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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 03/10/10 in tutte le aree
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A volte me lo domando pure io... ma l'amore per il collezionare di per sè mi dà automaticamente la risposta e non mi fermo di certo dal raccogliere e comprare monete. Il fatto è che io (e qui molta gente magari mi rimprovererà di poca serietà o professionalità) colleziono quello che mi piace di più. Non compero monete a raffica giusto per "mettermi alla pari" con le emissioni o perchè il mio obiettivo è "completare tutta la serie" ecc... compero quello che mi piace e basta, quello che mi colpisce e che mi prende. Non per questo però mi ritengo ignorante in materia... leggo o comunque mi informo anche di monete che non possiedo (vuoi per i costi eccessivi oppure perchè esteticamente non mi piacciono) e, ovviamente, mi informo ancora di più sui pezzi che mi piacciono e che possiedo in collezione. L'amico Miki92 è sicuramente ancora giovane per "maturare" la propria passione e personalmente non so per quale motivo lui collezioni Euro; sarei curioso di sentire una sua risposta al riguardo.2 punti
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Vi importuno nuovamente certo della vostra pazienza e felice di avere di fronte il gotha della numismatica dell'Italia meridionale. Da anni sono alla ricerca di un'attribuzione precisa di questo fiorino coniato a nome di Ludovico di Taranto e Giovanna d'Angiò, entrambi con il titolo regale. Il tipo è quello fiorentino completo, a differenza di altri (a nome della sola Giovanna o di Lodovico d'Angiò pretendente) tranquillamente attribuibili a Napoli dal momento che sono ibridi, recando al diritto, in luogo del giglio fiorentino, il campo partito di Gerusalemme e d'Angiò. Ciò che rende il pezzo ancora più affascinante è l'insolita inscrizione del giglio e del lambello entro uno scudetto. Tutti gli altri fiorini napoletani presentano l'arma angioina libera nel campo della moneta senza scudetto. D:) [coroncina] L . REX // E. I. REG Giglio di Firenze con due fiori. R:) S. IOHA // NNES. B Il santo barbuto e nimbato, benedice con la dx. e tiene nella sn. un'asta sormontata da cerchietto e crocetta. In alto a sn. fiordaliso sotto lambello entro scudetto di tipo francese antico. diam: mm 21; peso: gr. 3,52. Molti testi escludono l'attriuzione di questo fiorino alla zecca di Napoli. Per primo il Cagiati, seguito in questo dal Pannuti-Riccio. Il Corpus invece ne descrive due esemplari (XIX, p.40, nn.23-24), ma entrambi con il giglio sormontato dal lambello libero, senza scudetti di sorta, differenziati solo da una minima variante di punteggiatura. Così pure Giovanni Bovi che, nel suo studio dedicato ai monarchi angioini di Napoli, riporta la descrizione di un tipo riferibile al Corpus. Anche il Biaggi (Monete e zecche medievali italiane) riporta questo tipo nella monetazione napoletana (n. 1643), ma solo il tipo già recensito dal Corpus, senza scudetto, stimandolo R2. Luigi dell'Erba parla di fiorini della regina attribuibili a Napoli, ma si riferisce a quelli ibridi, con il campo partito al posto del giglio, coniati dala sola Giovanna, distinguendoli da quelli Provenzali, con il titolo di contessa di Provenza e Forcalquier. Nel catalogo della collezione Sambon (1897) sono presenti entrambi questi tipi ibridi, con la precisazione in nota che il fiorino era la principale moneta napoletana dell'epoca, essendo la corte fortemente debitrice verso le grandi famiglie dei banchieri fiorentini. Finalmente il Poey d'Avant, a p. 330, dopo aver descritto alcuni fiorini ibridi a nome della sola Giovanna con il titolo di contessa di Provenza e Forcalquier, attribuisce alla Provenza anche il fiorino con Ludovico e con il titolo regale (n. 4029) e al n. 4030 descrive per primo la variante con lo scudetto, definendolo "un lis dans un écusson oblong", senza riferimenti al lambello che pure è presente. Gamberini di Scarfeà, tra le imitazioni del fiorino, attribuisce a Napoli il fiorino completo con giglio e lambello liberi (n.657), ma poi, sulla scorta del Poey d'Avant, lo attribuisce di nuovo (lo stesso) alla Provenza (n. 722) e qui descrive pure la variante con "scudo oblungo col giglio" (n. 723)1 punto
