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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 08/19/14 in tutte le aree

  1. Oggi desidero riaprire questa discussione a parer mio molto interessante, chiedo scusa se a volte non intervengo nelle discussioni di Mario ma sapete .......... siamo in piena estate, fa caldo, il mare, le donne che mi passano davanti di continuo, e sinceramente la numismatica viene messa un po' da parte nella calda stagione. Mario @@dabbene devi avere un poì di pazienza, ecco perchè molti non partecipano al forum in questo periodo, son ragazzi! Almeno questo è ciò che accade al sottoscritto, vedrai che a ottobre scriveranno in molti............ Ma cosa significa avere un pezzo di storia tra le mani? Beh, spero di non annoiarvi esprimendo il mio pensiero, d'altronde l'esempio che sto per fare è inerente all'argomento e quindi ci potrebbe stare, esso dimostra che senza alcun dubbio una moneta, o meglio, una medaglia può trasmettere ad ogni appassionato la storia in diretta (occhio! Mi riferisco agli appassionati e non a coloro che trattano la numismatica per mero lucro) e quell'emozione che non si ha nello sfogliare un libro o un'enciclopedia o navigando in rete, ma quale storia mi direte? Quella dei potenti? Quella delle persone umili e quindi l'emozione di aver tra le mani una moneta passata nelle mani di migliaia di comuni mortali? No, quelle storie di uomini poco noti che con la loro genialità artistica hanno contribuito indiscutibilmente al progresso e alla ricchezza di una società, specie se quella società è ambientata in uno stato pre-unitario, a quei tempi con una forza lavoro del 51% di occupati nell'industria, detentore di diversi primati economici e sociali, terza potenza mondiale dopo Francia e Inghilterra, denigrato e svalorizzato dalla retorica risorgimentale, la mia terra! Le Due Sicilie! Avere tra le mani una moneta di un sovrano spesso ci porta indietro nel tempo e grazie ad essa è possibile fantasticare con la mente, rivivere un determinato periodo storico, avere poi tra le mani una medaglia commemorativa è a parer mio ancor più emozionante perchè si è in contatto diretto con un preciso avvenimento storico o militare o vario, …...... ma avere tra le mani un tondello del genere, o una serie di tondelli nominativi simili, si ha la possibilità di indagare la storia e i fatti di determinate persone e rivivere quelle emozioni, gioie e dolori che hanno portato un determinato personaggio ad una simile premiazione. Alla fine degli anni '80 collezionavo solo monete del Regno d'Italia e cartamoneta, poi agli inizi degli anni '90 passai alle Napoletane, ero attratto molto dal fascino delle monete ma il salto di qualità ci fu quando acquistai una bella medaglia d'argento borbonica per premio industriale del 1853 (questa in oggetto del diametro da mm. 52). Come qualcuno saprà colleziono anche dipinti antichi, antiquariato vario, maioliche e terraglie antiche e quando mi saltò all'occhio questa medaglia capii una serie di collegamenti tra storia, arte e numismatica, apprezzai questo esemplare non solo per la bellezza del busto del re e per i rilievi, ma il cognome del premiato, un cognome familiare per me che colleziono terraglie. Dopo avervi raccontato molto brevemente qualche mia piccola passione spero possiate immaginare l'emozione di aver tra le mani una medaglia simile donata agli autori di così tante bellezze artistiche (con tanto di documentazione che ne testimonia il conferimento). Per me che considero le terraglie napoletane dei Del Vecchio vere e proprie opere d'arte è stato un vero colpo, forse qualcuno potrebbe anche rispondere che nei musei non mancano medaglie più importanti, ok, ma, per rimanere in tema, questo è un pezzo di storia tra le mie mani! Un tondello che nelle mani di un commerciante vale X ma nelle mani di uno che ne apprezza la storia vale X moltiplicato per tantissimi altri fattori. Spero di farvi cosa gradita riportando a titolo informativo, senza alcuna intenzione di far pubblicità, alcuni siti internet che riportano notizie storiche sull'argomento ed alcune immagini dei manufatti in oggetto. La terraglia è da considerarsi una ceramica di creazione inglese del XVII secolo. Il termine 'terraglia' indica un prodotto realizzato con vari tipi di argille bianche, mescolate a terre silicee calcinate e rivestite di vernice piombifera la quale, dopo la cottura, dona il caratteristico colore bianco avorio della terraglia ed una notevole resistenza. In Italia molte manifatture adottarono nel Settecento l'uso della terraglia, fra le quali quella di del Vecchio a Napoli. La manifattura della famiglia del Vecchio iniziò la produzione di maiolica e terraglia a partire dal settecento riscuotendo alla fine del secolo l'apprezzamento della corte borbonica, mentre agli inizi del XIX secolo partecipò con successo alle Esposizioni dei prodotti dell'industria ceramica. http://www.galleriaverde.com/info.php?IID=259&CA=Ceramiche&SubCA=1800&UID=2008123004221166.249.65.7 http://www.christies.com/lotfinder/LotDetailsPrintable.aspx?intObjectID=3925902 http://www.antiquariolanfrancodonatone.com/chi-siamo/oggetti-di-antiquariato Nelle immagini allegate osserverete la medaglia conferita a Gennaro Del Vecchio pei lavori di terraglia alla mostra industriale di Napoli del 30 maggio del 1853, le sorprese per me non finiscono qui! Proprio alcuni mesi fa mi capitò, quasi come se fosse segno del destino, una medaglia del 1844 intitolata a Cherinto Del Vecchio in buono stato ma con diversi colpetti al bordo, ma nonostante il prezzo fu altissimo ritenni opportuno prenderla ugualmente. L'obbiettivo di questa mio post non è quello di parlarvi della mia storia personale ma ha un altro scopo molto importante, un valore che oggigiorno molti giovani hanno perso di vista, specie quando si valuta numismaticamente e commercialmente una moneta con lenti d'ingrandimento alla mano e scandagliano pelo per pelo una moneta alla ricerca di certe futilità come ad esempio l'esasperazione della conservazione eccezionale. Certe monete o medaglie hanno un valore incommensurabile quando hanno alle spalle storie di vita quotidiana o di grandi avvenimenti, la mia esperienza personale, per quanto piccola ed umile possa sembrare, dimostra che in presenza di alcuni fattori storici, tutti gli altri elementi valutativi passano in secondo piano, conservazione compresa. Concludo questo mio tediante post segnalandovi che a supporto di quanto scritto si sta portando avanti una ricerca molto dettagliata sulle medaglie premio, perchè queste ultime, a differenza di altre, sono tutte uniche …............ perchè unici sono i personaggi premiati. http://www.lamoneta.it/topic/126318-medaglie-premio-borboniche-dati-interessanti/ Grazie a tutti per l'attenzione …............ vi invito a partecipare in tanti, scommetto che ognuno di voi ha un pezzo nella propria collezione al quale è particolarmente legato per la sua storia. Francesco Di Rauso P.s. Un po' di storia: DEL VECCHIO Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 38 (1990) Di Gennaro Borrelli DEL VECCHIO. - Famiglia napoletana di ceramisti operante tra i secc. XVII e XIX, la cui attività si colloca nel perpetuarsi della tradizione di arti e mestieri in seno al medesimo clan. Durante il '700 e fino al 1826 la fabbrica ebbe sede a Napoli al Borgo Loreto (al limite con ponte della Maddalena) ove, sin dai primi del Seicento, erano state aperte alcune "faenzere" (fabbriche) per la produzione di oggetti in maiolica e "riggiole" (mattonelle maiolicate per pavimenti e rivestimenti; poi passerà nella vicina via della Marinella). La prima testimonianza dei D. è costituita dalla presenza del "riggiolaro" Stefano (nato nel 1692: Napoli, Arch. stor. diocesano, Processetto matrimoniale n.2409), la cui ultima opera è il pavimento con mattoni "molto fini e faticati" per la chiesa dei gesuiti di Catania, del 1765 (Ibid., Arch. stor. d. Banco di Napoli, Banco Pietà, Matr. 2253, 2255, 1765). Gli successe il figlio Domenico (nato nel 1732: Ibid., Arch. stor. diocesano, Lettera D.) di cui si hanno molte notizie fino al 1785. Contemporaneamente altri D. risultano presenti presso la R. Fabbrica di maioliche di Caserta, voluta da Carlo VII di Borbone nel 1753: Angelo (dalla fondazione alla chiusura nel 1756), Gennaro dal 1754 e Nicola dal 1755, tutti operanti nel settore della pittura (Donatone, 1973). Gli oggetti decorati da Angelo (siglati o datati dal 1754 al 1764: Donatone, 1981, fig. 64) dimostrano un raffinato gusto pittorico rococò derivante dalla cromia dei pavimenti settecenteschi dell'inizio del secolo. Dal 1774 al 1789 Gennaro è indicato come "riggiolaro" (Arch. di Stato di Napoli, Mon. soppr. 