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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 10/06/16 in tutte le aree
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Aggiungo anche qualche napoletana... dopo aver scoperto questa discussione, la passione non può che crescere a dismisura!4 punti
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Questo è un chiaro esempio dove la moneta diventava veicolo importante e messaggero degli eventi.. REGNO DI NAPOLI Piastra 1791. AR, gr. 27,25 – ø 42,3 mm. D/ FERDINANDVS IV. ET MARIA CAROLINA, busti accollati, corazzati, e con la parrucca in capo, volti a destra dei sovrani, sotto al busto D P (Domenico Perger, maestro incisore). – R/ PRO FAVSTO PP REDITV V. S. , il Sebeto e Partenope volti di fronte in atto sacrificale, sullo sfondo il Vesuvio con fumata, a destra di Partenope A.P. (Antonio Planelli, maestro di zecca) sotto M. (Raffaele Mannara, maestro di prova), all’esergo 1791. – T/ cordonato in rilievo. CNI 209. Pannuti Riccio 60 (R). Cagiati 25. Davenport 1407. Nel mese di agosto del 1790 Ferdinando IV e la consorte Maria Carolina accompagnano le figlie Maria Teresa e Maria Luisa a Vienna andate in sposa a Napoli per procura con i figli del Gran Duca Leopoldo, gli Arciduchi d’Austria Francesco e Ferdinando. Maria Teresa diventerà Imperatrice d’Austria e Maria Luisa Amalia Gran Duchessa di Toscana La traduzione della leggenda al rovescio "Voti Assolti per il Felice Ritorno dei Sovrani." ne celebra il ritorno a Napoli dei regnanti. Don Basile appaltatore per la moneta di argento e di rame fece preparare a sue spese i conii. Antonio Planelli presentò i primi saggi a Novembre chiedendo l’autorizzazione a proseguire la coniazione. A Ferdinando IV non piacquero e ne fece sospendere la coniazione ma non fece ritirare quanto già coniato. In tutto furono coniate solo 9.476 pezzi. Per tipologia unica e dai rilievi marcati è una delle monete di Ferdinando IV maggiormente ricercate. Eros4 punti
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scusate la battuta... vi propongo una moneta poco nota, ma che piacerà agli amanti delle ostrogote (magari alcuni non la conoscono) Clotario I 511-561 (riporto come da Prou), quarto o forse ottavo di siliqua, 0,25 g al retro DN / CHLO / THAH / ARIVS / REX3 punti
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.....con tutta la prudenza del caso....e trascurando di dare un significato al segno cerchiato in blu (non trascurabile...), possiamo avventurarci in un esercizio di lettura su tre righe. O meglio una lettura con due orientamenti e su tre righe... Leggendo le lettere in legenda rispettando l'ordine numerico tracciato sull'immagine....e considerando orientate in senso centrifugo le n° 3, 4, 5 e 6 Si potrà leggere: 1 V, 2 E, 3 R, 4 O, 5 N, 6 A = VERONA Trascurando un segno (quello cerchiato in blu) e applicando un po' di fantasia e di flessibilità interpretativa....si arriva alle porte di Verona....ma il segno cerchiato c'è... mmm! a me continua a sembrare meno forzata (seppur spinta) la lettura in +VSOLFIV o +VDOLFIV.... ma magari questa legenda voleva lasciare spazio ad entrambe le letture....in fondo, se non propriamente veronese, questa moneta voleva probabilmente imitare la monetazione allora più diffusa ed accettata..... questo resta un affare complicato. Un saluto a tutti Mario3 punti
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Complimenti per la stupenda discussione! È un piacere trovare sul forum tanta conoscenza! Voglio contribuire con qualche moneta della zecca di Messina dello stesso periodo. Un saluto a tutti e grazie!3 punti
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PLVS ULTRA Grandissimo esempio di motto che questa volta troviamo nella monetazione di Carlo V di Milano sul nastro che cinge le colonne d'Ercole. Non è una leggenda anche perché non c'è in questo caso ma è una nastro svolazzante che lo riporta e a voler guardare lo amplifica. E' il motto poi della Spagna, il voler andare oltre, il superare i limiti... E le colonne d'Ercole delle Stretto di Gibilterra rappresentano poi questo iconograficamente, il voler andare oltre a dove si pensava dovesse finire il modo, così non fu con la scoperta dell'America e il dominio di Carlo V non ebbe limiti, fu un vero Impero. Quarto di scudo di Carlo V, Milano ( NAC 30 )3 punti
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L'ipotesi di lettura mi sembra molto affascinante. Mi permetto però di fare due osservazioni: 1) la faccia col nome della città è quella sbagliata. Fino all'epoca comunale sul conio di incudine c'è il nome dell'imperatore; 2) nella monetazione imperiale di Verona le sillabe legate sono VE e RO, mentre la sillaba slegata è NA. Comunque ripeto, l'ipotesi di lettura è suggestiva!2 punti
