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Contenuti più popolari
Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 11/20/16 in tutte le aree
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Recupero un mio vecchio intervento che feci anni fa riguardo alla famigerata e sedicente "Osella del lido", Venezia 1797: 20 ottobre, 1797 (la Serenissima era appena morta): "Questa mattina nell'Elaboratorio al Lido, prese fuoco della polvere che con uno scoppio estremo, mandò in aria ed attaccò fuoco alla fabbrica con morte di alcune persone; cosa però che non ebbe conseguenze peggiori, ma il terrore compreso da tutta la città fu estremo." Questo scriveva l'ultimo doge, da poco ritornato a vita privata, Ludovico Manin, nelle sue Memorie, 1802. Il fatto è rappresentato su una rarissima osella veneziana del 1797, in genere considerata l'ultima della serie. Il termine "osella" per questo pezzo ha suscitato numerosi dubbi e interpretazioni, in quanto, sine duce, decadeva anche l'onere del dono ai nobili. La legenda riporta: URBIS SERVATORIB(us) BENEMAERENS - PATRIA - AD LITUS EXPLOSIONE REPARATA. Ovvero "La patria ringrazia i salvatori della città - conservata in seguito all'esplosione del (deposito di munizioni) del Lido". Il Lido di Venezia, dove oggi si allineano ville liberty e hotels di lusso, e dove si tengono manifestazioni internazionali come il Festival del Cinema, alla fine della Repubblica era quasi disabitato ed erano presenti poche costruzioni, un paio di chiese e una serie di casematte dove venivano accumulate munizioni e polvere da sparo per eventuali necessità di difesa della città. Era in effetti il confine tra la laguna ed il mare aperto, da dove potevano arrivare - ed in effetti arrivarono - i Francesi di Napoleone. Questo pezzo, non propriamente un'osella, è stato ribattuto su una precedente moneta, di cui si vedono alcune parti della legenda.5 punti
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Lavinio , l’ antica Lavinium , fu una antica città del "Latium Vetus" , situata a circa 28 chilometri a sud di Roma , che oggi corrisponde al sito dell’ attuale Pratica di Mare ; secondo la mitologia arcaica romana , Lavinio fu la città fondata dagli esuli Troiani con a capo Enea , poco dopo il loro sbarco nel Lazio . La prima localizzazione storica e archeologica del sito dell' antica Lavinio si deve a Pirro Ligorio , famoso studioso e antiquario italiano , scoperta poi confermata quattro secoli dopo , dagli scavi archeologici eseguiti a partire dal 1957 dall’ Università di Roma . Gli scavi condotti dall’ Universita’ di Roma dal lontano 1957 nella zona di Pratica di Mare hanno permesso di identificare tutta una serie di strutture dell' antica Lavinio. Tra queste la piu’ emblematica , il Santuario delle XIII Are , dove venivano eseguiti riti sacrificali , poi il cosi’ detto Heroon di Enea , cioe’ un tumulo sepolcrale datato al VII secolo a.C. che si vorrebbe identificare come la tomba di Enea , le mura della Citta’ , una porta della Città , le Terme , ed un deposito votivo dedicato a Minerva . In tempi piu’ recenti è stata ritrovata una XIV Ara , poco distante dal sito dove si trovano allineate le prime XIII Are . Ma la scoperta forse piu’ importante e storica potrebbe essere l' Heroon di Enea , un tumulo sepolcrale datato al VII secolo a.C. che si trova a Lavinio e che si vorrebbe identificare come la tomba di Enea , ipotesi avallata da Dionigi di Alicarnasso nella sua opera “Antichita’ romane” , Dionigi era uno storico greco vissuto nell’ epoca di Augusto , che cosi’ scrive , purtroppo molto brevemente , a proposito della tomba di Enea esistente ancora ai suoi tempi a Lavinio : «Si tratta di un piccolo tumulo , intorno al quale sono stati posti file regolari di alberi , che vale la pena di vedere» . Si tratta evidentemente di un monumento non comune che da un punto di vista strettamente archeologico può essere classificato tra le finte tombe , o cenotafio , erette in onore di un eroe che spesso poteva essere anche un "fondatore" o ecista di una Citta’. Sempre Dionigi di Alicarnasso in Antichita’ romane , Libro I , Tomo 64 , 4-5 ,scrive che dopo la battaglia tra Latini e Rutuli presso il fiume Numico che scorreva a fianco di Lavinio , non essendo visibile in alcun luogo il corpo di Enea , alcuni ne dedussero che fosse stato trasportato tra gli dei , altri che fosse perito nel fiume , presso il quale avvenne la battaglia e i Latini gli costruiscono un Heroon fregiato di questa iscrizione : “del dio padre Indigete (era il nome del dio tutelare del fiume Numico) che guida la corrente del fiume Numico”. Sempre Dionigi : “C'è però chi afferma che fu costruito da Enea in onore del padre Anchise , deceduto l' anno prima di questa guerra . Consiste in un tumulo non grande ed intorno ad esso alberi allineati degni di essere visti” . La concordanza di questi dati con quanto e’ visibile oggi , è impressionante . L' ipotesi che il tumulo sia il monumento descritto da Dionigi , che anche la critica moderna ammette possibile , il quale Dionigi ebbe conoscenza diretta del territorio di Lavinio , appare molto probabile . Sotto il territorio di Lavinio , un Medaglione di Antonino Pio con al dritto Enea che sbarca sulla costa laziale con sulla destra una nave offrendo un sacrificio , al rovescio qualche immagine di Lavinio , una scrofa e forse Enea con il padre Anchise , cartina della zona di Lavinio , seguono le tredici Are oggi e l' Heroon di Enea con probabile ricostruzione .4 punti
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Questa citazione dell'Arca di Noè, mi ha fatto venire in mente un vecchissimo topic sulle monete del diluvio, nel quale ricordavo di aver proposto qualche pezzo che poteva interessare anche questa discussione. Sono andato a ricercarlo, ed ecco cosa ne è uscito Gettone in rame, opera di J. Roettiers, coniato nella città di Namur (Belgio) per festeggiare il trattato di pace di Hubertsburg, firmato il 15 febbraio 1763 e che pose fine alla guerra dei Sette Anni tra Austria e Prussia: l'Austria rinunciò alla Slesia, che passò definitivamente alla Prussia. Al dritto busto di Maria Teresa imperatrice d'Austria (Namur e gran parte dell'attuale Belgio erano allora sotto dominio austriaco), al rovescio l'Arca di Noè, arenata sulla cima del monte Ararat, verso cui vola la colomba della pace. L'iscrizione al rovescio AT ILLA VENIT AD EUM PORT RAMUM OLIVAE, riprende parzialmente un versetto del Genesi, 8:11 At illa venit ad eum ad vesperam portans ramum olivae virentibus foliis in ore suo. Intellexit ergo Noe quod cessassent aquae super terram. E la colomba tornò a lui sul far della sera; ecco, essa aveva nel becco un ramoscello di ulivo. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra. petronius3 punti
