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IGNORED

VINCERE!


petronius arbiter

Risposte migliori

Da qui la necessità di mostrare, anche attraverso le cartoline, il soldato italiano e il soldato tedesco marciare uniti allo stesso passo e per gli stessi scopi...zwei Völker ein sieg, due popoli, una vittoria.

Eh sì! Com'era diverso nel 1918!

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...e quello giapponese

Più facile sicuramente convincere gli italiani della bontà dell'alleanza coi giapponesi, un popolo lontano e di fatto sconosciuto, col quale non siamo mai stati direttamente a contatto durante la guerra, e che per questo manteneva una certa aura di esotismo, sentimento che sempre ha fatto breccia nel cuore degli italiani.

Esotismo mostrato anche in questa famosa cartolina, dove per celebrare l'entrata in guerra del Giappone viene scomodato non un semplice soldato in divisa, ma nientemeno che un gigantesco samurai, che assurge a simbolo della potenza guerriera del Sol Levante. Gli basta infatti una spada per distruggere l'intera flotta americana, ma questo è sicuramente dovuto anche al fatto che alle sue spalle sventola non solo la bandiera del Giappone, ma anche quelle dei suoi alleati nel Patto Tripartito, l'Italia fascista e la Germania nazista.

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Questa cartolina, come quella del post precedente e del prossimo (e di molti altri che seguiranno) è opera di quel Gino Boccasile che, a prescindere dalle idee politiche, va considerato il più grande illustratore italiano di sempre, e alla cui figura dedicherò un doveroso approfondimento.

petronius oo)

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...uniti nella lotta

Ed eccoli, i soldati dei tre paesi che si lanciano intemerati all'attacco...l'obiettivo è sempre lo stesso, VINCERE!

Ma stavolta viene anche precisato il perché...per il nuovo ordine sociale, per la civiltà <_<

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Per quanto riguarda la datazione di queste tre cartoline, nulla posso dire della prima, nuova e mancante di qualsiasi riferimento, mentre le altre due, oltre ad essere state ovviamente emesse dopo l'attacco giapponese a Pearl Harbour (7 dicembre 1941) sono viaggiate, rispettivamente nel settembre 1942 (il samurai) e nell'agosto dello stesso anno (la cartolina di questo post).

petronius :)

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Il 28/3/2014 at 18:54, dizzeta dice:

Eh sì! Com'era diverso nel 1918!

Eh sì, sarebbe interessante trattare lo stesso argomento, la propaganda attraverso le cartoline, nella Prima Guerra Mondiale. Io purtroppo di quelle non ne ho nessuna (quella che hai mostrato è tua?) e devo anche dire che l'argomento lo conosco poco, ma se qualcuno volesse farsi avanti aprendo una discussione apposita sarebbe sicuramente ben accetto.

petronius :)

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Eh sì, sarebbe interessante trattare lo stesso argomento, la propaganda attraverso le cartoline, nella Prima Guerra Mondiale. Io purtroppo di quelle non ne ho nessuna (quella che hai mostrato è tua?) e devo anche dire che l'argomento lo conosco poco, ma se qualcuno volesse farsi avanti aprendo una discussione apposita sarebbe sicuramente ben accetto.

petronius :)

Ne ho una serie di circa 50 riproduzioni del 1971, gli originali sono conservati presso il Museo Civico del Risorgimento a Milano.

Ma non sono certo in grado di ricavarne un tema come stai facendo magistralmente tu.

Modificato da dizzeta
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Gino Boccasile

Come promesso, approfondiamo la figura di colui che, a prescindere dalle idee politiche, può essere considerato il più grande illustratore pubblicitario italiano.

Luigi (detto Gino) Boccasile, nasce a Bari il 14 luglio 1901.

La sua prima giovinezza è segnata da un terribile episodio: la perdita di un occhio a causa di uno schizzo di calce viva. Alla morte di suo padre, commerciante di vini, poi rappresentante di profumi, Gino si trasferisce a Milano, ma dopo un primo periodo di difficoltà economiche e incertezze di carriera, durante il quale per sopravvivere allestisce piccole vetrine dove espone statuine di figure contadine da lui fabbricate e dipinte a mano, decide di intraprendere una vera e propria carriera artistica nel settore della pubblicità per immagini. Inizia a collaborare con lo studio grafico di Achille Luciano Mauzàn, incominciando a disegnare anche figurini e modelli d’abiti da donna. Subito impone il suo stile personalissimo: le vetrine che espongono i suoi lavori sono affollate dalle signore che ne decretano successo e notorietà.