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DE GREGE EPICURI Io ho provato a cercarla nel RPC online, quello sugli Antonini, ma attualmente con Google ho dei problemi di ricerca...grrrrr! Ecco la medaglia; visto che era un moneta greca, mi pare che il soggetto cretese sia adatto. Nessuna allusione maligna nè altre iniquità!2 punti
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Tra le tantissime monete che possono essere oggetto di questa bella discussione, non poteva mancare questa, a mio modesto avviso uno dei testoni più belli mai coniato. Qui non c'è solo il motto, ma anche tutta la straordinaria iconografia del R/ carica di significati. Il testone per Ferrara a nome di Alfonso I d’Este: nato nel 1476 e morto nel 1534, fu duca di Ferrara, Modena e Reggio dal 1505 (Hess Divo AG) “DE FORTI DVLCEDO” si legge sul rovescio dove campeggia Sansone elmato con in mano la testa di un leone da cui fuoriescono api, davanti un ceppo con un serpente; al dritto, il busto barbuto o imberbe del signore di Ferrara. La legenda, ci ricorda Mario Traina ne “Il linguaggio delle monete”, è tratta dal “Libro dei giudici” (14,14) ove si legge “De comedente exivit cibus, et de forti egressa est dulcedo” (“Dal divoratore è venuto il cibo, dal forte il dolce”). Si tratta, per l’esattezza, dell’enigma proposto da Sansone ai Filistei dopo aver visto uscire dalla testa di un leone, che aveva ucciso, uno sciame di api e dopo averne mangiato il miele. “Le api e l’alveare (un tronco posato sul fuoco accostato da martelli e asce intrecciati a un serpente) sono un’impresa estense accompagnata dal motto PRO BONO MALVM, illustrata nell’edizione ferrarese dell’‘Orlando Furioso’ del 1516. Secondo Ravegnani Morosini nella figura elmata si deve raffigurare lo stesso Alfonso per cui si può pensare ad un’analogia tra Sansone e il duca di Ferrara che, trovato lo Stato afflitto da grande carestia, fece venire in gran copia del frumento dalla Puglia per alleviare la fame dei sudditi. Lorenzo Bellesia richiama l’attenzione sul serpente, che rappresenterebbe la desolazione portata dalla carestia e alleviata dallo sciame di api, simbolo di abbondanza e laboriosità. Bellesia avanza tre interpretazioni: 1) il duca come Sansone avrebbe ucciso il leone, allegoria del papa Giulio II, il cui stemma era un albero di rovere (il ceppo tagliato alla base, come appare sulla moneta, intrecciato al serpente simbolo di perfidia). Le api guidate dal duca (che indica con la mano il ceppo) riportano pace e abbondanza nell’albero della famiglia della Rovere e in tutta la Chiesa: 2) la testa del leone potrebbe rappresentare Venezia da cui esce l’abbondanza: solo dalla sconfitta di Venezia potrà esserci pace e prosperità; il ceppo invece indicherebbe l’Italia o Ferrara devastate dalla guerra mentre nel serpente si dovrebbero vedere i Francesi o papa Giulio II. Le api devono annientare il serpente e ridare prosperità al paese. In questo caso sarebbe la pace e non la dolcezza a venire dal duca; 3) Alfonso appena succeduto al padre fu prodigo di elargizioni ad amici e servitori, diminuì le gabelle e i tributi, graziò molti condannati: l’impresa esalterebbe quindi la forza e insieme la liberalità del duca. Tratto da "Il giornale della Numismatica" a firma di R. Ganganelli Michele2 punti
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Buongiorno, Nella speranza di fare qualcosa di utile per il proseguimento di questa discussione allego in link le tavole del lavoro di Jenkins sulle monete Cartaginesi in Sicilia tratte dalla Rivista Svizzera di Numismatica. Sono presenti anche le emissioni dei tetradrammi attribuiti alla zecca cartaginese di Panormos. http://www.e-periodica.ch/digbib/view?pid=snr-003:1971:50#152 Alla tavola dodici, sembra che il dritto della moneta in questione corrisponda al dritto numero 15 di Jenkins, non mi pare di avere individuato ad ora il conio di rovescio, simile però al rovescio Jenkins numero 46 e 47.2 punti
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da dove il "nostro" abbia preso l'idea è abbastanza evidente.... Atalarico du Giustino, Metlich COI 57... e Atalarico su Giustiniano Metlich COI 59... copione2 punti
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Ti credo! Facendo una statistica tutta mia personale, il 35% delle monete denotano inaccettabili segni e colpi da contatto ( secondo me ) ... Ho esposto le mie lamentele all'ufficio preposto, e mi hanno risposto che purtroppo le monete arrivano così dalla zecca di Roma, e che in ogni caso non si può pretendere l'alta qualità, perchè sono monete per la circolazione... Io ho risposto che pur essendo monete per la circolazione, in realtà vengono coniate al fine di essere inserite in specifici blister per il collezionismo numismatico, e che quindi dovrebbero doverosamente essere selezionate dal controllo qualità... Ho inoltre sottolineando che una confezione BU costa più di 10 volte in più il valore nominale della moneta...! Non mi hanno più risposto ...!2 punti