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Scusate il ritardo , so che vecchie discussioni è vano proseguirle, ma mi sembrava giusto finalmente postare la moneta con foto professionale a chiusura definitiva...3 punti
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Fa niente, almeno così la vediamo bella grande Tornando al discorso sulla religiosità di Carlo, ricordiamo come l'Angiò fu l'unico personaggio a portare nei confini italici la pratica del tocco dei malati. Si dice infatti che in quel di Lucca Carlo tocco le piaghe di diversi malati, imitando così il rito di guarigione proprio dei "re taumaturghi" francesi ed inglesi. Era pur sempre di stirpe reale, quindi qualcosa di miracoloso il suo tocco avrà pur avuto Poi il fratello Luigi era in odore di santità, quindi...3 punti
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Riguardo la riforma monetaria, riprendendo Giuliani e Fabrizi, venne fatta al fine di favorire il commercio estero.. Il Saluto d'oro, nel Regno di Sicilia, era scambiato alla pari con l'augustale svevo, il reale, il doppio dinar e, dopo la guerra dei Vespri, con il pierreale. Era di 4:5 il rapporto con il fiorino, il ducato veneziano ed il genovino. La scelta della scena dell'Annunciazione viene spiegata con la profonda devozione che Carlo aveva per la MAdonna, fino a configurare un possibile ex voto. Ciò si innesta in un discorso anche politico, Se Federico II e gli Svevi appoggiavano la frazione ghibellina; Carlo I era un sostenitore dei guelfi. Aggiungiamo un pò di foto: Grosso senatoriale, g. 4,06 Saluto d'argento, g. 3,16. g.3 punti
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Direi che ora si possa dare una risposta definitiva alla seguente discussione: ovvero: "Non è vero; e anche se fosse è solo perchè gli utenti sono rivolti al passo successivo: frequentarsi dal vivo." A presto E.3 punti
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Sino al 1853 un mezzo dollaro aveva un peso di circa 13,40 grammi. In tale data assistiamo ad una riduzione sino a 12,40 grammi, segnalata con le due frecce ai lati della data e con l'introduzione (solo per il 1853) di una modifica al rovescio per cui l'aquila era circondata dai raggi solari. Le frecce ai lati della data permangono anche nel 1854 e nel 1855, mentre dal 1856 non sono più presenti. Dal 1866 abbiamo una nuova modifica del rovescio con l'introduzione di un nastro sopra l'aquila con inscritto il celebre motto "In God We Trust". Infine nel 1873-1874 ricompaiono le due frecce ai lati della data per segnalare una nuova variazione di peso, questa volta in lieve aumento. Difatti il peso degli half dollars passa da 12,40 a 12,50 grammi e tale rimarrà sino al 1964 con l'ultimo mezzo dollaro in argento '900, quello emesso con l'effige del compianto J.F. Kennedy. L'esemplare che vi presento oggi è datato 1874, coniato presso la zecca di Philadelphia in 2.359.600 pezzi. Questa volta lo stato di conservazione è decisamente buono con tutti i particolari di questo magnifico conio ancora perfettamente apprezzabili.3 punti
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Gran Bretagna. Silver Pattern Proof Farthing, 1665. P.422. Carlo II. DIRITTO: ritratto di Carlo II. Legenda: CAROLVS A CAROLO (Carlo II da Carlo I). Rovescio: la Gran Bretagna seduta a sinistra; legenda: QUATUOR MARIA RIVINDICO = RIVENDICO I QUATTRO MARI.3 punti
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Ciao a tutti, mi complimento con Raffaele per il post, come al solito, ottimamente scritto. Riassumendo, se politicamemte, Carlo d'Angiò è stato un reazionario, numimsmaticamente è stato un innovatore..due punti che posto alla vosta attenzione: - il passaggio, con Carlo, da un sistema bimettalico ad uno trimetallico; - l'introduzione, nel 1278, del carlino, denominazione fortunata che durerà quasi 6 secoli, o saluto d'oro e d'argento.. Con l'aiuto, poi,degli amici @adolfos e @anto R, valenti studiosi ed autori di ottimi articoli, si potrebbe estendere la discussione alla monetazione senatoriale di Carlo I d'angio' e sui meravigliosi grossi...saluti Eliodoro3 punti
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Salve a tutti. Quest’oggi volevo approfondire un tema storico, forse ultimamente messo un po’ da parte, che riguarda molto da vicino la politica espansionistica di Carlo I d’Angiò (1282 – 1285, come Re di Napoli). Carlo I era di stirpe reale: era infatti figlio del Re di Francia Luigi VIII, mentre suo fratello sarà il futuro San Luigi IX. I suoi rapporti con l’Oriente erano già molto vivi ancor prima di arrivare ad impossessarsi della corona napoletana: nel 1248, infatti, Carlo, con i titoli di Conte d’Angiò, del Maine, di Provenza e Forcalquier, accompagnò suo fratello, il Re Luigi IX, durante la Settima Crociata, in Egitto, governato all’epoca dalla dinastia araba degli Ayyubidi. Questi ultimi, nel 1245, l’anno prima che Carlo fosse elevato a Conte d’Angiò, avevano conquistato Gerusalemme con i suoi luoghi santi, all’epoca ancora oggetto di numerose contese tra mondo cristiano e mondo musulmano. Il loro potere, poi, si era esteso anche in Egitto, costituendo un serio pericolo per le potenze europee che si affacciavano sul Mediterraneo. Inoltre, questa occasione offriva un ottimo pretesto per ritornare in Oriente e ritagliarsi dei possedimenti personali da assoggettare a dinastie cosiddette franche. Dopo un breve scalo a Cipro, tappa obbligatoria per le flotte che dall’Europa si dirigevano in Oriente, Carlo raggiunse l’Egitto nel 1249, partecipando alla vittoriosa conquista di Damietta. Nel febbraio del 1250, però, fu protagonista, insieme al fratello Luigi e ad altri membri della famiglia reale francese, della disastrosa disfatta di Mansura, a seguito della quale sia Luigi IX che Carlo stesso furono annoverati tra i prigionieri dei musulmani, diventando così molto più preziosi per i nemici di ogni possibile bottino di guerra. Infatti, dopo una breve prigionia, sia il Re di Francia che suo fratello Carlo d’Angiò furono rilasciati dietro pagamento di un pesante riscatto. Carlo decise che la sua avventura crociata nei territori dell’Outremer poteva dirsi conclusa: nel 1251 fece ritorno in Francia, anche a seguito di alcune rivolte che si