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Non entro nel merito se valga la pena collezionare euro piuttosto che altre monete, ma se intendi abbandonarli per dedicarti a qualcos'altro, il problema di non poter completare la collezione ti si ripresenterà ingigantito, qualunque cosa tu decida di collezionare. Basta pensare anche solo alle lire della Repubblica, una delle collezioni apparentemente più semplici, ma che per completarla davvero, con le serie del '46-'47, le 5 lire del '56 e qualche altra cosuccia, ci vogliono cifre che ti basterebbero per collezionare euro per anni. E comunque, il bello di una collezione è la continua ricerca del pezzo mancante, quando l'hai ultimata poi che te ne fai? :rolleyes: petronius :)1 punto
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Se può interessare trascrivo quanto riportato nell'opera citata (non sono riuscito a copiare le note a piè pagina con i riferimenti bibliografici ed archivistici): 5. DOMINAZIONE PONTIFICIA (primo periodo 1514 - 1515) LEONE X (1514 - 1515) Lo scenario politico dell’inizio del XVI secolo fu profondamente influenzato dalle vicende di cui fu promotore l'intraprendente papa Giulio II. Egli volle allargare i confini dello stato pontificio e, con abili e mutevoli alleanze (Lega di Cambrai contro i veneziani, Lega Santa contro i francesi, ecc.) riuscì dapprima a conquistare Perugia, Bologna, Ravenna e successivamente a cacciare dall'Italia i francesi. Con la sconfitta dei francesi il ducato dei francesi il ducato di Milano tornò agli Sforza, mentre Piacenza e Parma passarono sotto la dominazione pontificia. Il 7 luglio 1512, l’Anzianato piacentino mandò il marchese Lazzaro Malvicini Fontana, il conte Pierbernardino Anguissola, il conte Battista Landi, Bartolomeo Barattieri ed Anton Maria Scotti a giurare fedeltà al papa Giulio II. Giunti al suo cospetto il 26 luglio, ottennero la riduzione di molte tasse e l’abolizione di vecchie angherie . Giulio II morì il 21 febbraio 1513 ed il 19 marzo gli successe il cardinale Giovanni de Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico e di Clarice Orsini, che prese il nome di Leone X. In seguito alla morte di Giulio II alcune famiglie di parte ghibellina invitarono Massimiliano Sforza a prendere possesso di Piacenza, invito che il Duca di Milano accolse prontamente. Il dominio degli Sforza su Piacenza fu molto breve; infatti, solo 3 mesi più tardi il nuovo papa, Leone X, riottenne da Massimiliano Sforza i ducati di Piacenza e Parma in cambio dell'appoggio della Chiesa contro il re di Francia e del pagamento di una forte somma. Piacenza, finalmente libera dalla politica monetaria dello Stato di Milano, ritenne maturi i tempi per riavere una propria zecca ed una propria moneta. Furono mandati ambasciatori a Roma con una petizione di richiesta e un breve papale, redatto in data 29 marzo 1514 , confermò di nuovo ai piacentini il privilegio di zecca "quo poterat monetas cudere aereas argenteas et aureas". Gli Anziani del Comune avevano richiesto in modo specifico la riconferma degli antichi diritti e la facoltà di poterli ancora esercitare per il futuro; ciò permise alla Comunità l'esercizio completo della antica regalia imperiale concessa da Corrado II, compreso anche il diritto di battere moneta a solo nome della Comunità . Le rare monete di questo primo periodo giunte fino a noi confermano che si coniò col solo nome della città: sul lato principale vi era lo stemma della Comunità racchiuso dalla leggenda "Placentia Augusta". La sudditanza a Roma era espressa solo dalle piccole chiavette decussate poste all'inizio della leggenda. Gli Anziani del