Su richiesta dello stesso Mauzan, che si era intanto trasferito in Sudamerica, dove rimarrà per molti anni, decide di partire per l'Argentina, ma il soggiorno a Buenos Aires durerà poco meno di due mesi. Subito dopo il rientro a Milano, riparte per Parigi facendosi conoscere anche come pittore, con l'esposizione di due quadri al Salon des Indépendants nel 1932.

La sua fama in quel periodo è dovuta soprattutto alle "Signorine Grandi Firme", serie di fortunate illustrazioni a colori di figure femminili che comparivano sulle copertine della rivista Le Grandi Firme, per la quale realizza 76 copertine tra il 1937 e il 1938.

Propone nei suoi disegni un tipo di donna florida e procace, solare e mediterranea, utile all'immagine positiva che il regime vuole propagandare. E infatti nei propri cartelloni pubblicitari molto spesso il messaggio è affidato a formose ragazze dai vestiti aderenti.

È tra i firmatari nel 1938 del Manifesto della razza, in appoggio all'introduzione delle leggi razziali fasciste... <_<

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...Durante la Seconda guerra mondiale, complice il Ministero della Guerra che lo designa grafico propagandista, la sua opera si orienta verso la propaganda bellica: si dedica all'esaltazione dei combattenti, delle armi, delle gesta italiane.

E' in questo lavoro (abbiamo visto alcune cartoline, altre seguiranno) che Boccasile impegna il meglio di sé. Nel dedicarsi alla propaganda bellica non ha mai alcun tentennamento, la sua fede fascista rimane salda fino alla fine.

Dopo l'8 settembre '43 infatti  aderisce alla Repubblica Sociale Italiana di cui cura i manifesti di propaganda, molti dei quali trasposti anche su cartolina. Viene nominato tenente delle SS italiane, e continua incessantemente a produrre manifesti che celebrano il regime fascista repubblicano e la fedeltà all'alleanza con la Germania.

Anche quando il destino della guerra appare ormai segnato, Boccasile non ammorbidisce le sue posizioni politiche ma anzi le radicalizza. Sembra che sia lo stesso Mussolini a volerlo al suo fianco negli anni della RSI. In questo periodo i suoi manifesti diventano celebri icone per lo stato fascista che continuava a combattere a fianco dei tedeschi. Si racconta che il disegnatore abbia lavorato fino all'ultimo, con i militi delle SS italiane che facevano la guardia intorno alla stanza in cui elaborava i suoi progetti.

Alla fine della guerra, viene incarcerato e processato per collaborazionismo, ma è assolto per non aver commesso reati. Resta però emarginato per qualche mese poiché molti potenziali clienti lo ritengono troppo compromesso.

Riprende la sua attività dal 1946 soprattutto con la grafica pubblicitaria, cambiando leggermente stile. Disegna alcune cartoline per il Movimento Sociale Italiano e per associazioni di ex combattenti, ma anche disegni erotici molto espliciti per editori inglesi e francesi.

Dal 1947, dopo aver avviato una sua agenzia di grafica, i suoi disegni invadono nuovamente i muri delle città e delle campagne con le pubblicità commerciali, molte delle quali per prodotti presenti ancora oggi sul mercato: dal formaggino Mio all'Amaro Ramazzotti, dallo yogurt Yomo ai profumi Paglieri.

Muore a Milano il 10 maggio 1952, per un attacco di pleurite, mentre sta illustrando il Decamerone, del quale lascerà compiute 101 tavole a colori.

petronius -_-

gino boccasile.jpg

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Supporter

Nella cartolina "due popoli, una vittoria", i due soldati sono ritratti in marcia, parimenti marziali.

Diversi gli elmetti. le mostrine e le giberne ma in pratica due soldati perfettamente fungibili.