stavano sviluppando nei suoi territori. Negli anni seguenti, Carlo si dedicò agli sviluppi politici della Francia e degli altri Stati limitrofi, intromettendosi in varie questioni ereditarie da cui uscì spesso con il raggiungimento di un proprio tornaconto personale. Non trascorse però molto tempo che Carlo fu invischiato negli affari italiani: nel 1261 era stato eletto al soglio pontificio Papa Urbano IV che era di origini francesi. La situazione politica in Italia non era delle migliori: Manfredi di Svevia, Re di Sicilia, ambiva a conquistare l’Italia intera, il che equivaleva ad una minaccia seria e preoccupante per il pontefice, il quale tentò di ingraziarsi il sovrano svevo intraprendendo la via diplomatica che, ahimè, non portò a nulla di concreto. Così, Urbano IV reagì pesantemente scomunicando Manfredi, il che comportava la perdita di ogni diritto sul trono di Sicilia. Il Regno dell’Italia Meridionale, per antiche norme di diritto feudale, ritornava nelle mani del Papa che ne disponeva al meglio. In questo caso, Urbano decise di affidarne la corona a Carlo d’Angiò, forse con lo scopo di favorire la casata reale della sua terra d’origine. Mentre Carlo si recava a Roma per essere insignito del titolo di Senatore, Urbano IV morì di lì a poco nel 1264. Gli successe Clemente IV che continuò la politica anti-sveva del suo predecessore: egli accolse Carlo con il suo seguito nel 1265 e lo incoronò a Roma Re di Sicilia. Manfredi, intanto si organizzò per l’imminente scontro, poiché non aveva nessuna intenzione di rinunciare ai suoi diritti sul trono siciliano, nonostante fosse ormai ufficialmente decaduto. Da questo momento in avanti, è risaputo cosa avvenne e come Carlo conquistò la corona dell’Italia Meridionale: il suo esercito, forte di quasi 30.000 uomini provenienti dalla Francia, supportato dai Baroni che si erano ribellati a Manfredi, sbaragliò le forze sveve sul fiume Calore nei pressi di Benevento. Era il 26 febbraio 1266 il giorno esatto in cui lo Stato più esteso della penisola italiana assistette all’ultimo bagliore della gloriosa casata sveva e, nello stesso istante, all’ascesa di un nuovo padrone, la cui discendenza, tra bene e male, contribuì allo sviluppo della parte continentale del Regno impegnandosi con uno sforzo senza precedenti. Fu proprio con Carlo I che Napoli fu scelta come capitale del Regno, soprattutto dopo che, con la rivolta dei Vespri Siciliani, la parte insulare dei suoi nuovi possedimenti si era ribellata, scacciando i Francesi visti come despoti votati al sopruso. Ed in effetti la politica di Carlo I, ancor prima di diventare Re, era stata sempre molto dura e, a tratti, dispotica: nel riorganizzare l’assetto amministrativo del Regno appena conquistato con le armi, il sovrano angioino tolse molte delle antiche prerogative alla nobiltà locale per affidarle invece a membri più o meno illustri provenienti da altre parti d’Italia e d’Europa, favorendo con un occhio di riguardo i mercanti ed i banchieri toscani. Il Regno non fu però pacificato del tutto prima del 1268, anno in cui Carlo sconfisse a Tagliacozzo le ultime truppe rimaste fedeli agli Hohenstaufen nella persona di Corradino, nipote di Manfredi. Con la sconfitta e la decapitazione di Corradino a Napoli, Carlo d’Angiò divenne ancor più ferreo nel suo governo: portò alla rovina molti nobili locali per poi sostituirli con i più fedeli tra i Baroni francesi. Gli Svevi, poi, a differenza degli Angioini, avevano sempre mantenuto ottime relazioni pacifiche con gli Arabi, il che aveva scatenato l’ira di più di un pontefice. Con l’avvento di Carlo I a Napoli le cose cambiarono e fu in questo momento che il Nostro, dopo aver assicurato la stabilità nei suoi nuovi territori, pose rinnovata curiosità verso l’Oriente. Luigi IX, nonostante l’esito estremamente negativo registrato alla fine della Settima Crociata, spinto dalle sue convinzioni religiose e da una fedeltà al Papa quasi fanatica, era già pronto ad intraprendere quella spedizione, questa volta contro la Tunisi del califfo al-Mustansir, che sarebbe passata alla storia come Ottava Crociata. Ed anche questa volta il buon Carlo vi partecipò: i motivi della sua partecipazione, poco entusiasta a causa forse della prigionia subita verso la metà del XIII secolo in Egitto, si devono probabilmente ricercare nel fatto che, da Tunisi, al-Mustansir, vecchio alleato di Manfredi e quindi nemico del nuovo Re Carlo, poteva tenere sotto scacco sia la Sicilia che il Regno di Napoli. Carlo era quindi molto più pragmatico di suo fratello e riuscì a intravedere ottime opportunità per il suo Regno accodandosi alla farsa della Crociata. Infatti, morto nel 1270 Luigi IX per una violenta forma di dissenteria, Carlo, come parente più prossimo, assunse il comando della Crociata che si trasformò più in una guerra personale: alla fine, in quello stesso anno, il sovrano Angioino stipulò un nuovo trattato con il califfo e, ottenuti i rimborsi delle indennità di guerra da parte del nemico, rientrò in Sicilia quello stesso anno. Ma i progetti che più attanagliavano la mente di Carlo I si manifestarono già prima dell’Ottava Crociata. Alleandosi con l’Imperatore latino di Costantinopoli Baldovino II, ormai in esilio, attraverso un’oculata politica matrimoniale (fece infatti sposare sua figlia Beatrice con il figlio di Baldovino nonché suo successore, Filippo di Courtenay), l’Angioino mirava alla conquista graduale del trono costantinopolitano. Questa sua sete di conquiste dovette sfogarsi al di là dei confini nazionali, poiché in Italia non poteva unificare gli altri territori della penisola, rischiando altrimenti di incorrere nell’ira del Papa, rischiando di fare la stessa fine dello scomunicato Manfredi. I regni orientali, invece, facevano ancora gola ai sovrani occidentali, poiché ancora floridi e ricchi, nonostante l’epoca d’oro delle Crociate era finita da un po’. Alla riconquista latina di Costantinopoli e del suo ricco Impero volle partecipare anche il Principe d’Acaia Guglielmo II di Villehardouin, il quale diede in sposa sua figlia ed erede Isabella al figlio di Carlo, Filippo. Questi divenne Principe d’Acaia a partire dal 1278, quando Guglielmo II morì e Isabella entrò in possesso dei territori paterni come prevedevano gli accordi. Da questo momento in poi, l’Acaia spetterà di diritto agli Angioini. Un primo passo, quindi, per l’espansione angioina in Oriente era già stato compiuto. Attraverso questa politica matrimoniale, Carlo I poteva muovere i fili del potere anche