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IGNORED

Ducale di Ruggero II di Sicilia e Ruggero III d’Apulia


Risposte migliori

15 minuti fa, azaad dice:

Personalmente trovo questi interventi poco corretti da un punto di vista filologico. 

L'articolo che lei ha scritto non dimostra che la moneta è Napoletana. Dimostra la possibilità che sia stata coniata a Napoli, basandosi sulla rilettura del Chronicon Beneventanum, che è una cosa ben diversa. Dalla traduzione di D'angelo: "Dopo aver emanato questi mortali editti ed introdotte queste monete, il re con un contingente militare andò a Napoli".

La lettura che lei da di questo passo, associandolo ad un successivo conio della moneta a Napoli è ovviamente ragionevole, ma non sufficiente a concludere CON CERTEZZA il conio napoletano della moneta. Molto più semplicemente lo rende plausibile, che è una cosa ben diversa.

Nel momento in cui scrive: "Almeno la prima emissione è Napoletana" oppure "Tutti discorsi interessanti, peccato che la moneta sia stata coniata a Napoli, con buona pace di Palermo e Monreale ...", quindi, dà un'informazione sostanzialmente scorretta.

Avrebbe dovuto scrivere: "E' altamente possibile che almeno la prima emissione sia Napoletana." 

 

 

 

La traduzione di D'Angelo, come si nota nella prima parte dell'articolo, ha seri limiti che i numismatici hanno patito, usandola (potevano tradurre da loro come ho fatto io e non sarebbero pervenuti agli studi degli ultimi 30 anni).

Per quanto concerne la coniazione del ducale a Napoli, intanto gli elementi certi a disposizione convergono tutti su Napoli, il che inverte l'onere della prova quanto alla supposizione di altre zecche, per cui probabilmente sono scorrette le attribuzioni che hanno preceduto il mio articolo, non le mie considerazioni. 

Inoltre l'articolo stesso documenta da documento - bel gioco di parole - l'attività della zecca in quegli anni, fatto prima sconosciuto. Col tempo metabolizzerà i nuovi dati, ne sono certo.

Intanto ne ho raccolti altri.

Saluti

 

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ritorno brevemente a quanto scritto nell'articolo per dimostrare come la coniazione Napoletana non sia una ovvia conseguenza ma una semplice possibilità.

 

"Il forte elemento che spinge a credere in una prima coniazione del ducale, come partenopea, in quanto non si può escludere che nelle fasi successive sia stata emessa anche in altre zecche, è offerto dalle semplici situazioni che il Chronicon ci descrive. All’introduzione del ducatus seguì immantinente il trasferimento di Ruggero a Napoli. Dei provvedimenti presi in Ariano, il primo ad essere materialmente implementato sarebbe stato sicuramente quello sulla moneta. Attuando, quindi, una critica sintattico-filologica allo scritto di Falcone, risulta evidente l’operato dell’autore, che ha voluto accostare l’introduzione della moneta al repentino spostamento verso Napoli. Ma v’è di più: il provvedimento monetario pare principalmente diretto non alla Sicilia (isola), bensì all’Italia peninsulare63: allo «Italicus populus». Il nucleo originario del popolo italico era costituito dalla Calabria e dalla Puglia e così era inteso in epoca normanna64. Naturalmente, a questo originario nucleo, si era appena aggiunta la Campania giustappunto in quell’anno. Proprio perché coniato a Napoli, «la innovazione sembrò peggiore che la morte nel napoletano», come scrisse il Garufi, giacché i regnicoli peninsulari ne avevano notato per primi gli effetti e Falcone contemporaneamente li aveva annotati. In tal caso la coniazione non sarebbe stata intestabile al Ducato, ormai estinto, né alla civitas, bensì al primo vagito unitario, poi di fatto consacrato con le coniazioni di Federico II."

Il suo approccio implica che tutte le monete citate da Falcone sono state coniate in seguito a Napoli.

Falcone ne suo testo cita sia il Ducale che tre tipi di Follari.

Tuttavia vari elementi fanno ritenere che i 3 follari di cui parla siano poi stati coniati a Messina. Di conseguenza non è affatto detto che tutte le monete citate da Falcone siano state coniate a Napoli (anzi per tre delle 4 citate è probabile siano state coniate altrove) e quindi non è nemmeno ovvio che vi sia stato coniato il Ducale. 

In definitiva, il conio Napoletano, come dimostrato dal suo articolo, rimane una semplice (ragionevole) possibilità, ma non una certezza. A meno di non voler proporre il conio Napoletano anche dei 3 follari.

