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Fiorino appunti per la classificazione


Risposte migliori

Lo Scudo viene coniato in base alla decisione della Repubblica che in data 20 giugno 1530 che ne ordinava la battitura per la durata di due mesi prendendo come modello gli Scudi d’Oro del Sole coniati dalle zecche di Francia, Genova e Venezia.

Il titolo di fino nella nuova moneta era di 22 ½ carati.

Le motivazioni di questa decisione sono sia di ordine pratico, difficoltà nell’affinamento dell’oro e difficoltà legate alla guerra in corso, che di strategia economica con il tentativo, senza successo, di inserirsi con una moneta competitiva sul mercato internazionale.

Lo Scudo determina la fine della coniazione del Fiorino incettato dalle altre zecche per fonderlo e realizzare Scudi.

Diritto: Il giglio di Firenze con due fiori inserito in uno scudo con due globetti ai lati e con sopra una stella a sei raggi accostata da due punti; cerchio perlato.

Rovescio: Croce piana con legatura al centro. Nel 1° e 2° quarto sono impressi due globetti, nel 3° l’iniziale del nome del Signore della Zecca, nel 4° il simbolo del Signore della Zecca. Cerchio perlato.

Le caratteristiche fisiche riportate nel CNF Volume II sono di 24,0-25,0 millimetri di diametro e di 3,34-3,37 grammi di peso.

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Tavola XXXI C.N.F. Volume III (particolare) (B4026?)

Penso di proseguire gli appunti approfondendo alcuni aspetti legati alle caratteristiche geometriche e morfologiche delle monete con lo scopo di definire un criterio di confronto (possibilmente semplice e di agevole impiego) che consenta di classificare i coni. Contemporaneamente proverò partendo dal lavoro degli anni ’50 di Herbert Eugene Ives a ripercorrere il processo che ha portato il Bernocchi alla redazione dei criteri di classificazione utilizzati nel CNF. Chiedo tempo….

Cordialità

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Buon Giorno,

Premetto che eventuali commenti da parte mia, nella stesura di questi appunti, in merito alla non canonicità o “stranezza” di talune monete, (alcune le definirei improbabili … ) non vogliono essere un giudizio che coinvolga in qualche modo l’autenticità, rilevano soltanto, a mio parere, la grande differenza rispetto ai modelli di riferimento.

Riprendo alcune annotazioni già fatte precedentemente, sono solo dubbi che mi sono sorti nel corso del lavoro di ricerca oppure puntualizzazioni.

Non è detto che tutti i Fiorini presenti sul mercato o nei cataloghi delle aste siano autentici, non tanto in quanto falsi fatti per frodare i collezionisti, ne esistono ma non ho titolo per fare affermazioni in merito, ma perché falsi contemporanei alla moneta, fatti per lucrare sul titolo del metallo, o sulle spese di coniazione o per entrambi i motivi. Chiaramente per determinare il titolo dell’oro è necessario analizzare le monete, ho potuto però vedere almeno un Fiorino, per il quale, riguardo al colore (dal vivo, confrontato con altri) ho avuto motivo di dubitare.

Se dobbiamo stabilire dei riferimenti precisi, parlando della Zecca di Firenze, non credo si possano mettere in dubbio il titolo dell’oro dei fiorini, almeno nei limiti legati alle tecnologie proprie del periodo storico, le registrazioni e per finire il rigoroso controllo dei coni che suppongo siano stati accuratamente distrutti (almeno i coni dei rovesci) a ogni cambio dei Signori della Zecca.

Ulteriore aspetto meritevole di considerazione il fatto che essendo la moneta rimasta immutata nell’impianto generale per tutto il periodo di battitura, anche il lavoro di preparazione dei coni, per quanto si può ricavare dall’osservazione delle monete, presenta caratteristiche che si mantengono per periodi prolungati, penso di poterlo affermare per i primi cento anni di coniazione e poterlo azzardare per il resto.

Il primo tentativo di codificare dei criteri per procedere alla classificazione dei Fiorini è dell’inizio degli anni 50, è frutto del lavoro di Herbert Eugene Ives, presidende dell’Amercan Numismatic Society tra il 1942 il 1946, più noto come fisico e ricercatore dei Bell Laboratories per i suoi contributi negli studi sulla fotografia a colori, sulla televisione e sulla trasmissione di immagini utilizzando le linee telefoniche; in campo fisico, pur essendo un eminente scienziato (almeno 200 pubblicazioni e un centinaio di brevetti), era in disaccordo con la teoria della relatività, era sostenitore della teoria dell’etere, per tentare di confutare la teoria della relatività ristretta ideò un esperimento noto come esperimento di Ives-Stilwell che invece fornì la conferma diretta della dilatazione del tempo prevista dalla stessa, malgrado questo negò la consistenza dell’esperimento ai fini della validazione della teoria. La sua ostinata avversione alla teoria della relatività non ne sminuisce in ogni caso il valore.