all’estero, senza però essere coinvolto in prima persona, mantenendo apparentemente il controllo del solo Regno di Napoli, di cui era sovrano titolare. Nonostante la conquista di Costantinopoli sembrava per Carlo a un passo dalla realizzazione, i suoi piani furono bloccati a causa dell’alleanza religiosa che Michele VIII Paleologo, Imperatore di Bisanzio, strinse con il nuovo Papa Gregorio X, il che portò ad un arresto temporaneo della campagna intrapresa da Carlo I contro i Bizantini. La situazione precipitò con lo scoppio dei Vespri Siciliani del 1282 che costrinsero il sovrano ad abbandonare l’Albania e a tornare in Sicilia per sedare la rivolta. Mentre era ancora in corso la progettata conquista di Costantinopoli, Carlo non mancò di andare oltre Bisanzio e di mirare ancora più lontano, ovvero alla stessa capitale di quello che era stato il Regno latino omonimo più importante creato dopo la fine della Prima Crociata nel 1099: Gerusalemme. Dopo la morte di Corradino, nel 1268, che era titolare del Regno di Gerusalemme, i diritti al trono di un Regno che era solo l’ombra di quello che era stato in passato furono contesi da varie casate occidentali, tra questi la spuntò alla fine quella dei Lusignano di Cipro. Alla fine del XIII secolo, quando ormai la riscossa musulmana aveva portato all’annientamento uno dopo l’altro di tutti gli Stati che i Crociati avevano fondato in Outremer, il titolo di Re di Gerusalemme, ridotto ad una pura formalità, era stato rivendicato però anche da altre famiglie. Tra queste spiccava la dinastia dei Principi di Antiochia nella persona di Maria, figlia di Boemondo VI, ultimo Principe effettivo di questo Stato crociato. Ella vantava diritti dinastici sul trono di Gerusalemme: infatti, per via paterna, era discendente del Re Baldovino II, in quanto la figlia di questi, Alice, aveva sposato Boemondo II d’Antiochia, antenato in linea diretta di suo padre. Suo nipote, Ugo III di Lusignano, riuscì però ad impadronirsi del titolo, lasciando a mani vuote Maria d’Antiochia, la quale, nel 1277, vedendosi sconfitta, vendette i suoi diritti sul trono gerosolimitano proprio all’ambizioso Carlo I d’Angiò. Da questa acquisizione non furono ricavati però nuovi territori in Oriente per la Corona angioina: molte città costiere che erano sopravvissute agli attacchi dei musulmani avevano giurato fedeltà ad Ugo III. Un tentativo fu comunque intrapreso da Re Carlo per far valere i suoi diritti appena comprati: nel giugno di quello stesso anno 1277 una flotta siciliana comandata da Ruggero Sanseverino approdò nel porto di San Giovanni d’Acri, ultima fortezza rimasta in mani cristiane lungo la costa siro-palestinese (cadrà poi solo nel 1291), chiedendo udienza al comandante della piazzaforte, il Gran Maestro dell’Ordine cavalleresco degli Ospitalieri. Ruggero, con abili mosse diplomatiche, riuscì alla fine di una lunga trattativa a convincere l’Ordine che controllava la città a riconoscere Carlo come legittimo Re di Gerusalemme. Questo fu l’unico successo registrato dall’Angioino a seguito dell’acquisizione del titolo orientale. Proprio per rendere esplicito tale traguardo, nello stemma araldico degli Angioini di Napoli figurò la croce potenziata di Gerusalemme (fig. 1). Fig. 1: Arme di Carlo I d'Angiò dopo il 1277. Di Heralder - Own work, elements by Sodacan & Katepanomegas, CC BY-SA 3.0. Un evento così importante per la storia degli Angioini sovrani di Napoli non poteva non essere commemorato anche con un’apposita serie monetale. In politica economica, almeno in Sicilia e nelle zecche minori dell’Italia Meridionale continentale, Carlo I seguì senza particolari modifiche il sistema monetario svevo, continuando a curare, nel caso di nostro interesse, l’emissione di denari in mistura (che in realtà erano ridotti ad una lega di rame quasi puro). La serie, che ora vedremo, si compone di soli due nominali: il doppio denaro, molto raro, ed il denaro. Entrambi i nominali furono coniati a Messina nel 1278, quindi pochi anni prima della rivolta dei Vespri Siciliani e l’anno successivo all’acquisto del titolo gerosolimitano da Maria d’Antiochia. Forse, prima di rendere la cosa ufficiale, Carlo attese il buon esito della spedizione di Ruggero a San Giovanni d’Acri per assicurarsi che almeno una tra le più importanti città latine d’Oriente l’avesse riconosciuto come sovrano. Questa serie che celebra l’investitura del Re a sovrano titolare di Gerusalemme è una delle poche, se non l’unica, nel vasto panorama dei denari angioini, che si può datare con precisione ed attribuire ad una zecca. Nello stesso anno 1278, Carlo I, su modello di quanto già fatto in Francia da suo fratello Luigi IX, con una riforma monetaria, chiuse tutte le altre zecche regnicole e impose la coniazione del circolante nella sola capitale Napoli. 1. D/ + KAROL • IERVSALEM Croce ornata con globetti alle estremità di ogni braccio, racchiusa in doppio circolo perlinato. R/ + ET • SICILIE • REX Giglio a tutto campo, circondato da tre globetti e racchiuso in doppio circolo perlinato. SPAHR 1976, p. 236, n° 55 (illustrato alla tav. XXVIII). Doppio denaro in mistura (dati ponderali indicati in Spahr: 1,33 g. – 19 mm.). Rarità: RR – RRR. Fig. 2. Fig. 2. Doppio denaro dal peso di un grammo. Ex Artemide XLVI, lotto 548. 2. D/ + KAROL • IERVSALEM Croce ornata con globetti alle estremità di ogni braccio, racchiusa in circolo perlinato. R/ + ET • SICILIE • REX Giglio a tutto campo, circondato da tre globetti e racchiuso in circolo perlinato. SPAHR 1976, p. 236, n° 56. Denaro in mistura (dati ponderali indicati in Spahr: 0,60 g. – 16 mm.). Rarità: C. Fig. 3. Fig. 3. Denaro dal peso di 0,96 g. Ex Artemide XLVI, lotto 549. Letture consigliate per approfondire: · BENIGNO Francesco - GIARRIZZO Giuseppe, Storia della Sicilia, vol. 3, ed. Laterza, Roma-Bari, 1999. · FROUSSARD Giovanni Battista, Osservazioni sulla Storia ed intorno a Pietro Giannone ed a Carlo I d’Angiò, Ducale Tipografia Bertini, Lucca, 1833. · LÉONARD Émile G., Les Angevins de Naples, Presses Universitaires de France, Paris, 1954. · SPHAR Rodolfo, Le monete siciliane dai Bizantini a Carlo I d’Angiò (582 – 1282), Zurich – Graz, 1976. · TRAMONTANA Salvatore, Il Mezzogiorno medievale, Carocci, Roma, 2000. P.S.: Perdonate il tedio e buona lettura!2 punti