Salvo un particolare di qualche rilievo, visto che la fanteria - almeno la nostra - si spostava spesso a piedi, anche si distanze notevoli : a fronte degli stivali del militare tedesco, quello italiano sfoggia ancora le fasce mollettiere......

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Salvo un particolare di qualche rilievo, visto che la fanteria - almeno la nostra - si spostava spesso a piedi, anche si distanze notevoli : a fronte degli stivali del militare tedesco, quello italiano sfoggia ancora le fasce mollettiere......

Infatti................

sembra una presa in giro eppure all'epoca alcune nostre divisioni di fanteria erano definite "autotrasportabili" nel senso che, alla bisogna e posto che ce ne fosse stata la disponibilità era possibile far salire gli uomini sui camion.................... :pardon:

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Interessante la biografia di questo illustratore :)

Ho avuto anche modo di vedere dal vivo un manifesto propagandistico da lui realizzato e devo dire abbia prodotto opere di eccellente qualità grafica.

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Guerra d'Africa - L'Impero

Tanto rapida fu la dissoluzione di quello che appena cinque anni prima era stato pomposamente chiamato "Impero", che la propaganda non fece nemmeno in tempo ad accorgersene.

Poche e pressoché sconosciute, per mancanza di documenti andati dispersi o distrutti all'epoca, sono le attività di propaganda esercitate nei confronti delle truppe sul fronte dell'Africa Orientale, e per quanto riguarda le cartoline, esse furono tutte emesse a posteriori, quando ormai gli inglesi ci avevano irrimediabilmente cacciato da quei territori.

Cartoline dunque meno baldanzose di quelle viste in precedenza, che non negano la sconfitta (e come avrebbero potuto?), ma esaltano lo sfortunato eroismo dei nostri soldati e auspicano di ritornare "là dove fummo".

"RITORNEREMO" è infatti lo slogan reiterato, uno slogan attribuito allo stesso Duca d'Aosta, che in un telegramma al Duce avrebbe assicurato il ritorno in quelle terre "irrorate di sangue italiano per la grandezza della Patria".

Come sempre esemplare la rappresentazione dell'evento data da Gino Boccasile in quella che è la più famosa cartolina sul tema, che vede lo spirito del Duca d'Aosta giganteggiare sulla scena dell'Amba Alagi, disseminato di caduti, sovrastando un soldato coloniale, gigante anch'esso, ancora in piedi e col fucile imbracciato, sicuro e determinato a rispettare la consegna del ritorno.

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petronius oo)

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Nel maggio 1941 le truppe italiane erano tornate per la seconda volta, dopo il 1895, sull'Amba Alagi, e per la seconda volta erano state annientate, nonostante i numerosi episodi d'eroismo che, come attestato dal bollettino di guerra n. 348 del 19 maggio che dà notizia della resa, avevano portato i nostri soldati a resistere oltre ogni limite.

A illustrare uno di questi episodi è questa cartolina, nella quale, terminate le munizioni (la cassetta è vuota), un soldato impugna il fucile e si appresta a lanciarlo contro il nemico. La cartolina riporta anche parte del testo del telegramma inviato dal Duca d'Aosta a Mussolini per comunicare la resa, già citato nel post precedente

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Gli inglesi, rispettosi del nostro eroismo, ci concederanno l'onore delle armi, lo sfortunato Duca Amedeo d'Aosta sarà internato in un campo di prigionia in Kenia, dove morirà di tisi il 3 marzo 1942 :(

petronius :mellow:

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La più triste e nostalgica di queste cartoline, è sicuramente quella in cui un anziano soldato, divenuto colono nell'Africa Orientale, è costretto a lasciare la terra in cui ha vissuto per lunghi anni.

