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IL PELLEGRINAGGIO, ICONA MEDIEVALE


Risposte migliori

Negli aspetti che spesso ricorrono nel Medioevo, il pellegrinaggio è uno di quelli che mi ha sempre affascinato maggiormente.

Il pellegrinaggio c'è, sia ben chiaro anche oggi, ma nel medioevo, aveva un valore e un significato veramente simbolico.

A volte quando analizziamo il Medioevo, questo viene visto con tinte cupe,il periodo buio della storia, ma credo che si debbano rivalutare diversi aspetti positivi che invece ci sono e il pellegrinaggio, secondo il mio parere è uno di questi.

Fare il pellegrino presupponeva molte qualità ed attitudini : l'uomo medievale non aveva fretta, dispone di tempo e lo usa per grandi scopi, o quantomeno che lui ritiene tali.

Oggi ci manca sempre il tempo, abbiamo l'ansia di fare, pensiamo per un attimo invece a cosa era disposto a fare l'uomo medievale per un viaggio della speranza e della fede.

Le motivazioni erano essenziali, lo sforzo del percorso immane, le fatiche, i rischi,le malattie, il lasciare i propri posti e le persone care : nonostante tutto questo l'uomo medievale era disposto a partire.

Forse un ripensamento è anche dovuto per questi uomini, con una evidente forza e ricchezza morale insita in loro,un viaggio, il viaggio della fede e della speranza, nulla li fermava, la pioggia, la neve, le strade impervie, i briganti, loro vedevano la vita come un viaggio, avevano un appuntamento a cui non volevano mancare, era la loro missione.

Poi i pellegrinaggi ci porteranno a parlare di tanti aspetti, delle strade, della via francigena che portava quelli del Nord Europa verso Roma, delle locande, degli hospitali, delle offerte che facevano prima di partire nel caso non fossero più tornati, di quelle che facevano sul posto, una volta raggiunto, delle donazioni fatte nelle varie strutture che li ospitavano durante il percorso, che comunque l'uomo medievale era disposto a fare grandi spostamenti per varie motivazioni, pensiamo ai viaggi dei mercanti per le fiere, degli stessi sovrani, dei briganti e ladroni che erano sempre in movimento.

Certamente il movimento da parte di molti, il tempo che non è essenziale,( il medioevo non è per le ore, i giorni, ma per le clessidre e le meridiane ), molti uomini che hanno valori importanti, spirituali, forse ci devono portare a rivalutare questo periodo oscuro.

Ho intitolato questa discussione il pellegrinaggio, icona del Medioevo, penso di si, non solo icona, anche rito, un cammino spirituale di molti uomini spinti dall'umanità ed esistenza personale, dalla fede, dalla salvezza come valore religioso, tutto questo rimane, poi certamente intorno al pellegrinaggio nel Medioevo gli spunti di riflessione possono essere veramente tanti.

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Supporter

Buona serata

tema molto importante ;) ma per nulla facile, bisogna prepararsi perche', come dici giustamente, un pellegrinaggio aveva ripercussioni di non poco conto, per la persona, la famiglia, la societa' in generale. Si spendeva tempo e denaro per il pellegrinaggio, si sapeva quando si

partiva e non quando si arrivava....se si arrivava.

C'era da fare testamento, e c'era chi si arricchiva per organizzare i viaggi; veri tour operators ante litteram che gestivano i flussi verso Gerusalemme, soprattutto, ma anche verso le grandi basiliche della cristianita', i monasteri piu' importanti.

Fiumi di denaro che facevano gola....

saluti

luciano

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La scelta per il pellegrino non era certamente semplice, le implicazioni tante, materiali, pratiche, psicologiche, finanziarie, ma le motivazioni erano evidentemente superiori, mettiamoci per un momento dalla parte del pellegrino, prima di intraprendere il cammino e il viaggio, doveva intanto :

1) prendere la decisione sia a livello personale che spesso comunitaria, spesso si muovevano in gruppo

2) partire, e partire, voleva dire stare via per mesi o anni con la paura e il timore di non tornare, quindi atto di grande responsabilità e non certamente facile da fare

3) scegliere la meta, il cammino, l'itinerario

4) l'arrivo alla meta scelta, santurario o luogo sacro e religioso, la visita dello stesso, entrare nella misticità dell'evento e dell'incontro spirituale, è il momento topico, tanto atteso,il punto di arrivo, la missione è compiuta

5) il saluto e il ritorno a casa, il ritorno alla vita usuale dopo l'esperienza religiosa voluta

Questi sono solo alcuni aspetti del pellegrinaggio in pillole, ma credo che prima o poi dovremo entrare anche negli aspetti specifici e qui credo che non potremo non parlare del " Il libro del pellegrino - Siena 1382 - 1446 " di Gabriella Piccinni e Lucia Travaini .

E qui dallo spiritualità del gesto, passeremo a tutto quello che questo gesto comporta.....

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@@dabbene

Molto bene, Mario. Attendiamo i passi successivi. Poi potremo fare qualche considerazione.

@@417sonia

Hai preso in pieno l'aspetto dell'argomento che più mi interessa: fiumi di denaro....e tutto ciò che ne consegue :)

A presto

Modificato da adolfos
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Supporter

@@dabbene

Molto bene, Mario. Attendiamo i passi successivi. Poi potremo fare qualche considerazione.