 

 

 

Modificato da azaad
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43 minuti fa, azaad dice:

ritorno brevemente a quanto scritto nell'articolo per dimostrare come la coniazione Napoletana non sia una ovvia conseguenza ma una semplice possibilità.

 

"Il forte elemento che spinge a credere in una prima coniazione del ducale, come partenopea, in quanto non si può escludere che nelle fasi successive sia stata emessa anche in altre zecche, è offerto dalle semplici situazioni che il Chronicon ci descrive. All’introduzione del ducatus seguì immantinente il trasferimento di Ruggero a Napoli. Dei provvedimenti presi in Ariano, il primo ad essere materialmente implementato sarebbe stato sicuramente quello sulla moneta. Attuando, quindi, una critica sintattico-filologica allo scritto di Falcone, risulta evidente l’operato dell’autore, che ha voluto accostare l’introduzione della moneta al repentino spostamento verso Napoli. Ma v’è di più: il provvedimento monetario pare principalmente diretto non alla Sicilia (isola), bensì all’Italia peninsulare63: allo «Italicus populus». Il nucleo originario del popolo italico era costituito dalla Calabria e dalla Puglia e così era inteso in epoca normanna64. Naturalmente, a questo originario nucleo, si era appena aggiunta la Campania giustappunto in quell’anno. Proprio perché coniato a Napoli, «la innovazione sembrò peggiore che la morte nel napoletano», come scrisse il Garufi, giacché i regnicoli peninsulari ne avevano notato per primi gli effetti e Falcone contemporaneamente li aveva annotati. In tal caso la coniazione non sarebbe stata intestabile al Ducato, ormai estinto, né alla civitas, bensì al primo vagito unitario, poi di fatto consacrato con le coniazioni di Federico II."

Il suo approccio implica che tutte le monete citate da Falcone sono state coniate in seguito coniate a Napoli.

Falcone cita sia il Ducale che tre tipi di Follari.

Tuttavia vari elementi fanno ritenere che i 3 follari di cui parla siano poi stati coniati a Messina. Di conseguenza non è affatto detto che tutte le monete citate da Falcone siano coniate a Napoli e quindi non è nemmeno ovvio che vi sia stato coniato il Ducale. 

In definitiva, il conio Napoletano, come dimostrato dal sui articolo, rimane una semplice (ragionevole) possibilità, ma non una certezza. A meno di non proporre il conio Napoletano anche dei 3 follari.

 

 

 

 

Continui a considerarlo palermitano.

Dove c’è gusto, non c’è perdenza!

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9 minuti fa, mero mixtoque imperio dice:

Continui a considerarlo palermitano.

Dove c’è gusto, non c’è perdenza!

 

Leggi bene quanto ho scritto. Non ho scritto da nessuna parte che lo considero con certezza Palermitano, ho detto che l'articolo non dimostra oltre ogni ragionevole dubbio che sia Napoletano, che è diverso. 

Modificato da azaad
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54 minuti fa, azaad dice:

ritorno brevemente a quanto scritto nell'articolo per dimostrare come la coniazione Napoletana non sia una ovvia conseguenza ma una semplice possibilità.

 

"Il forte elemento che spinge a credere in una prima coniazione del ducale, come partenopea, in quanto non si può escludere che nelle fasi successive sia stata emessa anche in altre zecche, è offerto dalle semplici situazioni che il Chronicon ci descrive. All’introduzione del ducatus seguì immantinente il trasferimento di Ruggero a Napoli. Dei provvedimenti presi in Ariano, il primo ad essere materialmente implementato sarebbe stato sicuramente quello sulla moneta. Attuando, quindi, una critica sintattico-filologica allo scritto di Falcone, risulta evidente l’operato dell’autore, che ha voluto accostare l’introduzione della moneta al repentino spostamento verso Napoli. Ma v’è di più: il provvedimento monetario pare principalmente diretto non alla Sicilia (isola), bensì all’Italia peninsulare63: allo «Italicus populus». Il nucleo originario del popolo italico era costituito dalla Calabria e dalla Puglia e così era inteso in epoca normanna64. Naturalmente, a questo originario nucleo, si era appena aggiunta la Campania giustappunto in quell’anno. Proprio perché coniato a Napoli, «la innovazione sembrò peggiore che la morte nel napoletano», come scrisse il Garufi, giacché i regnicoli peninsulari ne avevano notato per primi gli effetti e Falcone contemporaneamente li aveva annotati. In tal caso la coniazione non sarebbe stata intestabile al Ducato, ormai estinto, né alla civitas, bensì al primo vagito unitario, poi di fatto consacrato con le coniazioni di Federico II."