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Concordo con Babelone e Gonnysicily che bisogna essere sempre cauti nell'emettere giudizi e sulla base di modeste foto. Riconosco che da parte mia sono stato forse un pò impulsivo a definirla una moneta probabilmente fusa e quindi falsa, spinto dalla mia soggettiva impressione derivante anche da lunga esperienza. Di contro non gradisco neppure io certi messaggini che buttano nel dubbio e condannano le monete senza adeguate motivazioni, usando anche ironiche definizioni come "catorci" (senza dimenticare che una moneta autentica può anche circolare tanto a lungo e magari cadere poi vittima di aggressive tecniche di pulizia). Prima di riprendere con una pacata analisi invito pure io di riuscire a fare altre foto più nitide e con maggiore definizione, includendo anche macrofotografie di alcune parti della moneta, al fine di agevolare meglio i necessari confronti con altri esemplari noti degli stessi conii (considerando non solo l'usura della moneta, ma anche del conio stesso). A livello "epidermico" resta negativa la mia impressione, ma sarebbe utile approfondire e senza polemiche. Non sono mica infallibile...2 punti
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Questa è facile facile.... MACEDON. Koinon. Pseudo-autonomous. Time of Gordian III (238-244). Ae.Obv: AΛЄΞANΔPOV. Head of Alexander III of Macedon right as Herakles, wearing lion skin.Rev: KOINON MAKЄΔONΩN B NЄΩK. Warrior riding horse right, preparing to hurl spear at serpent below.Cf. AMNG III 559 (for rev.).Condition: Good very fine.Weight: 11.02 g.Diameter: 25 mm.1 punto
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Perché avrebbe dovuto farlo? Non è una provocazione, se leggi questa discussione, che risponde, credo, anche alla tua domanda sulle monete di più grosso modulo, vedrai che nei primi anni del XX secolo, la lira faceva aggio sull'oro, cioè 20 lire di carta valevano più di un marengo, conveniva tesaurizzare quelle: http://www.lamoneta.it/topic/136403-circolazione-grossi-moduli-doro-regno-ditalia/?page=1 Ma c'è anche un altro discorso da fare. L'oro, ha valore come bene rifugio nei momenti di crisi (crisi economiche, guerre, catastrofi naturali), ma il mondo (o meglio, l'Europa) ha conosciuto, dal 1870 (fine del conflitto franco-prussiano) al 1914 (scoppio della prima guerra mondiale), un periodo di pace lungo come se ne erano visti pochi in precedenza. Unito a uno sviluppo economico e a un progresso scientifico che hanno trasformato il mondo in quello che conosciamo oggi. E' negli anni che vanno dal 1870 al primo decennio del '900 che i paesi più avanzati si trasformano da società prevalentemente agricole a società prevalentemente industriali, nasce l'urbanizzazione, la gente lascia le campagne e i piccoli paesi per andare a lavorare nelle fabbriche delle grandi città, che diventano sempre più grandi e offrono sempre più servizi: nasce anche quello che oggi chiamiamo settore terziario. Anche l'Italietta umbertina, sebbene arranchi rispetto alle grandi potenze dell'epoca, vive un lungo periodo di pace e sviluppo. In tutto questo, il valore dell'oro sui mercati mondiali, rimane stabile per decenni, praticamente dalla fine della guerra civile americana al già ricordato scoppio della prima guerra mondiale. In queste condizioni, per un vero ricco, tesaurizzare monete d'oro non avrebbe avuto molto senso. A meno che fosse anche un collezionista, avrebbe piuttosto comprato gioielli, da sfoggiare e far sfoggiare ai suoi familiari, ma monete...perché? Se, nel 1870, avendo da investire 100.000 lire (cifra enorme all'epoca) avesse deciso di comprare 1.000 monete d'oro da 100 lire, che allora valevano tanto quanto l'oro contenuto, cioè 100 lire, non un centesimo di più, trent'anni dopo, al volgere del secolo, il suo capitale sarebbe stato sempre di 100.000 lire: non avrebbe perso, ma nemmeno guadagnato. Ma se avesse investito le sue 100.000 lire in immobili, terreni, titoli azionari, attività industriali o commerciali, trent'anni dopo, sapendoci fare (questo è ovvio), si sarebbe ritrovato con un capitale raddoppiato, triplicato, e forse più Nel periodo preso in esame, la gente aveva fiducia nel futuro, credeva nelle "magnifiche sorti e progressive" dell'umanità (Giacomo Leopardi, ma lui, in realtà, non ci credeva ). Dunque, perché un ricco, sicuramente fiducioso nel futuro (soprattutto perché ricco), avrebbe dovuto immobilizzare capitali in un investimento che, decenni dopo, se anche non avesse creato una perdita, non avrebbe fruttato nemmeno un guadagno? I veri ricchi, non avevano bisogno dell'oro come "bene rifugio", facevano circolare i capitali e diventavano ancora più ricchi Al massimo, erano quelli del "ceto medio" che, come spiegato anche nella discussione segnalata, sentivano il bisogno di metter da parte qualche monetina per i tempi grami. petronius1 punto
