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Condivido volentieri il Lotto 948 dell’asta Nomisma Aste 5 dell’11-12/11/2023, così descritto in Catalogo:

VENEZIA Elisabetta Querini (moglie del doge Silvestro Valier) (1694-1700) Osella o medaglia 1694- Pao. 286 AG (g. 9,43) RRR Esemplare fotografato sul Ravegnani Morosini II. Proveniente dall'asta Nac, lotto 210, dichiarato qSPL e con la nota "Acquistata privatamente da Carlo Crippa nel febbraio 1980". 


Era un po’ che la cercavo…

 

 

 

 

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NAC: Asta 85 24 maggio 2015
“Signorie e Principati: La Collezione Ravegnani Morosini di Monete di Zecche Italiane”

Lotto 210

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QUERINI, Elisabetta. – Nacque a Venezia il 12 novembre del 1628, dal patrizio e procuratore di S. Marco Polo Querini del prestigioso ramo degli Stampalia di S. Maria Formosa.

Il padre, nato il 24 dicembre 1602, si era sposato nel 1626 con Bianca Ruzzini di Domenico. Elisabetta fu la primogenita della coppia, seguita da Gianfrancesco, venuto alla luce il 9 settembre 1630. Fu registrata come Isabetta e come secondo nome le venne assegnato Paolina, anche se familiarmente fu chiamata Betta. Avevano voluto conferirle quel nome per ricordare la bella e colta antenata, amica di Pietro Bembo, di Tiziano, di Giovanni Della Casa, sposa di Lorenzo Massolo.

Dopo l’educazione in monastero, fu destinata al matrimonio con un patrizio che consentisse di ampliare le relazioni dei Querini. La scelta non dovette essere facile, come traspare dall’età di Elisabetta: al momento delle nozze avvenute l’8 luglio 1649 aveva già superato i vent’anni mentre lo sposo era più giovane di due. Silvestro Valier era nato, infatti, il 28 marzo 1630, discendente dall’antica famiglia patrizia del ramo con palazzo in Cannaregio prima di proprietà della famiglia Gonella, ubicato sulla riva opposta a S. Giobbe, di fronte al ponte dei Tre archi. Elisabetta era conosciuta per la sua virtù e «il vivacissimo suo spirito» (Rovere, 1704, p. 95) che compensavano un’avvenenza forse modesta. Portò in dote la considerevole cifra di 45.000 ducati. Il matrimonio venne celebrato nel palazzo dei Querini a S. Maria Formosa.

Silvestro, figlio di Bertucci e di Benedetta Pisani, mentre la nonna paterna era Bianca Priuli discendente dei dogi Lorenzo e Girolamo, dopo la morte in giovane età del fratello Massimo, rimase l’unico figlio maschio, mentre la sorella Chiara sposò Alvise I Mocenigo. Il padre di Silvestro, colto, letterato, molto ricco e munifico, rivestì cariche importanti, tuttavia non venne mai eletto procuratore di S. Marco, così che diede la possibilità al figlio, l’anno stesso del matrimonio con Elisabetta, di accedere alla carica di procuratore di S. Marco de supra, dietro l’esborso di 25.000 ducati, offerti per le spese della guerra di Candia.

Alla coppia nacque subito un figlio, battezzato a nome Bertucci, che tuttavia morì a soli quattro mesi d’età. Pochi anni dopo, il 15 giugno del 1656, Bertucci padre saliva al soglio ducale e sotto il suo dogato la Repubblica conseguiva un’importante vittoria contro i turchi. Di salute cagionevole, morì due anni dopo, il 29 marzo 1658. Silvestro proseguì il suo cursus honorum, divenendo deputato al magistrato contro la Bestemmia e soprattutto sopraprovveditore all’Arsenale e alle Artiglierie, cariche importanti in tempo di guerra; venne nominato ambasciatore sia straordinario sia ordinario, ottenendo per i suoi meriti il cavalierato, poi fu riformatore dello Studio di Padova e bibliotecario della Libreria Marciana e mecenate e protettore delle accademie padovane Delia e dei Ricovrati.

Nel frattempo i coniugi si facevano conoscere per la loro prodigalità verso i poveri, gli ospedali e i luoghi pii ed Elisabetta iniziava a presiedere ospizi e altri istituti d’assistenza, consolidando la fama di dama virtuosa e caritatevole.

