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I contenuti con la più alta reputazione dal 19/02/2024 in tutte le aree

  1. Saluti a tutti gli amici del Forum, fino a poco tempo fa la figura, ma soprattutto la monetazione di Francesco I° era considerata secondaria rispetto a quella del padre Ferdinando IV° e quella del figlio Ferdinando II°. Sicuramente sono importanti le motivazioni storiche, tra le quali i pochi anni di Regno ed il giudizio sulla sua figura inadeguata, incapace di cogliere il fatto che la società stava cambiando verso prospettive più liberali e democratiche. Dal punto di vista strettamente “numismatico” questo Regnante va rivalutato, in quanto fautore di una profonda revisione e ammodernamento della Zecca ( v. Decreti n.100 del 31 Marzo 1825 e quello n. 2329 del 17 Marzo 1829 ). Raffaele Maio @Raff82 e Giuseppe Ballauri @giuseppe ballauri hanno cercato di studiare un notevole numero di Piastre del suddetto Regnante, cercando di fare ordine, catalogare le monete secondo validi criteri e avanzando delle ipotesi sulla successione temporale dei “conii madre”. Con la speranza che questo studio sia utile ai collezionisti, è doveroso precisare che non è un documento accademico, ma solo il lavoro di due persone appassionate che si aspettano non tanto la vostra benevolenza, bensì critiche, correzioni ed integrazioni. Chiunque voglia accedere al documento può cliccare su questo link: https://drive.google.com/file/d/1Pg9Hk8pBLl_Abu6gNntmhMphNW4FAnMW/view?usp=sharing
    18 punti
  2. Il 7 Marzo 2024 ho fatto un Ventennio che sono qui, "non me n'ero accorto". Il tempo vola e con Voi è stato ed è, piacevole ed istruttivo. Grazie a tutti soprattutto a chi l'ha aperto e ha "lavorato" in questo forum! Col cuore, Fabio😘
    14 punti
  3. Salve, colgo l'occasione per segnalare che nell'ambito del suddetto corso, questo giovedì 14 marzo a partire dalle ore 15,00 il Dottor Stefano Locatelli terrà un seminario sul "ritorno all'oro", le prime coniazioni del fiorino e la sua affermazione nella seconda metà del Duecento, che ovviamente come il resto delle lezioni è aperto a tutti gli interessati/le interessate. In attesa di vedervi in questa o nelle prossime occasioni, un caro saluto MB
    13 punti
  4. Carissimi, ho notato una certa confusione da parte di qualcuno nel ricostruire e comprendere la vicenda delle monete della Nota 56 e ne approfitterei per chiarire alcuni passaggi, fornendo, grazie all'aiuto dell'Utente Viganò, silenzioso ma preziosissimo compagno di viaggio, oltre che instancabile e convinto sostenitore che i “muri di gomma” non esistono (ma finora la Sua teoria si è rivelata fallace...😁.), il Decreto ministeriale del 1992, che allego alla presente: 1. Come noterete leggendolo, questo decreto del Ministero del Tesoro istituiva nel 1992 una Commissione interministeriale allo scopo di catalogare e stabilire il valore delle monete della Nota 56 nonché formulare una “'ipotesi di alienazione o immissione graduale nel mercato” (sic!) assegnando al Museo della Zecca solo quelle monete del compendio aventi particolare valore storico e/o numismatico. Da qui la preoccupazione, certamente tutta collezionistica e mercantile, che l'immissione sul mercato (normativamente consentita ed auspicata dallo Stato) in grande quantità di queste rare o rarissime monete di V.E. III, potesse determinare la discesa verticale dei prezzi degli esemplari in mano ai collezionisti e ai commercianti. Ma accanto a questa considerazione, che poteva anche lasciare il tempo che trovava a chi non era interessato al valore venale dei suddetti esemplari, si aggiungeva l'interesse e la curiosità degli studiosi per alcuni pezzi citati dalla Nota 56 quali, su tutti, i pezzi di prova del 100 Lire 1940 XVIII E.F. in proof, lavorazione della quale il Gen. Luppino, che per motivi professionali aveva frequentato la Zecca all'epoca delle indagini della G.d.F. ma anche a seguito dei suoi studi ulteriori, non aveva mai trovato evidenze che la confermassero. Con questo spero di aver innanzitutto chiarito i motivi che spingevano (e, in teoria, dovrebbero ancora spingere....) alcuni numismatici ad approfondire il tema della Nota 56; 2. Passando al lavoro della Banca d'Italia intitolato “Beni svelati” esso è certamente pregevole, ma lascia del tutto a bocca asciutta coloro che si erano interessati, se vogliamo anche molto attivamente, alle vicende della Nota 56. In primo luogo perchè il lavoro della B.I. non fa proprio alcun riferimento alle monete della Nota 56. Inoltre, se si va a leggere la prima parte dello studio della B.I. e si cerca di coordinarla con il contenuto del D.M. del Tesoro del 1992, non si può non provare un senso di disorientamento. Cercherò di spiegarmi meglio. Se leggete la parte introduttiva dei “Beni svelati”, noterete che i preziosi di cui lo studio si occupa vennero “traslati” dai caveaux della Tesoreria dello Stato (siti in Roma nella Via XX Settembre) ai caveaux della Banca d'Italia (siti in Roma nella Via dei Mille) solo nel 1999. Ciò significa che in occasione dell'emanazione del Decreto ministeriale del 1992 (vedi allegato), che istituiva la Commissione per la catalogazione delle monete riportate nella Nota 56, tali monete - contenute nei famosi 11 barili - si trovavano ancora in Via XX Settembre. Nel 1999 avrebbero dovuto essere trasferite insieme a tutto il resto del materiale prezioso in Via dei Mille (B.I.) ma, considerato che la Commissione istituita nel 1992 terminò i suoi lavori nel 2009 (questo ce lo dice la Nota 56), si può forse pensare - e questa è una domanda - che nel 1999 gli 11 barili della Nota 56 non vennero trasferiti anch'essi, unitamente a tutti gli altri beni preziosi, alla B.I. ma rimasero in Via XX Settembre a disposizione della Commissione istituita con il D.M. del 1992 che non aveva ancora terminato i suoi lavori? Ciò potrebbe spiegare perchè tra in “Beni svelati” non compaiano le monete della Nota 56. D'altro canto, però, e questo è il motivo del “disorientamento” di cui dicevo prima, è abbastanza singolare che fra le due Commissioni (quella interministeriale istituita dal Ministero del Tesoro nel 1992 e quella sempre interministeriale + B.I. istituita dal Ministero dell'Economia e delle Finanze nel 2018) non ci sia stato alcun coordinamento, sebbene nella parte introduttiva del lavoro “Beni svelati” si dia atto di pregressi “Gruppi di lavoro” che operarono alla ricognizione dei materiali nel 2005/2006 e persino (a pag. 26 del testo dei "Beni svelati") si faccia riferimento ad una Commissione istituita già nel 1978. Quindi l'excursus storico che possiamo leggere nello studio della B.I., fra l'altro molto accurato e circostanziato, non si limita a trattare le vicende dei materiali a partire dal 1999 (anno in cui i beni pervennero all B.I.) ma risale a ben prima. Ciononostante, non si fa alcuna menzione del D.M. del 1992, dell'istituzione della relativa Commissione, dell'esito che ebbero i lavori della stessa e della collocazione delle monete che a questo punto, se tanto mi da tanto, non sono confluite in B.I. ma dovrebbero essere rimaste in Via XX Settembre. Un'altra, per me sorprendente notizia, che si apprende leggendo lo studio della B.I., riguarda il numero delle interrogazioni parlamentari presentate alle quali è stata (a quanto pare) sempre fornita risposta, in merito alla situazione e consistenza di beni preziosi già appartenenti a Mussolini ed a Casa Savoia, custoditi prima dal Ministero del Tesoro e poi, dal 1999 in avanti, dalla B.I. Probabilmente alla “nostra” interrogazione, che come è noto non è stata minimamente presa in considerazione anche dopo essere stata riproposta dal parlamentare firmatario con ulteriore sollecito, sono forse mancate nel suo contesto le parole “Mussolini”, Casa Savoia” o “Fascismo” per riscuotere quell'appeal che evidentemente non è stato (volutamente?) colto da chi sarebbe istituzionalmente chiamato, se non per trasparenza almeno per educazione, a rispondere ad un parlamentare della Repubblica che deposita un atto formale quale è l'interrogazione a risposta scritta. In realtà, la risposta che la “nostra” interrogazione parlamentare sulla Nota 56 sollecitava non era poi così diversa dalle risposte che sono state fornite dai ministeri competenti alle simili interrogazioni sui beni preziosi appartenuti ai personaggi sopra citati e custoditi prima dal Ministero del Tesoro e poi dalla B.I. Ma tant'è. A questo punto della storia, per me la vera domanda da porsi dovrebbe però essere diventata questa: che fine hanno fatto le monete della Nota 56?😁 Saluti. M. DMT 25.05.1992.pdf
    11 punti
  5. E' da un po' di tempo che non vi parlavo di qualche ripostiglio inglese ed era anche un bel po' di tempo che non mi imbattevo in qualche pezzo da acquistare che provenisse da un ripostiglio che ancora mi mancasse... il caso ha voluto che alcuni giorni fa abbia avuto la possibilità di inserire in collezione un piccolo e modestissimo nummetto in bassissimo stato di conservazione, ma con il quid per me estremamente interessante della sua provenienza. Le immagini, cartellino compreso, parlano da sé: si tratta di una moneta commemorativa della città di Costantinopoli emessa da Costantino e appartenente al ripostiglio di Cridling Stubbs, rinvenuto nel lontano 1967. Riguardo questo importante ritrovamento, ci viene in soccorso come spesso accade il libro della Robertson che censisce con minuziosità tutti i ritrovamenti avvenuti in UK (fino alla fine degli anni '90 circa) e in particolare l'autrice riporta quanto segue: Il ripostiglio si trova citato in letteratura anche come "Womersley Hoard" o "Womersley I" (per distinguerlo da un successivo ritrovamento sempre nella medesima zona). All'epoca del ritrovamento non era stata ancora emanata la legge del Treasure Act e il ripostiglio non fu quindi dichiarato come "tesoro". Prima di essere completamente disperso nel mercato numismatico, una parte di 445 monete comprensiva del contenitore ceramico venne acquistata dal museo di Leeds per la considerevole (all'epoca) somma di 300£. Della restante parte del ripostiglio, degli altri piccoli lotti finirono comunque in altri musei dello Yorkshire, mentre di quelli dispersi tra i privati se né ovviamente persa traccia salve qualche sporadica riapparizione in qualche asta o vendita, come nel mio caso. La maggior parte del tesoro è costituito da monete datate tra il 300 e il 346 d.C. Queste includono emissioni speciali in onore di Roma e Costantinopoli, e per Costantino il Grande e i Cesari, imperatori di Roma. La collezione comprende anche monete coniate in memoria di Elena, madre di Costantino il Grande, e di Teodora, sua matrigna. Le monete furono meticolosamente registrate nel 1967 da Elizabeth Pirie, allora curatrice del dipartimento di archeologia dei musei di Leeds, e furono oggetto di una esposizione minuziosa nel 2018 dove vennero vennero valorizzate assieme alle pagine del catalogo, alle fotografie e ai disegni dell'archivio del museo... e proprio questo interessante particolare mi ha spinto a contattare il museo di Leeds per vedere se in qualche modo c'è la possibilità di avere copia di questa documentazione, vi terrò aggiornati. Il numero esatto di monete dovrebbe essere di 3247 come riportato nel sito del PAS al seguente link: https://finds.org.uk/database/hoards/record/id/2406 e la cosa interessante (e relativamente frequente nei ripostigli risalenti a questo periodo) è che non sono tutti nummi: nel ripostiglio infatti vi è pure un antoniniano di Tetrico I! La cosa non deve sorprendere, anzi... con buona probabilità, in ambito rurale, nei territori britannici e in generale della gallia, gli antoniniani e in genere anche i cosiddetti "aureliani" circolavano ancora saltuariamente assieme ai nummi costantiniani in quanto dimensionalmente simili. Un esempio lo si può apprezzare anche nel tesoretto di Chitry in cui assieme ai nummi costantiniani sono stati tesaurizzati alcuni antoniniani, anche imitativi, dei Tetrici, di Claudio II e di Aureliano, vedi link:
    10 punti
