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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 08/20/14 in tutte le aree

  1. Vi ringrazio per la stima e per "l'affetto virtuale"; non so davvero che dire ... non me lo aspettavo proprio, non ho parole. Non ho la presunzione di pensare che un forum attivo come questo possa risentire della mancanza di partecipazione di qualche utente, evidentemente avete un'impressione diversa dalla mia. Belle monete quelle postate a partire da chi ha "avuto la brillante idea" di ricordarmi che non è facile l'oblio telematico ... prima o poi qualcuno bussa alla tua porta. Davanti a tanto entusiasmo non posso che prometerVi ... di riffa o di raffa un occhio al forum ce lo butto sempre; oggi una mia partecipazione come quella passata non è più possibile sia per impegni di lavoro sia per la totale mancanza di voglia di discutere e di perder tempo in polemiche inutili, tanto più se organizzate a regola d'arte. "Ragazzi" chiudiamola qui ed evitiamo di parlare di addii e di ritorni; ho scritto che mi sarei preso una lunga vacanza dal forum, lo sto facendo ma anche in vacanza si partecipa. Beh .... grazie, ma non lo fate più che mi commuovo. N.
    9 punti
  2. Mi ero riproposto di rispondere a tutti e lo farò prima di tornare in vacanza ... ed è il turno di Gallo83 ... che non è semplice. La monetazione della Repubblica Romana per Roma, Bologna, Ancona è tutta comune ad eccezione di un tre Baiocchi per fusione gia apparso nella vendita de "il Fascio Numismatico" poi in un'asta Ratto ed infine dopo un ulteriore passaggio intermedio che non ricordo fu venduta da Nomisma nel 2006. La moneta non l'ho mai vista; stilisticamente è molto diversa dal resto delle emissioni del periodo, ma questo significa ben poco: ha lunga storia ed un secondo esemplare, o primo, è presente nella collezione Papadopoli. Il periodo è ricco di invenzioni numismatiche di fantasia emesse privatamente in Belgio, in Francia e probabilmente anche in Germania, dalle monete romboidali con la lupa alle fantasie di Gaeta. Se ciò non bastasse si aggiungono "prove" assai discutibili per fusione in piombo verniciato a rame dei 40 baiocchi e dei 3 Baiocchi (più facilmente falsi d'epoca). Dunque per rendere giustizia a Gallo83 c'è forse una moneta che vale la pena postare. In primo luogo perchè autentica, quindi per la sua rarità (non mi risultano sia apparsi altri esemplari), infine per la forma.
    5 punti
  3. Partecipo con una moneta attinente alla monetazione della sezione moderne straniere, che in effetti anni fa avevo già presentato in quella sede ma che forse, dato che là era molto piaciuta, potrà interessare anche un pubblico più vasto. Poche monete possono rendere l’idea della tragedia della guerra come sa fare questa. Si tratta del tallero noto come “Pfaffenfeindtaler” o “Gottesfreundtaler”, terribile testimone degli inizi della guerra dei trent’anni. A coniarla fu il duca Cristiano di Braunschweig e Luneburg, che pur essendo protestante amministrava il vescovado di Halberstadt. Assieme a Ernst Mansfeld e al margravio Georg Friedrich Baden-Durlach, fu colui che, nella fase palatina della guerra dei trent’anni e tra atrocità di ogni genere, tenne viva la fiamma di una resistenza protestante contro la “normalizzazione” imperiale guidata dalle truppe di Spinola e Tilly, che già aveva sradicato con estrema violenza ogni traccia di riforma dalla Stiria e dalla Boemia. “Quel pazzo di Halberstadt”, come era definito dai contemporanei, morì nel 1626, a soli 27 anni. A Soest, nel 1622, Cristian ricavò l’argento per questa “Spottmünze”, fondendo il tesoro del duomo di Paderborn e in particolare lo scrigno di epoca medievale che custodiva le reliquie di San Liborio. La moneta mostra al diritto la scritta che l’ha resa tragicamente famosa: “GOTTES FREVNDT DER PFAFFEN FEINDT”, ovvero “È amico di Dio chi è nemico dei preti”; sul giro quindi si trovano i titoli di Christian, duca di Braunschweig e di Luneburg. Al rovescio su vede un braccio corazzato armato di una spada che esce da una nuvola: si tratta del braccio armato di Dio, pronto a colpire i nemici della Riforma e, sul giro, oltre alla data 1622, si legge la scritta in francese “TOVT AVEC DIEV”, ovvero, “Tutto con Dio”. Di questa moneta esistono varianti che mostrano, infilzati sulla punta della spada, un cappello gesuitico o una corona.
    5 punti
  4. Carissimi Mi sembra chiaro che il diadema, almeno dopo la seconda rosetta partendo dalla nuca sia reinciso in maniera arbitraria, tanto da andare sotto i rilievi. Altrettanto per quanto riguarda i panneggi del busto: sono stati reincisi in maniera arbitraria, dando luogo a un effetto innaturale ed allungato artificialmente. Al rovescio le lettere sono ritoccate integralmente, anche se probabilmente vicino alle posizioni originarie. I fondi del diritto e del rovescio sono stati integralmente ribassati e lisciati abbondantemente. L'effetto finale è quello di una moneta "sgraziata" e senza la usuale finezza, come sottolineato da Nikko. Doveva trattarsi di una moneta molto incrostata e hanno fatto una pulizia/restauro penoso che non ha lasciato niente di intoccato... Peccato, perchè la moneta era autentica e interessante ! Cordialmente, Enrico
    3 punti
  5. Visto che gli spunti non mancano, allora proponiamo un classico Italiano... Scudo detto "spadino". AR 25,05 g. – ø 40,2 mm. CAROLVS•EM•D : G° - DVX•SAB•P•P•ET•C• Busto corazzato, a d., con colletto alla spagnola, mantello, maschera leonina sullo spallaccio e Collare dell’Annunziata sul petto. Rv. OMNIA • DAT • QVI • - IVSTA • NEGAT Braccio armato di spada che esce dalle nubi; sotto, nel giro, cartella ornata vuota. CNI 495. Spaziani Testa 59. Ravegnani M. 29. MIR 619a. Biaggi 526a . Simonetti 42/a. Davenport 4164. Lo scudo dello spadino ci rimanda alla guerra per la successione di Mantova ed il possesso del Monferrato. Un conflitto che durò dal 1628 sino alla morte del Duca, avvenuta nel 1630. La leggenda al rovescio riprende le parole di Cesare nella Pharsalia di Lucano (libro I, ver.349) e suona da ammonimento alla Francia, "dà tutto chi nega le cose giuste", che dovrà cedere molto di più se non consentirà la restituzione dei territori tolti di Pinerolo, Finestrelle e Valle di Ulzio sottratti al Ducato. Succeduto nel 1580 al padre Emanuele Filiberto, che gli aveva lasciato uno Stato in perfetta efficienza, Carlo Emanuele I ereditò dal genitore le virtù guerresche ma non la capacità politica. Difatti tutta la sua vita fu un continuo destreggiarsi tra imprese belliche dall’esito incerto, tutte volte ad estendere i suoi domini e ad affermare il prestigio del suo Casato: i cinquanta anni del suo regno lo videro infatti impegnato in una serie continua di guerre in cui volle confrontarsi ad armi pari, almeno nelle sue intenzioni, con la Francia e con la Spagna.
    3 punti
  6. Ma quante meraviglie! Complimenti a tutti e grazie per la partecipazione, inoltre un grazie particolarmente sentito al signor Picchio! L''affascinante in una comunità virtuale come questa sta nel fatto di trovarsi a dialogare con sconosciuti e tra questi scoprire persone di grande livello, di grande sensibilità e grande cultura, a volte mi è sembrato di dialogare con Sua Maestà Vittorio Emanuele III, a volte con Hemingway, altre ancora con Freud o con i grandissimi numismatici del passato ...senza parlare dei "poeti" nel senso più largo del termine ...poi sì, ci sono altri meno "elevati" ...allora passo oltre ...i primi elencati valgono certamente molto, molto di più che perdere l'opportunità di dialogo con i "grandi". P.S. Non denunciatemi al SPDC (servizio psichiatrico di diagnosi e cura) ...il mio è un gioco innocuo ...poi fuori dal forum sono ...normale ...
    3 punti
  7. Caro dizzeta, seguo, anche in vacanza i Suoi interventi, sempre pertinenti e pacati, sempre da imparare dalle Sue righe. Come posso sdebitarmi ... mmmm Zena ... è una gran bella zecca. Questa da buon milanese ... è una delle mie preferite emesse a Genova :). al contrario della precedente ci sarebbe da aggiungere parecchio ... ma non questa volta.