Comune avevano intanto già avviato le complesse procedure per l'appalto della nuova zecca; il 14 maggio 1514 avevano richiesto copia dei contratti di locazione in uso nelle zecche di Parma, Reggio e Milano e, poche settimane dopo, fu redatta la bozza di capitolato che fu poi presentata all'assemblea dell'Anzianato il 22 giugno del 1514 . Approvati i capitoli, furono nominati il saggiatore delle monete e gli Anziani "Revisores cudende monete". La scelta ovviamente ricadde sugli stessi che avevano provveduto alla stesura degli articoli, e si pose all'incanto la conduzione della zecca . Due giorni dopo fu reso noto il capitolato e le procedure di locazione . L'appalto della zecca fu aggiudicato a Giambartolomeo Maruffi detto "Pandola" che, nel rispetto delle norme, si obbligò a versare alle casse del Comune un canone annuo di 287 lire. La notizia ci è pervenuta da un foglio volante senza data del Liber Fusium , ma che fu redatto probabilmente l'8 luglio 1514, perché i volumi delle provvigioni della Comunità registrano, in questa data, che il computo del pagamento dei diritti di coniazione doveva iniziare solo dal successivo primo di ottobre . Evidentemente il nuovo zecchiere aveva bisogno di tre mesi per trovare locali idonei per la zecca e installare e rendere funzionanti le attrezzature necessarie. L'atto di locazione originale stipulato con il Maruffi non è pervenuto fino a noi ma, una carta non datata del pacco "zecca" dell'Archivio di Stato di Piacenza, contenente una bozza di capitolato, ci permette di conoscere il nucleo principale delle norme che doveva contenere. Al margine il documento riporta l'annotazione, apposta da mano coeva, "del Pandola". Inoltre nel testo del documento ci sono precisi riferimenti a "Papa Leone, nostra divina gratia" che permettono di riconoscere la copia della bozza dei capitoli, sopra ricordata, stilata dai quattro Anziani : Del Pandola Infr(ascritt)i sono cap(ito)li et pacti (vale)voli la m(agnifi)ca co(muni)ta de Piace(n)za con quello havera l'impresa della zecha p(er) anni 4 p(ro)xi(mi) futuri P(rimo) Che l si conducha la zecha more datij et habia lo conductor li executio(n)e ample in forma di came®a contra soi debit(o)ri et debiti de debitori. It(em) che l conductor farra ogni anno pagamento alla c(omuni)ta. Ite(m) che detto conductor debba far fabricar tuto lo argento et oro ad ogni sue spexe. Item che l p(redet)to conductor sij obligato ad stampar il Ducato ad la bontade et pexo delli d(uca)ti Larghi quali se stampano de p(rese)nte; et et da dui d(uc)ati il pezo: secundo li disegni delle stampe gli saranno date; Et quelle stampe siano facte p(er) lo m(aest)ro ellecto p(er) li deputati cussi di lo oro como de le monete infr(ascritt)e; Et reparate quando per essi deputati sia facto Iuditio esser fracte o havuer bisogno de reparatio(n)e Item sia tenuto et obligato stampar grossi doppij et grossi semp(l)i©j gro(ssi) da s(oldi) 9: e da soldi 18: et et grossi da sold(i) tre; Et danari de altra valsuta secundo gli sara imposto p(er) li deputati sop(ra) cio; ad la bontade sono li grossi da s(oldi) XVIII et da s(oldi) 9 di PP. Leone n(ost)ro div(ina) gra(tia) Signor attribuen(d)o ad cadauno il debito pexo secundo li disegni et forma de li stampi de lo auro et argento et monete gli saranno designate. Item che l dicto conductor n(on) possa fabricar li quatrini piu che diece p(er) cento de quello se fabricara delle monete s(opradet)ti ad raxone de sold(i ) novantotto sara sold(i) 98 per ducato. % Item che dicto conductor habia de rimedio p(er) li grossi doppij s(opradet)ti d(ena)ro 1 1/2 in ponder(e) et in bontade d(enar)o uno grani octo per marcho. It(em) habia p(er) li grossi semp(l)i©j da soldi nove denaro uno et mezo in pondere et in bontade como desopra per marcho Item p(er) li grossi da soldi tre habia d(ena)ri 3 in pondere et in bontade comedi sop(ra) per marcho. Item p(er) li quatrini habia de remedio d(enari) 6 in pondere et in bontade come de