4144, f.n.n.): nel 1789 appare con Nicola, forse suo figlio, come titolare di una "faenzera" che produce "piatti, piattini, zuppiere, insalatiere, bacili, rinfrescatoi ed ogni altro oggetto in tinta verde" (ibid. 4146, ff. n.n.). A questa tipologia appartiene il servito di maiolica per 32 coperti (Napoli, coll. Garzilli), decorato con eleganti piccoli fiori in ramina tra un sottile disegno in manganese su ampio fondo bianco: fondo bianco e ramina saranno elementi distintivi della futura produzione del tardo Settecento (Borrelli, 1961, vetrina 7). Secondo Novi (1865), nel 1785 Gennaro e Nicola avrebbero ricevuto una sovvenzione di 18.000 ducati dal re Ferdinando IV di Borbone, per dare inizio ad una produzione sperimentale di vasellame di terraglia secondo il tipo inglese, onde evitare la considerevole importazione di tali oggetti; ma la notizia risulta inesatta (Borrelli, 1985, p. 36). Esiste però un inedito servizio di terraglia con le vedute di Napoli, siglato "F.D.V." - Fabbrica Del Vecchio - (Napoli, coll. privata) che evidenzia la ripresa semplificata dal celebre servizio "dell'Oca" prodotto nella R. Fabbrica dal 1792 al 1797 e che dimostrerebbe la più antica attività della fabbrica. Una nota di pagamento del 1815 (Arch. stor. del Banco di Napoli, Banco Pietà.Cassa, ff. n.n.) attesta la vendita di oggetti di porcellana, "vasi e candelieri", da parte di Nicola; ciò molto prima dell'antagonista fabbrica Giustiniani, con la quale suo nipote Cherinto risulta associato nel 1836 (Carola Perotti, 1972, p. 852) dopo una vivace contesa. Nel 1818 la fabbrica appare gestita da Gaetano, il quale fino al 1822 ricevette premi nelle esposizioni delle industrie napoletane per i suoi ottimi prodotti di terraglia "venduti anche all'estero". Nella successiva edizione del 1826 era presente per la prima volta Cherinto con un suo dichiarato campionario di oggetti in terraglia realizzato nella nuova sede alla "strada della Marinella 4", nella quale produceva le originali mattonelle con fiori (firmate, 1820 circa); oppure il pavimento del 1829 per la chiesa di S. Maria de Commendatis di Maddaloni (Caserta), con marca "Del Vecchio" in una ghirlanda di alloro sormontata da una corona regia, a ricordo dell'antica concessione reale. Nel 1830 Cherinto ricevette una medaglia d'oro per le sue porcellane prodotte con "materiali indigeni", distinguendosi anche nelle esposizioni del 1832 e del 1834; nel 1836 ricevette il premio congiuntamente ai Giustinani, con i quali era in società (Liberatore, 1834).Nel 1840 Cherinto fu ancora premiato per gli oggetti di "terraglia all'uso inglese", ma quando la direzione fu assunta dal figlio Gennaro, questi, nell'incapacità di reggere alla concorrenza delle nuove fabbriche, prima scadde in una produzione di serie e poi, nel 1855, chiuse la fabbrica (Mosca, 1908, p. 126), che fu poi rilevata, nel 1870, dall'ultimo dei Giustiniani, Michele. Non è possibile integrare la storia della fabbrica Del Vecchio con la vasta produzione mai datata, anche se spesso siglata. Alcuni elementi distintivi aiutano solo ad isolare i prodotti da quelli della coeva e più nota fabbrica Giustiniani e dalle ripetizioni. I D., come le altre fabbriche, produssero, contemporaneamente, due o tre campionature differenziate per gusto, rifinitura, soggetto e colore, i cui modelli, spesso, furono riutilizzati a distanza di tempo. Ad una produzione raffinata ne accoppiarono una popolareggiante onde soddisfare le richieste di diverse fasce della clientela, costituita dalla ricca, media e piccola borghesia: la nobiltà acquistava le porcellane. Uno degli elementi distintivi è la prevalenza del senso plastico, fuso ad una sintesi cromatica ridotta a pochi ornati su un ampio fondo bianco, anche quando la composizione è costituita da fiori, animali e paesaggi; abbondante è la produzione della terraglia bianca e di quella marmorizzata. La decorazione "all'estrusca ed all'egizia" si presenta più geometrizzata e semplificata rispetto ai coevi campioni della Giustiniani. Il gruppo dei modellati, particolarmente coppie in costumi del sec. XVIII, o i più noti "Pulcinella" e gli animali, riflettono la ricerca di sintesi plastica e cromatica dei serviti. Per la produzione più corrente la cromia è data per campiture secondo le esperienze settecentesche, e ciò fino al 1826 quando Cherinto propone una tipologia più raffinata d'impronta neoclassica, tentando di trasferire sulle terraglie le delicatezze del decoro delle porcellane. Delle porcellane non è stato possibile reperire pezzi siglati, certo confusi con quelli dei soci Giustiniani, o addirittura con quelli non segnati della R. Fabbrica; infatti il Carafa, duca di Noia (1877, pp. 311, 315, 342, 358), precisa che i D. ripeterono i modelli della R. Fabbrica, ed a tal proposito indica un gruppo di biscuit antico, raffigurante una Coppia in costume del secolo XVIII, montato su una base in terraglia dai D., oltre ad un vaso, un candeliere ed un pomo di bastone derivanti da modelli della R. Fabbrica. È al periodo più antico, verso il 1815, quando producevano una terraglia molto bianca coperta da spessa vernice porcellanata, che sono da assegnare due gruppi modellati da scultori che operarono anche nell'ambito della plastica da presepe napoletana: S.Michele arcangelo (Napoli, Museo S. Martino: Causa-Bonucci, 1964, fig. 19) eTobiolo e l'angelo (ibid., coll. private: Borrelli, 1985, p. 37). Al settore della "mezza porcellana" sono da assegnare il gruppo del Genio di Napoli che indica l'abbondanza della terra (Carafa Noia, 1877, p. 308) e Bacco e Cupido (ibid., p. 342). Di non facile soluzione è il problema degli oggetti prodotti nell'ambito delle rappresentazioni plastiche d'impostazione ottocentesca ma riflettenti canoni settecenteschi, come la serie dei calamai la cui funzionalità era mascherata in una mossa base rococò con reticella (motivo tipico dei D.), derivante dalle decorazioni dei pavimenti e vasi del '700, sovrastata da un Ragazzino in ginocchio (Napoli, coll. Pisani) o da un Pulcinella gobbo (ibid., coll. privata). Questa serie, erroneamente attribuita ai Giustiniani (Putaturo Murano, 1981, tav. XV), fu realizzata nelle versioni della terraglia bianca e colorata (Borrelli, 1961). 1 gruppi di figure in costume del sec. XVIII, o quelli dell'inizio dell'800, come quelli del Museo Correale di Sorrento (erroneamente attribuite alla fabbrica Giustiniani: Morazzone, 1938, p. 8) sono ripetizioni eseguite verso il 1840 di modelli della prima produzione dei D. (1815 circa). Non diversamente la Coppia di borghesi a passeggio (Napoli, coll. Novelli) certo dei D. sia per la tipica base marmorizzata sia per la funzionalità del tronco di albero porta penna, elemento che mostra l'idea "dell'oggetto-regalo". Ripetizione di modelli ottocenteschi, verso il 1840, è, la serie dei Pulcinella con le scimmie (Carafa Noia, 1877, p. 353; Museo Correale, Sorrento; Napoli, coll. Di Donato), alcuni con la tipica spessissima patina d'invetriatura dei D. che determinava, nel giro di pochi anni, lo spellamento detto "del saltar via". Il "presepe" napoletano, tra Settecento ed Ottocento, costituì un avvenimento artistico di - notevole rilievo nel quale la scena della "taverna" era arricchita da numerosi esemplari, in minute proporzioni, dei medesimi oggetti in maiolica che allietavano le tavole del tempo: una straordinaria serie di queste zuppiere, vassoi, piatti "alla reale", fiasche, lucerne, "giarre", "scafaree", ed altri oggetti dei D., era presente alla mostra del 1961 (Borrelli, vetrina 5). Nella medesima mostra erano presenti gli esemplari per serviti in terraglia bianca (Napoli, coll. Di Donato), una particozlarità della produzione dei D.: fioriere, rinfrescatoi da bicchieri, tazze, fondine, brocche, canestrelle per frutta, candelieri, burriere, zuppiere, acquamanili, stufette per gelati, tazze per brodo, salsiere, vassoi, serviti per déjeuner, per tête-à-tête, lattiere, teiere, bacili e brocche per barba, fornelli per pipe, tabacchiere, oliere, portaprofumi. A tale genere appartengono le zuppiere "a tripode", con le protomi leonine o di Medusa, nelle varianti policrome o bianche di piccole rose (Napoli, coll. privata) siglate "F.D.V.N." (Fabbrica Del Vecchio, Napoli). Le marche non sono sempre decifrabili e databili: la "F.D.V." va riferita alla produzione più antica, presumibilmente fino al 1818, nella gestione di Gaetano e prima delle larghe esportazioni all'estero; mentre l'aggiunta di "N" (Napoli) può giustificarsi proprio con la diffusione fuori dell'Itafia. La marca "Del Vecchio" e quella "Del Vecchio, N.", in corsivo, possono riferirsi al più noto periodo della gestione di Cherinto, sia per la similitudine con le marche recuperate a tergo di mattonelle databili, sia per quel raffinato gusto, che fu proprio di Cherinto, di trasferire le tecniche delle porcellane sulle terraglie. A tale genere appartengono gli eccezionali inediti oggetti, dalla raffinata decorazione (Napoli, coll. G. Donatone), fino ad ora erroneamente attribuiti alla fabbrica Giustiniani per la cromia elegante e miniaturata nelle scene di soggetto popolare (il ritorno dalla festa della Madonna dell'Arco e una vendita di pesci), raffigurate su un grande "cratere", e della Galateasu un piccolo vassoio, ambedue siglati "F.D.V.N. (Borrelli, 1985, p. 34). Risultano marcati "Dei Vecchio N." oggetti in stile "etrusco" ed in terraglia bianca del Museo S. Martino, Napoli; mentre non sono stati recuperati quelli che il Mosca (1908) indica segnati dalla marca "Del Vecchio" preceduta e seguita da un rombo. Fonti e Bibl.: R. Liberatore, Dei saggi delle manifatture napoletane esposti nella solenne Mostra del Regno delle Due Sicilie, in Annali civili, IV (1834), pp. XXVII s.; G. Novi, Dell'industria ceramica nel Napoletano, in Atti d. Ist. di incoraggiamento, Napoli 1865, p. 36; Esposizione naz. di belle arti, a cura di P. Carafa Noia, Napoli 1877, pp. 308-342, 353, 358; G. Novi, Ifabbricanti di maioliche e di terraglie in Napoli, in Atti dell'Acc. Pontanzana, XIV (1881), p. 171; L. Mosca, Napoli e l'arte ceramica, Napoli 1908, p. 126; G. Morazzone, Il Museo Correale di Sorrento, Roma 1938, p. 8; I Mostra storica dell'arte della maiolica a Napoli, a cura di G. Borrelli, Napoli 1961, pp. n.n.; M. Causa Picone-A. M. Bonucci, Mostra di oggetti e di documenti storici nelle raccolte dei depositi del Museo di S. Martino, Napoli 1964, p. 59; A. Carola Perrotti, Porcellane e terraglie napoletane dell'Ottocento, inStoria di Napoli, IX, Napoli 1972, pp. 851-856, 865 s., 876 s.; G. Donatone, La Reale Fabbrica di maioliche di Caserta, Napoli 1973, pp. 49 s.; Id., La maiolica napoletana del Settecento, Napoli 1981, fig. 64; M. Rotili, La manifattura Giustiniani, aggiornamento a cura di A. Putaturo Murano, Napoli 1981, pp. 103-119; G. Borrelli, Inediti e rivalutazioni della ceramica Del Vecchio, in Napoli nobilissima, XXIV (1985), pp. 30-44; Id., La maiolica e la terraglia tra arte e artigianato, in Lo Spazio (Napoli), I (1986), pp. 140-144.
    6 punti
  2. Saggi e Progetti di monete di ferro nell'ultimo anno di guerra. In un rapporto al Ministero del Tesoro, il Direttore della Regia Zecca nel gennaio 1918 dichiara di comprendere le preoccupazioni del Ministero, in quanto le monete in bronzo veniva incettata e esportata su vasta scala, tanto che ormai la minuta circolazione era diventata difficile e stentata. Nel 1918 circolavano 75 milioni di lire in monetine in bronzo, pari a 7500 tonnellate di metallo, bronzo appunto, che veniva usato ai fini bellici. Questa monetina è un esempio di un saggio prodotto nel 1918. Non ha nulla di artisticamente rilevante, è poco più di un tondello.....