  6. Buongiorno a tutti, queste sono alcune monete papali che ho raccolto nel corso degli anni. Ho scattato foto di queste monete e fatto un video. https://sns-video-al.xhscdn.com/stream/110/259/01e5eb2e282b2b51010377038e1ec0c311_259.mp4 Edison
    9 punti
  7. Prologo 20 agosto 1570, provincia di Hizen. Gli eserciti dei due clan più potenti del nord Kyushu si stanno per scontrarsi, dando inizio alla così detta battaglia di Imayama. Da una parte abbiamo l’esercito del clan Ryuzoji, costituito da soli 5000 guerrieri comandanti dal daimyo Ryuzoji Takanobu; dalla parte opposta abbiamo la coalizione guidata dal clan Otomo, forte di 60000 guerrieri agli ordini di Otomo Chikasada, fratello del daimyo Otomo Sorin. Prima della battaglia, i guerrieri del clan Otomo iniziano a pregare, sperando nella vittoria grazie all’aiuto divino. Pregano per qualche divinità shintoista? No. Pregano pronunciando qualche mantra buddista? No! Pregano per la Vergine Maria e Gesù Cristo! Sembra una cosa strana, non trovate? Oggi spiegheremo brevemente la storia del Cristianesimo in Giappone, dalla sua diffusione fino alla caduta. 1. L’inizio del cristianesimo in Giappone Principali clan durante il periodo Sengoku La storia del cristianesimo in Giappone comincia verso la metà del XVI secolo, in pieno periodo Sengoku. A quel tempo il Sol Levante era ancora terreno di scontro tra decine e decine di clan, desiderosi di prendere il controllo di più territori possibili. Nel 1543 una nave cinese diretta verso l'isola di Okinawa fu costretta a ormeggiare nella piccola isola di Tanegashima a causa di una tempesta. A bordo della nave cinese erano presenti anche mercanti e avventurieri portoghesi, tra cui l’esploratore Fernão Mendes Pinto. La nave venne sequestrata e il signore dell'isola, Tanegashima Tokitaka, entrò in possesso di due archibugi. Capite le potenzialità di queste armi, Tokitaka affidò i due archibugi al suo armaiolo di fiducia, ma questo non riuscì a riprodurre il complesso scodellino dell'archibugio. Il problema si risolverà l'anno successivo, quando i portoghesi tornarono a Tanegashima portando un loro armaiolo che venne messo a servizio del signore dell'isola. Nacque così il tanegashima-teppo, il primo archibugio giapponese. Pinto ritornò presso le coste della Cina, e contattò diversi mercanti portoghesi che si dimostrarono molto interessati a iniziare i commerci con il Giappone. Oltre ai mercanti, nelle terre giapponesi arrivarono anche missionari di vari ordini cristiani. Il più importante fu lo spagnolo Francesco Saverio, membro della Compagnia di Gesù considerato il pioniere della diffusione del Cattolicesimo in Asia. Nel 1547 Saverio incontrò alcuni giapponesi nella penisola di Malacca, tra cui un certo Anjirò, un fuggitivo accusato di omicidio. Anjirò raccontò la sua vita, i costumi e la cultura giapponese a Saverio e gli propose di estendere l'evangelizzazione al Giappone. Anjirò fu il primo giapponese a convertirsi alla fede cristiana e assunse il nome di Paulo de Santa Fé. Nel 1549 Saverio, insieme ad Anjirò e ad altri tre missionari gesuiti, si unì alla nuova spedizione di Pinto diretta a Kagoshima, importante città situata a sud dell’isola di Kyushu. Il gesuita fu accolto amichevolmente da Shimazu Takahisa, daimyo di Satsuma e capo del potente clan Shimazu, ma l'anno successivo proibì la conversione dei suoi sudditi al cristianesimo sotto pena di morte. Per imparare la lingua e la cultura locale, Francesco fu ospitato dalla famiglia di Anjiro fino all'ottobre del 1550. Da ottobre a dicembre del 1550 risiedette a Yamaguchi, città principale della regione di Chugoku. Poco prima di Natale partì per Kyoto con l’intento di incontrare l’imperatore, ma il piano fallì a causa delle guerre che imperversavano in tutto il Giappone. Il gesuita tornò a Yamaguchi nel marzo 1551, dove il daimyo della provincia, Ouchi Yoshitaka, gli diede il permesso di predicare. In questi tre anni il numero di missionari, gesuiti e di altri ordini come quello francescano, aumentò e furono fondate diverse congregazioni cristiane in varie città e province, tra le quali spicca quella di Bungo. Tuttavia, il popolo giapponese non si convertì facilmente in quanto molte persone erano già buddiste o shintoiste. Francesco cercò di combattere la rigidità di alcuni giapponesi secondo cui un Dio che aveva creato tutto, compreso il male, non poteva essere buono. Nonostante la diversa religione, Saverio descriveva i giapponesi come brave persone, riassumendo il tutto come la razza migliore tra i pagani. Criticò invece l’omosessualità, una caratteristica molto diffusa nel Giappone feudale. Nel 1552 Francesco decise di ritornare in India, ma nello stesso anno morì nell’isola cinese di Sancian. Il corpo fu sepolto nella città coloniale portoghese di Goa. Il successo dei missionari dipendeva da vari fattori. Prima di tutto c’era una forte somiglianza tra i missionari e i monaci buddisti, in particolare per la disciplina in quanto era un punto fondamentale da entrambe le parti. Diversi giapponesi credevano di avere a che fare con una nuova filosofia di buddismo, tanto che Cristo poteva essere scambiato per Amida, nome nipponico di Amitabha Buddha. Inoltre, i nipponici ammiravano il coraggio dei missionari, uomini venuti da terre lontane che si addentravano in terre ignote. Tuttavia, il vero successo era solo per natura economica: i signori locali giapponesi più potenti ricavavano grandi profitti dal commercio con gli europei, accogliendo favorevolmente i missionari pur di non rovinarne i rapporti. Un altro fattore era quello militare, dove molti daimyo sollecitavano mercanti e missionari per nuove risorse e armi, specialmente archibugi e navi. Le conversioni ricoprivano una vasta massa di gente, dai contadini fino alle classi più nobili, come la casta dei samurai. Durante le battaglie, i samurai cristiani si gettavano nella mischia portando rosari, urlando e invocando il nome di Gesù o della Vergina Maria, con la speranza di riceverne il supporto. Furono proprio alcuni samurai cristiani a uccidere il tredicesimo shogun dello shogunato Ashikaga, Ashikaga Yoshiteru. Oltre a contadini e samurai, si convertirono al Cristianesimo anche diversi daimyo. Le due parti successive del post saranno incentrate sui signori della guerra cristiani più importanti: Omura Sumitada e Otomo Sorin. San Francesco Saverio in un dipinto di Bartolomé Esteban Murillo Il viaggio percorso 2. Breve storia di Omura Sumitada Emblema del clan Omura Omura Sumitada è uno dei daimyo più importanti e conosciuti della storia giapponese in quanto fu il primo signore feudale a convertirsi al Cristianesimo, oltre a essere il principale responsabile dell’apertura del porto di Fukae, l’odierna Nagasaki, al commercio estero. Shodomaru nacque nel 1533 da Arima Haruzumi, signore di Shimabara e capo del clan Arima, e da una figlia di Omura Sumiyoshi. All’età di cinque anni fu adottato da suo zio Omura Sumisaki. L’adozione fu una scelta strategica in quanto lo zio non aveva eredi legittimi, ma Sumisaki adottò prontamente il giovane Shodomaru grazie agli antichi legami di parentela tra il clan Arima e Omura. Al momento della sua successione, il giovane Shodomaru cambiò il nome in Omura Sumitada. Il regno iniziò in modo turbolento tra coinvolgimenti di parenti e pressioni di altri clan, ma il pericolo più grande fu l’invasione dei territori da parte del clan Ryuzoji. Sumitada doveva trovare immediatamente degli alleati. Nel 1561, in seguito all'assassinio di stranieri nella città di Hirado, i portoghesi iniziarono a cercare altri porti dove poter commerciare. In risposta alla loro ricerca, nel 1562 Sumitada offrì un rifugio sicuro nel suo dominio, dando speciali privilegi ai mercanti portoghesi nel porto di Fukae e la libertà di predicare ai gesuiti. Nel 1563, Sumitada si convertì al Cristianesimo, battezzato con il nome di Bartolomeo. Tuttavia, la conversione fu accolta molto negativamente da alcuni sudditi. La ribellione portò alla distruzione di Fukae e alla fuga di Sumitada, ma grazie all’aiuto dei portoghesi riuscì a sedare la rivolta e a stabilizzare i domini. Nel 1572 ci fu un’altra invasione da parte di Saigo Sumitaka, ma la minaccia fu definitivamente sventata nel 1574, sempre con l’ennesimo contributo dei portoghesi. Nello stesso anno Sumitada diede inizio alla repressione delle altre religioni; numerosi templi furono distrutti, e tutti gli abitanti del suo dominio furono obbligati a convertirsi al Cristianesimo o essere uccisi sul posto. Negli anni 1577 – 1578, il daimyo Ryuzoji Takanobu, il più potente della regione nord del Kyushu, prese di mira i domini di Sumitada. Preoccupato del fatto che Takanobu avrebbe cacciato gli stranieri una volta che gli Omura fossero sconfitti, Sumitada “concesse” il porto di Nagasaki ai gesuiti, mantenendo i diritti di riscuotere le tariffe doganali sulle merci che passavano attraverso il porto. Nel 1580 Sumitada si sottomise ai Ryuzoji, diventandone così vassallo. Dopo la guerra Ryuzoji – Shimazu, nel 1587 il dominio di Omura si sottomise immediatamente al potente signore della guerra Toyotomi Hideyoshi, successore di Oda Nobunaga nella riunificazione del Giappone, anche se subirono la perdita del porto commerciale di Nagasaki che passò sotto il controllo diretto di Hideyoshi. Nello stesso anno Omura Sumitada morì di tubercolosi e gli succedette il figlio Yoshiaki, anche lui cristiano battezzato con il nome di Sancho. La devozione di Sumitada al Cristianesimo venne illustrata dal gesuita Luís Fróis, che descrisse un breve episodio: mentre Omura Sumitada era in marcia per la guerra, accadde che passò per la strada come un idolo, Marishiten di nome, che è il loro dio delle battaglie. Quando lo superano, si inchinano e gli pagano la riverenza, e i pagani che sono a cavallo scendono da cavallo come segno del loro rispetto. Ora l'idolo aveva sopra un galletto. Quando il daimyo arrivò con il suo squadrone fece fermare i suoi uomini e ordinò loro di prendere l'idolo e bruciarlo insieme a tutto il tempio; e prese il galletto e gli diede un colpo con la spada, dicendo "oh quante volte mi hai tradito!" E dopo che tutto fu bruciato, fece erigere una croce molto bella nello stesso punto, e dopo che lui e i suoi uomini gli avevano prestato una profonda riverenza, continuarono la loro strada verso le guerre. Antica raffigurazione europea di Omura Sumitada 3. Breve storia di Otomo Sorin Emblema del clan Otomo Volete un daimyo che rispetti i tre principali motivi (devozionale, economico, militare) per la sua conversione al Cristianesimo? Ci sta solo un nome: Otomo Sorin. Otomo Sorin nacque nel 1530 da Otomo Yoshiaki, capo dell’omonimo clan e signore del dominio di Funai, mentre per la madre non ci sono informazioni storiche. Il progetto del padre era di disegnare come suo successore Shioichimaru, fratellastro paterno di Sorin, e aveva un piano per eliminare sia Sorin che Chikazane, il suo tutore. Tuttavia, nel 1550 l’attentato fallì e il vassallo anziano del gruppo di Sorin sollevò una ribellione. La rivolta provocò l’uccisione del padre, di Shioichimaru e di sua madre. Il giovane Sorin divenne così il ventunesimo capofamiglia del clan Otomo. Sorin fu un daimyo molto abile nella diplomazia, tanto che nel 1551 riuscì a far cessare il “secolare” scontro tra il suo clan e quello di Ouchi. Nello stesso anno, incontrò personalmente il gesuita Francesco Saverio, concedendone la libertà di predicare nei suoi domini, ma la scelta provocò una ribellione di alcuni vassalli, scatenando un vero e proprio conflitto religioso. Sedata la rivolta, la città di Funai, l’odierna Oita, divenne un porto importante simile a Nagasaki, frequentato da preti gesuiti, mercanti, banditi e pirati. Oltre a favorire le relazioni con i cristiani, tanto che lo designavano come Re di Bungo, Sorin combatté una serie di battaglie negli anni successivi, conquistando nuove province e consolidando il territorio. In questo periodo è attestato anche l’invio di delegazioni politiche alla città portoghese coloniale