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E’ già stata inserita nel post n. 652, ma non importa, anzi, ti ringrazio per aver partecipato http://www.lamoneta.it/topic/96300-monete-super-extra-bizzarre-della-terra/?page=27#comment-1682812 Per evitare una doppia ci sarebbe da guardarle tutte ogni volta, ed i post sono veramente tanti… a me viene facile perché tutte quelle che sono state postate sino ad ora le ho salvate nel pc in un’apposita cartella, ma capisco che per gli altri è piuttosto complicato. L’unica sarebbe quella di trovare monete bizzarre coniate in questi ultimi mesi del 2016 e successivamente quelle che saranno coniate dal 2017 in poi, in questo modo ci sarebbe da controllare solo gli ultimissimi post.1 punto
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Complimenti ottimo esemplare...(mi permetto).sei passato da.perizia ad oblò[emoji5], un ultimo sforzo e la lasci libera di sgranchirsi sul velluto[emoji5][emoji5][emoji5] Sergio1 punto
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Secondo me è così e mi sembra la soluzione più plausibile, ovviamente la moneta può avere probabilmente anche altre chiavi di lettura.... Una imitativa della zecca di Verona fatta in una zona contigua e per circolare comunque, il segno può essere magari anche un segno identificativo del coniatore.... Certamente ci vuole prudenza, però nella monetazione dei denari lucchesi nel campo delle imitazioni si è visto di tutto, e siamo sempre nell'enriciano, leggende retrograde, di fantasia, a leggende scomposte, con lettere inserite diverse, e a Verona tutto sommato questa moneta era coniata anche molto, se ben ricordo si pagavano anche le truppe con questa e delle imitazioni in un momento in cui il denaro di Verona diventava poco leggibile e confuso, di peso basso, potrebbe anche starci... Sentiamo anche altri pareri direi....1 punto
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1706 PRINCIPE EUGENIO DI SAVOIA - Medaglia per la nomina a GOVERNATORE DI MILANO Condottiero e comandante delle truppe Austriache, con capacità doplomatiche e di statista. Nel 1706 preparò la campagna d'Italia per scacciare i Francesi e liberare Torino e la Lombardia. La medaglia riporta sul bordo in rilievo una frase dell'Eneide di Virgilio: tradotta dal latino "Per qualunque via si rivolga, le schiere cadono, gli eserciti battono in fuga" D/ Busto a destra con corazza e collare dell'ordine del Toson d'Oro R/ GENIO TVTELARI ITALIAE - Nel campo la vittoria sabauda scaglia fulmini su un guerriero caduto che si proteggo con lo scudo su cui stanno tre gigli borbonici. Dietro la vittoria la città di Milano inginocchiata offre le chiavi a un guerriero che si appoggia a uno scudo con la croce dei Savoia, a terra uno scudo col biscione della città di Milano. Argento, mm. 37 - Autore PHILIPP HEINRICH MULLER Rifer. Rivista MEDAGLIA n. 181 punto
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Ragazzi io continuo a votare la RIC VII 375 Arles che contiene un ulteriore punto all'interno della corona saluti maumo1 punto
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http://www.constantinethegreatcoins.com/asst/ Arles RIC VII 370, P Constantine I, AE follis, Arles. AD 330-335. CONSTANTI-NVS MAX AVG, rosette-diademed, draped, cuirassed bust right / GLOR-IA EXERC-ITVS, two soldiers holding spears and shields with two standards between them, with long rectangular banners. Wreath in upper centre. Mintmark PCONST. RIC VII Arles 370. Text1 punto
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penso che sia il RIC 370 come questo A.D. 333-4 16x17mm 2.1gm CONSTANTI-NVS MAX AVG rosette-diadem, draped, cuirassed GLOR-IA EXERC-ITVS [The glory of the army] Two soldiers helmeted, stg. facing one another, reversed spear in outer hands, inner hands on shields resting on the ground; between them two standards, between them laurel wreath with dot. in ex. PCONST RIC VII Arles 370 this coin has an extra dot under the centering dot, it is most likely an engraving error.1 punto
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E' disponibile la seconda parte del Bollettino di Numismatica per la Zecca di Bozzolo al seguente link: http://www.bdnonline.numismaticadellostato.it/materiali/index.do?id=205 Massimo1 punto
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CONSTANTINE I THE GREAT 307-337 AD AE NUMMUS GLORIA EXERCITVS; in ex. PCONST Constantinople mint ROMAN EMPIRE. CONSTANTINE I THE GREAT. 307-337 AD. AE NUMMUS. AE 2,20 gr. – 18,65 mm. O:\ CONSTANTINVS MAX AVG; laureate bust right. R:\ GLORIA EXERCITVS; two soldiers standing either side of two standards; in ex. PCONST1 punto
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Veramente fantastiche e complimenti per questo intervento primo perché ci permetti di vedere monete che io reputo straordinarie, secondo perché le napoletane, e non solo, sono incredibilmente collegate a tutto questo e alla discussione. Discussione che può dare volendo ancora molto in prospettiva....1 punto