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Ciao, intanto un "bravo" per la tua affermazione in apertura Il "prezzo corretto" va valutato considerando veri fattori. Conservazione, patina, centratura, rarità dell'esemplare, autorità emittente solo per citarne alcuni. E poi altri tipo gusto personale e interesse per una determinata tipologia che sono i primi che mi sovvengono. Tra gli imperatori con buon rapporto qualità/prezzo ci metto pure Alessandro Severo. Hai studiato, hai seguito esemplari in rete, hai seguito qualche consiglio... prima di procedere all'acquisto ti consiglio di non avere fretta e non farti prendere dalla frenesia. Buona ... caccia Illyricum2 punti
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La moneta in questione è questa: LUCANIA, Velia. Circa 334-300 BC. AR Nomos. E' abbastanza rara e ha in comune con un assegno, oltre al valore, il fatto che sia firmata dietro al paranuca di Atena e sotto il ventre del leone dall'incisore Kleudoros (anche se per me non si tratta del monogramma di un nome ma di una notazione numerica, ma questa è un'altra storia..). Questa bella e rara monetina fa parte della mia collezione personale (proviene da un'asta Gorny del 2004): vi autorizzo ad invidiarmi....2 punti
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Grazie! Siete troppo gentili. Spero si torni presto a parlare di tremissi.2 punti
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Grazie, ragazzi. Rispondo a tutti: - @nando12 la moneta è mia, è la terza in ordine d'arrivo di questa tipologia e millesimo (e penso di non dover cercarne una migliore); - mi è stata valutata con conservazione q.FDC-FDC da perito in genere di "braccine corte" per i gradi di conservazione; - @Biagio75la foto mi è stata fatta da professionista con macchina fotografica digitale su stativo con luce artificiale, ho qualche problema a far le foto personalmente (se riesco, ben volentieri...); - @tonycamp1978 se c'è stata pulizia, è stata fatta nella notte dei tempi; i "difetti" al bordo sono da imputare alla coniazione o al tondello pre-conio; (cosa intendi per "vorrei vedere una foto"?); - @cembruno5500 quel segnetto dietro la testa del re è un graffietto, in questo caso esaltato dalla fotografia, ad occhio nudo molto meno evidente e comunque è soprattutto per quello che la moneta non ha meritato un FDC pieno; - io non sono un grande estimatore di patine, ma questa m'è piaciuta subito davvero. Ringrazio @prtgzn, @rickkk, @min-ver e @lele300 per il loro cortese intervento. (per chi ha seguito l'altro mio post "Lire 500 1964": questa patina è autentica...)2 punti
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Che abbia un debole per Pavia si sa...come farla entrare qui nelle monete moderne è più difficile però...però... L'occasione è invece buona per entrare nel fantastico e affascinante mondo delle monete ossidionali .... 1524 CES PP OB che sciolto diventa CAESARIANI PAPIAE OBSESSI GLI IMPERIALI ASSEDIATI A PAVIA Siamo a Pavia durante l'assedio del 1524 - 1525, Antonio de Leyva comandante del presidio spagnolo a difesa di Pavia, assediata dai francesi, aveva una grande preoccupazione, quella di riuscire a pagare le truppe tedesche ausiliarie composte da 5.000 mercenari pronti a cambiare bandiera. Doveva fare di tutto per evitare questo ; decise così di fondere tutto quello che poteva servire per l'uopo, arredi sacri, monili, suppellettili. Abbiamo così questi rozzi testoni in argento con data 1524 che testimoniano l'accaduto e i fatti. Da Asta Varesi 68, estremamente raro. Pensate all'emozione di avere un pezzo così in mano se mai dovesse capitare .....2 punti
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Bellissima discussione, non credo si possa "ridurre" lo studio della monetazione di Carlo ad un'area circoscritta. Idem per quanto riguarda gli aspetti storici legati a doppio filo all'aspetto numismatico. Adolfo dice bene quando sostiene che la presenza angioina a Roma è sottovalutata. Non dimentichiamo che gli intrecci ed intrighi politici tra francese e papi sono notevoli, poi di mezzo ci si mettono anche vicari, baroni... L'avventura di Carlo come senatore romano è singolare, un esempio fra i tanti: la carica senatoriale ai tempi era vitalizia ma gli accordi presi con Urbano IV stabilivano che Carlo avrebbe smesso di ricoprire l'incarico al momento dell'effettiva presa del Regno. I senatorati di Carlo furono ben tre (1265 - 1266, 1268 - 1278 e 1281 - 1284) e la monetazione dell'Urbe non restò certo immutata in queste decadi. Proprio durante il secondo senatorato a Roma venne introdotto il grosso rinforzato, una moneta che in pratica ricalcava le caratteristiche metrologiche del grosso tornese del fratellone Luigi. E' molto interessante che proprio nel 1278, dopo cioè che a Roma era stato introdotto il rinforzato, la riforma di Carlo nel Regno di Napoli prevedesse l'introduzione di un nominale più leggero del buono ed accettatissimo tornese. A dopo per altre considerazioni Un caro saluto, Antonio2 punti
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ahahahha no, non è l'uomo... E' un fiero animale nell'atto di sbranare una preda: se fosse stato un uomo sarebbe stato raffigurato mentre acciuffava una tangente...2 punti
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Riprendo questa vecchia discussione per fare i complimenti a Giollo2 per l'interessante articolo "Il simbolo della mano sui tremissi di Liutprando. Studio dei materiali " recentemente pubblicato su Panorama Numismatico di Novembre 2016 (http://www.panorama-numismatico.com/panorama-numismatico-nr-322-novembre-2016/). Davvero un ottimo lavoro!2 punti
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Ritrovo - come d'abitudine - davanti al banco di R-R (Riccardo Rossi) "IL REALE" - Stand 247 per le 12.40 .... il trasferimento è sempre lento direi di trovarci prima e di raggiungere il Ristorante per la mezza. Che dite?2 punti
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@eliodoro Ciao Elio! Tutto bene? Spesso e volentieri si sottovaluta la presenza angioina nel territorio comunale romano e in particolare i senatorati urbani di Carlo I. E' un errore. Per Carlo l il titolo di Senatore, massima carica politica di Roma, è un ulteriore trampolino di lancio verso le mire espansionistiche che hanno caratterizzato storicamente il suo personaggio. Anche a Roma la sua politica monetaria ha lasciato tracce indelebili. Cari saluti2 punti
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Innocenzo XII, Mezza piastra del 1693, .Muntoni III-34. Diritto: stemma; Rovescio: pellicano che nutre i sui piccoli col suo sangue; legenda: NON SIBI SED ALIIS = NON PER SE' MA PER GLI ALTRI.2 punti