Ritornando a noi, l’articolo pubblicato sul volume V di Museum Notes dell’ANS del 1952 tra le altre cose individua quali criteri di classificazione dei fiorini, fino a quel punto classificati secondo i parametri dettati dal CNI che prevedeva un Fiorino stretto e due tipi di Fiorino largo, una serie di riferimenti legati alle caratteristiche stilistiche e iconografiche della moneta. All’origine di questa esigenza di una più puntuale classificazione,Il problema legato al ripetersi in periodi successivi di segni di zecca uguali o molto simili tra loro. La classificazione proposta considera una serie più limitata di particolari rispetto a quelli successivamente codificati nel criterio messo a punto dal Bernocchi. Questo soprattutto perché era limitato il numero di monete al quale aveva accesso, complessivamente circa 150 esemplari che assommavano sia i Fiorini dell’ANS che quelli in possesso dei soci, inoltre il lavoro di studio era basato solo su pubblicazioni, senza lo studio diretto dei documenti originali che invece ha caratterizzato e qualificato il lavoro dell’autore del CNF. Le fonti documentali sono nell’ordine L’Orsini, il CNI, il supplemento al catalogue des monnaies en or pubblicato a Vienna nel 1769 e da ultimo un documento che descrive un ripostiglio di fiorini anteriori al 1391 ritrovato a Bretzenheim che riporta le “immagini” delle monete descritte; le ultime due fonti fanno riferimento all’Orsini ma classificano alcune monete in modo difforme da esso senza per altro citare le fonti che hanno determinato tali attribuzioni. Malgrado il limitato numero di monete cui aveva accesso e la limitatezza delle fonti, Ives ha saputo evidenziare alcune delle caratteristiche che saranno riprese e ampliate dal Bernocchi come base della classificazione.

Ritengo l’articolo di Ives, malgrado i limiti espressi, estremamente importante e alla base di molti sviluppi successivi, esemplare per chiarezza e semplicità.

Herbert E. Ives, individua nella forma e nella disposizione dei due fiori e dei due pendenti al diritto, nella forma di alcune lettere delle legende e nelle legende del rovescio una serie di riferimenti utili alla datazione, oltre che indicare senza codificarle altre differenze nei mantelli legate a forme e frange. Senza avere a disposizione ulteriori materiali di studio non penso fosse possibile procedere oltre.

Se mi è consentita una nota personale, in considerazione della limitatezza delle fonti, anche se le conclusioni sono condivisibili e sostanzialmente corrette, ritengo il lavoro di Ives importante come spunto per studi successivi, una sorta di intuizione che per iniziare a trovare compimento avrebbe dovuto aspettare la metà degli anni settanta. Per definire in modo compiuto l’argomento il Bernocchi ha dovuto studiare un numero notevole di monete, (un privilegio per pochi), e studiare una quantità notevole di documenti, (bisogna sporcarsi le mani) lavoro a volte poco remunerativo in termini di bilancio tra energie spese e risultati ottenuti.

Ultima nota prima di chiudere questa introduzione, per dire qualcosa di utile, in aggiunta a quanto pubblicato dai numismatici che si sono occupati di queste monete, è necessario sfruttare le possibilità che il progresso tecnologico ci mette a disposizione, la maggiore disponibilità di fotografie, metodi di analisi non distruttivi , il supporto di software di archiviazione, gestione e analisi delle immagini.

cordialità

PS posso inviare copia dell’articolo di Ives a chi fosse interessato.

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  • 4 mesi dopo...

Buona sera

Proverò ad analizzare il fiorino dal punto di vista morfologico/geometrico, cercando di formulare delle ipotesi riguardo al lavoro dell’incisore nel processo di preparazione dei coni necessari per la realizzazione della moneta, questo consentirà di individuare una sorta di raccolta di particolari minori e di caratteristiche morfologiche e geometriche che valutati complessivamente aiutano a dare una precisa collocazione a ogni moneta.

Rispetto a quanto avrei voluto, devo ridimensionare limitandolo il periodo temporale, non hanno avuto riscontro infatti alcune richieste di immagini che avevo inoltrato presso raccolte pubbliche, ammetto di non avere santi in paradiso, di non aver allegato lettere di presentazione … avrei gradito una risposta negativa anche non motivata …..

Il timore di esporsi ha indotto altri a non consentirmi l’impiego, se non strettamente privato, di immagini delle loro monete. Mala tempora currunt ..(atque peiora premunt) speriamo si faccia chiarezza attorno al collezionismo numismatico.

Il periodo al quale farò riferimento comprende i primi anni del 1300 con alcuni sconfinamenti negli anni immediatamente precedenti e successivi.

Ho la possibilità di confrontare un certo numero di fiorini di questo periodo e dallo studio di queste monete vorrei ricavare indicazioni utili a descrivere una sorta di scaletta dei lavori dell’incisore.

Osservando con attenzione le monete, quando si presentano in alta conservazione oppure manifestano “difetti” di incisione, è possibile individuare alcune caratteristiche che consentono di ricostruire il processo di preparazione dei coni e di formulare ipotesi in merito ai vari possibili attrezzi impiegati nelle lavorazioni. Ritengo dovesse esistere una sorta di descrizione almeno come elenco di indicazioni verbali del processo di incisione, una serie di misure alle quali riferirsi in sede di tracciamento delle monete, probabilmente facevano parte delle conoscenze riservate degli incisori gelosamente custodite all’interno del ristretto ambito della zecca.

Un articolo di R. Sabatino Lopez, intitolato “An Aristocracy of money in the early middle ages” pubblicato nel gennaio 1953 sulla rivista Speculum , illustra come chi operasse attorno alla produzione delle monete avesse raggiunto e consolidato una posizione di prestigio che avrebbe conservato ancora per qualche secolo. Mantenere nella ristretta cerchia degli addetti ai lavori ogni informazione contribuiva probabilmente a consolidare questa posizione.

Potrebbe sembrare una ricerca sterile, ha un secondo scopo più pratico, la comprensione del procedimento utilizzato consentirebbe di supportare valutazioni di canonicità delle monete. È tutt’altro che infrequente l’apparizione di fiorini con caratteristiche quanto meno anomale. La diffusione di fiorini falsi, di imitazioni di qualità più o meno elevata e di fiorini coniati in proprio dai vari attori sulla scena, anche se marginale rispetto al volume complessivo delle monete prodotte, in considerazione dei numeri in gioco deve aver lasciato tracce significative. Ho trovato poche informazioni riguardo a questa categoria di monete, in particolar modo i falsi meriterebbero maggiore attenzione, hanno una loro rispettabilità,assommando l’aspetto negativo della frode e il valore documentario dovuto al loro uso, sono probabilmente più rari delle controparti ufficiali. Sono state fatte leggi per colpire chi le produceva ma al contempo si evitava di parlarne, per non minare la fiducia.

