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Contenuti più popolari

Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 02/03/15 in tutte le aree

  1. Purtroppo credo che ora come ora, sia praticamente impossibile capire se la parte restante delle divisionali di Andorra verrà venduta solamente ai commercianti oppure in futuro daranno la possibilità di acquistarle tramite moduli oppure online singolarmente ai privati come la maggior parte di noi e ad un prezzo accessibile. Possiamo fare tantissime ipotesi, ma non arriveremo mai ad avere alcuna certezza purtroppo... La cosa che noto è che oramai qualsiasi commerciante, dal più piccolo al più fornito, ha la divisionale in vendita e non credo che ognuno di essi si sia recato personalmente ad Andorra per comprarne un certo quantitativo. Poi magari mi sbaglio, qualcuno mi può venire a dire che Andorra vende solo presso il proprio stato come è stato detto, ma io non ci credo. Sapete quanti modi ci sono per fare le cose sottobanco e non vengono certo a dirlo a noi... C'è anche da dire che avrei diversi pensieri da scrivere, previsioni su come le cose andranno che ritengo personalmente abbastanza fondate, ma da questo momento in poi non sapendo esattamente chi legge questo forum (magari pure gli andorrani stessi), evito di dirli per non dare altri spunti (agli andorrani o ai commercianti in combutta con loro), che ci darebbero la zappa sui piedi a noi. Quindi me li tengo per me. Quello che mi sento di dirvi è che ci sono due correnti di pensiero: proprio per l'incertezza assoluta sull'evoluzione dei prezzi di questa divisionale, c'è chi corre a comprarla ora pagandola una fortuna, perché ha paura che il prezzo aumenti. E c'è chi come molti di noi si comporta in modo razionale e dice no a questa speculazione umiliante che uccide il collezionismo e spera nel "miracolo". Personalmente non vi nego che avrei molto piacere di avere la prima divisionale di Andorra tra le mie mani ed in collezione e quindi da un lato sarei tentato di acquistarla ai prezzi attuali, ma dall'altro lato penso che prezzi superiori a 100 euro siano folli, ingiusti e quindi dico no a questa speculazione e mi rifiuto di acquistarla. Succeda quel che succeda, che i prezzi aumentino o no, i commercianti non avranno mai i miei 120-150 euro, per una questione di principio. Per cui la mia decisione è che IO A QUESTI PREZZI NON ACQUISTO. Molta gente dovrebbe iniziare a capire che non avere un pezzo in collezione non è la morte di nessuno. Nella vita le cose gravi sono le malattie, non la mancanza di una euro serie. Ci saranno occasioni per avere le monete di Andorra a meno. E nella vita bisogna avere pazienza, con la fretta si commettono solo errori, come comprare questa divisionale sopra i 100 euro. Se la gente capisse questa cosa e nessuno acquistasse dai commercianti, se nessuno facesse la fila fuori dai rivenditori andorrani vorrei proprio vedere le loro facce tristi e il pugno di mosche in mano, vedete come inizierebbero ad abbassare la cresta e a vendere tramite moduli/online. Detto questo è chiaro che tutta questa politica di distribuzione da parte di Andorra rimane un VERO SCHIFO e tutto questo problema parte da loro. Peggio di così non si sarebbero potuti comportare.
    6 punti
  2. Questa moneta la inserisco più che altro per annoverare nella discussione anche questa nazione. ______________ 1871 Prince Edward Island Vittoria (1819-1901) 1 Cent - Rame
    4 punti
  3. Per il 1871 posto l'unica moneta in materiale nobile che ho e che quando l'ho trovata in mezzo a un pò di monete che mi sono state regalate, ho detto: ma questo è qu.. qu.. quasi un miracolo Belgio Leopoldo II 20 Franchi (marengo)
    4 punti
  4. Cari amici proseguendo nella galleria numismatica savoiarda del lunedì, mi piace oggi condividere con Voi la sorella minore del 100 lire postato una settimana or sono. L'esemplare da 50 lire qui fotografato, come al solito con i risultati che vedete, pur coniato in 414 esemplari, è considerato un R4 rispetto alla classificazione R3 vantata dal pezzo maggiore. Probabilmente dipende dal numero di esemplari in circolazione, che è sempre stato assai limitato. Questa moneta è di relativamente recente acquisizione (2007) ed è periziata Bassani in FDC. Presenta i soliti minimi inevitabili graffietti nei campi (quasi impossibile trovarne una senza) ma i rilievi sono al 97-100%. Si tratta della variante oro rosso, e dalla foto si percepisce chiaramente l'elevata percentuale di rame rispetto agli esemplari in oro giallo. Non so dire quale delle due sia più rara, certamente il loro valore commerciale è sostanzialmente simile. Trovo questa serie, di sole tre date, un trittico affascinante e non facile da reperire in eccellente conservazione. Un saluto a tutti e alla prossima! min_ver
    3 punti
  5. Grazie @@iachille. Dal tuo link abbiamo conferma come questa tipologia di gogna fosse in pratica utilizzata per lo più da debitori insolventi, addirittura in maniera volontaria. Gente di altri tempi per cui l'onore ancora contava qualcosa. Emblematica al riguardo l'ultima frase dell'autore dell'articolo che mi piace qui riportare:" Se fosse ancora oggi vigente, essa aprirebbe numerosi squarci sulla vita sociale dei nostri paesi e città, grazie appunto ai ‘falsi fallimenti’ messi in atto oggi da numerosi commercianti. Vedremmo così file interminabili di individui che leggendo tranquillamente il giornale attendono il loro turno per sedersi sul tummere e dichiarare il loro ben calcolato fallimento. D’altro canto, quale funzione dovrebbe avere oggi una pietra della vergogna, in una società che ha perso da tempo la vergogna? ". A titolo di cronaca qualche anno fa ho avuto la possibilità di "provare" una gogna del tipo più classico, cioè la classica trave in legno dove si bloccavano i piedi del condannato (era del tipo multiplo potendosi bloccare più persone). Risaliva al XVI sec. ed il suo scopo non era per punire i colpevoli di reato ma, a dire della guida, serviva a far confessare i sospettati. Infatti si trovava in un'area di un castello (oggi al chiuso ma all'epoca esposta alle intemperie) e non in una pubblica piazza. Non era particolarmente scomoda nei 5 minuti in cui vi sono stato bloccato (per la gioia di moglie e figlie) ma credo che restare lì per giorni, all'aperto, con le piaghe che di sicuro si sarebbero formate e seduti sulla fredda pietra... forse aiutava il sospettato a fargli tornare la memoria...
    3 punti
  6. Ed infine la reginetta di questa tornata... Taglio: 50 cent Nazione: Malta Anno: 2013 Tiratura: 36.000 Conservazione: BB Località: Trieste @@Atletica
    3 punti
  7. Per restare in Emilia..... andiamo a Ferrara. Il Bellesia cita che che il comune nel 1164 ottenne da Federico I la conferma di tutti i privilegi già ottenuti con l'aggiunta di altri privilegi....nel diploma in questione non si accenna esplicitamente al diritto di battere moneta ma tutti gli autori, dal Muratori in poi (Bellesia compreso), considerano questo l'atto che pose il primo germe per la nascita della zecca di Ferrara. La prima citazione documentale di monete ferrarese viene fatta risalire dal Bellini a documenti del 1187, molti anni dopo l'ipotizzata concessione imperiale. La prima moneta emessa dalla zecca ferrarese fu il denaro imperiale o Ferrarese (anche Ferrarino).il cui valore era pari ad un dodicesimo del soldo ferrarese che, a detta del Bellini, rimase però come moneta ideale ed immaginaria. La moneta al dritto riporta nel giro la legenda INPERATOR, nel campo le lettere F.D.R.C. che fanno esplicito riferimento alla concessione dell'imperatore Federico I. al verso, nel giro la legenda FERARIA, nel campo la croce dritto (ex asta Artemide) verso a presto Mario
    3 punti
  8. Mi piacerebbe un approccio più storico, economico, geografico e culturale alla numismatica e non solo tecnico, quantomeno per quel che riguarda il forum. Con questo non voglio dire che non si producano più discussioni di quel genere! Ma oggi, purtroppo, forse proprio a causa della grande quantità di falsi, si tende a far passare in secondo piano tematiche quale il contesto storico della moneta. Forse anche la difficoltà nel reperire una bibliografia economica ma esauriente per i giovani limita l'approfondimento di alcune tematiche. Mi piacerebbe inoltre maggior chiarezza nella nostra legislazione, che temo sia uno dei motivi che limitano molti numismatici e collezionisti ad intervenire presentandoci e spiegandoci la storia delle proprie monete. Sarebbe bello poter condividere senza pensieri la felicità per i nuovi acquisti :) In tal senso, ho sentito la mancanza del concorso "La più bella del 201X".
    3 punti
  9. Bologna presente Questo bolognino piccolo, pur essendo stato coniato per quasi 200 anni e' considerato uno dei primi tipi in base ai rinvenimenti di ripostigli. Bolognino piccolo in mistura 1191-1236 D / +ENRICIIS, nel campo I.P.R.T in croce attorno a globetto R / +BO.N (cuneo)O.NI, nel campo A di prima maniera tra quattro globetti CNI 1,3 Chimienti 2 R3 per via del cuneo, secondo Chimienti che e' l'autore di riferimento per questa monetazione. PS questa piccolina pesa meno di mezzo grammo e splende come in foto
    3 punti
  10. Mi inserisco in questa bella discussione postando le prime monete coniate a Macerata. SI tratta di tre nominali (picciolo, mezzo grosso e grosso) coniati durante il pontificato di Giovanni XXII. D: croce patente - (croce) . PP . IOhANNES . R: DVS a triangolo - (croce) . VICESIMV . SEC . D: busto mitrato - * (croce) . PP . IOhANNES * R: croce patente - (croce) . SALVE . SCA . CRVX . D: il papa in trono - (piccolo triangolo) . PP . IOh - ANNE(S coricata) (piccolo triangolo) R: croce patente - (croce) (fiore) SALVE . SCA . CRVX (fiore) Buona serata a tutti, Antonio
    3 punti
  11. Che numismatica avremo ? Quale sarà la numismatica dei prossimi anni ? Domande a cui è difficile dare una risposta, una cosa è certa la numismatica ha bisogno e avrà sempre più bisogno di un ricambio generazionale, gli interlocutori del futuro saranno i nostri giovani, alcuni, molti sono sul forum e io credo che ogni tanto sia giusto e opportuno coinvolgerli in discussioni per loro, ma che poi alla fine sono per tutti.... I giovani.....sul forum che ricordiamolo nasce per i giovani, per chi vuole iniziare, molto si è fatto in questi anni, la numismatica si è aperta e la divulgazione e la comunicazione che è stata fatta qui ha dato grandi risultati in questo senso, potenzialmente è per tutti e questo è un arricchimento sociale e personale importante che forse molti dovrebbero valutare e considerare di più. Il forum si pone come strumento, mezzo per comunicare con loro, il forum è poi letto da tutti, lo sappiamo...., e tutto può servire, anche proporre, dare idee, anche sogni....piccoli o grandi che siano, a volte anche i sogni si realizzano. Io vedo tanti giovani, preparati, appassionati, con grandi potenzialità sul forum, alcuni sono già sbocciati, chi avrebbe pensato che alcuni di loro producessero articoli, elaborati, considerazioni, lavori così apprezzati e importanti come stiamo vedendo? Credo pochi....eppure...eppure molti di questi sono ancora qui o altri hanno altri palcoscenici, a volte importanti e sono ben conosciuti nel mondo numismatico. E' una numismatica che si apre, da scoprire, che deve essere però sollecitata, il forum ha fatto tante iniziative a loro favore, inutile ricordarle qui ora, ricordo solo una delle ultime, il Concorso " Nascita di una passione ", Concorso che avuto echi ben oltre il forum e che ci ha permesso di leggere le motivazioni, le scintille per cui è scattata la passione per 17 di loro, che io ritengo siano stati dei " testimonial " per altri e per la numismatica in genere. Ora in questo post volevo fare un ulteriore passo insieme, una volta scattata la passione e una volta entrati nella numismatica, che certamente inutile nasconderlo problematiche ne ha, cosa vorreste cambiare, in poche parole quali sono i vostri piccoli, grandi sogni ? Non vorrei risposte del tipo vorrei una moneta bella, d'oro, vorrei che si andasse su qualche necessità, valore, esigenza sentita e penso ce ne siano.... Circa due anni fa chiesi qui in piazzetta per tutti quale era la cosa che più vi mancava ? Fu una risposta quasi bulgara, in realtà non me l'aspettavo, era quella di vedere monete dal vivo, le nostre monete italiane che spesso non sono esposte. Se ne tenne conto poi in alcune manifestazioni, dove non era possibile questo, fu il collezionismo privato a rispondere e a raccogliere l'invito.... Siamo qui ad ascoltarvi....ovviamente non è solo per i giovani in modo stretto la discussione anche se gli interlocutori dovrebbero essere loro, ma chi ha a cuore, sente e ha idee propositive e virtuose su questa tematica potrà intervenire e ogni apporto pacato, che possa essere di stimolo e che possa indicare nuove strade potrà essere utile per tutti quelli che leggono e che seguono questa importante tematica che rappresenta il futuro della nostra numismatica....a voi se vorrete.....quali piccoli, grandi sogni numismatici, giovani del forum avete ?
    2 punti
  12. Approfitto di uno degli ultimi acquisti fatti per iniziare una discussione sui follari di mileto. Tali monete sono certamente tra le più belle altomedievali coniate nell'Europa occidentale (le monete bizantine precedenti all'anno 1000 per me rimangono comunque superiori). Ecco la mia moneta:
    2 punti
  13. Grazie a tutti, come sempre. Il Forum e' un luogo straordinario di condivisione e la condivisione e' un modo straordinario per diffondere la cultura numismatica e la notorietà di esemplari che in questo modo diventano accessibili a un pubblico vasto di appassionati che magari non sempre hanno la possibilità di accedervi. E' vero che certe monete spesso restano tesori solo per gli occhi del possessore, ma io invece credo che condividerle sia uno dei piu grandi incantesimi e magie della Numismatica. E non per sentirsi fare i complimenti ma per avere il piacere di diffondere la conoscenza.