    3 punti
  3. Grazie a tutti per gli immeritati complimenti. Cerco solo di far del mio meglio senza pretendere di essere infallibile. Alla fine è la partecipazione quella che conta, ho ben capito lo spirito di questa discussione e sono d'accordo con voi, ecco perchè ci tenevo ad impegnarmi, lo spirito d'unione del forum deve prevalere su tutto. Perdonate se a volte accolgo con molto ritardo l'invito a partecipare o se mi sfugge qualcosa, purtroppo tra famiglia, lavoro, organizzazione convegno partenopeo, risposte alle continue e-mail ed altro ........... non riesco ad accontentare tutte le richieste. E se a tutto questo aggiungiamo la calura e l'umidità allora diventa tutto più difficile. Quello che posso raccomandare a Mario @@dabbene , è di continuare incessantemente ad invitare altri giovani a partecipare. Bisogna spronare i numismatici e cercare di fare emergere la vena pubblicistica che c'è in ognuno di noi, divulgare la passione per la numismatica e non confondere questa nobile disciplina con i soliti discorsi commerciali o peggio ancora sulle conservazioni ........."è FDC o q.FDC?" "La presenza o meno del pelo in superficie influisce sul valore commerciale o no?", "quanto vale?", eccetera. Guardare al lato commerciale di una moneta/medaglia è importantissimo ma non fondamentale, il giusto equilibrio è d'obbligo, "allegate sempre un documento storico alla fattura d'acquisto", cercate di non perdervi nei meandri delle conservazioni e quotazioni. La numismatica è importante perchè non è un surrogato o una sotto-materia della storia ma la storia tra le mani, quindi forza amici, scrivete, scrivete e scrivete! .......... e se possibile scrivete articoli da pubblicare nelle nostre riviste numismatiche perchè è grazie a loro che resterà un ricordo incancellabile della vostra passione ............. @@odjob dico bene?
    3 punti
  4. Ciao un saluto da amasya silvio Sent from my GT-I9505 using Lamoneta.it Forum mobile app
    2 punti
  5. E' una moneta finlandese e la tiratura supera i 10.000.000
    2 punti
  6. Taglio: 1 centesimo Nazione: san marino Anno: 2006 Tiratura: 2.601.000 Condizioni: BB+ Regione: Puglia
    2 punti
  7. Vanno bene, tranne l'austriaca . Puoi seguire le tirature qui, sono le più aggiornate al momento . Ti do il link :good: http://eurocollezione.altervista.org/_Tiratura_Euromonete.htm
    2 punti
  8. di questa la tiratura è n.d. la posto comunque, se non rientra nell'osservatorio ditemelo. Taglio: 2 euro Nazione: san marino Anno: 2013 Tiratura: n.d. Condizioni: BB Regione: Puglia
    2 punti
  9. Buongiorno, vi posto questo medaglione del XVII sinodo diocesi di Piacenza Bobbio del 1991, vescovo ANTONIO MAZZA. Materiale bronzo Diametro mm. 60 Peso gr. 164,3 Reca una sigla della fonderia D.COLOMBO e figli S.P.A. sarà l'incisore?? Grazie
    2 punti
  10. Eccomi qui , come promesso ieri , questa mattina sono andato al Mausoleo di Augusto per rendermi conto della situazione in occasione del bimillenario della sua morte ; sotto il mio personale commento , spero pero' in altri pareri , specialmente da chi del Forum risiede a Roma e forse trovera' nei prossimi giorni un po' di tempo per andare a vedere : Dopo vari decenni di immobilismo , finalmente , ma recentemente , sono iniziati i lavori di sistemazione del Mausoleo di Augusto , non solo archeologica ma anche di decoro del luogo . Purtroppo i lavori in Italia durano come sappiamo , come le calende greche e nonostante oggi ricorra il II millennio dalla morte di Augusto i lavori sono lontani dal termine , peccato una occasione persa . Attualmente la zona e’ tutta recintata e non e’ possibile l’accesso , almeno esterno , al grande Sepolcro , anche per il motivo che tutta la parte destra del grande tamburo , guardando l’ ingresso dal davanti , e’ allagata da circa 30 cm. di acqua , non piovana ma di falda . Sono stati eseguiti degli scavi intorno al Mausoleo e stranamente sono emersi ruderi antichi tutti intorno al Sepolcro , ma potrebbero essere medievali , questo fatto contrasta con le fonti storiche dell’ epoca di Augusto , infatti queste ci hanno tramandato che tutta la zona intorno al Mausoleo era circondata da odorosi boschi e nelle immediate vicinanze del Mausoleo immersi nel bosco , erano presenti soltanto l’ Ara Pacis , l’ Ustrinum e la grande platea dell’ Orologio solare ; evidentemente , come avviene anche ai giorni nostri , gia' nei secoli successivi alla morte di Augusto , il bosco venne urbanizzato con nuove costruzioni e i ruderi che sono usciti fuori , intorno al Sepolcro , ne sono la prova evidente . Questa la descrizione visiva del Mausoleo che fece Strabone al suo tempo contemporaneo di Augusto , quando il Sepolcro era appena costruito , nella sua opera “Geografia” , libro V , tomo 3,8 : “Il più notevole (monumento) è il cosiddetto Mausoleo , grande tumulo che sorge su un'alta base di marmo bianco nei pressi del fiume (Tevere) coperto ovunque , dalla sommità , di alberi sempreverdi . Sulla sommità si trova una statua in bronzo di Cesare Augusto , mentre sotto il tumulo ci sono le tombe dello stesso imperatore , dei suoi parenti e degli amici più intimi . Dietro c'è un grande bosco sacro che offre splendide passeggiate . Nel mezzo del campo c'è un recinto , sempre di marmo bianco , costruito intorno al crematorio di Augusto (Ustrinum) che ha una balaustra circolare in ferro ed all'interno ci sono dei pioppi” Per concludere , alcune notizie generali del Mausoleo prese dalla rete : il monumento , devastato da secoli di saccheggi e definitivamente liberato dagli scavi solo nel 1936 , non ha tuttora una pianta ben definita . La complessa struttura a piani sovrapposti è determinata da un basamento in travertino alto 12 metri e forse terminato in alto da un fregio dorico a metope e triglifi , sul quale poggia l'edificio circolare composto da sette anelli concentrici , collegati tra loro da muri radiali . Altre due linee di muri formavano una seconda serie di concamerazioni . Vi era infine il primo ambiente praticabile , al termine del lungo corridoio d'ingresso : un settore ad arco di cerchio , fronteggiato in origine da un muro di grande altezza e spessore rivestito di travertino , nel quale si aprivano due ingressi . Questo muro , conservato in piccola parte , costituisce certamente la sostruzione di un tamburo che doveva emergere dal tumulo , creando un secondo ripiano : siamo quindi di fronte ad una struttura complessa , a piani sovrapposti . Al di là del muro un corridoio anulare praticabile reggeva la cella anch'essa circolare , munita di un ingresso assiale e di tre nicchie simmetriche , in corrispondenza degli assi . Al centro un grande pilastro conteneva una stanzetta quadrata , che dovrebbe corrispondere alla tomba di Augusto , in significativa corrispondenza con la statua bronzea dell'imperatore che sorgeva alla sommità del pilastro . Davanti all'ingresso furono posti i due pilastri con affisse le tavole bronzee sulle quali era incisa l'autobiografia ufficiale dell'imperatore (Res gestae Divi Augusti) la cui copia , incisa sul tempio di Augusto e di Roma ad Ankara e in edifici di altre province , è giunta fino a noi . I due obelischi in granito , portati dall'Egitto per ornare l'ingresso del mausoleo , sono stati successivamente riutilizzati e si trovano tuttora nella Piazza del Quirinale al centro dei Dioscuri e in quella dell'Esquilino , nella Piazza , dietro l' ingresso principale della Basilica di Santa Maria Maggiore . Sotto la probabile ricostruzione del Mausoleo in base alla testimonianza di Strabone , i due obelischi che in antico ornavano l’ ingresso del Mausoleo . Seguono le foto prese questa mattina dove si intravedono tra l' altro anche l’ Ara Pacis dentro l’ “orribile” , parere oersonale , costruzione moderna e sotto la costruzione l’ Iscrizione delle Res Gestae , poi la vicina Chiesa di San Lorenzo in Lucina sotto la quale sono presenti i resti della Platea dell’ Orologio Solare di Augusto , infine l’ Obelisco di Augusto meridiana dell’ Orologio , come gia’ postati nel mio precedente post sull’ Orologio di Augusto . Divido le foto perché non entrano nello stesso post . Spero di aver fatto cosa gradita .
    2 punti
  11. Capisco tutto, però sinceramente non trovo divertente un gioco che l'ideatore ed arbitro non riesce a seguire... Ok, gli impegni personali, ma allora nemmeno cominciare, oppure delegare. Se entro il 10 settembre non ci saranno i risultati aggiornati al 30 agosto, mi ritiro. Scusa @@Atletica, niente di personale, però se non mi diverto, smetto...
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  12. Concordo con quanto già espresso ...aggiungo le seguenti precisazioni: la medaglia postuma, di emissione privata, commemorativa del pontificato di Giovanni XXIII è pubblicata sul CNORP relativo alle medaglie di Papa Roncalli al N° 284 e schedata nel catalogo on-line a link seguente: http://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-F19P/29 se vuoi puoi inserirla in catalogo o autorizzarmi ad inserirla a Tuo nome @@CalleaRicci il valore economico è molto contenuto e la conservazione è medio-bassa (l'argentatura è praticamente inesistente). Resta il valore storico ed affettivo: l'effigie del "Papa Buono".
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  13. Allora mi lancio anch'io: la moneta di cui vorrei parlare è il 50 Franchi Francesi "Hercules" coniato dal 1974 al 1980 anche se nell'ultimo anno era destinata solo alle serie divisionali confezionate. Il disegno riprende i 5 franchi del milleottocento. peso 30 grammi diametro 41 mm argento 900 da ragazzo mi ricordo che mia nonna ne aveva: gliele avevano date quando ritirava la pensione ed avevano corso legale, finché l'argento contenuto non ha superato il facciale... ( ad inizio 1980 c'è stata una esplosione del prezzo dell'argento) è curioso come anche prima di questo recente scoppio del prezzo dell'argento in Francia davano parte del resto in posta con monete da 5 euro d'argento (ma stavolta con la seminatrice ;) buona serata :)
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  14. Ciao Cobiniano : approfitto della tua competenza e disponibilità per cercare di capire il perché di una definizione relativa ad una pezza araldica. Quando venne creato lo stemma del Comune di Calderara di Reno, in provincia di Bologna, furono tenuti presenti i blasoni di famiglie storiche che nel medioevo furono importanti per la storia del luogo, come gli Ubaldini, Signori del Mugello, a cui appartiene la testa di cervo che vi campeggia e che in antichi documenti araldici viene definita come "massacro di cervo". Questa definizione mi ha incuriosito. Ho pensato che forse era stata definita così in quanto spiccata dal busto dell'animale che di fatto non è ritratto per intero, di qui il termine "massacro", ma non ne sono affatto sicuro. Forse ti è già capitato di riscontrate tale definizione ? Grazie, saluti cordiali.