Il 25 febbraio 1694 il marito veniva eletto doge e per Elisabetta, nonostante il divieto in vigore dal 10 gennaio 1645 che proibiva l’incoronazione delle dogaresse, a seguito dei tributi sfarzosi realizzati il 4 maggio 1597 a Morosina Morosini, moglie del doge Marino Grimani, venne ripristinato l’antico cerimoniale previsto per le ‘ducisse’: il 4 marzo fu prelevata dal Bucintoro in cui salì abbigliata con una veste d’oro ornata di zibellini, il velo bianco, il corno ingioiellato e sul petto sfoggiava una collana con una croce di diamanti, così come fu poi ritratta da Niccolò Cassana. Giunta in palazzo ducale, circondata da numerose gentildonne, ricevette sul trono le autorità pubbliche. In suo onore venne coniata un’osella che la raffigurava, incisa da Johann Franz Neidinger.

Fu l’ultima dogaressa a essere incoronata: nel 1700 fu ribadito il divieto di incoronazione specificando inoltre la proibizione al ricevimento di visite ufficiali di ambasciatori, principi stranieri e magistrati veneziani e negando l’uso del cornetto dogale. Gli accademici Ricovrati di Padova pubblicarono per la doppia incoronazione di doge e dogaressa due volumi di rime e prose, il primo rivolto a Elisabetta, con composizioni in onore del marito, mentre il secondo indirizzato a Silvestro Valier conteneva dei panegirici delle qualità femminili, dei quesiti sui ruoli più pertinenti al genio muliebre e delle rime sull’amore coniugale. Ben tre interventi erano scritti da Michele Viero, Lodovico Camposanpiero e Alvise Mussato sul tema della sterilità in lode della dogaressa: stupefacente tributo a una donna e a una coppia priva di discendenza. Il biografo di Valier annotava che dopo aver perso «la speranza di avere ancora prole» il doge «adottò come propri figli gli sudditi» (Rovere, 1704, p. 44).

La fama e l’autorevolezza conquistate da Elisabetta fecero sì che ebbe omaggi piuttosto inconsueti al tempo: ricevette dopo l’incoronazione il nunzio apostolico Giuseppe Archinto, l’ambasciatore di Francia, il patriarca di Venezia Giovanni Alberto Badoer, il vescovo di Padova Gregorio Barbarigo e il patriarca di Aquileia Giovanni Dolfin. Nel maggio del 1696 fu la volta del nuovo ambasciatore di Spagna, il duca di Parete Francesco Moles, che rivide l’anno successivo in occasione della partecipazione alla morte della regina madre Marianna d’Austria. Anche il legato straordinario di Polonia, l’abate Giovanni Bokum, si recò in visita formale.

Era già patrona di varie istituzioni pie così che appena eletta le fu offerto da parte dell’ospedale degli Incurabili un oratorio; nel 1696 il somasco Francesco Caro le indirizzava come governatrice dell’ospedaletto dei Derelitti l’opuscolo Il fuoco dell’ospitaletto, che ricordava l’incendio che nel 1686 aveva danneggiato l’istituto e tutta la zona vicino a Ss. Giovanni e Paolo. L’anno seguente il veronese Marco Antonio Rimena le destinava un racconto sacro ricordando «la vostra magnanima e religiosa munificenza […] i luoghi pii restaurati, i santuarii costrutti, i chiostri beneficati, le vergini protette, gl’altari arrichiti, gl’hospitali ampliati» (La madre addolorata, 1697, pp. 7 s.). Dovette dar prova di un carattere deciso tale da varcare i limiti in cui era circoscritto il ruolo della dogaressa e da suscitare voci sulla sua influenza sul marito in merito all’attribuzione di alcune cariche dello Stato (Da Mosto, 1977, pp. 444 s.).

Silvestro Valier, di malferma salute, morì il 7 luglio 1700 e, oltre a lasciare ingenti somme di denaro per istituti pii, poveri, chiese, monasteri, parenti e amici, per la Biblioteca e la stessa Repubblica, destinò 50.000 ducati per l’erezione del monumento sepolcrale che avrebbe dovuto accogliere anche le spoglie della moglie, nonché del padre Bertucci, all’interno della chiesa di Giovanni e Paolo affidandole l’esecuzione. Elisabetta ne incaricò l’architetto Andrea Tirali che realizzò un fastoso mausoleo, non del tutto completato alla sua morte, corredato da statue. Quella raffigurante la dogaressa fu opera di Giovanni Bonazza.