sop(ra) Item che dicto conductor habia et in lui perve(n)ga tute le scarsita che sono nel remedio de le monete se faranno It(em) che li stampatori Lavoratori et monetarij siano exempti It(em) che possono portar arme Item che quelli che stamparanno nella p(redet)ta cecha siano app(ro)bati p(er) ho(min)i da bene p(er) li S(igno)ri Antiani de quello tempo; Et siano cittadini mentre vogliono lavorar p(er) il p(re)tio Lavoraranno Li altri stampatori; et monetarij in Le altre zeche; Et che in sul principio ad lo conductor p(re)dicto sia licito et cussi possa toglier uno o vero dui stampatori Forastieri pratici ad cio li cittadini imparano cio che elli no(n) sanno It(em) si faciano cride che no(n) sij exportato arge(n)to ne auro. It(em) sij obligato ad pagar ogni q(an)tita gli sara portata. It(em) cadauno che portassi oro o argento dovra notificarlo. It(em) no(n) si possa spinder per altro ne la citta. It(em) se gli concede de poter deputar officiali sop(ra) le fraude con 2/3 di conductor et 1/3 alla Co(mun)ita. It(em) che habia faculta insieme c(o)n li deputati co(m)poner li inve(n)tio(ni) Item che la p(re)libata ma(gnifi)ca Co(mun)ita constituisca seu deputa(ti) quatro homini de app(ro)bata fede. Sarano abili p(er) il tempo de una conductio(n)e quali habino ad veder cognoscer et iudicar ogni moneta cussi de auro como de argento et altrimenti. Insieme cu(n) lo assaz(ado)re sop(ra) a cio deputato p(er) essa ma(gnifi)ca Co(mun)ita; et et cognoscer et de(te)rminar sop(ra) li delicti et fraude se commettessino et com(m)eteranno contra della p(re)detta zecha et (uomini?); Et questo p(er) il benificio suo et de dicta impr(e)xa; ad li quali expedisse li(tte)re ho(min)i de buona pratica et no(n) renovati in tale impr(e)xa; intenden(d)o semp(re) et in ogni caso che dicti deputati et assaza(to)ri o alcuno di essi no(n) habbia compagnia interesse o partecipatio(n)e di guadagno tacita o expressa ne immediata et come meglio et piu catame(n)te deve et esser puo cu(n) dicto conductor sotto irremissibil pena de due cento d(uca)t(i) da esser applicati alla p(redet)ta m(agnifi)ca Co(mun)ita et de la privatio(n)e de lo officio; Giache p(er) maj in posterio(re) ello no(n) s(a)ra misso ad officio o grado alcuno: p(er) dicta m(agnifi)ca Co(mun)ita. Item che li quatro sop(radetti) deputati debano elleger per il tempo gli parera uno de essi quatro quali ogni sera chiavara tute le stampe et monete et auro saranno fabricate et seu stampate in una fo®ta e buona cassa ad cio deputata in la p(re)dicta zecha; quale cassa habra dui chiave diverse delle quale una stia appresso dello p(redet)to ellecto et l'altra dello conductor p(re)dicto; et n(on) si possi expedir moneta alcuna nanti sij indicata p(er) gli deputati p(re)dicti. Item se dicti deputati troveranno ducati o vero monete quale n(on) sia alla bonta et pexo designati: che essi la debano incontinente far guastar iusta ad la p(rese)ntia loro; et ad cio tenuto sia et obligato il conductor p(re)dicto remanendo p(re)tio lo argento et auro ad esso conductor. Item che lo officiali della rem(e)xaria de le monete cioe quello che have la chiave della p(re)libata cassa: sia pagato ogni mese del suo salario continuame(n)te sop(ra) li inventio(n)e se faranno; Et ultra di quello per honoranza sua habbia dallo conductor d(enari) 1 1/2 p(er) marcho delle monete si stamparanno. It(em) che li deputati so(ra) le inventione siano pagati de inventione Item quando accadesse che li ordini et cride facte et che ne lo aumento si faranno sop(ra) de le monete et auro no(n) fossero observate; It(e)m che L ducato crescesse o vero calasse del p(re)tio stabilito da soldi uno in suxo no(n) in giuxo: che in tal caso al dicto conductor sij lecito: et cussi expressamente esso sia obligato far fabbricar le monete ad la valsuta et corso dello ducato cu(n) partecipatio(n)e et consenso delli p(redet)ti deputati. Item accaden(d)o che p(er) mutatio(n)e de Stato It(em) in pisti et guerra It(em) siano