piccola, grande anticipazione.

 

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Salve a tutti. 
Mi complimento con gli Autori di questo contributo per le anticipazioni che, in tal modo, ci hanno voluto offrire. Senza entrare nel merito del dibattito (almeno non per ora e non in questa sede), vorrei solo sottolineare come non sia stato detto nulla di veramente nuovo: in realtà, in letteratura, già la Cesano aveva avanzato l'ipotesi di attribuire la serie ovale con i tipi della clava a Tarquinia. Basti leggere quanto scritto alle pp. 100 e 101 del suo "Note di numismatica etrusca. Tarquinia e le sue monete, il suo medagliere", in AMIIN (1934), pp. 71-103. Non so se gli Autori erano a conoscenza di questo importante quanto datato saggio, perché, al di là dei ragionamenti ponderali, le conclusioni a cui approdano sono le stesse, sebbene la Cesano abbia usato più cautela nell'esprimersi. Nessuna novità, dunque, quanto piuttosto una rilettura di una teoria già avanzata a suo tempo da un grande nome della Numismatica nostrana. Ecco perché, infine, sarebbe stato opportuno, ancorché utile, citare un minimo di bibliografia (come giustamente hanno notato anche altri utenti che mi hanno preceduto), pure se l'articolo nasce con un taglio divulgativo, per il semplice scopo di riuscire a farci un'idea delle basi scientifiche e bibliografiche sulle quali si sono fondate le conclusioni contenute in questa noticina. Secondo me, i vecchi saggi, come nel caso della Cesano appena riportato, andrebbero un po' "riscoperti" e tenuti sempre nella dovuta considerazione, quantomeno come punto di partenza per poi approdare ad una ricerca più attuale ed aggiornata. Probabilmente questa è più una questione di metodo (che pure, alle volte, andrebbe affrontata con più veemenza per la buona riuscita degli studi numismatici).      

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