Ma non dispera, e portando in spalla il giovane nipote, gli affida la sua speranza nel futuro, recitando:

"Là dove fummo, là dove i nostri morti ci attendono, là dove noi abbiamo lasciato tracce potenti e indistruttibili della nostra civiltà, là noi RITORNEREMO"

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Per quanto riguarda la datazione di queste cartoline, soltanto la prima, quella col Duca d'Aosta, è viaggiata, ma il mittente non ha messo la data, e il timbro è illeggibile. Sono comunque tutte, ovviamente, posteriori al 17 maggio 1941, giorno della nostra resa sull'Amba Alagi.

petronius oo)

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Per pura curiosità: chi utilizzava queste cartoline per la corrispondenza, cosa scriveva al destinatario? Semplici saluti? :)

Tra l'altro ho notizie di cartoline riportanti anche immagini di vittime di eccidi e di altre violenze, sempre utilizzate come propaganda nel periodo; spedire saluti con supporti simili sarebbe stato davvero di cattivo gusto! :P

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Il 1/4/2014 at 16:53, Tm_NPZ dice:

Per pura curiosità: chi utilizzava queste cartoline per la corrispondenza, cosa scriveva al destinatario? Semplici saluti? :)

Assolutamente sì :rolleyes:

Tieni presente che queste cartoline erano utilizzate per la gran parte dai militari per scrivere a casa, e naturalmente qualsiasi informazione riguardante l'andamento delle operazioni belliche era severamente vietata. Vigevano regole molto serie al riguardo.

Dal "decalogo" per il combattente contro la propaganda nemica:

"Non scrivere mai alla famiglia o ai tuoi amici notizie di carattere militare. La tua lettera può cadere in mano a persone vendute al nemico e saresti causa di gravissimi inconvenienti. Sappi anche che la tua lettera sarà censurata e tu saresti punito severamente."

La censura, efficiente ed esercitata sia sulla corrispondenza militare che su quella privata, era in effetti il motivo che spingeva la maggior parte delle persone a scrivere solo banalità...si poteva anche essere antifascisti, ma rischiare la galera o peggio per una cartolina, non aveva senso.

Per rispondere alla seconda parte della tua domanda, ti riporto quanto scritto sulla cartolina col Duca d'Aosta (post #36) e tutti quei cadaveri di soldati...non proprio un disegno allegro.

E' un figlio, che da sotto le armi, scrive al padre, marchese in quel di Firenze:

"Caro papà ho ricevuto la tua lettera a cui risponderò a lungo dopo l'arrivo del mio compagno. Ho scritto a...e a...(cognomi censurati da me). Abbracci a tutti."

E la cartolina del post #28 (i soldati del Tripartito che si lanciano all'attacco) sempre scritta da un soldato, è nel più classico stile augurale:

"Ti giungano i miei più affettuosi saluti e bacioni. Attendo tue buone notizie."

petronius :)

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Guerra d'Africa - La Libia

In Nordafrica, contrariamente all'Impero, la propaganda ebbe modo di espletarsi in tutte le sue forme. Il risultato finale fu lo stesso, ma almeno, tra alti e bassi, ci si illuse per qualche tempo, specie dopo l'arrivo di Rommel, di poter davvero vincere.

In particolare, nella primavera del 1942, le forze dell'Asse produssero il loro massimo sforzo, in quella che si sarebbe poi rivelata la loro ultima offensiva, spingendosi fino a El Alamein, estremo limite est verso l'Egitto, mai raggiunto prima.

La certezza di poter raggiungere in breve Alessandria d'Egitto era talmente forte che la propaganda si ingegnò ad emettere una cartolina per l'evento. L'infaticabile Boccasile, disegnò un carrista sporgente dalla torretta, che leggeva a pochi passi da lui una tabella segnaletica indicante Alessandria :rolleyes:

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petronius oo)

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La convinzione che l'Egitto fosse a portata di mano, non ebbe riflessi soltanto in ambito propagandistico, ma anche, ben più importanti, in campo monetario.

Mussolini era giunto a Tobruk, convinto che davvero l'occupazione dell'Egitto fosse imminente. In previsione di questo, aveva dato mandato al Poligrafico di approntare una serie di biglietti, da utilizzare come cartamoneta d'occupazione, che furono realizzati modificando leggermente quelli della Cassa Mediterranea di Credito per la Grecia.

Una fantomatica Cassa Mediterranea di Credito per l'Egitto, si diede così a stampare biglietti con valore in piastre e lire egiziane, scritti in arabo e in italiano. E poiché eravamo sicuri che dopo l'Egitto sarebbe stata la volta del Sudan, ecco la Cassa Mediterranea di Credito per il Sudan, pronta anch'essa a emettere i suoi biglietti.