Elisabetta morì il 19 gennaio 1709; il testamento olografo redatto l’11 aprile dell’anno precedente, con un codicillo aggiunto il seguente 1° gennaio, attesta sia la ricchezza dei suoi beni (che comprendevano dieci case, terre a livello, notevoli gioielli), sia un’oculata amministrazione. Con ferma e regolare scrittura enunciò le sue volontà, lasciando erede residuario il cugino «amorevolissimo e stimatissimo» Giovanni Antonio Ruzzini, a cui destinava anche il manto, la sottana, la dogalina e il corno ducale. Alle Zitelle, di cui era governatrice, lasciò la rilevante somma di 10.000 ducati oltre alle sue case di S. Maria Nuova con l’obbligo di disporre del suo funerale, di ricordarla ogni anno nel giorno della sua morte e di collocare il suo ritratto nella sala di riunione della congregazione. Istituì due mansionarie perpetue di 2000 ducati l’una a favore della chiesa dei carmelitani scalzi e di quella di S. Maria Formosa, elargì denari a molti monasteri anche fuori Venezia e a singole monache, beneficiò servitori e damigelle. Distribuì goielli e arredi preziosi alle parenti, mentre procurò di far ritornare in casa Querini alcuni beni e terre che facevano parte della sua dote.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Notarile, b. 346, n. 33 testamento di E. Q.; Venezia, Archivio storico del Patriarcato, Parrocchia di S. Maria Formosa, Registri di battesimo, n.1; Biblioteca nazionale Marciana, G.A. Cappellari Vivaro, Campidoglio Veneto, Cod. It. VII, 17 (=8306), c. 266r., 18 (= 8307), c. 148r; Avogaria di Comun, Matrimoni con notizia di figli. Indice de la penitenza. Oratorio in onore di Santa Maria Maddalena, dedicato alla serenissima dogaressa E. Q. Valier, Venezia 1694; Alla serenissima E. Q. Valiera per l’esaltazione del serenissimo suo consorte gli Accademici Ricovrati, Bologna 1695; F. Caro, Il fuoco dell’hospitaletto dedicato alla serenissima E. Q. Valier dogaressa e governatrice del Pio Conservatorio, Venezia 1696; M.A. Rimena, La madre addolorata; racconto sacro. Dedicato all’eccelsa, ed esemplare pietà della serenissima E. Q. Valier gloriosissima dogaressa di Venetia, Verona 1697; F. Caro, Funera serenissimi principis Syluestri Valerij ducis Venetiarum, serenissimae ducissae uxori Elisabethae Quirinae Valeriae, Venezia 1700; S. Rovere, Vita del serenissimo prencipe Silvestro Valiero doge di Venetia, Venezia 1704; P. Molmenti, La dogaressa di Venezia, Torino 1884, pp. 318-328; A. Da Mosto, I dogi di Venezia nella vita pubblica e privata, Firenze 1977, pp. 440-451, 587; G. Scarabello, Le dogaresse, in I dogi, a cura di G. Benzoni, Milano 1982, p. 163; G. Werdnig, Le Oselle: monete - medaglie della Repubblica di Venezia, Trieste 1983, p. 166; O. Premoli Taiti, La dogaressa, in Il serenissimo doge, a cura di U. Franzoi, Treviso 1988, pp. 282 s.; S. Lunardon,Le Zitelle alla Giudecca: una storia lunga quattrocento anni, in Le Zitelle: architettura, arte e storia di un’istituzione veneziana, a cura di L. Puppi, Venezia 1992, pp. 34 s.; M. Casini, Cerimoniali, in Storia di Venezia, VII, La Venezia barocca, Roma 1997, p. 121; L’accademia in biblioteca: scienze lettere arti dai Ricovrati alla Galileiana, a cura di P. Maggiolo - L. Viganò, Padova 2004, pp. 106 s., 184 s., 248; Museo Querini Stampalia Venezia, a cura di B. Trevisan, Venezia 2010, p. 89; F. Molin, L’immagine della Dogaressa di Venezia tra arte e storia, in Ateneo Veneto, CC (2013), 12, 1, pp. 315 s.
 

https://www.treccani.it/enciclopedia/elisabetta-querini_res-4f0f1593-eea2-11e6-b5f4-00271042e8d9_(Dizionario-Biografico)/

 

Foto da Wikipedia 

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Dal Manin:

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Dal Werdnig (ed. Tedesca):

 

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(Le due "oselle, di dogaresse veneziane) di GIOVANNI GORINI

 

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Nel 1648, infatti, Silvestro sposa la ricchissima Elisabetta Querini Stampalia che porta in dote la bellezza di 45.000 ducati d’oro; l’anno seguente, 25.000 ducati della dote servono al giovanissimo Valier a comprarsi la sua prima carica pubblica, quella di procuratore di San Marco, di solito attribuita per meriti e in età più avanzata rispetto ai diciannove anni.