Il suo approccio implica che tutte le monete citate da Falcone sono state coniate in seguito coniate a Napoli.

Falcone cita sia il Ducale che tre tipi di Follari.

Tuttavia vari elementi fanno ritenere che i 3 follari di cui parla siano poi stati coniati a Messina. Di conseguenza non è affatto detto che tutte le monete citate da Falcone siano coniate a Napoli e quindi non è nemmeno ovvio che vi sia stato coniato il Ducale. 

In definitiva, il conio Napoletano, come dimostrato dal sui articolo, rimane una semplice (ragionevole) possibilità, ma non una certezza. A meno di non proporre il conio Napoletano anche dei 3 follari.

 

 

 

 

Da quello che leggo l'ipotesi di un'attribuzione del ducale alla zecca di Napoli sulla base del "repentino spostamento (di Ruggero) a Napoli" mi pare francamente un po' forzata, almeno non tale da giustificare toni di tale certezza, può costituire una delle possibilità, è sicuramente probabile che il ducale sia stato coniato in una zecca continentale, ma forse sono più plausibili Bari o Salerno che Napoli, di certo i riferimenti addotti nel testo mi paiono piuttosto deboli e lasciano adito a molti dubbi, ci vogliono prove molto più solide per attribuire con certezza una moneta alla sua zecca di emissione...

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1 ora fa, azaad dice:

Leggi bene quanto ho scritto. Non ho scritto da nessuna parte che lo considero con certezza Palermitano, ho detto che l'articolo non dimostra oltre ogni ragionevole dubbio che sia Napoletano, che è diverso. 

 

 

1 ora fa, talpa dice:

Da quello che leggo l'ipotesi di un'attribuzione del ducale alla zecca di Napoli sulla base del "repentino spostamento (di Ruggero) a Napoli" mi pare francamente un po' forzata, almeno non tale da giustificare toni di tale certezza, può costituire una delle possibilità, è sicuramente probabile che il ducale sia stato coniato in una zecca continentale, ma forse sono più plausibili Bari o Salerno che Napoli, di certo i riferimenti addotti nel testo mi paiono piuttosto deboli e lasciano adito a molti dubbi, ci vogliono prove molto più solide per attribuire con certezza una moneta alla sua zecca di emissione...

 

Ruggero II dopo le Assise entra trionfalmente in Napoli (Tocco, Ruggero II, p. 171), non a Bari o a Salerno, né il mio approccio implica la coniazione dei follari. Rimane circoscritto al ducale e ai rinvenimenti di ducali.

Non è che Napoli sia una possibilità delle tante sic et simpliciter, ma è quella dove portano le fonti. Federico II 90 anni dopo la ripercorre!

Prima di leggere queste notizie stavate ancora a Palermo, Messina e Brindisi, dai su, piano piano la digerite...

 

 

 

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6 ore fa, mero mixtoque imperio dice:

 

Ruggero II dopo le Assise entra trionfalmente in Napoli (Tocco, Ruggero II, p. 171), non a Bari o a Salerno, né il mio approccio implica la coniazione dei follari. Rimane circoscritto al ducale e ai rinvenimenti di ducali.

Non è che Napoli sia una possibilità delle tante sic et simpliciter, ma è quella dove portano le fonti. Federico II 90 anni dopo la ripercorre!

Prima di leggere queste notizie stavate ancora a Palermo, Messina e Brindisi, dai su, piano piano la digerite...

 

 

 

 

Non è questione di digerire qualcosa, semplicemente la notizia data non giustifica per nulla una certezza di attribuzione a Napoli, se ci si fosse limitati a indicarla come una tra le possibilità se ne poteva discutere, ma addirittura parlare di attribuzione certa come se fosse un fatto acquisito, cosa che non è in quanto questa attribuzione al momento la trovo solo nel testo sopracitato e in nessun altro, tenendo soprattutto conto della debolezza delle argomentazioni addotte, mi pare quantomeno forzato e comunque non corretto da un punto di vista metodologico, prima di fare asserzioni non di semplice possibilità o plausibilità ma di certezza bisogna avere prove e argomentazioni molto più solide di quelle riportate nel testo in questione, detto questo a me personalmente non dispiacerebbe affatto se il ducale fosse stato effettivamente coniato nella zecca di Napoli, da napoletano troverei eccitante se la zecca della mia città si ritrovasse un nuovo stimolante capitolo nella sua lunga storia, quindi non nutro alcun pregiudizio in merito all'ipotesi fatta, semmai il contrario, ma una cosa è avere animo favorevole ad un'ipotesi, tutt'altra è averne la certezza o anche la semplice plausibilità, cose che purtroppo non riesco a ravvisare nelle argomentazioni presentate nel testo... 