di Goa, in India. Nel 1557, gli Otomo iniziarono una guerra con il clan Mori, famoso per la sua potente flotta. Il conflitto fu veramente aspro, tanto che nel 1559 intervenne lo shogun Ashikaga Yoshiteru per porre fine alla disputa. Con grande abilità diplomatica, Sorin inviò un enorme donazione allo shogun, che ricompensò il signore degli Otomo con la nomina di shugo, ovvero signore provinciale ufficiale. Nel 1562, Sorin entrò nel sacerdozio e prese il secondo nome di Kyuan Sorin. Fornendo continuamente molto sostegno alla famiglia shogun Ashikaga, nel 1563 fu nominato shobanshu, una carica superiore a quella di shugo. La mediazione con lo shogunato aveva un unico scopo: ottenere maggiori vantaggi nei negoziati di riconciliazione con il clan Mori. Pensate che la pace durava così a lungo durante il periodo Sengoku? Nel 1569, il clan Mori invase un territorio vassallo di Sorin, scatenando così un nuovo conflitto. Durante la guerra, Sorin chiese ai mercanti e ai gesuiti salnitro di buona qualità, archibugi e cannoni in quanto si considerava protettore della cristianità. Si dice che sia stato proprio l’esercito di Sorin a usare per la prima volta un cannone “moderno” in Giappone. L’esercito Mori fu sconfitto nella decisiva battaglia di Tatarahama. A questo punto, Sorin controllava un grande territorio che comprendeva le province di Bungo, Chikuzen, Chikugo e la maggior parte di Buzen. Inoltre, aveva influenza sulle province di Hugo, Hizen e Iyo. Nel 1570 iniziò il declino degli Otomo, con la sconfitta nella battaglia di Imayama da parte del clan Ryuzoji. Nella battaglia perse la vita il fratello minore di Sorin, Otomo Chikasada. Nel 1576, il quarantaseienne Sorin decise di condividere il potere con il figlio Yoshimune, instaurando un governo dualistico. L’anno successivo, la coalizione guidata da Sorin contro il clan Shimazu subì una sconfitta talmente schiacciante nella battaglia di Mimi-kawa che gli Otomo persero molti vassalli e territori. Inoltre, le dispute per il potere con il figlio si facevano sempre più dure e pressanti. Nell'agosto del 1578, Sorin fu battezzato da padre João con il nome di Francesco, e inviò una lettera di avviso al re del Portogallo. Ogni giorno prima del suo battesimo, Sorin ripeteva cinquanta preghiere dell'Ave Maria (una per ogni grano della catena del rosario) e cinquanta preghiere del Signore per tre volte al giorno: mattina, mezzogiorno e sera. Oltre a favorire la diffusione del Cristianesimo e i commerci con Spagna e Portogallo, Sorin seguì anche un piano simile a quello di Omura Sumitada, con la distruzione dei templi e costringendo la popolazione dei suoi domini a unirsi alla nuova religione. Nello stesso periodo, costruì il primo ospedale generale del Giappone, una struttura specializzata nella scienza medica occidentale dove le persone del dominio potevano sottoporsi a controlli gratuiti. Nel 1582, Sorin inviò la così detta Ambasciata Tensho, la prima delegazione ufficiale giapponese in Europa. Ideata dal gesuita Alessandro Valignano e supportata dai tre daimyo cristiani Omura Sumitada, Otomo Sorin e Amira Harunobu, la spedizione era guidata dal gesuita giapponese Mancio Ito, e nel corso del viaggio in Europa incontrarono autorità importanti come il re Filippo II di Spagna, il granduca Francesco I de' Medici, papa Gregorio XIII e il suo successore papa Sisto V. A Roma Mancio Ito divenne cittadino onorario e nobile con il titolo di Cavaliere di Speron d'oro. A causa delle nuove pressioni del clan Shimazu, nel 1585 Sorin chiese aiuto a Toyotomi Hideyoshi. Hideyoshi guidò il suo esercito alla conquista della regione di Kyushu e nel 1587 sconfisse l'esercito degli Shimazu in vari luoghi. Sorin si ammalò durante la rapida inversione della situazione della guerra e morì di malattia, probabilmente tifo, a Tsukumi, nella provincia di Bungo, poco prima della resa del clan Shimazu. Ritratto di Otomo Sorin in una stampa d'epoca Dipinto del 1665 che raffigura l'incontro tra l'ambasciata giapponese e Papa Gregorio XIII 4. Ascesa e declino del Cristianesimo in Giappone L’avanzare del Cristianesimo in Giappone fu lento ma progressivo, specialmente nella regione del nord Kyushu. Una bozza del 1582 scritta dal gesuita Alessandro Valignano stimava circa 200 chiese e 150000 adepti, fino ad arrivare a quasi 300000 alla fine del XVI secolo secondo stime di alcuni storici. Dalla metà del periodo Sengoku fino agli inizi del periodo Edo, la percezione del Cristianesimo cambiò sempre di più sotto l’influenza dei tre grandi unificatori del Giappone: Oda Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu. Nobunaga favorì il Cristianesimo per i vantaggi economici e militari, ma soprattutto vide la nuova religione come uno strumento utile per combattere il fanatismo buddista, considerato un ostacolo per i suoi piani di conquista. Alcuni monaci erano interessati al Cristianesimo, mentre quelli dei templi principali, considerati lo zoccolo duro del buddismo giapponese, percepivano la nuova religione come una minaccia. Le dispute si fecero sempre più dure e violente, tanto che i monaci cacciarono via i cristiani dalla capitale Kyoto, costringendoli a trovare rifugio nella città autonoma di Sakai. Il gesuita portoghese Luís Fróis non si arrese e decise di tornare a Kyoto per parlare direttamente con Oda Nobunaga, spiegandogli le sue ragioni. Quale migliore occasione per dare uno scacco matto ai buddisti della capitale? Così Kyoto divenne un terreno fertile per il Cristianesimo. Inizialmente Toyotomi Hideyoshi seguì una politica di tolleranza simile a quella applicata dal suo predecessore, tanto che durante i suoi primi anni di regno alcune città erano governate direttamente dai gesuiti. Ben presto le cose cambiarono. La frequente paranoia che colpiva Hideyoshi iniziò a entrare in gioco: daimyo e generali che si convertono? Adepti che chiamano Signore la loro figura divina? Vogliono instaurare un altro potere! Inoltre, la rivalità tra missionari spagnoli e portoghesi faceva presagire a Hideyoshi un ipotetico futuro scontro tra Spagna e Portogallo, nella quale il Giappone poteva essere terreno di scontro. In aggiunta, le dispute tra cristiani e buddisti si fecero sempre più violente, minando la stabilità del regno. La goccia che fece traboccare il vaso? La scoperta di traffici di schiavi giapponesi da parte di alcuni mercanti portoghesi. Nel 1587, Hideyoshi bandì i missionari dal Giappone e applicò maggiori controlli verso i signori feudali cristiani, mantenendo però le relazioni commerciali con gli europei. Tuttavia, il decreto non fu mai applicato del tutto, e diversi missionari continuarono a praticare la loro predicazione. Con il passare degli anni, l’atteggiamento anticristiano di Hideyoshi cresceva sempre di più, fino a esplodere nel 1593 con l’arrivo in massa dei francescani, più autoritari e intolleranti verso le altre religioni. Alla fine del 1596, Hideyoshi diede inizio alle prime persecuzioni e ordinò ai governatori da lui dipendenti di arrestare tutti i religiosi cristiani. Nella capitale Kyoto furono catturati ventisei cristiani: 6 francescani di origine spagnola o portoghese, 3 gesuiti e 17 terziari francescani giapponesi. I prigionieri furono portati in una piazza, dove subirono il taglio di un pezzo dell’orecchio sinistro. Per intimorire tutti i giapponesi cristiani e scoraggiare altre conversioni, Hideyoshi fece marciare i ventisei da Kyoto a Nagasaki, la città dove era presente la maggiore comunità cattolica. I condannati arrivarono nella città portuale dopo 30 giorni e circa 600 chilometri di estenuanti fatiche. Il 5 febbraio del 1597, i ventisei furono portati alla collina Nishizaka, pronti per la crocifissione. La morte doveva avvenire come quella del loro Signore. Dopo averli fatti soffrire per molto tempo, tutti i Ventisei martiri del Giappone furono finiti mediante un colpo di lancia, ricavato da canne di bambù, sul costato. L’ammonimento funzionò e diversi missionari, tra cui Alessandro Valignano, fuggirono dal Giappone. Agli inizi anche Tokugawa Ieyasu era favorevole verso i cristiani, dando libertà nei suoi domini, ma con l’inizio del nuovo shogunato Tokugawa, che coincide con l’avvio del lungo periodo Edo, Ieyasu applicò politiche restrittive e persecutorie simili a quelle del suo predecessore Hideyoshi. Durante il 1613 iniziò una nuova campagna di persecuzione, che culminarono con il martirio di Kyoto. Nel 1614, Ieyasu bandì definitivamente il Cristianesimo dal Giappone tramite un editto, definendola dottrina perversa. Il 14 maggio dello stesso anno si svolse l’ultima processione per le strade di Nagasaki, che toccò sette delle undici chiese della città, tutte successivamente demolite. Da allora, i cristiani continuarono a professare la loro fede nella clandestinità: iniziava così l’era dei kakure kirishitan, ovvero cristiani nascosti. Gli adepti celebravano i loro riti in alcune stanze segrete all'interno delle loro abitazioni private. Nel corso del tempo le raffigurazioni sacre venivano trasformate in statuette che assomigliavano a quelle tradizionali di Buddha o di altre divinità. Le preghiere furono scritte per sembrare dei canti buddisti, mentre la Bibbia e i testi liturgici furono trasmessi oralmente. Con il secondo shogun Tokugawa Hidetada, le persecuzioni aumentarono di portata e brutalità, specialmente verso i giapponesi convertiti. Nel 1619 quasi 60 fedeli vennero condannati al rogo, tre anni dopo 55 vennero giustiziati nel cosiddetto Grande martirio di Nagasaki. Nel 1625 venne inaugurata la pratica dei yefumi, tavolette di legno con le icone di Gesù o della Vergine che si dovevano profanare calpestandole come prova di abiura del cristianesimo da parte dei condannati. Chi si rifiutava di farlo veniva torturato e ucciso. I metodi furono brutali: cavamento degli occhi, bambini malmenati davanti ai loro genitori, crocifissioni, roghi o ebollizioni da vivo, decapitazioni e tsurushi, una pratica altamente utilizzata dove il malcapitato veniva appeso a testa in giù in una fossa piena di escrementi, con un taglio sulla tempia in modo che il sangue potesse defluire e non morisse rapidamente. Con il terzo shogun Tokugawa Iemitsu, il malcontento verso gli occidentali aumentò in modo vertiginoso e le persecuzioni si aggravarono ancora di più. Nel 1639 tutti gli occidentali furono espulsi e si vietò l’attracco a tutte le potenze europee, ad eccezione per gli olandesi, che potevano commerciare con il resto del Giappone e risiedere nella piccola isola di Deshima, nel porto di Nagasaki. Inoltre, si vietò anche l’emigrazione: migliaia e migliaia di nipponici non poterono rientrare nel loro paese, pena condanna di morte. Nel 1640, alcuni membri di un’ambasciata portoghese sbarcarono in Giappone, ma furono subito decapitati sul posto. Iniziò così il lungo periodo dell’isolazionismo giapponese, noto con l’appellativo di sakoku jidai, periodo del paese chiuso. Dal 1640 tutti i giapponesi furono obbligati a registrarsi presso i templi buddisti e a seguire corsi, in modo tale da dimostrare di non essere cristiani. Del Cristianesimo non ne rimaneva quasi traccia nel 1660. Antica stampa che raffigura i Ventisei martiri del Giappone Xilografia del XIX secolo della mappa di Nagasaki. L'isola al centro della stampa è la piccola isola artificiale di Deshima, territorio olandese dal 1641 al 1859. 