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  15. Salve a tutti, tempo fa acquistai questo gettone o tessera, è in rame ha un dimetro di 22 mm e pesa 3,13 gr , dalla tipologia stilistica sembrerebbe del periodo rinascimentale però non essendo competente di gettoni mi sarebbe gradito un vostro parere in merito, grazie.
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  16. Il 19 Agosto del 14 , a Nola , moriva Augusto , ricorre quindi domani il II millennio della morte del primo Imperatore romano , uomo per tanti aspetti controverso , ma comunque di levatura eccezionale le cui riforme dello Stato durarono per circa tre secoli . Ricchissima la serie monetale emessa che ne consacra la divinita’ , sotto alcuni tipici esemplari , molti furono emessi postumi dai successivi Imperatori , credo fino agli Antoniniani di Traiano Decio . La moneta in foto , sesterzio , che rappresenta il funerale di Augusto seduto idealmente su un carro e trasportato da quattro elefanti e’ di carattere simbolico ed allegorico in quanto l’ elefante rappresenta l’ Aeternitas ; il reale funerale di Augusto e’ tramandato da Svetonio , nella Vita di Augusto , eccone in particolare alcuni passi : Tomi XCIX e C : “……….prima di spirare diede un unico segno di alterazione mentale , quando , con un improvviso terrore , si lamento’ che quaranta giovani lo stavano trascinando via . Ma anche questo fu piu’ un presagio che un’ attenuazione della coscienza , perche’ tanti furono i soldati pretoriani che portarono la salma all’ aperto . Mori’ nella medesima camera in cui era morto suo padre Ottavio , sotto il consolato dei due Sesti , Pompeo e Appuleio , il quattordicesimo giorno prima delle calende di Settembre , all’ ora nona , trentacinque giorni prima di compiere settantasei anni . I Decurioni dei municipi e delle colonie trasportarono il cadavere da Nola a Boville di notte a causa della stagione , depositandolo fra una tappa e l’ altra nella basilica di ciascuna citta’ o nel massimo tempio cittadino . Da Boville lo prese in consegna l’ ordine equestre che lo porto’ nell’ Urbe e lo pose nel vestibolo della sua casa ……….posto pero’ un limite alle onoranze , ricevette due volte l’ elogio funebre davanti al tempio del Divo Giulio , da Tiberio , e davanti ai vecchi rostri , da Druso , figlio di Tiberio , quindi la salma fu portata al Campo Marzio sulle spalle dei Senatori e li fu cremata . Non manco’ un ex Pretore che giuro’ di averne visto l’ immagine dopo la cremazione mentre saliva in cielo . I primi dell’ ordine equestre , vestiti con la sola tunica , senza cintura e a piedi nudi , ne raccolsero i resti e li deposero nel suo Mausoleo……..” Accanto alla figura di Augusto , e’ giusto ricordare anche due importanti e fedeli uomini che furono di aiuto determinante e costante ad Augusto nel corso di tanti anni , fino alla loro morte e con il loro supporto , oltre alle innate capacita’ politiche di Augusto , contribuirono al successo del lungo percorso storico e politico del figlio adottivo di Cesare ; questi furono Marco Vipsanio Agrippa , principalmente per la parte militare e successivamente architettonica di Roma , morto il 12 a.C. e Caio Cilnio Mecenate , per quella politica e culturale , morto l’ 8 a.C. ; la figura storica di Mecenate e’ forse quella meno conosciuta , di Vipsanio Agrippa al contrario sappiamo tanto ed e’ superfluo qui ricordarlo , in merito a Mecenate , credo sufficiente ricordare il commento di lui fatto dallo storico Velleio Patercolo , che lo descrive e lo sintetizza , come : “insonne nella vigilanza e nelle emergenze , lungimirante nell'agire , ma nei momenti di ritiro dagli affari più lussuoso ed effeminato di una donna”.
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  17. @@ak72 Sinceramente ho guardato le immagini per diversi minuti e, scritta S.PETR a parte, non riuscivo a percepire nulla che ne permettesse un'identificazione più accurata...temo che la qualità delle immagini non abbia aiutato nessuno.....ma fortunamente ci sei arrivato da solo. Il volume della Bellocchi da te segnalato purtroppo pecca di qualità delle immagini (difetto dovuto all'epoca della pubblicazione); per una migliore visione di esemplari di confronto e per riferimenti più recenti mi permetto di consigliarti la visione del volume n°9 del Bollettino di Numismatica on line (curato da Stefano di Virgilio) e dedicato alla monetazione bolognese dal 1401 al 1484. Troverai la tua moneta da pag.104 a pag.107 http://www.bdnonline.numismaticadellostato.it/materiali/index.do?id=141 ciao Mario
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  18. Ne esistono anche di molto, molto più grandi. Il Krause per questo 1000 cash riporta un diametro di 74 mm, anche quel carattere sul bordo è citato dagli autori del catalogo. Potrebbe essere autentica? Forse...sono monete molto riprodotte per vari scopi, il fatto che siano fuse invece che coniate rende tutto molto difficile.
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  20. Taglio: 20 centesimi Nazione: italia Anno: 2012 Tiratura: 4.971.010 Condizioni: BB Regione: Puglia
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  21. io ho trovato questa immagine...questo ciondolo nella foto ovviamente sembra nuovo, ma potrebbe essere paragonato al tuo...
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  22. Chi ne ha voglia ed interesse a leggerle ecco le Res Gestae , il testamento di Augusto , un addio alla vita in pompa magna con la descrizione delle opere da lui compiute nei quarantaquattro anni di governo . Il testo delle Res Gestae doveva essere inciso su tavole di bronzo da porre davanti al suo Mausoleo , mentre l'originale manoscritto era stato consegnato alle Vestali un anno prima della morte . A conclusione della Giornata . « Narrazione dei fatti del divino Augusto attraverso i quali sottomise tutto il mondo al potere del popolo romano, e del denaro che spese per la Repubblica e per il popolo romano, come sta scritto in due stele di bronzo a Roma » « 1. A 19 anni[7], di mia iniziativa e con spesa privata, misi insieme un esercito, con il quale vendicai la Repubblica oppressa nella libertà dalla dominazione di una fazione. In quel nome, essendo consoli Gaio Vibio Pansa e Aulo Irzio (43 a.C.), il Senato mi incluse nel suo ordine per decreto onorifico, dandomi assieme il rango consolare e l'imperium militare. La Repubblica mi ordinò di provvedere, essendo io propretore, insieme ai consoli che nessuno potesse portare danno. Nello stesso anno il Popolo romano mi elesse console[8] e triumviro per riordinare la Repubblica, poiché entrambi i consoli erano stati uccisi in guerra. » « 2. Mandai in esilio quelli che trucidarono mio padre punendo il loro delitto con procedimenti legali[9]; e muovendo poi essi guerra alla repubblica li vinsi due volte in battaglia.[10] » « 3. Combattei spesso guerre civili ed esterne in tutto il mondo per terra e per mare; e da vincitore lasciai in vita tutti quei cittadini che implorarono grazia. Preferii conservare i popoli esterni, ai quali si poté perdonare senza pericolo, piuttosto che sterminarli. Quasi cinquecentomila cittadini romani in armi sotto le mie insegne; dei quali inviai più di trecentomila in colonie o rimandai nei loro municipi, compiuto il servizio militare; e a essi (tutti) assegnai terre o donai denaro in premio del servizio. Catturai 600 navi oltre a quelle minori per capacità alle triremi. » « 4. Due volte ebbi un'ovazione trionfale e tre volte celebrai trionfi curuli e fui acclamato ventun volte imperator, sebbene il senato deliberasse un maggior numero di trionfi, che tutti declinai. Deposi l'alloro dai fasci in Campidoglio, sciogliendo così i voti solenni che avevo pronunciato per ciascuna guerra. Per le imprese per terra e per mare compiute da me o dai miei legati, sotto i miei auspici, cinquantacinque volte il senato decretò solenni ringraziamenti agli dèi immortali. I giorni poi durante i quali per decreto del senato furono innalzate pubbliche preghiere furono ottocentonovanta. Nei miei trionfi furono condotti davanti al mio carro nove re o figli di re. Ero stato console tredici volte quando scrivevo queste memorie ed ero per la trentasettesima volta rivestito della podestà tribunizia. » « 5. Non accettai la dittatura che sotto il consolato di Marco Lello e Lucio Arrunzio mi era stata offerta, sia mentre ero assente sia mentre ero presente nell'Urbe, e dal popolo e dal senato. Non mi sottrassi invece, in una estrema carestia ad accettare la sovrintendenza dell'annona, che ressi in modo tale da liberare in pochi giorni dal timore e dal pericolo l'intera Urbe, a mie spese e con la mia solerzia. Anche il consolato, offertomi allora annuo e a vita, non accettai. » « 6. Sotto il consolato di Vinicio e Lucrezio e poi di Publio Lentulo e Gneo Lentulo e ancora di Fabio Massimo e Tuberone nonostante l'unanime consenso del senato e del popolo romano affinché io fossi designato unico sovrintendente delle leggi e dei costumi con sommi poteri, non accettai alcuna magistratura conferitami contro il costume degli antenati. E allora ciò che il senato volle che fosse da me gestito, lo portai a compimento tramite il potere tribunizio, di cui chiesi ed ottenni dal senato per più di cinque volte consecutive un collega. » « 7. Fui triumviro per riordinare la Repubblica per dieci anni consecutivi. Fui Princeps senatus fino al giorno in cui scrissi queste memorie per 40 anni. E fui pontefice massimo, augure, quindecemviro alle sacre cerimonie, settemviro degli epuloni, fratello arvale, sodale Tizio, feziale. » « 8. Durante il mio quinto consolato accrebbi il numero dei patrizi per ordine del popolo e del senato. Tre volte procedetti a un'epurazione del senato. E durante il sesto consolato feci il censimento della popolazione,[11] avendo come collega Marco Agrippa. Celebrai la cerimonia lustrale dopo quarantadue anni. In questo censimento furono registrati quattromilionisessantatremila cittadini romani. Poi feci un secondo censimento[12] con potere consolare, senza collega, sotto il consolato di Gaio Censorio e Gaio Asinio, e in questo censimento furono registrati quattromilioni e duecentotrentamila cittadini romani. E feci un terzo censimento[13] con potere consolare, avendo come collega mio figlio Tiberio Cesare, sotto il consolato di Sesto Pompeio e Sesto Apuleio; in questo censimento furono registrati quattromilioni e novecentotrentasettemila cittadini romani. Con nuove leggi, proposte su mia iniziativa, rimisi in vigore molti modelli