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14 ore fa, talpa dice:

Non è questione di digerire qualcosa, semplicemente la notizia data non giustifica per nulla una certezza di attribuzione a Napoli, se ci si fosse limitati a indicarla come una tra le possibilità se ne poteva discutere, ma addirittura parlare di attribuzione certa come se fosse un fatto acquisito, cosa che non è in quanto questa attribuzione al momento la trovo solo nel testo sopracitato e in nessun altro, tenendo soprattutto conto della debolezza delle argomentazioni addotte, mi pare quantomeno forzato e comunque non corretto da un punto di vista metodologico, prima di fare asserzioni non di semplice possibilità o plausibilità ma di certezza bisogna avere prove e argomentazioni molto più solide di quelle riportate nel testo in questione, detto questo a me personalmente non dispiacerebbe affatto se il ducale fosse stato effettivamente coniato nella zecca di Napoli, da napoletano troverei eccitante se la zecca della mia città si ritrovasse un nuovo stimolante capitolo nella sua lunga storia, quindi non nutro alcun pregiudizio in merito all'ipotesi fatta, semmai il contrario, ma una cosa è avere animo favorevole ad un'ipotesi, tutt'altra è averne la certezza o anche la semplice plausibilità, cose che purtroppo non riesco a ravvisare nelle argomentazioni presentate nel testo... 

 

se ci si fosse limitati a indicarla come una tra le possibilità se ne poteva discutere

Il problema è che le argomentazioni meno solide sono quelle associate alle altre zecche e per questo la soluzione ‘Napoli’ non può essere indicata come una delle possibilità, semmai dovrebbe essere la più plausibile.

 

cosa che non è in quanto questa attribuzione al momento la trovo solo nel testo sopracitato e in nessun altro

Oltre al mio studio ci era quasi arrivato Zecchino nel 2013, ma non così esplicitamente, anzi del tutto velatamente, escludendo la natura pugliese del ducale e la sua coniazione a Palermo («Per il ducato si è rilevato che la documentazione disponibile attesta una diffusione prevalentemente in un ambito regionale, tanto da essere definito moneta essenzialmente pugliese. Ma la tesi, oltre a confliggere con le considerazioni storico-politiche rappresentate in apertura di questo saggio, difficilmente si concilia anche con il fatto che il ducato quasi certamente fu coniato nella zecca di Palermo»).

Secondo me, l’autore non ha potuto indicare Napoli, solo perché non era ancora nota l’attività di questa zecca fino alla fine del Ducato napoletano.

 

comunque non corretto da un punto di vista metodologico

Tornando al merito della questione:

1.       Ruggero II, dopo aver varato la riforma ad Ariano, entra trionfalmente in Napoli e vi rimane per due anni o per un anno, a seconda delle fonti;

2.       La zecca di Napoli fu perfettamente attiva fino alla fine del Ducato (elemento prima sconosciuto);

3.       La maggioranza dei pochi rinvenimenti di ducali non solo è continentale, ma il tesoro più significativo (di Alife) è vicino a Napoli;

4.       Le fonti sugli effetti della riforma non si riferiscono alla Sicilia (isola) e nemmeno alla Puglia, ma parlano del “napoletano”;

Questi sono gli elementi indicati nel mio studio, dati che nessuna delle zecche indicate nella letteratura precedente può vantare. Dunque l’errore metodologico probabilmente va assegnato agli scritti precedenti.

 

Per tali ragioni, ripeto che per voi è meglio continuare a credere in Palermo, in altro o al massimo pensare che le possibilità siano alla pari, ma l’evidenza non è questa.

Poi più in là aggiungerò qualcosina. Intanto c’è ancora molto da pubblicare sui periodi sconosciuti della zecca di Napoli.

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53 minuti fa, mero mixtoque imperio dice:

se ci si fosse limitati a indicarla come una tra le possibilità se ne poteva discutere

Il problema è che le argomentazioni meno solide sono quelle associate alle altre zecche e per questo la soluzione ‘Napoli’ non può essere indicata come una delle possibilità, semmai dovrebbe essere la più plausibile.