    3 punti
  8. Il Lanfranco la cataloga 119-ter. variante renato(stella a 6 punte anziche 5)..come giustamente dite,fa parte di uno"studio per la scelta del metallo"ordinato dal ministro del tesoro dell'epoca Nitti,alla zecca(per questa e per altre monete)...nel frattempo,tramite concorso,si sceglievano i bozzetti(in realta per il 10 cent si scelse un bozzetto "vecchio")... successivamente,visto il finire della guerra,e le ripristinate scorte di altri materiali si abbandonò questo studio.
    3 punti
  9. Riprendo una foto dal post creato da Claudia 88 in “medaglistica” (link: http://www.lamoneta.it/topic/126924-identificazione-medaglia/) e dopo aver chiesto autorizzazione a farlo (fig.1). Lo stemma di Christoph Andreas Spaur è interessante, ma certo, nell’esemplare postato, poco visibile. Corre in nostro aiuto un’arma dipinta su una torre di Brunico, visibile anche qui, http://de.wikipedia.org/wiki/Christoph_Andreas_von_Spaur da me però “ritagliata” in modo da risultarne ingrandita (fig. 2). Ma posso offrire assai modestamente un altro piccolo contributo al dibattito. Il particolare che mi ha messo sulla “pista giusta” è il secondo e terzo quarto dell’inquartato che forma lo scudetto “sul tutto” (parlo dello stemma presente nel sigillo/medaglia, ma come riferimento sarà meglio tenere sott’occhio anche il più leggibile stemma di Brunico) e cioè una banda diminuita accostata da due stelle. Ho subito pensato che tale “pezza” fosse stata creata per errore o per evidenziare la corretta divisione in “trinciato” del campo (questa partizione però la si sarebbe dovuta rendere, secondo me, con una “riga” incisa e non con una banda in rilievo in quanto, come visto, in un caso e nell’altro si ottengono due risultati araldici completamente diversi). Nonostante "l'errore" comunque, questi due quarti dell’inquartato hanno richiamato alla mia mente un altro stemma Spaur (fig 3) che ho potuto ammirare in un dipinto del XVI sec., presente in un castello del Trentino, -tuttora di proprietà del conte Ulrico Spaur- rappresentante una Crocifissione in cui si possono notare i due committenti (uno Spaur e una Fugger) inginocchiati e accompagnati dalla loro rispettiva arma. Tale stemma è esattamente “lo stesso” dello scudetto “sul tutto” di cui dicevamo prima, presente nello stemma di Brunico del Vescovo Spaur, da cui è sorta questa discussione, eccezion fatta per il numero di raggi delle stelle, che è differenziazione ininfluente. E’ possibile quindi che il committente del quadro appartenesse allo stesso ramo-Spaur del vescovo, o che all’epoca in cui questi visse (XVI sec., come quella del dipinto di cui sopra) quello fosse l’unico stemma Spaur in vigore, stemma che è mutato nel corso dei secoli inquartandosi con altre armi e che al giorno d'oggi è ulteriormente diverso? A proposito: l’arma originaria di famiglia è quella in fig. 4 (ricevuta invece mesi fa dal sempre gentilissimo Corbiniano), la qual cosa mi porta ad un'altra considerazione che però pubblicherò in altro post, per non appesantire ulteriormente il tutto. Il blasone dello stemma in fig. 3, salvo correzioni e migliorie…: Inquartato: nel 1° e 4° d’argento, al leone rivolto di rosso, tenente tra le branche anteriori una coppa d’oro, nel 2° e 3° trinciato di rosso e d’argento, alle due stelle di otto raggi dell’uno nell’altro. A proposito… nel terzo campo si potrebbe parlare di “trinciato centrato”, vista la linea arcuata e non retta che separa le due metà del campo?. nb: il primo quarto dello stemma vescovile (l’agnello pasquale) e il quarto (l’aquila) richiamano (come ancora accade in tempi recenti (http://www.bz-bx.net/pls/bolzano/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=25883&rifi=guest&rifp=guest) rispettivamente lo stemma della diocesi di Bressanone e l’aquila del Tirolo? nb.2: si noti come l'agnello pasquale del primo quarto sia, nello stemma sulla Porta di Brunico, in posizione classica (cioè come se stesse camminando verso il fianco in destra araldica dello scudo) con la testa rivolta, mentre nel primo quarto della medaglia risulti rivolto con la testa rivoltata (quindi procedente verso sinistra araldica ma con la testa rivoltata verso destra). Un caro saluto.
    2 punti
  10. @@Ianva Se è IANVA che IANVA sia ! Le confesso, senza pudore alcuno, che quando l'ho acquistata mi son sentito un vero mercante del golfo !
    2 punti
  11. Ringrazio e ricordo la discusione/conversazione; assolutamente vaga. Ho una piastra papale cui sono molto legato, per la rappresentazione del rovescio, semplice ma essenziale, sia per l'infinita ricerca per trovare un esemplare non appiccagnolato in conservazione accettabile senza dover accedere ad un mutuo ! ricambio la dedica. .
    2 punti
  12. moneta austriaca, si tratta di un pfenning per Maria Teresa d'Austria vedi immagine tratta da MA-Shop venditore Münzhandlung Krogoll Ciao Mario
    2 punti
  13. SCUSATE, ANCORA NON CI SONO STATO, MA UN AMICO o tale credevo fosse [CHE E' DEL FORUM E DI CUI NON FARO' IL NOME, ma che forse strozzerò idealmente quando lo incontro] MI HA INVIATO IL DEPLIANT E DELLE FOTO CHE HA SCATTATO, TRA CUI ALCUNE MONETE (zecche medievali: Perugia, Ancona, Macerata.. ) DICENDOMI CHE ERANO PRESENTI NELLA MOSTRA. E CI HO CREDUTO (COME UN FESSO) NON SOSPETTANDO NIENTE. IN EFFETTI MI SEMBRAVA UN PO' STRANO....... GRAZIE PER LA PRECISAZIONE, ALMENO NON LE CERCHERO' DURANTE LA VISITA E SCUSATE DI NUOVO PER LA GAFFE.
    2 punti
  14. Ciao a tutti, ormai mi sto appassionando alla monetazione sveva da un lato ed a quella angioina - aragonese dall'altro, con particolare riferimento, in questo ultimo caso, alla zecca aquilana. Pertanto, insieme ad un bel libro sulla monetazione medievale della Puglia ( D' Andrea - Andreani), Vi posto il mio recentissimo acquisto. Quattrino di Ludovico II°, 0,91 g. Che ne pensate? Non male...se non raro sicuramente non comune...
    2 punti
  15. Per arrivare al Museo basta la metro dalla stazione centrale si scende a Piazza Cavour, due passi ed ecco il museo. Per arrivare alle Terme bisogna prendere sempre la metro fino a Campi Flegrei poi usciti dalla stazione l'autobus 502 che porta nelle vicinanze dell'hotel, Giovanna aggiungimi per Venerdì, grazie
    2 punti
  16. La sistemazione del mausoleo in occasione del bimillenario augusteo sarebbe stata un' occasione da sfruttare che purtroppo non si e' perseguita Una preparazione e sensibilizzazione maggiore da parte della PA avrebbe potuto sollevare l'interesse di qualche sponsor alla pari di quanto fatto com il Colosseo ad esempio. Piu' in generale Roma che in questi anni sta godendo di flussi turistici eccezionali ( tanto e' vero che e' una delle fonti di entrata maggiori per gli operatori, la ristorazione e soprattutto l'accoglienza) dovrebbe organizzarsi per migliorare il potenziale economico di questi flussi e minimizzare l'impatto ambientale sulla citta' che andrebbe preservata meglio. Tuttavia vorrei spezzare una lancia in favore sella PA perche non si giudichi da un frutto non germogliato un'intera coltivazione. I beni culturali in Italia rappresentano una sfida eccezionale , non facile da gestire per chiunque, anche i piu bravi. Qui si rilevano spesso disfunzioni, incurie o occasioni mancate ma pensiamo ogni tanto anche alle tante cose che funzionano. Agli splendidi musei che abbiamo, che funzionano e che magari avrebbero solo bisogno di essere conosciuti meglio ( ero a roma in questi giorni e ho visto il museo Altemps che custodisce capolavori che farebbero l'assoluta felicita' di qualsiasi museo americano - museo tenuto benissimo nella splendida cornice di un palazzo del Quattrocento perfettamente restaurato) Non voglio dire che tutto funzioni e trovo giusto rilevare e segnalare opportunamente disfunzioni e malfunzionamenti affinche' si possano correggere e migliorare. Non farei pero' di tutt'un erba un fascio evitando discorsi di disfattismo generale che rischiano di essere qualunquisti e soprattutto non comportano alcun contributo positivo se non quello di ingenerare un sentimento di sfiducia. Avremmo invece bisogno di proposte, incoraggiamenti e soprattutto un maggior dialogo con i funzionari della PA nell'obiettivo comune di migliorare le cose.