di comportamento degli avi, che ormai nel nostro tempo erano caduti in disuso, e io stesso consegnai ai posteri esempi di molti costumi da imitare. » « 9. Il senato decretò che venissero fatti voti per la mia salute dai consoli e dai sacerdoti ogni quattro anni. Il seguito a questi voti spesso, durante la mia vita, talvolta i quattro più importanti colleghi sacerdotali, talvolta i consoli allestirono giochi. Anche i cittadini, tutti quanti, sia a titolo personale, sia municipio per municipio, unanimemente, senza interruzione, innalzarono pubbliche preghiere per la mia salute in tutti i templi. » « 10. Il mio nome per senatoconsulto fu inserito nel carme Saliare e fu sancito per legge che fossi inviolabile per sempre e che avessi la potestà tribunizia a vita. Rifiutai di diventare pontefice massimo al posto di un mio collega ancora in vita, benché fosse il popolo ad offrirmi questo sacerdozio, che mio padre aveva rivestito. E questo sacerdozio accettai, qualche anno dopo, sotto il consolato di Publio Sulpicio e Gaio Valgio, morto colui che ne aveva preso possesso approfittando del disordine politico interno, e confluendo ai miei comizi da tutta l'Italia una moltitudine tanto grande quanta mai a Roma si dice vi fosse stata fino a quel momento. » « 11. Il senato deliberò al mio ritorno la costruzione dell'altare della Fortuna Reduce, davanti ai templi dell'Onore e della Virtù, presso la porta Capena, e ordinò che su di esso i pontefici e le vergini Vestali celebrassero un sacrificio ogni anno nel giorno in cui, sotto il consolato di Quinto Lucrezio e Marco Vinicio, ero tornato a Roma dalla Siria, e designò quel giorno Augustalia, dal mio soprannome. » « 12. Per decisione del senato una parte dei pretori e dei tribuni della plebe con il console Quinto Irzio Lucrezio e con i cittadini più influenti mi fu mandata incontro in Campania, e questo onore non è stato decretato a nessuno tranne che a me[14]. Quando, sotto consolato di Tiberio Nerone e Publio Quintilio, tornai a Roma dalla Spagna e dalla Gallia, dopo aver portato a termine con successo i programmi prestabiliti[15], il senato decretò che per il mio ritorno dovesse essere consacrato l'altare della Pace Augusta vicino al Campo Marzio, e ordinò che su di esso i magistrati, i sacerdoti e le vergini Vestali facessero ogni anno un sacrificio. » « 13. Il tempio di Iano Quirino, che i nostri antenati vollero che venisse chiuso quando fosse stata partorita la pace con la vittoria per tutto l'impero Romano per terra e per il mare, prima che io nascessi, dalla fondazione della città fu chiuso in tutto due volte, sotto il mio principato per tre volte il senato decretò che dovesse essere chiuso.[16] » « 14. I miei figli, che la sorte mi strappò in giovane età, Gaio e Lucio Cesari, in mio onore il senato e il popolo romano designarono consoli all'età di quattordici anni, perché rivestissero tale magistratura dopo cinque anni. E il senato decretò che partecipassero ai dibattiti di interesse pubblico dal giorno in cui furono accompagnati nel Foro. Inoltre i cavalieri romani, tutti quanti, vollero che entrambi avessero il titolo di principi della gioventù e che venissero loro donati scudi e aste d'argento[17]. » « 15. Alla plebe di Roma[18] pagai in contanti a testa trecento sesterzi in conformità alle disposizioni testamentarie di mio padre[19], e a mio nome diedi quattrocento sesterzi a ciascun provenienti dalla vendita del bottino delle guerre, quando ero console per la quinta volta[20]; nuovamente poi, durante il mio decimo consolato[21], con i miei beni pagai quattrocento sesterzi di congiario a testa, e console per l'undicesima volta[22] calcolai e assegnai dodici distribuzioni di grano, avendo acquistato a mie spese il grano in grande quantità e, quando rivestivo la potestà tribunizia per la dodicesima volta[23], diedi per la terza volta quattrocento nummi a testa. Questi miei congiari non pervennero mai a meno di duecentocinquantamila uomini. Quando rivestivo la potestà tribunizia per la diciottesima volta ed ero console per la dodicesima volta[24]diedi sessanta denari a testa a trecentoventimila appartenenti alla plebe urbana. E ai coloni che erano stati miei soldati, quando ero console per la quinta volta, distribuii a testa mille nummi dalla vendita del bottino di guerra; nelle colonie ricevettero questo congiario del trionfo circa centoventimila uomini. Console per la tredicesima volta diedi sessanta denari alla plebe che allora riceveva frumento pubblico; furono poco più di duecentomila uomini[25]. » « 16. Pagai ai municipi il risarcimento dei terreni che durante il mio quarto consolato[26] e poi sotto il consolato di Marco Crasso e Gneo Lentulo Augure[27] assegnai ai soldati. E la somma, che pagai in contanti, per le proprietà italiche ammontò a circa seicento milioni di sesterzi e fu di circa duecentosessanta milioni ciò che pagai per i terreni provinciali. E a memoria del mio tempo compii quest'atto per primo e solo fra tutti coloro che fondarono colonie di soldati in Italia o nelle province. E poi sotto il consolato di Tiberio Nerone e Gneo Pisone e nuovamente sotto il consolato di Gaio Antistio e Decimo Lelio e Gneo Calvisio e Lucio Pasieno e di Lucio Lentulo e Marco Messalla e Lucio Caninio e Quinto Fabrizio[28]ai soldati che, terminato il servizio militare, feci ritornare nei loro municipi, pagai premi in denaro contante, e per questa operazione spesi circa quattrocento milioni di sesterzi. » « 17. Quattro volte aiutai l'erario con denaro mio, sicché consegnai centocinquanta milioni di stesterzi a coloro che sovrintendevano l'erario. E sotto il consolato di Marco Lepido e Lucio Arrunzio trasferii l'erario militare[29], che fu costituito su mia proposta perché da esso si prelevassero i premi da dare ai soldati che avessero compiuto venti o più anni di servizio[30], centosettanta milioni di sesterzi prendendoli dal mio patrimonio. » « 18. Dall'anno in cui furono consoli Gneo e Publio Lentulo[31], scarseggiando le risorse dello Stato, feci donazioni in frumento e in denaro ora a centomila persone ora a molte più, attingendo dal mio granaio e dal mio patrimonio. » « 19. Ho fatto la Curia[32] e ciò che contiene il Calcidico e il Tempio di Apollo[33] sul Palatino con i portici, il tempio del divino Giulio, il Lupercale, il portico nei pressi del circo Flaminio che tollerai che venisse chiamato Ottavio con il nome di quello che aveva fatto il precedente in quello stesso luogo, il Pulvinar al Circo Massimo, i templi sul Campidoglio di Giove Feretro e Giove Tonante, il tempio di Quirino, i templi di Minerva e di Giunone Regina e di Giove Liberatore sull'Aventino, il tempio di Lar sulla sommità della via sacra, il tempio dei Penati sulla Velia, il tempio dei giovani e il tempio alla Grande Madre » « 20. Restaurai il Campidoglio e il Teatro di Pompeo, l'una e l'altra opera con grande spesa, senza apporvi alcuna iscrizione del mio nome. Restaurai gli acquedotti cadenti per vetustità in parecchi punti, e raddoppiai il volume dell'acqua detta Marcia con l'immissione nel suo condotto di una nuova sorgente. Terminai il Foro Giulio e la basilica fra il Tempio di Castore e il Tempio di Saturno, opere iniziate e quasi ultimate da mio padre, e dopo averne ampliato il suolo, iniziai a ricostruire la medesima basilica, che era stata divorata da un incendio intitolandola al nome dei miei figli, e stabilii che, se non l'avessi terminata io da vivo, fosse terminata dai miei eredi. Console per la sesta volta[34], restaurai nell'Urbe, per volontà del senato, ottantadue templi degli dèi, e non ne tralasciai nessuno che in quel tempo dovesse essere restaurato. Console per la settima volta[35], rifeci la Via Flaminia dall'Urbe a Rimini e tutti i ponti, tranne il Milvio e il Minucio[36]. » « 21. Su suolo privato costruii il Tempio di Marte Ultore e il Foro di Augusto col bottino di guerra.[37] Presso il Tempio di Apollo su suolo comprato in gran parte da privati costruii un teatro, che volli fosse intitolato a mio genero, Marco Marcello. Consacrai doni ricavati dal bottino di guerra nel Campidoglio, e nel Tempio del Divo Giulio, e nel Tempio di Apollo, e nel tempio di Vesta[38], e nel tempio di Marte Ultore: essi mi costarono circa cento milioni di sesterzi. Console per quinta volta[39], restituii trentacinquemila libbre di oro coronario[40] ai municipi e alle colonie d'Italia che lo donavano per i miei trionfi, e in seguito, tutte le volte che fui proclamato imperator, non accettai l'oro coronario, anche se i municipi e le colonie lo decretavano con la medesima benevolenza con cui lo avevano decretato in precedenza. » « 22. Tre volte allestii uno spettacolo gladiatorio a nome mio e cinque volte a nome dei miei figli o nipoti; e in questi spettacoli combatterono circa diecimila uomini. Due volte a mio nome offrii al popolo spettacolo di atleti fatti venire da ogni parte, e una terza volta a nome di mio nipote[41]. Allestii giochi a mio nome quattro volte, invece al posto di altri magistrati ventitré volte. In nome del collegio dei quindecemviri, come presidente del collegio, avendo per collega Marco Agrippa, durante il consolato di Gaio Furnio e Gaio Silano, celebrai i Ludi Secolari[42]. Durante il mio tredicesimo consolato[43] celebrai per primo i Ludi di Marte che in seguito e di seguito negli anni successivi, per decreto dl senato e per leggi, furono celebrati dai consoli. Allestii per il popolo ventisei volte, a nome mio o dei miei figli e nipoti, cacce di belve africane, nel circo o nel foro o nell'anfiteatro, nelle quali furono ammazzate circa tremilacinquecento belve. » « 23. Allestii per il popolo uno spettacolo di combattimento navale al di là del Tevere, nel luogo in cui ora c'è il bosco dei Cesari[44], scavato il terreno per un lunghezza di milleottocento piedi e per una larghezza di milleduecento; in esso vennero a conflitto trenta navi rostrate triremi o biremi, e, più numerose, di stazza minore; in questa flotta combatterono, a parte i rematori, circa tremila uomini. » « 24. Nei templi di tutte le città della provincia d'Asia ricollocai, vincitore, gli ornamenti che , spogliati i templi, aveva posseduto a titolo privato colui al quale avevo fatto guerra.