 

cosa che non è in quanto questa attribuzione al momento la trovo solo nel testo sopracitato e in nessun altro

Oltre al mio studio ci era quasi arrivato Zecchino nel 2013, ma non così esplicitamente, anzi del tutto velatamente, escludendo la natura pugliese del ducale e la sua coniazione a Palermo («Per il ducato si è rilevato che la documentazione disponibile attesta una diffusione prevalentemente in un ambito regionale, tanto da essere definito moneta essenzialmente pugliese. Ma la tesi, oltre a confliggere con le considerazioni storico-politiche rappresentate in apertura di questo saggio, difficilmente si concilia anche con il fatto che il ducato quasi certamente fu coniato nella zecca di Palermo»).

Secondo me, l’autore non ha potuto indicare Napoli, solo perché non era ancora nota l’attività di questa zecca fino alla fine del Ducato napoletano.

 

comunque non corretto da un punto di vista metodologico

Tornando al merito della questione:

1.       Ruggero II, dopo aver varato la riforma ad Ariano, entra trionfalmente in Napoli e vi rimane per due anni o per un anno, a seconda delle fonti;

2.       La zecca di Napoli fu perfettamente attiva fino alla fine del Ducato (elemento prima sconosciuto);

3.       La maggioranza dei pochi rinvenimenti di ducali non solo è continentale, ma il tesoro più significativo (di Alife) è vicino a Napoli;

4.       Le fonti sugli effetti della riforma non si riferiscono alla Sicilia (isola) e nemmeno alla Puglia, ma parlano del “napoletano”;

Questi sono gli elementi indicati nel mio studio, dati che nessuna delle zecche indicate nella letteratura precedente può vantare. Dunque l’errore metodologico probabilmente va assegnato agli scritti precedenti.

 

Per tali ragioni, ripeto che per voi è meglio continuare a credere in Palermo, in altro o al massimo pensare che le possibilità siano alla pari, ma l’evidenza non è questa.

Poi più in là aggiungerò qualcosina. Intanto c’è ancora molto da pubblicare sui periodi sconosciuti della zecca di Napoli.

 

Ripeto che la questione qui non sta nel "credere", tutt'altro, la sua ipotesi è perfettamente legittima e a me personalmente piacerebbe che fosse anche reale, ma le sue argomentazioni costituiscono al massimo indizi, non prove certe, anche l'asserzione che la zecca di Napoli fosse attiva durante il periodo normanno è essa stessa un'ipotesi che non poggia su alcuna base certa (anche perchè poi bisognerebbe determinare la durata dell'eventuale operatività, in pianta stabile o una tantum in situazioni eccezionali?)... la scorrettezza metodologica non sta nell'indagine in sè che anzi apprezzo molto, lo studio approfondito di vecchie e nuove fonti scritte è sempre meritorio, ma nelle asserzioni di certezza consolidata che ne fa derivare, cosa che almeno al momento non trova riscontro nei dati apportati, a mio parere sarebbe più opportuna e corretta una maggiore prudenza con toni meno apodittici, tutto qua...

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48 minuti fa, talpa dice:

Ripeto che la questione qui non sta nel "credere", tutt'altro, la sua ipotesi è perfettamente legittima e a me personalmente piacerebbe che fosse anche reale, ma le sue argomentazioni costituiscono al massimo indizi, non prove certe, anche l'asserzione che la zecca di Napoli fosse attiva durante il periodo normanno è essa stessa un'ipotesi che non poggia su alcuna base certa (anche perchè poi bisognerebbe determinare la durata dell'eventuale operatività, in pianta stabile o una tantum in situazioni eccezionali?)... la scorrettezza metodologica non sta nell'indagine in sè che anzi apprezzo molto, lo studio approfondito di vecchie e nuove fonti scritte è sempre meritorio, ma nelle asserzioni di certezza consolidata che ne fa derivare, cosa che almeno al momento non trova riscontro nei dati apportati, a mio parere sarebbe più opportuna e corretta una maggiore prudenza con toni meno apodittici, tutto qua...

 

l'asserzione che la zecca di Napoli fosse attiva durante il periodo normanno è essa stessa un'ipotesi che non poggia su alcuna base certa

Qui però comincio a ridere. Falcone Beneventano non ve lo potete girare a piacimento. Lo afferma lui stesso, per la fase ante 1140, quindi quanto sta scrivendo non ha ragion d’essere.

anche perchè poi bisognerebbe determinare la durata dell'eventuale operatività, in pianta stabile o una tantum in situazioni eccezionali?