    2 punti
  17. Sanni magnifico esemplare, ben patinato come più mi piacciono. Sapendo della Sua passione per le medaglie del Regno di Napoli e di Sicilia, ricambio poi ringrazio tutti ... adesso mi rimetto a lavorare .
    2 punti
  18. Va bene, ammettiamo per assurdo che i Romani hanno attraversato l'Atlantico. 1-Ma una tale impresa come mai non è riportata da nessun storico dell'epoca o da uno storico successivo? 2-Perché non si hanno documenti o indizi qui in Europa su animali, piante o altro proveniente dal Nuovo Mondo riportato dai marinai? [non citiamo l'etimologia della provincia Pannonia, che non deriva dalle pannocchie di granoturco] Molto probabilmente se, e sottolineo se, i Romani hanno mai raggiunto le coste americane non sono poi potuti ritornare indietro, altrimenti avremmo delle fonti in merito a ciò. Questo fatto si spiegherebbe solo nel caso una tempesta avesse potuto spingere una nave in quella direzione e poi i sopravvissuto non fossero in grado di riparare la nave e quindi siano rimasti per costrizione lì. Ma anche se possono sorgere dei dubbi su tale ipotesi, però i Romani non hanno scoperto niente sono al limite stati spinti involontariamente. Vorrei poi far notare due ipotesi sulle motivazioni di ritrovamenti numismatici romani in America: 1- le monete, se non mi sbaglio, avevano fino ad una certa epoca un valore pari al peso del loro metallo, quindi si potrebbe pensare anche a qualcuno che in Europa possedesse delle monete romane perché costituivano una forma di tesaurizzazione della ricchezza e poi una volta trasferitosi [dopo la scoperta ufficiale] in America le avesse perdute, o volontariamente nascoste; 2- purtroppo ci sono alcuni studiosi [ma grazie a Dio sono una minoranza] che per poter ottenere dei finanziamenti o degli avanzamenti di carriera o della notorietà-visibilità, sono capaci di commettere qualche magagnetta, cioè sono capaci di alterare gli stati dei luoghi aggiungendo qualcosa di SPETTACOLARE per dare credito a qualche loro teoria. Potrebbero, uso il condizionale, avere messo quelle monete o altro materiale archeologico [oggi non è difficile procurarsi questo tipo di materiali soprattutto per uno del mestiere] per dare conferma alle loro teorie. [naturalmente non dico che questo sia accaduto nel nostro caso o casi, ma è un'ipotesi da non scartare]. E poi le foto dei ritrovamenti? Ci sono troppi elementi che devono essere presi per buoni sulla parola. Ma la parola senza prove che valore ha? Gli elementi-indizi riportati dagli articoli seppure molto ammalianti e prodotto da personale qualificato, sono privi, a mio modesto parere, di quel grado oggettivo tale da renderli prove. I Romani sono potuti arrivare in America? forse Sono ritornati dall'America? Allo stato attuale delle conoscenze : NO. Dunque i Romani non hanno scoperto l'America.
    2 punti
  19. Prima, seconda e terza biccherna
    2 punti
  20. Riporto ancora in auge la discussione, con una vera e propria rarità. Allegeretto Nuzii (1315 circa - 1373), Miracolo di San Nicola di Bari, affresco nella Cappella di S. Orsola, presso la chiesa di San Domenico in Fabriano. San Nicola redime alcune prostitute, offrendo loro un sacchetto di monete d'oro, affinché abbandonino "il mestiere più antico del mondo". Qui, un particolare del sacchetto in mano a San Nicola...mi fido che le monete ci siano, e siano d'oro, e mi astengo da ulteriori commenti Perché ho parlato di rarità? Perché questo affresco, così come gli altri delle due cappelle gotiche della chiesa di San Domenico non è, di norma, visitabile dal pubblico. Lo sarà, invece, gratuitamente, in occasione della mostra Da Giotto a Gentile fino al 30 novembre...non perdete l'occasione petronius
    2 punti
  21. Inizio a dare qualche risposta. - No! Voltolina non le ha inserite nella sua opera sulle tessere Veneziane. Ne avevo discusso anche con lui ma non potendo riferirle a nessuna delle istituzioni, confraternite o enti veneziani, le aveva tenute nel cassetto. - L'unica bibliografia riferibile risale addirittura al secolo XIX, Almeno così mi risulta non avendo reperito altro. - Il testo più esaustivo è quello di J.von Schlosser, Die altesten Medaillen und die Antike, Wien, 1897, che illustra le tessere di questa tipologia conservate al Museo Bottacin di Padova, - L'attribuzione è per la famiglia dei Sesto di Venezia, orafi e intagliatori di monete e medaglie.Famiglia numerosa che tramandava da padre in figlio l'arte loro. Vissuti nel XV secolo. - Il più recente commento è di A.M.Stahk e L.Waldman, in The earliest know medalists: the Sesto brothers of Venice. in American Journal of numismatics, 5-6, New York, 1993-94. Che dubitano dell'attribuzione ai Sesto: "The style of Alessandro's reverse has led some people to suggest, without compelling evidence, that he was the creator of a large series of bronze tokens from the Veneto" - Personalmente li ritengo frutto di incisori di Venezia. Per ragioni stilistiche che non possono dar adito a dubbi. - Per il loro utilizzo risponerò di tardi pozleo
    1 punto
  22. ma pure il drappeggio...in tutti gli esemplari di questa serie che ho potuto vedere è raffinato e arrtcolato...in questo caso sono tre linee storte :(
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  23. Aggiunto in Lista. Grazie per le indicazioni a tutti e due. In prossimità del Convegno le riporterò in primo piano. Ciao
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  24. Innanzitutto, una parola soltanto per il nostro @@Sorante: bravissimo. Analisi attenta e dettagliata, con riflessioni adeguate. Sì, esatto. :good:
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  25. Stupendo questo video, fa rivivere i fasti del Regno e della Napoli che nonostante le incomprensioni altrui, mostra in tutto il suo splendore l'attività creativa, scientifica, e culturale in genere, che fece della città una delle massime espressioni del vecchio continente... Fortunatamente esistono personaggi che conservano ancora certe testimonianze, donando a tutti noi gioia, e sapere...
    1 punto
  26. @luigi78 se prendi la metropolitana linea 1 ovvero quella nuova ti porta proprio alla fermata "museo", anche se comunque è la stessa cosa visto che da cavour c'è il tappeto mobile.
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  27. E' la classica tipologia per il " testa o croce " , sono state unite 2 " teste " , si può notare sul contorno la linea di unione............
    1 punto
  28. Buongiorno Giako, Lei mi mette in grande difficoltà ... di monete contemporanee non ci capisco nulla, non parliamo poi di banconote sono lo zero assoluto. COl passare degli anni qualcosa di "contemporaneo" mi è rimasto "attaccato" alle mani. In sincerità mai classificate mai apprezzate a dovere; sarà un grato compito in futuro. Questo è il mio massimo di contemporanetità ... 1913 ! Non mi chieda cosa sia, dovrei essere io a chiederglielo :). L'ho fotografata facendo un esperimento (fallimentare) di illuminazione mista.
    1 punto
  29. Traduco :lol: : "Devono pulire la cache che ha memorizzato quell'avviso." Vi copio qui le istruzioni date da Luke_idk su un'altra discussione: Quando si riscontrano difficoltà di accesso al forum (ad esempio in caso di blocco temporaneo) può essere d'aiuto eseguire alcune operazioni sul proprio pc. Come prima cosa, potrebbe essere sufficiente ricaricare la pagina cliccando contemporaneamente sui tasti ctrl e F5. Qualora non fosse sufficiente, è necessario procedere ad una pulizia della cache del browser con cui si accede ad internet. Sarebbe, in realtà, consigliabile farlo di tanto in tanto, indipendentemente dall'utilizzo del forum e, comunque, è utile farlo sempre dopo che l'amministratore ha rilasciato qualche aggiornamento. In questo caso, bisogna procedere in maniera differente, a seconda del browser utilizzato. Chrome: nella pagina web, in alto a destra cliccare sul simbolo con tre linee orizzontali (subito sotto il tasto X con cui si chiude la pagina) selezionare l'opzione strumenti si apre un'ulteriore serie di opzioni, nella quale selezionare cancella dati di navigazione nella finestra che si apre, ci sono le impostazioni per la cancellazione; sarebbe utile spuntare tutte le varie caselline (tranne l'ultima) ma attenzione che alcune di quelle cancellano anche le password memorizzate od i suggerimenti per l'autocompletamento delle ricerche. Per lo meno, spuntare immagini e file memorizzati nella cache e, possibilmente, anche cookies. In alto, compare il lasso temporale per il quale si vuole pulire la cache: selezionare "tutto" Mozilla firefox: se non si presenta la barra dei menù in alto, cliccare con il tasto destro in cima alla finestra del browser e spuntare barra dei menù cliccare su strumenti nelle opzioni che si presentano, cliccare opzioni nella finestra che si apre, cliccare sull'etichetta avanzate, in alto a destra sotto c'è una serie di opzioni: cliccare su rete a destra, trovate una serie di pulsanti: cliccate su cancella adesso NB. con windows 8, possono permanere problematiche nella gestione dei javascript. Internet explorer: cliccare su strumenti nella window che si apre, cliccare su opzioni internet (ultima della lista) nella pagina che si apre, cliccare in basso sul pulsante elimina si apre una window con varie opzioni da spuntare; disabilitare la spunta da mantieni dati sui siti web preferiti e mettere la spunta almeno su file temporanei Internet e file di siti web e cookie e dati di siti web. http://www.lamoneta.it/topic/126725-consigli-informatici-per-lutilizzo-del-forum/
    1 punto
  30. Non era assolutamente indirizzato a Renato, ci mancherebbe altro, volevo solo puntualizzare per chiarezza il fatto che la plastica è sempre e comunque nociva per la "salute" della moneta, per cui, di buoni motivi per lasciare la moneta a contatto con essa il meno tempo possibile ce ne sono, eccome se ce ne sono!
