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Contenuti più popolari

Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 04/17/16 in tutte le aree

  1. Buona sera a tutti. Rientro dopo circa un anno ,passato con molta ansia........ e che mi è servito per meditare sulle motivazioni (personali) che mi hanno indotto a tale decisione. Avevo chiesto la cancellazione dal forum , cosa che mi era stata concessa . Ma non prevedevo di soffrire cosi tanto ,così con il sostegno di molti amici ,che spesso mi chiedevano di rientrare , oggi ho deciso . Pertanto chiedo scusa a chi avrò offeso e spero di contribuire con coerenza e professionalità , su quel che ci accomuna " La numismatica Classica". Cordialmente Gionnysicily.
    6 punti
  2. Ecco la prima monografia dei nostri quaderni per il 2016: Storia della moneta cinese dai Qin ai Song (378 a.C.-1279 d.C.) - I Quaderni di laMoneta 2016/1 di Simone Ricci (Autore) 88 pp. in b/n, 215.9 mm × 279.4 mm Indice dell’opera Introduzione Cronologia delle dinastie cinesi Il Ban Liang (378-118 a.C.) Il Wu Zhu (118 a.C. – 621 d.C.) Le monete di Wang Mang (7-40 d.C.) Storia e monete dei Tre Regni (220-280 d.C.) La dinastia Jin (266-420 d.C.) Le monete dei Sedici Regni (304-439 d.C.) Le dinastie del nord e del sud (386-589 d.C.) La dinastia Sui (581-618 d.C.) Il cash Kai Yuan Tong Bao (621-907 d.C.) Le altre monete dei Tang Le cinque dinastie e i dieci regni (907-979 d.C.) Le monete della dinastia Song settentrionale (960-1127 d.C.) La circolazione monetaria durante la dinastia Song meridionale (1127-1279 d.C.) Le monete delle dinastie tartare: Liao, Xia occidentali e Jin Bibliografia
    4 punti
  3. @@petronius arbiter Ciao. "Non mi è chiaro perché la "perizia" cui siamo abituati non possa essere definita una "perizia semplice". 1)- Nella perizia cui siamo abituati, il perito risponde a un quesito (questa moneta è autentica?) 2)- Lo fa, di norma, per iscritto (compila il cartellino) 3)- Non si assume formalmente responsabilità particolari ("a mio parere", la moneta è autentica, se non lo fosse, pazienza). Ci sarà pure una differenza con quello che tu, più sotto, chiami un semplce expertise, ma non riesco a coglierla." Se intendiamo per "perizia", ancorché "semplice", ciò che comunemente si intende, e cioè un elaborato contenente non solo una risposta "secca" ad uno o più quesiti ma almeno un minimo di articolato ragionamento che spiega "il perché" della risposta fornita, è evidente che la pura e semplice attestazione che la moneta "è autentica", non corrisponde a quelli che sono "i canoni" normali che caratterizzano una perizia, ancorché "semplice". In questo senso ero andato alla ricerca di un termine, come "expertise", che sta ad indicare nel mondo dell'arte la dichiarazione resa da un esperto in merito all'autenticità dell'opera, che mi sembrava ciò che più si avvicina alle nostre "perizie" numismatiche. Quanto alla non assunzione di responsabilità, il discorso va inteso nel senso che il certificatore, se coincidente con lo stesso venditore, risponderà evidentemente dell'errata valutazione attestante l'autenticità della moneta verso l'acquirente, che avrà diritto a vedersi rimborsato il prezzo pagato (comprese eventuali costi sostenuti per la "perizia") per la moneta acquistata e dichiarata autentica, ma scoperta poi essere falsa. Se invece il certificatore è un terzo (non venditore) a cui il proprietario della moneta si rivolge - pagando - per ottenere "l'expertise", laddove l'attestazione fosse errata il committente potrà farsi rimborsare dal distratto perito quanto pagato. La mancata assunzione di responsabilità riguarda pertanto ulteriori profili che non siano quelli direttamente connessi ai casi di responsabilità "diretta" sopra enunciati. "Il discorso non fa una piega, ma lo vedo di (quasi) impossibile applicazione pratica. E' come per i gradi di rarità di cui abbiamo appena discusso, siamo tutti d'accordo che spesso non rispecchiano il vero, o non sono comunque sufficienti a stabilire la reale rarità, o sono dati con troppa faciloneria, ma poiché da essi, R2, R3, ecc.,nella pratica, dipende in buona parte il valore di una moneta, sarebbe difficilissimo, se non impossibile, convincere commercianti (in primis) e collezionisti a farne a meno. Per le perizie è lo stesso discorso. Io potrei conoscere le monete americane meglio degli esperti di PCGS (non è vero :lol:), ma in caso di divergenze (moneta falsa per me, buona per loro, o moneta MB per me, SPL per loro) il collezionista, a chi darebbe retta? se anche fossi davvero così esperto, non avrei comunque alcuna chance. E anche se le divergenze non ci fossero (buona per entrambi, stesso grado di conservazione), tra una moneta periziata da me, e una da PCGS, il collezionista, quale sceglierebbe?" Beh, non c'è dubbio che ci siano soggetti professionalmente deputati alla certificazione delle monete come ad esempio l'Ente americano che citavi Tu, che potranno godere sul mercato di una certa reputazione. Ma, e qui mi costringi a fare qualche nome, tra un giudizio di autenticità su una moneta napoletana espresso da PCGS e un altro, contrastante, espresso sulla stessa moneta da francesco77, siamo sicuri che daresTi la preferenza al parere di PCGS? E tra il giudizio contrastante, sull'autenticità, espresso dallo stesso Ente americano e da acraf, su una moneta dei socii italici, siamo sicuri che preferiremo il giudizio di PCGS? Mi fermo per brevità a questi due esempi, ma potrei continuare citando altri Utenti di questo forum i cui pareri, nelle monetazioni di competenza, possono ben competere e, perché no, anche sovrastare, il parere di Enti di certificazione, di Case d'aste e di professionisti "tuttologi" che, proprio perché "tuttologi", talvolta commettono anche grosse sviste. Certo, come dici Tu può essere utopia che un singolo privato goda di maggior credito numismatico rispetto ad un Ente certificatore, ad una Casa d'aste, ecc...ma questo è un discorso che va bene, con tutto il rispetto, per il "parco buoi", perché chi invece conosce le capacità e le conoscenze di quei singoli, non avrà esitazioni a rivolgersi a loro, piuttosto che all'Ente, per ottenere un expertise, nei casi dubbi. (Fra l'altro, scusa, ma sono persino alcune ditte numismatiche che già si rivolgono a costoro per conoscerne il parere su certe monete...e questo la dice lunga...). Poi, è evidente che tra il parere di un "pinco pallino", sedicente numismatico, e quello di un Ente certificatore, prevarrà il secondo. L'autorevolezza, in numismatica come dappertutto, va conquistata "sul campo", non a chiacchiere. Saluti. :hi: Michele
    3 punti
  4. Nell'augurare a tutti una buona domenica, voglio mostrarvi questo bel 50 centesimi 1925 liscio. Moneta comunissima e facilmente reperibile in buona conservazione, ma non sempre con un lustro completo cosi. Microscopici segnettini di contatto (riscontrabili in foto), ma per favore non ditemi che è FDC :rofl:
    2 punti
  5. Non la vedo così, anche perchè di unioni Europa-Russia non se ne stava parlando proprio (se non nei piani putiniani di divide et impera per far fuori l'UE e sostituirla con la sfera d'influenza russa su di noi, che è il suo scopo a medio-lungo termine). Sia come sia è proprio arrivata ora di svegliarci.