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Ciao a tutti, torno sull'argomento per proporvi un curioso denaro astigiano che mi sono aggiudicato da poco. La particolarità che mi ha da subito colpito è l'errore di conio al D/ CVNRADVS N, al posto di CVNRADVS II. E' la prima volta che mi capita di vedere un denaro di Asti come questo, qualcuno era a conoscenza di questa variante? Non sono riuscito finora a trovarne menzione da nessuna parte... CNI, Promis, Bobba e Vergano, ecc. Questa era l'unica faccia presentata dalla casa d'asta, chissà se anche l'altro lato presenterà sorprese... la foto non è un granché, appena mi arriva la moneta posterò foto migliori!2 punti
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Ma non posso tradire la mia natura che mi fa prediligere la moneta piccola, destinata al popolo ma spesso anche all'anonimato numismatico. L'origine famigliare, la considerazione e il rango ottenuto dai padri erano il giusto lustro e decoro per i figli. A Guastalla Ferrante II Gonzaga volle ricordare il padre Cesare ed enfatizzarne gloria e valore. Troviamo il riferimento all'illustre genitore in due sesini il cui verso recita: IMAGO PATRIS GLORIA FILII, l'immagine del padre è motivo di onore (gloria, vanto o fama) per il figlio. nel primo il dritto presenta la figura di Santa Caterina con foglia di palma e ruota dentata e la legenda FER:G:D:G: S:CATHER: nel secondo il dritto presenta il monogramma FDVG, coronato e, nel giro, FERDINANDVS:GON Ma questo riferimento alle antiche virtù lo troviamo anche nei grandi nominali dei Gonzaga di Guastalla; un esempio è l'impressionante ducatone datato 1622, firmato da Luca Xell. Il verso presenta la statua di Ferrante I Gonzaga mentre uccide l'invidia, opera di Leone Leoni e ancora visibile (spada a parte) nella piazza antistante il palazzo ducale di Guastalla. La legenda recita SIMVLACRVM AVITAE VIRTVTIS, immagine della virtù degli avi. E con questa esco..... un caro saluto Mario2 punti
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Ma sono l'unico che quando vede i primi post di @.Pino. sa già che scorrendoli si troverà a rosicare come un castoro per gli ultimi, clamorosi ritrovamenti? Si scherza eh, complimenti come sempre2 punti
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PIACENZA....che sia stata la prima colonia dei romani nell'Italia settentrionale insieme a Cremona ( 218 a.C. ) lo sappiamo da diverse monete piacentine da cui in legenda : PLACEN ROMANOR COLO PIACENZA COLONIA DEI ROMANI Tutto questo lo vediamo in un'altra straordinaria moneta dell'Asta Nac 85 ( ma quale moneta di questa Asta non era straordinaria ?) Siamo con Ottavio Farnese ( 1547 - 1586 ) con un mezzo ducatone di estrema rarità dove c'è un insolito ritratto del Duca con collare alla spagnola.2 punti
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Come si può vedere dai risultati appena pubblicati ad aver vinto è la Francia con il Principato di Monaco con il 28,57% delle preferenze seguita dal Regno Unito e dalle Dipendenze della Corona; medaglia di bronzo, pari merito, URSS e Spagna. Alla fine mi aspettavo un esito del genere perché effettivamente le monetazioni di Francia e Gran Bretagna vuoi perché sono le più seguite tra le altre, vuoi perché sono magari anche più 'ricche' dal punto di vista storico-culturale, sono sempre più famose delle restanti. Comunque ho deciso che, oltre a queste, probabilmente opterò per il Portogallo (per cui ho anche votato alla fine) il quale, specialmente nel periodo subito successivo alla caduta della Monarchia e alla proclamazione della Repubblica nel 1910 e per tutta l'Età Salazarista (1926-1974) e dello 'Estado Novo' ha prodotto conii artisticamente più belli della vicina Spagna, molto complessi pur nella loro semplicità, ricchi di particolari e prodotti di più in argento. Per quanto riguarda la Finlandia, pur potendo sembrare strano averla inserita tra quelle che possono dirsi le più belle monetazioni d'Europa, bisogna ammirare, a mio parere, la plasticità e la qualità artistica non tanto delle monete destinate alla circolazione quanto delle commenorative Anni 1960 e successivi che, per il loro design d'avanguardia, minimalista e spesso stilizzato, con i soggetti incisi in rilievo sull'argento, sono state un unicum nel loro genere per anni. Quanto ad Austria, Paesi Bassi e Cecoslovacchia ero in dubbio se inserirli nella lista ma mi affascinavano in particolar modo alcuni periodi storici di questi Stati come l'arco di tempo che va dalla caduta dell'Impero Austro-Ungarico e la fine dell'occupazione sovietica in territorio austriaco con firma della nuova Costituzione e della Dichiarazione di 'Neutralità Perpetua' del Paese (1919-1955), per il periodo precedente all'annessione tedesca dei Sudeti e per il periodo Socialista in Cecoslovacchia e per l'analogia grafica che ad esempio c'è tra i vecchi fiorini olandesi della Regina Beatrice e le monete in euro con la sua effigie prodotte fino a quando è rimasta in carica (2013). Grazie a tutti per questa occasione di spunto e riflessione.2 punti
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Buondì Apro la serie con i miei esemplari. Valore 10 Pfennig Ottone: 1,836 g, 19 mm. C’è anche la versione in zinco.1 punto
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Un caro saluto a tutti i Lamonetiani ho recentemente fatto fare ad un artigiano questo monetiere o espositore o vetrinetta o la loro combinazione, contiene 32 monete su tre vassoi il fondo di questi è in alcantara grigia può contenere anche grossi moduli e anche piccoli, in quanto i separatori sono distanziati in modo decrescente. che ve ne sembra? Costa come 10 album ma consente di godere delle nostre beneamate in modo più "affettuoso "1 punto
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Nel frattempo, proteste in India per la carenza di banconote disponibili. Una buona fetta della popolazione non può permettersi carte di credito o di debito (e neppure un conto corrente). Non riesco a postare l'articolo, comunque è su the economist1 punto
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Dovrei essere imparziale in teoria , ma quest'ultimo e' un pezzo decisamente incredibile , grazie di averlo riproposto... E mentre ricordo ancora anche di votare i vari pezzi e loro messaggi ( tempo fino al 30 novembre ma la discussione comunque continuerà anche dopo se riterrete ), direi a questo punto...avanti col vento in poppa...1 punto