    2 punti
  14. E' ripatinato e il dritto ha i fondi lisciati, sul rovescio sono intervenuti molto di piu' forse perchè vi erano maggiori incrostazioni. Hanno dovuto lisciarlo e scavarlo più a fondo e sono poi stati costretti di conseguenza a riottenere la parte superiore della legenda a bulino intagliandola nei fondi. E' comunque un sesterzio di Nerone e il dritto è discreto, è autentico (e la cosa non guasta) anche se molto restaurato, direi che si puo' valutare intorno ai 400 euro piu' o meno.
    2 punti
  15. Dal nostro catalogo "Una delegazione genovese si reca a Norimberga dove viene ricevuta da Corrado II di Svevia, Re dei Romani (Sacro Romano Impero della Nazione Germanica)... ... Corrado concede ai Genovesi il privilegio di battere moneta, con apposito diploma, in cui viene specificata la data del 1138. Per i Genovesi fu un vero motivo di orgoglio ed in segno di ringraziamento dedicarono a Corrado, per ben 500 anni, il Rovescio delle monete. Costituiva il soggetto del diritto delle monete il "Castello genovese", e lo fu ininterrottamente per 5 secoli. Castello a 3 torri, ma anche porta a due battenti con probabile riferimento al nome stesso di Genova (IANVA = porta). La prima moneta battuta fu il "denaro" (moneta in mistura argento-rame che rappresenta la dodicesima parte del soldo, a sua volta ventesima parte della lira) e la medaglia (o mezzo denaro)." Questa è l'esemplare della mia collezione che dovrebbe datare attorno al 1200.
    2 punti
  16. Ciao, si è proprio lei, non ho ripreso tutta la ricostruzione perchè ne avevo già le foto, le ho postate diverse volte sul Forum anche. Visto che l'hai citata le aggiungo, così potranno vedere tutti le varie stratificazioni del ritrovamento, aggiungo anche il poster illustrativo. @@eliodoro, sarebbe bello se tu aprissi una discussione apposita per il Porto di Ostia, se già non è stata aperta in passato. Penso che potrebbe interessare molte persone. Ciao
    2 punti
  17. Ciao,in Italia non è consentita la raccolta, la vendita e quindi l'acquisto di monete rinvenute sul territorio italiano in quanto proprietá dello Stato. Sopra le discussioni ne trovi una in evidenza dedicata alla ricerca con Metal Detector (MD) e ai ritrovamenti fortuiti. Quindi oltre a segnalartela devo sconsigliarti qualsiasi acquisto in tal senso. Il mio consiglio è quello di acquistare qualche moneta magari piú cara ma "pulita", di aspetto e di fatto, da rivenditore professionale. Conserva tutta la documentazione d'acquisto. Anche il discorso economico non vale il rischio: non pensare che le monete "da pulire", a prescindere dalla provenienza portino un grande risparmio: sono comunque vagliate e sporcate nuovamente (talvolta con uovo e terriccio). Inoltre ci troverai una buona parte di illeggibili e di tondelli lisci. Quindi ti ripeto: se vuoi vivere sereno abbandona questa ipotesi... Ciao Illyricum ;)
    2 punti
  18. Medaglia devozionale giubilare, ovale, bronzo/ottone,prima metà del XVIII sec. (riferibile agli Anni Santi, 1700 -1725 -1750),con molta probabilità è dell'Anno Santo 1700.- D/ Busti accollati e aureolati di S. Pietro e S. Paulo apostoli, scritta:SS. PETR. E .PAVL -.A.- R/ Porta Santa aperta con all'interno un pellegrino in ginocchio in alto colomba(Spirito Santo), davanti ad essa pellegrini in piedi, sul lato dx alcuni pellegrini in ginocchio, scritta: IVB.DEVS.- OMN. T. - Ciao Borgho.
    2 punti
  19. Cerco un po' di tessere i fili della discussione, cercando fare da cerniera tra un intervento e l'altro, anche perché se no domani siamo in seconda pagina :blum: e sarebbe un peccato secondo me vista la tematica trattata.... Qui con l'intervento di @@Matteo91 entriamo nel vivo e pone diversi punti importanti, Matteo, è un giovane, quindi il suo punto di vista è molto importante ed è uno che vive il forum e la numismatica con passione e grandi capacità, sempre secondo me ovviamente.... :blum:. Il vedere le discussioni nel loro contesto storico, geografico, economico, sai che sono perfettamente d'accordo su questo, l'andare oltre la moneta, il riconoscimento, la conservazione....tra l'altro tu hai iniziato, e lo dico come esempio, una discussione nel medievale dal titolo " Le monete nei commerci dei mercanti italiani ", questo è il prototipo della discussione che piace a te e anche a me, secondo è pazzescamente bella, per i contenuti divulgativi, per come si è spaziato nei vari contesti, non trascurando mai comunque le monete, ed è stata fatta con un format direi estremamente personale, quasi unico, con i mercanti che si raccontano in prima persona.... Mi auguro che la recente e futura ristrutturazione del forum possa portare ad ulteriori contributi di questo tipo che ti permettano di spaziare e conoscere, in questo caso abbiamo toccato veramente di tutto.... Però è anche vero che su un forum ognuno ha le sue caratteristiche ed ognuna è degna e giusta e poi per fare discussioni così bisogna avere letto, molto direi, ti ricordi quante fonti bibliografiche sono state citate ? Tante e tutte importanti...e quindi si torna al leggere, ai contributi a disposizione per tutti, certamente il forum ha modificato molto e ha permesso di avere articoli, libri, notizie leggibili senza fatica, la digitalizzazione di molti autori ha aiutato, le biblioteche hanno fatto e fanno ancora molto, io non mi stanco di dire che i soldi spesi meglio dal punto di vista numismatico sono stati quelli per l'iscrizione alla SNI, la biblioteca della SNI mi ha aperto tutte le porte leggibili possibili.... E per non dimenticarmi mi è venuta in mente ora una cosa.... Massimo @@incuso, gli articoli che sono stati fatti ed erano sul forum nella sua sezione pre- Portale dove sono e come possono essere richiamati ? Molti me lo chiedono e lì ci sono discussioni che sono la prima porta di tante monetazioni, penso a Lucca, Pavia....in attesa che siano messi sul Portale sarebbe necessario aprire anche un provvisorio box per poter accedere, se no disperdiamo una risorsa e una ricchezza incredibile fatta poi da noi tutti... Ultimo, ma non l'ultimo, " La moneta più bella " ero stato uno dei primi fautori della prima ora del Concorso e avevo cercato di seguirlo dal punto di vista comunicativo, fu un successo che andò anche oltre il forum, fu una vittoria del collezionismo privato che diceva io ci sono....della divulgazione numismatica, fu però un lavoro massacrante che finì sulle spalle dell'incredibile @@fabione191, senza di lui a quei livelli era impossibile ripetersi, comunque auspico, anche con un format più semplice, naif, un ritorno dello stesso, certamente " La moneta più bella ", magari ora qualcuno arriccerà il naso, è stata una grande vittoria e un successo del forum, del collezionismo e io ritengo anche della divulgazione numismatica. Speriamo in qualche altro commento di giovani o anche non .... :blum:
    2 punti
  20. Un pezzo di 50-sen 1871 (Meiji 4) dal Giappone—"Grande Giappone"—come moneta proclama. Come parte del suo sforzo rapida e approfondita a modernizzarsi, Giappone aveva introdotto la sua nuova monetazione decimale nel 1870. Colpito in argento.800, c.32mm di diametro, e pesa grammi 12,50, questo pezzo di 50-sen 1871 è un esempio del secondo anno di primi 50-sen tipo Giappone. Il simbolismo della moneta offre istruzioni rapido ma efficace su basi politiche e sociali del paese—il drago rappresenta l'imperatore, e la palla a spirale nella sua morsa viene chiamata un “Tamashi”, un gioiello più speciale che contiene i poteri dello spirito. La cresta sunburst simboleggia la dea del sole, da cui la famiglia imperiale giapponese è stato detto di scendere. Sopra il sunburst è la cresta del crisantemo, ancora una volta, emblematica dell'imperatore. :) v. -------------------------------------------------------------- An 1871 (Meiji 4) 50-sen piece from Japan—“Great Japan,” as the coin proclaims. As part of its rapid and thorough-going effort to modernize itself, Japan had introduced its new decimal coinage in 1870. Struck in .800 silver, c.32mm in diameter, and weighing 12.50 grams, this 1871 50-sen piece is a second-year example of Japan’s earliest 50-sen type. The coin’s symbolism offers quick but effective instruction on the country’s political and social foundations—the dragon represents the Emperor, and the spiral ball in his grip is called a “Tamashi,” a most special jewel that contains powers of the spirit. The sunburst crest symbolizes the Sun Goddess, from which the Japanese Imperial family was said to descend. Above the sunburst is the Chrysanthemum Crest, again, emblematic of the Emperor. :) v.
    2 punti
  21. Devo ammettere che hai ragione, ma devo anche giustamente dire che riguardo alla moneta in oggetto, la penso come @@UmbertoI E' una moneta che non è difficile trovare in medio-alta conservazione spendendo peraltro cifre molto contenute. La ricerca dell'altissima conservazione come hai anche tu affermato, e' un fenomeno sempre più diffuso, ma fortunatamente in questa sezione del forum è meno ossessiva (per vari motivi) Diversamente se ti capita di frequentare la sezione Regno d'Italia, noterai che se posti monete di questa qualità, a momenti nemmeno ti rispondono :rofl: Li si va solo per il FDC e si discute se è commerciale o eccezionale. Sinceramente questo lo trovo eccessivo. L'alta conservazione ti permette di ammirare al meglio la moneta in tutti i suoi dettagli e restituisce al collezionista emozioni e sensazioni che una moneta molto usurata non può fornire. Poi c'è chi cerca a tutti i costi il top (FDC) solo per poter dire....."Si, però io ce l'ho in FDC" Tornando alla moneta postata, posso dire che cosi come è capito a me (e capita a molti) all'inizio per eccessivo entusiasmo e fretta, si acquistano monete senza badare troppo alla conservazione; poi si cresce, e si cerca di migliorarle......e cosi immagino che accadrà anche a @@fabigoran89 Cmq la moneta è collezionabile :blum:
    2 punti
  22. MEDAGLIE PAPALI - ASTE GENNAIO 2015 Nel mese di gennaio 2015 sono state proposte aste importanti e corpose per la medaglistica papale con circa 1000 lotti a disposizione del collezionismo. La risposta del mercato non può definirsi brillante, ma è stata migliore di quanto una previsione ragionevole consentisse di immaginare, essendosi registrata una vendita di circa il 50% dei lotti e - ciò che più conta - una buona competizione per le medaglie più significative. Il discreto successo in questo periodo di difficile congiuntura economica è stato a mio giudizio favorito dai bassi prezzi che ancora caratterizzano il mercato delle medaglie papali in rapporto alla loro bellezza e rarità. Gli incanti sono stati organizzati da Numismatica Felsinea e da Raffaele Negrini. NUMISMATICA FELSINEA - ha proposto una bella collezione con circa 70 lotti in asta in sala e circa 420 in asta per corrispondenza. Nell'asta pubblica sono state vendute alcune medaglie antiche con presenza di diversi esemplari di sede vacante settecenteschi ed una selezione delle migliori medaglie da Pio VII a Pio XI, conclusa con un affascinante massimo modulo in argento di questo pontefice, corrispondente alla medaglia annuale anno IX. Tra le aggiudicazioni, pari a circa il 60%, annoto: - Sisto V - Obelisco Flaminio - bronzo - € 1.080+diritti 17%; - Leone X - Leone e api - Argento - € 1.600+diritti; - Pio VI - rara annuale anno XXIII - Argento - € 1.400+diritti; - Pio IX - Zecca Bologna - straord. argento - € 650+diritti; - Leone XIII - Annuale anno XXV - argento - € 600+diritti; - Pio XI - massimo modulo argento anno IX - € 1300+diritti. - Prezzi sostenuti sono stati ottenuti anche per tutte le medaglie di sede vacante e quotazioni di € 300 + diritti per annuali di Gregorio XVI in ottima conservazione Nell'asta per corrispondenza della stessa Numismatica Felsinea erano presenti collezioni quasi complete di annuali in argento e bronzo (depurate delle medaglie in asta pubblica ) da Pio VII a Benedetto XVI e questa presenza ampia consente di essere un po' più analitici del consueto sul mercato. Premetto che sono stati aggiudicati circa il 50% dei lotti. Le medaglie di PIO VII in argento in conservazione BB/SPL hanno avuto una discreta accoglienza con prezzi medi di € 250; poco richieste le medaglie in bronzo di questo pontefice (prezzi a base di asta circa € 150) e anche medaglie di LEONE XII e GREGORIO XVI in argento e bronzo. Per Papa PIO IX la richiesta è stata buona sia per esemplari in argento che in bronzo con prezzi medi, rispettivamente, di € 150 e € 80. Per papa LEONE XIII, PIO X. BENEDETTO XV, Pio XI e PIO XII è stato ben richiesto l'argento: i prezzi medi - rispettivamente - € 100, € 120, € 100, € 90; senza successo risulta invece la vendita di esemplari in bronzo con prezzi base di circa € 50, 80, 80,60: Anche per Papa PIO XII è stato richiesto abbastanza l'argento con buone quotazioni per le medaglie più rare (per l'anno VI € 160+diritti) Per papa Paolo VI è stato venduto integralmente l'argento a circa € 30 per medaglia e trascurato il bronzo. Giovanni Paolo I ha trovato come di consueto acquirenti intorno a € 90 per la medaglia ufficiale in argento e a € 40 per quella in bronzo. Sono state vendute le medaglie di Giovanni Paolo II e Benedetto XV sia in argento che in bronzo anche se con prezzi leggermente cedenti. E' normale per le ultime medaglie di un'asta di questa consistenza. ASTA NEGRINI Negrini ha posto in vendita un bel compendio di medaglie papali, una raccolta non costruita con le caratteristiche metodologiche della collezione, ma con il piacere di possedere belle medaglie antiche, possibilmente realizzate in epoca. Non mancavano infatti i doppioni (anche 4 medaglie della stessa tipologia). Nell'asta pubblica erano proposte 300 medaglie da papa Callisto III a papa Pio VI e circa 70 per il periodo da Pio VII a Pio XII; a completamento si trovavano circa 40 lotti in asta per corrispondenza. A mio parere, era una raccolta molto interessante per i collezionisti, con tanti esemplari originali di epoca o del periodo Hamerani e pochi riconi Mazio e poche copie fuse da originali coniati o fusioni posteriori. La vendita in asta pubblica ha riguardato circa il 55% delle medaglie antiche e circa il 60% delle moderne, mentre è sensibilmente calata per l'asta per corrispondenza, la cui scadenza antecedente all'asta pubblica ha creato disorientamento. Annoto, come di consueto, alcune aggiudicazioni: Callisto III - opus Guazzalotti - Stemma - 2 esemplari - fusioni originali :€ 820 e € 470+diritti 15%; Leone X - Concordato con la Francia - Ae dorato - € 750 +diritti; Clemente VII - Ego sum Joseph frater vester - Ae dorato - € 1.100 + diritti; Gregorio XIII -Per la difesa della Chiesa - fusione originale diametro mm. 45 - € 570+diritti; Sisto V - Pons Felix - conio originale - Ae con parziale doratura - € 450+diritti; Paolo V - Annuale anno X - argento - conservazione modesta - € 1.100+diritti Ben richiesta comunque tutta la medaglistica fino ad Urbano VIII; maggiore quantità di invenduto sulla parte successiva del 1600 e 1700. C'è stata buona vendita inoltre per le medaglie di Pio VII in bronzo (circa € 150 cadauna) e ancor più per quelle di Pio IX in argento (intorno a € 200 per conservazione SPL). Bene intonata anche la medaglistica di PIo XII, con annuali in argento di norma oltre € 100 e € 170 + diritti per gli anni IV e V.