    1 punto
  31. Penso proprio sia un sigillo nel senso letterale (e anche attuale) del termine. Il residuo di filo di ferro è probabilmente il "mezzo" che chiudeva il manufatto (ipotizziamo una cassa o altro), sul quale è stato pressato il sigillo imprimendovi le impronte. Concordo che si tratti di Innocenzo XI (non Innocenzo III), sia per la legenda leggibile del "diritto" sia per il profilo del pontefice raffigurato. La chiave sulla provenienza, e magari l'utilizzo, sta nell'individuare i due stemmi affiancati al rovescio; potrebbe anche trattarsi di una produzione privata, con il diritto che è solo "devozionale", i sigilli pontifici (es. dogana) riportano solitamente una legenda che li fa attribuire all'ente che li ha apposti. Ciao, RCAMIL.
    1 punto
  32. Nel caso di banconote in corso è impossibile parlare di "raro", al massimo possono esserci combinazioni stampatore - stato meno frequenti di altre o numeri di serie particolari (molto bassi, palindromi ecc.) che vengono ricercati da alcuni collezionisti. Ma comunque siamo nell'ambito delle curiosità, niente che possa avere chissà che rarità o valore.
    1 punto
  33. È una nota patacca bifronte, ne possiedo una anch'io, è fatta di una lega metallica leggera che non sono mai riuscito ad identificare. È già passata più volte sul forum in passato, anche se non si è mai riusciti a chiarire l'origine. Unica cosa certa è che non ha alcun tipo di interesse, ne numismatico ne commerciale.
    1 punto
  34. Il tuo dubbio è più che legittimo e in parte l'ho avuto anch'io e vale sia per l'ipotesi caveau che per l'ipotesi tomba. Le tombe ipogee etrusche sono di regola scavate in rocce tenere (panchina, tufo, ecc.) ma non mi sento di escludere apriori l'ipotesi della tomba riutilizzata come caveau così come l'ipotesi della realizzazione in epoca rinascimentale; non dimentichiamo che la lavorazione del granito a Marciana ha tradizioni millenarie. Per quanto riguarda la tua domanda "romantica" posso solo dirti che, a tutt'oggi, non ci sono documenti che ci possano consentire una risposta certa. Personalmente ho anch'io una mia ipotesi "romantica" ma non la metterò mai per scritto! Semmai ne parleremo a voce a Marciana. A parte gli scherzi, mi sentirei tranquillo a scommettere un 40-50% di probabilità, basandomi sul fatto che la popolazione elbana era pressappoco equivalente a quella "continentale". La differenza tra le due officine poteva essere semmai relativa alle coniazioni di monete d'oro e in argento di grande modulo che, a logica, potevano essereconiate preferibilmente nell'officina piombinese.
    1 punto
  35. scusate se e' poco per il passaggio 19/20/21,grande augusto
    1 punto
  36. Complimenti. Tessera molto bella. Molto probabilmente Venezia XV sec. Tipologia poco studiata. Allego le immagini di due miei esemplari coniati utilizzando gli stessi conii della tua per una delle loro facce. O meglio il conio del personaggio assiso è lo stesso, della testa laureata è identico il disegno. La bibliografia per questa tipologia di tessere è scarsissima. pozleo
    1 punto
  37. @ nando12 per me sei troppo pessimista con le conservazioni; i centesimi san marino sembrano perfetti soprattutto il 5 qfdc secondo me Sent from my GT-I8190N using Lamoneta.it Forum mobile app
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  38. Oggi desidero riaprire questa discussione a parer mio molto interessante, chiedo scusa se a volte non intervengo nelle discussioni di Mario ma sapete .......... siamo in piena estate, fa caldo, il mare, le donne che mi passano davanti di continuo, e sinceramente la numismatica viene messa un po' da parte nella calda stagione. Mario @@dabbene devi avere un poì di pazienza, ecco perchè molti non partecipano al forum in questo periodo, son ragazzi! Almeno questo è ciò che accade al sottoscritto, vedrai che a ottobre scriveranno in molti............ Ma cosa significa avere un pezzo di storia tra le mani? Beh, spero di non annoiarvi esprimendo il mio pensiero, d'altronde l'esempio che sto per fare è inerente all'argomento e quindi ci potrebbe stare, esso dimostra che senza alcun dubbio una moneta, o meglio, una medaglia può trasmettere ad ogni appassionato la storia in diretta (occhio! Mi riferisco agli appassionati e non a coloro che trattano la numismatica per mero lucro) e quell'emozione che non si ha nello sfogliare un libro o un'enciclopedia o navigando in rete, ma quale storia mi direte? Quella dei potenti? Quella delle persone umili e quindi l'emozione di aver tra le mani una moneta passata nelle mani di migliaia di comuni mortali? No, quelle storie di uomini poco noti che con la loro genialità artistica hanno contribuito indiscutibilmente al progresso e alla ricchezza di una società, specie se quella società è ambientata in uno stato pre-unitario, a quei tempi con una forza lavoro del 51% di occupati nell'industria, detentore di diversi primati economici e sociali, terza potenza mondiale dopo Francia e Inghilterra, denigrato e svalorizzato dalla retorica risorgimentale, la mia terra! Le Due Sicilie! Avere tra le mani una moneta di un sovrano spesso ci porta indietro nel tempo e grazie ad essa è possibile fantasticare con la mente, rivivere un determinato periodo storico, avere poi tra le mani una medaglia commemorativa è a parer mio ancor più emozionante perchè si è in contatto diretto con un preciso avvenimento storico o militare o vario, …...... ma avere tra le mani un tondello del genere, o una serie di tondelli nominativi simili, si ha la possibilità di indagare la storia e i fatti di determinate persone e rivivere quelle emozioni, gioie e dolori che hanno portato un determinato personaggio ad una simile premiazione. Alla fine degli anni '80 collezionavo solo monete del Regno d'Italia e cartamoneta, poi agli inizi degli anni '90 passai alle Napoletane, ero attratto molto dal fascino delle monete ma il salto di qualità ci fu quando acquistai una bella medaglia d'argento borbonica per premio industriale del 1853 (questa in oggetto del diametro da mm. 52). Come qualcuno saprà colleziono anche dipinti antichi, antiquariato vario, maioliche e terraglie antiche e quando mi saltò all'occhio questa medaglia capii una serie di collegamenti tra storia, arte e numismatica, apprezzai questo esemplare non solo per la bellezza del busto del re e per i rilievi, ma il cognome del premiato, un cognome familiare per me che colleziono terraglie. Dopo avervi raccontato molto brevemente qualche mia piccola passione spero possiate immaginare l'emozione di aver tra le mani una medaglia simile donata agli autori di così tante bellezze artistiche (con tanto di documentazione che ne testimonia il conferimento). Per me che considero le terraglie napoletane dei Del Vecchio vere e proprie opere d'arte è stato un vero colpo, forse qualcuno potrebbe anche rispondere che nei musei non mancano medaglie più importanti, ok, ma, per rimanere in tema, questo è un pezzo di storia tra le mie mani! Un tondello che nelle mani di un commerciante vale X ma nelle mani di uno che ne apprezza la storia vale X moltiplicato per tantissimi altri fattori. Spero di farvi cosa gradita riportando a titolo informativo, senza alcuna intenzione di far pubblicità, alcuni siti internet che riportano notizie storiche sull'argomento ed alcune immagini dei manufatti in oggetto. La terraglia è da considerarsi una ceramica di creazione inglese del XVII secolo. Il termine 'terraglia' indica un prodotto realizzato con vari tipi di argille bianche, mescolate a terre silicee calcinate e rivestite di vernice piombifera la quale, dopo la cottura, dona il caratteristico colore bianco avorio della terraglia ed una notevole resistenza. In Italia molte manifatture adottarono nel Settecento l'uso della terraglia, fra le quali quella di del Vecchio a Napoli. La manifattura