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Devozionale ovale, bronzo/ottone, del XVII sec.- Produzione romana.- D/ Busto di Gesù con lunghi capelli volto a dx al tipo Salvator Mundi.- R/ Busto della Madonna, velata, volta a sx, tipo Mater Salvatoris, questa tipologia molto diffusa dalla metà del XVI sec. è stata prodotta in molte versioni è dimensioni fino al XIX sec.- Ciao Borgho1 punto
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Non ti sbottoni, eh? :-) Visto che non riuscivo a estrapolare l'immagine (di solito riesco con Libreoffice) quando hai postato stavo ritagliando uno screen capture! :-) Vabbè, siamo una medaglia pari! La prossima è quella decisiva... o facciamo al meglio dei 5? :-) ...però, devo ammettere, siamo proprio bravi! :-P Ciao! TWF1 punto
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@skubydu è vero non ci sono state offese verbali ma credo che il senso del post 9 nei confronti di un mio giudizio sia peggio delle offese verbali, chiudo qui la parentesi perchè non è mia natura polemizzare. Per quanto riguarda la discussione avevo deciso di non partecipare più perchè avevo capito che rispondere a qualcuno che definisce " esemplari improbabili " le monete da me postate mostra dei grossi limiti ragion per cui, non meritevole di risposta. Tuttavia per cercare di fare chiarezza sulla moneta ho deciso di rientrare, il mio stato d' animo era combattuto e lo è tutt'ora tra autentica e falsa e forse impulsivamente, da quei crateri sul bordo ad ore 13 del diritto, l' avevo giudicata falsa fusa ma il rovescio " catorcio " mi spingeva verso l'autenticità, ho studiato parecchio la moneta cercando di capire anche le corrosioni del diritto che ho attribuito a degli acidi ma non ho trovato risposta, tranne forse una pulizia aggressiva...ma non ne sono convinto, tuttavia la certezza della fusione piano piano scompariva e difatti in un mio post dicevo" probabilmente ???? la moneta è fusa " La scoperta del conio mi ha aperto nuovi scenari che mi fanno rivedere alcuni miei giudizi e per questo motivo chiedo anche io ad @ateniese se ha la possibilità di postare foto migliori, soprattutto del punto chiesto da @gionnysicily cioè ad ore sette del rovescio e possibilmente anche il peso. Buonanotte Babelone1 punto
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se ci si pensa, però, forse è l'unica moneta veneziana in cui fu permesso all'incisore di inserire le sue iniziali, pratica allora molto più comune in altre zecche. Idee al riguardo? Intendo, la Repubblica, che non voleva ritratti di dogi (anche se sappiamo che ci furono molte eccezioni più o meno clamorose) e che permetteva al massimo il riconoscimento del massaro, in questo caso addirittura lascia che la firma dell'incisore-medaglista sia ben evidente. Certo, siamo quasi alla fine della Serenissima, ormai, e le maestranze straniere ormai potevano quasi dettare legge in zecca. Come si spiega tutto ciò? Io penso che siccome i talleri erano monete per il Levante , forse non ci sarebbero state proteste a Venezia, e forse in cambio del permesso di siglarli questo Schabel avrà dato qualcosa in cambio. Se non sbaglio, ma devo controllare, incise anche medaglie, sempre dalla zecca di Venezia. Personaggio sicuramente ambiguo con gli occhi di oggi, sarebbe da approfondire la sua storia. Me lo immagino entrare in zecca a dettare legge1 punto
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SYRIA. Cyrrhestica. Cyrrhus. Lucius Verus (161-169). Ae.Obv: ΑΥΤ Κ Λ ΑΥΡΗΛ ΟΥΗΡΟΣ ΣΕΒ. Laureate head right.Rev: ΔΙΟΣ ΚΑΤΕΒΑΤΟΥ ΚΥΡΡΗΣΤΩΝ. Zeus seated left on rock, holding thunderbolt and sceptre; at feet to left, eagle.RPC IV online 5773; BMC 19-24; SNG Copenhagen 47.Condition: Very fine.Weight: 9.26 g.Diameter: 23 mm.1 punto
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Ovviamente uscito dalla zecca! un bel tondello di metallo non nobile mascherato! inserisci qui una foto per farlo vedere a tutti!1 punto
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Continuiamo sullo stesso genere, un giulio dell'anno IX NON CONCVPI:SCES ARGENTVM Stavolta la citazione, purtroppo parzialmente cancellata, è dall'Antico Testamento, Deuteronomio 7:25 Sculptilia eorum igne conbures non concupisces argentum et aurum de quibus facta sunt neque adsumes ex eis tibi quicquam ne offendas propter ea quia abominatio est Domini Dei tui "Darai alle fiamme le loro immagini scolpite [dei loro dèi], non bramerai e non prenderai per te l’argento e l'oro di cui sono fatte, onde tu non abbia a esserne preso, perché sono un abominio per l’Iddio tuo" petronius1 punto