L’impiego di punzoni sagomati, con le forme base, per la realizzazione di lettere o di figure stilizzate, risultanti dalla composizione di particolari geometrici semplici, è procedura ampiamente descritta e documentata a partire da tempi molto anteriori a quello di cui ci occupiamo, talvolta, da persona priva di conoscenze specifiche in questo particolare campo, quando cerco di schematizzare le possibili procedure di incisione relative ad alcuni particolari, mi risulta più agevole pensare a realizzare un punzone in positivo piuttosto che realizzare il negativo corrispondente, faccio riferimento nello specifico alle campiture di alcuni particolari al diritto del giglio, in particolare all’ elemento “tratteggiato” nella parte centrale del piede, della campitura tratteggiata parte sommitale (vessillo) e a partire dai fiorini di tipo IV delle campiture delle due “ali” (nei tipi precedenti la campitura non è realizzata con un tratteggio incrociato). Sarò più chiaro nel seguito. ( Ho mutuato i termini vessillo e ali dalla terminologia botanica che descrive il fiore dell’iris germanica del quale l’iris fiorentina è una varietà, con una certa dose di fantasia è possibile far corrispondere i particolari del fiore al simbolo stilizzato del giglio, in particolare le campiture tratteggiate si possono collegare alla peluria presente in alcune varietà di iris) Tornando all’argomento punzoni, penso sia fuori discussione l’impiego di punzoni nella realizzazione delle lettere delle legende, per taluni fiorini l’impiego è evidente nella realizzazione di alcuni particolari, al rovescio, della figura del Santo, meno evidente almeno a prima vista ma comunque documentabile la realizzazione delle campiture per mezzo di punzoni al diritto. Come in altre monete più o meno contemporanee si potrebbe ipotizzare in qualche caso la completa realizzazione del conio con l’uso di punzoni sagomati, tra loro abilmente accostati, l’esecuzione completata da eventuali rifiniture con il bulino di alcuni particolari.

Per chiarire quanto affermato riguardo alle campiture del diritto, evidenzio la fondamentale differenza tra la campitura tratteggiata del manto della figura del Santo e quella delle campiture dei particolari del giglio.

Nel primo caso le linee del tratteggio, sulla moneta, sono in positivo, sul conio sono conseguentemente in negativo, l’incisore incideva le linee con una sgorbia asportando il metallo, sulla moneta coniata le linee risultano in rilievo rispetto al fondo piano del manto (le parti piene tra le linee del tratteggio sono sullo stesso piano dei campi liberi attorno al santo (nei limiti delle mie risorse di misurazione).

Le campiture al diritto viceversa sono in negativo, le linee sono evidenziate dalla mancanza di materiale mentre gli spazi tra le linee sono in rilievo, per realizzarle sul negativo del conio è necessario rimuovere il materiale in corrispondenza di ciascuno degli spazi tra le linee del tratteggio, lavoro molto più problematico anche nella ipotesi di impiego di un punzone per realizzare il singolo punto . Monete con allineamenti dei rilievi poco precisi evidenziano riprese di punzonature incomplete o realizzazioni senza impiego di punzoni completi di tali campiture.

L’uso di punzoni è testimoniato in modo indiretto dai segni rilevati su talune monete che presentano tracce di abrasioni, estese a tutte le superfici dei campi liberi da figure e legende, dovute al pareggiamento della superficie del conio, successivo alla punzonatura, per rimuovere le escrescenze di materiale dislocato dai punzoni, prodotte sfregando il piano del conio su una pietra abrasiva piana.

Una ulteriore conferma viene dall’analisi delle forme “anomale” di talune lettere risultato dell’accostamento impreciso dei punzoni delle componenti geometriche elementari, oppure del posizionamento non corretto dei punzoni di particolari anatomici del Santo, braccia o gambe o di particolari minori quali ciocche di pelo o di capelli.

Ogni incisore aveva, per averli realizzati direttamente, oppure, la avanzo come ipotesi, per averli “ereditati” dal predecessore/maestro, una serie di attrezzi del mestiere, che risultano essere importanti al fine di distinguere i vari incisori o di collegare tra loro monete diverse.

Un punzone usato per il particolare tratteggiato del piede del giglio, a una prima verifica, risulta compatibile con il particolare specifico in monete di tipo IV, V, VI, VII e di tipo XX portandomi ad ipotizzare che sia rimasto in uso per la realizzazione dei coni di diversi semestri. È solo una prima verifica e si tratta solo di compatibilità, sto cercando di approfondire. Per restare allo stesso punzone, una sorta di goccia sottile ed allungata che a partire dal nodo posizionato circa al centro della moneta, da cui si originano le parti del fiore, occupa la parte centrale del piede, potrebbe essere realizzato con “relativa facilità” incidendo con una sottile lima a coltello la superficie liscia della goccia con una serie di scanalature tra loro affiancate e incrociate. Non credo esistessero lime da stampisti allora e stiamo parlando di un particolare lungo complessivamente 6 mm largo poco più di 2 mm con scanalature larghe circa 0.05 mm e spaziate tra loro di 0.25 mm, sul particolare sono realizzate, nella parte inferiore, 8 + 8 incisioni incrociate. (si tratta di dati medi).

