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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 03/25/10 in tutte le aree

  1. IL RUOLO CENTRALE DELLA TOSCANA NELL'ECONOMIA FIANZIARIA EUROPEA NEI SECOLI XIII-XV La Toscana rivestiva, alla fine del 1200 il ruolo di principale potenza economica nell'Europa di allora. Mercanti e banchieri lucchesi, senesi e fiorentini erano i creditori di papi e sovrani. La Toscana era , assieme alle Fiandre, una delle regioni più densamente popolate (si calcola fossero 2 milioni gli abitanti comprensivi del tessuto rurale e urbano). Firenze con una popolazione di 100.000 abitanti era una delle città più popolose d'Europa. Questo periodo di intensa attività economica e crescita d'importanza sullo scacchiere dei commerci internazionali portò ad una massiccia rivalutazione del fiorino che passò da un valore di una libbra di 240 denari nel 1252, anno della sua introduzione, a un valore di oltre due libbre nel 1296. GROSSO E FIORINO Il fiorino possedeva tutti gli attributi essenziali richiesti da uno standard monetario internazionale : il suo valore intrinseco restò praticamente inalterato per secoli l'aggio di coniazione restò sempre su livelli minimi la sua purezza venne difesa ad oltranza dalle autorità cittadine ( un certo Mastro Adamo in Dante venne arso vivo in Firenze nel 1281 per aver prodotto fiorini falsi del tenore di 21 carati) Assieme il grosso veneziano e il fiorino costituiscono le principali valute di regolamento commerciale, in pratica rimpiazzando ovunque il vecchio denaro che aveva servito egregiamente allo scopo fin dalla sua introduzione nell'VIII secolo, a seguito della riforma carolingia che aveva segnato l'ingresso dell'economia monetaria medioevale dopo i secoli delle dominazioni barbariche e della ridotta attività economica. L'ingresso di questi due nuovi nominali uno d'argento, il grosso, e l'altro d'oro , il fiorino, segna un nuovo, più elevato livello di attività e sviluppo economico. Le nuove attività commerciali e mercantili che si svilupperanno con l'Italia dei Comuni, porterà presto anche all'insorgere di nuove esigenze, di strumenti commerciali e creditizi come le lettere di credito. le lettere di cambio e i primi tioli di debito pubblico. BANCHIERI E MERCANTI Il caos monetario del 1100 e 1200 portò all'insorgere di intermediari bancherius che avevano la facoltà di trasferire, con u n semplice tratto di penna, somme di denaro evitando tediosi e estenuanti calcoli per stabilire l'intrinseco di un gruppo di monete , magari tutte diverse tra loro. A volte mercanti stessi divenivano , per necessità, banchieri (Frescobaldi, Bardi, Peruzzi) aprendo conti correnti per una ristretta cerchia di clienti. All'inizio, le banche, non prestavano nulla in più dell'ammontare dei depositi da loro detenuti. Ovvero non vi era creazione di credito. A partire dal XV secolo il ratio delle riserve si abbassò notevolmente e banchieri veneziani e genovesi detenevano solo il 20% o 30% come riserve a fronte di quanto concesso some credito. DEBITO PUBBLICO Il debito pubblico veneziano risultava essere di 420.000 ducati nel 1340 crescendo fino a raggiungere un record storico di 8.850.000 di ducati nel 1420, per poi diminuire nella rstante parte del XV secolo. I più rigorosi genovesi riuscirono a contenere il loro debito stabilizzandolo attorno ai 2.4 - 3.0 milioni di fiorini (per comodità di calcolo) nello stesso arco temporale. Firenze invece emula Venezia e anch'esaa raggiunge la cifra recordi 8 milioni di fiorini nella prima metà del Quattrocento. All'inizio, non essendoci titoli di stato, gli interessi per finanziare il debito pubblico venivano riscossi tramite l'iniquo sistema delle prestanze un sistema di prestiti forzosi basati su uncenso fondiario e applicati come tasse che appena bastavano a pagare gli interessi del debito pubblico. Lo studio delle fondamentali congiunture economiche del XIV e XV secolo in una prossima puntata :) numa numa
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  2. Direi FEL TEMP REPARATIO di Costanzo II, zecca Sirmium, probabilmente RIC Sirmium 48
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  3. Finalmente ! Dopo tanti complimenti, finalmente una critica. Non che questa mi trovi concorde, sia chiaro, ma bisogna ammettere che sono le critiche quelle che fanno crescere, non i complimenti. Non posso che raccogliere l'auspicio di una seconda edizione meno imprecisa e farlo mio. Perché ciò avvenga, però, bisogna che lei, gioacchino65, condivida le sue conoscenze con l'autore, Davide Fabrizi, o la seconda edizione (che potrebbe arrivare anche a breve, viste le vendite) vedrà la luce ancora priva di quelle varianti e tipologie a lei note. Sono sicuro inoltre che Davide sarà ben felice di confrontarsi con lei e di argomentare le eventuali scelte che in taluni casi hanno decretato le esclusioni lamentate. Detto questo voglio chiarire un paio di cose che mi sembrano doverose nei confronti di quanti hanno lavorato alla stesura del "MIR Napoli", autore in primis. A me il libro piace, e molto. Trovo che incarni pienamente lo spirito di questa collana: in una veste essenziale (non ci sono le foto a colori, é vero, ma ditemi quale opera di questa fascia di prezzo le possa vantare) e "minuta" (formato non proprio tascabile, ma almeno trasportabile) sono presenti contenuti degni delle opere maggiori.Nello specifico i collezionisti di monete napoletane, ad oggi, hanno potuto contare su testi certamente importanti, dal Cagiati al Corpus Nummorum ed infine al ricercatissimo Pannuti e Riccio, ma alcuni di questi sono ormai obsoleti, altri poco pratici e comunque tutti molto più difficili da reperire. Il MIR nasce con lo scopo di fornire uno strumento di facile consultazione, di formato "umano", pratico nell'impaginazione foto/testo e completo di indicazioni commerciali (rarità e prezzi), oggigiorno richiestissime. Il tutto ad un prezzo di copertina che é di gran lunga inferiore a quello delle opere più "blasonate". Se a tutto questo aggiungiamo che ogni volume presenta moltissimi esemplari mancanti nei testi principali, e persino diversi inediti (in questo caso sono un centinaio le monete sconosciute al Pannuti e Riccio) mi vien da dire.....scusate se é poco ! L'autore ha apportato a mio avviso il suo contributo alla conoscenza della numismatica partenopea con una pubblicazione che, proprio per contenuti, si pone un gradino al di sopra anche dei succitati testi. Sicuramente non ha detto la parola definitiva, ma non era certo nelle sue intenzioni farlo.
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