[45] mie statue pedestri ed equestri e su quadrighe, in argento, furono innalzate nell'Urbe in numero di ottanta circa, ma io spontaneamente le rimossi e dal denaro ottenuto ricavai doni d'oro che collocai nel tempio di Apollo a nome mio e di quelli che mi tributarono l'onore delle statue. » « 25. Stabilii la pace sul mare liberandolo dai pirati[46]. In quella guerra catturai circa trentamila schiavi che erano fuggiti dai loro padroni e avevano impugnato le armi contro lo Stato, e li consegnai ai padroni perché infliggessero una pena. Tutta l'Italia giurò spontaneamente fedeltà a me[47] e chiese me come comandante della guerra in cui (poi) vinsi presso Azio; giurarono parimenti fedeltà le province di Gallia, delle Spagne, di Africa, di Sicilia e di Sardegna. I senatori che militarono allora sotto le mie insegne furono più di settecento , tra essi, o prima o dopo, fino al giorno in cui furono scritte queste memorie, ottantatré furono eletti consoli, e circa centosettanta sacerdoti. » « 26. Allargai i confini di tutte le province del popolo romano, con le quali erano confinanti popolazioni che non erano sottoposte al nostro potere. Pacificai le provincie delle Gallie e delle Spagne[48], come anche la Germania nel tratto che confina con l'Oceano, da Cadice alla foce del fiume Elba[49]. Feci sì che fossero pacificate le Alpi[50], dalla regione che è prossima al mare Adriatico fino al Tirreno, senza aver portato guerra ingiustamente a nessuna popolazione. La mia flotta navigò l'Oceano dalla foce del Reno verso le regioni orientali fino al territorio dei Cimbri, dove né per terra né per mare giunse alcun romano prima di allora[51], e i Cimbri e i Caridi e i Sennoni e altri popoli germani della medesima regione chiesero per mezzo di ambasciatori l'amicizia mia e del popolo romano. Per mio comando e sotto i miei auspici due eserciti furono condotti, all'incirca nel medesimo tempo, in Etiopia e nell'Arabia detta Felice[52], e grandissime schiere nemiche di entrambe le popolazioni furono uccise in battaglia e conquistate parecchie città. In Etiopia arrivò fino alla città di Nabata, di cui è vicinissima Meroe. In Arabia l'esercito avanzò fin nel territorio dei Sabei, raggiungendo la città di Mariba. » « 27. Aggiunsi l'Egitto all'impero del popolo romano.[53] Pur potendo fare dell'Armenia maggiore una provincia dopo l'uccisione del suo re Artasse, preferii, sull'esempio dei nostri antenati, affidare quel regno a Tigrane, figlio del re Artavaside e nipote di re Tigrane, per mezzo di Tiberio Nerone, che allora era mio figliastro[54]. E la medesima popolazione che in seguito cercava di staccarsi e si ribellava, domata per mezzo di mio figlio Gaio, affidai da governare al re Ariobarzane, figlio di Artabazo re dei Medi, e dopo la sua morte a suo figlio Artavaside[55]. E dopo che questi fu ucciso, mandai su quel trono Tigrane, discendente della famiglia reale armena. Riconquistai tutte le province che al di là del mare Adriatico sono volte a Oriente[56], e Cirene, ormai in gran parte possedute da re, precedentemente, la Sicilia e la Sardegna, occupate nel corso della guerra servile[57]. » « 28. Fondai colonie di soldati in Africa, in Sicilia, in Macedonia, in entrambe le Spagne, in Acaia, in Asia, in Siria, nella Gallia Narbonense, in Pisidia. L'Italia poi possiede, fondate per mia volontà, ventotto colonie, che durante la mia vita furono assai prosperose e popolose[58]. » « 29. Recuperai dalla Spagna e dalla Gallia e dai Dalmati, dopo aver vinto i nemici, parecchie insegne militari perdute da altri comandanti. Costrinsi i Parti a restituirmi spoglie e insegne di tre eserciti romani e a chiedere supplici l'amicizia del popolo romano[59]. Quelle insegne, poi, riposi nel penetrale che è nel tempio di Marte Ultore. » « 30. Le popolazioni dei Pannoni, alle quali prima del mio principato l'esercito del popolo romano mai si accostò, sconfitte per mezzo di Tiberio Nerone, che allora era mio figliastro e luogotenente, sottomisi all'impero del popolo romano, estesi i confini dell'Illirico fino alla riva del Danubio. E un esercito di Daci, passati al di qua di esso, sotto i miei auspici fu vinto e sbaragliato, e in seguito il mio esercito, condotto al di là del Danubio, costrinse la popolazione dei Daci a sottostare ai comandi del popolo romano. » « 31. Furono inviate spesso a me ambascerie di re dall'India, non viste prima di allora da alcun comandante romano. Chiesero la nostra amicizia per mezzo di ambasciatori i Basrani, gli Sciti e i re dei Sarmati che abitano al di qua e al di là del fiume Tànai[60], e i re degli Albani, degli Iberi e dei Medi . » « 32. Presso di me si rifugiarono supplici i re dei Parti Tiridate e poi Fraate, figlio del re Fraate, e Artavaside re dei Medi, Artassare degli Adiabeni, Dumnobellauno e Tincommio dei Britanni, Melone dei Sigambri, Segimero dei Marcomanni Svevi. Presso di me in Italia il re dei Parti Fraate, figlio di Orode, mandò tutti i suoi figli e nipoti, non perché fosse stato vinto in guerra, ma perché ricercava la nostra amicizia con il pegno dei suoi figli. E moltissime altre popolazioni sperimentarono, durante il mio principato, la lealtà del popolo romano, esse che in precedenza non avevano avuto nessun rapporto di ambascerie e di amicizia con il, popolo romano. » « 33. Da me le popolazioni dei Parti e dei Medi, che me ne avevano fatto richiesta per mezzo di ambasciatori che erano le persone più ragguardevoli di quelle popolazioni, ricevettero i loro re: i Parti Vonone, figlio del re Fraate e nipote del re Orode; i Medi Ariobarzane, figlio del re Artavasde e nipote del re Ariobarzane. » « 34. Nel mio sesto e settimo consolato, dopo aver sedato l'insorgere delle guerre civili, assunsi per consenso universale il potere supremo, trasferii dalla mia persona al senato e al popolo romano il governo della repubblica[61]. Per questo mio atto, in segno di riconoscenza, mi fu dato il titolo di Augusto per delibera del senato e la porta della mia casa per ordine dello Stato fu ornata con rami d'alloro, e una corona civica fu affissa alla mia porta, e nella Curia Giulia fu posto uno scudo d'oro, la cui iscrizione attestava che il senato e il popolo romano me lo davano a motivo del mio valore e della mia clemenza, della mia giustizia e della mia pietà. Dopo di che, sovrastai tutti per autorità, ma non ebbi potere più ampio di quelli che mi furono colleghi in ogni magistratura. » « 35. Quando rivestivo il tredicesimo consolato, il senato, l'ordine equestre e tutto il popolo Romano, mi chiamò padre della patria[62], decretò che questo titolo dovesse venire iscritto sul vestibolo della mia casa, e sulla Curia Iulia e nel Foro di Augusto sotto la quadriga che fu eretta a decisione del senato, in mio onore. Quando scrissi questo, avevo settantasei anni.
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  23. E' una questione piuttosto complessa, a cui secondo me non esiste una risposta oggettiva. E' vero che il mondo bipolare dell'epoca guerra fredda era più stabile, se non altro perchè nonostante le guerre e la conflittualità fisiologica del mondo almeno c'era uno schieramento netto a livello planetario dei paesi più grandi, la confusione generale era molto minore. Ma a che prezzo? Il rischio di saltare tutti in aria da un momento all'altro, e il probabile "onore" per noi europei di fare da campo di battaglia per la terza guerra mondiale erano quelli che ci riguardavano più da vicino. Anch'io in certi aspetti globali sono nostalgico di quell'epoca, ma questo è un modo di sentire strettamente personale su cui fra l'altro può riflettere seriamente solo chi ha vissuto almeno in parte quel periodo storico: ormai i più giovani come riferimento "in prima persona" hanno solo il mondo post-1989. L'Unione europea è una comunità di stati indipendenti concepita come mezzo di transizione verso qualcos'altro: a prescindere da com'è conciata ora per colpa di chi rema contro l'unità europea (quella seria, che è lo scopo del processo d'integrazione europea fin dall'inizio) non avrebbe mai potuto essere molto diversa da così: sta a noi scegliere se farla progredire seriamente o gettare la spugna e tornare ai "bei tempi" di quando non esisteva neanche un minimo di coordinamento in Europa. Ai tempi della guerra fredda però tutto l'est non era libero di decidere se partecipare a questo progetto.
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  24. Si può postare ovviamente di tutto, monete, medaglie, cartamoneta, gettoni, tessere, pesi, tutto ciò che è attinente a un forum di numismatica come questo......basta fare un po' di divulgazione.... Inviato da un device_name utilizzando your_app_name App
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  25. Albania, 5 franchi 1927 Ahmet Zogu è un noto falso da bancarella
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  26. Guarda non voglio creare gialli o misteri... La ricciardi 131 e' di una rarità assoluta... Talmente assoluta che si potrebbe dubitare sulla sua reale esistenza o avvenuta coniazione... @@francesco77 dovevi postare qualche medaglia su del vecchio !!! Il piatto piangeeeee 😭😭😭😭
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  27. Bravissimo @@Nando 12,si ti ho invitato anche io a postarle perche' per le statistiche sono molto importanti.Se segui quel catalogo che ti ha dato Ciccio vai sul sicuro.Con tutti quei turisti darai sicuramente un ottimo contributo al forum;)e per questo ti ringraizio.Per un collezionista vedere quante monete circolano e di che tipo e' fondamentale.Per questo ti chiesi di postarle,trovando il post "osservatorio rarita' " uno dei piu' importanti del forum in Euro.
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  28. sono stato invitato a postare comunque i miei ritrovamenti anche se continuo a non vedere la tabella, mi hanno detto di postare le straniere al di sotto dei 5.000.000 di esemplari. se c'è qualcosa che non và ditemelo subito che io mi blocco, ok? Taglio: 50 centesimi Nazione: grecia Anno: 2005 Tiratura: 950.000 Condizioni: BB Regione: Puglia
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  29. magari un falso d'epoca, avrebbe più valore. :P legenda troppo vicina al bordo, anche se, mancante di bordo.
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  30. Probabilmente è un falso, eseguito non tanto per la circolazione, ma per giocare a testa o croce... ed essere sicuri che usciva sempre testa! saluti TIBERIVS
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  31. E' esattamente la medaglia che hai trovato in scheda sul nostro catalogo: Riproduzione commemorativa realizzata da Spartaco Lizzi nella seconda metà del secolo scorso per ricordare l'emissione del Tallero di Bernardo Clesio. Dal peso che hai rilevato si tratta della versione in Metallo Argentato (o meglio lega).