Se si potessero collegare tra loro, sfruttando la presenza di particolari punzoni o di caratteristiche morfologiche oggettive, fiorini dei vari semestri si potrebbero aggiungere ulteriori elementi di classificazione in particolare per i fiorini anteriori al 1300 .

Ho avuto un riscontro sommario e parziale, relativo a soli tre esempi di fiorini intesi come classificazione specifica secondo Bernocchi, ma credo di azzardare poco se ritengo che il numero di coni per singola variante di classificazione sia limitato; in effetti un singolo lotto di fiorini non doveva essere particolarmente grande, se con una coppia di coni si potevano realizzare diecimila monete (oltre 35 kg d’oro) escludendo qualche caso particolare legato ai periodi più floridi, il numero di coni realizzati doveva essere esiguo, anche per l’elevato costo in termini di lavoro oltre che di denaro non è da escludere che per certe varianti possa esistere un singolo conio.

Il lavoro richiederà tempo ma potrebbe portare a sviluppi interessanti.

Cordialità

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  • 3 settimane dopo...

Buona Sera,

Nel corso di un verifica relativa a una moneta che aveva suscitato qualche dubbio mi sono risolto a procedere alla rilevazione degli spessori di un gruppo di fiorini che avevo a disposizione ritenendo che questo ulteriore dato potesse essere un indicatore affidabile della “bontà” se considerato unitamente ad altre misure “fisiche” opportunamente valutate.

Il Fiorino in prima approssimazione può essere considerato come un cilindro di metallo di spessore limitato in rapporto al diametro. L’approssimazione è in funzione di alcuni parametri che proveremo ad analizzare; la più evidente è legata alla irregolarità dei tondelli, si può superare la cosa determinando il diametro medio con la effettuazione di più misure in posizioni diverse, altra fonte di imprecisione è da considerare il processo di realizzazione delle lastre da cui le irregolarità del tondello, il successivo processo di coniazione a martello inoltre non garantiva il parallelismo delle facce, per finire lo spessore dei rilievi della moneta.

Discorso a parte meritano le monete che si presentano non perfettamente piane o con esiti di piegature (quello di piegare le monete per verificare la duttilità e la conseguente bontà del metallo era un sistema empirico di controllo)

Eliminate le monete non idonee per il motivo sopracitato e alcuni fiorini particolarmente “lisi” si è provveduto alle misure con un micrometro centesimale. Il tastatore del micrometro aveva un diametro di cinque mm e le facce piane, il micrometro era dotato di una frizione estremamente leggera.

Nel corso delle misure ho eliminato una ulteriore moneta che sarà oggetto di approfondimenti, il suo spessore fa pensare a un falso in lega attorno ai 20 carati.

Le misure riguardano alla fine un gruppo di 46 monete con conservazioni tra BB e SPL , è probabile un leggero errore sistematico (uno due centesimi) per la regolazione estremamente leggera della frizione, non potevo rischiare di “contromarcare” le monete.

La misura dello spessore è stata effettuata in corrispondenza del centro della moneta, per dare una indicazione: area appena sopra il nodo del giglio al diritto e area del nodo del cordone della tunica al rovescio. Al termine delle operazioni il mio ospite si è ripreso, ogni volta che la frizione del micrometro scattava aveva un sussulto, penso mi abbia odiato per qualche momento.

Riporto una tabella dei dati rilevati, lascio a eventuali interessati il piacere o l’onere a seconda degli interessi personali di analizzare i dati. In effetti la statistica si presta ad essere interpretata e conseguentemente è opportuno che l’analisi sia personale. Gli strumenti statistici di Excel consentono analisi di ogni tipo.

I dati risentono, anche se limitatamente, della non uniformità delle conservazioni e delle conseguenti diverse usure dei rilievi. Ho limitato la tabella al periodo di mio interesse.

Ultima annotazione, non son in grado di misurare direttamente lo spessore dei rilievi, penso di provare a misurarlo a partire da calchi, azzardo uno spessore compreso tra 0,08 e 0,15 mm a meno di situazioni particolari. Le misure nella tabella sono in mm per spessori e diametri e in grammi per i pesi.

Lo spessore medio rilevato nel gruppo è 0,83 mm, la distribuzione di valori approssima una gaussiana.

Si tratta di poco più di una esercitazione pratica di rilievo di misure, in se banale se non per la disponibilità dei soggetti da misurare.

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Cordialità

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  • 5 mesi dopo...

Buona Sera,

Provo a continuare riportando le osservazioni effettuate su alcune monete, per analizzare il processo di realizzazione dei coni per i Fiorini negli anni attorno al 1300.

Forse si tratta solo di un modo errato di interpretare i fatti quello secondo il quale nel periodo medioevale assistiamo a una sorta di stagnazione nei vari campi tecnologici, oppure la cosa è valida per alcuni campi e il concetto è stato impropriamente allargato, ma fatico a vedere nella tecnologia di realizzazione dei coni del Fiorino i segni di un cambiamento (significativo) rispetto a quanto si evidenzia dalla visione delle monete dei secoli precedenti.

La considerazione si riferisce al solo ambito della tecnica di realizzare il conio, (prescindendo dalla innovazione stilistica) che risulta essere più complesso (rispetto a molte delle monete precedenti e contemporanee), e subisce aggiornamenti sostanziali in tempi relativamente brevi, anche se in genere non sono immediatamente evidenti, probabilmente per rendere più complessa la contraffazione. Ad ogni modo risulta realizzato con l’impiego di punzoni accostati; allo stesso modo si erano realizzati i coni nei secoli precedenti.

Per comprendere (o cercare di farlo) quali potessero essere le tecniche specifiche, la disponibilità di monete non usurate da analizzare è indispensabile.