expresse le monete si hanno ad fabricar cun la valsuta sua distincta de pezo in pezo It(em) siano posite in demo(n)stratio(n)e et designate tute le stampe delle monete cussi arge(n)tee como auree quale se hanno ad fabricar. In base a tale documento potevano quindi essere coniati: doppi ducati: alla bontà e peso di quelli che si coniavano nella zecca di Roma a nome di Leone X (titolo 1000 ‰ e peso 7,016 g); ducati d'oro (da 98 soldi): alla bontà e peso di quelli che si coniavano nella zecca di Roma (titolo 1000 ‰ e peso 3,508 g); grossi doppi da soldi 18: alla bontà e peso di quelli che si coniavano nella zecca di Roma (titolo 920,138 ‰ e peso 7,728 g) con la tolleranza di denari 1 e grani otto per marco sul titolo e denari 1,5 per marco sul peso; grossi semplici da soldi 9: alla bontà e peso di quelli che si coniavano nella zecca di Roma (titolo 920,138 ‰ e peso 3,864 g) con la tolleranza di denari 1 e grani otto per marco sul titolo e denari 1,5 per marco sul peso; terzi di grosso da soldi tre: alla bontà e peso di quelli che si coniavano nella zecca di Roma (titolo 920,138 ‰ e peso 1,288 g) con la tolleranza di denari 1 e grani otto per marco sul titolo e denari 3 per marco sul peso; quattrini: in quantità non superiore ad un decimo del valore delle altre monete coniate, con la tolleranza di denari 1 e grani otto per marco sul titolo e denari 6 per marco sul peso (i quattrini che si coniavano nella zecca di Roma erano a titolo 83 ‰ ed al peso 1,027 g.). La zecca iniziò per tempo la sua attività e tre mesi dopo, l'8 gennaio 1515, il "conduttore della gabella sugli stari" rivolgeva agli Anziani della Comunità una petizione affinché fossero modificate le tariffe acconciandole in modo che l'esazione potesse essere fatta in crociati in quanto la zecca non coniava i denari minuti imperiali necessari per effettuare i pagamenti dei dazi in vigore . Il testo di questa provvigione è molto importante perché permette di conoscere la qualità delle monete che venivano coniate in zecca. Per ogni staio di biada il venditore era tenuto a versare alla Comunità un denaro imperiale. Il denaro imperiale era diventato ormai solo una moneta di conto, come è stata per noi la lira che rappresentava l'unità base per indicare ogni tipo di valore. Tre denari imperiali formavano un quattrino , sei un sesino e dodici un soldo; venti soldi una lira e quindi duecentoquaranta denari imperiali formavano una lira. Non essendoci più denari imperiali in circolazione , il conduttore della gabella non poteva imporre il versamento dell'esatto importo dovuto per quelle vendite di stai di biada in numero inferiore ai denari compresi nel valore di un crociato e per tutte le quantità superiori ad un suo multiplo. L'anzianato deliberò "che possa fino a due stari ricevere un crociato da quel compratore che non comprerà più di due stari, e similmente in tutti i casi in cui non possa essere fatto pagamento in crociati se non con qualche eccesso, e possa per l'eccedente essere lecito ricevere, ovvero per il resto non esiga oltre ciò che il valore di un denaro per staio, e questo fino a che e finquando si spenderanno in città questi denari minuti". E' pertanto evidente che il crociato valeva tre denari e che era la moneta di minor valore coniata nella zecca; il termine Crociato era quindi il nome con cui il volgo aveva denominato il quattrino (verosimilmente a causa della presenza della croce fogliata presente nel campo del rovescio). A quasi un anno dalla riconferma dei diritti di zecca, il Papa o le autorità ecclesiastiche e laiche che a suo nome esercitavano il potere temporale sulla città, ritennero maturi i tempi per evidenziare l'avvenuto inglobamento di Piacenza nello Stato Pontificio; l'8 marzo 1515, pervenne alla Comunità un breve di Leone X che imponeva di apporre sulle monete prodotte nella zecca i titoli e gli attributi del potere temporale del Papa e, in aggiunta, anche le insegne del Comune: "ut Nummos Aureos, Argenteos, Aereos