    2 punti
  6. Ieri ho pubblicato anche questo: http://numistoria.altervista.org/blog/?p=20795 E' un libro che nasce da un "senso di colpa": quello di non aver parlato di monete importanti (Ban Liang e Wu Zhu su tutte) nel mio libro precedente ("Appunti di numismatica cinese"). Quindi ho deciso di affrontare tutta la monetazione dai Regni Combattenti ai Song, con l'eccezione di vanghe e coltelli, già presenti nell'altro libro. Ora mi fermo, promesso :P
    2 punti
  7. Polinesia francese 2001 - 50 Franchi Due canoe outrigger con bilanciere nelle acque antistanti l'isola vulcanica di Moorea.
    2 punti
  8. 5 lire 1911 Cinquantenario Regno D'Italia Vittorio Emanuele III 1900-1943
    2 punti
  9. Io dico che legare il pane imburrato al gatto minerebbe lo stato psicofisico del felino con conseguenze sul lungo periodo.... si potrebbe provare, anche per comodità e benessere, ad imburrare direttamente la schiena del gatto! Anche tatuare la fetta di pane sul dorso del gatto ed imburrare successivamente potrebbe essere la soluzione. Buona domenica
    2 punti
  10. Seguiranno un po'di monete del vicereame ,la prima è questa: Mezzo Ducato: Filippo II di Spagna.(1554-1598) 1575(data rivolta verso il campo della moneta) Argento. Napoli; Germano Ravaschieri maestro di Zecca, Vincenzo Porzio, maestro di prova. D/Busto radiato e corazzato di Filippo II volto a destra; GR a sinistra; VP sotto al busto e data 1575 rivolta verso il campo della moneta R/Stemma coronato Riferimenti: CNI XX 1010 ; Pannuti-Riccio 19a; MIR 174/7. ;D'Andrea-Andreani-Perfetto 29 La particolarità di questa moneta è che presenta,come ho scritto nella descrizione,la data 1575 ,sotto il busto del regnante, rivolta verso il campo della moneta:nel MIR e nel P.R non è presente la moneta con questa particolarità ,forse sarà presente nel CNI La moneta appartiene a collezione privata --Salutoni -odjob
    2 punti
  11. Ho teorizzato una variante del celebre motore a gatto imburrato, il motore a gatto quantistico imburrato. Il motore tradizionale a gatto imburrato sfrutta la legge fisica del paradosso del gatto imburrato, basato sulla combinazione delle due leggi universali secondo cui un gatto lasciato cadere da una certa altezza in qualunque posizione riesce a ricadere sempre sulle zampe mentre una fetta di pane imburrata (o ricoperta di altre sostanze come marmellata o Nutella) se lasciata cadere impatta il suolo sempre voltata dalla parte del burro. A partire da questi due assunti scientificamente comprovati abbiamo che legando la fetta di pane imburrato al gatto e lasciandolo cadere si genera un moto perpetuo in cui il sistema gatto-pane continua a ruotare all'infinito, perchè essendo impossibile con questo tipo di vincolo che il gatto tocchi terra sulle zampe e contemporaneamente il pane sulla parte imburrata il felino rimarrà sospeso a mezz'aria in un moto vorticoso, opponendosi alla forza di gravità. Nella mia variante si applica il principio di sovrapposizione quantistica, secondo cui un sistema può trovarsi in due stati distinti ma anche in una loro combinazione lineare finchè non interviene una qualunque interferenza esterna, come una semplice misurazione applicata allo stesso, che lo fa collassare costringendolo ad assumere uno solo dei due stati (il cosiddetto "collasso della funzione d'onda"). Sfruttando il paradosso del gatto di Schrödinger, secondo cui in base al principio di sovrapposizione degli stati un gatto chiuso in una scatola di ferro collegata a una trappola che sviluppa una probabilità di ucciderlo è da considerare sia vivo che morto finchè non si apre la scatola per controllare, si ha che inserendo un motore a gatto imburrato in suddetto marchingeno otterremmo automaticamente un raddoppio del rendimento a parità di potenza. Ho voluto condividere pubblicamente la mia geniale intuizione: sono ben accette critiche e suggerimenti sia teorici che pratici.
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  12. Salve, Vi presento una medaglia rarissima di Ginnasio Cesarini Mazzoni, Forlì 1793 Peso: 27,8 gr. Diametro: 43 mm Materiale: Bronzo Incisore F.C. [fecit]. Né l'archivio di stato né quello diocesano di Forlì hanno mai visto questa medaglia premio per gli alunni del ginnasio Cesarini - Mazzoni. Qualcuno di voi la conosce? Grazie, Adam
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  13. @@Emilio Siculo Hai visto giusto !!! questa differenza rispetto alle altre postate, fa capire che il conio non è coerente con quelli del periodo e dimostra che si tratta di una Moneta coeva, è una differenza di natura tecnica che ne stravolge la conformazione facendo venire i bordi in questo modo. Qualcuno nel forum ha detto che la terza faccia delle monete sono i bordi difatti, proprio in questo caso, oltre al peso segnalato da @@apollonia , sono determinanti per l' analisi; è risaputo infatti che la costruzione dei coni è legata ai periodi storici e che le caratteristiche di questi venivano trasmessi con la battitura sul tondello anche esso costruito con particolari legati a quel periodo.
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  14. Insomma, opporsi al Super stato europeo significa essere parte o complici delle Forze Oscure della Reazione in agguato, oppure eredi dei fascisti oppure capre ignoranti. E'veramente grave che simili persone possano votare o addirittura costituire partiti ( simile nazisti, va da sé) per promuovere simili idee! Solo il progetto Europeo, nuovo Sol dell'Avvenire, ci ha salvati dalle Forze del Male, guidato dai saggi, dai responsabili, dai buoni. Che simile propaganda venga posta in essere, ci sta, in fondo abbiamo a che fare con un potere dalle radici e dalle ambizioni totalitarie. Una simile visione, del resto, è palesemente funzionale al mantenimento dello status quo, e mira a delegittimare preventivamente qualunque critica , in pieno stile sovietico.