Meriti, dunque, anche della facoltosa coniuge che nel 1694 il Valier fa incoronare dogaressa, anche se questa cerimonia era di fatto stata proibita già da mezzo secolo. E a quello stesso anno risale una “medaglia osella” con il ritratto di Elisabetta e quella legenda MVNVS ELISABETH QVIRINÆ VALERIÆ DVCISSÆ VENETIAR che tanto ha fatto discutere i numismatici e che, c’è da crederlo, all’epoca fece storcere il naso a più di un aristocratico della Laguna.

La medaglia osella del 1694 per l'incoronazione della dogaressa Elisabetta Querini Stampalia, moglie di Silvestro Valier appena eletto alla massima magistratura veneziana
La medaglia osella del 1694 per l’incoronazione della dogaressa Elisabetta Querini Stampalia, moglie di Silvestro Valier appena eletto alla massima magistratura veneziana

https://www.cronacanumismatica.com/silvestro-valier-il-papa-e-la-dogaressa-per-tre-oselle-ad-personam/

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Dal CNI

 

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Dal Molmenti “La Dogaressa di Venezia”:

 

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Nagler, Georg Kaspar, 1801-1866

 

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Questi meravigliosi monologhi veneziani (o forse sarebbe più appropriato definirli soliloqui: chi mai potrebbe azzardarsi a proporre integrazioni od opinioni differenti, stante la minuzia dei dettagli riportata) di Domenico sono di straordinario valore. E, quel che è incredibile, è che si leggono di un fiato. Bisogna ringraziare l’Autore di questi threads che, se da un lato è vero che sono una summa di citazioni, dall’altro costituiscono una fonte inesauribile di informazioni per i numerosi seguaci della monetazione della Serenissima. E anche trovare le citazioni poi non è così banale: solo con i mezzi, il tempo dedicato e la passione di Domenico si possono coordinare in modo così fluido e armonico da costituire via via un’opera omnia per questo affascinante settore della Numismatica. 👏🏽👏🏽👏🏽

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Il Jesurum dedica nel suo lavoro una sezione speciale: "Le medaglie Oselle delle Dogaresse".

L'A. precisa che "il nome di oselle, dato a queste due medaglie di Dogaresse [ndr: l'altra si riferisce alla Morosina Morosini, moglie del Doge Marino Morosini coniata nel 1597], non è esatto, essendoché tal nome per la sua origine e per il suo significato ... appartiene esclusivamente alle medaglie-speciali emesse ogni anno dai Dogi; né d'altra parte le Dogaresse avevano facoltà alcuna di compiere tale atto, il quale non ha dunque altro valore che quello di un omaggio verso la moglie del Capo dello Stato, malgrado la rassomiglianza esteriore di tali medaglie alle oselle dogali, e il titolo di ducissa (dogaressa) apposto alla scritta del rovescio".

Relativamente alla Elisabetta Querini-Valier, la descrizione che l'A. fornisce è la seguente:

D/ Porta il ritratto alla Dogaressa, veduta di profilo, a mezzo busto, in elegante acconciatura del tempo. Sotto al busto sono le iniziali del coniatore: IFN

R/ Si leggono in questo rovescio, scritte in sei righe e chiuse da una corona di foglie di lauro, queste parole: MVNVS ELISABETH QVIRINAE VALERIAE. DVCISSAE VENETIAR, 1694.

 


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A proposito del Jesurum.

L'edizione del 1974 del lavoro dell'A. "Cronistoria delle Oselle di Venezia" riporta le "Considerazioni sul valore attuale delle Oselle veneziane" a firma del noto numismatico Giulio Bernardi (luglio, 1974).

E' interessante leggere tali Considerazioni ed al riguardo invito tutti coloro che sono appassionati di queste "quasi medaglie" a farlo. Forse anche i responsabili delle catalogazioni in asta potrebbero riferirsi.