    2 punti
  23. Secondo me su questi avvenimenti non abbiamo e non avremo mai la sicura verità... Ognuno ha la sua idea e di come stiano le cose, influenzati anche da dove si reperiscono le notizie e dalla propria cultura personale... Una cosa, secondo me, è certa, quello che muove tutto è sempre il dio denaro...
    2 punti
  24. Per festeggiare la riunificazione delle zecche medievali d'Italia in un'unica sezione temporale, ho pensato di far partire una discussione che coinvolga tutti. L'idea è questa: postare e spiegare la prima moneta coniata nelle varie zecche. Per le zecche già esistenti in epoca romana, varrebbe la prima moneta di epoca medievale. Alla fine, credo, potremmo avere una bella sequenza di monete... Arka
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  25. Adamclisi è un piccolo comune della Romania , ubicato nel distretto di Costanza , nella antica regione storica della Dobrugia . Adamclisi era sede di un Castrum romano chiamato forse Civitas Tropaeensium , dai frammenti della lapide con dedica imperiale sappiamo che il monumento venne costruito tra il 107 e 108 ; fu chiamato Tropaeum Traiani per commemorare la vittoria di Traiano sui Daci di Decebalo ; la localita’ venne in seguito colonizzata dai veterani romani delle guerre daciche e verso il 200 divenne un Municipio , al tempo di Traiano Decio – Treboniano Gallo fu distrutta dai Goti e ricostruita da Costantino fino al definitivo sacco degli Avari nel 587 . Il problema di questo Trofeo riguarda l’ ubicazione in Dobrugia , cosi’ distante , circa 700 chilometri , dalle operazioni di invasione della Dacia nel corso della prima guerra dacica , invasione che avvenne dalle Porte di Ferro sul Danubio , al confine tra la Serbia e la Romania . Dopo la prima vittoria di Traiano , non decisiva , nella battaglia di Tapae , Traiano decise di aspettare la primavera per continuare la sua offensiva su Sarmizegetusa, la capitale della Dacia . Il re dei Daci Decebalo trasse beneficio da questo e progettò un piano insieme alle tribù alleate limitrofe dei Rossolani e dei Bastarni , per attaccare a sud del Danubio , nella provincia romana di Mesia , nel tentativo di costringere i Romani a lasciare le loro posizioni nelle montagne vicino a Sarmizegetusa e la successiva avanzata primaverile verso la capitale dei Daci .. Traiano fu colto di sorpresa da questa abile mossa strategica di Decebalo , quindi per non essere preso alle spalle , mosse il suo esercito dai monti Orăștie , lasciando una guarnigione sufficiente a difenderli , e ando’ incontro ai Daci in Mesia . A parte qualche piccolo scontro tra avanguardie favorevole ai Romani , la battaglia decisiva fu combattuta ad Adamclisi , fu una battaglia difficile e cruenta sia per i Daci che per i Romani . L'esito della battaglia fu una decisiva vittoria romana ma entrambe le parti subirono perdite molto pesanti . A ricordo di questa epica battaglia , Traiano decise di costruire questo monumento a ricordo dei fortissimi soldati romani e ausiliari morti “combattendo per la Repubblica” , cosi’ recita un punto del frammento della dedica del monumento . Questo in breve il preliminare che indusse Traiano a costruire il Trofeo a ricordo della battaglia e a monito intimidatorio verso i Barbari ; molto probabilmente il progetto costruttivo fu eseguito da Apollodoro di Damasco , gia’ al seguito di Traiano come ingegnere militare , lo stesso che costrui il Ponte di Dobreta sul Danubio , la strada militare nelle gole di Kazan e in seguito il Foro di Traiano con la Colonna , a Roma . Il monumento attuale e’ una ricostruzione eseguita dagli archeologi romeni basandosi sui frammenti architettonici esistenti , metope comprese ; si presenta come un tamburo circolare di 30 metri di diametro , sullo stile del Mausoleo di Augusto , sopra il tamburo una parte a cono , sopra questo si erge una larga costruzione a forma di colonna esagonale su un cui lato si leggeva la lunga dedica imperiale , in ultimo in alto sulla colonna esagonale il classico trofeo militare con armi ; dedica e trofeo erano rivolti verso il confine dell’ Impero , a testimonianza e monito della inviolabilita’ dei confini . Parte della dedica imperiale esistente : MARTI ULTOR IM[P(erator)CAES]AR DIVI NERVA[E] F(ILIUS) N[E]RVA TRA]IANUS [AUG(USTUS) GERM(ANICUS)] DAC]I[CU]S PONT(IFEX) MAX(IMUS) TRIB(UNICIA) POTEST(ATE) XIII IMP(ERATOR) VI CO(N)S(UL) V P(ater) P(atriae) ?VICTO EXERC]ITU D[ACORUM] ?---- ET SARMATA]RUM ---------------------]E 31. Foto della ricostruzione del Trofeo , Metopi originali e la gola di Kazan antiche Porte di Ferro , Sesterzio di Traiano con la Dacia
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  26. @@fabigoran89 ... bene :) .....è la tua prima Napoli ?
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  27. Buona serata Questo, dall'Asta Ranieri nr. 4, non mi sembra che sia stato già postato e non è presente nemmeno sul Papadopoli. Pallino tra i piedi e sotto il gomito sinistro (di chi guarda) La caccia continua ... saluti luciano
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  28. A mio parere la descrizione sarebbe questa: Medaglia Papale coniata, emessa per ricordare l'apertura della Porta Santa del 1750 e devozionale dei SS. Apostoli Pietro e Paolo.
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  29. Ciao, questa medaglia dovrebbe essere catalogata dal Bartolotti come SD125 ma la censisce solo in Argento mentre questa è in Bronzo. Nel nostro catalogo c'è solo l'esempio SD125/a Secondo voi è rara in Bronzo? Mi piace trovare medaglie non presenti nel nostro catalogo così da poter contribuire nel mio piccolo alla sua crescita.
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  30. Riassumendo, la moneta è: Follis zecca di Roma - D/ DN CONSTAN. - TIUS PF AUG -Costanzo II, testa diademata di perle, busto paludato e corazzato a destra. R. FEL TEMP REPARATIO . Soldato elmato volto a sinistra, con il braccio sinistro imbraccia uno scudo mentre con la destra trafigge con la lancia un cavaliere che cade, scudo a terra sulla destra. Il cavaliere, barbato e a capo scoperto, ha il braccio e la testa protesi all’indietro verso l'aggressore. Segno di zecca, ROMA
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  31. DE GREGE EPICURI Un paio di cose, fra le tante che si possono dire: un imperatore è raro se ha regnato poco, se ha coniato poco (per "avarizia" come Tiberio, o perché disponeva di poco metallo, come alcuni usurpatori, ecc.), se molte sue monete sono state rifuse o ritirate (in caso di damnatio memoriae), se è estremamente richiesto dai collezionisti per motivi di vario tipo (Nerone, ma non solo),ecc. Ma in molti casi non tutte le monete di un certo imperatore sono rare: ad es., di Augusto è più difficile (oggi) trovare denari che bronzi; mentre per quasi tutti i primi Severi (Settimio Severo e Iulia Domna,ma anche Caracalla,Geta ed Eliogabalo) i denari sono comuni, ed i bronzi rari. Poi ci sono aspetti che riguardano la singola moneta, ma la tua era una domanda generale.
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  32. Medaglia devozionale giubilare, tonda,in argento, della prima metà del XVIII sec. (riferibile agli Anni Santi 1700 -1750). D/ il Papa apre la Porta Santa, con i cardinali a dx e dei pellegrini a sx, esergo: ROMA. R/ Busto di S. Giovanni Battista volto a sx, aureolato, con croce appoggiata sulla spalla sx, scritta: S.IOANNES. BAPTISTA. O.P.N.(il Santo ci ricorda la Basilica di S. Giovanni in Laterano). medaglia non comune. Ciao Borgho.
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  33. salve, bassa conservazione qBB , ma a mio giudizio autentica.saluti
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  34. @@140polini, Per me è autentica.
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  35. Stando a quello che dice il perito SPL/FDC vuol dire due conservazioni differenti mentre SPL-FDC è una conservazione intermedia.
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  36. Direi che non è tosata per nulla... I ducatoni (come anche i sottomultipli) possono presentare un tondello più o meno stretto, talvolta al punto da elidere parzialmente le legende, ma se il peso è conforme non c'è tosatura; anche un esame del taglio consente di valutarne l'integrità (viene da se che non può farsi dalle foto, non essendo visibile). Un buon esemplare, godibile soprattutto per l'ampiezza del tondello; il dritto ha una battitura non molto forte ma il punzone del ritratto è di buono stile.
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  37. Bravissimi @@Giovanna e @@cristianaprilia, per le stupende foto.... A proposito, di questo sesterzio di Nerone/Porto di Ostia.. ne vogliamo parlare?
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  38. @@EnricoooVIII, Un gran bel BB.
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  39. Per la verità Alessandro Severo ha emesso non poche emissioni di quinari (almeno 31 sul RIC), anche se tutte queste emissioni devono essere considerate molto rare, con pochi esemplari noti. Per il RIC 134 c'è un esemplare molto meglio conservato: Gemini 12/2015, 394 g. 1,58 Credo che sia della stessa coppia di conii dell'esemplare in post #1.
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  40. Il mio l'ho pagato 76 la doratura direi non saprei giudicare la percentuale magari ci arriva al 80 % comunque è una moneta da prendere è veramente bella ;)
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  41. Moneta circolata ma piacevole, senza colpi ai bordi... Che bello vedere che esiste ancora qualcuno che colleziona San Marino... non mi sento più solo! :D
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  42. la questione della colla rimane una mia opinione vedendo la foto, poi magari dal vivo posso ricredermi io per ottenere un risultato simile mi muoverei in questo modo : - prenderei due monete da 10 cent eire .. M(a) e M(b) - poggerei M(a) in modo da vedere la faccia nazionale e metterei un goccio di colla al centro della moneta - prenderei M(b) e spalmerei sulla faccia nazionale olio o vasellina - a questo punto farei un sandwich [ M(a) colla M(b) ] calibrando la pressione - aspetterei che la colla si sia asciutta e staccherei M(b) ma siccome non mi è mai venuto in mente di farlo non so se questo procedimento sia valido per creare una situazione come in foto
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  43. Grazie.. Tutto il materiale raccolto e in parte già letto .. Molto affascinante.. Ora proveró a raccogliere oltre alla storia pure le monetazioni con rarità e curiosità emesse durante la sua vita e dei parenti più prossimi e da li se non saranno 1000 pagine provo a stampare ed a rilegare.. Grazie
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  44. PER ME HAI FATTO MALE !! Hai dato il tuo contributo ad alimentare la speculazione in atto. Spero che i prezzi di questa divisionale calino drasticamente. altrimenti vi lascio anche la mia.
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  45. Ed infine l'indiscussa reginetta di questo giro... Taglio: 2 Euro EMU Nazione: Cipro Anno: 2009 Tiratura: 965.000 Condizioni: BB Città: Trieste
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  46. Ho ricevuto anch'io le monete giovedì scorso, e posso confermare che le parti color oro sono piuttosto opache; in compenso i riflessi viola non si limitano solo alle parti di contatto tra i due colori (dalle foto forse un po' si vede, anche se non rendono). Una bella moneta, anche se personalmente preferivo un bicromatismo un po' più "moderato", come l'anno scorso (colori così diversi forse fanno un po' a pugni).
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  47. A questo link dà delle indicazioni: http://opendatacommons.org/licenses/odbl/summary/ L'ho letto velocemente, ma mi è sembrato di capire che l'intero database sia free, indicando però la fonte.
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  48. FdC e patina non fanno a cazzotti... e quando si incontrano...