@@417sonia

Hai preso in pieno l'aspetto dell'argomento che più mi interessa: fiumi di denaro....e tutto ciò che ne consegue :)

A presto

Buona serata Adolfo...troppo buono

Non conosco la fonte dalla quale Mario ha preso ispirazione, ma sono certo - visto chi l'ha scritto - che sara' molto interessante.

Quindi penso di percorrere tutt'altra strada, meno specifica del nostro campo, ma altrettanto interessante, perche' parla di gente di mare soprattutto, ma anche di pellegrini che si affidavano a capitani di nave per raggiungere la Terrasanta. L'incontro di viaggiatori con un mondo che non conoscevano; non il mare, non i marinai e le loro leggi e consuetudini, non la terra che li aspettava.

Sapevano solo cio' che avevano letto o ascoltato dalla voce di chi li aveva preceduti, spesso racconti infarciti di paure, superstizioni.

saluti

luciano

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Gabriella Piccinni nel suo libro inizia con questa frase " La strada come affare ...", certamente come dice giustamente Luciano i pellegrinaggi devono essere visti sotto vari aspetti, pratici, materiali, finanziari, poteva essere un affare per alcuni, ci sono quelli via terra, che cercherò di trattare e poi quelli via mare ben più difficili,impegnativi, anche costosi e che lascerei, se vuole a Luciano o a altri.

Ma quello che mi preme ancora rimarcare e poi entreremo nel vivo della discussione è rimarcare quanto da me sostenuto nel mio primo post, al di sopra di tutte queste problematiche, c'è l'ideale, le motivazioni, la forte spinta spirituale, religiosa che porta questi uomini medievali a buttarsi in questa loro avventura che a volte li porterà a non ritornare a casa.

Quindi onore a loro, uomini coraggiosi, di fede, che cercano il loro cammino spirituale a costo di qualunque sacrificio, anche quello estremo di perdere la loro vita, poi tutto il resto che comunque vedremo, sempre a mio parere ovviamente, è comunque di minor importanza rispetto alle forti motivazioni che avevano, ma incominciamo.....

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Il Libro del Pellegrino è tratto da una documentazione reale, di quello che accadeva e veniva registrato dai pellegrini che si fermavano a Siena nel periodo 1382 - 1446 e precisamente nell'Ospedale di Santa Maria della Scala.

Il libro ci offre uno spaccato veritiero di cosa succedeva ai pellegrini di passaggio spesso provienente dal nord Europa in direzione Roma, anche per il Giubileo, e che faceva sosta in uno di quelli che vennero definiti uno dei migliori posti di sosta della Regione e tra i maggiori complessi ospedalieri storici d'Europa.

Siena fu favorita in tutto questo perchè era "sulla strada ", così veniva chiamata la via francigena, quindi il via vai era importante sia per i mercanti, i banchieri, quindi per gli aspetti commerciali e finanziari, ma anche proprio per i viandanti, forestieri , spesso pellegrini diretti a Roma e Siena era ormai una delle ultime tappe prima dell'agognato arrivo alla meta.

Siena ottiene anche per questo un grande sviluppo commerciale, la sua posizione geografica è strategica, nascono numerose botteghe e diversi banchi di cambiavalute.

Gli ospedali, tipo questo senese, avevano un carattere pubblico, ma erano gestiti in modo imprenditoriale, davano servizi, ricevano offerte e donazioni a cui davano gli interessi, ricevevano i depositi dei pellegrini di passaggio e li restituivano a loro quando ritornavano.

Quindi carità, assistenza, ma anche servizi, e quindi impresa ; gestita da frati su base volontaria, il loro guadagno consisteva anche nel fatto come molti di questi depositi non venissero poi più ritirati.

Ai forestieri veniva dato intanto un posto letto, ma anche servizi quali il vitto, davano pane, vino cibi cotti ogni sera e a chi chiedeva l'elemosina una dose di pane per chi si presentava alla porta.

Ma dava soprattutto sicurezza ai pellegrini e forestieri, era ai tempi pericoloso viaggiare e bisognava stare attenti ai furti.

L'ospedale senese era conosciuto da tutti, aveva una buona fama, nel Medioevo non si spostavano solo persone, animali e merci, si spostavano anche le idee, la cultura, le notizie e informazioni e i pellegrini lo conoscevano bene Santa Maria della Scala.

E presso l'ospedale i pellegrini depositavano molti loro averi per sicurezza, in particolare monete, molte d'oro, depositi che erano gratuiti e che venivano ritirati dagli stessi al ritorno verso casa.

Ma se costava e quanto costava il viaggio della speranza dei pellegrini via terra, che sarà ovviamente ben diverso da quello via mare, lo vedremo dopo....

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Dice giustamente Gabriella Piccinni nel libro : " sappiamo che camminare in compagnia era il primo modo per attenuare la fatica della strada e ridurre i pericoli ".

Giusta osservazione, che di solito i pellegrini cercavano di seguire, a volta si muovevano a gruppi parentali o dello stesso paese o magari con alcuni conosciuti durante il tragitto stesso.

E' bello il caso di tale Vicilaus di Niholaio, un tedesco, che fece il viaggio col suo cavallo, ma quando arrivò a Siena lo lasciò lì, anche lui " in deposito ", perchè voleva continuare il viaggio da solo a piedi, lo riteneva giusto e più virtuoso arrivare a Roma così, un viaggio da penitente vero.