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  15. LUI potebbe essere Constantius II oppure CONSTANS -al R/ Fel temp Reparatio - fenice sul globo ----- purtroppo non si legge nemmeno la zecca -----!!! forse assomiglia piu' a ConstaNS . qui una emissione della zecca di Antiochia
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  16. D. DV CONSTANTINUS PT AVGG. Costantino I, testa velata a destra. R/. VN - MR Costantino velato, in piedi a destra, solleva la mano destra. Segno di zecca ??? SM, che sta per Sacra Moneta N, che sta per Nicomedia ( forse) D, che indica l'officina che ha battuto la moneta
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  17. ______________ 2005 Solomon Islands 2 Cent - Acciaio placcato in bronzo
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  18. A mio parere hai una visione completamente distorta della situazione, quella secondo cui la "perdita dell'indipendenza monetaria" (che in realtà è l'acquisizione di una sovranità monetaria in diversa forma, condivisa a livello europeo) coincide nientemeno che con l'inizio di una catastrofe in cui l'Italia scomparirà inghiottita gradualmente da un "impero finanziario che ci spreme tutto quello che abbiamo" (?) Siamo a livello babau nascosto nell'armadio che sta per saltare fuori, classici discorsi che sento fare proprio agli eredi di quel fascismo che abbiamo combattuto. Il processo d'integrazione europea è nato anche proprio per cercare di evitare tutto questo sfracello descritto: evitare la perdita completa di sovranità reale di un'Europa uscita distrutta dalla guerra, che altrimenti sarebbe rimasto un ammasso di poveracci soggetti al completo dominio di USA e URSS. Ed è quella la fine a cui andremmo incontro se il pur imperfetto sistema europeo salta, sotto la spinta dei vari movimenti nazional-neofascisti che sognano il ritorno ai "bei tempi" in cui non esisteva neanche quel minimo di coordinamento comune che abbiamo oggi.
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  19. Belle @@Lay11. Fabio 1990 Cayman hai scordato di girarla o ha due dritti?:D Mi piace molto la moneta dell'isola di Mann. Però dai faccele vedere meglio, secondo me meritano foto singole. Ciao
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  20. Le monete coloniali inglesi sono - e sono sempre state - molto belle. Poi poter viaggiare da un capo all'altro del mondo raccogliendo monete che hanno sempre lo stesso sovrano al diritto ha ulteriore fascino.
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  21. Diciamo che il concetto di "Italia" e di "cultura italiana" sono venuti un po' dopo il V secolo [le primissime testimonianze della lingua italiana risalgono al XII secolo - in forma veramente incipiente - e solo a partire dal XIII in forma compiuta - prima non esisteva neanche il volgare..] Vero è invece che il sistema monetario - nell'area italica - è cambiato di molto nel tempo. Dopo quello romano si sono avvicendati - in diversi territori - quello bizantino (mutuato a Roma, Ravenna e nel sud Italia), quello longobardo, poi l'imponente riforma carolingia, l'introduzione della moneta aurea nel XIII secolo, la monetizzazione della lira - fino al 1472 moneta solo dii, conto - e a seguire tutta la monetazione moderna con le sue mille sfaccettature, tra giulii, paoli, ducatoni, scudi, ongari, talleri, tolleri, etc. etc. Monetazioni sia originate dai vari territori/Signori sia subite nelle dominazioni straniere che hanno vai via governato pezzi di territori della Penisola. Come si vede perdere una monetazione a favore di un'altra,per quanto importante e per quanto ci si sia assuefatti, non rappresenta né un evento di per sé raro o di stravolgimento, né qualcosa che non si possa superare... La Storia continua, guai invece a restare indietro...
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  22. Bahamas 5 Cent 1975 + 1 Cent 2009 Lo Stemma delle Bahamas è il simbolo araldico ufficiale del paese, fu adottato il 7 dicembre del 1971. Consiste in uno scudo sostenuto da un marlin e da un fenicottero, coronato da un elmo che culmina in una conchiglia. Sullo scudo è raffigurata una caravella, che si considera la Santa María di Cristoforo Colombo.
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  23. Salve Dopo la sventurata conclusione della necropoli di san Costanzo brutalmente interrata e tolta ogni possibilità di visitarla Una nuova notizia sulla presenza picena nel nostro territorio Da anni conoscevo la presenza della stele che il sanguigno proprietario difendeva come ricordo del babbo che l'aveva trovata. Speriamo abbia una sorte migliore In rete si trovano altre info e un video
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  24. 10 Lire 1936 Impero Regno D'Italia Vittorio Emanuele III 1900-1943
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  25. Grazie per queste info ed excursus molto interessanti su questa particolare monetazione Nel ripostiglio si riconoscono le emissioni tipiche del Gandhara e indiane primitive, ma queste emissioni scifate rappresentano una novita'
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  26. Lo fanno francesi, portoghesi, finlandesi. Nessuno dice nulla. Lo fanno i tedeschi, euromarco...
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  27. Principalmente dallo stile, in questo caso basta confrontare questo esemplare con uno coevo orientale e noterai la differenza (una fra tutte: la legenda del rovescio per esteso anziché abbreviata AVGYS)
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  28. No, nel Seicento gli scudi sannitici erano utilizzati ovunque. Il termine "sannitico" non ha valore geografico, indica soltanto quella forma particolare.
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  29. Buona sera,concludendo con questo pezzo,mi viene chiesto se il periodo è compatibile con la discesa in Basilicata a Lagopesole di Lotario II nel 1137 ma credo che lo si possa escludere avendolo datato seconda metà XII sec.a questo proposito secondo voi è ipotizzabile che sia un lucchese di produzione pisana Pre accordi del 1181? È oramai abbastanza evidente che le ammonizioni di Federico I nel corso della seconda metà del secolo venivano impunemente ignorate da pisa,troppo importanti erano le sue navi da guerra, per poter incappare nelle Sanzioni previste.Detto questo,visto che non è a tutt'oggi possibile distinguere le due produzioni,la differenza potrebbero farla proprio questi segni e le differenti tecniche di preparazione dei conii da parte degli incisori delle due zecche,che ne pensate?buona notte a tutti.
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  30. Segnalo : http://numismaticamente.it/numismatica-medioevale/un-cavallo-di-brindisi-inedito
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  31. Vorrei anche, ogni tanto è giusta qualche digressione, complimentarmi con @@pedro_88, ottima idea questa delle miscellanee e ottimo format, a volte le idee poi sono tutte in particolare nella divulgazione.... Vedo giovani con personalità e intraprendenza, uno in Piazzetta mi sorprende con una fantistica discussione, altro gran format, ma pure questo è estremamente valido, quindi i miei migliori complimenti ancora e allora forza anche con questa seconda parte !