Informazioni fondamentali sulle tecniche potrebbero venire dal gruppo di fiorini proveniente dalle logge dei banchi di Pisa ora Museo S. Matteo, tutti relativi ai primi decenni di coniazione (a esclusione di tre monete non pertinenti) generalmente in conservazione molto alta, il loro studio consentirebbe di confermare la “staticità” della tecnologia e individuare le diverse mani degli incisori a partire dallo studio dei punzoni impiegati.

Il complesso delle lavorazioni che consentivano la realizzazione delle “matrici” destinate a coniare monete, per molte ragioni, non ultima la necessità di codificare i singoli passaggi in assenza di istruzioni scritte, principalmente per motivi di riservatezza, era legato a procedure, regolate probabilmente dalle consuetudini, una sorta di elenco di istruzioni sequenziali con un ordine più o meno preciso, memorizzate durante il periodo di apprendistato dell’incisore. Non credo che in questo periodo esistessero scuole per incisori in generale e di incisori di coni in particolare, ogni attività che ne prevedesse l’impiego provvedeva alla formazione per le sue specifiche esigenze delle figure professionali necessarie. L’incisore era vincolato alla zecca da un rapporto esclusivo, in ogni caso era espressamente esclusa la possibilità di realizzare coni al di fuori di essa. A fare da contrappeso rispetto alle limitazioni imposte, almeno per alcune figure professionali, non credo siano da sottovalutare il prestigio sociale oltre che il ritorno economico, se per gli operai e le mansioni meno qualificate la cosa non è così evidente lo diventa per le figure chiave, tra queste gli incisori.

La realizzazione di monete in generale e di Fiorini in particolare era per le tecnologie del periodo un operazione di una certa complessità, prevedeva una sequenza di operazioni non banali, una organizzazione puntuale e controlli rigorosi in tutte le fasi del processo produttivo. Il riferimento è chiaramente a una zecca ufficiale, le zecche che producevano imitazioni o i falsari avevano altri e diversi obiettivi.

La sequenza delle operazioni è stata descritta con dovizia di particolari in molti testi, alcune fasi manifestavano specifiche criticità, ad esempio quelle legate alla titolazione dell’oro in ingresso, che determinava la “resa” in Fiorini della partita di metallo al netto delle spese di affinamento e coniazione, o ancora il processo di affinamento dell’oro. La procedura garantiva la disponibilità di oro quasi puro con titolo molto elevato e relativamente costante.

La bontà intrinseca della moneta aveva anche risvolti meno positivi, soprattutto nei primi anni successivi alla emissione ma ancora nel periodo in esame, il fiorino è forse oltre che una moneta una merce, per alcuni è una sorta di risorsa per approvvigionarsi di oro per la coniazione di altre monete, la bontà del Fiorino dovuta ai rigorosi controlli di produzione e il moderato sovrapprezzo dovuto alla coniazione ne ha favorito anche questo utilizzo. Il moderato sovrapprezzo è riferito in particolare ai paesi del nord Europa e all’Inghilterra (Peter Spufford, "Money and its Use in Medieval Europe") per i diversi rapporti di cambio. È possibile che interi lotti di fiorini siano stati utilizzati in questo modo. Nel migliore dei casi si ribattevano, oppure venivano fusi “in purezza” o con l’aggiunta di “altro” per realizzare altre monete.

Un ulteriore aspetto cruciale era legato alla realizzazione delle matrici, per coniare i Fiorini.

Qualche precisazione (repetita iuvant): il fiorino è stato coniato in un arco temporale che spazia dalla fine del 1252 al 1533, sostanzialmente immutato anche se costantemente aggiornato stilisticamente; in questo spazio di tempo si sono succedute diverse generazioni di incisori e ciascuna ha lasciato anche traccia del suo tempo; fin dalle prime coniazioni emerge e si riscontra conseguentemente, la necessità di un controllo di qualità preciso e puntuale, non è stato da subito considerato sufficientemente “fine” un controllo basato sui semestri e sulle conseguenti responsabilità dei signori della zecca per l’oro, ogni partita-lotto di oro produceva una partita-lotto di fiorini individuabili nel complesso dei fiorini con lo stesso segno, le varie figure responsabili avevano compiti di controllo e di garanzia. (di queste procedure, che sono indubbiamente esistite e delle quali abbiamo evidenza nelle monete, non credo siano rimaste tracce documentali o almeno non ne ho conoscenza )

Senza entrare nei dettagli, la realizzazione del conio generico (parliamo in particolare dei rovesci) privo delle caratterizzazioni (segno di zecca e punteggiatura identificante la variante lotto) poteva essere precedente al momento dell’impiego e indipendente dalla effettiva caratterizzazione con segno di zecca e punteggiatura (stesso discorso per i diritti che non avevano in genere bisogno di caratterizzazioni), fino al momento del trattamento termico di indurimento le modifiche erano possibili e agevoli, modifiche successive penso possano essere altamente improbabili per le problematiche tecniche connesse.

Ho riscontrato in un Fiorino una piccola scheggia di ferro incastrata nella moneta, penso sia dovuta alla cattiva conservazione del conio che presenta anche tracce di ossidazione evidenti. Che i coni fossero in ferro è risaputo.

Penso si possa ipotizzare che i singoli coni, generalmente i coni di Rovescio (di martello), venissero distrutti dopo la battitura di ogni partita di metallo, le varianti sono in genere classificate in base ai rovesci (nella quasi totalità dei casi). I coni di diritto avevano probabilmente una durata maggiore e non è escluso potessero avere impiego per più lotti successivi.