Tutti quanti, chiusi in sacchi postali sigillati, vennero inviati in aereo, il 16 luglio 1942, da Roma alla Cirenaica, e stoccati nella caserma di Barce, in attesa che iniziasse l'offensiva che doveva portare alla conquista dei due paesi. Un'offensiva che, come sappiamo, non iniziò mai, ci fu anzi la controffensiva degli inglesi, che nel gennaio 1943 arrivarono a Tripoli, e nel maggio seguente, in un'azione congiunta con gli americani, fino in Tunisia, ormai pronti per il balzo verso la Sicilia.

E i biglietti?

Venne dato ordine di bruciarli, lì dove si trovavano, a Barce, e questo fu il destino della gran parte di essi, si è creduto a lungo di tutti.

Ma nel 1967 un collezionista italiano entrò in possesso di cinque biglietti per l'Egitto, e si venne poi a sapere che un carabiniere, comandato all'opera di distruzione, ne aveva salvati otto, per poi dividerli tra i suoi due nipoti, cinque a uno e tre all'altro.

All'inizio degli anni '80, vennero poi vendute in un'asta londinese due serie, una dell'Egitto e una del Sudan, perforate CAMPIONE, che furono acquistate da due collezionisti americani, che si divisero a metà le emissioni di ciascuna serie.

Altri ne sono venuti alla luce nel corso degli anni, portando il totale dei biglietti conosciuti, di entrambe le serie, a una trentina di esemplari, il che fa di essi una delle più grandi rarità nel campo della cartamoneta.

Difficile anche avere delle foto dal web (sono comunque fotografati nei cataloghi), sono riuscito a trovare un biglietto da 50 piastre per l'Egitto e uno da 1 lira egiziana per il Sudan, che qui vi mostro.

cassa mediterranea egitto 50 piastre.jpg

cassa mediterranea sudan 1 lira.jpg

petronius oo)

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Preciso che la serie per l'Egitto si compone di 9 valori: 1, 5, 10 e 50 piastre, 1, 5, 10, 50 e 100 lire egiziane.

La serie del Sudan è composta da 8 valori: 5, 10 e 50 piastre, 1, 5, 10, 50 e 100 lire egiziane.

petronius :)

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Anche questi documenti splendidi, quella delle banconote di occupazione non la sapevo, come hai scritto credo che un tale ottimismo sia dipeso principalmente dall'effetto Rommel, poi tutto si fermò ad El Alamein, dove "mancò la fortuna, non il valore" come recita oggi una lapide a ricordo dei nostri caduti.

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Ad El Alamein non mancò solo la fortuna.

Il valore indubbiamente i nostri soldati lo profusero, ma i nostri mezzi corazzati non erano assolutamente competitivi rispetto a quelli degli avversari. E poi difettavamo di automezzi, carburante, acqua....

Uno dei miei zii comandava un Battaglione carri della Divisione Ariete, non dimenticherò mai quello che mi ha raccontato.

Fu uno dei non molti che riuscì a farcela : e a piedi, dopo che anche il suo carro era andato perduto.

Del resto, il ridicolo carro armato mostrato nella cartolina è il documento più evidente della assoluta disparità di mezzi che intercorreva tra noi e gli Alleati.

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La realtà è quella descritta da Sandokan, resta quella frase sulla lapide del cippo che si trova a poca distanza dal sacrario militare, una frase a mio parere molto bella che rende onore a chi è rimasto laggiù, ho avuto l'occasione di vederla la prima volta che sono stato in Egitto, le alternative, una volta sbarcati ad Alessandria erano le piramidi, il museo egizio e la sfinge, un altro itinerario oppure El Alamein, io non ho avuto dubbi nonostante le veementi proteste di mia moglie che si è vista le piramidi da sola.......................... :rofl:

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Dopo la parentesi monetaria, torniamo a parlare della propaganda in Nordafrica.

Facciamo un passo indietro, e andiamo alla fine del 1941, quando, nell'ambito dell'offensiva britannica denominata Operazione Crusader, viene combattuta, dal 3 al 7 dicembre, la Battaglia di Bir-el-Gobi, che vede impegnati alcuni reparti di bersaglieri e i Battaglioni Giovani Fascisti, che si distinsero per il loro eroismo, riuscendo a respingere le forze inglesi, che subirono ingenti perdite: 300 morti contro i 60 (più 31 dispersi) degli italiani.

