Classifica
Contenuti più popolari
Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 09/01/17 in tutte le aree
-
Ciao. Cadeva ieri, 31.8.2017, il ventennale della scomparsa di Lady Diana Spencer, già Principessa del Galles poichè consorte (divorziata) dell'erede al trono britannico nonchè Principe del Galles, Carlo d'Inghilterra. Il tragico decesso della Principessa Diana, come noto avvenuto a Parigi per un incidente stradale le cui cause sono tuttora molto discusse, suscitò un enorme cordoglio non solo nel Regno Unito ma in tutto il mondo. Al contrario, la Regina Elisabetta sembrò , almeno in un primo tempo, non manifestare un particolare sentimento di vicinanza alla vicenda, tanto da non interrompere immediatamente le consuete vacanze estive, in corso in quel momento in Scozia, nel castello di Balmoral. Fu solo a seguito delle pressioni della stampa e dell'opinione pubblica inglese nonchè dei consigli dell'allora Primo Ministro Tony Blair, che la Regina Elisabetta e la sua Corte decisero finalmente di rientrare anticipatamente a Buckingham Palace, dove presero diretta contezza della popolarità di Diana e della costernazione che la sua tragica morte aveva provocato nella gente. In numismatica, la coppia dei Principi era già stata celebrata, ma dopo il divorzio e gli scandali sentimentali che lo avevano caratterizzato, non era scontato che la memoria della ex "Altezza Reale" (Diana non perse invece il titolo di Principessa del Galles e incassò a seguito del divorzio una "buonuscita" di 17 milioni di sterline) venisse ricordata con un'emissione numismatica ufficiale da parte del Regno Unito. Fu quindi una decisione abbastanza sorprendente quella assunta dalla Royal Mint e ovviamente approvata dalla Corona, di emettere nell'anno 1999 monete celebrative di Diana in vari metalli, fra cui anche il massimo nominale aureo da 5 Pounds recante , al rovescio, il ritratto della sfortunata Diana, con dedica alla sua memoria: Nell'affiancare l'immagine del dritto, ove campeggia il ritratto rivolto a destra della Regina Elisabetta, al rovescio, dove è proposto il volto triste di Diana, anch'esso rivolto a destra, si crea involontariamente un effetto che sembra testimoniare il vero sentimento esistente fra la Sovrana e la Principessa, con Diana che rifugge e si sottrae allo sguardo imperturbabile della Regina. In questo caso la moneta non raffigura solo dei volti, ma riesce ad esplicitare anche i sentimenti dei protagonisti. M.4 punti
-
Recupero questa datata discussione che per me ha rappresentato una tappa importante per la mia formazione (ancora in corso!!!) sulla monetazione gallica. Proponevo una VITTORIA AVG di Postumo che, sebbene non fossi riuscito ad acquistare, avevo analizzato a fondo formulando diverse ipotesi circa la sua produzione. Ipotesi che hanno poi portato a un piccolo articolo uscito su Panorama Numismatico. Oggi come oggi rivedrei alcune parti e sarei tendenzialmente più determinato nella formulazione dell'ipotesi finale circa l'ufficialità o meno del pezzo in questione... ma tant'è, son passati tre anni e nel mezzo ci sono state molte monete e soprattutto molti libri, articoli e discussioni su forum anche internazionali che mi hanno portato a un confronto di ampio respiro che, per la monetazione in oggetto, è oltremodo necessario. Comunque, si trattava di un pezzo che avevo rincorso e che fece un realizzo (di cui francamente non ricordo l'importo) fuori dalla mia portata. Il rammarico di non aver in collezione quel Postumo me lo son portato dietro per un bel po'... in fin dei conti il rovescio era quello di una Vittoria andante verso destra... ricordava Leliano... possibili ibridi con Claudio II o Mario... insomma, era un pezzo ricco di fascino e interrogativi. Poi è arrivato in collezione un Tetrico imitativo con una vittoria analoga e, da ultimo, in tempi più recenti pure Leliano... cosa può volere di più un collezionista di galliche romane?!? Eppure... quel pezzo di Postumo, mannaggia! Se non era per lui non mi sarei buttato sulla "scrittura numismatica"... rimaneva ancora insoddisfatto quel desiderio tipico del collezionista, - irrazionale (e impossibile) - del "possedere tutto" che è poi