All'esemplare della Querini, il Bernardi attribuisce un indice di valutazione pari a V8 ovvero: "prezzo molto alto e determinabile dall'accordo tra venditore e acquirente" con riferimento al prezzo approssimativo (estate 1974) per esemplari di MB/BB.

Al V8 corrispondono Lire 600.000=.

La scala utilizzata dal Bernardi va da V1 a V8. L'A. tiene a precisare che nel dare un indice di valutazione alle oselle, ci si è riferiti alla conservazione più modesta (molto bello / bellissimo). Si è preferito - continua il Bernardi - "un graduare di valutazioni, anziché quello solito della rarità, perché quest'ultima avrebbe rappresentato solo un aspetto nella valutazione".


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Buongiorno

Per chi volesse fare un giro turistico per la Riviera del Brenta, potrebbe visitare Villa Valier, appartenuta alla nobile famiglia Valier, dove sicuramente Elisabetta Querini, ha soggiornato e vissuto.

Cordialmente

Giovanni

Melior est sapientia quam  vires

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Per chi volesse approfondire la figura della Dogaressa Querini, consiglio:

La dogaressa Elisabetta Querini Valier (1694-1700) e un'inedita visibilità in Palazzo Ducale a Venezia. di Maria Adank 

https://www.academia.edu/51074431/_La_dogaressa_Elisabetta_Querini_Valier_1694_1700_e_un_inedita_visibilità_in_Palazzo_Ducale_a_Venezia_in_V_Lagioia_M_P_Paoli_R_Rinaldi_a_cura_di_La_fama_delle_donne_Pratiche_femminili_e_società_tra_Medioevo_ed_Età_moderna_Viella_2020_pp_279_295


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Sinceramente il fatto che questa medaglia sia chiamata osella mi dà un po' di fastidio...

Arka

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Forse possiamo rifarci (con riconferma) alla definizione che ne da R. Paolucci nel suo lavoro La Zecca di Venezia (vol. II -1991) che a pag. 78 descrive l’esemplare presente al Museo Bottacin di Padova quale “medaglia-osella”.

P.S: Elizabeth o Elisabeth ?
 

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Villa Querini-Stampalia è una bellissima villa ubicata a Pressana (VR), oggi di proprietà privata.

La sua particolarità sta nelle caratteristiche architettoniche, che la distinguono parecchio dalle sconosciute e consuete linee della "Villa Veneta".

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1 ora fa, Oppiano dice:

Forse possiamo rifarci (con riconferma) alla definizione che ne da R. Paolucci nel suo lavoro La Zecca di Venezia (vol. II -1991) che a pag. 78 descrive l’esemplare presente al Museo Bottacin di Padova quale “medaglia-osella”.

Raffaele Paolucci, mio mentore, oltre ad essere il miglior esperto di monete veneziane che io abbia conosciuto, era anche un grande commerciante. E, commercialmente, l'osella si vende meglio. :rolleyes:

Arka

Diligite iustitiam


Inviato

Mi sento di dire, senza tema di smentita, che quelle di Morosina Morosini e di Elisabetta Querini sono indubitabilmente delle medaglie.

Ritraggono una persona e non una funzione, sono coniate anche in rame (così come in oro, ma qui il discorso si fa più delicato), non presentano indicazioni del Massaro, mostrano pesi variabilissimi e non corrispondenti a quelli delle oselle, i rilievi sono ben superiori a quelli delle monete, non esiste alcuna deliberazione per la loro coniazione, ecc. ecc.

Il perchè siano state considerate oselle-medaglie non mi è chiaro. Paolucci le inserisce in una sezione limbo, insieme alla cosiddetta "osella del lido" (anche quella una medaglia, per quanto il soggetto e alcune caratteristiche l'avvicinano maggiormente di queste a un'osella) ma credo più per menzionarle da qualche parte, in onore alla tradizione, che per motivi strettamente commerciali. 