E così i pellegrini di solito si spostavano col loro bordone ( da burdo, cioè mulo ), che era il loro bastone dalla punta ferrata al quale si appoggiavano, era il loro appoggio, il loro vero " mezzo di trasporto ".

Certamente il viaggio qualcosa costava, ma quello via terra non era assolutamente paragonabile a quello via mare ; il pellegrino partiva con monete di vari tipi e di diverso valore, di solito della propria terra, gli dovevano servire per spese varie, l'alloggio, il vitto, i pedaggi, per l'acquisto di bolle d'indulgenza o offerte da fare.

In realtà per quasi tutti non era poi molto costoso, perchè la maggior parte si appoggiava a queste strutture durante la strada che davano il pernottamento e il pasto gratuito.

I soldi portati erano più per sicuraezza, per imprevisti, malattie e ovviamente per le offerte.

Quindi il pellegrinaggio per terra più che oneroso era faticoso, lungo,pericoloso, era una prova,una dura prova che lo stesso si voleva sottoporre sotto il sogno di raggiugere la salvezza e la fede.

Certamente più esclusivo e diverso era il pellegrinaggio per Gerusalemme, in questo caso c'erano i costi dei trasporti marittimi, tanto da far dire a ser Mariano di Nanni, prete senese, "non vada chi non ha denari ".

Molte sono le annotazioni interessanti su questa umanità in movimento : dai registri risultano molti stranieri di area germanica, chiamati sul registro con il termine La Magna, ma anche spagnoli, delle Fiandre, francesi, alcuni dell'est, tipo i prussiani e i boemi, alcuni comunque anche ovviamente italiani.

Cosa si portavano dietro questi pellegrini cosa poi depositavano una volta arrivati a Siena ? Intanto monete del loro paese, simbolo della loro identità, un legame coi luoghi lasciati e poi spesso immagini sacre.

A volte il pellegrinaggio durava più del dovuto, alcuni rimanevano in giro o sul posto più del dovuto, a volte il pellegrinaggio era vicino a un viaggio a tappe, che diventavano poi le tappe della loro esistenza.

Ma il pellegrinaggio li esponeva a tutto, a furti, imprevisti, malattie, alcune volte la morte e così il depositato non veniva più ritirato e rimaneva dell'ospedale.

Certamente l'ospedale, la locanda, la taverna diventavano importanti per i pellegrini e queste acquistarono sempre più, in particolare se dislocate bene in punti strategici, magari sulla via francigena, valore, erano delle vere imprese commerciali fruttifere.

Ma di qualcuna di queste parleremo più avanti, alcune, per la gioia di Adolfo, vicine anche a Lucca....

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Lucca, anche qui Lucca, via francigena......, ne parlano P.Spufford in " Il mercante nel medioevo " e Hans Conrad Peyer in " Viaggiare nel medioevo, dall'ospitalità alla locanda " .

A sud est di Lucca, c'era uno dei più grandi e importanti ospitali del Medioevo, ed era ad Altopascio, proprio sulla via francigena, chi era diretto a Roma non poteva non fermarsi lì.

Spufford lo definisce il più grande e importante di tutta la via francigena, di certo sembra il più efficiente.

Nel 1192 vi erano circa 50 ospitali lungo questa via, tutti idonei ad ospitare i pellegrini, nella sola Val d'Elsa ce n'erano ben 23 gestiti tutti da religiosi.

Locato vicino alla foresta, l'ospitale fortificato di San Jacopo era gestito da un ordine misto di uomini di Chiesa e laici, i confratelli e i cavalieri di Altopascio.

Fornivano vitto, alloggio, ma si prendevano anche cura della strada e dei suoi ponti e difendevano i viaggiatori dai banditi della foresta.

L'ospitale rimase attivo fino al 300 inoltrato, alla fine del secolo fu saccheggiato e messo a fuoco dai pisani.

Ma alcune parti sono ancora oggi visibili, di certo fu un punto fisso e apprezzato per i pellegrini dell'epoca, Altopascio, lo conoscevano tutti.

Divenne poi tramite lasciti e donazioni quasi una vera impresa, comprò case per dipendenti, e molte terre, molte anche all'estero.

Si usava dire " se vai a Roma da Altopascio devi passare, non ci sono dubbi " e i pellegrini infatti passavano e si fermavano.

Ma non c'erano solo gli ospitali nel medioevo, anche perchè viaggiavano in tanti, non solo i pellegrini, i mercanti sicuramente si muovevano e molto .

C'erano anche altre forme di pernottamento, quelle di ospitalità in case organizzate per questo, ma ovviamente anche locande queste sicuramente a pagamento e queste erano frequentate molto dai mercanti dell'epoca.

E Lucca era città di mercanti e pellegrini, entrambi passavano da quelle parti e quindi il pernottamento era una necessità, che gli intraprendenti lucchesi cercarono di farlo diventare un affare, per loro ovviamente.

Nel 1111 sul Duomo di Lucca c'era una iscrizione incisa in cui venivano elencate le case che potevano concedere ospitalità agli stranieri.

C'era un contratto stabilito e regolamentato e valeva solo per i mercanti, non valeva per i pellegrini ; non sempre venne rispettato ma comunque il contratto era legato non alla casa, ma alla persona e veniva sancito da un bacio o da una stretta di mano.

Era un pò l'antesignano di quello che poi sarà e diventerà la locanda pubblica contrassegnata con un'insegna.

Sulla stretta di mano poi, questa rimase in voga fino a non molto tempo fa....., l'usanza lucchese di certo fece storia......