5. La rivolta di Shimabara, l’ultima resistenza dei giapponesi cristiani Durante gli inizi del periodo Edo non mancava la resistenza da parte dei cristiani giapponesi. La più grande e conosciuta fu la rivolta di Shimabara del 1637. La penisola di Shimabara era governata dal daimyo Matsukura Katsuie, figlio di Matsukura Shigemasa noto per aver dato avvio le tremende persecuzioni nei confronti dei cristiani nei suoi domini. Il figlio continuò il piano di sradicamento del Cristianesimo iniziato dal padre, e in più attuò un’eccessiva tassazione per rispettare la politica dell'ikkoku – ichijo, ovvero un castello in ogni provincia, decisa dallo shogunato Tokugawa. I proventi delle tasse servivano per smantellare i castelli di Hara e Hino e costruire la nuova postazione difensiva a Shimabara. Le tasse logoranti peggiorarono le condizioni dei contadini e molti morirono di fame, mentre i samurai al servizio del daimyo compivano crudeltà di ogni genere come furti, uccisioni e stupri. Tra persecuzioni e tasse la pazienza era finita. La rivolta scoppiò nell’autunno del 1637 con l'assassinio del daikan di Shimabara Hayashi Hyozaemon, cioè l’esattore delle tasse. In molti villaggi di Shimabara iniziarono le prime violenze e i contadini cominciarono con l'attaccare i granai pubblici in cui era contenuto il riso con cui avevano pagato le logoranti tasse. Al fianco dei contadini cristiani si unirono anche ronin cristiani, ovvero samurai decaduti senza padrone, veterani nel combattimento e nelle arti marziali. La notizia della ribellione arrivò a Nagasaki, che inviò delle truppe per reprimere la rivolta. La rivolta scoppiò anche nell’arcipelago di Amakusa e il daimyo del luogo, Terazawa Katataka, inviò subito un contingente di 3000 guerrieri al comando di nove nobili per eliminare la rivolta. Tuttavia, il piccolo corpo di spedizione fu annientato dall’armata ribelle il 27 dicembre del 1637. In una successiva battaglia combattuta il 3 gennaio 1638, gli insorti di Amakusa furono sconfitti e i sopravvissuti fuggirono dalla loro isola per unirsi ai ribelli di Shimabara. Verso gli inizi del 1638, le file dell’armata ribelle erano aumentate e a capo dell’esercito ribelle si pose il sedicenne ronin cristiano Amakusa Shiro. L’esercito ribelle riunì le forze nel castello dismesso e in rovina di Hara. Nonostante le pessime condizioni della struttura, il castello garantiva ugualmente una buona protezione in quanto situato su un promontorio che dava sul mare. Tre lati del castello, infatti, terminavano con un dirupo e per attaccarlo si doveva usare l'unico passaggio disponibile che era protetto da due profondi fossati. Nel castello gli insorti portarono con sé anche le loro famiglie. Secondo gli storici, il numero totale tra insorti, donne e bambini era di 27000 – 37000 persone. Nel castello tutti lavorarono per rafforzare le difese e sui merli esposero croci di legno e vessilli crociati. L’armata assediante dello shogun comprendeva circa 50000 guerrieri, tra i quali era presente anche il famoso Musashi Miyamoto, considerato il migliore spadaccino della storia giapponese. A capo dell’immenso esercito fu messo Shigemasa Itakura, scelto direttamente dallo shogun Tokugawa Iemitsu. Nel frattempo, i Tokugawa avevano chiesto aiuto anche agli olandesi, che presero parte all'assedio con Nicolaes Couckebacker, il capo del trading post della Compagnia olandese delle Indie Orientali della città di Hirado. Gli olandesi rifornirono l'esercito dello shogunato di cannoni e polvere da sparo, e inviò sul luogo dello scontro tre vascelli da guerra, uno dei quali comandato dallo stesso Couckebacker, il de Ryp. Il castello per una quindicina di giorni subì un pesante cannoneggiamento sia dalle truppe a terra sia dalle navi olandesi, ma gli insorti si rifugiarono in alcune gallerie sotterranee che avevano creato nei giorni precedenti per proteggersi dalle cannonate. A causa della disorganizzazione dell’esercito dello shogun e del piano fallimentare, gli olandesi si ritirano. Il vero motivo fu un altro: i giapponesi non gradirono farsi aiutare da stranieri e per orgoglio dovevano combattere la ribellione con le loro forze. Dopo diversi tentativi falliti di attacco, e a seguito della morte di Itakura in uno degli assalti, l’armata dello shogunato passò al nuovo comandante Matsudaira Nobutsuna. Gli insorti riuscirono a resistere per altri due mesi, ma le condizioni climatiche e la tenacia degli assedianti cominciavano a farsi sentire. Il freddo dell'inverno aveva danneggiato entrambe le fazioni, ma le truppe dello shogunato ricevevano periodicamente dei rinforzi a differenza dei ribelli, che, oltretutto, cominciavano ad esaurire le munizioni e le scorte di cibo. Nell'aprile del 1638, Matsudaira aveva al suo comando circa 125000 guerrieri. Sapendo delle condizioni difficili dei ribelli, Matsudaira inviò un messaggio di resa in cui prometteva il totale perdono per tutti i non cristiani e per coloro che avessero ritrattato la loro fede. Al messaggio rispose lo stesso Amakusa Shiro scrivendo che tutti erano cristiani e sarebbero morti per la loro fede. Il 12 aprile del 1638, l’esercito dello shogunato riuscì fare breccia nel castello. Gli scontri terminarono definitivamente il 15 aprile, con la sconfitta delle ultime sacche di resistenza. Tutti gli insorti sopravvissuti, compresi donne e bambini, furono decapitati, e i loro corpi ammassati e sepolti tra le rovine del castello, che fu incendiato e completamente raso al suolo. La testa del capo della rivolta, Amakusa Shiro, fu portata fino a Nagasaki ed esposta al pubblico per diversi giorni, come monito per la popolazione. Lo shogunato prese seri provvedimenti anche nei confronti dei comandanti del suo stesso esercito: diversi daimyo furono considerati responsabili della rivolta e vennero decapitati; Matsukura Katsuie, la cui politica tirannica fu tra le cause della rivolta, fu indotto a compiere il seppuku, il suicidio rituale. I clan che diedero il loro contributo militare all'esercito dello shogunato furono invece ricompensati venendo esentati dai periodici contribuiti che dovevano versare allo shogun. La grande rivolta di Shimabara fu l’ultimo tentativo di resistenza da parte dei cristiani giapponesi. Dopo la rivolta, lo shogunato sospettò i cattolici occidentali come aiutanti degli insorti. L’evento influenzò il decreto di espulsione degli occidentali dal Giappone del 1639. Xilografia del XIX secolo raffigurante Amakusa Shiro Resti del castello di Hara. La struttura fa parte del bene protetto dall’UNESCO “siti cristiani nascosti della regione di Nagasaki” 6. Che cosa rimane? Per quasi tutta la durata del periodo Edo, i cristiani rimasero nascosti sotto gli occhi dello shogunato Tokugawa. A seguito della spedizione navale USA guidata dal commodoro Matthew Perry, nel 1853 il Giappone fu riaperto ai rapporti con l'estero. Nonostante il Cristianesimo fu ancora bandito, giunsero molti religiosi cristiani. Sotto il governo dell’imperatore Meiji, nel 1871 fu introdotta la libertà religiosa, riconoscendo così alle comunità cristiane il diritto all'esistenza. Dopo più di 200 anni, l’epoca dei cristiani nascosti finì. Oggi il Cristianesimo viene praticato da meno dell'1% della popolazione giapponese, con comunità cattoliche concentrate perlopiù a nord dell’isola di Kyushu, principalmente nelle vicine città di Nagasaki, Hirado e Goto. Circa il 70% delle chiese risulta essere normalmente frequentata da meno di 30 fedeli. Una chiesa nei pressi di Hirado Spero che questo post sia stato di vostro gradimento! 😄 Alla prossima, Xenon97
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  8. Un caro saluto a tutti quanti. Trovata nel cassetto di "Nonno Domenico", il mio primo Due Cavalli di Carlo V. La monetina si presenta senza i soliti difetti nel metallo, e abbastanza leggibile nonostante una schiacciatura di conio sul bordo della stessa. Al D/ testa nuda, con fichu sul collo, intorno: CAROLVS IIIII RO ° IM , sotto il busto simbolo del coniatore. R/ Corona con due globetti ai lati, Intorno: REX ARAGO VTRIVS, in alto a chiusura simbolo : Croce potenziata. Peso: grammi 3,60. Diametro: 20 mm. Riferimento: Magliocca 82/2 , rarità assegnata R2
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  9. Ciao a tutti, fra le mie tante passioni "Imperiali" ho un amore sconfinato per l'Anfiteatro Flavio o, se preferite, il Colosseo Da questa ne consegue una passione particolare anche per la dinastia dei Flavi, nel corso di questa mia avventura numismatica mi sono ero ripromesso di avere almeno un denario per ognuno dei tre. Ovviamente i Flavi non hanno costruito solo l'Anfiteatro, Vespasiano e Tito furono valenti generali e politici, anche Domiziano in parte, purtroppo ha poi avuto una parabola discendente simile a quella di Nerone, non sta comunque a me raccontarvi la loro storia ovviamente, già sono state scritte molte parole anche su questo forum da mani molto più autorevoli delle mie. Fino a qualche giorno fa la mia ricerca era rimasta in "pausa" vista la parentesi obbligata con la dinastia Giulio-Claudia, dopo aver concluso (per modo di dire...non si conclude mai veramente 😀) una soddisfacente collezione di bronzi (i loro denari sono un tantino proibitivi per me) dei primi 5 Imperatori ed aver accantonato con un "magari un giorno" il mitico trio Galba-Otone-Vitellio, sono tornato alla ricerca dei Flavi. Finalmente da pochi giorni sono riuscito a trovare tutto (per ora 😃) quello che cercavo e ho pensato quindi di condividere anche con voi queste monete. Iniziamo quindi con Vespasiano con un piacevole denario con Ceres al rovescio, è una delle prime monete che ho comprato, il venditore ha tralasciato alcune parti della classificazione quindi nel caso ci fossero degli errori vi sarei grato delle eventuali correzioni: Roma - 77-78 d.C. - Cohen 53, RIC 970(?) - 3.50g x 18mm Al D/ CAESAR VESPASIANVS AVG; testa laureata, sinistra. Al R/ CERES AVGVST; Cerere stante a sinistra con spighe nella destra e lungo scettro nella sinistra. Proseguiamo con Tito, il più ostico da trovare, alla fine però ne ho aggiunti addirittura due, tra l'altro sono molto soddisfatto perché sono particolari. Il primo denario è del 79 d.C., anno dell'eruzione del Vesuvio e della tragedia di Pompei e Ercolano, questa moneta, con il capricorno al rovescio (simbolismo che rimanda ad Augusto), è simile a quella ritrovata a Pompei (ma la mia ha il PP) e che ha suscitato inizialmente tanto scalpore perché sembrava dover spostare la data dell'eruzione da agosto a ottobre, la cosa mi risulta sia stata poi smentita, lo spiega però meglio di me Umberto Moruzzi in questo interessante articolo: https://www.cronacanumismatica.com/verita-numismatica-e-fake-news-esiste-la-moneta-che-riscrive-la-data-delleruzione-del-vesuvio/ Roma - 79 d.C.- RIC 19 - 3.39g x 18mm D/ IMP TITVS CAES VESPASIAN AVG P M; testa laureata. R/ TR P VIIII IMP XIIII COS VII P P; capricorno sopra globo. Il secondo è dell'80 d.C., anno dell'inaugurazione dell'Anfiteatro Flavio, presenta al rovescio un elefante e dovrebbe essere fra le monete coniate in occasione proprio dell'inaugurazione, una cosa che mi affascina in maniera incredibile. Da notare che purtroppo ha subito una pulizia/lucidatura che in ogni caso, fortunatamente, almeno a mio modesto parere, non ne ha comunque rovinato la bellezza. Roma - 80 d.C. - RIC 115 - 3.52g x 18mm D/ IMP TITVS CAES VESPASIAN AVG P M; testa laureata. R/ TR P IX IMP XV COS VIII P P; elefante. Concludiamo quindi con Domiziano con un denario che presenta al rovescio una bellissima Minerva sulla prua di una nave con tanto di civetta. Roma - 95 d.C. - RIC 771 - 3.17g x 19mm Al D/ IMP CAES DOMIT AVG GERM P M TR P XIIII; testa laureata. Al R/ IMP XXII COS XVII CENS P P P; Minerva su prua con civetta. Spero davvero che abbiate gradito le monete, vi ringrazio per l'attenzione, Matteo
    9 punti
  10. La prima volta che mi mostrarono questa moneta la mia risposta fu: "deve esserci un errore, il rovescio è di un'altra moneta, credo di Aureliano". E invece ero io quello che sbagliava. Grande fu la mia sorpresa quando poco dopo mi fu mostrato un video che mostrava chiaramente che dritto e rovescio erano le due facce della stessa moneta. Dritto: IMP(erator) CONSTANTINVS P(ius) F(elix) AVG(gustus). Busto laureato, drappeggiato e corazzato a destra di Costantino I. Rovescio: ORIE-(N)-S AVGG (Augustorum). Sol avanza a sinistra e calpesta un prigioniero con berretto frigio seduto ai suoi piedi, solleva la mano destra, regge un globo nella mano sinistra, la clamide cade dalla spalla sinistra. Lettera R a sinistra del campo e lettera F a destra. Esergo: R*P (Romae * Prima = Prima ufficina della zecca di Roma). 2,76 gr; 21 mm Inedita in tutte le operare consultate.