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  49. Fra’ Diavolo e la Repubblica partenopea del 1799 Le vicende di Fra’ Diavolo fanno corpo, sino a fondersi, con quelle dell’insorgenza dei sanfedisti, ferventi oppositori della Repubblica partenopea del ’99, creata dai patrioti giacobini e proclamata il 23 gennaio 1799 dopo che l'esercito francese comandato dal generale Championnet vinse le ultime resistenze borboniche e prese Castel Sant'Elmo a Napoli. Il 19 giugno 1799 entrarono a Napoli delle truppe e delle bande sanfediste, che in nome del re Ferdinando IV di Borbone, condotte dal cardinale Fabrizio Ruffo di Bagnara e appoggiate da una squadra navale inglese al comando dell'ammiraglio Horatio Nelson travolsero, il 23 giugno, la Repubblica partenopea difesa dai giacobini napoletani, sterminati poi dal sovrano reinsediato sul trono con l'appoggio dell'Inghilterra: per volontà dell'ammiraglio Nelson e della regina Maria Carolina d'Asburgo-Lorena furono violati i patti sottoscritti dai giacobini con Ruffo, che garantivano la salvezza ai difensori della Repubblica, così più di cento patrioti vennero giustiziati. In “Brigantaggio, proprietari e contadini nel Sud (1799 – 1900) – Michele Pezza Fra Diavolo”, Reggio Calabria 1976, Gaetano Cingati ha scritto: “Il 1799 nel Mezzogiorno è l’anno della grande anarchia, della feroce guerra tra giacobini e sanfedisti, tra patrioti e briganti. Nessun altro periodo posteriore, nemmeno il 1848, l’anno classico della rivoluzione, o il primo decennio unitario, quando esplose il grande brigantaggio, richiama, come il ’99, una così spietata lacerazione del tessuto sociale, uno scontro tanto violento di idee, di passioni, di costumi, d’interessi”. E poi: “Entrato nella leggenda popolare e nella letteratura, è il simbolo del brigantaggio di quegli anni e per taluni il prototipo dei pionieri della guerriglia popolare antifrancese”. Fra’ Diavolo, soprannome del capomassa Michele Pezza, è uomo del suo ambiente e del suo tempo, ne visse tutte le contraddizioni, le ambiguità e i drammi. Piccolo borghese di famiglia di origine popolare, si trovò a capeggiare un moto insurrezionale le cui implicazioni politico-ideologiche profonde gli sfuggivano. Uomo d’azione e capo militare, egli va valutato e giudicato esclusivamente sotto tale veste: Fra’ Diavolo non fu forse il più importante dei capimassa del 99, ma fu certamente il più famoso. Il fatto stesso che i capimassa più importanti, come del resto i cabecillas spagnoli, fossero conosciuti con un soprannome (Fra’ Diavolo, Sciabolone, Sciarpa, Panedigrano), indica che il popolo li riteneva fuori delle gerarchie sociali tradizionali. Tra la fine del ’700 e gli inizi dell’800, del resto, anche gli eserciti regolari non erano così “regolari”: spesso si abbandonavano al saccheggio, alla spoliazione e all’omicidio. Michele Pezza dimostra chiaramente che a prendere l’iniziativa di formare le masse furono in genere persone nuove, giovani e spregiudicate, appartenenti non alle classi subalterne ma alla piccola borghesia di paese. Si trattava di capi improvvisati, privi di cariche ufficiali e fuori delle gerarchie dell'ancien regime; erano spesso elementi che avevano sino ad allora agito ai margini della legge o addirittura fuori di essa. In un momento di teatrale emergenza e di completo collasso politico-istituzionale come quello, erano proprio i fuorilegge, i banditi, i briganti ad avere quell’essenze d’iniziativa, di spregiudicatezza, di collegamenti, di conoscenza del terreno e di violenza necessarie a condurre la guerra per bande. Nelle memorie del colonnello Joseph Léopold Sigisbert Hugo, colui che lo catturò e padre dello scrittore Victor Hugo, così viene descritto: "Fra’ Diavolo personificava quel tipo che si riscontra in tutti i Paesi in preda allo straniero, il bandito legittimo in lotta con la conquista. Egli era in Italia quello che poi sono stati l'Empecinado in Spagna, Canaris in Grecia, ovvero un patriota, un legittimista". Le vicende di Fra’ Diavolo fanno corpo inoltre col “brigantaggio” antifrancese del 1806. A mezzogiorno dell’11 novembre del 1806 Michele Pezza, alias Fra’ Diavolo, fu impiccato: l’impiccagione scaturita dalla sentenza seguita a un veloce processo, nonostante l'appassionata difesa di un principe del foro del tempo, l'avvocato Francesco Lauria, pose fine, a soli 35 anni, alla vita di Michele Pezza che entrava nella leggenda come Fra’ Diavolo. Sulla figura di Michele Pezza, detto Fra’ Diavolo, il giudizio dei contemporanei mutò a seconda che parteggiassero per i Borbone di Napoli o che inseguissero i lumi della rivoluzione giacobina, importati dalle armate francesi ed alimentati dalle eroiche illusioni della fragile Repubblica Partenopea. Michele Arcangelo Pezza nacque alle ore 10 del 7 aprile del 1771 ad Itri, paese della Terra di Lavoro, da Francesco Pezza e Arcangela Matrullo, in una delle famiglie più in vista del paese. La madre lo diede alla luce in una casa del centro storico d’Itri. Venne battezzato nella Parrocchia di S. Maria Maggiore d’Itri, come risulta al n. 509 del registro dei battezzati della Parrocchia di S. Maria Maggiore d’Itri: "don Francesco Iudicone, battezzò [...] un maschio nato alle ore 10 del 7 aprile del 1771 da Francesco Pezza e da Arcangela Matrullo cui furono imposti i nomi di Michele Arcangelo, Domenico, Pasquale". All'età di cinque anni, una grave malattia mise a serio rischio la sua vita e la madre fece un voto a San Francesco di Paola, lo promise frate affinché si salvasse: il voto consisteva nel vestirlo con un saio da frate e quando il vestito si fosse logorato, l'avrebbe riportato al Santo per sciogliere il voto. Per adempiere al voto Michele trascorse tutta l'infanzia, sino all’inizio dell’adolescenza, vestito con il saio, guadagnandosi il soprannome di “Fra’ Michele”, trasformato poi dal canonico Nicola de Fabritiis date l’intemperanza e la svogliatezza del fanciullo, che gli era stato affidato, come altri fanciulli, per ricevere la prima istruzione, spazientito, in "Fra’ Diavolo". Il padre, mulattiere, svolgeva anche un piccolo commercio di olive ed olio nei paesi viciniori e Michele Arcangelo aiutava il padre nel lavoro nei campi, ma, dato che era interessato più ai cavalli che alle olive il padre lo mandò a lavorare presso la bottega di Eleuterio Agresti, sellaio del paese. Rimase per alcuni anni nella sua bottega. Un giorno Eleuterio in seguito a una lite aggredì fisicamente Michele Arcangelo, che, di risposta, uccise con un grosso ago usato per imbastire le selle il mastro sellaio e il fratello, Francesco Agresti (detto "Faccia d'Argento"), che voleva vendicarlo. Iniziò così un periodo di vagabondaggio sui Monti Aurunci, dove si mise al servizio del barone Felice di Roccaguiglielma nel feudo di Campello. Poi si trasferì a Sonnino, nello Stato Pontificio, appoggiandosi ad una famiglia itriana che vi si era trasferita; da latitante, entrò in contatto con numerosi briganti, con cui instaurò buoni rapporti e dai quali ricevette considerazione di capo. Nel 1796 il Regno di Napoli inviò quattro battaglioni del suo esercito a combattere in Lombardia al fianco degli alleati austriaci contro l'esercito di Napoleone Bonaparte, che aveva invaso l'Italia del nord e nel 1797 Michele Arcangelo fece domanda affinché la pena per il duplice omicidio fosse commutata in servizio militare. La domanda fu accolta, il comando di polizia deliberò che il servizio militare sarebbe durato tredici anni e nel 1798 Michele Arcangelo fu arruolato aggregato al reggimento "Messapia” e partì soldato nei fucilieri della fanteria borbonica che operarono nello Stato Pontificio. Il fortino di Sant'Andrea, edificio costruito nel XVI secolo sui resti di antichi templi dedicati ad Apollo e Mercurio divenne la prima roccaforte da cui assalire i soldati francesi e le carrozze di passaggio. La colonna dell'esercito francese entrò nel territorio di Itri a metà dicembre e subì gli attacchi inaspettati della banda di Fra Diavolo, tanto che i francesi chiamarono i rinforzi. Il 29 dicembre tre battaglioni polacchi occuparono il fortino, poi entrarono a Itri: il paese fu saccheggiato e molti abitanti, tra cui anche il padre di Fra Diavolo, furono uccisi. Fra’ Diavolo riparò sui monti, raccolse seicento uomini e pensò di fare della fortezza di Gaeta, la più potente del regno, la sua roccaforte, per coprirsi le spalle prima e dopo gli attacchi. Ma il 31 dicembre, scoprì che il colonnello svizzero Tschudy, aveva concesso la resa ai francesi, allora Fra Diavolo si sentì tradito dai generali stranieri al soldo del Regno e riorganizzò le sue masse e, dato che l'esercito francese aveva già attraversato il Garigliano, decise di sollevargli contro tutta la Terra di Lavoro, ma dodici giorni dopo venne a sapere del Trattato di Sparanise: anche il generale Mack si era arreso al nemico senza combattere. I francesi del generale Jean Étienne Championnet invasero il Regno, sbaragliando l'esercito borbonico e il 15 febbraio, dopo alcuni giorni di disperata ed eroica resistenza da parte dei Lazzari, Napoli cadde; Re Ferdinando IV di Borbone si ritirò a Palermo, mentre veniva proclamata la Repubblica partenopea, la quale non ebbe la sovranità su tutto il territorio del Regno, dato che le zone più periferiche erano saldamente nelle mani della guerriglia legittimista. Fra’ Diavolo, riparato ad Itri, rispondendo al proclama del Re che incitava a resistere contro i francesi in nome di Dio, della famiglia, della propria terra, organizzò, grazie al denaro versato dai paesi intorno a Itri, una massa armata di un migliaio di persone, tra cui vi era anche un medico. Frattanto Ferdinando IV aveva stretto alleanza con Austria e Inghilterra per muovere guerra ai francesi. Nel 1799 Fra’ Diavolo si presentò agli inglesi, nella loro base nell'isola di Procida, come soldato del Regno di Napoli, chiedendo e ottenendo due cannoni e una barca. Fissò la sua base a Maranola, vicino al Golfo di Gaeta e continuò la sua attività di taglieggiamento delle comunicazioni. Nel mese di maggio, quando si decise di muovere l'assedio dalla fortezza di Gaeta, Fra’ Diavolo fu scelto come comandante delle operazioni e la sua massa fu riconosciuta come parte dell'esercito regolare. Re Ferdinando IV, dato che gli erano giunte le parole di elogio pronunciate per lui dagli inglesi, lo nominò Capitano, mentre la Regina consorte Maria Carolina d'Austria, per mostrargli la propria ammirazione, gli donò una spilla di diamanti. Alla fine di giugno, Napoli era stata liberata e il re aveva fatto ritorno nella capitale. Subito vennero elaborati dei piani per conquistare Roma, che rimaneva in mano ai francesi e Fra Diavolo per partecipare all'organizzazione della campagna militare si recò nel capoluogo partenopeo e soggiornò nel palazzo dell'inglese Sir John Acton, primo ministro del governo borbonico. L'assedio di Gaeta, gestito in prima persona con la sua massa armata fu per Fra’ Diavolo il trampolino di lancio per consolidare il suo carisma di uomo forte e leale alla monarchia, ma il giorno della capitolazione della roccaforte, non gli fu permesso di entrare a Gaeta: i francesi accettarono la resa, a condizione che fossero Nelson ed i rappresentanti del Regno a condurre la trattativa, il Cardinale Ruffo gli ordinò di ritirarsi e anche il Re sostenne che era meglio che non partecipasse all'occupazione, riconoscendo però, in una lettera inviata a Ruffo, l'apporto e i servizi resi da Michele Arcangelo Pezza anche se gli intimava di tenere una maggiore disciplina. Il 15 agosto del 1799 nella Chiesa di Sant'Arcangelo all'Arena si sposò con la diciottenne Fortunata Rachele di Franco, per la quale entrava di nascosto sia di giorno sia di notte nella Napoli repubblicana, oltre che per tenere i collegamenti con i realisti per organizzare il ritorno di Ferdinando sul trono. L'incontro con il capitano Tomas Troubridge, ufficiale della marina britannica, voluto dalla regina Carolina che, da Palermo, continuava a tessere trame per il ritorno della monarchia a Napoli, gli diede anche onorabilità che lui seppe sostenere, suscitando un buon interesse nell'inglese. Il 20 agosto partì con l'esercito borbonico, di cui comandava l'ala sinistra, per lo Stato Pontificio. Nel mese di novembre il Re di Napoli ordinò di attaccare Roma e l’esercito, di cui fa parte anche Frà Diavolo, conquistò Roma il 27 novembre e due giorni dopo il sovrano fece il suo ingresso trionfale. L'esercito napoletano, guidato dall'austriaco Karl Mack von Leiberich, fu sciolto, dato che per garantire i rifornimenti di viveri alle truppe erano stati saccheggiati i villaggi vicini, per di più alle masse non venne concesso di entrare in città e inoltre vennero disarmate e la paga fu tagliata. Fra Diavolo mentre dormiva ad Albano venne arrestato e incarcerato a Castel Sant'Angelo, per ordine del generale dell'esercito napoletano, Diego Naselli, che non sapeva che il 24 ottobre, da Napoli, il sovrano aveva nominato Michele Pezza colonnello di fanteria; nella notte tra il 3 e il 4 dicembre fuggì e giunse a Napoli, dove ottenne di essere ricevuto dal Re Ferdinando IV che lo ricompensò cancellando i debiti che la sua armata aveva contratto per le battaglie sostenute. Michele Arcangelo Pezza in qualità di Comandante Generale del dipartimento di Itri ritornò nel paese natale. Nacque il figlio Carlo, poi il figlio Ferdinando e infine la figlia Maria Clementina, ma avendo preso l'impegno di pagare tutti i finanziatori delle imprese di Gaeta e di Roma voleva far revocare il decreto reale che annullava i debiti, per farlo si recò a Napoli con tutta la famiglia, abbandonando l'incarico di Comandante Generale e affittò un appartamento in via Marinella. La sua istanza dapprima si perse negli uffici dell'amministrazione reale e, quando scrisse alla persona