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  32. Salute in questa ed in tante altre discussioni su monete del Regno di Napoli si menzionano monete che prendono il nome di "cavallo"e,generalmente al rovescio raffigurano un cavallo al trotto volto a destra ed al dritto il profilo coronato di Ferdinando d'Aragona(colui che fece coniare per primo questa moneta)volto a destra;ebbene,a tal proposito,non ricordo se è già stato postato questo scritto dell'utente francesco77(qualora sia stato postato:repetita iuvant!),ma se è già stato fatto ,ritengo che non sia sbagliato riproporlo: Il cavallo corsiero napolitano (coursier napolitain in francese, neapolitan courser in inglese,corcel napolitano in spagnolo) fu considerato a ragione, tra i secoli XV e XVIII, uno dei migliori al mondo per le esigenze della cavalleria militare. Bello, forte e resistente, fu esportato in grande numero dalle province napolitane verso tutti gli altri stati italiani, nonché verso la Spagna, la Francia, l’Olanda, l’Inghilterra, la Danimarca, la Germania, la Prussia, la Polonia, la Russia e l’Austria-Ungheria. Insieme con il cavallo spagnolo, con quello berbero e con quello turco, servì per l’insanguamento delle razze dell’Europa centrale e di quella settentrionale, alle quali conferì soprattutto le proprie ben equilibrate doti psicofisiche derivategli dalla costante selezione naturale cui era soggetto, opportunamente finalizzata dall’uomo attraverso un sistema di allevamento risalente all’antichità. Già i Romani dell’età repubblicana e dell’inizio di quella imperiale avevano dimostrato magistrale perizia ippotecnica coniugando in modo soddisfacente l’esercizio atavico della transumanza con la pratica di avveduti incroci e meticciamenti. In virtù di un’accurata programmazione degli accoppiamenti, essi erano riusciti a produrre animali omogenei, quanto alla costituzione fisica ed al temperamento, in relazione alle necessità operative delle lorodecuriae di cavalleria, composte in netta prevalenza da militi di stirpe siculo-italica tradizionalmente dediti al mercenariato. Si può, pertanto, fare riferimento ad un cavallo romano antico - suscettibile di continua evoluzione morfologica ed attitudinale mediante scambi di sangue con le migliori produzioni ippiche delle regioni geografiche via via assoggettate al dominio di Roma - esemplarmente raffigurato nel monumento bronzeo all’imperatore Marco Aurelio, in Campidoglio. Sua peculiare caratteristica fu il profilo convesso (montonino) del naso, oggi definito anche, in inglese, Roman nose. Tale cavallo, sopravvissuto alla caduta dell’Impero romano di Occidente (476 dopo Cristo), ha trasmesso la più gran parte della propria eredità genetica alla razza romana (erroneamente definita, da alcuni, maremmana laziale), allevata per secoli nella Campagna di Roma, in Sabina e nella Tuscia romana. Per tutto l’alto Medioevo, gli invasori mongolici, germanici, vandali e saraceni, sovrapponendo i loro cavalli a quelli romani non fecero che protrarre nel tempo, inconsapevolmente e disordinatamente, quanto i discendenti dei Latini avevano, consciamente e razionalmente, saputo disporre per la selezione delle loro cavalcature da guerra. Dopo l’anno 1000, una massiccia immissione di sangue orientale fu operata in Europa dalle armate cristiane reduci dalle crociate in Palestina. Di particolare importanza fu, tra il XII ed il XIII secolo, l’introduzione di cavalli leggeri e veloci da utilizzare nella caccia con il falcone, di cui fu famoso cultore Federico II di Svevia. Alla sua passione per l’allevamento equino fu dovuto il rifiorire, nel Sud della nostra penisola, di un’ippicoltura basata su criteri simili a quelli che ne avevano permesso il grandioso sviluppo in epoca romana. Nel tardo Medioevo, ebbero spicco le ottime doti ed il buon mercato dei cavalli del Reame di Napoli, assai apprezzati anche negli stati vicini, sia al tempo degli Angioini, sia al tempo degli Aragonesi. Spettò tuttavia agli Spagnoli il merito di porre di nuovo sapientemente a frutto le straordinarie possibilità offerte dai maestosi cavalli dell’Italia meridionale, passata sotto la loro dominazione agli albori del XVI secolo e governata, fino al 1707, da viceré nominati dai sovrani di Madrid. In quel lungo periodo di tempo, fu rinnovato lo scambio ippico tra le due penisole già avvenuto fra il III ed il II secolo avanti Cristo, allorquando le armate di Cartagine e delle Gallie avevano invaso l’Italia con i loro cavalli numidico-iberici e celtici e, contemporaneamente, alcune legioni di Roma avevano trasferito cavalli italici nella Penisola iberica, dove poi sarebbero state fondate - e popolate da romani per quasi cinque secoli - varie città, tra le quali Italica, nei pressi dell’odierna Siviglia, che avrebbe dato i natali agli imperatori Traiano ed Adriano. Di fatto, tra il Millecinquecento ed il Milleseicento si ebbero, insieme, una parziale ispanizzazione del patrimonio ippico napolitano ed una parziale napolitanizzazione di quello spagnolo. Nacque a Napoli intorno al 1534 - grazie a maestri come Giovan Battista Ferraro e Federico Grisone - la prima accademia equestre d’Europa, mentre nelle scuderie imperiali spagnole andavano aumentando il numero ed il prestigio dei corsieri napolitani. Lo stesso imperatore Carlo V d’Asburgo, … hauendo ottima conoscenza, e prattica di tutte le specie di caualli, e di tutte l’arti Caualleresche, sempre elesse per seruigio di persona i caualli Napolitani, come idonei ad ogni essercitio, e fattione. (Pasquale Caracciolo, La gloria del cauallo, Venezia, 1589). Nella Descrizione di Firenze nell’anno 1598 da parte del principe germanico Ludwig Anhalt-Kothen - compilata in lingua italiana, nel 1859, dallo storico e filosofo di Aachen Alfred von Reumont - si legge il seguente brano sulla statua equestre in bronzo, eseguita tra il 1587 ed il 1594 dal Giambologna (il fiammingo Jean de Boulogne), che campeggia in Piazza della Signoria: Sulla piazza maggiore sta la figura del granduca Cosimo (Cosimo I de’Medici, che aveva sposato nel 1539 Leonor Alvarez de Toledo, figlia del celeberrimo don Pedro, viceré di Napoli, n. d. r.); esso monta un gran cavallo napoletano che posa sopra due piedi, in modo da non saziar mai l’occhio per la bellezza dell’artifizio. Confronto fra i ritratti di un Corsiero Napolitano (a sinistra) e di un Cavallo Spagnolo, che evidenzia bene le differenze morfologiche tra le due razze nel XVII secolo( da W. Cavendish of Newcastle, La mèthode nouvelle et invention extraordinaire de dresser les chevaux, Anversa, 1658 ) Il termine corsiero (o corsiere) designava, tra la fine del Medio Evo e l'inizio dell'Età Moderna, il cavallo da combattimento, la cui andatura più veloce (il corso, cioè il galoppo) lo differenziava dal portante, ossia dall'ambiatore usato