Qui si va a ruota libera! È evidente che il mio metodo non poggi solo su quanto scritto nell’articolo, considerato che la continuità della zecca non è solo dimostrata, di più! Chiaramente per i periodi antecedenti al XIII secolo la documentazione ha minore frequenza, anche perché è immobilizzata. In ogni caso abbiamo una fonte ogni 2-3 decenni circa (a volte più a volte meno).

Per esempio su Federico II, sul quale non avevate nulla fino al 2020, sono arrivato a oltre 20 fonti in parte edite e in parte in cds che parlano della zecca di Napoli, praticamente con una media di 1 fonte ogni 2 anni e mezzo rispetto al periodo dell’imperatore. Sebbene in periodo svevo, se non è continuità questa!?

Ma per voi la zecca apre nel 1278! Che disastro!

Come fa a parlare di metodo sbagliato con queste premesse non lo capisco proprio…

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3 minuti fa, mero mixtoque imperio dice:

l'asserzione che la zecca di Napoli fosse attiva durante il periodo normanno è essa stessa un'ipotesi che non poggia su alcuna base certa

Qui però comincio a ridere. Falcone Beneventano non ve lo potete girare a piacimento. Lo afferma lui stesso, per la fase ante 1140, quindi quanto sta scrivendo non ha ragion d’essere.

anche perchè poi bisognerebbe determinare la durata dell'eventuale operatività, in pianta stabile o una tantum in situazioni eccezionali?

Qui si va a ruota libera! È evidente che il mio metodo non poggi solo su quanto scritto nell’articolo, considerato che la continuità della zecca non è solo dimostrata, di più! Chiaramente per i periodi antecedenti al XIII secolo la documentazione ha minore frequenza, anche perché è immobilizzata. In ogni caso abbiamo una fonte ogni 2-3 decenni circa (a volte più a volte meno).

Per esempio su Federico II, sul quale non avevate nulla fino al 2020, sono arrivato a oltre 20 fonti in parte edite e in parte in cds che parlano della zecca di Napoli, praticamente con una media di 1 fonte ogni 2 anni e mezzo rispetto al periodo dell’imperatore. Sebbene in periodo svevo, se non è continuità questa!?

Ma per voi la zecca apre nel 1278! Che disastro!

Come fa a parlare di metodo sbagliato con queste premesse non lo capisco proprio…

 

Non si deve confrontare con me, che sono solo un semplice appassionato, si confronti con altri studiosi competenti in merito alle sue ipotesi, qui sul forum o altrove, dal dibattito che ne scaturirà potrà valutare meglio la plausibilità o forzatura delle sue argomentazioni, è semplice...

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1 ora fa, talpa dice:

Non si deve confrontare con me, che sono solo un semplice appassionato, si confronti con altri studiosi competenti in merito alle sue ipotesi, qui sul forum o altrove, dal dibattito che ne scaturirà potrà valutare meglio la plausibilità o forzatura delle sue argomentazioni, è semplice...

 

Lei è troppo furbo: se mi sottopone dei temi (peraltro errati) io rispondo.

Per quanto riguarda gli altri studiosi ben venga qualsiasi confronto, ma tutto l’apparato normanno-svevo che ho creato nell’ultimo triennio è documentale.

Inoltre lei capisce bene il conflitto di interessi in cui versa chi ha già pubblicato sull’argomento: ha solo da perdere.

Pensi che una volta un referee di fronte alla frase “carolenses, augustales, ac tarenos auri, qui in Sicla Neapolis cuduntur”, che inoppugnabilmente significa “i carlini, gli augustali e i tarì d’oro che si coniano nella zecca di Napoli”, è stato in grado di dire che la frase significa l’esatto contrario.

Siccome io non voglio essere preso in giro da nessuno, mi limito a trovare le fonti del caso e a contestualizzarle, tanto ne trovo di continuo e vanno tutte nella nuova direzione.

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9 minuti fa, mero mixtoque imperio dice:

Lei è troppo furbo: se mi sottopone dei temi (peraltro errati) io rispondo.

Per quanto riguarda gli altri studiosi ben venga qualsiasi confronto, ma tutto l’apparato normanno-svevo che ho creato nell’ultimo triennio è documentale.

Inoltre lei capisce bene il conflitto di interessi in cui versa chi ha già pubblicato sull’argomento: ha solo da perdere.