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Supporter

Buona serata

Mario sta scrivendo di viaggi e pellegrinaggi via terra; io, per indole, passione e piacere, vi parlo di viaggi e pellegrinaggi per mare.

Mi piace pensare ad un tandem tra Mario e me, anche se l'augurio e' di avere altre voci che si accodino alle nostre “storie”.

Il viaggio per mare è molto diverso da quello fatto via terra; i pellegrini che viaggiavano via terra, pur fra i tanti pericoli ai quali abbiamo già accennato, si muovevano in un ambiente non sconosciuto; per mare c'era invece la consapevolezza di essere nelle mani di sconosciuti, su un coccio di legno di pochi metri quadri, in balia degli eventi e degli uomini; poco piu' che “pacchi postali” e, potete ben immaginare, gia' questa situazione atterrisce.

Oggi e' molto diverso andare per mare; noi facciamo le vacanze al mare, ci piace anche nuotare ed avventurarci, fosse anche solo per un giorno, in mare con un battello piu' o meno attrezzato. Salvo coloro che soffrono il mare, per tutti gli altri e' un piacevole diversivo.

Nel medioevo non era cosi', il mare faceva paura, nessuno si bagnava per piacere; coloro che sapevano nuotare erano una sparuta minoranza; in gran parte era gente di mare, ma gli altri, in mare, ci andavano bardati e coperti – anche d'estate – per paura dell'acqua. Se fate mente locale, questo, lo e' stato fino al secolo scorso. Al mare si andava per prendere il sole se malati, a far le sabbiature o per respirare l'aria salsobromoiodica (vi dicono qualche cosa gli istituti elioterapici, dove, forse, anche qualcuno di noi, da piccolo, ci ha passato dei periodi perche' troppo “gracilino”?).......

Ciascuno che desidra fare questo sanctissimo viagio.....metta ordine a li facti suoi et facia testamento adcio' che quando Dio facesse altro di lui, li heredi suoi non rimanghano imbratati....Ch'el porta due borse seco, una ben piena de patientia, l'altra che habia ducento ducati venetiani....che vano al viagio per persona et non manchi niente a l'homo che habia cara la vita et che sia costumato vivere decicatamente a casa sua, ...che questo e' uno viagio da non tenere serrata la borsa....

segue

luciano

Modificato da 417sonia
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Supporter

Chi propone questi consigli, e che io ho riferito sopra, e' Santo Brasca, un cavaliere milanese che in un suo scritto, riportato in: Masiero Franco Sulle rotte della Serenissima, Mursia 1983, ha raccontato del pellegrinaggio fatto in Terrasanta alla fine del 1400; testimonianza quindi diretta sul viaggio fatto da Venezia a Gerusalemme.

Certo il Brasca non è un maniscalco, un frate, un contadino, insomma un “uno qualsiasi”; lui e' un cavaliere e probabilmente i soldi non gli mancano; lui ha un budget di 200 ducati veneziani, una fortuna per molti a quel tempo, ma lui e' “costumato vivere delicatamente a casa sua”.

Per la gran massa dei pellegrini, il budget era meno di un quarto per un periodo di poco meno che sette mesi tra andata e ritorno, tale fu il tempo impiegato dal nostro Brasca. Per la cronaca, a quel tempo, un rematore di galea, percepiva poco piu' di un ducato al mese; quindi l'impegno pecuniario sarebbe stato per lui di quattro anni di paga per pagarsi il viaggio in Terrasanta.

Le motivazioni per andare a Gerusalemme sono le stesse riportate da Mario; era cosi' per tutti o quasi.

D'altra parte, in una società sufficientemente ignorante ed analfabeta come quella del tempo, ma intrisa di “religiosita'” che, spesso, si ammantava di superstizioni e che sfruttava le ancestrali paure dell'uomo alle quali non sapeva dare risposte, un buon viatico era donare e donarsi alla chiesa e sentirsi cosi' mondato dei propri peccati ….insieme a parte dei propri averi (magari sottratti precedentemente a dei poveri cristi, tramite sopprusi, angherie o strozzinaggio).... ma quelli erano i tempi ed ognuno e' figlio di quelli.

Il 29 aprile 1480, ascoltata ovviamente la messa, il Brasca parte da Milano accompagnato da numerosi amici e parenti. A Pavia sale su un burchio che lo portera' fino a Venezia, dove si fermera' qualche giorno visitando varie chiese ed anche il palazzo ducale, l'arsenale, il campanile di San Marco e poi riesce anche a vedere lo “Sposalizio del mare” fatto dal doge (Giovanni Mocenigo) all'imboccatura del porto; insomma, per qualche giorno fa il turista, ma non ci dice dove alloggia, ne quanto spende.

Il 5 di giugno sale sulla galea di Agostino Contarini, uno dei migliori “Patroni” di nave, nobile veneziano, conosciuto per essere integerrimo e di buona fama.

Il Brasca, ce lo sta dicendo, ha scelto il meglio che il mercato offre; un comandante che non specula sulla quantita' e qualita' dei rematori (che determinano spesso la buona e veloce riuscita del viaggio), sul vitto e sulla quantita' degli “ospiti” (lo spazio su una galera non era molto, costiparla di pellegrini per aver maggior guadagno significava vivere male e in caso di tempesta la quantita' di persone a bordo poteva fare la differenza tra la vita o la morte).