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14 ore fa, Giov60 dice:

in onore alla tradizione

Anche nell'ottocento l'osella si vendeva meglio della medaglia. :pardon:

Arka

Diligite iustitiam


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Era comunque un munus ed in questo probabilmente aveva la funzione delle oselle...sicuramente l'occasione di questo donativo non era proprio proprio ufficiale come nel caso delle normali oselle da cui differisce anche per i dati ponderali. L'occasione fu l'incoronazione della dogaressa nel 1694...per "meriti pecuniari verso il consorte" verrebbe da dire . Quindi non è osella ma aveva un certo valore anche allora e non è quindi semplice medaglia commemorativa ma anche donativo...verso chi? al popolo lanciata come per i donativi degli zecchini come in occasione dell'elezione del doge o ai medesimi nobili destinatari delle oselle?insomma oselmedaglia comunque affascinante sia per il raro ritratto femminile che per la storia che racchiude. Grazie @Oppianoper averla condivisa...

Modificato da Andrea Costa

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55 minuti fa, Andrea Costa dice:

Quindi non è osella ma aveva un certo valore anche allora e non è quindi semplice medaglia commemorativa ma anche donativo...

No, continuo a non essere d'accordo. :nea:

L'osella era moneta e poteva essere spesa. Questa medaglia no. Quindi non è un'osella.

Arka

Diligite iustitiam

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Cosi' gia' nel 1361, stando ad un decreto del Maggior Consiglio, fu possibile integrare il donativo con dei denari, in modo tale che l'omaggio divenisse o di cinque oselle o della corrispondente somma di 12 grossi. Secondo il Papadopoli, il donativo in denaro non era ben accetto dai nobili ed infatti, nel 1521, nella correzione della promissione dogale, seguita alla morte di Leonardo Loredan, venne stabilito che dovesse essere coniata una moneta del valore di 1/4 di ducato d'oro da distribuirsi a dicembre, in sostituzione delle anatre. Nacque cosi' l'Osella (con la "O" maiuscola, come dice il Werdnig), che per l'appunto prende il nome dalle oselle che andava a sostituire come donativo. Cio' avvenne sotto il dogado di Antonio Grimani (1521-1523).

Puo' essere interessante leggere cosa dice in proposito il Marin Sanudo: Non voglio restar da scriver: come in questo anno, -il 1514- per non si trovar oxele, per esser Maran de dove le veniva in man de i nimici, il Principe non mandoe le Oxele justa il consueto et l'ubligation ha, tamen quelli volevano pizoli -soldi- 31 per uno, andava dal suo cavalier et li havea; ma pochi vi andono per esser vergogna a tuor denari. Ed ancora qualche anno dopo, nel 1519: E' da saper: in questo anno il Doxe non manda oxele, ma chi le vol le vanno a tuor dal cavalier et con gran difficulta' le se hanno. Si scusa non ne esser oxelle; tamen e' mal fato a non darle a tuti, over soldi 31 per uno, come si asuefava di far; di la qual cossa e' gran mormoration in li nobili che non voleno andar a tuor.

Nella deliberazione del Maggior Consiglio del 28 giugno 1521 e' quindi insita la prima prova che l'Osella e' una moneta: il Doge deve donare, al posto degli uccelli "una moneta che parera' alla Signoria nostra, che sia di valuta di un quarto di ducato".

Con il secondo Doge che emise Oselle, ovvero Andrea Gritti, si ha un' ulteriore prova che l'Osella e' una moneta. Per poterlo dimostrare, bisogna fare un piccolo salto indietro nel tempo e precisamente ritornare al 1473. Sotto i Dogi Cristoforo Moro e Nicolo' Tron vennero coniate le prime ed uniche monete veneziane con ritratto, ma tale novita' non fu ben accetta dai veneziani che, alla morte del Tron, decisero che sulle monete della Repubblica fosse possibile scrivere il nome, ma fosse proibito effigiare il Doge se non in maniera puramente simbolica, cosi' come appariva gia' sul ducato veneziano.

A tale proposito e' interessante notare che di queste Oselle "bocciate" era gia' stato approntato il conio ed era stata effettuata anche la battitura di alcuni esemplari, presumibilmente a titolo di prova, al fine di sottoporli all'approvazione del Consiglio dei X. Il peso di gr 9,3 non ammette repliche: e' il peso esatto delle prime Oselle, la rarita' anche: si tratta di una prova, e' conosciuta in 3 esemplari 2 in argento ed una in piombo.