Ed ecco allora la cartolina di Boccasile, che puntuale celebra i "GIOVANI FASCISTI EROI DI BIR-EL-GOBI"...per una volta una gloria non solo millantata.

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petronius -_-

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Nella cartolina "due popoli, una vittoria", i due soldati sono ritratti in marcia, parimenti marziali.

Diversi gli elmetti. le mostrine e le giberne ma in pratica due soldati perfettamente fungibili.

Salvo un particolare di qualche rilievo, visto che la fanteria - almeno la nostra - si spostava spesso a piedi, anche si distanze notevoli : a fronte degli stivali del militare tedesco, quello italiano sfoggia ancora le fasce mollettiere......

Aggiungo che, nella illustrazione, il soldato italiano, per andare a fare la guerra, oltre alle fasce mollettiere, indossa pure la cravatta !

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L'ultima cartolina dal Nordafrica che vi presento, sempre dal pennello di Gino Boccasile, è un po' diversa dalle altre che celebravano l'eroismo fascista e la certezza della vittoria. Direi che siamo più dalle parti delle cartoline per l'Africa Orientale, si ammette anche qui una sconfitta, e si esprime la speranza (che la Storia si incaricherà di dimostrare vana) di una rivincita.

Insomma quel "I SACCHEGGIATORI DI BENGASI SARANNO MESSI IN GINOCCHIO" (si parla naturalmente dei soliti inglesi) somiglia un po' troppo al "RITORNEREMO" della propaganda per l'Impero perduto.

Da notare, in questa come in molte altre cartoline di Boccasile, come gli italiani (e i loro alleati) siano sempre visti come giganti rispetto a un nemico che, qui, è addirittura in ginocchio.

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petronius oo)

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La crociata contro il bolscevismo

Più che una "semplice guerra" come quella contro gli angloamericani, la lotta contro l'Unione Sovietica fu una vera e propria crociata ideologica, una guerra di religione e di civiltà contro la "barbarie comunista".

I russi, o meglio i "bolscevichi", sono quasi sempre visti dalla propaganda come creature mostruose, orchi famelici pronti a divorare donne e bambini se, naturalmente, non ci fossero gli eroici soldati italiani e tedeschi a difenderli :rolleyes:

E', come recita la didascalia di questa cartolina, una lotta dell' EUROPA CONTRO L'ANTIEUROPA

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Per combattere questa lotta, Mussolini aveva costituito e inviato in Russia il CSIR (Corpo di Spedizione Italiano in Russia), che incomincia a prender parte alle operazioni tra il 10 e il 12 agosto 1941 (ricordo che l'invasione tedesca era iniziata due mesi prima, in giugno).

Dopo un anno di successi, che avevano portato le nostre truppe a occupare il bacino minerario del Donez, nell'estate del 1942 le forze italiane subiscono un profondo rimaneggiamento e un notevole incremento. Viene costituita l' 8° Armata e il CSIR viene riordinato e trasformato in XXXV Corpo d'Armata: le due grandi unità vengono denominate ARMIR (Armata Italiana in Russia).

L'ARMIR, schierato sul Don con alcune unità tedesche, sostiene il primo grosso attacco russo tra la fine di agosto e i primi di settembre 1942: scopo dell'attacco far spostare da Stalingrado il maggior numero possibile di truppe nemiche.

Ma è a dicembre, vinta ormai la battaglia di Stalingrado, che i russi scatenano l'attacco definitivo sul Don, che porterà alla rottura del fronte italiano, e alla conseguente, tragica ritirata :(

Non mi dilungo oltre nel raccontare gli eventi bellici, sulla campagna di Russia e la ritirata dell'ARMIR altri, che hanno vissuto quei fatti in prima persona, hanno scritto prima e meglio di quanto potrei mai fare io.

Consiglio solo, a chi non lo avesse ancora fatto, la lettura di due libri: Il sergente nella neve, di Mario Rigoni-Stern, e Centomila gavette di ghiaccio, di Giulio Bedeschi.

petronius :mellow:

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