della famiglia del Vecchio iniziò la produzione di maiolica e terraglia a partire dal settecento riscuotendo alla fine del secolo l'apprezzamento della corte borbonica, mentre agli inizi del XIX secolo partecipò con successo alle Esposizioni dei prodotti dell'industria ceramica. http://www.galleriaverde.com/info.php?IID=259&CA=Ceramiche&SubCA=1800&UID=2008123004221166.249.65.7 http://www.christies.com/lotfinder/LotDetailsPrintable.aspx?intObjectID=3925902 http://www.antiquariolanfrancodonatone.com/chi-siamo/oggetti-di-antiquariato Nelle immagini allegate osserverete la medaglia conferita a Gennaro Del Vecchio pei lavori di terraglia alla mostra industriale di Napoli del 30 maggio del 1853, le sorprese per me non finiscono qui! Proprio alcuni mesi fa mi capitò, quasi come se fosse segno del destino, una medaglia del 1844 intitolata a Cherinto Del Vecchio in buono stato ma con diversi colpetti al bordo, ma nonostante il prezzo fu altissimo ritenni opportuno prenderla ugualmente. L'obbiettivo di questa mio post non è quello di parlarvi della mia storia personale ma ha un altro scopo molto importante, un valore che oggigiorno molti giovani hanno perso di vista, specie quando si valuta numismaticamente e commercialmente una moneta con lenti d'ingrandimento alla mano e scandagliano pelo per pelo una moneta alla ricerca di certe futilità come ad esempio l'esasperazione della conservazione eccezionale. Certe monete o medaglie hanno un valore incommensurabile quando hanno alle spalle storie di vita quotidiana o di grandi avvenimenti, la mia esperienza personale, per quanto piccola ed umile possa sembrare, dimostra che in presenza di alcuni fattori storici, tutti gli altri elementi valutativi passano in secondo piano, conservazione compresa. Concludo questo mio tediante post segnalandovi che a supporto di quanto scritto si sta portando avanti una ricerca molto dettagliata sulle medaglie premio, perchè queste ultime, a differenza di altre, sono tutte uniche …............ perchè unici sono i personaggi premiati. http://www.lamoneta.it/topic/126318-medaglie-premio-borboniche-dati-interessanti/ Grazie a tutti per l'attenzione …............ vi invito a partecipare in tanti, scommetto che ognuno di voi ha un pezzo nella propria collezione al quale è particolarmente legato per la sua storia. Francesco Di Rauso P.s. Un po' di storia: DEL VECCHIO Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 38 (1990) Di Gennaro Borrelli DEL VECCHIO. - Famiglia napoletana di ceramisti operante tra i secc. XVII e XIX, la cui attività si colloca nel perpetuarsi della tradizione di arti e mestieri in seno al medesimo clan. Durante il '700 e fino al 1826 la fabbrica ebbe sede a Napoli al Borgo Loreto (al limite con ponte della Maddalena) ove, sin dai primi del Seicento, erano state aperte alcune "faenzere" (fabbriche) per la produzione di oggetti in maiolica e "riggiole" (mattonelle maiolicate per pavimenti e rivestimenti; poi passerà nella vicina via della Marinella). La prima testimonianza dei D. è costituita dalla presenza del "riggiolaro" Stefano (nato nel 1692: Napoli, Arch. stor. diocesano, Processetto matrimoniale n.2409), la cui ultima opera è il pavimento con mattoni "molto fini e faticati" per la chiesa dei gesuiti di Catania, del 1765 (Ibid., Arch. stor. d. Banco di Napoli, Banco Pietà, Matr. 2253, 2255, 1765). Gli successe il figlio Domenico (nato nel 1732: Ibid., Arch. stor. diocesano, Lettera D.) di cui si hanno molte notizie fino al 1785. Contemporaneamente altri D. risultano presenti presso la R. Fabbrica di maioliche di Caserta, voluta da Carlo VII di Borbone nel 1753: Angelo (dalla fondazione alla chiusura nel 1756), Gennaro dal 1754 e Nicola dal 1755, tutti operanti nel settore della pittura (Donatone, 1973). Gli oggetti decorati da Angelo (siglati o datati dal 1754 al 1764: Donatone, 1981, fig. 64) dimostrano un raffinato gusto pittorico rococò derivante dalla cromia dei pavimenti settecenteschi dell'inizio del secolo. Dal 1774 al 1789 Gennaro è indicato come "riggiolaro" (Arch. di Stato di Napoli, Mon. soppr. 4144, f.n.n.): nel 1789 appare con Nicola, forse suo figlio, come titolare di una "faenzera" che produce "piatti, piattini, zuppiere, insalatiere, bacili, rinfrescatoi ed ogni altro oggetto in tinta verde" (ibid. 4146, ff. n.n.). A questa tipologia appartiene il servito di maiolica per 32 coperti (Napoli, coll. Garzilli), decorato con eleganti piccoli fiori in ramina tra un sottile disegno in manganese su ampio fondo bianco: fondo bianco e ramina saranno elementi distintivi della futura produzione del tardo Settecento (Borrelli, 1961, vetrina 7). Secondo Novi (1865), nel 1785 Gennaro e Nicola avrebbero ricevuto una sovvenzione di 18.000 ducati dal re Ferdinando IV di Borbone, per dare inizio ad una produzione sperimentale di vasellame di terraglia secondo il tipo inglese, onde evitare la considerevole importazione di tali oggetti; ma la notizia risulta inesatta (Borrelli, 1985, p. 36). Esiste però un inedito servizio di terraglia con le vedute di Napoli, siglato "F.D.V." - Fabbrica Del Vecchio - (Napoli, coll. privata) che evidenzia la ripresa semplificata dal celebre servizio "dell'Oca" prodotto nella R. Fabbrica dal 1792 al 1797 e che dimostrerebbe la più antica attività della fabbrica. Una nota di pagamento del 1815 (Arch. stor. del Banco di Napoli, Banco Pietà.Cassa, ff. n.n.) attesta la vendita di oggetti di porcellana, "vasi e candelieri", da parte di Nicola; ciò molto prima dell'antagonista fabbrica Giustiniani, con la quale suo nipote Cherinto risulta associato nel 1836 (Carola Perotti, 1972, p. 852) dopo una vivace contesa. Nel 1818 la fabbrica appare gestita da Gaetano, il quale fino al 1822 ricevette premi nelle esposizioni delle industrie napoletane per i suoi ottimi prodotti di terraglia "venduti anche all'estero". Nella successiva edizione del 1826 era presente per la prima volta Cherinto con un suo dichiarato campionario di oggetti in terraglia realizzato nella nuova sede alla "strada della Marinella 4", nella quale produceva le originali mattonelle con fiori (firmate, 1820 circa); oppure il pavimento del 1829 per la chiesa di S. Maria de Commendatis di Maddaloni (Caserta), con marca "Del Vecchio" in una ghirlanda di alloro sormontata da una corona regia, a ricordo dell'antica concessione reale. Nel 1830 Cherinto ricevette una medaglia d'oro per le sue porcellane prodotte con "materiali indigeni", distinguendosi anche nelle esposizioni del 1832 e del 1834; nel 1836 ricevette il premio congiuntamente ai Giustinani, con i quali era in società (Liberatore, 1834).Nel 1840 Cherinto fu ancora premiato per gli oggetti di "terraglia all'uso inglese", ma quando la direzione fu assunta dal figlio Gennaro, questi, nell'incapacità di reggere alla concorrenza delle nuove fabbriche, prima scadde in una produzione di serie e poi, nel 1855, chiuse la fabbrica (Mosca, 1908, p. 126), che fu poi rilevata, nel 1870, dall'ultimo dei Giustiniani, Michele. Non è possibile integrare la storia della fabbrica Del Vecchio con la vasta produzione mai datata, anche se spesso siglata. Alcuni elementi distintivi aiutano solo ad isolare i prodotti da quelli della coeva e più nota fabbrica Giustiniani e dalle ripetizioni. I D., come le altre fabbriche, produssero, contemporaneamente, due o tre campionature differenziate per gusto, rifinitura, soggetto e colore, i cui modelli, spesso, furono riutilizzati a distanza di tempo. Ad una produzione raffinata ne accoppiarono una popolareggiante onde soddisfare le richieste di diverse fasce della clientela, costituita dalla ricca, media e piccola borghesia: la nobiltà acquistava le porcellane. Uno degli elementi distintivi è la prevalenza del senso plastico, fuso ad una sintesi cromatica ridotta a pochi ornati su un ampio fondo bianco, anche quando