la pulsione che ci spinge a collezionare. Orbene, dialogando e confrontandomi sulla monetazione gallica con il venditore della Vittoria di cui vi ho raccontato qui: è emerso che pure lui si era imbattuto in un'analoga Vittoria in corsa verso destra di Postumo e che ce l'aveva ancora... e così, eccola qua! Per una manciata di spicci, con un pizzico di soddisfazione, ve la presento: Antoniniano; Zecca Locale; 2.07 gr; 17 mm; D\ [...]POS[...] AVG, Busto drappeggiato e corazzato a d. R\ [...]RIA AVG, la Vittoria andante verso destra con in mano corona e ramo di palma posato sulla spalla Buonissimo stile, un rovescio che non ha nulla da invidiare alle analoghe emissioni ufficiali di Caludio II, dritto con un ritratto imitativo, ma ben realizzato. L'esergo non è visibile per cui... chi lo sa se c'era una lettera di officina come nel pezzo originario di questa discussione! ...ah... ora che ci penso... quel desiderio di cui parlavo prima... ancora non è soddisfatto appieno!4 punti
-
Partecipo a questa bella discussione con un sampietrino di San Severino con data particolare...4 punti
-
Siamo nella sezione del Sud...ed io parlo per la mia (di sudio intendo) mitica città "Napoli", questa zecca non ha eguali....; la gara non è a quale costa di meno....chi mastica bene la numismatica (e parlo sempre e solo per Napoli) comprende che basta comprare un Gigante oppure un Montenegro una sola volta (max ogni 4/5 anni). Il Montenegro è praticamente sempre fermo, il Gigante almeno qualcosa aggiorna (anche perchè Francesco "fa" inserire sempre, ogni anno qualcosa, perchè è attento a molte discussioni riportate proprio in questo Forum). Il problema è che vengono aggiornati sempre e solo i prezzi (sempre verso l'alto....mha !!) e di rado qualche rarità, ma nessuno dei due fa o fa fare una vera ricerca su tutto ciò che è riportato .....di errato. La discussione, vedo che si evolve (anche se in una sezione del sud) verso un carattere generalizzato dei due cataloghi...quindi fatto questo mio intervento, se non è Napoli....mi fermo.3 punti
-
Spenderei due parole su questo tondello. Non uso la parola moneta perché non è una moneta. L'India non ha Elisabetta come sovrana ed è evidente che questo gettone/medaglia non possa avere un decreto di emissione ed è quindi, anche se autorizzata dalla Royal Mint, una emissione privata. Fra tutte le menate inventate negli ultimi anni questa secondo me è la più deprecabile. Infatti il sito della zecca le vendeva come bullion (non hanno finitura BU come la sapphire) senza minimamente accennare alla differenza sostanziale con le bullion coniate a Londra. Dulcis in fundo pcgs la chiude come "sov" senza minimamente porsi il problema. Mi viene da pensare, a questo punto, che il disagio nel vedere ciò sia solo mio e che al resto dei collezionisti importi poco, dato che hanno coniato questi gettoni con vari millesimi. Nulla di male nel voler aumentare il fatturato ma andrebbe precisata la natura di ciò che si vende. Altro discorso per tutta la paccottiglia inventata nel 2017 venduta cara per via delle basse tirature. Il mercato dice che han ragione loro visto che è andato tutto sold out. Però mi domando: le han prese collezionisti o speculatori? Quando lo speculatore le vorrà cedere troverà un collezionista disposto? Fra qualche anno, quando appariranno nelle aste battute, avremo la risposta. Per quanto mi riguarda mi sono avvicinato a questa raccolta affascinato dall'attaccamento alla TRADIZIONE britannica. Un millesimo una sovrana, al massimo una seconda emissione proof ma di tipologia identica. Sfumata la tradizione sfuma il mio interesse e la mia raccolta si ferma al 2017. La paccottiglia la lascio ad altri e guardo indietro nel tempo a quando la sovrana era il simbolo della stabilità dell'impero. Sono vecchio, le novità non mi piacciono ed è evidente che il mercato vada in altra direzione ma passata la moda delle sovrane e quietata la richiesta speculativa io sicuramente non resterò con il cerino in mano.3 punti
-
Nonostante la bassa conservazione , e' stato un piacere inserire questo esemplare in collezione 2 Fiorini 1617 (assedio di Vercelli) Carlo Emanuele I2 punti
-