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Non vorrei apparire pignolo ma è bene precisare che l'interruzione riguardò il periodo 1905-1920, furono coniati ininterrottamente dal 1878 al 1904, e poi ancora nel 1921. Per la moneta del nostro amico, confermo la zecca di Philadelphia e, come giustamente hai rilevato, la si può considerare comune. Difficile dare un parere sulla conservazione con queste foto, direi che siamo sul BB/SPL, col rovescio migliore del dritto. Ciao. petronius1 punto
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BAHAMAS. George III, 1760-1820.Penny, 1806. Diritto: Piccolo busto a destra. Rovescio: Nave in mare; in esergo legenda: EXPULSIS PIRATIS, RESTITUTA COMMERCIA: "Dopo aver scacciato i pirati, i commerci sono stati restaurati".1 punto
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Se all'inizio non vuoi svenarti vai su un gordiano-alessandro severo-filippo I che con una cifra tra i 100-200 euro trovi qualcosa di carino1 punto
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dipende dal periodo oltre che dall'imperatore. hai qualche preferenza ? un Adriano credo che con 300 400 puoi prendere qualcosa di carino1 punto
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sui multipli di denaro, io ho dei dubbi..propendo per considerarli piedfort.. Questo è il GF 45 da Asta Nac 89, g. 1,391 punto
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@Artax sposto la discussione nella Sezione delle zecche meridionali, dove la discussione avrà maggiore visibilità. Buona domenica, Antonio1 punto
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Ho appena scoperto quest'altro sito dedicato: http://archinumis.blogspot.it/p/blog-page.html1 punto
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Qualche accenno alla riforma di Carlo I d’Angiò posso riassumerlo con quanto segue. La riforma del 1278 aveva come intento particolare quello di togliere dalla circolazione gli obsoleti nominali svevi, compresi quelli angioini coniati su modello svevo, e sostituirli con nuove monete che avessero un’identità propria con una lega migliore. La riforma fu applicata sia all’oro che all’argento, ma su quest’ultimo metallo si intensificarono gli sforzi di Carlo I, perché nelle sue visioni erano le monete d’argento, i carlini, che avrebbero soppiantato i denari in mistura. Il 15 febbraio 1278 la zecca di Barletta fu trasferita per intero a Napoli, nel Castel dell’Ovo, dove continuò ad operare sotto la direzione del fiorentino Francesco Formica (un caso pratico, questo, della preferenza di Carlo verso i toscani per le attività economiche a cui ho fatto riferimento nel mio post sopra). Altro materiale per la coniazione arrivò, insieme al personale, dalla zecca di Messina. I carlini, sia d’oro che d’argento (avevano anche dei sottomultipli, i mezzi carlini, ad oggi molto rari), devono il loro nome proprio al Re Carlo I che ne volle la realizzazione. La denominazione popolare di “saluto” fu poi affibbiata a queste monete per via della rappresentazione, al rovescio, dell’annuncio dell’Arcangelo Gabriele a Maria, circondata dalla formula di saluto (appunto!) evangelico AVE GRACIA PLENA DOMINVS TECVM. Le monete d’oro definite in questo modo dovevano competere con gli esemplari aurei di Firenze o Venezia e le altre monete che circolavano in Italia, superando il sistema monetario “a peso” dei tarì siciliani, ormai obsoleto. La lega delle nuove monete d’oro era più o meno in linea con i vecchi augustali federiciani, sia per la qualità che per la quantità di metallo prezioso. Il saluto d’oro, però, non soppiantò immediatamente i nominali d’oro svevi come l’augustale e il tarì: da un documento del 1279 si evince come la loro circolazione fosse comunque permessa, accanto alle nuove monete caroline. Dagli stessi documenti si ricava poi che il Re voleva arginare il flusso di moneta aurea straniera nel Regno di Napoli al fine di rendere più forte la nuova valuta, ma non vi riuscì per il semplice fatto che la qualità dei fiorini fiorentini, o di altre monete simili, era molto apprezzata nei mercati del Meridione d’Italia. Ma, come abbiamo detto, la riforma di Carlo I si concentrò soprattutto sull’argento: i nuovi carlini furono coniati in questo metallo con una qualità piuttosto alta, avendo la lega composta da argento quasi puro. Il carlino d’argento doveva sostituire nella circolazione i denari di mistura, coniati fino al 1278, con un rapporto di cambio di mezzo tarì per ogni carlino. Sia in questo periodo, come poi nei successivi, anche dopo la dominazione degli Angioini, il carlino costituirà la base della monetazione napoletana e dei territori da essa dipendenti, fino alla caduta dei Borbone. Mi piace pensare a questo dibattito come una discussione "trasversale", proprio perché tocca vari episodi storici e varie monetazioni, non solo quella napoletana. In fin dei conti, anche Carlo I era un personaggio dalle mire "trasversali" che andavano da una parte all'altra del Mediterraneo.1 punto
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Stessa cosa è capitata a me credo sempre per un ordine supplementare, se non ricordo male però mi hanno mandato una mail e non una lettera, alla quale ho risposto immediatamente ripetendo il numero di carta e dicendogli che potevano procedere all'addebito.1 punto
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Salve. Grazie a tutti per l'attenzione che date a questo argomento. Il personaggio di Carlo I d'Angiò ha sempre avuto un certo fascino: nonostante i suoi modi di governo siano stati abbastanza discutibili (lo testimoniano sia le prime ribellioni nei suoi territori francesi, sia, qualche tempo dopo, l'insurrezione dei Vespri Siciliani), il fatto che abbia lasciato tracce di sé e del suo vissuto in molte parti d'Europa, fino poi a spingersi nei contesi territori del Medio Oriente, l'hanno reso un sovrano poliedrico e pieno di risorse. I rapporti di Carlo I con Roma, citati da @Adolfos, per esempio, così come i suoi legami con Gerusalemme e Costantinopoli bizantina, sono aspetti che meritano di tanto in tanto un approfondimento sia numismatico che storico, poiché spesso si tende a racchiudere in un "compartimento stagno" la figura di questo sovrano su una direttrice Francia - Napoli - Sicilia, mentre storicamente andrebbe considerata a tutto tondo, dato che il suo potere si estese su molti lidi del Mediterraneo. E la numismatica, in questi casi, non può essere che d'aiuto, sia nell'analizzare il suo posto a Roma come Senatore, sia nella contesa dei dominii orientali, prima bizantini