la composizione è costituita da fiori, animali e paesaggi; abbondante è la produzione della terraglia bianca e di quella marmorizzata. La decorazione "all'estrusca ed all'egizia" si presenta più geometrizzata e semplificata rispetto ai coevi campioni della Giustiniani. Il gruppo dei modellati, particolarmente coppie in costumi del sec. XVIII, o i più noti "Pulcinella" e gli animali, riflettono la ricerca di sintesi plastica e cromatica dei serviti. Per la produzione più corrente la cromia è data per campiture secondo le esperienze settecentesche, e ciò fino al 1826 quando Cherinto propone una tipologia più raffinata d'impronta neoclassica, tentando di trasferire sulle terraglie le delicatezze del decoro delle porcellane. Delle porcellane non è stato possibile reperire pezzi siglati, certo confusi con quelli dei soci Giustiniani, o addirittura con quelli non segnati della R. Fabbrica; infatti il Carafa, duca di Noia (1877, pp. 311, 315, 342, 358), precisa che i D. ripeterono i modelli della R. Fabbrica, ed a tal proposito indica un gruppo di biscuit antico, raffigurante una Coppia in costume del secolo XVIII, montato su una base in terraglia dai D., oltre ad un vaso, un candeliere ed un pomo di bastone derivanti da modelli della R. Fabbrica. È al periodo più antico, verso il 1815, quando producevano una terraglia molto bianca coperta da spessa vernice porcellanata, che sono da assegnare due gruppi modellati da scultori che operarono anche nell'ambito della plastica da presepe napoletana: S.Michele arcangelo (Napoli, Museo S. Martino: Causa-Bonucci, 1964, fig. 19) eTobiolo e l'angelo (ibid., coll. private: Borrelli, 1985, p. 37). Al settore della "mezza porcellana" sono da assegnare il gruppo del Genio di Napoli che indica l'abbondanza della terra (Carafa Noia, 1877, p. 308) e Bacco e Cupido (ibid., p. 342). Di non facile soluzione è il problema degli oggetti prodotti nell'ambito delle rappresentazioni plastiche d'impostazione ottocentesca ma riflettenti canoni settecenteschi, come la serie dei calamai la cui funzionalità era mascherata in una mossa base rococò con reticella (motivo tipico dei D.), derivante dalle decorazioni dei pavimenti e vasi del '700, sovrastata da un Ragazzino in ginocchio (Napoli, coll. Pisani) o da un Pulcinella gobbo (ibid., coll. privata). Questa serie, erroneamente attribuita ai Giustiniani (Putaturo Murano, 1981, tav. XV), fu realizzata nelle versioni della terraglia bianca e colorata (Borrelli, 1961). 1 gruppi di figure in costume del sec. XVIII, o quelli dell'inizio dell'800, come quelli del Museo Correale di Sorrento (erroneamente attribuite alla fabbrica Giustiniani: Morazzone, 1938, p. 8) sono ripetizioni eseguite verso il 1840 di modelli della prima produzione dei D. (1815 circa). Non diversamente la Coppia di borghesi a passeggio (Napoli, coll. Novelli) certo dei D. sia per la tipica base marmorizzata sia per la funzionalità del tronco di albero porta penna, elemento che mostra l'idea "dell'oggetto-regalo". Ripetizione di modelli ottocenteschi, verso il 1840, è, la serie dei Pulcinella con le scimmie (Carafa Noia, 1877, p. 353; Museo Correale, Sorrento; Napoli, coll. Di Donato), alcuni con la tipica spessissima patina d'invetriatura dei D. che determinava, nel giro di pochi anni, lo spellamento detto "del saltar via". Il "presepe" napoletano, tra Settecento ed Ottocento, costituì un avvenimento artistico di - notevole rilievo nel quale la scena della "taverna" era arricchita da numerosi esemplari, in minute proporzioni, dei medesimi oggetti in maiolica che allietavano le tavole del tempo: una straordinaria serie di queste zuppiere, vassoi, piatti "alla reale", fiasche, lucerne, "giarre", "scafaree", ed altri oggetti dei D., era presente alla mostra del 1961 (Borrelli, vetrina 5). Nella medesima mostra erano presenti gli esemplari per serviti in terraglia bianca (Napoli, coll. Di Donato), una particozlarità della produzione dei D.: fioriere, rinfrescatoi da bicchieri, tazze, fondine, brocche, canestrelle per frutta, candelieri, burriere, zuppiere, acquamanili, stufette per gelati, tazze per brodo, salsiere, vassoi, serviti per déjeuner, per tête-à-tête, lattiere, teiere, bacili e brocche per barba, fornelli per pipe, tabacchiere, oliere, portaprofumi. A tale genere appartengono le zuppiere "a tripode", con le protomi leonine o di Medusa, nelle varianti policrome o bianche di piccole rose (Napoli, coll. privata) siglate "F.D.V.N." (Fabbrica Del Vecchio, Napoli). Le marche non sono sempre decifrabili e databili: la "F.D.V." va riferita alla produzione più antica, presumibilmente fino al 1818, nella gestione di Gaetano e prima delle larghe esportazioni all'estero; mentre l'aggiunta di "N" (Napoli) può giustificarsi proprio con la diffusione fuori dell'Itafia. La marca "Del Vecchio" e quella "Del Vecchio, N.", in corsivo, possono riferirsi al più noto periodo della gestione di Cherinto, sia per la similitudine con le marche recuperate a tergo di mattonelle databili, sia per quel raffinato gusto, che fu proprio di Cherinto, di trasferire le tecniche delle porcellane sulle terraglie. A tale genere appartengono gli eccezionali inediti oggetti, dalla raffinata decorazione (Napoli, coll. G. Donatone), fino ad ora erroneamente attribuiti alla fabbrica Giustiniani per la cromia elegante e miniaturata nelle scene di soggetto popolare (il ritorno dalla festa della Madonna dell'Arco e una vendita di pesci), raffigurate su un grande "cratere", e della Galateasu un piccolo vassoio, ambedue siglati "F.D.V.N. (Borrelli, 1985, p. 34). Risultano marcati "Dei Vecchio N." oggetti in stile "etrusco" ed in terraglia bianca del Museo S. Martino, Napoli; mentre non sono stati recuperati quelli che il Mosca (1908) indica segnati dalla marca "Del Vecchio" preceduta e seguita da un rombo. Fonti e Bibl.: R. Liberatore, Dei saggi delle manifatture napoletane esposti nella solenne Mostra del Regno delle Due Sicilie, in Annali civili, IV (1834), pp. XXVII s.; G. Novi, Dell'industria ceramica nel Napoletano, in Atti d. Ist. di incoraggiamento, Napoli 1865, p. 36; Esposizione naz. di belle arti, a cura di P. Carafa Noia, Napoli 1877, pp. 308-342, 353, 358; G. Novi, Ifabbricanti di maioliche e di terraglie in Napoli, in Atti dell'Acc. Pontanzana, XIV (1881), p. 171; L. Mosca, Napoli e l'arte ceramica, Napoli 1908, p. 126; G. Morazzone, Il Museo Correale di Sorrento, Roma 1938, p. 8; I Mostra storica dell'arte della maiolica a Napoli, a cura di G. Borrelli, Napoli 1961, pp. n.n.; M. Causa Picone-A. M. Bonucci, Mostra di oggetti e di documenti storici nelle raccolte dei depositi del Museo di S. Martino, Napoli 1964, p. 59; A. Carola Perrotti, Porcellane e terraglie napoletane dell'Ottocento, inStoria di Napoli, IX, Napoli 1972, pp. 851-856, 865 s., 876 s.; G. Donatone, La Reale Fabbrica di maioliche di Caserta, Napoli 1973, pp. 49 s.; Id., La maiolica napoletana del Settecento, Napoli 1981, fig. 64; M. Rotili, La manifattura Giustiniani, aggiornamento a cura di A. Putaturo Murano, Napoli 1981, pp. 103-119; G. Borrelli, Inediti e rivalutazioni della ceramica Del Vecchio, in Napoli nobilissima, XXIV (1985), pp. 30-44; Id., La maiolica e la terraglia tra arte e artigianato, in Lo Spazio (Napoli), I (1986), pp. 140-144.
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  39. @@fabio22 Non ho capito bene cosa intendi dire. Forse sono io che non mi sono spiegato bene. La medaglia che ho postato è come quelle che mi hai linkato, la differenza però è il metallo che è bronzo argentato (non dorato), e poi una piccola differenza di peso che forse è anche trascurabile per le prime due del link. Però se ci riferiamo alle prima del lik, quella non ha l'appiccagnolo, mentre la mia si. Ecco perchè chiedevo nel mio primo post dove andrebbe inserita. Diciamo W-AE922/8-2 ? Che ne pensi Fabio?