Mi raccomando, portate dietro il vostro miglior sorriso per le foto di gruppo2 punti
-
Riepilogo per la giornata del 10 settembre : 1) ritrovo, distribuzione del Gazzettino e aperitivo al Cordusio davanti al Bar Spadari alle ore 10,30 2) pranzo alla Salsamenteria di Parma, Via Ponte Vetero 11 ( vicino al Castello Sforzesco ) alle ore 12 ( mi hanno raccomandato questo orario perché è domenica ) - prenotato come da lista per 25 in saletta riservata Menù : affettati vari misti, formaggi vari misti, polenta fritta mix di due primi lambrusco, acqua minerale e caffè prezzo 30 Euro a persona2 punti
-
@Jacob641 ti consiglio senza volerti offendere assolutamente, di leggere un po' di discussioni e di risposte degli esperti (lungi da me da volermi mettere in quella categoria) prima di dare certezze nelle risposte... in questo caso abbiamo una firma Draghi, che è quindi la terza, considerando le firma, dopo Duisemberg e Trichet, di una banconota sì stampata PER la Finlandia (lettera L) ma prodotta in Germania (lettera R). La Finlandia non stampa le sue banconote da anni e anni. Comunque spendibile, questo sì penso Un caro saluto.2 punti
-
la prima è McAlee 1134c tre dot sotto il collo, definita rara. AVT K G ME KV TPAIANOC DEKIOC CEB ( RADIATO ) La seconda McAlee 1126c sempre tre dot sotto il collo definita comune.2 punti
-
2 punti
-
2 punti
-
Salve , avrei voluto pubblicare questo Post il 27 Agosto appena passato , ma la mancanza di alcune foto scattate solo ieri mi hanno impedito di farlo in occasione della ricorrenza della Santa . Ad Ostia Antica , oltre agli immensi ruderi dell’ antica Citta’ romana , ruderi che meritano una visita da parte di chiunque venga a Roma essendo in pratica una Pompei ricoperta dalle alluvioni del Tevere anziche’ dalla cenere vulcanica del Vesuvio , in piu’ esiste anche un piccolo quartiere del moderno borgo di Ostia antica , che risale al XV secolo , sorto intorno ad una Chiesa chiamata di Sant’ Aurea , la peculiarita’ di questa Chiesa e’ che venne costruita verso la fine del 1400 sopra un antico cimitero romano , nel quale vennero ritrovate le tombe delle due Sante ; di Aurea appunto e di Monnica , questo era il nome originale della madre di Agostino come risulta da un epitaffio marmoreo posto nella Cappella di destra dedicata alla Santa , poi ridotto a Monica . Tutta l’ odierna Ostia antica sorge praticamente sopra l’ antica , tanto e’ che quasi ovunque si vedono antichi ruderi e tracce del basolato della antica Via Ostiense spuntare dal terreno . Tutto intorno al borgo di Ostia antica si estende , specialmente sulla sinistra della Via Ostiense , venendo da Roma , un immenso cimitero antico ; questo al di fuori della grande area recintata degli scavi archeologici visitabili , ma area piccola in confronto all’ estensione della antica Ostia , insomma nel borgo di Ostia antica , come a Roma , si cammina sopra millenni di Storia . In breve la sua storia terrena di Santa Monica Monnica nacque a Tagaste in Numidia , Africa , nel 331 e mori’ ad Ostia il 27 agosto 387 , giorno fissato dalla Chiesa quale ricorrenza della Santa , ricorrenza da pochi giorni trascorsa ; fu la madre di Agostino d' Ippona , entrambi santificati dalla Chiesa Cattolica . Monnica era quindi una Berbera ma nacque in una famiglia profondamente cristianizzata e di agiate condizioni economiche . Ando’ in sposa ad un certo Patrizio , un proprietario terriero di Tagaste , non ancora cristiano il cui carattere lo portava spesso ad esserle infedele ma con il suo carattere mite e dolce alla fine ne ammorbidi’ i difetti . Nel 371 Patrizio si convertì al cristianesimo e si fece battezzare , appena in tempo perche’ l 'anno seguente mori’ ; Monica aveva all’ epoca 39 anni . Partori’ il primo figlio Agostino a 22 anni , nel 354 , che divenne poi famosissimo come Filosofo , Vescovo e Teologo , fu l’ autore di vari scritti , tra cui i maggiori furono le “Confessioni” e la “Citta’ di Dio” . Monica ebbe in seguito un altro figlio di nome Navigio e una figlia di cui si ignora il nome , ai quali dette a tutti e tre una educazione cristiana . Soffrì molto per la condotta giovanile spregiudicata e dissoluta di Agostino e quando Agostino si trasferì a Roma decise