Se l'Osella fosse, come sostenuto da molti, una medaglia, perche' si sarebbe dovuta bocciare l'idea di Andrea Gritti di farsi effigiare fin dalla prima Osella del suo dogado? Eppure medaglie con il busto dei Dogi ve ne sono, e molte per giunta, anche dello stesso Gritti. La bocciatura del Consiglio dei Dieci e' pero' assoluta, a tal punto che arriva ad indicare, per il futuro, le caratteristiche delle Oselle, mentre sotto il predecessore Antonio Grimani, era lasciata liberta' al Doge di cosa effigiare sulla moneta.

A parte le considerazioni di tipo "figurativo" (da questo punto di vista le ultime emissioni sono decisamente molto meno interessanti) e' bene notare alcune cose, poco appariscenti, ma importantissime per la nostra domanda iniziale "monete o medaglie?". Mentre buona parte delle medaglie sono firmate dagli incisori, le Oselle sono assolutamente anonime ed infatti le sigle che vi figurano sono quelle dei massari all'argento, proprio come per la "normale" monetazione della Serenissima.

Sicuramente in origine le Oselle furono una moneta ed infatti nel tempo il loro peso passo' dai gr 9,30 iniziali ai gr 9,77 per rispettare la proporzione valore - intrinseco; ma con il tempo, con coniazioni "ad hoc", venne usata anche come medaglia (e' bene sottolinearlo: venne usata e non divenne !!). A Venezia era possibile recarsi in zecca con del metallo e farselo monetare con il conio che si desiderava: quindi era possibile farsi coniare monete in oro con delle tipologie caratteristiche dell'argento. Si avevano cosi' delle monete ibride non espressamente autorizzate, ma che rispondevano a tutti i crismi della legalita'.

Se le Oselle "ufficiali" (quelle cioe' donate dal Doge) sono rigorosamente in argento, di peso standard o multiplo, con il tempo si hanno coniazioni di Oselle in oro, che servono ad un uso completamente diverso, cioe' come dote per le figlie, come regalo per i battesimi o come vere e proprie medaglie, anche in occasioni ufficiali. A tale proposito nel 1786 "il Magistrato alla Sanita' cerco' di incoraggiare lo zelo delle allieve della scuola [di ostetricia] stabilendo dei premi per le migliori, cioe' un'osella d'oro del valore di quattro zecchini ed una del valore di tre, entrambe legate ad uso di medaglia" (Vanzan Marchini, 1995).

Altra caratteristica che farebbe pendere il piatto della bilancia "pro-moneta" e' rappresentata dal rilievo: se molto spesso le medaglie sono ad alto-rilievo, le Oselle sono tutte tassativamente a basso-rilievo, come, del resto, tutta la monetazione veneta.

Una menzione a parte meriterebbero le cosiddette Oselle delle Dogaresse e quelle di Murano. Le prime sono vere e proprie medaglie dispensate per l'incoronazione a Dogaressa delle mogli dei Dogi. Ne sono conosciute per Morosina Morosini (moglie di Marino Grimani) nel 1597 e per Elisabetta Querini (moglie di Silvestro Valier) nel 1694. La riprova che si tratta di medaglie e' il fatto che per tutte e due le dogaresse si conoscono esemplari in oro, argento e rame e di pesi diversi, tutti non corrispondenti a quelli delle monete in circolazione.

….

 

da: http://www.roth37.it/COINS/Oselle/index.html
 

LE OSELLE : MONETE O MEDAGLIE ?

di

Bruno ARATA e Sergio ROSSI


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Inviato (modificato)
1 ora fa, Arka dice:

No, continuo a non essere d'accordo. :nea:

L'osella era moneta e poteva essere spesa. Questa medaglia no. Quindi non è un'osella.

Arka

 

Le oselle nascono come donativo, poi trasformato in moneta/medaglia simbolica per esaurimento delle povere anatre. Che poi si potesse spendere sempre un munus era in linea con la funzione originaria. Poi si può affermare che l'osella deve considerarsi moneta per il fatto che equivaleva a 5 anatre e poi ad 1/4 di ducato o 31 soldi...si può anche dire che l'osella della dogaressa non fosse una moneta tecnicamente. Non sono invece d'accordo che non fosse invece anch'essa osella se ci soffermiamo alla funzione originale della stessa...peraltro ha un valore intrinseco del metallo anche se,  non essendo produzione  ufficiale, non aveva certo una equivalenza tecnica con il circolante. Ma era un dono con un certo valore nella piena funzione dell'osella quale donativo e non come paga. Poi del resto sono solo opinioni peraltro su questioni terminologiche: oselmedaglia 😉

Modificato da Andrea Costa

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