Il Contarini aveva cominciato a navigare nel 1452 e almeno per 17 anni consecutivi organizzo' un viaggio annuale in Terrasanta; l'ultimo, a 67 anni lo fece nel 1497; era quindi un comandante di buona esperienza e Santo Brasca aveva denaro per poter scegliere; per altri non era cosi', altri dovevano accontentarsi di navi ed equipaggi malandati, vitto scadente ed insufficiente, poche soste e viaggi con troppi pellegrini, uno sull'altro, con notti insonni, tra risse, vomito, infortuni e paura.

Il giorno 8 alle 11.00, giungono con gran fatica per il poco vento a Parenzo e si fermano, perche' e' consuetudine che a Parenzo venga ultimata la cambusa e monti in galea il Pilota che avrebbe coadiuvato il comandante nella navigazione.

Il Brasca approfitta per visitare anche qui chiese e monasteri, tanto ha piu' di un giorno a disposizione; in particolare visita la chiesa di San Nicolo', luogo devoto ad tuti li marinari e qui comincia ad udire storie di turchi terribili ed inimicissimi, che hanno invaso l'Adriatico con le loro navi e che sarebbe stato per loro pellegrini un miracolo, arrivare fino a Corfu'.....

continua

luciano

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Vai Luciano...., complimenti, ottimo questo tandem terra - mare, nella speranza che poi arrivi qualche commento o ulteriore analisi ; su questa icona del Medioevo tanto si può dire ancora, più ci ripenso e più mi affascina questa figura medievale.....

Mario

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Supporter

Ma quanto costava organizzare un viaggio simile in Terrasanta? Il percorso standard prevedeva la partenza da Venezia a Giaffa e da li, su carri, a piedi o su cavalcature si proseguiva via terra per Gerusalemme.

Il costo maggiore era dovuto al passaggio in nave, comprensivo del vitto; si andava da 20 a 40 ducati a seconda della nave utilizzata, del posto che si preferiva (piu' o meno comodo se al coperto o allo scoperto) e del relativo vitto; si poteva anche scegliere di non usufruire del vitto (c'era chi si portava tutto da casa, soprattutto alimenti secchi) ed il costo si riduceva ad una quindicina di ducati.

Una volta giunti a Giaffa, chi voleva usufruire di una propria cavalcatura, doveva sborsare almeno 4 ducati; meno della meta' se si voleva un posto a sedere su di un carro.

C'erano altre spese non quantificabili che potevano pesare durante il tragitto in mare; fermarsi in una citta' veneziana o alleata e voler visitare chiese e monasteri, poteva “costare” in tributi, dazi ed anche elemosine “forzate” …. i religiosi erano dispensati da quest'ultima voce, ma i laici no!

Ma se la sosta era dovuta a causa di forza maggiore ed avveniva in un porto non amico, magari soggetto al Turco, i dazi si facevano ben piu' elevati e spesso si doveva pagare solo per poter sbarcare dalla nave ormeggiata nel porto; i pellegrini diventavano cosi' un pegno nelle mani dei Mori.

Ma procediamo con il viaggio; di seguito l'immagine della "Contarina"; una rappresentazione statica della galea usata da Santo Brasca.

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segue

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Supporter

La "Contarina" della quale ho postato l'immagine presa dal web (foto di Sergio), rappresenta proprio la galea di Agostino Contarini; e' una galea del tipo "di Romania", cioe' del tipo costruito per il trasporto di merci e......di pellegrini nella buona stagione. Il nome vero della galea non era "Contarina", ma "Vergine Maria"; il chiamarla "Contarina" derivava dal vezzo veneziano di chiamare una nave con cognome del suo proprietario a prescindere dal nome che gli si era attribuito. :pardon:

La sua capacità di trasporto arrivava fino ad un massimo di 300 persone, delle quali 100 erano l'equipaggio; nel tragitto fatto da Santo Brasca dice che i pellegrini erano circa un centinaio; quindi si puo' affermare che viaggio' in maniera abbastanza comoda...circa 200 persone su una superficie calpestabile di ca. 250 metri quadrati... :mega_shok:

Sabbato da sera 10 iunij, facta per li trombeti la recolta di pelegrini et galeoti, ogniuno se reduxe a galea per uscire del porto, et in la maitina de la domenicha facendo vela et orzando col vento contrario se trovassemo havere fatto tra el di et la nocte circa miglia 40.

E' chiaro che la navigazione si sta facendo "a vista", cioe' si bordeggia mantenendo la vista della costa a sinistra.

Il lunedi' 12 avviene il primo contrattempo; un galeotto che non stava bene, rivela sintomi poco tranquillizzanti, sembra sia peste...el giorno seguente butoe el male in uno brazo et morite, et subito fu gitato in mare unde ch'el patrono et tuti quanti li pelegrini molto se sbigotirno et subito incomenzorno fare oratione a Dio che li campasse da tal contagione...le preghiere devono aver fatto effetto, giacche' nessun altro caso si manifesto'. Certamente quel povero galeotto ha contratto il male a Venezia o in qualche altro luogo e solo dopo il periodo di incubazione il male si e' manifestato, senza che ci fosse stato contagio; da questo fatto possiamo immaginare che anche lui si fosse imbarcato per lavorare al remo, con un regolare ingaggio, per questo specifico viaggio e non abbia cosi' potuto infettare altre persone, nemmeno il suo compagno di remo.