prevalentemente per lunghi e comodi trasferimenti in sella: era, insomma, il nome funzionale della razza. L'aggettivo napolitano ne indicava l'origine geografica, non limitata esclusivamente a Napoli e dintorni ma estesa, fino al 1860, all'intero Regno di Napoli, comprendente parti delle odierne province di Rieti, di Frosinone e di Latina, nonché gli attuali Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Basilicata e Calabria. Corsiero napolitano (e non napoletano), dunque, in quanto cavallo storico allevato, principalmente per la guerra, in tutto il Regno di Napoli e da qui esportato, anche come miglioratore, verso il resto dell'Italia e dell'Europa. La selezione di questo pregevole ausiliario dell'uomo d'armi avveniva nei suoi primi tre anni di vita ed era assolutamente naturale: il puledro veniva scelto in base a criteri estetico-funzionali per l'impiego bellico tra i maschi interi che componevano le mandrie, in passato definite razze, di proprietà delle famiglie nobili; quindi si procedeva al suo addestramento in apposite strutture, denominate cavallerizze. Merco dei corsieri napolitani della Regia Razza di Puglia (Palazzo d'Ascoli) nei secoli XVI e XVII(da C.G. Gattini, Delle razze di cavalli nel Regno di Napoli e specie in Matera e contorno, Matera, 1902) L’arco di tempo in cui la razza assurse al massimo splendore ed alla più vasta notorietà in Europa fu quello compreso tra il XVI secolo ed il XVIII. Non vi fu, allora, monarca o principe che non ambisse ad ospitare nelle proprie scuderie corsieri napolitani morelli, o bai, o grigi, per la guerra, per la caccia, per il tiro delle carrozze. Durante tutto il XVIII secolo e nel primo quarto del successivo, la monarchia asburgica ottenne numerosi cavalli napolitani, tra i quali sono rimasti famosi Cerbero e Scarramuie, ritratti dal pittore inglese George Hamilton intorno al 1725, nonché tre dei capostipiti degli odierni lipizzani: il morello Conversano, il baio Neapolitano ed il bianco Maestoso (quest’ultimo di origine napolitano-spagnola). Oltre alla lipizzana, furono migliorate in età barocca, mediante l’impiego di cavalli padri(stalloni) e di cavalle di corpo (fattrici) napolitani, le razze germaniche di Hannover, Holstein, Oldenburg, Trakehnen e Württemberg, l’olandese del Gelderland, la danese di Frederiksborg e la boema di Kladruby. Alla razza lipizzana – storicamente appartenuta all’Austria-Ungheria, all’Italia ed alla Iugoslavia – spettò l’eredità più consistente di caratteri tipici dei cavalli napolitani, oggi presenti nelle famiglie maschili dei Conversano, Neapolitano e Maestoso, in quella, di origine danese, dei Pluto ed in quella, proveniente da Kladruby, dei Favory. Nella Relazione delle persone, governo e Stati di Carlo V e di Filippo II, letta nel Senato della Repubblica di Venezia, nel 1557, dall’ambasciatore Federico Badoero, i cavalli napolitani furono definiti non vaghi come li giannetti, ma più belli che li frisoni, forti e coraggiosi… Immagine di cavallo napolitano(da G. S. Winter de Adlersflügel, Trattato nuovo e aumentato del far la razza di cavalli, Nuremberg, 1687) Pasquale Caracciolo, nel suo trattato equestre intitolato La gloria del cauallo (1589), così si espresse: Ma se di tutti i caualli rarissimi sono quelli, che di tutte le conditioni necessarie adornati, e à tutti gli essercitij siano idonei; di tal lode i Napolitani soli veramente al più generale si trouan degni; perché al caminare, al passeggiare, al trottare, al galoppare, all’armeggiare, al volteggiare, e al cacciare hanno eccellenza, e sono di buona taglia, di molta bellezza, di gran lena, di molta forza, di mirabile leggierezza, di pronto ingegno, e di alto animo; fermi di testa, e piaceuoli di bocca, con ubbidienza incredibile della briglia; e finalmente così docili, e così destri, che maneggiati da un buon Caualiere, si muouono à misura, e quasi ballano … Nella Novela del coloquio de los perros (1613), il grande Miguel de Cervantes Saavedra richiamò con singolare incisività l’attitudine dei cavalli Napolitani all’apprendimento delle ariedell’alta scuola equestre (Ensenome a hacer corvetas como caballo napolitano…) e la loro versatilità (…viendo mi amo cuan bien sabia imitar el corcel napolitano). Stallone napolitano in una stampa francese del XVIII secolo Nel trattato dal titolo La perfezione e i difetti del cavallo, opera del barone d’Eisenberg, direttore e primo cavallerizzo dell’accademia di Pisa, dedicata alla Sacra Cesarea Real Maestà dell’Augustissimo Potentissimo Invittissimo Imperatore Francesco I Duca di Lorena e di Bar ec. Gran Duca di Toscana ec. ec. ec. (Firenze, 1753), si legge tra l’altro, nella descrizione della Testa Montanina (sic!), che … i gran Signori per avere stalloni colla testa montanina fanno cercarne apposta nel Regno di Napoli, o in altre parti d’Italia, per mettergli nelle loro razze, affinché comunichino tali qualità a i puledri. Testa montonina raffigurata nel trattato equestre del barone d’Eisenberg,intitolato La perfezione e i difetti del cavallo, Firenze, 1753.(Collezione della Galleria Tanca Antiquariato, Roma, Salita de’ Crescenzi 12) Il Regno di Napoli fu visitato, nel 1789, dal nobile svizzero Carlo Ulisse de Salis Marschlins, uomo erudito, osservatore attento, resocontista scrupoloso. Egli dedicò alcune righe del suo Nel Regno di Napoli. Viaggi attraverso varie province nel 1789 alla descrizione dei cavalli napolitani della razza di famiglia dei duchi di Martina, allevati nella grande masseria di San Basilio, presso Mottola. I cavalli del Duca sono pregiatissimi, specialmente per la loro forza, la loro gagliardia e la singolare bontà delle loro unghie; qualità queste da attribuirsi probabilmente alla natura forte e secca dei pascoli, ed al lasciare gli animali continuamente all’aperto in ogni stagione, senza rinchiuderli nelle stalle.I puledri tenuti per uso privato, vengono domati ai tre anni, ed i cavalli che non servono per uso del Duca sono venduti verso i quattro anni, o alla fiera di Gravina o a quella di Salerno, dove il prezzo corrente di una buona pariglia di cavalli di quattro anni, senza nessun difetto, varia dai 150 ai 200 ducati. Sino a poco tempo addietro, nessun cavallo veniva castrato, servendo gli stalloni sia pel tiro, sia per cavalcare, e lasciando le giumente esclusivamente per le razze. Adesso però si usa altrimenti, e la cavalleria sarà fornita d’ora in poi di giumente e di cavalli castrati.Anticamente non c’era barone del Regno che non avesse una o più razze di cavalli; ed i cavalli napolitani sono stati sempre e dappertutto tenuti in gran pregio per la loro resistenza e per le altre loro buone qualità, così come erano apprezzati negli antichi tempi. Il cavallo scolpito in pietra sulla facciata del Palazzo dell’Università di Martina (1761).