cum huiusmodi litteris, LEONIS X. PONT. MAX. MUNUS, ab alio vero latere cum vestris Insigniis in Ista Civitate cudere, eosque ubique locorum adsportare, et pro justo pretio expendere possitis" . La volontà papale trovò rapida applicazione e i crociati anonimi coniati fino a quel momento vennero sostituiti da nuovi crociati riportanti al diritto il nome del pontefice e al rovescio lo stemma della Comunità nel campo. E’ implicito, quindi, che prima di questa data le monete coniate dal Maruffi non portassero il nome e l’arme del Pontefice. E a ciò troviamo una sola spiegazione plausibile: il Consiglio degli Anziani piacentino aveva tra le sue funzioni quella di esercitare il controllo della zecca, e ciò è dimostrato dalle sequenze di provvedimenti annotate sui registri delle provvigioni, atte non solo a tenere sotto vigile controllo l’operato dello zecchiere, ma anche di stabilire la qualità e la quantità del circolante coniato, autorizzando di volta in volta i nominali e le deroghe ai capitoli. Delegava inoltre ai propri funzionari, sovrastante ed eletti sulla zecca, le figurazioni ed i motti da incidere sui coni. Se la moneta invece era emessa a nome del Pontefice, era implicitamente preponderante il potere decisionali di altri organi, come la Camera Apostolica ed il Governatore, che rappresentavano di fatto il potere temporale della Chiesa, contrapposto a quello del libero Comune. Durante la prima fase del dominio papale l’Anzianato riuscì a mantenere una certa autonomia e un forte potere di controllo sull’attività della zecca, e questo spiega anche perché ci è pervenuto un così alto numero di monete anonime contro la grande rarità delle monete emesse a nome del Pontefice, quasi che le prime fossero destinate a soddisfare le necessità della circolazione e le seconde rappresentassero solo una moneta celebrativa o d’ostentazione. Lo storico piacentino Cristoforo Poggiali trovò descritto nei manoscritti del Campi un ducato d'oro, citato nei capitoli di locazione del Maruffi, con la leggenda LEO X PONTIFEX MAXIMUS PLACENTIAE DOMINUS ed, al rovescio, S.ANTONINUS PATRONUS, con il Santo a cavallo . Purtroppo di questa moneta si è persa ogni traccia ed essa è rimasta ignota a tutti gli autori che si sono occupati di monetazione papale. L'11 maggio 1515 Gio. Gerolamo Viustino, procuratore dello zecchiere Gio. Bartolomeo Maruffi de la Pandola, fu chiamato per chiarire agli Anziani della Comunità la qualità delle monete che si stavano coniando in zecca, in relazione alle esigenze dei "datiarios" della città . Purtroppo per noi coloro che stilarono il testo della provvigione ritennero superfluo riscrivere il contenuto della relazione privandoci irrimediabilmente di dati economici e storici fondamentali, lasciando a noi grandi dubbi e la responsabilità di formulare ipotesi . Il 20 maggio fu nominato Governatore perpetuo di Piacenza, Parma, Reggio e Modena, Giuliano Dè Medici, fratello di Papa Leone X. Il Governatore di Piacenza, Goro Gherio, gli scrisse una lettera nella quale, tra l'altro, espresse il seguente progetto: "Io avea pensato di fare che la zecca qua di Piacenza facesse ducati e monete d'ariento, che da una parte vi fusse la testa di V.E., con lettere intorno che dicessero IVLIANVS MEDICES. Quando li para che io lo debba fare, piacciali avvisarlo, e mandarmi la impronta naturale della testa sua" . E' veramente singolare che un governatore, anche se fratello del regnante legittimo, pensasse di arrogarsi il diritto d'effigie sulla moneta, esclusivo diritto o regalia di una autorità imperiale o regale; se la proposta non è da valutarsi come un eccesso di piaggeria del Gherio, si potrebbe ipotizzare che già Leone X avesse pensato di aumentare il potere della casata Medici con la creazione di uno Stato da affidare al fratello. Il fatto, come è noto, si avvererà a pochi anni di distanza ad opera di Papa Paolo III. Gli eventi comunque si svolsero in maniera diversa e, il 13 ottobre 