    8 punti
  11. Apro una discussione con un breve messaggio solo per segnalare che ormai i falsi stanno investendo tutti i filoni collezionistici della numismatica. Se da anni, anche qui sul forum, si è sempre dibattuto sul perché e sulla convenienza o meno della produzione di falsi per esempio di nummi costantiniani comuni, ora è il momento di porsi il medesimo interrogativo anche per gli antoniniani e in particolare per gli antoniniani più comuni per antonomasia: quelli dei Tetrici. La risposta è sempre la medesima: la convenienza non è tanto derivata dalla vendita del singolo pezzo, quanto dalla produzione e vendita su vasta scala. Paradossalmente rende di più un falso di una moneta economica (che di per sé non porta il preconcetto della possibile falsificazione) rispetto a un falso di una moneta rara (dove l'analisi in fase di pre-acquisto dovrebbe essere più minuziosa). La resa economica, nel primo caso, è assicurata dalla probabile elevata quantità di "venduto". Ultimamente, su ebay uk, ci sono un paio di venditori riconducibili con buona probabilità a un unico soggetto con due negozi o comunque a una medesima fonte di approvvigionamento che propongono in vendita solamente monete false - senza dichiararle tali - di varia natura e tipologia: si passa dagli antoniniani ai follis, alle celtiche, senza tralasciare piccoli oggetti di natura archeologica... tutto palesemente falso, specie se si fa una visione d'insieme dell'intera vetrina dei negozi. Vien da sé che se guardando 10 oggetti e ritenendone falsi 6, lo saranno probabilisticamente anche i restanti 4 che apparentemente destano meno sospetti. Nello specifico, un comunissimo Tetrico II - SPES AVG che lo si può trovare tranquillamente per una decina di euro, lo si può trovare anche falso: Lo stampo è il medesimo, la resa leggermente diversa. La moneta è inequivocabilmente falsa... lo stesso giochino lo si può fare per diverse altre monete condivise per tipologia tra i due negozi... se uno ha un semplice sospetto su un pezzo che potrebbe anche non destare troppi sospetti e poi trova il suo clone... e la cosa la si può replicare su più esemplari... be', i sospetti diventano ahimé certezze! E con estrema umiltà vi dico anche che il pezzo così come fotografato nel secondo esemplare, se inserito in un contesto di un negozio/venditore differente con altre monete chiaramente utentiche... be', l'avrei dato per buono senza vederlo in mano e il sospetto di una eventuale fusione non mi avrebbe particolarmente allarmato essendo questo tipo di monetazione riprodotto in antico proprio per fusione in ambito fraudolento/imitativo! Certo, viste così e visti entrambi i negozi e tutta la carrellata di monete... è tutto più facile! Ma occhio perché ahimé (ahinoi) questi pezzi inizieranno a girare e a mescolarsi sempre di più nei vari canali di vendita...
    8 punti
  12. Buonasera. Questa sera voglio condividere questo grosso di Marino Zorzi che ha governato per solo un anno dal 1311 al 1312. Pesa 2,14 grammi ed ha una conservazione che difficilmente si trova nei grossi di questo doge. Moneta molto rara, ancor di più in questa conservazione. Presenta una bellissima patina di medagliere.Cosa ne pensate?
    8 punti
  13. Buonasera a tutti, oggi ho avuto un po di tempo per le mie monete, queste che vi mostro le ho riunite in un simpatico vassoio, un vassoio di fortuna, per fotografarle insieme. Volendo potremmo definirla una mini collezione. Saluti Alberto
    8 punti
  14. Posto il mio unico (per il momento) ramino del Bombetta. 1854, 4 su 3. Uno spiccetto al quanto raro. Voi cosa ne pensate? Un saluto a tutti. Raffaele.
    8 punti
  15. DE GREGE EPICURI Non sono molte le università che possono disporre di due corsi di numismatica (rispettivamente: antica e medievale/moderna) e fra queste c'è la Statale di Milano. Ieri pomeriggio ho avuto il piacere di assistere come uditore alla lezione introduttiva di Numismatica Medievale e Moderna, tenuta dalla prof.ssa Monica Baldassarri, che ha sostituito (si tratta di un contratto) la prof.ssa Lucia Travaini dopo il pensionamento. Il corso è rivolto anzitutto agli studenti magistrali di storia, ma può rientrare nel curriculum di filosofia, lettere antiche e moderne, beni culturali, ecc. Abbiamo sentito illustrare, in modo chiaro ma molto ricco e interessante, i concetti di moneta e di denaro, le origini della monetazione, i suoi rapporti con l'economia, la religione, la vita associativa. Oggi si riprende, e credo che vedremo dei bei tondelli (già ieri si è proiettato uno splendido augustale...) Il corso si tiene mercoledì alle 16.30 in aula M205 (Santa Sofia), giovedì alle 14.30 in aula M401 e venerdì alle 12.30 in aula 515 (Festa del Perdono).
    7 punti
  16. Buongiorno a tutti, ieri ho ricevuto in dono due cinque Tornesi di Ferdinando II che mancavano nella mia Collezione per date. Provo a classificarne uno dei due. 5 Tornesi Ferdinando II millesimo 1858 Magliocca 715 Ho qualche dubbio però sulla data, non riesco a capire se ci troviamo davanti ad un esubero sull' ultima cifra o una ribattitura. Per questo chiedo il vostro Aiuto. Saluti Alberto
    7 punti
  17. Un caro saluto a tutti. Napoletana di oggi è un nominale da Un Tornese e Mezzo, difficili da trovare in buona conservazione e con un bel metallo color cuoio. Di seguito un esemplare del 1844, simbolo stella a 5 punte. Buona collezione.
    7 punti
  18. La discussione aperta sulle contromarche per le isole ionie mi ha molto incuriosito e interessato. Mi sono messo alla ricerca di pezzi Napoletani contromarcati e devo dire che ce ne sono molti in rete. Il pezzo che mi ha colpito di più e questa piastra, mi ha colpito per la storia che si porta dietro. https://www.mycoinalog.com/anzac-ephemera/trench-art/australian-world-war-1-identity-disc-4444-t-b-armfield-2/ Non sapevo che durante la prima guerra mondiale usassero monete a mo' di piastrina identificativa.
    6 punti
  19. Cotto e mangiato ITALY, Napoli (Kingdom). Filippo II di Spagna. 1554-1598. AR Mezzo ducato (33.5mm, 14.94 g, 7h). First Period. Napoli (Naples) mint. Struck 1554-1556. Bareheaded, armored, and draped bust right; (IBR) to left / Crowned coat-of-arms. MIR 160; Pannuti-Riccio 5. Toned, minor doubling. Good VF. Ex Spink & Son.
    6 punti
  20. La commissione durata oltre venti anni (o ventisette, non ricordo) era a costo zero...per questo è durata cosi tanto...🤪 Ovvio...ci sono voluti quattro anni perchè tutti hanno detto "che bella la monografia" e magari hanno guardato solo la prima pagina...tipico..Anche io del resto ho ripreso in mano il volumetto dopo 4 anni...avevo l'alibi di fare il colonnello della Guardia di Finanza ma non intendo giustificarmi completamente...però la magagna alla fine l'ho scoperta io e non i numismatici di professione o gli studiosi di professione...e di questo me ne vanto biecamente...
    6 punti
  21. Bello! E io non sarei io se adesso non cominciassi con tutt'un'altra cosa che però tutto sommato rientra nella discussione. Una tecnica similie alla filigrana si è sviluppata in Europa nel XIX secolo - anche se la leggenda racconta sia cinese ed assai più antica - quella della litofania. Il principio è simile: in base allo spessore dello strato del materiale filtra più o meno luce che risulta in un'immagine, anche molto ben definita. Partendo anche da una foto si possono ottenere industrialmente ottime immagini assai dettagliate ed io nel mio piccolo faccio con la mia stampante 3D ciò che posso: - il lato esterno - il lato esterno se retroilluminato - il retro, in "positivo" Qui abbiamo uno spessore anche di diversi millimetri (in teoria fino a che il materiale non fa più filtrare la luce), sulla carta(moneta) naturalmente questo spessore è notevolmente ridotto, il che fa la cosa anche più spettacolare, in quanto si tratta di strati sottilissimi che fanno la differenza. 1:0 per le banconote! 😁 Ciau, Njk ========== Per saperne di più: https://it.wikipedia.org/wiki/Litofania
    6 punti
  22. Buon pomeriggio, a proposito di contromarche sulle Piastre napoletane, allego l'immagine di una Piastra da 120 Grana 1784 con Contromarca F7 - Nomisma 419 - RRRRR - facente parte "dell'argento spagnolo" nelle Filippine. ASTA HD RAUCH, 15.09.2008, LOTTO 2915 PHILIPPINEN Unter span. Herrschaft bis 1898. 8 Reales mit Kontermarke F 7. vom 27 10 1832, auf 120 Grana 1784 CC von Neapel. FILIPPINE Sotto il dominio spagnolo fino al 1898. 8 Reales con contromarca F 7. del 27 10 1832, su 120 Grana 1784 CC di Napoli. Riguardo la "contromarca F7" sulle monete spagnole da 8 Reales, allego anche un interessante articolo di approfondimento https://storianumismatica.wordpress.com/2018/04/24/argento-spagnolo-nelle-filippine/
    6 punti
  23. Ciao a tutti, in rete ho visto una bella spilla di Friedrich e Luise von Baden, le cui nozze d'oro vengono celebrate con una moneta da due marchi. Per una ventina di euro me la porto a casa: e... (ORRORE!) non c'è neanche un puntino di saldatura, una limatina, niente! La moneta è incastonata, ma ha un po' di gioco e ruota liberamente tra le linguette. La posso lo stesso mettere insieme alle altre? Non che lei poi si vanta di essere una moneta intonsa tra le cuginette maltrattate? Alla prossima, Njk ================ Per il catalogo: Granducato di Baden, 1906 / Ag. .900 / 11.11 g / ⌀ 28,00 mm Tiratura: 350.000 pezzi Dritto: Busto con ritratto di Friedrich e Luise di Baden. Rovescio: Aquila imperiale coronata, IMPERO TEDESCO Bordo: 140 tacche Gli oltre 50 anni di regno del granduca Federico I sono considerati il periodo d'oro del Baden. Il monarca dalla mentalità liberale gettò le basi per la prosperità della regione del Reno-Neckar con opportune riforme e la promozione dell'economia e della scienza. Nel 1871 ebbe il grande onore di poter brindare per la prima volta al neo-imperatore tedesco, suo suocero Guglielmo I. Aveva appunto sposato la sua unica figlia Luise il 20 settembre 1856. Per celebrare le nozze d'oro della coppia granducale, furono emesse monete commemorative anche da 5 marchi.
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  24. Salve , dovrebbe trattarsi di un anello in bronzo di stile bizantino , come appare nella foto al centro del tipo B . Non ha moneta/e ma solo decorazione .
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  25. Ringrazio il CNT per l'organizzazione, i partecipanti e l'amico Tiziano @Parpajola per le foto.
    6 punti
  26. Confronto tra una 50 lire “Buoi” autentica e il suo rispettivo falso d’epoca. Questa meravigliosa banconota realizzata grazie ai bozzetti di Giovanni Capranesi ed emessa ad inizio Novecento venne realizzata per sostituire i modelli del Barbetti che ormai erano ampiamente falsificati. Nonostante le nuove tecnologie e l’iconografia estremamente accurata e complessa, i falsari riuscirono a falsificare anche questo taglio, seppur in quantità molto minore. Uno dei maggiori falsari di questa tipologia fu il Catanese Paolo Ciulla, che riuscì a replicare dei falsi talmente fatti bene da essere molto difficili da individuare. Nel momento del suo arresto e durante l’interrogatorio rivelò che riuscì a realizzare circa 3-4 mila biglietti falsi “buoi”, molto difficili da distinguere dagli originali. I falsi d’epoca da 50 lire sono attualmente estremamente rari da reperire. Il falso in questione è fatto molto bene, usando una carta molto sottile che si avvicina molto alla consistenza della sottilissima carta dell’originale. Ci sono piccole differenze iconografiche come ad esempio nel retro, i volti dei buoi sono poco accurati nei falsi e la spalla del secondo bue nel falso è poco visibile rispetto all’originale che risulta più rialzata. La filigrana nel falso è solo leggermente accennata. FONTI •Il falso nella cartamoneta, Mutti, 1982 •I celeberrimi buoi della cartamoneta Italiana, N.Giaquinta, 2023 Biglietto in controluce, da notare il punto debole del falso. Una filigrana appena accennata. Autentico sopra e falso sotto
    5 punti
  27. Del francobollo parlerò consultando i testi, .. ... L' annullo sul francobollo è un numerale a punti dell' ufficio postale n. 22 di Parigi .. ..e precisamente dell'ufficio postale di Rue Taitbout come possiamo vedere dall' annullo doppio cerchio in basso a sinistra, con data di partenza 2 settembre 1875. credo alle 5 pomeridiane. Questi due annulli andavano sempre messi assieme all' epoca. Il timbrino in rosso PD è un timbro che si apponeva su lettere dirette oltre confine, indicante il "Porto pagato della tariffa fino a Destino Sul retro della busta, .. arriva in territorio italiano il 3 settembre e viene presa in carica da un ambulante postale (treno), con l' annullo doppio cerchio non nitido in alto a destra, l' ambulante credo sia un Milano - ???? ed è in arrivo in distribuzione a Camerino il 4 Settembre 1875. Tempi da record per l' epoca. Va controllato sui libri il francobollo e il timbro di arrivo di Camerino . Per gli annulli francesi non ho bibliografia ma sono nitidi e belli aggiungono valore. Bella è poco, gli annulli sono quasi tutti nitidi, il francobollo è importante dovrebbe essere ma passatemi l' errore l' effigie di Napoleone III. Io sto facendo tutto a occhio da un telefonino. Questa va ricontrollata. PS. La cera lacca rossa è apposta come chiudi lettera dal mittente e fortunatamente è arrivata fino a noi, usualmente è la prima a perdersi. Mi sembra di vedere un altro timbro sul davanti a sinistra purtroppo non nitido. Comunque gli annulli principali ci sono tutti.