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Una decina d'anni fa (la data di luglio 2010 è errata, corrisponde a quella in cui il sito è stato ristrutturato), avevo scritto questo articolo, sulla storia del biglietto da 1.000 lire: http://www.cartamonetaitaliana.it/2010/07/21/mille-lire-al-mese/ Anche se alcuni caratteri sono illeggibili (non chiedermi perché) il testo è nel complesso chiaro, allora parlavo di una corrispondenza tra il valore del biglietto da 1.000 lire nel 1939 (due anni prima non credo ci fossero grosse differenze, la svalutazione è iniziata con la guerra) e nel 2002, quando è entrato in vigore l'euro, pari a 1.250.000 lire, ovvero circa 650 euro: gli altri tagli, ovviamente, in proporzione. Non ricordo dove presi quel valore, in seguito ne ho poi letti di diversi, e anche qui sul forum, come ti hanno già detto, il discorso è stato affrontato più di una volta. Nell'articolo trovi anche i prezzi, sempre nel 1939, di alcuni oggetti: "Quando uscì il film 'Mille lire al mese', il pane costava 1,60 lire il chilo, 2 lire il riso, 50 centesimi le patate (sempre un chilo), le uova 4 centesimi l'una; un cappotto da donna, comune, 475 lire; il primo elettrodomestico, un ferro da stiro elettrico, dalle 40 alle 60 lire." petronius1 punto
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Per pugliese50 io ad esempione non mi sono mai voluto iscrivere come esperto della camera di commercio del mio paese, non so a cosa possa servire. Mentre sono iscritto come esperto del tribunale della mia città solo perché spero che qualche volta mi chiamino per darmi del lavoro. Mentre come commerciante sono socio della nip che la ritengo la mia ass. Di categoria.1 punto
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Ciao! si tratta sì di un trachy latino ma sulla faccia concava non c'è Cristo, bensì il Battista e su quella convessa San Nicola. Come riferimento DOC IV, 21 (type U) con attribuzione a Costantinopoli (il riferimento corrispondente del Sear mi sembra errato).1 punto
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Ciao @Romanus, sembra un tracky dei Latin Rulers of Constantinople and Thessalonica, con la Vergine orante e Cristo seduto.. Atendi, in ogni caso, risposte da parte dsegli esperti. Saluti Eliodoro1 punto
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Continua dal precedente post # 1. Come promesso, eccoci alle prese con la seconda parte della nostra disamina storico-numismatica del mezzo denaro longobardo di zecca capuana. L'altra volta ci eravamo lasciati con il trafiletto illustrato contenuto nell'opera numismatica dello Spinelli: ebbene, l'opera di questo illustre cultore ha dato adito, in seguito, a varie speculazioni su questa moneta. Nel 1891 uscì a Salerno la prima parte del catalogo numismatico del padre benedettino Gaetano Foresio, dedicato soprattutto alle monete da lui possedute, ma non solo. A pagina 27 di questo testo, molto chiacchierato all'epoca anche da parte dello stesso Sambon (con cui il Foresio aveva avuto qualche confronto – si dice – non proprio amichevole), vengono descritte due monete ai numeri 23 e 24 (dal peso di acini 12, la prima, e acini 11, la seconda), non illustrate delle tavole perché non si trovavano nella Collezione del monaco benedettino. Egli ne dava la segnalazione prendendone notizia dal catalogo dello Spinelli appena citato. Le monete, però, sono descritte male e parimenti interpretate, poiché il Foresio si basò sulla descrizione datane dallo Spinelli che, come accennato, era già errata di suo. L'errore fu dunque perpetuato, ma grazie ai disegni riportati dal celebre studioso di origini frassesi, possiamo oggi comprendere che i mezzi denari di Capua descritti ed illustrati dallo Spinelli furono di sana piana riportati nel successivo catalogo del Foresio, il quale li attribuiva a Pandolfo Capodiferro con suo figlio omonimo (978-981). Un dato interessantissimo per la datazione di questa moneta si può ricavare da un ritrovamento avvenuto qualche anno prima della pubblicazione del catalogo dello Spinelli, ma i cui dati furono resi noti sempre nel 1844. Mi riferisco al cosiddetto Obrzycko hoard, un ripostiglio di monete medievali di varie nazionalità (sia europee che arabe, con qualche sporadico esemplare classico del periodo romano imperiale e poi bizantino) rinvenuto in una località nei pressi di Poznan, in Polonia. Cosa c'entra, dunque, con il nostro mezzo denaro un tesoretto alto medievale rinvenuto in Polonia le cui vicende si sono giocate tra il 1842 ed il 1843? I risultati del contenuto di questo hoard furono pubblicati per la prima volta l'anno successivo, nel 1844, a Berlino da Julius Friedlaender in un volumetto dal titolo Der Fund von Obrzycko. A pagina 16 viene classificata una moneta che il noto numismatico tedesco non riesce bene ad interpretare. Per una migliore comprensione della sua disamina, lascio in fig. 2 un'immagine che ne contiene il testo. Fig. 2: La descrizione che il Friedlaender riporta a pagina 16 del suo resoconto sul ripostiglio di Obrzycko. Già dalla descrizione (errata anch'essa come quelle in cui ci siamo imbattute