del Re, chiedendo di poter vendere la propria pensione per rimborsare i suoi finanziatori, la richiesta fu respinta. Nel 1806 Napoleone Bonaparte, dato che non veniva rispettato il trattato di neutralità, inviò le sue truppe per mettere fine al governo borbonico di Ferdinando IV, così le truppe francesi occuparono nuovamente Napoli e le varie piazzeforti del regno e il Re Ferdinando IV emanò un altro proclama per il reclutamento di volontari. Il Colonnello Pezza con prontezza lasciò Napoli e tornò nelle province a reclutare uomini di tutte le risme, purché abili alle armi e fu nominato capo dei Corpi Volanti di Terra di Lavoro. Mentre ci si preparava alla guerra, il Re s’era ritirato a Palermo e da qui ordinò ai comandanti dei Corpi Volanti di non aggredire l’armata napoleonica Fra’ Diavolo entrò in contatto con il principe d'Assia e comandante della piazzaforte di Gaeta, Luigi Philippstadt, che come lui era intenzionato a disobbedire alla resa. Frà Diavolo e Philippstahl iniziarono una collaborazione attiva che divenne l'incubo di Giuseppe Bonaparte fratello di Napoleone I, incoronato Re di Napoli per volere di Napoleone stesso. Fra’ Diavolo si recò alla fortezza di Gaeta e pochi giorni dopo i francesi la cinsero d'assedio. Nelle settimane seguenti Fra Diavolo lanciò audaci attacchi francesi e poi li sfidò in campo aperto con pochi uomini, rischiando di essere catturato, insieme al fratello Nicola, a Sant'Oliva, ma riuscì a riparare a Maranola, e da Scauri s'imbarcò per Gaeta. Verso la fine di aprile Fra Diavolo fu chiamato a Palermo da Ferdinando IV che lo presentò all’inglese Sidney Smith, ammiraglio della flotta reale, per tentare la sommossa delle Calabrie e l'avanzata dell'esercito fino a Napoli. Il 28 giugno Smith fu nominato comandante in capo della spedizione e Fra Diavolo luogotenente. Il 29 giugno Fra’ Fra Diavolo, alla testa della sua «Legione della Vendetta», sbarcò con navi inglesi ad Amantea e conseguì diverse vittorie sui francesi. Il generale francese Verdier riparò verso Cassano, i cui abitanti lo respinsero. Proprio quando la sollevazione stava diventando generale, la flotta inglese lo ricondusse a Palermo per ricevere da Ferdinando IV il titolo di Duca di Cassano, ma i calabresi lasciati alla mercé dei francesi capitolarono e tale sorte toccò anche alla fortezza di Gaeta. Fra’ Diavolo tentò di sollevare, alle spalle dei francesi, la Campania e il 2 settembre sbarcò a Sperlonga per dirigersi a Itri. Ma riuscì ad arruolare solo cinquecento uomini e a sottrarre ai nemici due cannoni, perciò si trincerò a Sora, che fu attaccata da tre lati essendo le truppe francesi costituite da 10000 soldati. La battaglia perdurò tre giorni e poi Fra Diavolo si diresse nella valle del fiume Roveto per prendere, il 29 settembre, i francesi di sorpresa e così si rifugiò sulle montagne di Miranda, divenne l'uomo più ricercato del regno con una taglia che raggiunse i diciassettemila ducati. Con trecento uomini, Fra’ Diavolo attraversò Esperia, Pignataro, Bauco, Isernia invogliando la popolazione a sollevarsi contro i francesi che intanto bloccarono tutti gli accessi alle valli. Fra Diavolo non poteva uscire più dal suo nascondiglio e fu nominato maestro di caccia il colonnello Joseph Léopold Sigisbert Hugo (padre dello scrittore Victor Hugo). L'inseguimento durò quindici giorni, al termine del quale la massa di Fra Diavolo fu stretta nella valle di Boiano, dove si combatte per sei ore anche perché la pioggia, che cadeva da giorni, aveva reso inservibili i fucili. L'attacco francese fu respinto con le spade; in questa battaglia morirono quattrocento francesi e quaranta insorti. Frà Diavolo sfuggì alla cattura e si diresse verso Benevento con centocinquanta uomini rifugiandosi nelle Forche caudine; Hugo lo trovò e lo affrontò e Frà Diavolo rimase con circa cinquanta uomini. Giunto sulla spiaggia di Cava de' Tirreni ordinò ad ognuno di prendere la sua strada. Vagò per giorni e giorni da un paese all'altro, sperando di raggiungere il Tirreno e chiedere agli inglesi, che stazionavano sulla costa, un imbarco per Palermo. Rimasto solo, ironia della sorte, il Colonnello fu assalito da briganti che lo pestarono e lo abbandonarono in una capanna morente e il 1º novembre, esausto, raggiunse Baronissi: non convincendo il comandante della guardia nazionale del posto, il farmacista Matteo Barone che lo aveva ospitato per una bevuta, venne condotto sotto scorta a Salerno dove riuscì a tenere testa alle domande dei francesi, ma fu riconosciuto da un vecchio militare borbonico passato ai francesi, e che aveva combattuto con lui a Gaeta e fu condotto in prigione a Napoli, dove fu istruito, il 10 novembre del 1806, a suo carico, con grande rapidità, un processo. Le autorità francesi rifiutarono la richiesta degli inglesi affinché venisse considerato prigioniero di guerra persino lo stesso Hugo, che era stato a trovarlo in carcere, ebbe un netto rifiuto da parte di Giuseppe Bonaparte: tutte le richieste furono respinte con motivazioni politiche e militari. Fu considerato un delinquente comune e fu condannato a morte per impiccagione. Fu giustiziato per impiccagione in piazza del Mercato l'11 novembre, vestito con l'uniforme di brigadiere dell'esercito borbonico, e il suo corpo venne lasciato molte ore bene in vista, come monito alla popolazione e dopo fu sepolto presso l'ospedale degli Incurabili. Re Giuseppe Bonaparte, comunicò al fratello Napoleone che Fra' Diavolo era stato giustiziato, ma la Real Famiglia di Ferdinando IV appresa l'impiccagione di Pezza, fece celebrare, a Palermo, dall'Arcivescovo Carrano, una messa solenne nella chiesa di San Giovanni dei napoletani, a cui parteciparono molte autorità, l'ambasciatore austriaco, il Principe Leopoldo di Borbone, la guarnigione militare in alta uniforme e un distaccamento di soldati inglesi. Se la vita di Fra’ Diavolo è stata avventurosa, singolare, rocambolesca non meno avventurose, singolari, rocambolesche sono state le vicende del manoscritto in cui egli stesso scrisse le sue memorie del 1798 - 99. Il 26 settembre 1806 i francesi che avevano espugnato Sora, sequestrarono nell’abitazione in cui aveva dimorato e che aveva abbandonato frettolosamente, per cui non aveva avuto tempo di portarli via, 21 documenti appartenenti a Fra’ Diavolo, documenti che il generale d’Espagne si affrettò a trasmettere al ministro dello Stato Maggiore Generale, Cristoforo Saliceti. I 21 documenti sopracitati ed elencati nella “NOTA ED ESTRATTO DELLE CARTE RITROVATE A SORA NELLA CASA DI ABITAZIONE DI FRA’ DIAVOLO”, custodita nell’’Archives Nationales, Paris, 381 AP4, dossier 4, Ministère de la Police générait' 1806 – 1808, Pièces diverses e riportata anche nel presente scritto Quando il Re Giuseppe Bonaparte, fu trasferito da Napoleone nella primavera del 1808 dal trono di Napoli a quello di Spagna, portò con sé il suo archivio e quando, il 21 giugno 1813, fu definitivamente sconfitto a Vitoria dall’armata anglo-spagnola di Wellington, passò nelle mani inglesi. Trasportato a Londra, fu sistemato nel palazzo d’Aspley House, dove fu mai consentita la consultazione ad alcuno sino alla morte di Gerard Wellesley, settimo duca di Wellington, quando, nel 1977, l’importante fondo archivistico fu acquisito dallo Stato francese e trasferito agli Archives Nationales di Parigi, Archives de Joseph Bonaparte roi de Naples. puis d’Espagne (381 AP). Ed è appunto agli Archives Nationales, nel dossier 4 dell’Archivio di Giuseppe Bonaparte, che raccoglie le carte del Ministère de la Police générale 1806-1808, che si sono rinvenuti il manoscritto originale delle memorie del 1798 – 99 a firma Comandante Generale Michela Pezza fra Diavolo, a cui fu aggiunta una soprascritta in francese (Faits historiques des campagnes de Fra’ Diavolo rédigés par lui même, et trouvé dans ses papy ers lors du sequestre de ses bons. Julliet 1806) e i 21 documenti elencati nella NOTA ED ESTRATTO DELLE CARTE RITROVATE A SORA NELLA CASA DI ABITAZIONE DI FRA’ DIAVOLO. Le memorie del 1798 – 99 di Fra’ Diavolo si compongono di 35 fogli a mezza pagina, scritto con discreta calligrafia in un italiano popolareggiante e spesso dialettale; i periodi, caotici e complessi, sono comunque quasi sempre comprensibili logicamente. Sembra che le memorie, in cui l’autore scrive sempre in terza persona, sia stato scritto direttamente da Michele Pezza fra Diavolo, come emerge dal raffronto della scrittura con altri suoi documenti, ma non si riesce a stabilire se sia la versione originale o se una stesura successiva. Il periodo scritto a cavallo della fine del foglio 28 e inizio del foglio 29 « Di là poi passò in Albano, e formò quartiere quattordeci miglia distante da Roma, e prese tutti i migliori posti dividendo la sua truppa per poter battere l’infame nemico, né da quel punto s’intese più perdita dell’armi napolitane, non tralasciando giorno e notte di andare con 100 uomini alle porte di Roma, e dentro la città di notte per regolar le sue mire, ma non si son rischiati mai i Francesi e Patriotti uscir fuori, e che se lui avesse avuto un altro migliaio di persone avrebbe pigliato Roma per assalto, ma anche per andar di concerto con Rodio non li riuscì, come si rileva da una lettera da lui scritta al 31 agosto [f. 29] da lui scritta e fatta in Velletri per Napoli al suo strettissimo amico che il pensiere [aveva] avuto e l’impegno di queste notizie raccogliere, e formarne questo scritto.» lascia intendere che vi sia stata una collaborazione di una terza persona nell’ideazione e nella stesura dell’opera. NOTA ED ESTRATTO DELLE CARTE RITROVATE A SORA NELLA CASA DI ABITAZIONE DI FRA’ DIAVOLO Maestà Battuti e discacciati da Sora i briganti della masnada di Fra Diavolo, nella casa da esso abitata furon rinvenute alcune carte, che la necessità di una precipitosa fuga aveagli fatte abbandonare. Il Generale d’Espagne nel parteciparmi l’azione seguita in Sora, di cui ha indirizzato distinto dettaglio allo Stato Maggiore Generale, mi ha rimesse le accennate carte. L’esame delle medesime non offre alcun avviso o notizia rilevante. Due sole cose sembran degne di osservazione: la prima, che i briganti erano ordinati come Truppe regolari col nome, che altra volta davasi alle Masse, di Corpi volanti. La seconda, e questa merita maggiore attenzione, dimostra che i briganti del Regno ricevono soccorsi e rinforzi dalle popolazioni dello Stato Pontificio, colle quali sono in comunicazioni. Qui compiegata ho l’onore di presentare a V.M. la nota ed estratto di tutte le carte ritrovate. Saliceti 26 settembre [1806] 1. Rapporto a Fra Diavolo dell’Alfiere Rosario Sherbo Comandante in Sora alla Porta di Roma. Questi, in data de’ 23 corrente, riferisce di non esservi nulla d’importante in quel Posto. 2. Lettera di Giovanbattista Giovannelli degli 11 decembre 1799 diret­ta da Roma ad Antonio Spoglia in Sora. Rimette in essa lettera un attestato del Tenente [Generale] Rodio a favore di Antonio Spoglia. 3. Proclama di Fra Diavolo a Sora, del 13 settembre 1806. Ordina il ritorno in Sora agli assenti fra 24 ore, sotto pena di confisca di tutti i beni; consegna d’armi e munizioni, sotto pena di esser considerati come ribelli. 4. Passaporto del 14 aprile 1805 fatto in Roma, firmato dal Cardinal Consalvi, riveduto dal Segretario di Legazione di Francia, a favore di Vincenzo Rosati, che va da Roma a Parma. 5. Carta manoscritta, che contiene la distribuzione delle forze di Fra Diavolo in Sora e nel contorno. I Posti guardati son nove, cinque Porte, e tre Posti sulla sponda del fiume; la somma degli uomini di guardia è di 694. 6. Lettera di Francesco de Bellis a Carlo Carrara in Sora, senza data. Invio di monete antiche. 7. Cifra. Non intesa. 8. Ordine di Fra Diavolo agli abitanti di Casalvieri. A Preti in specie, e agli altri del Paese di porsi la coccarda rossa. 9. Lettera di Carlo Panetta, senza data e indirizzo, a un tale, che intitola Eccellenza. Dimanda soccorso, per essere stato disfatto dai Francesi. La lettera pare in data di Atena [sic]. 10. Lettera di Francesco Mancini Capitano a Fra Diavolo, senza data. Da conto della sua marcia, dice di esser mancato poco di sorprendere 150 Francesi sul monte S. Pancrazio, che si son ritirati in Campoli. Dice di aver 50 uomini; ne chiede altri 70 di rinforzo per assalire i Francesi; si fa sicuro della vittoria. 11. Lettera in data del 23 settembre da Roccarivi [Roccavivi], firmata da Filippo di Battista, e da Francesco di Grazia. Chiedon forza per Roccarivi, dicendo che ivi può passare più che altrove Francesi da massacrare. Si raccoglie, che da Capestrello ed a Rocca vi è posta della gente armata in agguato. 12. Lettera di Pietro Mancini Capitano a Fra Diavolo, in data del 23 settembre da Campoli. Rende conto con precisione estrema del luogo ove son situati a Campoli i Francesi. Chiede delle razioni. 13. Lettera di Domenico Braccioli, de’ 23 settembre. Manca l’indirizzo. Pare di un inferiore ad un superiore; è in data di Atena [Atina], Avvisa che in S. Germano vi sono 100 Francesi assediati sul colle di Roccasecca, che spera di far prigionieri. Aggiunge, che a Pesco a Serali vi sono altri 100 Francesi circa. Aspetta notizie da S. Germano e Piedimonte. Chiede munizioni. 14. Lettera di Carlo Panetta a Fra Diavolo, in data di Atena [Atina], 20 settembre. Scrive, che tutti i Francesi che furon battuti da lui, si son concentrati in S. Germano. Chiede in ajuto la massa degli abitanti di Casalese, per dargli l’assalto. Finisce col dire: «Siamo nel pericolo, restando in Atena, di esser bruciati, ma comunque sia, siam pronti a tutto». 15. Lettera di Vincenzo Fantauzzi Comandante a Fra Diavolo in Sora, in data del 23 settembre, da Bassorano. Da conto che circa 200 uomini di massa dello Stato Romano son venuti per la volta di Carsoli e di Iesi fino a Tagliacozzo in ajuto. 