    5 punti
  28. Intervengo a discussione chiusa per chiarire, forse, il discorso mail. Probabilmente lei ha attivato le notifiche delle risposte. Quindi quando qualcuno risponde alla discussione le viene inviata in automatico una notifica via mail e la mail di registrazione l'ha scelta lei.
    5 punti
  29. Il 16 luglio del 1945 e' passato alla storia perché ci fu la prima esplosione nucleare, con il test tenuto nel deserto di Alamogordo in New Mexico. Noto come il Trinity Test, fu il punto di arrivo del grande lavoro svolto da Oppenheimer a capo del Progetto Manatthan e della nascita dell'arma di distruzione di massa per antonomasia. Famosa la frase "Io sono Morte, il distruttore di Mondi" che alla fine del test venne pronunciata dal grande scienziato, consapevole delle implicazioni anche morali presentate dalla nuova bomba, citazione tratta da un celebre poema epico indiano. Nella foto sotto, le vere immagini del Trinity Test. Proprio del 1945 è la moneta che andiamo a presentare oggi, si tratta di un "Mercury Dime", tipologia che ho sempre trovato meravigliosa, coniata dal 1916 sino al 1945. In realtà al diritto non è raffigurato il Dio romano Mercurio, ma bensì una rappresentazione allegorica della Libertà di Pensiero, tuttavia il nomignolo rimase popolare ed oggi questi decini sono così conosciuti da collezionisti ed appassionati. Da notare che al rovescio vi è una simbologia carica di significato, infatti il ramo di ulivo simboleggia il desiderio di pace, ma il fascio littorio evidenzia che, al contempo, in caso di necessità, l'America è sempre pronta a prendere le armi in pugno. Riicordiamo che questa tipologia fu concepita e coniata inizialmente nel pieno della I Guerra Mondiale e prosegui' sino alla fine della II Guerra Mondiale, con ciò ricomprendendo una intera epoca storica di fondamentale importanza. Vedremo nel prossimo post perché il conio dei dimes venne cambiato a partire dal 1946.
    5 punti
  30. Buonasera, lo scorso sabato 9 marzo gli studiosi Stanko Flego e Fulvio Colombo hanno presentato presso il Centro Visite della Riserva Naturale Regionale della Val Rosandra di Bagnoli della Rosandra (TS) un’interessante conferenza dal titolo ‘Il “refugium” tardoantico del Crinale in Val Rosandra’, con il patrocinio del Comune di San Dorligo della Valle. Gli autori hanno presentato i risultati di oltre 30 anni di ricerche (il Flego assieme al compianto Zupancic segnalò il sito in una breve nota nel testo “Topografia archeologica del Comune di San Dorligo della Valle” già nel 1991). L’ipotesi dei ricercatori, sulla base di materiali archeologici rinvenuti nei ghiaioni sottostanti ad una serie di ripiani (in parte naturali, in parte ottenuti artificialmente) - di misure variabili tra i venti-trenta metri di lunghezza per due/tre di larghezza - è che il rilievo orografico denominato Crinale (e spesso utilizzato da rocciatori) sia stato sede di un sito tardoantico utilizzato in condizioni di emergenza (invasioni barbariche?) da parte delle popolazioni che abitavano la vallata. Chi non conosce l’area si chiederà “cos’è la Val Rosandra” e nella fattispecie “e cos’è il Crinale?” Per la prima domanda rinvio al link http://www.riservavalrosandra-glinscica.it/ In genere i Triestini la chiamano semplicemente “la Valle”: è un tipico percorso agreste a poca distanza dalla città. Ma pur essendo a breve distanza da Trieste e a poche decine di metri di altitudine sul livello del mare, le alte pareti calcaree che la circondano e la vegetazione rimanda a paesaggi montani (vi ha sede il Rifugio Premuda che è il Rifugio montano più basso d’Italia con i suoi 30 mt s.l.d.m). Brevemente, si tratta di una vallata con ripide ed alte pareti calcaree nel cui fondovalle, tra forre e qualche pozza più ampia, scorre il Torrente Rosandra; la presenza del corso d’acqua (uno dei pochi di superficie dell’area giuliana) ha inciso nei tempi remoti la pietra calcarea creando grotte, ripari ma soprattutto dando refrigerio a selvaggina e ad assetate comunità umane. Per cui abbiamo un’area dove sono state identificate presenze umane riferibili all’Uomo di Neanderthal, del Mesolitico, del Neolitico, la Protostoria e della romanizzazione. Da qui partiva l’acquedotto che serviva la città romana di Tergeste già oggetto di una mia presentazione sul forum https://www.lamoneta.it/topic/114912-acquedotti-romani/#comment-2090919 Il Crinale è un ripido e marcato rilievo calcareo che crea una dorsale che fa parte della stessa Valle ed è separato dal Monte Carso sovrastante da un ampio e profondo canalone. La sua parte sommitale si ricollega all’altipiano costituito appunto dal Monte Carso, già sede di un ampio abitato protostorico Già da questa immagine appare evidente la pendenza della dorsale. I ripiani prima descritti sono evidenziati nella locandina della presentazione già presentata in apertura di testo, indicati dai numeri. Salvo il nr. 1 che è alla base e con la specifica che il nr. 6 è la Chiesa di Santa Maria in Siaris. L’assenza di resti di murature con legante porterebbero ad escludere una natura prettamente militare del sito e una durata cronologicamente abbastanza breve del sito, d’altra parte l’utilizzo di alture erte e facilmente difensibili è comune nelle aree pedemontane nel periodo tardoantico. In realtà è presente un robusto muro con malta di natura non ben chiara prossimo alla Chiesa di Santa Maria in Siaris, mentre nei ripiani è conservato solo un breve tratto di muratura a secco e alla base di uno di questi vi sono abbondanti pietre arenarie di chiara origine alloctona. I materiali raccolti sono perlopiù ceramiche, chiodi da carpenteria (che fanno supporre la presenza di tavolati e/o strutture in legno che avrebbero ampliato la superficie disponibile e fornito qualche copertura), chiodi da ferro equino (utilizzo di muli per il trasporto di materiali da costruzione e/o delle anfore contenenti acqua prelevata nel torrente?) ed una punta metallica. In cima al Crinale, vicino al c.d. Cippo Comici, è presente una piccola cavità a pozzo (Grotta dei giovani/Jama Mladich 3938/5231 VG) dove negli anni ’80 in occasione della prima esplorazione fu rinvenuta una fibbia, un bottone/borchia (?) ed un femore umano attrbuiti ad un generico “periodo romano”. L’accesso alla stessa fu ottenuto forzando una stretta fessura e si presuppone che in antico esistesse un ingresso più comodo. Il rinvenimento di alcune sepolture (1941 e 1974) rinvenute nel tratto dell’acquedotto romano sottostante il Crinale a a Crogole (1954) andrebbero collegate a questo periodo di frequentazione tardoantica. In un ambiente dove le comunicazioni erano mano semplici, gli insediamenti romani privilegiavano il concetto di “intervisibilità” tra gli stessi: a causa dell’orografia del sito non tutti i ripiani possono tenere sotto controllo gli altri. In un contesto difensivo dalla Grotta delle porte di ferro /Zelezni prton (504/3027VG) che si trova sul versante destro della Valle sotto il monte Stena si avrebbe avuto il controllo visivo sia sul “Refugium” che verso l’accesso della Valle stessa sia su una porzione di mare. Dal mare infatti nel periodo tardoantico non sarebbero giunti contingenti barbarici ma più facilmente rinforzi di truppe amiche. Riporto parte della descrizione tratta dal catasto Grotte: “… La cavità è interessante non solo per il suo deposito preistorico, il quale ha fornito reperti analoghi a quelli della sottostante e più nota Grotta delle Gallerie, ma anche per un singolare adattamento subito dal suo ingresso: esso infatti ha una forma molto regolare, ovale, con l'asse inclinato di circa 45° e presenta sul lato orientale una serie di incavi, alcuni dei quali cilindrici, scavati nel calcare; dalla parete opposta si osservano invece tracce di intonaco di cocciopesto, che la patina del tempo confonde ormai con la roccia. Da questi segni, e da resti fittili trovati nella cavità, è stato possibile dedurre che la stessa fosse stata adibita, in epoca tardo romana, a postazione militare di vedetta, per la sua particolare posizione dominante e che l'imbocco sia stato munito di una solida porta, i cui cardini erano posti appunto negli incavi, tutt'oggi visibili. A suffragare tale ipotesi, si nota inoltre un piccolo rialzo del suolo con la superficie molto levigata, che richiama perciò l'immagine suggestiva delle scolte che qui sedute sorvegliavano il territorio circostante.” Il Crinale (vedi profilo nero) visto dall’interno della cavità Il sito risulta di estremo interesse perché va a collocarsi cronologicamente in un periodo poco noto per l’area giuliana e che doveva esser contraddistinto da una certa instabilità in quanto anche a Tergeste vennero rinforzate le difese urbiche (vedasi al riguardo la costruzione del torrione a fianco della scalinata che porta a Santa Maria Maggiore). Il territorio non fu colpito direttamente dalle ondate barbariche che puntavano ad accedere alla Bassa Friulana e da qui, una volta superata Aquileia, a penetrare nel cuore dell’Impero ma l’accesso di contingenti barbarici (es. Unni) mise in apprensione le popolazioni locali. Personalmente ringrazio gli autori per il contributo e le istituzioni locali che da anni puntano sulla ricerca storica culturale ed etnografica per valorizzare un territorio ricco di attestazioni di frequentazioni umane fin dalla Preistoria passando per la Protostoria, la Romanizzazione e il periodo successivo. Per restare al periodo romano, nei pressi della Valle si insediarono i primi contingenti militari impegnati nella Guerra contro gli Histri e nella successiva conquista dell’area https://www.lamoneta.it/topic/200166-nuovi-scavi-archeologici-nellarea-triestina/#comment-2209348 Spero di aver destato la vs attenzione Illyricum
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  31. Moneta alquanto rara, classificabile come RIC 49. L'esergo ML dovrebbe stare per "Moneta Londinium", mentre le lettere nei campi sono marche e segni di zecca il cui significato è tutt'oggi ignoto. Le marche più comuni che si rinvengono sulla monetazione di All'etto sono S|A/ML, S|A/MSL, S|P/CL La sequenza delle marche di zecca per gli usurpatori britannici è la seguente (Tratta dal libro di Casey "Carausius and Allectus).