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  32. In virtù del giorno ci dovremmo chiedere, o forse meglio rispondere, all'ultimo quesito [naturalmente a quello che riportano le nostre ben amate fonti] se "Lo spettacolo è piaciuto?" Con questa domanda Ottaviano voleva sapere se il suo operato potesse avere una qualche approvazione dei posteri. Secondo me si: 1-non solo ha dato pace e prosperità a Roma dopo decenni di conflitti intestini e guerre civili; 2-non solo ha riordinato l'assetto istituzionale, militare ed economico dello Stato; 3-non solo ha trasformato una città di "mattoni" in una di marmo [cioè ha elaborato e ricostruito l'Urbe, arricchendola con monumenti, templi, aree pubbliche con materiali pregiati]; 4-non solo ha contribuito alle arti e alla letteratura sovvenzionando il circolo di Mecenate; 5-ma anche creato il mito di Cesare, facendo in modo che non fosse dimenticato dai posteri. Cesare, Roma e la Storia, per non dire anche noi oggi, debbono molto ad Augusto.
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  33. Grazie @@odjob , piu' tardi carichero' le foto eseguite questa mattina presso il Mausoleo di Augusto , corredandole con brevi commenti .
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  34. Ecco la novita' bomba dell'estate :), un INEDITO denaro di Enrico VI con suo figlio Federico II. Rispetto alle varianti conosciute, ed alle nuove individuate da Colucci, questo che vi presento si differenzia in quanto: al D/ non ha i pendagli ai lati della testa di Federico bambino , ma sono presenti le orecchie al R/ ha un anelletto sotto il becco dell'aquila Attendiamo commenti. PS Ovviamente le immagini sono di mia propieta' e vieto a chiunque di poterle utilizzare :)
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  35. Penso che il sesquiducato sia una delle monete più belle e significative mai coniate e che, quindi, non solo gli amanti del Regno di Napoli, ma tutti gli amanti della numismatica e, in generale, dell'arte e del bello, non possano che rimanere a bocca aperta di fronte all'esemplare postato da Francesco :hi: :hi: :hi: Matteo Sforza
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  36. Già, ottimisti, anche perchè mal che fosse andata decenni fa... dalle nostre parti avremmo potuto vedere questo. Se fosse successo probabilmente molti di noi non sarebbero neanche nati e il forum non esisterebbe :ph34r:
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  37. Bravo Daniele hai fatto un ottimo acquisto! Immagino che non vedevi l'ora di averla a casa per toccarla con mano! Gran monetone... E ancora in buona conservazione!!
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  38. Molto interessante. Sapevo solo che san Nicola era considerato il proprio patrono da parte di molte categorie di persone (es. marinai, mercanti, farmacisti, avvocati, detenuti) tra cui le prostitute. Riporto questa nota da Wikipedia. San Nicola è già dal Medioevo uno dei santi più popolari del Cristianesimo e protagonista di molte leggende riguardanti miracoli a favore di poveri e defraudati. Si narra che Nicola, venuto a conoscenza di un ricco uomo decaduto che voleva avviare le sue tre figlie alla prostituzione perché non poteva farle maritare decorosamente, abbia preso una buona quantità di denaro, lo abbia avvolto in un panno di notte, l’abbia gettato nella casa dell’uomo in tre notti consecutive, in modo che le tre figlie avessero la dote per il matrimonio. Anche per questo episodio (che forse può aver ispirato il quadro del Nuzii) il Santo è venerato come protettore dei bambini e dei fanciulli. apollonia
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  39. Salve Ho trovato in rete un solo esemplare di un bronzo della zecca di Palermo (c. 241-50 a. C.) tipo Calciati I pag 351, che potrebbe corrispondere a quello di Antonio Bernardo per il diritto (testa di Zeus a sinistra) e il rovescio (guerriero in piedi a sinistra e scritta NASO che potrebbe riferirsi a Lucius Axius L. f. Naso, monetiere a Roma nel 73-70 a. C. circa). GB67138. Bronze AE 21, Calciati I p. 351, 125 (one specimen); SNG ANS -, SNG Cop -, aVF, green patina, weight 4.595 g, maximum diameter 20.9 mm, die axis 315o, Panormus (Palermo) mint, magistrate (L. Axius?) Naso, c. 241 - 50 B.C.; obverse laureate head of Zeus left; reverse warrior standing left, sword in extended right, spear vertical behind in left, grounded shield behind leaning on spear, NAS/O left; extremely rare; $105.00 (€78.75). Come si legge nella didascalia, col diametro ci siamo ma non col peso (4,6 g vs 3,8 g del bronzo di Antonio). Non conosco questa monetazione e la variabilità del peso di questi bronzi, ma 0,6 g in meno rispetto a 4,6 g sono più del 17%, secondo me troppo. apollonia
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  40. @@ak72 e @@francesco2002 In effetti ritengo che questa sia una delle imitazioni del tirolino di Merano, moneta di grande successo e per questo oggi ancora abbastanza comune. In base a quanto riesco a leggere delle legende (tra parentesi le lettere che mi risultano illeggibili) dritto: MO(NETANOV)AG(OSL)ARIE / aquila ad ali spiegate. verso: O.CR VX.G (LORI) OSA / doppia croce di cui una intersecante la legenda. penso si tratti di un grosso tirolino prodotto dalla città sassone di Goslar fra il 1552 e il 1555, moneta sicuramente più rara dell'originale che imitava. Di seguito allego un'immagine per confronto... tratta dal seguente sito https://www.gmcoinart.de/auction/GOSLAR_Stadt.aspx?los=4367&lager=00103&ActiveID=1511〈=en ciao Mario
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  41. Bella domanda, caro @@sandokan, ottima conseguenza di un'intelligente e attenta osservazione. :good: La terminologia araldica, a volte, è una forma letteraria sui generis. Come nel caso del massacro di cervo. Non so se esistano studi specifici sul perchè di questa terminologia. Di certo, è una locuzione di uso antico ormai entrata nei dizionari araldici. Che non sempre la spiegano, se non descrivendo la figura ---> una testa di cervo posta in maestà, ossia vista di fronte ---> tieni presente che di norma le figure araldiche sono invece mostrate di profilo. Mentre scrivo, mi viene da pensare che il concetto di "massacro" potrebbe derivare dai trofei di caccia che non di rado campeggiano nei salotti dei castelli. Quelli dove la testa recisa di un cervo, o di altro animale simile, sembra "spuntare" dalla parete. Una testa che, per trovarsi lì, dev'essere per forza conseguente al massacro compiuto sul povero animale... Non mi sembra improbabile che il termine blasonico possa aver avuto un'origine di questo tipo. In fondo, nel medioevo, per blasonare (---> descrivere verbalmente uno stemma) si usava la lingua corrente, perchè il "gergo" araldico è venuto molto tempo dopo. Un massacro di cervo è anche la componente basilare dello stemma civico di Brindisi. A volte, del massacro si vede solo la sommità, come nel caso dello stemma dei Soderini: (Modena, Biblioteca Estense, ms. gamma.i.2.23; da: http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/stemmihtml/soderini.html) Queste figure (gli "scalpi" del povero animale) sno ancora più rari dei massacri "interi" e non hanno, che io sappia, una terminologia specifica. Per questo mi piace blasonarli sommità di massacri di cervo.
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  42. Oggi ho deciso di mostrarvi una tra le monete napoletane di Alfonso I d'Aragona più rare ed affascinanti, la scelta del nummo che presenterò non è casuale, si tratta di una delle tipologie preferite dal sottoscritto e alla quale sono maggiormente legato, basti dare un'occhiata alla prima moneta presente nel mio sito personale. http://www.ilportaledelsud.org/francesco_di_rauso.htm Napoli. Alfonso I d'Aragona re di Napoli (1442-1458) Sesquiducato in oro da 1,5 ducati coniato tra il 1450 e 1455. Diametro: mm. 27. Grammi 5,28. (leggera limatura sul taglio e segnetto al dr.) Al dr./ + : DNS : M : ADIVTOR : ET : EGO : DESPI : INI : ME. Il re Alfonso I d'Aragona con armatura e spada su cavallo al galoppo a destra. A sinistra: S. Al rov./ + : ALFONSVS : D : G : R : ARAGON : SI : VL : FA. Stemma aragonese inquartato, palato al 1° e al 4°. (CNI 1. Pannuti Riccio 1c) Le foto non sono professionali ma sono state scattate tempo fa in un ambiente a luce naturale, l'angolazione adottata spero metta al meglio in risalto rilievi e tonalità del metallo, da notare le rigature presenti nel rovescio che fanno da sfondo alle armi dello stemma (specie nel 1° e 4° palato), l'alfonsino d'oro mostra re Alfonso in tutta la sua grandezza ed imponenza, a parte la rarità e lo stato di conservazione eccezionale, è forse la moneta più emblematica di questo sovrano. Il nominale aureo da un ducato e mezzo è noto anche come “alfonsino d'oro” o “sesquiducato” ed aveva un valore pari a 15 carlini, esso venne battuto unicamente ed esclusivamente a Napoli dal 1442 al 1458 e fu il più grande nominale aureo battuto fino in quel momento nella capitale del regno. Per comprendere al meglio l'importanza del periodo storico nel quale venne battuto questo pezzo di storia torniamo indietro di qualche anno, e precisamente in una Napoli, capitale di un regno disastrato dal potere e dai vizi degli ultimi angioini: Giovanna II d'Angiò (1371-1435 Napoli), dal 1414 regina di Napoli, passata alla storia più per la vita licenziosa che per meriti politici, nel 1386 andò in sposa a Guglielmo d'Asburgo e, rimasta vedova, sposò in seconde nozze Giacomo II di Borbone contro il quale, espressione della strapotenza francese nel regno, i baroni si ribellarono. Giovanna elesse allora nel 1417 gran siniscalco il proprio amante, il nobile Giovanni Caracciolo, detto Sergianni, fino ad allora un oscuro notaio. Sergianni divenne il vero detentore del potere a Napoli e ben presto si inimicò anch’egli i baroni, che offrirono nel 1419 la corona del regno a Luigi III d'Angiò (1403-1434), figlio di Luigi II. Contavano sull’aiuto del papa Martino V. Crederono di avere gioco facile perché Giovanna, nonostante i numerosi amanti, non aveva figli. La regina però scoprì la congiura e invocò l'aiuto del giovane Alfonso d'Aragona, re di Sicilia, Aragona e Catalogna, nominandolo nel 1421 suo erede. Alfonso, che poi sarà detto “il Magnanimo”, ai primi di settembre del 1421 giunse a Napoli. Per due anni egli si prodigò per farsi riconoscere i diritti ereditari dal