16. Instanza generica, senza data, nè nomi, fatta dai Galeotti a Fra Diavolo. Chiedono di essere uniti in truppa, per servire contro i Francesi, sotto il comando di Donato Valsano. 17. Lettera dei Sindici di S. Donato, [in] data 16 settembre, senza indirizzo. Pare però [indirizzata] a Fra Diavolo. Inviano Ferdinando Gramegna a ricever gli ordini, in nome della popolazione. 18. Rapporto fatto da un Alfiere alla Porta di Roma in Sora. Da conto di un piccolo fatto del Quartiere. 19. Lettera di Vincenzo Boccari, 17 settembre, in data di Alvito, a Fra Diavolo. Parla di esecuzioni di ordini, che non sono specificati. 20. Lettera di Berardo Tancredi e Filippo Mattei a Fra Diavolo, in data de’ 16 settembre, da Civitella di Roveto. Offrono gli omaggi della popolazione di Civitella, gente, armi, munizioni. 21. Notamento distinto e nominativo di sei compagnie, e di una di Cacciatori di Campagna. Ascendono gl’individui notati, col loro Stato Maggiore, a 573. Istoria delli fatti accaduti a D. Michele Pezza dal giorno 17 DICEMBRE 1798 PER LA RIVOLUZIONE ACCADUTA NEL REGNO DI NAPOLI ALL’ENTRATA DE’ FRANCESI[1]. Essendo giunto l’ordine del Tenente Generale il Duca della Salandra, che tutte le popolazioni si fossero armate in difesa del nostro amabilissimo Sovrano Ferdinando IV Dio Guardi contro l’infame sedicente Repubblica, essendo D. Michele Pezza alias Fra’ Diavolo della Terra d’Itri provincia di Terra di Lavoro attaccato alla Corona, subito cominciò a fare unione di altri[2], scrisse lettere circolari per tutti i Paesi vicini che si fossero armati prestamente, e tutti si fossero portati da lui in Itri, anche coloro che armi non avessero, che dal medemo se li sarebbero date, in maniera tale che in termine di giorni quattro strinse da circa 10.000 [sic] uomini, e si portò subito nel Fortino chiamato S. Andrea, che sta situato nella strada che da Itri si cala alla Città di Fondi unico passo che da Roma si viene nel Regno circondato da montagne, dove stava il Comandante per nome Sicardi. Questo comandava cinque pezzi di cannoni, e teneva sotto di se da circa 1.000 [f. 2] uomini di Fanteria, Cavalleria, Fucilieri di Montagna ed Artiglieri, e si presentò dal suddetto Comandante con tutta la sua gente, a cui il Sicardi gli disse che colà non bisognavano, ma che l’avesse guardato le spalle che per il Fortino penzava lui, a cui rispose il Pezza che per le spalle non dubitasse, e stesse pur sicuro; allora subito si partì colla sua gente, e la divise ne luoghi più opportuni che lui stimò, per dove i Francesi potevano passare per impadronirsi del Fortino, cioè a Sperlonga, a Migliograna, a Vallefredda, alla Madonna della Civita, S. Nicola ed altri luoghi, ed erano dalle Università mantenuti di tutto il bisognevole di bocca e di guerra. Come di fatti giunti i Francesi nella città di Fondi non mancavano di andare a stuzzicare i suoi, per poter passare avanti, ma sempre erano respinti colla perdita di più Francesi, che un giorno l’inseguirono sin’ a vicino Fondi, dove presero 400 castrati, che i Francesi tenevano, e furono condotti in di lui potere, e fu fatto il calcolo de’ morti francesi da circa 300, [f. 3] e cinque prigionieri, che furono mandati in Gaeta, altri furono trattenuti ed impediti, per non farli passare circa giorni undeci sempre coll’armi alla mano, di giorno e di notte in mezzo alle gran nevi di cui erano coverte quelle montagne, ma il giorno 29 dicembre 1798 verso la sera s’intese sparare tre colpi di cannone, e poi non s’intese più niente. Credendo il Pezza essere cosa da nulla, ma che ad un’ora della notte giunse un corriere al medemo, e gli disse che il Comandante Sicardi aveva reso il Fortino senza fare alcuna resistenza. Sentendo questo si restrinse quella poca gente che potè per portarsi alle montagne di Gaeta per poter dare ajuto alla detta Piazza. Ma il fatto si fu che al far del giorno li furono addosso circa 3000 Francesi, con quali stiedero più di otto ore a far foco, e ne massacrarono più di 300, e gl’ altri perseguitarono fin’ a Gaeta, credendo il Pezza non si fusse resa la Piazza, ma il fatto si fu che la trovò resa; avendo ciò inteso tutta la sua gente si scoragì, e subito depositò l’armi per andar nelle loro case, e salvare le proprie famiglie, dal che restò il Pezza [f. 4] con soli 24 uomini, che non sapeva il medemo cosa farsi. In capo a sei giorni risolse, e disse a suoi compagni andiamo in Itri a massacrar quei pochi Francesi che vi sono, come di fatto andiedero, e trovarono circa 60 Francesi, che una quantità furono massa­crati, ed altri perseguitati fin’a Castellone, e poi ritornarono indietro, ed andiedero a sonare le campane ad armi, al che tutto il popolo corse, ed armossi fin’anche le donne, per cui da diverse donne furono ammazzati molti Francesi; nell’istesso giorno ne massacraro­no una gran quantità tutti della piana maggiore, che passavano colle carrozze, come benanche fermarono un corriere che portava una cassa di proclami per affiggerli per i paesi, e fu fatto prigioniere un Generale ed un Colonnello, al che penzò il Pezza portarli prigionieri in Napoli al Generale Pignatelli, per aver dal medemo soccorso di armi e munizioni; giunto che fu a Sperlonga per imbarcarsi, trovò colà circa venti Francesi, e cominciò a far foco, e ne ammazzò sette, ed un Commissario ed un [f. 5] giacobino fece prigionieri, che in unione degl’altri due condusse in Napoli. Giunto a Napoli si portò dal Generale, e gli disse che avea portato quattro prigionieri, gli rispose il Generale che li avesse portati al Granatello, che colà avrebbe trovato un Aiutante, al quale doveva consegnarli, come infatti fu eseguito; dopo averli consegnati il Pezza con altri due suoi compagni ritornò in Napoli, e tre altri suoi com­pagni rimase a guardare li prigionieri; la mattina susseguente si portò di bel nuovo dal Generale, quale pregò che l’avesse data una barca, armi con munizione di guerra, che in capo a giorni sei l’avrebbe ripigliato la Piazza di Gaeta, ma niente li rispose, nè volle darli niente[3]. Ciò vedendo si portò subito al Granatello, per chiamar li suoi compagni e portarli nella loro patria, ma il fatto si fu che non trovò li suoi compagni, nemmeno li prigionieri, solamente li disse un soldato che nella notte antecedente era venuta una compagnia di Cavalleria da Napoli, e si aveva portato li prigionieri e li suoi com­pagni in Caserta; sentendo questo si portò subito in Napoli, e prese altri due compagni e si partì per Itri. Colà giunto di nuovo incoraggi li suoi compaesani, e li portò seco per affrontarsi col nemico, che veniva per abbatterli, che appena fu veduto che si cominciò un vivo fuoco, che non cessò un momento, ma durò circa due ore, e morirono de Francesi da circa 100, ed il restante [f. 6] fu perseguitato fin a Gaeta, che di timore abbandonarono un carro d’armi ed un altro di munizione e 10 cavalli; questa funzione continuò giorno per giorno, più volte i Francesi tentavano abbatterli, ma sempre valorosamente erano conquassati gior­nalmente colla perdita di quaranta e cinquanta, senza li feriti, che si fece il bilancio delli morti circa 500 tra soldati e piana maggiore. Per fine li mancò la munizione, son venuti li Francesi, si fece quanto si potè, per cui convenne fuggire, e loro s’impadronirono del Paese, dove fecero sette giorni di sacco, e massacrarono da circa 50 paesani tutti di età avanzata, fra’ quali il capo fu suo Padre. Qual cosa saputasi da suoi figli senza badare al pericolo della vita, uno se lo prese sopra le spalle e l’altri collo schioppo alla mano si fecero strada in mezzo alle sentinelle francese [sic] di notte, e nella sua Chiesa lo seppellirono. Allora restò con soli 27 uomini e si portò in Maranola, e subito risvegliò tutti quei Paesi convicini, cioè Maranola, Triulo, Casitelnuovo, Spigna, Traetto, S. Maria della Lefna, Pulgarino, Castelforte, Salvagana, le Fratte, Coreno, e radunò da circa 1.700 uomini, di più fece una lettera circolare per tutto lo stato di Sora, Abbruzzo, in nome di Sua Maestà Re delle due Sicilie, quale intesisi subbito abbandonarono le loro famiglie e si avvalse delle seguenti espressioni, cioè: Eccomi vicino a voi miei cari figli, in breve [f. 7] sarò tra voi, e non credete che io vi abbia abbandonato e rimasti in preda dell’inimici, il rammarico della mia partenza fu grande, colpa non fu la mia, ma de miei Ministri. Eccomi che sono tornato con una grande Armata, di mare e di terra, e viene in mio soccorso il Sacro Romano Impero, l’Impero Ottomano, oltre altre Potenze. Cari vassali siatemi fedeli, perchè non sarete oppressi: guai a coloro che ànno detto, mentre nell’avvenire non ci sarà chi possa frangere Leggi sì sante,' che il mio Figlio, vostro Figlio, invigilerà sopra tutte le Provincie per formare la felicità de miei Popoli. Cari vassalli siatemi fedeli, ed il Ciel vi assiste. Mare di Brindisi mese di gennaio 1199. Vostro Padre e Re Ferdinando IV. Quale intesi, subito abbandonarono le loro famiglie, e presero le armi in difesa del nostro amabilissimo Sovrano. Dopo d’ aver ristretto la gente si portò a fronte del nemico che stava al Garigliano, e ne massacrò un gran numero, e poi tagliò il ponte al Garigliano; il giorno seguente vennero circa 4.000 Francesi, ed attaccarono un vivo fuoco, che durò circa tre ore, e siccome era forza maggiore li convenne fuggire, e dopo due giorni si portò nella strada, dove loro dovevano [f. 8] passare, come in fatti vennero circa 300 con 27 carri di munizione di guerra, quali furono disfatti, ed ànno preso tutta la munizione. Ma sentendo [che] in Traetto stavano lentamente con i suoi andiedero ad assaltarli, e [li] massacrarono senza che ne fusse scappato uno al numero di 242, dove il Pezza si fortifìcò; dopo son venuti con forza maggiore ad attaccarli, e-combattendo valorosamente col nemico restarono i Francesi vincitori convenendo a loro fuggire, che appena sono entrati saccheggiarono, ed ammazzarono una gran quantità di paesani con mandare a fuoco la città; i morti francesi restarono senza numero che restarono in loro potere. Dopo altri tre giorni si son fatti avanti di bel nuovo, gli ànno sciacciati [sic] dalla detta città che tutti si son ritirati al Garigliano, e perseguitandoli valorosamente l’hanno anche discacciati dal detto luogo, con farli fuggire più di un miglio verso Capua, poi nel giorno [stesso] levarono il ponte di nuovo, e lasciarono una guardia per non far passare nessuno, e si portarono a Gaeta, per affrontare ed abbatter l’ infame nemico, che poco ci voleva a rendersi. Ma in questo momento venne il capoposto che stava al Garigliano, e gli disse [che] erano passati [f. 9] colle barche più di 4.000 Francesi, e stavano poco lungi da loro. Sentendo i suoi soldati questa notizia fuggirono tutti ne loro paesi, così ancora lui fece lo stesso, ma poi fu appurato bene che erano 400 che cotesto capoposto fece passare, che se non fusse questo tradimento accaduto, avrebbero occupata detta Piazza. Mentre stava restringendo la sua gente, i Francesi di notte si son fortificati, e formarono di nuovo il ponte al Garigliano, e ci posero quattro pezzi di cannoni, e ci accamparono da 500 uomini, e si ritirarono di nuovo in Traetto, ed in tutti quei paesi che da mano in mano la strada conduce a Roma, ma niente più poterono acquistare mentre li facevano in ogni parte ostacolo, ma bensì non passava giorno che non fussero andati ad attaccar fuoco, che sempre fu sparso gran sangue, non potendo assaltar Traetto per il motivo che si son provveduti di cannoni, ma vedendo ciò il Pezza prese quartiere poco distante da loro. La mattina delli due di febbraro giorno della Madonna Nostra Signora, si trovò un prete il quale disse figlioli sentiamoci la Messa, che la Madonna ci faccia portare vittoria in questo giorno, per poter superare l’infame nemico. Al che il Pezza per non [f. 10] contradire disse a suoi sentiamola, ma per celebrare la Messa non si trovava pronto il calice, nè tampoco l’ostia nella Chiesa, tutto si stava cercando sin anche le candele per pigliar tempo, acciò li Francesi l’avessero colti nella Chiesa. Dopo tanto tempo si disse la Messa, si voltò il sacerdote e disse diciamo le litanie alla Madonna; allora lui disse non serve dir litanie dobbiamo andare al nostro destino, mentre stavano uscendo dalla Chiesa s’intese gridare all’armi, all’armi che si accostava il nemico, come in fatti lo era; ritrovandosi la sua gente così all’improvviso si sbaragliarono ponendosi tutti a scappare, e lui restò con soli cinque uomini, trattenendo li Francesi circa due ore colla morte di 83 individui fra quali erano 30 uffiziali francesi; vedendo poi che da Traetto usciva altra forza li convenne fug­gire per salvare la propria vita. Il giorno seguente tornò con pochi uomini nella strada dove quelli passavano imboscandosi nel loro passaggio attaccando un vivo foco colla morte di 50 Francesi, soldati di Cavalleria, dove presero 14 carri di [f. 11] prigiotti, un altro carico di apparamenti di Chiesa; il giorno dopo prendendo cammino verso Traetto per attacar l’inimico dove riceverono più di 600 scoppettate per cui la sia gente tutta l’abbandonarono, ma nulla esso curando ostinatamene li prese 19 vacche, che trasportava avanti un villano verso Traeto; alla fine vedendo che la sua gente voleva lasciarlo solo prese viaggio ed andiede a trovar la sua famiglia, per vedere se erano vivi o moti in Itri. Dopo che restò con soli 27 uomini, e sempre facendo imboscate per non far passare anima vivente, che tanto le carrozze del nemico quanto i soldati dovevano morire, dopo fatto un attacco subito: ritirava alle montagne, ma non sempre nell’istesso luogo, ma in diverse parti, conforme venivano le spie, che dicevano dove passar dovevano i Francesi, là subito s’imboscava. Un giorno venne un aviso che passar dovevano i carri coverti che Chiambionetti portavi lui