    5 punti
  32. Buongiorno, in questo questo video la Dott.ssa Franca Maria Vanni, Curatrice del percorso espositivo della Sezione Numismatica della Fondazione Ivan Bruschi, ci parla di un aspetto inedito e curioso legato alla cartamoneta: la carta utilizzata per produrre le banconote. Gli esemplari presenti nel filmato fanno parte della collezione di proprietà di UBI Banca esposta presso il Palazzo della Fonte. Un inedito percorso espositivo che comprende sia la presentazione delle monete metalliche e delle medaglie della collezione Bruschi, sia la sistemazione in ordine cronologico della sezione italiana della collezione di cartamoneta, che per estensione temporale e territoriale detiene nel suo complesso uno dei primissimi posti tra le collezioni di tutta Italia. I biglietti dell’area italiana della raccolta di cartamoneta esposti sono in tutto 1.450 esemplari, rispetto agli oltre 9.000 di cui si compone l’intera collezione, tra i quali biglietti delle Regie Finanze di Torino, che furono la prima cartamoneta in circolazione nella nostra penisola, la cartamoneta di emergenza e i biglietti emessi dalle banche in attività prima della fondazione della Banca d’Italia: Un altro aspetto poco conosciuto legato alla cartamoneta è la filigrana: Buona visione a tutti numys
    5 punti
  33. Nel 1942 la principale preoccupazione per gli americani era di battere sul tempo la Germania nazista nella corsa alla bomba atomica. Per questo Oppenheimer, che aveva passato parte dell'infanzia nel New Mexico, ebbe l'idea di riunire permanentemente gli scienziati del Progetto Manatthan in una località remota, chiamata Los Alamos, facendo costruire una base appositamente in mezzo al nulla, che sarebbe stata operativa a partire dall'inizio del 1943. Proprio del 1943 è la seconda moneta della nostra carrellata, un Jefferson Nickel, coniato nella zecca di Philadelphia. Da notare che in piena II Guerra Mondiale il nickel serviva a scopi bellici, perciò i nichelini coniati dal 1942 al 1945 hanno una "curiosa" composizione alternativa e sono in argento '350 (in lega di rame e manganese). Conosciuti come "War Time Nickels" si riconoscono anche dal diverso segno di zecca, di grandi dimensioni, posto al rovescio proprio sopra il Monticello. Entrati in circolazione nel 1938, i Jefferson Nickels presero il posto dei Buffalo Nickels, tanto amati oggi dai collezionisti quanto all'epoca problematici per la coniazione. Perciò nel 1938, appena trascorsi i 25 anni, termine minimo per poter cambiare il design di una moneta in circolazione, il Congresso avviò un concorso per la scelta del nuovo conio del taglio da 5 cent. Gli artisti partecipanti avevano l'obbligo di ritrarre al diritto il terzo Presidente Thomas Jefferson (1801 - 1809) ed al rovescio la casa dello stesso, chiamata Monticello, ormai divenuta un monumento nazionale. Il concorso venne vinto da Felix Schlag un artista tedesco emigrato negli states nel primo dopoguerra, che vinse 1.000 dollari dell'epoca che, purtroppo, gli servirono per pagare i funerali della moglie. Come possiamo vedere dal bozzetto vincitore del concorso, il Monticello al rovescio era visto di tre quarti ma fu chiesto espressamente a Schlag di modificare il conio e dare una raffigurazione frontale del monumento, richiesta che, sembra, venne formulata addirittura dallo stesso presidente in carica, F.D. Roosevelt. Con il design che conosciamo, il Jefferson Nickel rimase inalterato fino al 2004, per poi vedere modificato il diritto con il "famigerato" ritratto frontale del terzo presidente, non proprio riuscito artisticamente.
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  34. Visto il grande successo agli Oscar del capolavoro di Nolan, mi piacerebbe prenderne spunto per fini numismatici.. L'idea, molto semplice, è quella di fare una breve panoramica sulle monete circolanti negli USA nel periodo storico in cui il grande fisico americano fu attivo. Chiaro che ci saranno delle semplificazioni, poiché anche tutte le monete emesse nei decenni precedenti erano ancora rinvenibili dalla circolazione, ma diciamo che quelle che mostreremo erano le più facili da trovarsi in tasca. Ebbene, nel 1942 Oppenheimer entro' a far parte del Progetto Manatthan, il programma segreto militare che avrebbe presto portato alla creazione della prima bomba atomica, poi sganciata su Hiroshima. Proprio del 1942 e' la prima moneta che vi vado a presentare, si tratta del c.d. "Lincoln Wheat Cent" coniato dal 1909 al 1958 e poi seguito dalla versione con il Lincoln Memorial al rovescio (1959-2008) ed ancora dal tipo c.d. "Shield" coniato a partire dal 2009 sino ad oggi. Da notare che tale tipologia è la prima a portare l'effige di uno storico presidente che, nei decenni a venire, avrebbero gradualmente sostituito nella monetazione a stelle e strisce, le tradizionali raffigurazioni allegoriche di Lady Liberty, presenti sin dalla fine del XVIII secolo .
    5 punti
  35. @caravelle82, @giuseppe ballauri, @nikita_, @ART, @Bruzio Appena arrivato 😝
    5 punti
  36. Buongiorno alla sezione, Ho un dubbio e vorrei chiedere aiuto a tutti voi. Questa piastra quante torrette ha nello scudetto del Portogallo ? Le 2 pseudo torri che ho evidenziato cn le frecce secondo voi le devo considerare? Grazie a chi vorrà aiutarmi. Un saluto a tutti. Raffaele.
    5 punti
  37. Guardandolo con una lente d'ingrandimento non è un capolavoro in miniatura..?! Sono piccoli viaggi.. o se vogliamo monumenti cartacei. Sono tante cose. Anche quelli che non valgono niente a volte divertono anche di più.
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  38. @lucius LX Purtroppo di questo ripostiglio esiste un report ufficiale fatto dalla divisione francese dei beni culturali, la DRAC e consegnato in copia alla moglie dello scopritore unitamente al ripostiglio al termine dell'analisi e prima della messa in vendita regolare su cgb. Nel 2022, Marie Brillant (la referente per CGB delle monete antiche) interrogata da me per avere copia del report, dopo qualche scambio di mail mi disse che avrebbe contattato direttamente lo scopritore per poi girami copia del tutto. Purtroppo qualche settimana dopo la nostra ultima mail mi scrisse dicendomi: "The discoverer of the treasure is unfortunately deceased and his wife cannot findthe report of the DRAC". All'epoca sia Marie Brillant che un funzionario del DRAC mi dissero che era anche in pubblicazione uno studio su una serie di ripostigli francesi tra cui molto probabilmente sarebbe finito anche questo tesoro - ignoro se in analisi completa o come raffronto con qualche breve cenno - tuttavia non ho più avuto informazioni su questa pubblicazione e non so se sia già uscita in stampa o se si sia arenata da qualche parte. Ahimé le sole informazioni che posseggo su questo ripostiglio - di cui anch'io ho qualche esemplare - sono le scarne note che si possono recuperare sul sito di CGB. Nella serie dei Tresors Monetaires della BNF (ferma al momento a 30 volumi) non è ancora stato pubblicato. https://antiquitebnf.hypotheses.org/17990
    5 punti
  39. Buona sera, Grazie a tutti, per i like e per gli apprezzamenti, è uno studio senza pretese ma che con l'aiuto di tutti voi può migliorare ancora. Ciao Cris,si, per il rovescio il decoro del bordo è uguale per tutte le date. Comunque sia grazie mille per il suggerimento, il disegno sarà aggiunto con molto piacere. Vorrei ringraziare gli amici @gennydbmoney, @LOBU, @Releo e @Avgusto1989 per averci aiutato con le immagini delle loro piastre e non solo, ringrazio per l'incoraggiamento e l'aiuto ad andare avanti e per la bella e grande amicizia e passione che ci lega. Grazie ancora a tutti e buona serata. Saluti Raffaele.
    5 punti
  40. Ciao a tutti, di seguito il lotto 3390 esitato alla scorsa Asta Web 29 Leu Numismatik. Peso 5,70 grammi. Si tratta di un tarì di Carlo V con testa laureata e stemma in cui la legenda del diritto ha inizio in alto, sopra la testa, classificabile Magliocca 42, R5.
    5 punti
  41. Tentatore! Ecco il mio "Campione" : era un OTTO TORNESI del 1816 , regnante Ferdinando IV . Foto del venditore, non so come hanno potuto ridurlo così....forse prima lo hanno martellato riducendolo di diametro e poi con colpi di lima ne hanno abbassato il bordo. @caravelle82 e tutti gli Amici del Museo....cosa ne pensate di questo Orrore. un caro saluto, Rocco.
    5 punti
  42. Passeggiata domenicale al mercatino; vedo questa corona austriaca 1915 a 3 euro. Mi é sembrato un buon acquisto....
    5 punti
  43. Buonasera, condivido una Piastra 1855 che ha una particolarità singolare: quattro gigli nella palla superiore dei Medici. Vorrei chiedervi se ne avete viste altre e se potrebbe essere un segno (personalmente escluderei la ribattitura e/o la negligenza del punzonatore ). Grazie per le eventuali risposte, Saluti, Beppe
    5 punti
  44. COSTANTINOPOLI: la CRISI di un impero in UNA MONETA Nell’XI secolo l’Impero bizantino va in crisi e l’indebolimento progressivo del sistema e le lotte per il potere si riflettono anche nella monetazione di Luca Mezzaroba | All’interno della millenaria storia dell’Impero bizantino, il periodo che gli storici identificano come “dominio dell’aristocrazia burocratica”, che ha inizio con la morte di Basilio II (1025) e termina con l’avvento della dinastia dei Comneni (1081), coincide con l’avvio della grave e repentina crisi che porterà lo Stato bizantino ad essere preda di popoli più aggressivi, primi tra tutti normanni e turchi selgiuchidi, i quali di fatto ne causeranno, se non la fine, almeno l’irrimediabile decadenza. La scomparsa degli ultimi grandi sovrani militari della dinastia macedone infatti portò sul trono dell’impero figure dalle scarse se non inesistenti capacità di governo; costoro, esponenti dalla potente aristocrazia latifondista e spesso supportati dalla chiesa della capitale (pronta ad appoggiarli in cambio di cospicue donazioni), non esitarono a smantellare il sistema dei piccoli proprietari terrieri, alla base dei themi e dunque dell’organizzazione militare bizantina, gonfiando al tempo stesso i salari della burocrazia civile di Costantinopoli. Se da un lato queste decisioni portarono al collasso la potenza militare dell’impero, d’altra parte appare evidente che le fazioni legate alle diverse famiglie aristocratiche iniziarono presto una terribile lotta interna, fatta di colpi di stato e congiure, per prendere il potere nella capitale assumendo la carica imperiale. A parte rarissime eccezioni, quanto detto fino ad ora non sembra influenzare in modo particolare la monetazione del periodo: specialmente sul piano iconografico, negli histamena e nei tetartera i vari sovrani, pur dovendo la loro elezione ad adozioni o matrimoni con donne della famiglia imperiale, si fanno rappresentare come unici detentori del potere, abbigliati con i più splendidi abiti di corte e reggendo importanti insegne del potere; essi sono spesso accompagnati dalla Vergine e in ogni caso sempre sotto la protezione di Cristo (raffigurato ormai stabilmente al dritto delle monete) di cui gli imperatori erano i soli rappresentanti sulla terra. Questo tipo di iconografia si può ritrovare ad esempio negli histamena di Costantino X Ducas (1059-1067), membro di una delle famiglie più potenti della corte bizantina. Sposato con Eudocia Macrembolitissa, nipote del patriarca Michele Cerulario, nella moneta d’oro egli appare comunque da solo al rovescio; indossa una ricca corona con pendilia, il sakkos, una tunica di colore nero, e il classico loros decorato da perle e pietre preziose. Nella mano destra il basileus stringe il globo crucigero mentre nella sinistra il labaro; egli infine poggia i piedi su un particolare supporto, detto suppedion, costituito da un cuscino (o un tappeto) spesso tondo e di color porpora che stava ad indicare la sacralità del sovrano, il quale non poteva toccare il terreno ritenuto “impuro”. Histamenon di Costantino X Ducas. Nel D/ Cristo Pantocratore seduto in trono, nel R/ Costantino X Ducas in piedi su un suppedion con globo crucigero e labaro. Oro, mm 27; g 4,39; h 6 Proprio la morte di Costantino X tuttavia sarà alla base dei cambiamenti iconografici (e non solo) che avranno un forte impatto sulla moneta d’oro, la quale diventerà infine testimone principale della crisi politica e sociale che l’impero stava attraversando in quei decenni. Nonostante Michele VII, il primogenito dei numerosi figli del sovrano, avesse l’età per governare, lo zio Giovanni Ducas e l’onnipotente Michele Psello (letterato e politico autore di una Cronografia che narra le vicende di quegli anni) imposero la reggenza dell’imperatrice Eudocia Macrembolitissa, la quale, nonostante gli elogi dello stesso Psello, era totalmente soggetta alla volontà dei suoi due protettori. Tale situazione influì ovviamente sulla monetazione dell’impero: anche se la sovrana era già apparsa in alcuni follis del marito, nei quali la coppia imperiale reggeva insieme un labaro con croce vestendo i consueti abiti di corte, al momento dell’assunzione del potere la sua figura viene rappresentata anche sugli histamena assieme ai figli che, in ogni caso, mantenevano il ruolo di co-imperatori nel pieno rispetto della gerarchia tanto cara al mondo bizantino. Follis di Costantino X Ducas. Nel D/ Cristo nimbato, nel R/ Costantino X Ducas ed Eudocia Macrembolitissa in piedi con labaro su tre gradini. Bronzo, mm 28; g 7,94; h 6 Riguardo l’ordine delle precedenze seguito dai vari personaggi, vanno peraltro segnalate due curiose particolarità legate all’iconografia di questo histamenon: anche se la rappresentazione delle diverse figure sembra del tutto normale, con il Pantocratore seduto in trono al dritto ed Eudocia al centro, affiancata dai due figli al rovescio, l’analisi dei dettagli rivela tuttavia l’estrema attenzione ai ruoli interni alla corte e soprattutto la reale considerazione di cui poteva godere una donna nel Sacro Palazzo, anche se imperatrice. Fin dal VII secolo infatti il rigido ordine gerarchico che regolava la raffigurazione dei sovrani sulle monete e sugli altri supporti artistici prevedeva che, nel caso fossero presenti due figure, la principale stesse sulla sinistra e l’altra sulla destra, nel caso invece i personaggi fossero stati tre, il centro sarebbe stato occupato dal sovrano, la parte destra dal co-reggente più anziano la parte sinistra da quello più giovane. Questo secondo modello però non si applica all’iconografia dell’histamenon di Eudocia nel quale la sovrana, pur avendo dimensioni maggiori dei figli Michele e Costantino e pur essendo dotata di insegne non certo inferiori (l’imperatrice stringe lo scettro, i figli il globo crucigero e l’akakia e tutti poggiano sul suppedion) presenta Michele, il maggiore, sul lato sinistro. Tale situazione si spiega sulla base della specifica e meticolosa ideologia bizantina, la quale di fatto “eliminava”, nel conteggio generale delle figure presenti, quella femminile nel caso questa occupasse la posizione principale ma fosse accompagnata da altre figure maschili; queste ultime sarebbero quindi state le uniche prese in considerazione per l’organizzazione iconografica della moneta. Histamenon di Eudocia Macrembolitissa. Nel D/ Cristo Pantocratore seduto in trono, nel R/ Eudocia con scettro (al centro) e i figli Michele VII (a sinistra) e Costantino (a destra) con akakia e globo crucigero. Oro, mm 27; g 4,39; h 6 La seconda particolarità è legata al personaggio di Costantino: egli infatti non era in realtà il secondogenito, ma il terzo, preceduto da un altro fratello di nome Andronico. Anche in questo caso la spiegazione si rifà all’ordine di precedenze proprio della corte dell’impero: se infatti Michele e Costantino erano stati nominati dal padre co-imperatori, e dunque avevano il diritto di essere rappresentati nella moneta, Andronico invece, molto più interessato agli studi, non aveva ottenuto la carica e dunque non poteva apparire nell’iconografia ufficiale. A tutti questi personaggi presenti sulla scena, e sulla moneta, dobbiamo tuttavia aggiungerne un altro: il generale Romano Diogene. Dopo pochi mesi di reggenza infatti Eudocia Macrembolitissa, con grande sorpresa e sdegno di Michele Psello, decise improvvisamente di sposare questo generale che lo stesso Psello definisce “a volte schietto, ma più spesso insincero e pretenzioso”. In realtà, per l’impero, la situazione militare, iniziava a divenire insostenibile con i normanni alla conquista dell’Italia meridionale ma soprattutto in seguito alle numerose e devastanti incursioni dei turchi selgiuchidi, mai contrastate a causa del degrado dell’esercito. Non possiamo certamente affrontare in questa sede gli eventi che segnarono il tragico regno di Romano IV (1068-1071), che terminerà con la terribile sconfitta di Manzikert e la contemporanea caduta di Bari; qui basterà analizzare l’iconografia dei suoi histamena che, a parere di chi scrive, rappresentano in modo chiaro la crisi politica e sociale che stava vivendo l’impero, forse ancora più drammatica del disastro militare contro i turchi. Histamenon di Romano IV Diogene. Nel D/ Michele VII (al centro), con labaro e akakia, con i fratelli Costantino (a sinistra) e Andronico (a destra) con globo crucigero e akakia. Nel R/ Cristo che incorona Romano IV ed Eudocia entrambi con globo crucigero. Oro, mm 26; g 4,34; h 6 L’histamenon, realizzato durante il regno di Romano IV Diogene, abbandona infatti la rappresentazione del Cristo Pantocratore al dritto per lasciare spazio ad una moltitudine di figure imperiali: il dritto è invece occupato da Michele VII, al centro, affiancato dai fratelli Costantino, a sinistra, e Andronico, a destra. Tutte le figure indossano il loros e la corona con pendilia, Michele VII poi stringe un labaro e l’akakia mentre Costantino e Andronico sostituiscono la prima insegna con il globo crucigero. Il rovescio è dominato invece dall’incoronazione simbolica dei sovrani: Cristo, nimbato e in piedi su un suppedion in posizione centrale, si pone tra Romano IV, a sinistra, ed Eudocia, a destra. Entrambe le figure indossano la corona con pendilia e reggono il globo crucigero; per quanto riguarda le vesti, mentre il basileus porta chiaramente il loros, l’imperatrice sembra avere un abito diverso. Se infatti la parte superiore si può identificare con il loros usato dalle sovrane, la parte inferiore, caratterizzata da un elemento di forma quasi ovale, ha fatto pensare a vari studiosi che si potesse trattare del thorakion, un capo di abbigliamento a forma di scudo decorato da perle e pietre preziose; studi più recenti hanno tuttavia dimostrato come l’abito indossato da Eudocia sia effettivamente un loros che, tagliato nella sua parte finale, non terminava avvolgendo il braccio sinistro (come appare per quello indossato da Romano IV) ma veniva semplicemente infilato nella cintura o nel vestito stesso. Al di là dello splendore delle insegne imperiali si nascondeva tuttavia una situazione di feroci lotte interne alla corte e di crisi militare: nonostante l’odio di Michele Psello, è indubbio che Romano IV, una volta asceso al trono, aveva agito in modo autoritario cercando di esautorare dal potere i figli del predecessore. Non potendo eliminare fisicamente Michele VII ed i fratelli, il nuovo basileus li fa raffigurare nel dritto della moneta (al posto d’onore) ma ne aumenta il numero (comprendendo anche Andronico) svuotando di fatto la carica di ogni potere reale; al tempo stesso Romano IV e l’imperatrice, si pongono nel rovescio, in posizione subordinata, ma incoronati da Cristo e con tutte le insegne del potere sovrano, una scena che peraltro sarà rievocata, senza sostanziali mutamenti, anche sui sigilli. Sigillo realizzato durante il regno di Romano IV Diogene. Nel D/ Cristo che incorona Romano IV ed Eudocia entrambi con globo crucigero. Nel R/ Michele VII (al centro), con stendardo, con i fratelli Costantino (a sinistra) e Andronico (a destra) con globo crucigero e akakia. Piombo, mm 34; g 35,19; h 12 Pur raggiungendo elevatissimi livelli artistici nella rappresentazione delle insegne e dei personaggi, i quali perdono spesso le connotazioni di ieraticità tipiche del mondo bizantino in favore di una raffigurazione maggiormente realistica, dal punto di vista iconografico la monetazione dell’XI secolo si concentra dunque sempre di più su una pura celebrazione del sovrano. Costui appare impegnato solo ad esaltare la sua figura in opposizione agli altri membri della corte e ai parenti del sovrano cui è succeduto mentre è totalmente ignaro dei reali problemi politico-militari che attanagliano lo Stato e la popolazione. Histamenon scifato di Michele VII Ducas. Nel D/ Cristo nimbato; nel R/ Michele VII in piedi con labaro e globo crucigero. Oro / elettro, mm 30; g 4,40; h 6 A tale svuotamento del valore propagandistico (ben diverso ad esempio dalle scelte operate dai sovrani del VI e del VII secolo, i quali vivevano situazioni non molto diverse) bisogna infine aggiungere la più grave crisi che può colpire la moneta, vale a dire la sua svalutazione. Sarà proprio il debole Michele VII (1071-1078), asceso al trono in seguito alla sconfitta di Romano IV, a segnare la fine dell’histamenon. Nonostante il suo carattere estremamente ingenuo e pudico, tale che, secondo l’immancabile testimonianza di Psello, “se qualcuno si lascia sfuggire di bocca una parola triviale o anche solo il termine crudo di ‘amore’ subito lo si vede avvampare in volto” egli non si farà scrupoli a ridurre la quantità di oro presente nella moneta portandola a soli 12 carati. Un segno evidente della crisi dell’impero… https://www.cronacanumismatica.com/costantinopoli-la-crisi-di-un-impero-in-una-moneta/
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  45. Questa mia moneta è proprio una vera moneta e non certo un notgeld, ma come classificarla dall'agosto del 1944 al giugno del 1945? Coniate a Filadelfia queste monete da 2 franchi furono utilizzate dagli alleati durante lo sbarco in Provenza nell'agosto del 1944, oltre che nel sud della Francia furono destinate per la circolazione anche in Algeria ed in Tunisia. I soldati coinvolti nello sbarco in Provenza ricevettero queste monete, pur non essendo ancora ufficializzate furono utilizzate per la spendita. Sono state regolamentate dal Ministro delle Finanze francese solo il 25 giugno 1945 e rimasero spendibili sino al settembre 1949.
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  46. Buona serata a tutti Volevo annunciare anche sul Forum il prossimo evento Collezionistico( prevalentemente Numismatico ) A FIRENZE . DOMENICA 7 APRILE ci sarà il primo "mercatino del collezionismo" a FIRENZE . INGRESSO LIBERO DALLE 9:30 ALLE 18:30 PRESSO IL PARTERRE ( PIAZZA DELLA LIBERTA') in Via del ponte rosso 2 a FIRENZE . PER INFO potete scrivere qua sotto o contattarci direttamente . ANCORA DISPONIBILI POSTI PER ESPOSITORI ( TOT 15/20 POSTI TOTALI) con possibilità in futuro di usare gli spazi esterni . Nelle prossime settimane pubblicheremo anche la lista degli espositori . Una breve descrizione dell'evento e info generali : l'evento non è un convegno numismatico ma un mercatino , seppur ci siano molti aspetti che possano ricordare un consegno . l'obbiettivo è quello di creare un ambiente stimolante per il commercio e lo scambio di oggetti da collezione ( anche se principalmente improntato sulla numismatica ) . Per quanto semplificate le due planimetrie 3d sono pressoché identiche rispetto agli ambienti reali , la porta centrale sarà chiusa e tutti gli espositori avranno le spalle coperte . Come intuibile dal nome è previsto un evento per ogni stagione . L'ingresso è libero e il costo per gli espositori sarà di 20 euro totali per 2 tavoli 80x80 cm . Ci sono a disposizione 2 bagni e il bar al piano di sopra . Sotto la struttura è presente un ampissimo parcheggio a pagamento che vi può permettere di trasportare il materiale in discreta sicurezza essendoci solo 50 m scoperti per arrivare alla sala . Anche per una bevuta in compagnia o due scambi siete tutti i BENVENUTI . Leonardo Lavagnini
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  47. Buonasera a tutti, condivido una mia Piastra 1834 - Variante al R/ aquile capovolte - R2 (Nomisma 931 - Gigante 58g) Contorno al D/ (37,5 mm / 27,30 g).
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  48. Buon giorno, Vi presento Il XIV volume del C.N.R.L., “Lo status di prigioniero di guerra e le “monete” dei campi di prigionia. Presentazione di alcuni inediti dei token australiani della II Guerra Mondiale”, scritto da Stefano Fabrizio, conta 168 pagine, in carattere Times New Roman n. 12, è stato stampato in 100 copie a colori, su carta opaca da 120 gr, in formato A5; contiene 105 figure a colori delle quali ben 78 riproducono gettoni e biglietti in uso nei campi di prigionia. La copertina è 4+4 su carta patinata opaca da gr. 300 plastificata, con allestimento in brossura e cucitura in filorefe Le copie saranno disponibili alla vendita entro gli inizi di marzo 2024, intanto potrete prenotarle attraverso la mail in fondo alla pagina. Il suo costo è di: € 10,00 più eventuali Spese Postali Il volume offre una rassegna storica su quale sia stato il trattamento subito dai prigionieri di guerra, dagli albori della civiltà fino ai tempi moderni. Vengono poi analizzate le emissioni per i Campi di Prigionia. Successivamente, l’attenzione si focalizza sulla monetazione dei Campi di prigionia Australiani della II Guerra Mondiale e vengono presentate delle nuove varianti non censite in letteratura. Il lavoro, basato su un’attenta e ricca ricerca bibliografica e di fonti storiche, offre un’affascinante narrazione storica che trae spunto e si intreccia con vicende familiari. Dalla “Premessa”, scritta da Stefano Fabrizio, si riporta un brano esplicativo "Una decina di anni fa ho acquistato un gettone (Token) usato nei campi di prigionia australiani durante la II Guerra Mondiale. Si tratta di una moneta in ottone, dal diametro di 20,3 mm, peso di 3,58 gr, con un foro centrale di 4,5 mm, bordo liscio, che al Dritto riporta la scritta “INTERNMENT CAMPS”, con le due parole intervallate da due serie di tre globetti, e, sotto la scritta, una ghirlanda come decorazione, il tutto racchiuso tra due cerchi perlinati e che al Rovescio riporta la scritta “ONE PENNY”, con le due parole intervallate da due serie di tre globetti, e, sotto la scritta, una ghirlanda come decorazione, il tutto racchiuso tra due cerchi perlinati…" Se interessati contattare via mail: [email protected] Saluti Eliodoro
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