Pensi che una volta un referee di fronte alla frase “carolenses, augustales, ac tarenos auri, qui in Sicla Neapolis cuduntur”, che inoppugnabilmente significa “i carlini, gli augustali e i tarì d’oro che si coniano nella zecca di Napoli”, è stato in grado di dire che la frase significa l’esatto contrario.

Siccome io non voglio essere preso in giro da nessuno, mi limito a trovare le fonti del caso e a contestualizzarle, tanto ne trovo di continuo e vanno tutte nella nuova direzione.

 

Perchè furbo? Io ho solo dato la mia opinione su quanto letto e lei giustamente ha controbattuto con i suoi argomenti, tutto qui, ma ovviamente per avvalorare di plausibilità o addirittura di certezze delle ipotesi diventa necessario un confronto e un dibattito più ampio che coinvolga tutti gli studiosi e gli esperti interessati all'argomento, il metodo scientifico funziona in questo modo e in qualunque ambito, non solo in numismatica,  altrimenti ognuno si creerebbe le sue certezze da solo e sempre da solo se la suona e se la canta, non so però quanto sia soddisfacente una modalità simile... 

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  • 7 mesi dopo...
Inviato (modificato)

Non sono uno storico e non ho accesso alle fonti a cui sarebbe necessario attingere, né le competenze archivistiche per farlo... ma lascio argomentare ai dubbi espressi da altri:

https://www.academia.edu/117670185/Raffaele_Iula_Moneta_que_tunc_per_ista_civitate_andaberis_zecca_ed_economia_monetaria_a_Napoli_nel_XII_secolo_in_Archivio_Storico_per_le_Province_Napoletane_CXLII_2024_pp_7_28?email_work_card=view-paper

Senza alcun intento polemico, premettendo l’interesse con cui ho letto altri contributi relativi a periodi successivi, che si rifacevano a fonti e dati decisamente più convincenti... ma se parliamo di “comprensione del testo” non c’è bisogno di competenza storica. Non è possibile dimostrare matematicamente eventi avvenuti quasi 900 anni fa con le ipotesi basate sugli “impliciti” e le suggestioni voluti in un testo: se da questi vengono ipotesi che poi trovano conferme materiali (archeologiche, numismatiche, documentali) “oltre ogni ragionevole dubbio”, allora è un altro discorso, ma fino ad ora queste prove materiali mi consta manchino.

E mi sto riferendo alla coniazione del ducale e dei lucenses “napoletani”.

 

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Modificato da Ulpianensis
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Costretto a rientrare a causa delle condizioni meteo avverse e visto che l'articolo è stato messo a disposizione sul forum, quasi come invito, ne approfitto con piacere, e mi diletto a commentare l'articolo appena postato, non avendo programmato altro.

Un pezzetto alla volta, però, cominciando da quello che ricordo da 2-3 ore d'ore fa.

Un grave limite si trova a p. 17, ove si pensa che Napoli debba ricevere un privilegio da parte di Ruggero II. Il privilegio veniva erogato principalmente in chiave civica o imperiale, (quest'ultima generalmente immobilizzata per coniazioni filo-imperiali, non per quelle dell'imperatore in persona), ma i ducali non sono monete civiche, per cui possono essere emesse motu proprio. Non patiscono nemmeno la chiave feudale, visto che il Ducato come feudo era appena cessato, a dispetto del nome della moneta.

p. 17.jpg

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Nella stessa pagina si dice che non è necessaria la presenza del sovrano o meno nel luogo di zecca, cosa vera, ma tale situazione viene rimarcata nel mio studio perché è un elemento in più a favore della produzione del ducale.

Gli autori inoltre ci dicono che la presenza del sovrano non è certa "perché non esplicitamente dichiarato". Mi spiace di non aver ricordato Fazzelli e Summonte: Nella venuta di Ruggiero in Napoli (nota il Villani nella suddetta Cronica) che la Città gli fè molti doni e vi fu fatta grandissima festa, e che per due anni vi dimorò: mà il Fazzello scrive un’anno, e ritrovo in vna Cronica a penna cavata da un processo del Sacro Consiglio di questa Città, fatta per Ruggiero Pappainsogna notare e nobile Seggio di Montagna, che vennero con quel Rè queste famiglie in Napoli: le quali al presente son’estinte (Summonte, Dell’Historia della città e Regno di Napoli nel quale si descriveno i gesti di svoi Re Normandi, Tedeschi, Francesi, e Durazzeschi, dall’anno 1127 insino al 1442, t. II, lib. II, pp. 5-6.)