subito si portò ad aspettarli, e dopo che vennero detti carri accompagnati da 70 uomini di Cavalleria, quali furono tutti massacrati e presi detti carri, credeva esser danari, o argenteria, ma in un solo erano danari, e negl ’ altri tutti vestuarii della truppa, ma preso detto [f. 12] bottino con i suoi si ritirò col suo destino. Di nuovo se li scrisse da Castelforte che si fusse là portato con dirli che si erano radunati circa 4.000 uomini, allora non tardò subito andiede, perchè sapeva che ogni giorno venivano i Francesi ad inquietare, che un giorno avevano portato un mortaro per le bombe cannoni dicendo voler distruggere detto paese, ma ogni volta che son venuti erano respinti colla morte di molti loro individui, che tra morti e feriti furono circa 300 che l’imbarcarono e mandarono in Gaeta, mentre una persona suo strettissimo amico quanto si faceva in Gaeta tutto li avisava, e sempre tentavano di distruggere la sua gente, nè li riuscì, che anzi un giorno li prese sin’ anche li cannoni, e furono buttati nel Garigliano per non poterli portare nel Paese dove stava per cagion delle montagne. Aveva lui ben’ anche in detto Castelforte quattro pezzi di cannoni di legno che pochi colpi potevano sparare, che servivano per dar terrore al nemico, per cui dopo li soldati Polacchi e Francesi [f. 13] quando erano comandati per Castelforte gli pigliava il diavolo, che sempre erano battuti valorosamente, che furono costretti abbandonar quel luogo per non essere tutti massacrati. Vedendo il Pezza che non venivano più a tentare il Paese, risolse della sua gente formar due colonne, una dovea batter Traetto, Garigliano, Mola e Castellone, e l’altra Itri e Fondi per poi uniti batter la piazza di Gaeta, ed in fatti ha combattuto colli Francesi a Fondi ed Itri colla colonna da lui comandata, de quali porzione furono morti, ed altri perseguitati per fìn’ allo Stato Romano; la colonna di Traetto la fece comandare da un fuciliero di montagna chiamato D. Antonio Guisa, ma nel mentre si battè colla città ebbe la disgra­zia il detto comandante di perire, bensì fu presa Traetto, ma tutta la gente si scoraggi, per non aver chi li comandava, perciò non eseguì quanto il Pezza l’ aveva ordinato. Mentre lui si portava in Gaeta, li giunse un corriero dicendo che la [f. 14] gente se nera andata vedendo la morte del detto Guisa; in quell’istante giunse una colonna innumerabile del nemico, e si ripigliò Traetto, dove massacraro­no circa 400 uomini e donne, e ci sono incappati circa 60 della sua truppa, e poi si sono incamminati verso Castelforte. Ciò lui sentendo si portò subito a dar ajuto a quella povera gente, ma giunto che fu in quelle vicinanze intese che stavano per entrare in detto paese, e per mancanza di munizioni si dovea rendere, ma bensì morireno circa cinquecento cinquanta Francesi[4]. Avendo il Pezza questo inteso disse che non dubitassero che pensava lui per la munizione, ed avendo inteso che era giunta in Procida l’armata inglese, e di fatti trovò una barca, e si portò da loro in Procida per aver munizione; appena arrivato fece passare imbasciata al Comandante Dobrits, con dirli che era colà giunto Fra’ [f. 15] Diavolo, che voleva comunicarli alcune cose. Appena intese il Comandante il suo sopranome, subito lo fece salire a bordo, e lo ricevè benignamente, dopo un lungo discorso li offrì qualunque danaro hi volesse, a cui rispose che danaro non li necessitava, che n’avea bastante, solo era venuto a pregarlo per armi e munizione di guai, che di questo ne avea bisogno. Allora il Comandante l’inviò col suo interprete Cianchi, e comandò al Governadore, allora D. Michele de Curtis col quale anche lui parlò, e li fece l’istessa offerta di danari, e lui rispose l’istesso, al che prontamente li diedero due cannoni, e tutta la necessaria munizione di guerra. Ritornato che fu al suo destino, ritrovò solo 20 uomini al Garigliano, dove sbarcò li cannoni, e pensava portarli in Traetto, che aveva inteso colà dovevan venire circa 200 Francesi, pensando tra se stesso se il nemico viene si piglierà i cannoni, e noi ci convien fuggire; dopo verso un ora di notte fece attaccare li cannoni, e portare nella strada vicina Scavora [sic]; e là situarono [f. 16] li cannoni, pensando che se loro vengono non possano passare per altro luogo ma solo per qua, ed allora si farà quanto si può. Ma buona sorte si fu che nessuno si vidde al far del giorno, e subito vennero circa 300 uomini delli suoi, e così si son portati sopra Maranola la quale è situata sopra una montagna, che li cannoni si dovettero portare a schiena di cavalli, dove si formò un quartiere di ritirata, aspettando per restringere tutta la gente che in termine di dieci giorni radunò circa 1.000 uomini, e 700 stavano in Itri comandati da suoi fratelli che impedivano il passo per il mare e per terra alli corrieri, e non lasciavano passare nessuno, che non fosse visitato; come passavano i corrieri, così erano arrestati e prese le balice, con lettere, che si trovavano, ed all’istante erano spediti per Procida per farli ricapita quanto prima nelle mani di Sua Maestà nostro Sovrano. [F. 17] Di più di questo ha avuto due corrispondenti in Gaeta che erano provisionati, che non tralasciavano giornata per farlo inteso di quanto si faceva dal nemico per essere più sicuro ad affron­tarlo; oltre di questo i sudetti fecero una gran provisione di carne salata col suo consenso, in maniera che s’inverminì, e tutto dovettero buttare in mare, che questo ancora fece rendere prima di due mesi la Piazza perchè li mancò la provisione, e sentendo che i Francesi volevano sortire da detta Piazza di Gaeta, subito si sono imboscati che il giorno 10 maggio fecero un gran massacro, che tra morti e feriti furono più di 160, ed il restante perseguitarono fino a Gaeta. Pochi giorni dopo che fu il giorno di S. Marciano fecero una im­boscata al ponte di Castellone che passavano 200 Francesi, tanto furono battuti che nessuno potè scappare per portare la notizia in Gaeta, che tutti furono massacrati, dopo di ciò ognuno se n’ andiede al suo destino, rimanendo lui solo con solo 40 uomini in Mola. Intanto vennero due trabacoli per mare, menando cannonate da per tutto, e neppure loro hanno [f. 18] risparmiato di sparare. Nel tempo che si faceva questo foco, ecco che se ne vengono 700 Francesi colla Cavalleria davanti, alla vista de quali il Pezza con [un] suo compagno sparò, e n’uccise due, dove si fece un gran fuoco, e li tra­bacoli da mare si accostavano, sparando cannonate e mitragliate; lui intanto ciò vedendo con i suoi compagni se n’andiedero al loro desti­no, perchè erano pochi, e non potevano far resistenza, che se i Fran­cesi volevano venire sopra Maranola l’aspettavano, dove stava lui colla sua colonna; ma non si sono rischiati di andare, e subito hanno saccheggiato Mola e Castellone, e si sono ritirati in Gaeta. Dopo giorni due venne un corriere con dirli che in Mola son giunti 30 Francesi con due barche a macinare il grano, allora lui prese 100 uomini, e si portò colà, e massacrarono circa tutti 30 Francesi, e presa tutta la farina la portarono al loro luogo. A capo di pochi giorni calò a Castellone con tutta la sua gente, dove formò quartiere, e poi giunse il suo fratello D. Giuseppe Antonio con altra gente da Itri, e due cannoni, i quali [f. 19] furono conquistati dal medesimo. Dopo si sono accostati verso Gaeta per conquistar detta Piazza, al che immediatamente si portò il Pezza per parlar colli Inglesi, ed andiede a bordo di un brigantino, che poco distante stava; in questo momento sortirono i Francesi dalla Piazza colli cannoni e colla Cavalleria, attaccarono il foco, che durò circa due ore, e che dalli nostri hanno pigliato due cannoni, lo che accadde per non esse­re presente il Pezza, che non potendo arrivare prima, per il contra­rio tempo, ma alla fine arrivò lui, e ricuperò un barile di munizione e molte armi di diversa qualità, e di bel nuovo si situò a Castellone, e non fece passare neppure la paglia per i cavalli. Dove stiede fin tanto che sono arrivate due galeotte, quattro bombardiere e quattro lanzoni da Procida, e così si son portati di nuovo all’assedio che fecero sì stretto, che neppure poteano sortire per prendersi un poco di verdure dalli giardini sotto la fortezza, e non passava giorno che non avessero tentato di sortire contro di loro, ma sempre colla perdita di più Francesi, che sempre vergognosa­mente si sono ritirati. Nel[le] loro sortire che facevano erano tre co­lonne, una veniva di fronte, l’altra per la montagna, e la terza anda­va a saccheggiare il borgo, ed il Pezza gli perseguitava che doveano lasciare quanto aveano fatto; ma di ciò [f. 20] sdegnato, ben tre volte li avisò che fussero l’abitanti usciti dal borgo, e levato ogni cosa per non dare modo al nemico che col saccheggio si fusse rinforzato. Alla fine alle sue voci non volendo ubbedire, colla sciabola alla mano gli scacciò, dicendo a suoi scarpitti che non avessero portato riguardo a nessuno, qual cosa fu di molto danno a quelli del borgo, ma dovette farlo per levare ogni forza al nemico, e per farli più presto renderli andava di nascosto a dar fuoco travestito in più forme alla munizione della polvere che avevano sopra la fortezza, che li riuscì una volta mandare in fumo da 50 artiglieri, per cui da quel giorno in poi i Francesi furono privi dell’artiglieri sopra la fortezza. Altra volta con 20 uomini sciolti andiede a tagliare li capi delli pozzi per tutti li giardini che bagnavano le verdure, e così li riuscì disseccarle tutte acciò non avessero avuto neppure erba da mantenersi i suoi nemici; un giorno si avanzò sotto le mura con un suo compagno, avendo veduto che avanti la porta di Gaeta stava un uffìziale francese con pippa in bocca e libro in mano seduto ad una sedia nell’erba con un soldato di guardia avanzata di sua difesa; accostatisi a tiro di scoppo [sic], lui vestito da scarpitto colla [f. 21] carobina [sic] e ’l suo compagno da uffiziale colla sciabola, il quale ebbe un archibusciata, ma non lo colpì; allora lui disse voglio veder se il colpo della mia carobina lo sgarra, ciò dicendo sparò, al che si vidde in un punto andar su sopra l’uffìziale, il libro, la sedia la pippa, ed il soldato se la scappò, e così li riuscì guadagnar quella pippa che lui da lontano si aveva prefisso pigliarsi, per cui a questo cimento si espose. Di più due suoi ciacchetti continuamente insultavano sotto le mura i Francesi, dicendo loro ha [sic] striga galline, mangia lardo uscite a combattere, uno de quali con un colpo di cannonata fu spez­zato per mezzo per troppo azzaldarsi [sic]; questo saputo il Pezza si rammaricò da una parte ma si contentò, perchè questo ne avea am­mazzato più degl’altri, mentre quando sortivano i Francesi di notte a rubar verdure e frutta ne giardini, il ragazzo sotto le foglie folte ed alte di cocozze nascosto li ammazzava, e lui colle proprie mani lo seppellì in una Chiesa vicina in un vaso di pietra dove si poneva l’ac­qua santa per non esserci ivi luogo di sepoltura, e di più li bruggiò da circa mille e duecento tomola di grano ammetati avanti le mura, per non darli modo da vivere. [f. 22] I Francesi un giorno vollero armistizio dal sudetto Pezza; diede pranzo a tutti l’ufficiali che si mangiarono come tanti lupi molti prigiotti e frutta, oltre di molto pane e vino e mezzo barile di acquavite che aveva fatto [venire] a posta per incoragirsi con i suoi nell’attacchi. Per cui li dissero quanto siete velenoso in battaglia tanto siete amabile nella pace. Per cui obligati invitarono anche lui nella piazza a pranzo, e lui rispose non poterla [sic] servire, mentre non poteva muoversi una pedata senza ordine del Sovrano; ma almeno li dissero si fusse trattenuto un ora per avere il piacere di farne il ritratto, nè ce l’accordò, sicché licenziati si ritirarono nella piazza, e disperando si dicevano abbiamo a combattere con tutte le corone, ed anche con un Diavolo in terra. Una mattina fece un entrata falza a vista del nemico con 500 uomini, carri ed altri equipaggi con cassa battente che i Francesi si credevano essere altra truppa di linea venuta, per cui intimoriti non sortivano più dalla fortezza, ma pure un giorno vollero tentare alla disperata, ed il fatto si fu che mai non successe tanto di loro massacro quanto quella mattina da circa più di 200, e ne furono appicca­ti per i macelli e per gl’albori come tanti porci, che il Comandante di detta piazza si mandò a lagnate con dire che queste non erano azioni di guerra, e da lui li fu risposto prontamente che non l’avrebbe fatto, se non l’avesse imparato da loro, i quali poco prima aveano trovato tredeci [sic] de suoi e l’aveano fatti a pezzi a colpi di accet­ta, dicendo loro fate de nostri quello che volete, che se venite nelle nostre mani faremo quel che ci piace. Dopo questo fatto d’ armi non s’ intesero fin tanto non si fece [f. 23] la capitolazione[5]; allora gli disse il Comandante francese che [se] per giorni tre non si fusse capitolato si doveva rendere per fame giacché nel mentre era durato l’assedio si cibavano di solo pane e lardo ed acqua, consistente assegnato per ciascheduno [era] mezza libra di pane e due oncie di lardo, e che un piede d’insalata si paga­va un carlino; dopo che si sono imbarcati il Comandante li disse che fra mesi sei si sarebbero veduti di bel nuovo, a cui il Pezza rispose spero dal Signore di vederci in Parigi prima di cinque mesi. Dopo presa la consegna di detta piazza si portò in Napoli alle prime [sic] di agosto a bordo da Sua Maestà giusto quel giorno che sarpò [sic] la sera da Napoli per Palermo, che dopo gran piacere di Sua Maestà in averlo la prima volta veduto con quei Signori che li facevano corono [sic] encomiandolo e lodandolo della sua brava condotta e fedeltà se li domandò sera casato, o soluto, volendolo premiare con superbissime e