1515, il Papa fu costretto a cedere Parma e Piacenza al Re di Francia Francesco I. 6. DOMINAZIONE FRANCESE (1515 - 1522) Il primo di gennaio dell'anno 1515 salì al trono di Francia il giovane Francesco I d'Angouleme il quale, assunto anch'egli il titolo di Duca di Milano, discese con il suo esercito in Italia e in breve tempo sconfisse Massimiliano Sforza e la lega antifrancese costituita, oltre che dal Duca di Milano, anche dall'imperatore, da Ferdinando d'Aragona e dal pontefice. La sconfitta della lega antifrancese costrinse Leone X a cedere al re di Francia Piacenza e Parma (13 ottobre 1515) che vennero quindi nuovamente assoggettate a Milano. Lo zecchiere Maruffi, approfittando delle mutate circostanze politiche, tentò di annullare il suo debito verso la Comunità, e rifiutò di versare quanto pattuito nei capitoli . L'Anzianato intentò una causa davanti ai Mag. D. Prefectis et Iudicibus nundinorum (Prefetto e giudici della Mercatura) che imposero allo zecchiere di versare quanto dovuto. Tuttavia la zecca non fu chiusa ma fu prorogata la locazione anche sotto il nuovo governo francese. Il 29 dicembre 1515, dopo aver ascoltato lo zecchiere Maruffi, gli Anziani nominarono Aloysio Cassola e G. Luchino De Borla per giudicare i nuovi capitoli . La nuova locazione ebbe termine il 3 luglio del 1516 , giorno in cui si ordinò allo zecchiere di riconsegnare gli attrezzi di zecca e di versare alla cassa della Comunità i nove mesi di diritti di locazione (ottobre 1515 - luglio 1516). I coni e i punzoni restavano in zecca solo durante la locazione e venivano depositati appena questa cessava o era sospesa. Gli anni successivi furono caratterizzati da pesanti imposizioni fiscali, prepotenze e soprusi da parte dei governatori sulla popolazione piacentina mentre il contado era teatro di continue lotte fra famiglie nobili di opposte fazioni e di turpitudini commesse in continuazione dalle truppe francesi e mercenarie di passaggio. Nella primavera del 1521 il papa Leone X stipulò un'alleanza con Carlo V Re di Spagna, proclamato 2 anni prima imperatore e Re dei Romani dagli elettori tedeschi, in seguito alla morte dell'imperatore Massimiliano. Tale alleanza prevedeva che, una volta cacciati i francesi dall'Italia, il ducato di Milano fosse assegnato a Francesco Maria Sforza, figlio di Ludovico il Moro e che le città di Piacenza e Parma tornassero sotto il dominio pontificio. Le successive vicende militari furono favorevoli alle truppe imperiali e pontificie e, nel novembre del 1521, i francesi abbandonarono Piacenza; subito dopo i piacentini giurarono fedeltà alla Santa Sede. Anche se le notizie riguardanti l’attività della zecca pervenute fino a noi sono molto scarse, risulta evidente che è necessario risistemare diversamente la seriazione delle monete attribuite dal Corpus Nummorum Italicorum a questo periodo. Gli estensori del CNI hanno proposto questa classificazione: Periodo di Autonomia (1414-1500?): grossetti di mistura con leggenda Placentia Augusta / Nostra Redemptio (CNI 1-6); Dominio Papale (1503-1513): terzi di giulio con gli stessi tipi sopra descritti ma con le chiavette decussate all'inizio della leggenda (CNI 1-5); Leone X (1514-1516): grossetti di mistura con leggenda Leo X Pont Max / Grata Placencia (CNI 2-4). In realtà, come indicato precedentemente, la zecca di Piacenza riprese l’attività il primo ottobre 1514. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, i periodi di funzionamento e i nominali coniati sono quindi i seguenti: Leone X (ottobre 1514 - 8 marzo 1515): crociati (quattrini) di mistura anonimi con leggenda Placentia Augusta / Nostra Redemptio e le chiavette decussate all'inizio della leggenda (attribuiti dal CNI al dominio papale antecedente Leone X); Leone X (8 marzo - 15 ottobre 1515): ): crociati (quattrini) di mistura a nome del pontefice con leggenda Leo X Pont Max / Grata Placencia; Dominazione francese (ottobre 1515 - 3 luglio 1516): crociati (quattrini) di mistura anonimi con leggenda Placentia Augusta / Nostra Redemptio ma senza le chiavette decussate (attribuiti dal CNI al periodo di autonomia compreso fra il 1414 e il 1500).1 punto