(Foto Piero Papa) La cavalleria del Re di Napoli Ferdinando IV di Borbone godeva, nella seconda metà del XVIII secolo, di buona fama. Nella sua Storia d’Italia dal 1789 al 1814 (pubblicata nel 1824), il piemontese Carlo Botta, trattando della campagna militare del 1796 nell’Italia del Nord - durante la quale furono impiegati, in aiuto alle truppe austriache del generale Beaulieu contro quelle francesi di Napoleone Bonaparte, i reggimenti di cavalleria napolitani Re, Regina, Principe e Napoli, soprannominati Diavoli bianchi - così scrisse: Fu forte l’incontro, forte ancora la difesa, perché gli Austriaci sfolgoravano gli assalitori con le artiglierie, ed i cavalli Napolitani, opprimendo i soldati corridori, ed assaltando con impeto gli squadroni stabili, rendevano difficile la vittoria ai Francesi. Andavano gl’imperiali in rotta, ed abbandonato Fombio a chi poteva più di loro, si ritiravano a gran fretta a Codogno, con lasciar ai vincitori non poca parte delle bagaglie, trecento cavalli, circa cinquecento tra morti e prigionieri: sarebbe stata più grave la perdita, se la cavalleria Napolitana, condotta massimamente dal colonnello Federici, uffiziale di gran valore, serrandosi grossa ed intiera alla coda, ed urtando di quando in quando gagliardamente il nemico, non avesse ritardato l’impeto suo, e fatto abilità ai disordinati Austriaci di ritirarsi. Quindi aggiunse: La schiera tutta sarebbe stata condotta all’ultimo termine, se per la seconda volta la cavalleria Napolitana non le faceva scudo alla ritirata. E, più avanti: La cavalleria Tedesca, ma principalmente la Napolitana, che anche in questo fatto soccorse egregiamente i Tedeschi, proteggeva il ritirantesi esercito. Nel primo quarto del XIX secolo, Giuseppe Ceva Grimaldi – alto funzionario regio, inviato in Terra d’Otranto da Ferdinando I delle Due Sicilie per ripristinarvi la legalità borbonica dopo il crollo del potere di Gioacchino Murat – così annotò, nel suo Itinerario da Napoli a Lecce, descrivendo la città di Martina: Gli amatori de’ bei cavalli vi troveranno la più bella razza che ve ne abbia nel regno, avanzo di quella tanto celebre di Conversano. Più avanti, a proposito dello stato dell’agricoltura in quella provincia, aggiunse: Non vi sono razze di cavalli meno che una in Mattino (Matino, n. d. r.), in Martina l’altra; la prima di piccioli e vivaci cavalli , la seconda di poche ma belle giumente nate dalla mescolanza delle razze di Conversano e Martina. Merco dei cavalli allevati dagli Acquaviva d'Aragona, conti di ConversanoMarchio a fuoco impresso su alcuni stalloni lipizzani allevati in Ungheria, per indicarne la discendenza, in linea materna, dal capostipite Conversano(da C. G. Gattini, Delle Razze di cavalli nel Regno di Napoli e specie in Matera e contorno, Matera, 1902)(da C. G. Wrangel, Ungarns Pferdezucht in Wort und Bild, Stuttgart, 1893) Dunque, le razze cavalline di Terra di Bari (in special modo, quella dei conti di Conversano) e di Terra d’Otranto (in particolare, quella dei duchi di Martina) furono determinanti, sia per qualità sia per quantità, nella formazione della razza napolitana. D'altronde, la continua richiesta di capi nati in quegli allevamenti stimolava le famiglie della nobiltà regnicola ad una sana emulazione in un’attività d’importanza primaria, e per il suo significato economico, e per quello culturale, giacché il grado di civiltà di una nazione risultava anche dalla bontà delle sue produzioni zootecniche e principalmente di quelle equine. Il profilo montonino - tipico del Corsiero Napolitano - della testa dello stallone Durante,in una stampa inglese dei primi anni del XIX secolo(Foto G. M. Fraddosio) Le fiere annuali di Foggia, Gravina e Salerno servirono a lungo per diffondere nel resto d’Italia e d’Europa i numerosi puledri napolitani ivi trasferiti dalle province più vocate all’allevamento, tenuti allo stato brado o semibrado per aumentarne la resistenza alle malattie, e resi avvezzi ai disagi della transumanza per esaltarne le doti di rusticità e di fondo. Merco dei cavalli allevati dai Padri Certosini di San Lorenzo a Padula (Sa) Marchio a fuoco impresso su alcuni stalloni lipizzani allevati in Ungheria, per indicarne la discendenza, in linea materna, dal capostipite Neapolitano(Da C.G. Gattini, Delle Razze di cavalli nel Regno di Napoli e specie in Matera e contorno, Matera, 1902) (da C. G. Wrangel, Ungarns Pferdezucht in Wort un Bild, Stuttgart, 1893) Durante il loro lungo dominio sull’Italia del Sud (dal 1734 al 1860, escluso il decennio napoleonico), i Borbone di Napoli mantennero loro proprie reali razze di cavalli a Carditello, in Terra di Lavoro, ed a Persano, in Principato Citra (entrambe dal 1750, circa, al 1860), a Ficuzza, in Sicilia, (dal 1799 al 1834) ed a Tressanti, in Capitanata, (dal 1815 al 1838 e dal 1850, circa, al 1860). È noto che i cavalli del Real sito di Persano transumavano a primavera sui vicini monti Alburni, dove potevano godere, sino all’inizio dell’autunno, di un clima più fresco e più salubre e di pascoli d’alta quota abbondanti di essenze preziose per l’armonico sviluppo dei carusi (puledri nati nell’anno). Sella napolitana usata in Puglia nel XVIII secolo(Foto Fabio Silvestre, per gentile concessione del dottor Roberto Benvenuto) Nella grande Regione dei tratturi – comprendente la fascia montuosa appenninica e quella costiera adriatica che dall’Abruzzo scendevano, in direzione Sud-Est, fino a Metaponto ed al Salento, sotto la giurisdizione amministrativa e fiscale della Regia Dogana della mena delle pecore in Puglia – migliaia di cavalli, asini e muli erano trasferiti, insieme con enormi armenti di pecore, capre e vacche, a Maggio sui rilievi abruzzesi, molisani e lucani, nonché sulle alture del Gargano e delle Murge, per rientrare a Settembre nelle masserie o nelle poste di pianura. Con decreto n. 8153 del 29 Marzo 1843, Ferdinando II di Borbone ordinò che fossero installate tre razze militari di cavalli per la rimonta della cavalleria dell’esercito: la prima, in Puglia ed Abruzzo (a Foggia, con monticazione a Rocca di Mezzo), composta da 28 cavalli padri e da 560giumente da corpo; la seconda e la terza, rispettivamente in Calabria (a Belcastro) ed in Sicilia (a Lentini), composte ciascuna da 15 cavalli padri e da 300 giumente da corpo. Marchio a fuoco impresso sulla coscia destra dei cavalli dellaRazza Militare I (Puglia e Abruzzo) del Regno delle Due Sicilie.(Da Collezione delle leggi e dei decreti reali del Regno delle Due Sicilie,anno 1843, semestre I, Napoli, dalla Stamperia Reale, 1843). Quanto alle provenienze dei soggetti da assegnare a tali razze, il Sovrano delle Due Sicilie decretò: 3. Le giumente per le razze militari saranno scelte tra le migliori razze nostrali e razze romane. La loro altezza dovrà essere non minore di palmi sei napolitani. 