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  40. Cerco di risponderti sulla questione "Zecca". Il principato di Piombino inizia le proprie coniazioni nel 1595 con Jacopo VII Appiani; interrotte nel 1603, riprendono con Niccolò Ludovisi nel 1640, per terminare con Giovan Battista Ludovisi alla fine del '600. E' abbastanza noto che i piccoli stati coniavano più per motivi di prestigio che per reale necessità, visto che le monete valevano per il loro valore intrinseco e che dal '400 fino alla fine del '500 Piombino non aveva avuto moneta propria ma questo non aveva creato nessun problema economico, anzi. E' altrettanto noto che i vari signori (parlo sempre di piccoli stati) preferivano avere la Zecca (che era di loro proprietà personale e non dello Stato) sotto il loro diretto controllo, quasi sempre nel loro stesso palazzo o nelle immediate vicinanze. Zecca che, di regola, aveva una propria officina gestita direttamente da persone di fiducia del signore appaltata a terzi. Il principato di Piombino aveva la particolarità di essere diviso in due dal canale di Piombino che nel XVII secolo (ma anche prima e dopo) era reso insicuro non solo dalle frequenti mareggiate ma anche da una non infrequente presenza di pirati e predoni. Dovendo fornire di propria moneta l'isola era molto meno rischioso trasportare da Piombino all'Elba il rame che non le monete già coniate. Parlo di rame perchè da alcuni documenti che ho trovato di recente nell'Archivio Segreto Vaticano risulta che l'argento fosse utilizzato rifondendo monete spagnole (Portolongone) o fiorentine (Portoferraio) presenti sull'Elba. Da questo documento avrei motivo di supporre che sull'Elba venisse coniata solo moneta di piccolo taglio (mezzi giulij, crazie e quattrini) che serviva all'uso quotidiano della popolazione. Con queste premesse, veniamo allo Zanetti che parla di quattro officine: due in continente (Piombino e Follonica) e due isolane (Marciana e Rio Elba). Poichè è evidente che quattro officine per uno stato che contava non più di 5.000 abitanti erano eccessive, è naturale escludere le due che non rispondono a nessun criterio funzionale, Follonica e Rio, oltretutto piccoli centri ben poco difendibili. Resta Piombino, con l'officina "...nei pressi della Cittadella...(residenza dei principi)" e Marciana nella " casa Bernotti..." che guarda caso era il <majordomo> dei Ludovisi sull'elba e la cui residenza è tutt'uno con la residenza estiva dei principi di Piombino e risponde quindi alle caratteristiche cui sopra ho fatto cenno. Lo Zecchini è un bravo archeologo (magari non certo "...uno dei massimi esperti di Etruscologia..." come enfaticamente lo descrive il giornalista e come spero lui stesso non si sia autodefinito) ma non mi risulta ssere uno studioso della monetazione piombinese. Naturalmente gli ambienti recentemente restaurati a Marciana non sono tutta "l'officina della Zecca" ma sono alcuni ambienti di un'officina certamente più ampia; problemi di varia natura hanno impedito al comune di Marciana di acquisire quelli che verosimilmente potevano essere gli altri locali, ma resta comunque, a mio avviso - e non solo perchè ne ho curato l'allestimento - un'operazione importante per arricchire la storia di Marciana e del Principato. Infine due parole sulla "tomba etrusca" ipotizzata dallo Zecchini. Visto che non sono un etruscologo (ma conosco eminenti studiosi di etruscologia), possiamo ragionevolmente dire che ci sono motivi a favore dell'ipotesi ed altrettanti contrari e che un'approfondimento non può che essere benvenuto. Quello che a me pare evidente è che le due cose - tomba etrusca prima e parte dell'officina della Zecca poi - non sono nè antitetiche nè in contrasto tra loro, anzi, grazie al lavoro di restauro conservativo fatto, accrescono il valore del tutto. Non mi pare invece che il problema debba essere affrontato con quel lieve tono di spocchia presente nelle dichiarazioni dell'amico Zecchini. Mi spiace di essere stato un po' lungo, ma l'argomento, come puoi capire, mi appassiona.
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  41. Taglio: 1 euro Nazione: san marino Anno: 2013 Tiratura: 456.205 Condizioni: BB Regione: Puglia
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  42. Come chiunque in qualunque epoca storica? Solo che in alcuni i pro sono decisamente maggiori dei contro e in altri viceversa.
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  43. Oggi ho deciso di mostrarvi una tra le monete napoletane di Alfonso I d'Aragona più rare ed affascinanti, la scelta del nummo che presenterò non è casuale, si tratta di una delle tipologie preferite dal sottoscritto e alla quale sono maggiormente legato, basti dare un'occhiata alla prima moneta presente nel mio sito personale. http://www.ilportaledelsud.org/francesco_di_rauso.htm Napoli. Alfonso I d'Aragona re di Napoli (1442-1458) Sesquiducato in oro da 1,5 ducati coniato tra il 1450 e 1455. Diametro: mm. 27. Grammi 5,28. (leggera limatura sul taglio e segnetto al dr.) Al dr./ + : DNS : M : ADIVTOR : ET : EGO : DESPI : INI : ME. Il re Alfonso I d'Aragona con armatura e spada su cavallo al galoppo a destra. A sinistra: S. Al rov./ + : ALFONSVS : D : G : R : ARAGON : SI : VL : FA. Stemma aragonese inquartato, palato al 1° e al 4°. (CNI 1. Pannuti Riccio 1c) Le foto non sono professionali ma sono state scattate tempo fa in un ambiente a luce naturale, l'angolazione adottata spero metta al meglio in risalto rilievi e tonalità del metallo, da notare le rigature presenti nel rovescio che fanno da sfondo alle armi dello stemma (specie nel 1° e 4° palato), l'alfonsino d'oro mostra re Alfonso in tutta la sua grandezza ed imponenza, a parte la rarità e lo stato di conservazione eccezionale, è forse la moneta più emblematica di questo sovrano. Il nominale aureo da un ducato e mezzo è noto anche come “alfonsino d'oro” o “sesquiducato” ed aveva un valore pari a 15 carlini, esso venne battuto unicamente ed esclusivamente a Napoli dal 1442 al 1458 e fu il più grande nominale aureo battuto fino in quel momento nella capitale del regno. Per comprendere al meglio l'importanza del periodo storico nel quale venne battuto questo pezzo di storia torniamo indietro di qualche anno, e precisamente in una Napoli, capitale di un regno disastrato dal potere e dai vizi degli ultimi angioini: Giovanna II d'Angiò (1371-1435 Napoli), dal 1414 regina di Napoli, passata alla storia più per la vita licenziosa che per meriti politici, nel 1386 andò in sposa a Guglielmo d'Asburgo e, rimasta vedova, sposò in seconde nozze Giacomo II di Borbone contro il quale, espressione della strapotenza francese nel regno, i baroni si ribellarono. Giovanna elesse allora nel 1417 gran siniscalco il proprio amante, il nobile Giovanni Caracciolo, detto Sergianni, fino ad allora un oscuro notaio. Sergianni divenne il vero detentore del potere a Napoli e ben presto si inimicò anch’egli i baroni, che offrirono nel 1419 la corona del regno a Luigi III d'Angiò (1403-1434), figlio di Luigi II. Contavano sull’aiuto del papa Martino V. Crederono di avere gioco facile perché Giovanna, nonostante i numerosi amanti, non aveva figli. La regina però scoprì la congiura e invocò l'aiuto del giovane Alfonso d'Aragona, re di Sicilia, Aragona e Catalogna, nominandolo nel 1421 suo erede. Alfonso, che poi sarà detto “il Magnanimo”, ai primi di settembre del 1421 giunse a Napoli. Per due anni egli si prodigò per farsi riconoscere i diritti ereditari dal papa; pazientemente attendeva che la regina abdicasse in suo favore. Non avvenne niente di tutto ciò: anzi la regina entrò in contrasto con il giovane aragonese e nel 1423 nominò nuovo erede proprio Luigi III d'Angiò, creandolo duca di Calabria! Alfonso non accettò di farsi da parte, e nell'ottobre del 1423 assediò militarmente Napoli con l'intenzione di imprigionare la regina e spedirla in Catalogna. La città capitolò: la regina Giovanna riuscì a salvarsi a stento. Alfonso, affidato il governo di Napoli al fratello don Pietro, fece rotta su Ischia, dove resisteva nel Castello una forte guarnigione angioina. Tre soldati si arrampicarono tra le rocce, da un lato ritenuto dagli assediati inattaccabile, e quindi presidiato da poche guardie. Presero così di sorpresa le sentinelle e dall'alto della rupe calarono le corde consentendo l’invasione. Dopo cinque ore di combattimento, la cittadella era espugnata. L'anno dopo Luigi III d'Angiò riuscì a rioccupare Napoli. Nel 1432 Sergianni Caracciolo rimase