Il giorno 15 si trovano al traverso di Zara e tutti richiedono di potersi fermare, perche' e' una bella citta' Zara, poi c'e' il corpo di San Simeone!! ..che meritoe tene in brazo el dolce nostro redemptore...et e' anchora intero che non gli mancha se non la ponta del naso....!! E' inevitabile, ogni luogo e' degno di sosta per far visita a chiese, monasteri, reliquie di Santi e Beati....

Non se ne fa niente pero', a Zara c'e' la peste, e quindi si deve tirare dritto.... Si sta' vivendo una delle tante pandemie di peste, siamo ancora agli inizi, ma sta arrivando.

A Ragusa (Dubrovnik) è gia' arrivata insieme ad un carico di cotone infetto proveniente dalla Sicilia ed anche questa epidemia fara' morti in quantita', compreso il doge Giovanni Mocenigo, che ne fu contagiato e che mori' il 14 settembre 1485.

segue

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Mare, ma anche terra, così faccio rifiatare un pò Luciano .

Per arrivare a Roma ( ma per i pellegrinaggi non c'erano comunque solo Roma e Gerusalemme ), la via francigena era come abbiamo visto " la strada " e su questa passavano tutti, viandanti, mercanti, Sovrani e ovviamente pellegrini.

Tutto questo cosa comportava ? Qualcosa di non indifferente per l'epoca, di Siena e Lucca ho gia' parlato, ma ora mi rivolgo verso il nord, verso Pavia.

Succedeva che dei piccoli borghi, che probabilmente sarebbero rimasti tali e abbondanati, diventavano meta e tappa obbligatoria di passaggio.

Parliamo di un piccolo centro vicino a Pavia, di Mortara sulla via francigena anch'esso, Mortara capisce tutto questo e si attrezza all'uopo.

Diventa un centro di accoglienza per gli stessi, e ottiene il titolo di " forum "dei pellegrini, luogo di incontro e punto di riferimento per gli stessi.

Mortara si dota di ben sette ospitali, cinque dei quali appena fuori le mura, due all'interno dello stesso centro abitato, l'accoglienza si dice fosse veramente ottimale.

E quindi Mortara, già situata in una posizione geografica ottimale e strategica, offre servizi agli stessi pellegrini e non solo.

Sapendo che il movimento nel borgo è composto da fedeli e religiosi si attrezza anche in una vera e propria tappa mistica ; Mortara è ricca di chiese, luoghi per il culto e pregare, diventa famosa per la devozione ad alcuni Santi, trova dei patroni, assume una tipica e specifica inclinazione di luogo ideale per la preghiera e la devozione, sia che uno soggiornasse che passasse.

Si creano così dei riferimenti di borghi, come vere e proprie tappe mistiche, Vercelli per esempio è un altro.

E quindi Mortara, dedita all'agricoltura come attività primaria, riscopre e adotta un sistema, che sarà seguito anche da altri centri, diventa simbolo dell'accoglienza.

Quindi il pellegrinaggio,influì anche sul cambiamento del tessuto, l'urbanistica,il modo di vita e di essere di alcuni borghi e della loro popolazione.

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Supporter

Proseguono quindi e verso sera sono in vista della citta' di Spalato dove, sorprendentemente vengono accerchiati da un … grandissimo numero di ......delphini, che venivano drietto e avanti a la galea, saltando sopra l'acqua, che se dice esser signo di futura fortuna (fortunale, burrasca). Et cosi' fu in effecto.

Prevedendo l'arrivo del brutto tempo, il Contarini decide di sfruttare il buon vento, riuscendo ad accostarsi al porto di Lesina (Hvar), sufficientemente ridossato grazie ad un'isola che la protegge e cosi' si ridossano gettando le ancore, aspettando che passi la sciroccata che gli impedisce di procedere.

Il 18, finalmente, possono muoversi e all'ora sexta (9 del mattino) spiegano le vele e riprendono il viaggio, ma non per atterrare a Lesina come pensavano (C'era Santa Maria delle Grazie da visitare), ma per sfruttare il vento propizio che da poppa li spingera' a buona velocita' verso sud; in ogni caso quando vengono a trovarsi in prossimita' di questa chiesa, rallentano e con l'accompagnamento ….de trombeti e col canto de l'himno Ave Maris Stella, recommendadosi a la dicta matre de gratie... si fermano pure, perche' arrivano i buoni frati, a remi su un barchino, per accostarsi alla galea e raccogliere l'oblazione consueta...(intraprendenti ed organizzati i fraticelli, raccolgono a domicilio...).

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Quella costruzione che si vede sulla destra, provvista di quel grande androne, e' uno dei palazzi veneziani che ancora si conservano; li dentro era ricoverata la galea militare del Capitano e che, grazie ad uno scivolo, poteva essere ammarata in pochi minuti, qualora ce ne fosse stato bisogno.

Dopo circa 24 ore di navigazione arrivano a Curzola (Korcula), e qui si verifica il secondo incidente; mentre i galeotti stanno armeggiando per calare la vela maestra, si verifica una rottura di una sartia e l'antenna cede di schianto, cadendo sul ponte e travolgendo un balestriere che, insieme ad altri, era impegnato a piegare le vele, ammazzandolo sul colpo.

Viene subito avvolto in un telo ed appesantito da un sacchetto di pietre appeso ai piedi e, dopo una breve preghiera, gettato in mare.