papa; pazientemente attendeva che la regina abdicasse in suo favore. Non avvenne niente di tutto ciò: anzi la regina entrò in contrasto con il giovane aragonese e nel 1423 nominò nuovo erede proprio Luigi III d'Angiò, creandolo duca di Calabria! Alfonso non accettò di farsi da parte, e nell'ottobre del 1423 assediò militarmente Napoli con l'intenzione di imprigionare la regina e spedirla in Catalogna. La città capitolò: la regina Giovanna riuscì a salvarsi a stento. Alfonso, affidato il governo di Napoli al fratello don Pietro, fece rotta su Ischia, dove resisteva nel Castello una forte guarnigione angioina. Tre soldati si arrampicarono tra le rocce, da un lato ritenuto dagli assediati inattaccabile, e quindi presidiato da poche guardie. Presero così di sorpresa le sentinelle e dall'alto della rupe calarono le corde consentendo l’invasione. Dopo cinque ore di combattimento, la cittadella era espugnata. L'anno dopo Luigi III d'Angiò riuscì a rioccupare Napoli. Nel 1432 Sergianni Caracciolo rimase ucciso in una congiura di palazzo. Giovannetta revocò l'adozione e decise di riadottare Alfonso! Alfonso sfruttò l'occasione per impossessarsi della corona. Giovanna si rivolse nuovamente a Luigi III d'Angiò, che però morì nel 1434 a Cosenza. Neanche un anno dopo, a 64 anni, moriva Giovanna II: prima di spirare, la regina nominò erede Renato d'Angiò (1409-1480), fratello del defunto Luigi III. Il 12 giugno 1442, dopo altri sette anni di guerra e ripetuti successi militari su Renato, Alfonso entrava trionfalmente a Napoli. Il re di Sicilia era dotato del maggior parco di artiglieria dell'intera Europa e, nell'ultimo assedio, che iniziò il 10 novembre del 1441, ridusse il Maschio Angioino ad un ammasso si macerie, poi da lui stesso ricostruito con il nome di Castelnuovo. Riuscì il 12 giugno del 1442 a penetrare nella città in modo romanzesco attraverso quel pozzo di Santa Sofia, già utilizzato dagli invasori bizantini 900 anni prima. Alcuni mesi dopo la conquista del regno Alfonso, per impressionare la fantasia popolare e gli ambasciatori degli stati esteri, volle inscenare un clamoroso e fantasmagorico ingresso nella capitale. La scenografia dell’evento fu improntata allo stile dei trionfi dell’antica Roma: fu così eretto l’arco in marmo, ritenuto all’epoca il più insigne momento civile delle arti rinnovate in Italia, nella facciata principale del Maschio Angioino. La memoria di questa solenne cerimonia ci è stata tramandata da cronisti e poeti del tempo, come Gennaro Maria Monti. Questi racconta fedelmente «come lo re Alfonso d'Aragona entrò nella città di Napoli col carro trionfale. Alli 1443 alli 26 del mese di Febbraio di Martedì alle 15 hore entrò lo Re Alfonso d'Aragona col Carro Trionfale, et entrò per la porta del Mercato, e prima lo suo entrare fece rompere, et abbattere tante canne delle mura della detta Città di Napoli trionfando come l'antichi Sovrani. Sopra lo detto Carro, Sua Maestà sedeva con lo scettro …» Successivamente Alfonso si rivelò un sovrano "illuminato" e generoso, che seppe fare del regno un centro artistico e culturale. Con lui, dopo circa due secoli e mezzo, la Sicilia e la parte continentale del Regno si ritrovarono sotto lo stesso sovrano, che fu chiamato "Re delle Sicilie". Nel 1446 si impadronì anche della Sardegna, diventando re della principale potenza occidentale nel Mediterraneo. Il 17 giugno 1458 Alfonso moriva senza coronare il sogno di conquistare anche Genova, dominata, per conto del re di Francia, da Giovanni d'Angiò figlio di Renato, che s'era fatto incoronare come legittimo re di Napoli. La Repubblica di Genova aveva costituito il nemico più prossimo e reale di Alfonso, che perciò si occupò molto poco dell’espansionismo turco-saraceno. Il settantaduenne monarca, il giorno prima di morire aveva dettato il suo testamento, nel quale ribadì che lasciava Napoli al figlio naturale Ferdinando (o Ferrante) mentre la Sicilia sarebbe passata al fratello Giovanni. (Fonte: www.ilportaledelsud.org ) Al dritto della moneta qui postata è possibile ammirare tutta la potenza del sovrano aragonese, padrone oramai di mezzo mediterraneo, precisamente la sua coniazione non iniziò a Napoli ma a Gaeta e precisamente dal periodo in cui Alfonso scelse come base operativa la città tirrenica per la sua posizione strategica, ad oggi le monete gaetane non sono distinguibili da quelle coniate a Napoli, la coniazione a Gaeta sarebbe testimoniata dall'esistenza di un documento datato 25 agosto 1440 nel quale figura come credenziere della zecca di Gaeta un tale Gilforte de Ursa de Messina, altri i documenti nei quali figurano come maestri di zecca operanti in questa città dopo il 1442 (Guido d'Antonio dal 1441 al 1448; e Giovanni de Ponte 1461) ma non è possibile stabilire con certezza se la presenza di una zecca e relativo maestro di zecca in una città del regno sia sinonimo di coniazione realmente avvenuta, spesso la zecca era intesa anche come un ufficio che aveva il compito di controllare e saggiare la bontà dei metalli delle monete che transitavano in città, con questo non voglio dire che Gaeta non coniò ma è bene andarci con i piedi di piombo. Altra questione affascinante riguarda il cimiero di Alfonso, recante un drago alato. I cimieri assumono un'enorme importanza nell'araldica del XIV e XV secolo, al punto che "le bon roi Reneé", l'ultimo rivale di Alfonso sulla strada verso la corona del Regno di Sicilia citra Pharum, gli dedicò un apposito trattato, si dice miniato di suo pugno, il Traité de la forme et devise d'un tournoi, dove appunto i cimieri hanno un particolare rilievo, come in questa straordinaria miniatura ivi contenuta: In una nota della sua opera sulle monete di Carlo VIII, il Fusco, sulla scorta di Scipione Mazzella, accenna al particolare valore che il cimiero ebbe nella contesa dei due papabili eredi della regina Giovanna: "Renato di Angiò, fugati ch'ebbe gli aragonesi dai dintorni di Napoli, si tolse per impresa un bue portando sul dorso lo scudo di sua stirpe, col motto francese PAS A PAS, per dinotare ch'egli al pari del bue, il quale sebbene cammina assai lentamente, non è però che col tempo non vada molto lungi. [...] A competenza di questa impresa di bellissimo intendimento, Alfonso ne inventò un'altra, che aveva un dragone tutto stizzoso ed adirato con regia corona sul capo, col qual corpo senza anima volle dinotare ad un tempo medesimo la forza e la vigilanza sua, mercé le quali virtù senz'altro lo avrebbe cacciato di trono." Segue la leggenda, in origine dovuta al Summonte, secondo cui i primi alfonsini si sarebbero coniati con l'oro proveniente dalla fusione della statua di San Michele Arcangelo al Gargano. Il re d'Aragona in sella ad un destriero bardato di gualdrappa con i colori del casato in una minatura da "Le Grand Armorial Equestre de la Toison d'Or" (1440 ca.): @@JunoMoneta L'ipotesi di Mazzella e Fusco è affascinante, non fosse che l'impresa del dragone alato figura già, riferita alla casa d'Aragona, in una pagina dell'Armoriale danese di Gelce o Gheldria, redatto tra la fine del XIV e l'inizio del XV secolo, quando Alfonso il Magnanimo era probabilmente in fasce: Di seguito il link di un'interessante discussione sul tema. Alla pag. 2 di questa discussione è possibile ammirare quanto scritto nel 2010 dall'amico Giuseppe (Junomoneta). http://www.lamoneta.it/topic/62311-sesquiducati-napoletani-doro-di-alfonso-daragona/page-2 La sigla S al dritto del sesquiducato protagonista di questo post indica l'iniziale del maestro di zecca Francesco Senier operativo alla zecca di Napoli tra il 1450 e 1455, la zecca di Napoli coniò in quel periodo una gran quantità di sesquiducati senza sigle, tanto che ad oggi tutte quelle non siglate risultano essere di una certa reperibilità sul mercato, pochi o pochissimi invece gli esemplari battuti a Napoli e siglati dai maestri di zecca. A parere di chi scrive, stando ad una classifica basata sulla consultazione di vari cataloghi d'asta, gli esemplari con la sigla S risultano essere proprio quelli più rari. Su Alfonso d'Aragona c'è da scrivere molto sul punto di vista numismatico oltre che artistico, con la sua ascesa sul trono napoletano Napoli divenne fulcro della corrente artistica rinascimentale, Alfonso il Magnanimo elesse Napoli come sua residenza principale e fece della città importante crocevia di artisti e letterati, grazie a lui Napoli era considerata a sud di nessun'altra città ma al centro del Mediterraneo. Alcuni link utili: http://www.ilportaledelsud.org/bcnn1936c.pdf http://www.ilportaledelsud.org/bcnn1968a1.pdf http://www.ilportaledelsud.org/bcnn1968a2.pdf http://www.ilportaledelsud.org/bcnn1968a3.pdf http://www.ilportaledelsud.org/bcnn1981b.pdf http://www.ilportaledelsud.org/bcnn1983a.pdf
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  43. ... magari queste invece sono buone.... "mai dire mai" ..... :P
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  44. Per andare sul sicuro puoi postare tutte le monete non italiane con tiratura inferiore ai 5.000.000 e le commemorative straniere con qualsiasi tiratura :good:
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  45. perché il titolo DVX non mi convince su una moneta di questo "rex" se fosse una contrazione di un incisore amante della "sintesi"? tipo ..... BA- DV (RI) X esistono altre legende molto contratte... tipo BADVI etc.... l'appellativo DVX è molto affascinante, ma potenzialmente poco probabile.... poi magari è vero, ma la domanda è questa: per quale motivo un Rex, dovrebbe farsi appellare Dux?
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  46. Ho provato a metterla con successo (manca ancora l'approvazione), ma poi mi sono accorto che quella della scheda è in argento, mentre quella mia è in alluminio. Speriamo che i curatori correggono tutto.
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  47. Direi che il mio… asse è derivato da una Tipo II sulla base del ritratto di Ottaviano a capo scoperto. Curiosità: Perché vi mostro i profili delle monete? Perché appena presa in mano ed ispezionata avevo notato dei segni di lima sul bordo della stessa: è assoltamente normale per questa tipologia. Presentano un singolo segno o più comunemente due; serviva a rettificarne i bordi e a dare la misura corretta. In alternativa, i bordi lisci sono quelli delle imitazioni. Sì, perchè esistono imitazioni...
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