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io comunque, un Busto di Adriano naturale con quell'espressione non l'ho mai visto.....(tranne in "certi "casi..).... sku QUELLE VIRGOLETTE MERITANO VENDETTA :D INTANTO LA MONETA èGENUINA,POI CON LA CONSUNZIONE I RITRATTI POSSO ASSUMERE ASPETTI LONTANI DALL'ESPRESSIONE DEL VOLTO IN CUI GLI INCISORI ROMANI E GRECI ERANO MAESTRI,MI SA CHE LE MONETE RITOCCATE AL BULINO NN LE AVETE MAI VISTE,CON I CONTORNI DELLA FIGURA E TUTTA LA LEGENDA PROFONDAMENTE SCAVATA PER DARE RILIEVO AL MODELLATO CHE DA B O MB APPARE PER INCANTO BB O SPL E QUI CHIUDO LA QUERELLE SALUTI E BUONA DOMENICA A TUTTI Caro irascibile Turifra, la moneta da te postata rientra a pieno diritto nella categoria delle monete chiamate, via via a seconda della regione, : sguroni, liscioni, rondelle, tondelli, ciofeche,cadaveri , monete da ciotola etc,( in linguaggio tecnico sono dei "D" e nessuna reazione alterata tua può cambiarne la natura. Hai chiesto un parere, te l'hanno dato e ora, anche se non ti piace non hai nessun diritto di protestare. Se non vuoi rischiare che le risposte non siano conformi a quello che vorresti, non fare le domande o specifica che saranno ben accette solo le risposte di un certo tipo. Comunque, tanto per dire la mia anche se non richiesta e sicuramente non ben accetta, ti confermo che comprarae monete in così infima conservazione è pocco più che giocarsi i soldi alla slot machine. Nessuno te la prenderà mai in minima considerazione in caso la volessi vendere. Le monete come la tua, ma anche in condizioni migliori e di pari rarità, le trovi, comunemente nei lotti a peso che vendono nelle aste estere o nelle ciotole sui banchetti dei mercatini a pochi euro una per l'altra,per cui le valutazioni che ti hanno dato sono anche troppo ottimistiche per me. MA la cosa che più mi fa specie e che dopo decine di discussioni in cui si chiede cosa e come collezionare o incominciare una collezione e quali sono le regole per costituire una collezione che abbia un minimo di senso compiuto( e le monete come la tua senza quasi traccia di legenda, danno ben poco spazio a studi i confronti formali) e cetinaia se non migliaia di ottimi consigli insiti nelle risposte, ancora ci sia gente come te , che il forum lo frequenti, che si butta all'acquisto di una ....non mi viene il temine adatto, come quella e poi ce la fa anche vedere come se ci proponesse la visione di qualcosa di meritevole di essere visto.Caro Turifra, della visione di una carcassa come quella non se ne sente proprio il bisogno. Di monete romane ce ne sono milioni e il 90% è conservato meglio della tua,già ci sono gli eccessi della sovrintendenza che propugna la falsa tesi che anche gli sguroni illeggibili trovati sul banchetto del mercatino debbano assurgere alla dignità di testimonianze culturali, adesso mettiamoci anche noi a proporre tondelli di bronzo come degni di una seconda occhiata e magari costruimogli una bella discussione intorno, così gli diamo una mano nella loro follia. Cominciamo a capire che non tutto, solo per un mero fattore temporale, ha dignità o interesse storico. Per cambiare ambiente : una crosta di 1000 anni fa, era e resta una crosta, non diventa un'opera d'arte o un tesoro.Così come la Fiat 128 era e resta una macchina senza interesse collezionistico, non diventerà mai una Ferrari e non varrà mai né economicamente nè storicamente come quella. A maggior ragione un relitto di una macchina economica non sarà mai remunerativo da restaurare. Ecco, la tua è una PANDA scassata, non vale la pena neanche aggiustarla e il meccanico, quando la vede, ti dice di portarla in disfattura invece di fargli perdere tempo. P.S. Io faccio il meccanico..... ;)1 punto
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