Lunedi' 19 fanno quindi sosta a Curzola, cosi' che ci si possa rifornire di vettovagliamenti freschi e in questo intervallo, il Brasca, approfitta per sentire messa nella Cattedrale ed effettuare l'ennesima visita ad una chiesa; questa e' Santa Maria, posizionata su uno scoglio e gestita da fraticelli.

Anche in questa isola, una delle ultime della Dalmazia, gli abitanti sollecitano i pellegrini a tornarsene a casa, perche' quotidianamente, da qui, si vedono navi turchesce che solcano il mare; e sono ammirati, questi abitanti, nel vedere il coraggio di questi pellegrini che mettono a repentaglio la loro vita.

Verso mezzogiorno, essendosi levato un buon vento propizio, la nave salpa in direzione di Ragusa (Dubrovnik), distante circa 70 miglia.

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Ragusa a quell'epoca era formalmente sottomessa all'Ungheria, alla quale pagava un tributo annuo, ma pagava un tributo anche a re Ferdinando, a Venezia ed al Turco (circa 25.000 ducati annui, dice il Brasca) e questo gli consentiva, di fatto, ampi margini di “indipendenza”; aveva un governo la cui forma era mutuata da quella di Venezia (Ragusa era stata veneziana per parecchi decenni ed a piu' riprese), aveva le stesse magistrature, persino l'abbigliamento dei senatori era uguale.

Cio' nonostante era per Venezia una degna competitrice commerciale; oltre a cio' era riconosciuta come una delle migliori “piazze” per le spie europee......

Martedi' 20 giugno l'equipaggio sbarca in citta' e per prima cosa va nella Cattedrale, non grande ma bellissima, come dice il Brasca, a vedere l'icona in argento che li e' depositata, rivestita in oro e smalti con le figure dei santi e prosegue con l'elenco degli altri luoghi santi visitati.

Dopo il tramonto la Contarina riprende il mare approfittando del buon vento e fanno un lungo bordo, fin quasi alle coste pugliesi, proprio sotto costa, per poi virare ed indirizzarsi nuovamente verso la Dalmazia dove, ormai all'alba del giorno seguente, sono all'altezza delle Bocche di Cattaro e scorrono Budua, Antivari entrando quindi nel mare albanese, vedono Dulcigno e Scutari, citta' ormai turca, e proseguono senza fermarsi e senza essere, fortunatamente, fermati dalle fuste dei turchi che sfilano a lato della galea. (Tra Venezia e la Grande Porta era in corso una tregua firmata l'anno precedente).

Il giorno 22 sono al largo di Durazzo, ancora veneziana, ma non si fermano e proseguono fino all'altezza di Valona, in mano turca, tant'e' che il Brasca dice di aver contato un centinaio di vele turche alla fonda, per poi virare all'altezza dello scoglio di Sasena, verso la Puglia.

Qui la galea comincia evidentemente a tirare lunghi bordi, da una costa all'altra, tentando di risalire il vento, evitando cosi' ai galeotti di mettere mano ai remi......probabilmente e' in corso una sciroccata o una libecciata; la mattina del 23 giugno sono infatti di fronte a San Cataldo ed alla sera sono nuovamente in Albania, poco sotto Valona.

Solamente il sabato 24, verso mezzanotte, arrivano in prossimita' di Corfu'.

Corfu' era una delle maggiori e temibili piazzeforti veneziane a protezione dellAdriatico; possedeva una cittadella fortificata all'interno della citta', con due forti piazzati in cima ai due monti che la dominano.

Al largo di Kassiopi vengono intercettati dalla galea veneziana di guardia al canale di Corfu' e, come d'usanza, vengono affiancati e scortati fino all'entrata del porto, al tramonto. Qui vengono ricevuti da Vittore Soranzo, Capitano dell'armata veneziana di stanza a Corfu', forte di 22 galee, che li informa della presenza di ca 350 vele turche accampate a Rodi e del grande pericolo che correrebbero se decidessero di proseguire il viaggio.

In questa occasione, avviene il terzo incidente; 22 pellegrini decidono di tornare indietro; non vale la pena buttarsi nelle fauci del nemico....si ritirano tra gli altri il Vescovo di Ginevra e quello di Le Mans ed altri cavalieri :nea: (non ce n'e' di poveracci sulla galea del Contarini) gli altri, tra i quali Santo Brasca, decidono di aspettare qualche giorno ed avere maggiori informazioni; visitano cosi' la citta', che trovano piena di gente e mercanti, anche turchi; vanno a messa e si recano di tanto in tanto dal Capitano Generale Da Mar per avere informazioni; fatto sta che Questi li trattiene a Corfu' per 8 giorni ed alla fine le defezioni sono 40.

Si prosegue, e' deciso. Il sabato 1 luglio la galea prende il largo e in un giorno intero di navigazione, i pellegrini vedono scorrere Corfu', Cefalonia, Zante, fino allo scoglio della Sapienza e finalmente, il giorno 3, Modone (uno dei due occhi della Repubblica; tappa obbligata per le navi veneziane che andavano verso la Terrasanta; quelle che invece viaggiavano in senso inverso, si fermavano a Corone, l'altro occhio)

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è un codice binario???