per tutto l'Ottocento), ma ancor di più dai dubbi che l'Autore esprime sia riguardo la lettura delle lettere PP, che in realtà andrebbero corrette in PR come egli stesso faceva notare, che per lo scetticismo dimostrato verso la sua supposta appartenenza alla numismatica tedesca (il Friedlaender aveva inserito infatti questa moneta tra le incerte di area tedesca!) hanno fatto riconoscere in questa moneta un mezzo denaro del tutto simile a quello oggetto di questa discussione. Se ne conclude, quindi, che un esemplare (Ein Exemplar) di questo tipo capuano fu rinvenuto nella prima metà del XIX secolo in Polonia in un contesto che venne datato al 973. Intorno a questa data, infatti, ancora oggi comunemente accettata, si è fissato l'interramento dell'intero ed eterogeneo hoard. La monetina di Capua, dunque, doveva essere stata coniata ben prima di questa data e poi essere giunta nei territori dell'odierna Polonia, forse grazie alla circolazione. Forse, almeno è un mio primo pensiero, il mezzo denaro capuano è giunto in Polonia insieme alle altre monete italiane ivi rinvenute (descritte dal Friedlaender alle pp. 20 e 21): due esemplari frammentati di denari di Pavia coniati a nome di Berengario II d'Ivrea insieme a suo figlio Adalberto II (950-961); diversi esemplari di denari delle zecche di Pavia e Milano per l'imperatore Ottone I (936-973) - alcuni dei quali frammentati - e un esemplare di denaro coniato da Papa Giovanni XIII in unione con Ottone I, datato tra il 965 ed il 972. Sarebbe questa, quindi, una delle monete più recenti dell'intero tesoretto. L'unione dei nomi del Papa Giovanni con Ottone I non deve sorprendere, in quanto il nuovo Papa fu scelto dall'imperatore tedesco in virtù del Privilegium Othonis del 962. In particolare, la presenza di quest'ultimo denaro è interessantissima per instaurare in collegamento con il nostro mezzo denaro presente nel tesoretto di Obrzycko. Infatti, Giovanni XIII, costretto da una rivolta filo-imperiale scatenata nel dicembre del 965 a Roma da Pietro, Prefetto della Città, coadiuvato dal Conte Roffredo e dal Vestiario Stefano, riparò a Capua, mettendosi sotto la protezione del Principe Pandolfo Capodiferro. Il Papa restò a Capua fino al novembre del 966, quando finalmente poté fare ritorno a Roma. E' plausibile, quindi, secondo una mia ipotesi, che il mezzo denaro di Capua sia giunto in Polonia insieme al denaro coniato a nome di Giovanni XIII, le cui vicende storiche si intrecciano con quelle del Principe Pandolfo di Capua. Da qui una seconda ipotesi attributiva sviluppata dagli Autori del MEC 14, Philip Grierson e Lucia Travaini, proprio in considerazione dell’esemplare proveniente dal ritrovamento di Obrzycko. Sia tenendo conto della data dell’interramento del gruzzoletto (973), sia per il fatto, che ipotizzo in questa sede per la prima volta, che il mezzo denaro capuano sia arrivato in Polonia assieme al denaro di Papa Giovanni XIII in unione con Ottone I, per via degli eventi storici che abbiamo già elencato sopra, la tipologia dovrebbe risalire al regno di Pandolfo Capodiferro (943-981) insieme a suo fratello minore Landolfo III. La co-reggenza tra i due iniziò già sotto il padre Landolfo II, nel 959, ma la moneta fu coniata quando Pandolfo assunse il titolo principesco insieme al fratello, dopo la morte del loro genitore, nel 961. Landolfo premorì al fratello maggiore quando era ancora giovane, nel 968, e dunque i mezzi denari a nome di Pandolfo e Landolfo III non possono che datarsi tra il 961 ed il 968. La classificazione tradizionale esposta finora, che fa capo ai testi del Sambon e a quelli che ne hanno seguito le nozioni, andrebbe di conseguenza rivista alla luce di queste considerazioni, avanzate, per quanto ne sappia, in primis proprio nel MEC 14. Il mezzo denaro in questione non andrebbe più assegnato a Landolfo II e a Pandolfo Capodiferro, bensì a quest’ultimo in unione con il fratello Landolfo III. Nonostante tutto, però, ancora oggi il maggior punto di riferimento per le monete longobarde capuane è costituito dal Recueil di Sambon (cfr. MEC 14, p. 51), sia per le descrizioni che per le illustrazioni di molte rare monete di questa zecca. Nel panorama della monetazione di Capua questi nominali da mezzi denari sono piuttosto particolari: nel primo periodo longobardo, quando la zecca inizia a produrre monete intorno al IX secolo, si realizzarono denari in argento simili per stile e pondometria a quelli già coniati a Benevento. Solo con l’avvento del X secolo i denari furono accantonati per lasciare il posto a questi mezzi denari che, forse, sostituirono i vecchi denari più grandi e pesanti del secolo precedente. Per questo motivo, alcuni hanno ipotizzato che i piccoli nominali in questione potessero essere dei denari coniati con peso ridotto ed introdotti in circolazione grazie ad un corso forzoso instaurato dall’autorità emittente. Tali