nobilissime nozze, a cui lui rispose d’ aver dato parola[6] ad una giovine, nè potea mancarla, essendo sempre stato il suo carattere di un uomo fedele; di che dal Re e da quei Signori ne fu lodato come uomo fedele ed onorato, poi li disse che fosse [f. 24] partito per la conquista di Roma, e concertato prima col Cardinal Ruffo. Come di fatto a 23 di agosto da Castellone la mattina di venerdì licenziatosi dalla moglie e suoi parenti dopo otto giorni di matrimonio partì, con 3.000 uomini tra scarpitti, Fucilieri di montagna ed un battaglione di campagna e treno di artiglieria, e li furono consegnati due cannoni e tutto il bisognevole da guerra, con tutta la munizione e ducati 4.000 che arrivato in Terracina li consumò per la paga de soldati, e subito dovette cercar danaro per mantenimento della truppa, e prese come fece molta robba de Giacobini dalle mani de consegnatarii con suoi ricivi; avendo inteso che i Francesi aveano disfatta la colonna di un certo calabrese chiamato Rodio in Frascati di Roma, quale colonna per aver dato il sacco ed incauti nel dividersi e vender­si la robba in Marino, fu assalito da i Francesi colla perdita di molti [e] fuggì fin dentro l’ Abbruzzo, al che lui subito si avanzò e si portò in Velletri [f. 25] da dove promulgò proclami con affiggerli dentro le mura di Roma di notte nascostamente del tenore seguente, cioè[7][:] Ferdinando IV, per la Dio grazia Re delle Due Sicilie, di Gerusalemme ecc., Infante di Spagna, Duca di Parma e Piacenza, Castro, Gran Principe Ereditario di Toscana. Fabrizio Cardinal Ruffo Vicario Generale del Regno di Napoli. D. Michele Pezza Comandante e Generale della Regia divisione che forma l’ala sinistra dell'Esercito di S.M. che marcia verso Roma. Dopo le paterne premure che si è dato S. M. di riacquistare quella porzione del suo Regno di Napoli, che per disegno dell’ insensato Giacobinismo era stata sovvertita ed invasa da i Francesi, onde riportare a suoi buoni ed amati sudditi la pace, la giustizia ed il buon ordine originario della sola onestà cristiana, per il di cui fine [f. 26] appunto il Creatore dell’Uni­verso ha dato i Re alle Nazioni, si è pure la Maestà Sua determinato di far inoltrare le sue vittoriose truppe in questo Stato Romano, richiamato dalla premura di tranquillizare anche questi Popoli suoi limitrofi e salvare la S. Chiesa già illanguidita per assicurar la pace dell’Italia, nella quale va ineressata. E siccome per li gloriosi ed interessanti oggetti è intenzione della Maestà Sua che vi concorra più la ragione propria del [sic] uomo da bene, che la forza imponente ed estesa delle sue armi, e specialmente di voi Popolo Romano, che solo rimanete ancora sotto di quella violenza che vi produce un governo tumultuante destituito di dritto, di leggi, e principii: siete perciò con il presente editto chiamato dal pietoso cuore della [f. 27] Maestà Sua ad interessarvi in questa santa, giusta e devota causa, con promettere che sebene siete concorsi colle armi alla rovinosa ed abominevole sacriliga Democrazia, che vi andava a distaccare dal Vangelo e dalla vostra stessa felicità ne ri­marrete non solo perdonati, subito che deporrete le armi, e verrete a presen­tarvi a me, o ad altro Comandante delle Regie Truppe sia generale o locale o dei suoi Alleati, ma ben’anche sarete premiati, preferiti e ricombenzati; persuasi come dovete essere che la sola benignità sovrana si è quella propria del suo Reale animo si e quella che vi dispensa questa indulgenza per somministrarvi un mezzo per farvi salvi ed immuni; poi che se mai sarete trovati colle armi alla mano, allora verrete trattati come veri ribbelli [f. 28] figli della perfidia e dell’errore, e soffrirete soli e non mai altri il saccheggio stato vietato alle Reali Truppe. Dato in questo Quartiere di Velletri 9 settembre 1799. D. Michele Pezza Fra Diavolo. Di là poi passò in Albano, e formò quartiere quattordeci miglia distante da Roma, e prese tutti i migliori posti dividendo la sua truppa per poter battere l’infame nemico, né da quel punto s’ intese più perdita dell’armi napolitane, non tralasciando giorno e notte di andare con 100 uomini alle porte di Roma, e dentro la città di notte per regolar le sue mire, ma non si son rischiati mai i Francesi e Patriotti uscir fuori, e che se lui avesse avuto un altro migliaio di persone avrebbe pigliato Roma per assalto, ma anche per andar di concerto con Rodio non li riuscì, come si rileva da una lettera da lui scritta al 31 agosto [f. 29] da lui scritta e fatta in Velletri per Napoli al suo strettissimo amico che il pensiere [aveva] avuto e l’impe­gno di queste notizie raccogliere, e formarne questo scritto. In quell’istante giunse il generale Boccard in Grotta Ferrata con 3.000 uomini di linea con artiglieria e cavalleria, e li scrisse lettera che si fusse portato colà, dove subito andiede, e volle saper da lui lo stato di Roma, lo che da lui li fu partecipato in tutto, come ancora li fu detto che quando voleva assaltar Roma era pronto, mentre anche la fortezza di Fiumicino e quella di S. Michele l’aveva già presa per assalto con 13 uomini ed aveva fatto otto prigionieri, ed ora non facea passar persona alcuna per detto fiume per cui non vi è chi li faccia ostacolo. Dopo giorni tre lo mandò di nuovo a chiamare, e li disse che si è fatto armistizio con dirli che non andasse più verso Roma, il seguente giorno lo mandò di nuovo a chiamare, e li disse che l’ avesse scelto 1.000 uomini i migliori che aveva, e che avesse avanzato alla volta di Roma, e che si era già fatta la capitolazione [f. 30] e che si avesse presa consegna delle tre Porte, cioè porta S. Giovanni, porta Maggiore e porta S. Paolo, e fusse andato senza artiglieria e cavalleria, e subito fu eseguito. Di fatti la notte di S. Michele compleando [sic] del suo nome, 29 settembre 1799, per strade disperse di campagne a gran stento, e passare a guazio [sic] una fiumara, sempre temendo di tradimento si presentò alla porta di S. Giovanni con 600 uomini de suoi, dicendo viva il Re, li fu risposto avanzi, si prese la consegna della artiglieria francese per mano de suoi artiglieri dicendo a i suoi non dubitate, che se moro io morirete voi, e così avanzando si trovarono al far del giorno dentro la porta di Roma, il mercoledì appresso si prese il Castel S. Angelo. Mentre stava in dette Porte ebbe la disgrazia di farsi male ad un piede per causa del cavallo, e mandò a dire al Generale Boccardi che volea andar dentro Roma per guarirsi, perchè colà stava in aria cattiva; il sopraddetto Generale gli disse che avesse [f. 31] sofferto altri giorni, che quando lui stava alle porte, esso era sicuro nella Città. Nel mentre stava lui alla porta di S. Giovanni, venne una don­na e li consegnò un anello, che era della Maestà della Reina [sic], a cui lui subito fece la ricevuta; dopo d’aver ciò saputo il Generale Boccardi li mandò a chieder l’anello, ma da lui li fu risposto che si volea fare un preggio di consegnarlo colle proprie mani alla Maestà della Regina. Dopo quattro giorni gli mandò ordine che avesse acquartierato fuori le Porte la sua gente colla proibizione che nessu­no potesse entrar nella Città (per cui non dovette far poco per frena­re la sua gente che si lagnavano [sic], che dopo aver rischiato la vita per qualche tradimento a prender le Porte li era proibito di veder Roma) e lui gli rispose sarebbe meglio riunir tutta la gente per ogni cautela, e per esser pronto ad ogni cenno e comando del sudetto Generale; li fu tutto accordato e radunò tutta la gente in Albano con farli capire essere aria migliore. A capo di pochi giorni si mandò a prendere 100 uomini di Cavalleria de suoi [f. 32] che venivano comandati da un certo D. Antonio Caprara; giunti che furono in Roma gli chiamò per passar revista, ma il fatto si fu che furono dissarmati [sic] e levati i cavalli, e li fu detto chi di essi volesse servire da soldato, ma nessuno si offerì, ed il comandante Caprara li condusse presi nel Castel S. Angelo. Dopo pochi altri giorni si mandò a pigliare tutta la sua Artiglieria, cioè a 10 ottobre 1799, ed ancora con questi fece l’istesso Cioè che il Comandante di detta Artiglieria avesse servito da Sergen­te nell’istessa; vedendo questo altri soldati di Cavalleria tutti si disertarono per non vedersi togliere i cavalli e le armi, e poi li fece mancare il pre [sic], cioè la paga ai soldati, e li mantenne così per giorni 12. I quali vedendosi così trattati si disertarono la maggior parte, poi li scrisse lettera in nome di Naselli, che da Albano si fusse conferito in Roma, per dare conto della robba de Giacobbini, che lui aveva presi per mantenimento della truppa, che l’ avesse portato l’anello che lui teneva, e li mandò la patente da Colonnello, che [f. 33] Sua Maestà si era benignata mandarli. Mentre stava una mattina per portarsi in Roma, vennero in quell’istante mille e cinquecento uomini di fantaria [sic] e cavallaria, e portavano due pezzi di cannoni, ad ore 10 della notte si pre­sentò da lui un Maggiore con una lettera che diceva che si fusse por­tato in Roma con una porzione di quella Cavalleria, siccome obbedì, mentre il resto de’ soldati arrestavano tutta la sua truppa per con­durla in Roma. Quando fu alla metà della strada s’incontrò col generale Boccardi, che dimandò di nuovo l’anello (e lui rispose, la lingua batte, dove il dente duole) e l’intimò ancora l’arresto, come di fatti si fu; mentre stava nel Castel S. Angelo li portareno carcerati tutti i suoi soldati. Avendo lui ammirato questo indebito arresto scrisse al Generale Naselli per saper la causa del suo arresto, gli fu risposto che era per ordine di Boccardi, allora lui scrisse al sudetto, e li fu risposto che lo sapeva Naselli. Allora ciò sentendo, e non potendo soffrire l’invettive de Giacobbini contro il [f. 34] Sovrano in mezzo a i quali l’avevano posto nel Castello, e l’oppressione de suoi, che con tanto zelo avevano difeso la Corona, li parse di bene fuggire dal Castello con un concettoso modo, e dalla porta di Roma in Itri 83 miglia in circa ci pose meno di ore 10, sotto un cielo che diluviava con crepar due cavalli, non ostante un rigoroso arresto per tutti li passi contro di lui. Si portò in Palermo da Sua Maestà, ma dopo la terza volta che si era partito da Napoli per essere stato due volte respinto per il mare contrario, dove arrivato con acclamazione del popolo e [di] tutti i signori palermitani, che si affollavano per vederlo la sera con i lumi alla mano a 4 gennaro 1800. A far del giorno si presentò dagli ama­bilissimi Sovrani, che fu con grande applauso e festa ricevuto; al che lui presentò l’anello alla Maestà della Regina, la quale non solo li disse che se l’avesse goduto, perché preso in guerra in memoria della vittoria contro i Francesi, ma ben’anche si benignò donarli un altro anche superbo e prezioso, acciò si fusse ricordato sempre della sua Real Persona, con dirli che [f. 35] questi regali si fanno a voi, come persona distinta, non già ad altri. E che tanto fu l’onore che ebbe dai Sovrani, quanto da tutta la Reai Famiglia, che quante grazie li domandò, niente li fu negato, così ancora dal Capitan Generale Acton43, ed altri superiori, e da tutta la popolazione siciliana fu ricevuto distintamente, con essere il primo giorno obligato a mangiare in tavola di Nelson Ammiraglio inglese, e per lo spazio di due mesi da tutti i Consoli delle nazioni obligato a pranzo. La prima sera all’Opera fu ammirato con riguar­dar sempre la sua persona, per cui li convenne non andarci più; più volte al festino publico da Sua Maestà fu distinto, ed al baciamano, ed altre funzioni publiche, fu dalla Regina a chiare voci, da altri signori distinto, e complimentato dicendo così meritano essere trat­tati da Sovrani i fedeli vassalli, e zelanti veri dell’onor di Dio, e del loro Re. Finis [1] Archives Nationales, Paris, 381 AP4, dossier 4, Ministère de la Police générale 1806-1808, Pièces diverses. Il frontespizio reca la seguente soprascritta in francese e con caligrafia diversa: «Faits historiques des campagnes de Fra Diavolo rédigés par lui même, et trouvé dans ses papyers lors du sequestre de ses bons. Julliet 1806». La traduzione fedele della scritta è: . Le rare modifiche al testo del manoscritto, atte a facilitare la lettura, hanno interessato alcuni capoversi e qualche punteggiatura: alcuni periodi particolarmente lunghi e ricchi di subordinate sono stati spezzati, col sostituire il punto al punto e virgola. Tra parentesi quadre è indicato il numero dei fogli del manoscritto, che nell’originale non reca nessuna numerazione. [2] Questo periodo è in parte cancellato e sostituito a margine da frasi similari, ma scritte con altra calligrafia e grammaticalmente scorrette e dialettali: «Avendo indeso D. Michele Pezza alias Fra diavolo che li nimici Frangesi si noldravano nel regno subito comingiò affare unione». [3] A margine è stato aggiunto con calligrafia diversa: «perchè era fatto l'armistizio», con riferimento all’armistizio stipulato a Sparanise il 12 gennaio 1799. [4] Innanzi vi è scritto mille e cinquecento, ma è cancellato. [5] Nota a margine: «che segui il giorno de’ 4 agosto», con riferimento però, evidentemente, all’ingresso degli anglo-borbonici nella piazza, perché la capitolazione fu stipulata il 30 luglio. [6] Postilla a margine: «privata». [7] Un esemplare a stampa del proclama, conservato dalla famiglia Pezza, fu riprdotto da B. Amante..
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  50. Che abbaglio@@cembruno5500, si parlava di rame e mi riferivo al 10 centesimi! Assolutamente si tratta di un errore.. so bene che un 50 lire dallo spl in su si parte dai 1400/1500 eruo. scusate! Non so se correggere l'errore oppure lasciarlo così dal momento che perderebbe di significato la tua correzione...
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