Descrivere una possibile sequenza di operazioni è un esercizio di fantasia in assenza di evidenze concrete; può consentire di comprendere le tecniche e i metodi impiegati quando le tracce degli interventi sono intuibili per i motivi più vari. Generalmente sono le monete incise in modo approssimativo, incompleto o con evidenti errori di lavorazione a fornire le indicazioni più significative in merito.

La prima fase del processo, relativa alla preparazione del blocchetto di ferro con le caratteristiche chimiche e fisiche necessarie, opportunamente sagomato e trattato termicamente per consentire il lavoro di “incisione”, era un “lavoro” da fabbro che prevedeva conoscenze di metallurgia. Realizzato il blocchetto, veniva ricavata la faccia destinata ad essere incisa che una volta realizzata veniva levigata finemente.

La definizione geometrica di ciascuna faccia del Fiorino prevedeva il tracciamento del bordo (circolare) e la conseguente individuazione del centro geometrico della faccia. Determinata la superficie della moneta un secondo cerchio concentrico (in genere, ma non sempre) al precedente e di raggio leggermente inferiore era tracciato per individuare la sommità delle lettere della legenda disposte lungo due archi di circonferenza, ai due lati della figura centrale con la base delle singole lettere orientata verso il centro, tale cerchio solo talvolta è rilevabile, risultando finalizzato alla disposizione delle lettere, generalmente veniva cancellato nel corso delle operazioni di finitura. L’area delle legende sia al diritto che al rovescio si presenta libera non delimitata da cerchi. Al diritto la parte centrale della moneta è occupata dal Giglio simbolo di Firenze mentre al rovescio è presente S. Giovanni Battista benedicente.

Quello che ho descritto come secondo cerchio, (quando rilevabile,) caratterizza gli incisori di questo periodo, in periodi diversi,altri incisori, hanno utilizzato cerchi di riferimento per la base delle lettere o anche due riferimenti a delimitarne sia la base che la sommità.

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da notare oltre alle tracce del cerchio che individua la sommità delle lettere, in prossimità del nodo del cordone che cinge la tunica, la protuberanza (sul conio un foro) segno del centro geometrico della faccia

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esempio di diritto

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anche in questo caso è evidente il cerchio, faccio notare sopra il nodo del giglio leggermente spostato sul lato destro della parte bassa del vessillo la traccia del centro geometrico della faccia di diritto. A differenza dei rovesci, dove l'evidenza del centro è frequente, questa è l'unica evidenza che ho trovato per i diritti.

Non credo che le misure di riferimento fossero espresse come valori numerici, penso più a dei campioni di misura da riportare con un compasso per tracciare. È solo una riflessione.

Non ho un riferimento alle misure espresse nelle unità in uso nel XIII secolo, delle quali ho notizie solo generiche come anche di eventuali strumenti per rilevazioni così minute, in misura decimale corrente il diametro del cerchio esterno è compreso tra i 19,5 e i 20,5 mm. A questo intervallo di misure medie teoriche sono da aggiungere le misure degli elementi della “perlatura” del bordo a volte di dimensioni generose. Questa variabilità nelle dimensioni del cerchio esterno non è legata alla dimensione dei tondelli da coniare in modo diretto, in quanto questi ultimi erano fondamentalmente “aggiustati” e rifilati per rispettare il peso, il controllo degli spessori delle lamine da cui ritagliare i fedoni era critico e il processo per realizzarle più un’arte legata alle capacità dell’operatore che una tecnica precisa, tutto questo aveva ripercussioni dirette sulle dimensioni dei tondelli. Generalmente il cerchio esterno delle monete si presenta incompleto, a riprova di quanto affermato, e sono frequenti monete con forme poco regolari e legende “tagliate” a causa di tondelli troppo piccoli (e più spessi, prescindendo dalle tosature) .

Per spiegare le differenze riscontrate nel diametro del cerchio esterno della moneta, tra l’altro a volte anche con riferimento alle due facce del medesimo Fiorino, ho provato a pensare ai tre possibili modi di seguire un riferimento circolare con un punzone, tutto dentro, tutto fuori oppure “a cavallo”. Il lavoro poco curato di qualche incisore consente di apprezzare quanto affermato.

Uno degli aspetti che mi ha complicato la vita in questa ricerca, è l’apparente (o effettiva) mancanza di un preciso metodo nel posizionamento geometrico delle figure e delle lettere delle legende, infatti quando dalle misurazioni su una moneta sembravano emergere regole e simmetrie, un controllo sulla successiva le smentiva. Per questo evito di trarre conclusioni e provo a fare una descrizione senza definire regole e schemi generali. Nelle legende la disposizione delle lettere è la stessa per tutto il periodo in esame, differenze minori sono invece apprezzabili nella forma delle singole lettere.

Prima di elencare le osservazioni effettuate sulle singole componenti vorrei esporre la ipotesi alla quale sono arrivato, non si tratta di nulla di conclusivo ma ha il pregio di adattarsi alle osservazioni. Analizzando le monete sono giunto alla conclusione che il posizionamento relativo delle componenti delle figure e delle legende era “costruito” in corso d’opera dalla sommatoria delle variazioni introdotte nel corso delle operazioni eseguite in sequenza, non come avevo ipotizzato in precedenza dalla individuazione di più punti precisi a cui riferirsi, i riferimenti fissi erano pochi, quelli essenziali per pianificare il lavoro.

Per entrambe le facce possiamo separare una porzione figura, sia essa Giglio o Santo, dalle legende; non sono stato in grado di trovare evidenze fisiche per stabilire una precedenza, delle une o delle altre, discorso a parte per il segno di zecca e per la punteggiatura, una analisi di tipo logico, oltre ad alcune evidenze non generalizzabili, porterebbe a pensare che una volta realizzata la figura venissero distribuite le lettere negli spazi conseguentemente individuati, esiste un legame diretto tra figura e legenda almeno al rovescio rappresentato dall’asta della croce, a volte l’asta si presenta storta per recuperare l’allineamento con la croce, questo sembra rimarcare la esecuzione in due tempi (o da parte di due diversi operatori) delle componenti della faccia, la croce si può considerare parte della legenda.

continua

cordialità

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Supporter

Caro ghezzi60, buona serata.