ucciso in una congiura di palazzo. Giovannetta revocò l'adozione e decise di riadottare Alfonso! Alfonso sfruttò l'occasione per impossessarsi della corona. Giovanna si rivolse nuovamente a Luigi III d'Angiò, che però morì nel 1434 a Cosenza. Neanche un anno dopo, a 64 anni, moriva Giovanna II: prima di spirare, la regina nominò erede Renato d'Angiò (1409-1480), fratello del defunto Luigi III. Il 12 giugno 1442, dopo altri sette anni di guerra e ripetuti successi militari su Renato, Alfonso entrava trionfalmente a Napoli. Il re di Sicilia era dotato del maggior parco di artiglieria dell'intera Europa e, nell'ultimo assedio, che iniziò il 10 novembre del 1441, ridusse il Maschio Angioino ad un ammasso si macerie, poi da lui stesso ricostruito con il nome di Castelnuovo. Riuscì il 12 giugno del 1442 a penetrare nella città in modo romanzesco attraverso quel pozzo di Santa Sofia, già utilizzato dagli invasori bizantini 900 anni prima. Alcuni mesi dopo la conquista del regno Alfonso, per impressionare la fantasia popolare e gli ambasciatori degli stati esteri, volle inscenare un clamoroso e fantasmagorico ingresso nella capitale. La scenografia dell’evento fu improntata allo stile dei trionfi dell’antica Roma: fu così eretto l’arco in marmo, ritenuto all’epoca il più insigne momento civile delle arti rinnovate in Italia, nella facciata principale del Maschio Angioino. La memoria di questa solenne cerimonia ci è stata tramandata da cronisti e poeti del tempo, come Gennaro Maria Monti. Questi racconta fedelmente «come lo re Alfonso d'Aragona entrò nella città di Napoli col carro trionfale. Alli 1443 alli 26 del mese di Febbraio di Martedì alle 15 hore entrò lo Re Alfonso d'Aragona col Carro Trionfale, et entrò per la porta del Mercato, e prima lo suo entrare fece rompere, et abbattere tante canne delle mura della detta Città di Napoli trionfando come l'antichi Sovrani. Sopra lo detto Carro, Sua Maestà sedeva con lo scettro …» Successivamente Alfonso si rivelò un sovrano "illuminato" e generoso, che seppe fare del regno un centro artistico e culturale. Con lui, dopo circa due secoli e mezzo, la Sicilia e la parte continentale del Regno si ritrovarono sotto lo stesso sovrano, che fu chiamato "Re delle Sicilie". Nel 1446 si impadronì anche della Sardegna, diventando re della principale potenza occidentale nel Mediterraneo. Il 17 giugno 1458 Alfonso moriva senza coronare il sogno di conquistare anche Genova, dominata, per conto del re di Francia, da Giovanni d'Angiò figlio di Renato, che s'era fatto incoronare come legittimo re di Napoli. La Repubblica di Genova aveva costituito il nemico più prossimo e reale di Alfonso, che perciò si occupò molto poco dell’espansionismo turco-saraceno. Il settantaduenne monarca, il giorno prima di morire aveva dettato il suo testamento, nel quale ribadì che lasciava Napoli al figlio naturale Ferdinando (o Ferrante) mentre la Sicilia sarebbe passata al fratello Giovanni. (Fonte: www.ilportaledelsud.org ) Al dritto della moneta qui postata è possibile ammirare tutta la potenza del sovrano aragonese, padrone oramai di mezzo mediterraneo, precisamente la sua coniazione non iniziò a Napoli ma a Gaeta e precisamente dal periodo in cui Alfonso scelse come base operativa la città tirrenica per la sua posizione strategica, ad oggi le monete gaetane non sono distinguibili da quelle coniate a Napoli, la coniazione a Gaeta sarebbe testimoniata dall'esistenza di un documento datato 25 agosto 1440 nel quale figura come credenziere della zecca di Gaeta un tale Gilforte de Ursa de Messina, altri i documenti nei quali figurano come maestri di zecca operanti in questa città dopo il 1442 (Guido d'Antonio dal 1441 al 1448; e Giovanni de Ponte 1461) ma non è possibile stabilire con certezza se la presenza di una zecca e relativo maestro di zecca in una città del regno sia sinonimo di coniazione realmente avvenuta, spesso la zecca era intesa anche come un ufficio che aveva il compito di controllare e saggiare la bontà dei metalli delle monete che transitavano in città, con questo non voglio dire che Gaeta non coniò ma è bene andarci con i piedi di piombo. Altra questione affascinante riguarda il cimiero di Alfonso, recante un drago alato. I cimieri assumono un'enorme importanza nell'araldica del XIV e XV secolo, al punto che "le bon roi Reneé", l'ultimo rivale di Alfonso sulla strada verso la corona del Regno di Sicilia citra Pharum, gli dedicò un apposito trattato, si dice miniato di suo pugno, il Traité de la forme et devise d'un tournoi, dove appunto i cimieri hanno un particolare rilievo, come in questa straordinaria miniatura ivi contenuta: In una nota della sua opera sulle monete di Carlo VIII, il Fusco, sulla scorta di Scipione Mazzella, accenna al particolare valore che il cimiero ebbe nella contesa dei due papabili eredi della regina Giovanna: "Renato di Angiò, fugati ch'ebbe gli aragonesi dai dintorni di Napoli, si tolse per impresa un bue portando sul dorso lo scudo di sua stirpe, col motto francese PAS A PAS, per dinotare ch'egli al pari del bue, il quale sebbene cammina assai lentamente, non è però che col tempo non vada molto lungi. [...] A competenza di questa impresa di bellissimo intendimento, Alfonso ne inventò un'altra, che aveva un dragone tutto stizzoso ed adirato con regia corona sul capo, col qual corpo senza anima volle dinotare ad un tempo medesimo la forza e la vigilanza sua, mercé le quali virtù senz'altro lo avrebbe cacciato di trono." Segue la leggenda, in origine dovuta al Summonte, secondo cui i primi alfonsini si sarebbero coniati con l'oro proveniente dalla fusione della statua di San Michele Arcangelo al Gargano. Il re d'Aragona in sella ad un destriero bardato di gualdrappa con i colori del casato in una minatura da "Le Grand Armorial Equestre de la Toison d'Or" (1440 ca.): @@JunoMoneta L'ipotesi di Mazzella e Fusco è affascinante, non fosse che l'impresa del dragone alato figura già, riferita alla casa d'Aragona, in una pagina dell'Armoriale danese di Gelce o Gheldria, redatto tra la fine del XIV e l'inizio del XV secolo, quando Alfonso il Magnanimo era probabilmente in fasce: Di seguito il link di un'interessante discussione sul tema. Alla pag. 2 di questa discussione è possibile ammirare quanto scritto nel 2010 dall'amico Giuseppe (Junomoneta). http://www.lamoneta.it/topic/62311-sesquiducati-napoletani-doro-di-alfonso-daragona/page-2 La sigla S al dritto del sesquiducato protagonista di questo post indica l'iniziale del maestro di zecca Francesco Senier operativo alla zecca di Napoli tra il 1450 e 1455, la zecca di Napoli coniò in quel periodo una gran quantità di sesquiducati senza sigle, tanto che ad oggi tutte quelle non siglate risultano essere di una certa reperibilità sul mercato, pochi o pochissimi invece gli esemplari battuti a Napoli e siglati dai maestri di zecca. A parere di chi scrive, stando ad una classifica basata sulla consultazione di vari cataloghi d'asta, gli esemplari con la sigla S risultano essere proprio quelli più rari. Su Alfonso d'Aragona c'è da scrivere molto sul punto di vista numismatico oltre che artistico, con la sua ascesa sul trono napoletano Napoli divenne fulcro della corrente artistica rinascimentale, Alfonso il Magnanimo elesse Napoli come sua residenza principale e fece della città importante crocevia di artisti e letterati, grazie a lui Napoli era considerata a sud di nessun'altra città ma al centro del Mediterraneo. Alcuni link utili: http://www.ilportaledelsud.org/bcnn1936c.pdf http://www.ilportaledelsud.org/bcnn1968a1.pdf http://www.ilportaledelsud.org/bcnn1968a2.pdf http://www.ilportaledelsud.org/bcnn1968a3.pdf http://www.ilportaledelsud.org/bcnn1981b.pdf http://www.ilportaledelsud.org/bcnn1983a.pdf
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  44. Sto attendendo il ritorno dei miei colleghi a settembre per organizzarmi.
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  45. Ciao Angel, se sarai libero quel giorno ti consiglio di aderire e partecipare, daremo assistenza sotto ogni punto di vista, anche pranzo al sacco gratuito (visto l'orario). L'importante è sapere chi verrà! :good:
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  46. Bronzetto siculo punico. La serie, battuta su tondelli molto spessi e globulari, fu emessa tra il 370 e il 350 a. C.
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  47. Leone XIII - 1890 - Madonna di Catamarca - Modesti n° 186
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