4. I cavalli che dovran servire da padri verranno scelti tra i migliori italiani ed i veri di Mecklemburg e polacchi, e saranno alti non meno di palmi sei napolitani.(Da Collezione delle leggi e dei decreti reali del Regno delle Due Sicilie,anno 1843, semestre I, Napoli, dalla Stamperia Reale, 1843). Un’interessante descrizione della popolazione cavallina comune (common breed) nel Regno delle Due Sicilie fu fornita dallo statunitense Robert Sears in Scenes and sketches in continental Europe (New York, 1847). The Neapolitan horse - annotò quell’autore - is small, but very compact and strong; his neck is short and bull-shaped, and his head rather large; he is, in short, the prototype of the horse of the ancient basso-rilievoes and other Roman sculptures found in the country. Sella napolitana usata in Abruzzo nel XVIII secolo.Museo della lana (Scanno, L’Aquila, Regione Abruzzo, Italia).Il Museo è un progetto di Michele Rak.(Foto G. M. Fraddosio) Dopo il 1860, l'allevamento del cavallo napolitano subì il durissimo contraccolpo della violenta annessione delle province borboniche da parte della monarchia savoiarda e fu quindi destinato ad un rapido degrado per effetto di scelte di politica economica tanto più insensate in quanto via via più nocive alla reputazione del nostro paese in campo ippotecnico. La realizzazione di un complesso e documentato programma zootecnico per il recupero genealogico e morfologico del Corsiero Napolitano (CN) è stata avviata nel 2004 con l’individuazione, in alcune popolazioni cavalline dell’Italia meridionale continentale, di linee di sangue risalenti a capostipiti di origine autoctona, da incrociare con linee generazionali estere insanguate - soprattutto nei secoli XVII e XVIII - da riproduttori napolitani." Qualora aveste monete napoletane da un Cavallo ,non siate timidi :) ,postatele pure in questa discussione --Salutoni -odjob
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  33. A nessuno fa comodo. Se dovessero controllare un qualsiasi social network ne troverebbero molte migliaia al giorno. Assolutamente ingestibile
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  34. Mi sa che sia meglio richiuderla :-D
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  35. @@nikita_ Ciao Bella!!! :good: Della Thailandia ne ho due anch'io! Insieme ad 1 baht inserisco il 5 baht dove di vede solo la prua della chiatta Reale.
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  36. A me questa pratica della bustina con i rivetti non è mai piaciuta. Un corredo fotografico in alta definizione con particolari in dettaglio può benissimo sostituire questa pratica un po' "bruta" Avete mai visto un quadro, anche di piccole dimensione dentro la plastica con i rivetti?
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  37. Ho fatto le foto.. Purtroppo non sono un gran fotografo e mi sono venute un pò scure, però mi piace proprio.. :good:
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  38. E' vero, è più facile trovare il 27 che il 26 in alta conservazione. Complimenti Renato, ottimo esemplare.
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  39. Ringrazio acraf per il suo post. In effetti la tipologia in questione (Noe 311) sembra essere una chiara evidenza per un culto locale di Acheloo a Metaponto. Sulla base della teoria degli epiteti locativi, fu probabilmente venerato come Acheloos Casuention, come già indicato da acraf. Come giustamente sottolineato da Valteri, la moneta in questione fu emessa "nel periodo immediatamente seguente alla monetazione incusa", dato confermato dalla osservazione di Noe, per cui il conio di diritto è lo stesso usato per la serie Noe 261, una delle ultime tra quelle incuse. L'iscrizione al rovescio: Axeloio Aetlon. Probabilmente celebra l'istituzione di giochi in onore di Acheloo (come atto di espiazione) dopo lavori di regimentazione delle acque nella chora della polis, archeologicamente attestate proprio alla metà del V secolo (contemporaneamente all'emissione in questione); prima di quelle opere la zona era continuamente soggetta a disastrosi allagamenti. La pratica di onorare Acheloo come atto espiatorio dopo lavori di bonifica era diffusa nel mondo greco. Pausania (I.42.2) ci racconta del tiranno di Megara, Teagene, che innalzò un altare in onore di Acheloo dopo aver deviato il corso del fiume locale. In pratica, per gli antichi greci, ogni volta che si deviava un fiume era come infliggere ad Acheloo ancora una volta la lesione del corno strappato da Eracle, quindi si sentivano spinti a chiedergli perdono, ad espiare, con la costruzione di altari e la celebrazione di riti o giochi sacri. La maggiore sostenitrice di questa ipotesi sull'uso della immagine di Acheloo è Helga Di Giuseppe ("I riti del costruire nelle acque violate"), la quale estende la sua interpretazione, forse in maniera un po' forzata, a qualsiasi zecca italiota o siceliota che usò coniare tori androprosopi. A suo parere, ogni volta che un fiume locale venne deviato o regimentato, la Comunità adottò l'iconografia sulla sua moneta, come una forma di compensazione per la divinità ferita. Così i tipi coniati rappresenterebbero sia una forma di propaganda politica sia un atto di riparazione religiosa delle comunità locali. Dunque in sintesi Di Giuseppe sostiene che l'immagine del toro androprosopo non si limiterebbe a rappresentare il fiume locale, come molti studiosi suggeriscono, ma invece rappresenterebbe il fiume locale deviato e irreggimentato, che pertanto diventa come Acheloo, un dio ferito a cui chiedere perdono. Metaponto è l'unico caso noto di numismatica in cui vediamo una rappresentazione di Acheloo come un uomo barbuto con le corna di toro e orecchie bovine. (La stessa zecca emise anche dioboli d'argento con una testa di toro androprosopo di profilo, che è la prima attestazione occidentale per lo schema di profilo, probabilmente derivato dai tipi in elettro dell'Asia Minore mediante Kyrene. Le zecche Akarnane adotteranno lo schema dei dioboli metapontini solo 10 o 20 anni dopo.) Tornando però allo schema inusuale dello statere, si tratta in effetti di una raffigurazione che, pur rara nelle arti visive, ricalca la rappresentazione di Acheloo come riportato nelle fonti letterarie antiche (stranamente, la forma di toro androprosopo, così diffusa nelle arti visive, non è mai menzionata dagli antichi autori.).... Alcuni esempi: Ovidius Naso, Metamorphoses: http://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0074%3Abook%3D9%3Acard%3D1 Ovidio non descrive mai la forma di toro androprosopo per Acheloo (menzionato ai versi IX, 68 e 96 ), ma ne descrive solo la sua trasformazione in "Tauro" (IX, 80, 81): "Sic quoque devicto restabat tertia tauri forma trucis: tauro mutatus membra