Binario con inserimenti casuali di Adolfos. :blum: :rofl: :rofl: :rofl: dal quale aspetto degli interventi....non nautici, lui e' "terricolo", ma il Lazio era pieno di Ostelli per i pellegrini

a parte gli scherzi....i racconti continuano, vuoi mai che arrivi il trinario?

saluti

luciano

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In attesa del trinario..... :blum: :blum: :blum: , scherzi a parte penso che l'argomento si presti a veramente a tante osservazioni.....proseguo con altro :

" Io, Daniele, indegno egumeno ( monaco ) russo, l'ultimo di tra i monaci, rattristato per i miei numerosi peccati e l'insufficienza delle mie buone opere, fui spinto prima dall'idea e poi dal desiderio impaziente di vedere la Città Santa di Gerusalemme e la Terra Promessa" ( tratto da " La vita e il pellegrinaggio di Daniele, egumeno russo, 1106 -07 " ).

Daniele non fu il primo a provare questo desiderio, e non fu nemmeno il primo russo.

Il libro è il primo racconto, uno dei più antichi di un viaggio di un russo in pellegrinaggio verso la Terra Santa.

Gerusalemme era un simbolo non ci sono dubbi, ma non era solo cristiano, rispondeva ai bisogni di varie religioni, giudaica e musulmana comprese.

Gerusalemme custodisce infatti i luoghi santi di tutte e tre, il Muro del Pianto e la spianata del Tempio di Salomone per gli ebrei, il Santo Sepocro per i cristiani, la roccia dalla quale Maometto era asceso al cielo per i musulmani.

Gerusalemme era la città sacra per tutte le religioni.

Ma possiamo anche dire che quattro erano all'epoca le principali mete del pellegrino : Gerusalemme, Roma, Santiago di Compostella, Costantinopoli, ovviamente ce n'erano molte altre minori.

C'erano in tutta Europa per rispondere ai desideri dei cristiani diverse " imitazioni "di mete spirituali con edifici che riproducevano il Sepolcro in modo che tutti potessero accedere al bisogno della salvezza e del pentimento.

Così chi non aveva i mezzi, le possibilità, il tempo necessario poteva convergere su queste mete alternative spirituali che evitavano viaggi lunghi, perigliosi e costosi.

Su quali sono i simboli, i segni del pellegrino ne parleremo prossimamente......

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Anche qui tutti i marinai sono atterriti e gli abitante di Modone cercano di convincerli a non proseguire; ma loro decidono di andare avanti lungo la loro rotta.

I giorni 7, 8 e 9 sono tutti di piena navigazione; sfilano le isole di Cerigo e Cerigotto, fino a scorgere Candia...sotoposta a la prefata illustrissima Signoria de Venetia; la quale insula e' habundante de perfectissimi vini malvatici et grande et molto populosa, preterea (inoltre) dotata de molte belle citade et castelle de le quale sono le principale La Canea, Candia (Iraklion), Aretimo (Rethymnon), et Sotiglia (Souda); all'ora terza (le 6 del mattino) sono a 4 miglia dal porto di Candia, ma il Contarini e' perplesso, si ferma e fa ammainare le vele; le sue informazioni sono che a Candia c'e' la peste, come fare?

La cambusa va rifornita, i pellegrini ed i galeotti devono riprendersi dopo una simile “tirata”; l'unica e' far andare lo scrivano con un barchino fino in porto e prendere informazioni. Nel frattempo molte barche lasciano il porto per dirigersi verso la galea; sono cittadini che vogliono rincuorare i nostri naviganti, la peste non c'e' piu', dicono, l'ultimo morto e' di un mese fa; possono ben fermarsi e rifocillarsi e, soprattutto, dare nuove dell'occidente, c'è fame di informazioni, perche' la paura del Turco e' tanta e si vuole sapere se Venezia e gli altri Stati italiani sono consci del pericolo.

Appena sbarcati, i governanti di Candia mandano un oratore che con un bel discorso in latino, loda il loro coraggio e cerca di persuaderli ad andare oltre, troppo pericolo, nessuno potrebbe andar loro in soccorso; quest'ultimo avvertimento li fa tentennare e si prendono cinque giorni per decidere il da farsi, restando ormeggiati nel porto.

33eueqw.jpg

Pianta dell'Isola di Candia

Comunque ripartono, la prossima tappa sara' Cipro. Con buon vento il giorno 13 superano le isole di Casso (Kassos) e Scarpano (Scarpanto), la prima disabitata e la seconda è suddita della Signoria e il venerdi' 14, vedono scorrere alla loro sinistra Rodi, ma non pensano nemmeno di fermarsi, la' c'e' gia' il Turco e non e' il caso di rallentare.

Il giorno seguente superano il golfo di Satalia (Adalia) e vedono all'orizzonte la Natalia (Anatolia), paese del Turco e verso sera, cominciano ad intravedere anche Cipro.

Ci arrivano la Domenica 16 luglio, scortati da una galea sottile veneziana che gli e' andata incontro e sul molo di Capo Biancho li attende anche un comitato di “benvenuto”, con tanto di trombe e tamburini, come fanno di solito qui; anche a Cipro tutti sono interessati ad aver notizie delle cose del Ponente.

Il Capitano della galea sottile li prega pero' di ripartire subito per Limisoe (Limassol), sotto la sua scorta, perche' la il porto e' meglio protetto e ridossato dai venti e quindi possono ormeggiarsi con maggio tranquillita' e la vi arrivano vero le ore 20.00....la qual cita' antiquamente fu populosa et bella, ma hora destructa da mori et quasi tuta abandonata. Quivi se dimorassemo fine al martedi' sera.

La prossima tappa sara' Giaffa.

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