e poi crociati. Le tracce numismatiche, in quest'ultimo caso, sono più deboli, perché, come si evince dalla discussione, la serie monetale che Carlo I fece battere a Messina fu tra le poche a ricordare l'evento dell'assunzione del titolo di Re di Gerusalemme ad essere realizzata in una zecca dell'Italia Meridionale. Passando ora a chiarire qualche spunto numismatico lasciatoci da @Eliodoro, preciso che, in Francia, il Re Luigi IX effettuò una riforma monetaria nel 1262 atta ad unificare il circolante nel suo Regno, con il fine ultimo di mettervi ordine e di accentrare il potere economico della moneta nelle mani del sovrano, eliminando le coniazioni delle cosiddette zecche minori. Carlo I, nel suo nuovo dominio nel Mezzogiorno, fece la stessa cosa, ma gradualmente. Inizialmente, infatti, per stabilizzare il Regno martoriato dalla guerra con gli Svevi, non modificò nulla del sistema monetario svevo preesistente, altrimenti avrebbe apportato altri danni all'economia locale. Egli attese il 1278 per agire anche in senso monetario perché volle prima assicurare il suo potere su basi salde: anche la sua riforma tese ad eliminare il circolante minuto delle zecche minori regnicole, costituito soprattutto dai celebri denari di mistura, di qualità scadente nella maggior parte dei casi. Quegli stessi denari che erano stati nei secoli precedenti il motore della media e piccola economia sveva nel Regno di Sicilia. Il sistema allora vigente si basava sul denaro e sul tarì, con i rispettivi multipli. L'introduzione di un nominale in argento di buona lega, il saluto d'argento, appunto, che deve il suo nome di "carlino" proprio alla riforma di Carlo I, si inquadra nel suo progetto di accentrare il potere economico sotto un più diretto controllo regio, stabilendo che la Zecca napoletana fosse l'unica ufficiale in tutto il Regno. Sicuramente da qui potremmo iniziare a discutere della riforma angioina a Napoli e, quindi, dell'inizio della monetazione dell'omonimo Regno. Per approfondire il discorso della monetazione aurea di Carlo I prima del 1278 consiglio un buon articolo a firma di A. Morello, La monetazione d'oro di Carlo I d'Angiò Re di Sicilia e di Napoli prima della riforma (1266-1278), in Monete Antiche n° 26, anno 2006, pp. 23-30.1 punto
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Medaglia di restituzione (1740) di Ferdinando di Saint Urbain, su Papa Bonifacio IX, relativa all'anno 14001 punto
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Medaglia di San Giovanni Battista, riferibile agli anni Santi del 1700-17501 punto
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Salve, finalmente questa volta a Verona avrò modo di conversare con qualcuno (in tutti i convegni, a cui ho partecipato, infatti, aprivo bocca solo per contrattare il prezzo finale dei tondelli che poi acquistavo...), ossia con mezza LaMoneta.it. Con tutti gli esperti che si riuniranno a pranzo, si potrebbe fare un convegno, magari sulla rappresentazione del cibo sulle monete... A presto!1 punto
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Salve a tutti! Ho visto solo monete moderne e contemporanee, prevalentemente in oro ed argento e con motti e leggende davvero interessanti. Vorrei presentarvi, quindi, l'opposto, ossia una moneta che apparentemente non dovrebbe nemmeno stare in questa discussione, tuttavia provo ad inserirla... Si tratta di un tondello in rame, completamente medievale e senza motti o leggende. D'altronde, come già ben saprete, le immagini nel Basso Medioevo parlavano molto meglio del testo scritto, soprattutto perché la maggior parte della popolazione era analfabeta. Vorrei postare un tondello con al dritto una testa di leone con lo sguardo severo, sempre vigile e quasi ipnotico, simbolo del potere temporale e del controllo, e nel verso un palmizio con datteri, simbolo dell'identità, della vittoria e della pace ottenuta. Avrete sicuramente già capito che si tratta di un trifollaro anepigrafe di Guglielmo II d'Altavilla, detto il Buono (1166-89), in cui parlano solo le immagini. Vorrei ricordare che durante il regno Guglielmo II abbiamo un progressivo impoverimento del contenuto d'argento nei diversi nominali coniati dalla zecca di Palermo. Tale processo e da ricondurre prevalentemente all'aumento del costo dell'argento della seconda metà del XII secolo. Conseguentemente si coniò quantità molto elevate di tondelli in rame, quindi trifollari, follari, mezzi follari e frazioni di follaro. Saluti1 punto
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Scusate ma mi ha telefonato Blaise per dirmi di dirvi che ci sono al pranzo Pantagruelico anche perchè ho letto di Eros non posso mancare1 punto
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Medaglia devozionale ovale, bronzo/ottone, del XVIII sec.,produzione romana.- D/ SS. Crocifisso della Pietà (XIV sec.), che si venera nel Santuario di Galatone (Lecce), esergo: ROMA. - R/ Rappresentazione del miracolo, avvenuto nel 1621, il Cristo sposta la tenda che lo copriva con la mano sx, per vedere i fedeli, questi a loro volta stupiti si avvicinarono alla statua e videro che le mani incrociate d'avanti erano passate dietro la schiena! Venne elevato a Santuario da papa Pio VI nel 1796. Medaglia molto bella e di grande fascino devozionale, rara. Ciao Borgho.1 punto
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Liberia 50 Dollari del 2001 - 907 grammi di Argento (10 centimetri di diametro) Moneta che ingloba un'altra moneta originale. Nella capsula in resina è stato inserito un Reales d'argento degli inizi del '700 (coniazione a martello in uso a Potosi, Bolivia, Perù e Messico) recuperato dalla nave "Principessa Luisa" naufragata in seguito ad una tempesta nel 1743. Le monete in argento recuperate nel 1998 facevano parte del carico, da 255 anni si trovano adagiate vicino al relitto sul fondo dell'oceano.1 punto
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SEDOV NAVE VELIERO MONETA ARGENTO OLOGRAMMA BIELORUSSIA 2008 Moneta d'argento 925 dedicata al veliero più grande del mondo, il “Sedov”, così chiamato in onore dell'esploratore russo Georgy Sedov che morì durante la famosa esplorazione Artica del 1914. Emessa dalla Bielorussia con taglio 20 Rubli, è decorata con un design ricco di particolari e da una particolare rosa dei venti ologrammata che cambia colore al variare della posizione della moneta nella luce.1 punto
Questa classifica è impostata su Roma/GMT+02:00
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