Devo premettere che ho tergiversato un bel po' prima di decidere di intervenire in questa tua "monografia" sul fiorino.

Mi pare quasi di inquinare tutte le tue osservazioni e mi auguro che mi perdonerai la digressione perché, come saprai, di monete fiorentine non ne so nulla, tanto meno sul fiorino e tutte le variabili di conio che ho appreso da te. :)

Su una cosa però mi sento di intervenire e cioè sui sistemi di produzione dei conii e l'uso dei punzoni; non per altro, ma perché sono convinto che le tecniche adottate fossero pressoché generalizzate e valevoli per tutte le zecche del tempo (e anche oltre).

Nella zecca veneziana i processi non erano differenti da quelli usati in altre officine e conseguentemente anche a Firenze; infatti la metodologia da te descritta dalla prima fase di creazione/preparazione del blocchetto di ferro, fino alla definizione dei campi della moneta; lo spazio circolare delimitante il campo deputato all'inscrizione della legenda ed anche l'eventuale ulteriore cerchio nel quale inscrivere una figura, ecc. ecc. è lo stesso che si può riscontrare osservando talune monete veneziane.

Come dici correttamente tu, soprattutto, quelle non perfette.

2qajnv9.jpg

Come puoi ben vedere dalla mia moneta, alla povera S. Giustina sembra che l'incisore gli abbia aggiunto qualche attributo di troppo. :( in verità ha avuto la mano "troppo pesante" nel crearsi il foro nel quale puntare il compasso per tracciare tutti i cerchi necessari per inserire la legenda e l'immagine della Santa che, evidentemente, non è stata battuta a sufficienza.

Se lo fosse stata (infatti il rilievo non è particolarmente alto) il buchino sarebbe stato "assorbito" e la moneta non avrebbe presentato alcunché di "anomalo".

Desidero poi confortatri sul fatto che pur essendo l'incisore di zecca (il più delle volte) anche un fine cesellatore e orefice, non si sarebbe mai fidato di creare ad "occhio" legende e figure senza provare su calchi in creta o altri materiali plasmabili.

L'esigenza di far rientrare in spazi definiti le lettere componenti la legenda o un disegno era una tappa obbligata e mai avrebbe potuto correre il rischio di trovarsi, a conio quasi fatto, troppo scarso o abbondante negli spazi; poteva magari trovarsi con un elemento "di troppo" che non riusciva a far "rientrare".....che faceva? Mica poteva cancellare e rifare.

Ovvia l'esigenza di provare a comporre il conio su una superfice plasmabile per individuare, non solo i giusti caratteri, ma anche gli interspazi e la sequenza delle immagini da inserire nei campi.

Una volta certo del risultato, poteva lavorare sui conii originali.

Un cordiale saluto ed un plauso per il tuo bel lavoro.

Scusandomi nuovamente

Luciano

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Buon Giorno,

Ringrazio 417sonia per essere intervenuto con le sue osservazioni a riportare “tra noi” un discorso che rischiava di prendere una direzione poco adeguata.

È un rischio da non sottovalutare per chi cantandosela e suonandosela da solo finisce per perdersi nel suo delirio.

Riguardo alle scarse conoscenze sull’argomento monete della Repubblica di Firenze siamo almeno in due.

Per cominciare un appunto riguardo alla osservazione in merito alla S. Giustina, la presenza della escrescenza di metallo essendo dovuta alla presenza di un incavo nel conio ci sarebbe stata comunque anche se la moneta fosse stata “battuta” meglio, è senza dubbio una moneta interessante.

L’osservazione sulla pianificazione della disposizione delle lettere nelle legende, valida e sacrosanta in generale, e in particolare nel caso di legende complesse con molte lettere e simboli, mal si adatta ai Fiorini di questo particolare periodo.

Chiarisco: le legende del fiorino sono “semplici” con un ridotto numero di lettere, le lettere sono “costruite” con un numero limitato di figure primitive, ritengo, sulla scorta delle osservazioni che venissero utilizzati i punzoni stessi come “misura” per la realizzazione delle scritte, come se si trattasse di “caratteri mobili” ante litteram, l’accostamento della sequenza dei punzoni delle primitive produceva in automatico la “stringa” di lettere della misura prevista. Penso che a partire dagli ultimi decenni del 1200 l’arte di incidere Fiorini sia diventato un mestiere (a meno di qualche eccezione) con risvolti diversi non sempre positivi (o negativi) quali l’assistere al progressivo peggioramento della qualità dei coni (dovuta al progressivo invecchiamento, con attenuazione della vista e della capacità lavorativa dell’operatore) prima di un cambio di stile e di una ripresa della qualità (per merito del successore). Il “mestiere” dell’incisore consentiva di recuperare anche coni “non perfetti” per usare un eufemismo. Non sono rare monete con difetti anche gravi, la produzione prima di tutto.

In tema di monete con qualche difetto mostro l’immagine di un diritto, potrebbe essere un qSPL se non fosse per il conio logoro, arrugginito, con evidenti errori di incisione e dulcis in fundo che lasciava schegge di ruggine incastrate nelle monete e se (per finire) non fosse stata morsa? Per verificarne la bontà.

post-11718-0-68525700-1301638125_thumb.j

la moneta se analizzata a fondo (ci tornerò) fornisce moltissime informazioni sulle tecniche di preparazione dei coni.