rebello." Esiodo, Teogonia. http://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.01.0129%3Acard%3D337 Nomina Ἀχελώιόν al verso 340, tra una lista di divinità, senza descriverlo. Sophocles, Trachiniae: http://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus:text:1999.01.0195 Ἀχελῷον è nominato al verso 9, e subito dopo Sofocle ci descrive le sue trasformazioni: "μνηστὴρ γὰρ ἦν μοι ποταμός, Ἀχελῷον λέγω, ὅς μ ̓ ἐν τρισὶν μορφαῖσιν ἐξῄτει πατρός, φοιτῶν ἐναργὴς ταῦρος, ἄλλοτ ̓ αἰόλος δράκων ἑλικτός, ἄλλοτ ̓ ἀνδρείῳ κύτει βούπρῳρος: ἐκ δὲ δασκίου γενειάδος κρουνοὶ διερραίνοντο κρηναίου ποτοῦ. Dunque Acheloo è descritto nelle fonti antiche come toro, come serpente, e come uomo con protome taurina, mai come toro androprosopo o androcefalo. In effetti l'unica fonte antica che siamo riusciti a rintracciare in cui venga descritto un toro androprosopo è empedocle (βουγενῆ ἀνδρόπρῳρα / ἀνδροφυῆ βούκρανα), tuttavia nel passaggio in questione il filosofo ci sta descrivendo la sua zoogonia e la forza dell'Amore che unifica le cose, dunque nulla a che fare col mito di Acheloo. Dal mio punto di vista la forma del toro androprosopo venne preferita da pittori e incisori perché poteva meglio rappresentare la "trasformazione" di Acheloo, una specie di fotogramma del momento in cui si sta tramutando in toro, non esattamente una forma statica della sua rappresentazione. In ogni caso stiamo parlando di una divinità mutliforme, la cui rappresentazione non deve essere vista come legata in modo indissolubile ad una data iconografia. Inoltre, vale la pena notare che la più antica immagine cultuale di Acheloios scoperta in Grecia continentale non era rappresentata come toro androprosopo; Si tratta del Acheloos Peplophoros: una statua, in cui Acheloios è raffigurato come uomo barbuto che indossa abiti femminili (HP Isler, "Acheloos," in CMIL, No.77, MM Lee, "Acheloos Peplophoros" in Hesperia, Vol.75 (2006), 317-325). La statuetta è datata tra il 480 e il 450 aC ed è stata trovata insieme ad un'iscrizione che denomina la figura come "Acheloios" (IG XII, 9, 135), probabile marcatore di confine di un santuario locale dedicato ad Acheloo e le ninfe. Un altro esempio di rilievo votivo da Atene, datato alla fine del 5 ° secolo aC, mostra Acheloo raffigurato come un essere umano con corna (H.P. Isler, "Acheloos," in CMIL, n. 210). Per ulteriori esempi di Acheloios come essere umano cornuto sui rilievi attici si veda H.P. Isler, "Acheloos," in CMIL, n. 211-212. Saluti :) Nico
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  40. @@MAP Auguri anche a Te... E' proprio qui il nostro tasto dolente. Ci sono cose che non funzionano nè nel pubblico nè nel privato. E quando si cerca un colpevole questi sta sempre dall'altra parte. Comunque quello che vorrei dire è che a me personalmente piace frequentare una biblioteca. Vi si incontrano altri studiosi o collezionisti (ci sono anche loro nelle biblioteche), ci si confronta (per iscritto non è uguale), si ascoltano pareri, si impara... Da solo davanti a uno schermo vedi magari tutto, ma resti anche da solo con la Tua idea. Non è la stessa cosa. Arka P.S. Buona Pasqua a tutti..!
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  41. Bei rami, dal caldo colore. Il tuo pezzo d'inizi novecento sembrerebbe una caffettiera di stile medio orientale, ma non me ne intendo. Ti presento il mio alambicco con cui distillo vino per ottenere un surrogato di "grappa" da mettere nella coppa dell'amicizia quando faccio la grolla.
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  42. Sinceramente io mi son basato su questa tabella togliendo il 30/40 per cento dalla conservazione SUP. http://www.cartamonetaitaliana.com/museo-banconote-catalogo/banca-ditalia-regno-ditalia/50-lire-lupa-capitolina-margine-largo-roma-n-7-18.html
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  43. A parer mio tra i 130/170 euro.
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  44. @@alessandro1970 Autentica sicuramente. Francisco Franco (1939-1975) Arg. 800/1000 Complimenti, veramente bella.
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  45. Colpo a ore 6 del R/, ma... Non mi stupirei se chiusa in SPL.
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  46. Per altre informazioni sulla composizione dell'hoard, vi rimando a questo link: http://www.cemml.colostate.edu/cultural/09476/afgh05-106.html Questo, invece, è un articolo molto completo sulla circolazione monetaria in area afghana, nel quale potrete trovare anche la catalogazione delle monete di questo ripostiglio (nell'articolo viene utilizzato il nome "Kabul hoard": https://www.academia.edu/15798938/_Coin_Production_and_Circulation_in_Central_Asia_and_North-West_India_Before_and_after_Alexander_s_Conquest_ E questa è l'immagine delle monete rinvenute nel ripostiglio (visibile, comunque, anche nel primo link): Spero possa essere un argomento interessante anche per altri utenti così come lo è stato per me, Matteo.
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  47. il mio tono voleva essere scherzoso, naturalmente... Un laureato in una eventuale facoltà di numismatica avrebbe come unico sbocco lavorativo la professione di numismatico, da esercitare al 99% in ambito privato, perché nel pubblico c'è ben poco da spendere. Considerando che il numero di studenti dei semplici corsi di numismatica ha visto negli ultimi 5 anni una progressiva flessione (ma che credo abbia coinvolto buona parte dei corsi di studio ritenuti "improduttivi"), non so quanta fortuna potrebbe avere mai un intero corso di laurea specifico (per tenere aperto un corso di laurea servono gli iscritti, è una regola di mercato). Andremmo a sfornare sfilze di disoccupati sicuri (di restare tali). Per lavorare nel mercato, come ben dimostrabile, non è indispensabile una preparazione scientifica ma esclusivamente tecnica. Così come un giurista ha inserito il suo esame di storia del diritto romano (ma ce ne sono anche di ulteriori, come esegesi delle fonti del diritto romano etc. ...) in un percorso di studi ampio e organico, un numismatico "accademico" ha inserito il suo esame in un percorso altrettanto ampio e organico, che comprende gli esami di storia, latino, greco, epigrafia, paleografia, legislazione dei beni culturali, archeologia, metodologia della ricerca archeologica..., di tutte quelle materie, insomma, che sono indispensabili alla comprensione della moneta come documento storico (e alla sua lettura come tale) e non come mero oggetto antiquario. La stessa edizione di una collezione (costituita solitamente da materiale decontestualizzato) non può prescindere da competenze che non possono essere apprese in esami di numismatica, ma che che devono già essere possedute per l'aver sostenuto una pluralità di altri studi (ed esami).
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