Chiaro segno che lo scritto si regga in recensione divulgativa.

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L'articolo in varie parti commette lo storico errore del Sambon, vale a dire quello di andare alla ricerca di moneta personale della città di Napoli, che invece produceva altro tipo di moneta, salvo i rari momenti civici. Questo stile è paradossalmente perdurato fino alla chiusura della zecca attraverso la produzione di moneta sovrana e non cittadina, priva di simboli civici, ma con piccoli segni distintivi nel corso della storia.

"non ci sono prove che Napoli abbia coniato monete d'argento"

secondo loro e invece in realtà 
Grossi  toscani a go go

p. 11.jpg

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Idem per quanto concerne l'inattività della zecca. Inattiva per moneta propria, ma non per moneta forestiera, imperiale o imitativa (la zecca rimase inattiva per più di due secoli).

I documenti di queste emissioni si trovano nel circolante, nei ripostigli e nella documentazione dell'ente emittente.

Dunque si tratta di un dato inconferente o comunque non estensibile ai pretesi due secoli.

 

pp. 8-9.jpg

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A cavallo tra la p. 17 e la p. 18, riscontro purtroppo grande confusione esegetica e giuridica.

Gli autori mettono a confronto le assise di Ariano, effettivamente dirette a tutto il Regno, insulare e peninsulare, con l'Italicus populus da me citato dal Chronicon. Quest'ultimo non solo è principalmente scritto in continente e riferito ai fatti continentali, ma non può avere la doppia valenza giuridica-geografica che invece spetta ai provvedimenti delle Assise.

Con queste premesse no ...

pp. 17-18.jpg

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La p. 21, invece parla di status quaestionis, che sfortunatamente è stato portato avanti coi preconcetti sopra delineati, per cui mal si convoglia verso i passi successivi.

Passi successivi che riguardano i momenti principali che documentano le coniazioni napoletane, le quali come detto sopra è stato solo un caso trovarle, perché riferite a moneta forestiera (promanano infatti da cronachistica e non da cancelleria).

La prossima la dedichiamo all'interpretazione😀

 

p. 21.jpg

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Non entro nel merito della lettura della traduzione, perché non ho bisogno d'altro in più rispetto a quanto ho scritto qui al link e rispetto a quello che gli autori dei secoli scorsi ivi citati hanno scritto:

https://www.academia.edu/95223026/La_zecca_di_Napoli_al_culmine_del_Ducato_normanno_in_Rassegna_del_Centro_di_Cultura_e_Storia_Amalfitana_61_62_2021_pp_63_92

ma la cosa grave è che gli autori di Zecca ed economia monetaria a Napoli nel XII secolo  hanno evitato di citare che Federico II avesse fatto la stessa cosa di Ruggero II nel 1229.

Tutto ciò è in perfetto stile 'Lucia Travaini', come mostrato al recente convegno sui tarì presso il Centro di Cultura e Storia Amalfitana, ove alcun cenno è stato fatto alla zecca di Napoli in periodo normanno-svevo.

Quindi non devo aggiungere altro su questa pagina. Più tardi vedrò le altre, ma prendete i pop corn.

p. 22.jpg

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Alle pp. 23-25 gli autori passano alla fase per così dire 'archeologica', lamentando le carenze di Perfetto sul punto, ma di fatto riducendosi agli stessi elementi da lui richiamati, col ripostiglio di Alife e di Montescaglioso.

Dopo aver richiamato i vari studi sul punto, gli autori pervengono alla conclusione (p. 25) che Perfetto consideri tutte le monete straniere contenute nei ripostigli come di produzione locale (eresia totale).

Perfetto sostiene che nell'ambito dei ripostigli contenenti moneta straniera, al fine di individuare un particolare conio emesso dalla zecca di Napoli, bisogna prima ricercare tra i ripostigli più vicini alla zecca, vale a dire alla sede di produzione. Non comincerò certo la ricerca del conio preciso di un fiorino napoletano tra i ripostigli tedeschi, ma isolerò prima i gruppi di fiorini rinvenuti nel napoletano, che hanno maggiore probabilità di contenerlo. Idem per i ducali o altro.

Niente da fare, travisamento puro In questi passaggi 😃

La p. 25 si chiude poi con la perla rimessa alla possibile riapertura o meno della zecca di Napoli, praticamente una caccia alle streghe pur di farla mantenere chiusa.

Solis occasu!

 

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