P.S. ci sono monete ancora più disastrate pur essendo in alta conservazione.

cordialità

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  • 1 mese dopo...
Inviato (modificato)

Buona Sera,

Con riferimento allintervento 80 le evidenze descritte, riferite ai centri e al registro per le lettere della legenda, abbastanza frequenti e leggibili, non sono le uniche riscontrabili sulle monete, oltre a queste talvolta sono rilevabili, in particolare al diritto, dei segni che verosimilmente erano destinati al posizionamento delle varie componenti del Giglio, la loro funzione penso possa essere considerata fuori discussione, il metodo di costruzione resta incerto (per me), unica costante per gli esempi che evidenzierò e per altri analoghi, è il fatto che i centri degli archi tracciati finiscono sempre in corrispondenza di qualche particolare che lo incorpora(un pendente, la croce o una lettera della legenda..). Le proporzioni relative tra le varie parti del giglio sono abbastanza costanti malgrado la figura a differenza di quella del rovescio si presti a una più ampia gamma di variazioni senza che questo cambi la sostanza del simbolo (esistono in effetti esempi difformi rispetto al canone usuale ma sono meno evidenti rispetto a un cambio di fisionomia o di un particolare anatomico della figura del Santo); inoltre la tipologia stessa della raffigurazione rende poco evidenti piccole differenze a un osservatore poco allenato. I segni di cui parliamo delimitano sostanzialmente la posizione delle ali, le parti meno vincolate rispetto al resto della figura, la cui posizione deve essere definita in modo preciso unitamente ai pendenti corrispondenti. Ulteriori segni in corrispondenza di altri particolari porterebbero a pensare che venisse tracciato per i diritti una sorta di schema sommario a cui attenersi nelle operazioni successive con i punzoni.

Come ho affermato, non sono ancora riuscito a comprendere quale fosse il procedimento impiegato per tracciare i diritti; è invece relativamente semplice risalire ai centri degli archi tracciati con limpiego di un programma di grafica vettoriale. Presumo che si tratti di una costruzione non banale, non credo di avere dati sufficienti per ipotizzarla.

Riporto alcuni esempi di residui di tracce di riferimento, si tratta di diritti di monete tra il 1307 e il 1313

post-11718-0-55536800-1304267962_thumb.j

Larco di circonferenza che si intuisce, indicato dalle frecce, sfiora le ali del giglio, fa parte del processo preparatorio alla realizzazione delo stesso, essendo in rilievo deriva da una incisione prodotta con un compasso per tracciare sul conio, il centro di tale arco è localizzato nella base del giglio indicato dalla croce. Questo segno come altri era destinato a sparire nel corso delle operazioni di finitura.

Modificato da ghezzi60
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In questo secondo caso, il centro è in corrispondenza del pendente del lato opposto rispetto all’ala delimitata, in questo come in altri casi la corrispondenza tra segno e elemento non è precisa, la distanza è di circa un decimo di millimetro, tecniche e strumenti erano “medievali”.

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Inviato (modificato)

post-11718-0-73477000-1304268306_thumb.j

Lultimo esempio presenta due archi, il primo, frecce e croce nera definisce la posizione del pendente, laltro, frecce e croce blu non saprei interpretarlo.

aggiungo alcune cosiderazioni emerse da un confronto con un conoscente.

Ho fatto alcuni tentativi per provare a realizzare con metodi e attrezzi presunti medievali alcuni punzoni relativi alle lettere e ad alcuni particolari del giglio, ho trovato delle serie difficoltà soprattutto per le ridotte dimensioni dei particolari. Sono arrivato alla conclusione che il tratteggio in positivo venisse realizzato con un punzone a forma di lama quello in negativo con un punzone sagomato realizzato in tal modo. Se la vista la pazienza e la perseveranza mi avessero assistito a inizio trecento avrei avuto qualche chance come incisore o come falsario (con i rischi connessi)

Mentre mi dilettavo in officina, ho avuto modo di scambiare alcune impressioni con un conoscente che realizza microstampi di precisione, mi ha spiegato che sono disponibili macchine a controllo numerico che possono lavorare anche i materiali più duri, che garantiscono precisioni di lavorazione inferiori al micron e finiture superficiali dellordine di 0,2 micron (praticamente una lucidatura) con macchine a cinque assi si evitano anche possibili scalettature sui particolari in diagonale.. effettuare scansioni in 3D con queste precisioni è possibile, come esistono software adeguati per generare il programma per la macchina ….

Sarebbe semplice(da quanto mi è stato detto) realizzare i coni (una trentina di ore macchina stimate) non impossibile ricavare dal pieno la moneta. Chiaramente il tutto si è fermato a una discussione.

Per fortuna il tutto costa ancora una fortuna (la precisione con cui questo signore lavora è inferiore)

Lunica garanzia sarà sempre di più il pedigree per alcuni tipi di monete

PS le macchine non sono cinesi

cordialità

Modificato da ghezzi60
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  • 4 mesi dopo...

Complimenti a GHEZZI60 .... Veramente un ottimo lavoro !!! Indispensabile per la classificazione dei primi Fiorini della zecca di Firenze... Sarebbe stupendo se una classificazione come questa , verrebbe fatta anche per i Fiorini del 'dopo repubblica'... Mi riferisco in particolare ai Fiorini di Ferdinando I dè Medici, Cosimo II , e Ferdinando II ... a mio parere stupende monete !!

Grazie

Davide

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  • 9 anni dopo...

Salve, riprendo questo post a distanza di 10 anni per segnalare che   

l'argomento trattato in queste pagine è stato riunito in un file pdf 

ed è disponibile al seguente link. Buona lettura

 

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