teorie, però, necessitano ancora di una conferma o di una smentita. Passiamo ora a repertoriare tutti gli altri esemplari di questa tipologia di cui sono venuto a conoscenza grazie ai testi pubblicati sull’argomento, tralasciando la parte più antica del XIX secolo che abbiamo già abbondantemente illustrato. Da MEC 14, pag. 51 si apprende come la più grande raccolta di monete della zecca di Capua fosse stata messa insieme da Giulio Sambon, per poi essere esitata al pubblico incanto, con le altre parti della sua vasta Collezione, nell’asta già citata del 1897, ed in cui, come abbiamo già visto, compare un solo esemplare di questo mezzo denaro. Nel 1939 vide la luce, a Roma, il diciottesimo volume del Corpus Nummorum Italicorum (CNI) che comprendeva tutte quelle monete riconosciute, ancora ai nostri giorni, come il prodotto delle zecche minori dell’Italia Meridionale continentale. In questo volume trovò spazio anche la zecca di Capua e, del mezzo denaro in oggetto, ho riscontrato, stando ai pesi riportati, almeno quattro esemplari facenti parte della Collezione Reale (0,41-0,46-0,49 e 0,58 g.). Un’immagine di una di queste monete (fig. 3) si trova alla tav. XII, n° 22, anche se nella parte descrittiva la foto viene assegnata al numero 2, anziché al numero 1, come sarebbe invece corretto riportare. Nel 1998, all’uscita del MEC 14, comprendente il catalogo delle raccolte del Fitzwilliam Museum di Cambridge, alla tav. 1, n° 8 (fig. 4) vi è fotografato un altro esemplare di questa stessa tipologia (descrizione a p. 592). La moneta in questione, alquanto frammentata rispetto a quella riportata qui in foto, proveniva dalla Collezione del Grierson, il quale vi annota ben due passaggi d’asta, di cui uno molto prestigioso: la vendita Tinchant del 4 aprile 1957, in cui risultava già ex Sambon-Giliberti, lotto n° 68. Purtroppo, sembra sia molto difficile trovare altre fotografie di mezzi denari simili, in quanto neanche nella recente pubblicazione di A. D’Andrea e V. Contreras, Le zecche minori della Campania – volume II, è comparsa un’immagine fotografica per la suddetta tipologia, bensì vi si ritrova un disegno tratto dal Repertorio di G. Sambon. Fig. 3: CNI XVIII, tav. XII, n° 22. Fig. 4: MEC 14, plate 1, n° 8. A questo punto mi sorge spontanea una domanda: esiste la possibilità che, anche nella sede di questa discussione, possano essere trovate altre testimonianze fotografiche di monete da mezzo denaro capuano simile per tipologia al nostro? Non vorrei dilungarmi troppo in discorsi che poi potrebbero annoiare, mi rendo conto che fino ad ora sono già stato abbastanza prolisso. Ringraziandovi per l’attenzione che vorrete dedicare a questa mia riflessione, vi invito a contribuire con qualsiasi considerazione, informazione, segnalazione o altro che possa arricchire la nostra conoscenza su questa rara ed interessante moneta alto-medievale: ogni commento o integrazione di sorta saranno ovviamente i benvenuti.1 punto
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Aggiungo una papale... Clemente VII, mezzo giulio, Piacenza: REGNANS APERIT CLAVDIT Durante il suo regno aprì e chiuse La frase si riferisce a Clemente VII ed al Giubileo (1525) che fu aperto e chiuso durante il suo pontificato. E' proprio questa legenda che permette di datare con sicurezza e precisione la moneta, datazione che venne proposta per la prima volta da Francesco Muntoni nel suo "Le monete dei Papi e degli Stati Pontifici". Precedentemente la tipologia, che come possiamo notare non riporta il nome del Papa, era stata considerata come anonima attribuita ad Adriano VI (1522 - 1523). Al rovescio troviamo l'indicazione della zecca, con un bel rimando all'origine di colonia romana della città, PLACENTIA ROMANOR COLONA e una bella lupa a dominare il campo.1 punto
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Dopo 10 anni di cambiamenti di archiviazione e conservazione della mia collezione, ecco la soluzione SPERO definitiva... cosa ne pensate?? Se vi dovesse piacere l'idea vi spiegherò volentieri come ho fatto...1 punto
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Buongiorno, in quanto Curatore ho provveduto a ripulire da discussione dai post che esulavano dalla discussione numismatica. Non cancello la discussione stessa in toto perchè il sesterzio è comunque un esemplare interessante e merita di avere visibilità presso gli utenti interessati. Illyricum1 punto
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@Legio II Italica. Ciao, fortunatamente tutto e soggettivo. Opinione mia e ...... Acquistare una gran bella moneta comune , che un relitto di estrema rarita. Almeno la tocchi e la osservi come la natura l'ha coniata e sentire le emozioni che vibrano alla vista di una testimonianza del passato. Se poi mi manca la rarita...... Nel cofanetto metto la foto piu bella di quella rarità.1 punto
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