di seguirlo ma lui con uno stratagemma la lasciò a terra a Cartagine , mentre lui s' imbarcavano verso Roma . Monica passò la notte a Cartagine in lacrime sulla tomba di San Cipriano , fatto che narrera’ postumo lo stesso Agostino nelle Confessioni . Nel 385 Monica poté imbarcarsi per Roma e raggiunse il figlio Agostino a Milano , dove nel frattempo ricopriva la cattedra di Retorica . Il suo amore materno e le sue ferventi preghiere favorirono la conversione di Agostino , che ricevette il Battesimo ad Aprile del 387 , a 33 anni . Ritroviamo poi Monica accanto ad Agostino a Cassiciaco vicino Milano , discutendo con lui e altri familiari di Filosofia e di altri argomenti di carattere spirituale , partecipando anche con sapienza ai discorsi , al punto che Agostino volle trascrivere nei suoi scritti le parole della madre ; in questi anni si completa la missione spirituale di Agostino . Monica insieme ad Agostino lasciò Milano diretta a Roma e poi a Ostia dove affittarono una casa in attesa di una nave in partenza per l' Africa . Anche questo fu un periodo carico di spiritualita’ che Agostino riporta nelle sue Confessioni . Qui ad Ostia Monica si ammalò e morì , aveva 56 anni . Il suo corpo fu tumulato nel luogo in cui in seguito sorse la Chiesa di Sant' Aurea di Ostia . Il 9 Aprile 1430 le sue reliquie furono traslate a Roma , forse per il pericolo saraceno , nella Chiesa chiamata all’ epoca di San Trifone , oggi invece dedicata al figlio di Santa Monica , Sant' Agostino e poste in un pregiato sarcofago in marmo . Vediamo ora chi era Aurea a cui e’ dedicata l’ antica Chiesa di Ostia Antica : Nella Cappella di destra sono state sistemate due importanti lastre tombali , la prima reca scritto CHRYS... HIC DORM... (CRHYSE HIC DORMIT) , cioè “qui riposa Aurea” . Era questa la lastra che indicava il luogo delle reliquie di Sant' Aurea , la martire che ha dato il nome alla chiesa : Aurea era una nobile giovane romana che venne prima esiliata , poi torturata ed infine martirizzata tramite annegamento in mare ad Ostia , sembra intorno all' anno 229, cioè sotto l' Imperatore Alessandro Severo o forse nel 258 sotto l' Imperatore Claudio il Gotico , insieme ad altri cristiani . Credo sia piu’ probabile la seconda ipotesi , sapendo del carattere piuttosto mite di Alessandro Severo e favorevole verso il Cristianesimo . In questa Cappella di destra , entrando nella Chiesa , si legge anche l' antica lapide che ricorda la sepoltura di Santa Monica , che recita : Hic posuit cineres genitrix castissima prolis Augustine tui altera lux meriti cui servans pacis coelestia iura sacerdos commissos populos moribus instituis gloria vos maior gestorum laude coronat virtutum mater felicior subolis Che tradotto : Qui le ceneri lasciò la tua castissima madre , o Agostino , nuova luce ai tuoi meriti , tu che sacerdote fedele alle prerogative della pace ammaestri con la vita i popoli a te affidati , la gloria delle opere , maggiore di ogni lode , vi incorona : la madre , specchio di virtù , più beata del figlio . Il frammento qui’ conservato fu ritrovato casualmente da uno dei padri agostiniani nel 1945 e corrisponde fedelmente alla trascrizione che era nota da un pellegrino altomedioevale che erroneamente l' attribuiva al Console Anicio Auchenio Basso che ricopriva la carica consolare nell' anno 408 . Seguono in ordine di foto : Chiesa di Sant' Aurea , quartiere del XV secolo , Chiesa di Sant' Aurea altare Maggiore , epigrafe di Sant' Aurea (2) , epigrafe di Santa Monica (2) , quadro rinascimentale con Monica ed Agostino , reperto archeologico non leggibile , epigrafe di Santa Monica dove compare il nome Monnica , castello di Papa Giulio II attiguo alla Chiesa , antica fontana dentro il quartiere del XV secolo , portale di ingresso al quartiere pieno di reperti antichi , viale di ingresso alberato con Pini agli scavi archeologici di Ostia antica , tratti antichi della Via Ostiense con basoli e tracce dei marciapiedi piu' ruderi antichi (6) , Chiesa di Sant' Agostino in Campo Marzio dove riposa il corpo di Santa Monica , sepolcro di Santa Monica (2)2 punti
-
Beh.. attenzione perchè se andiamo avanti cosi.. dobbiamo cambiare location... A parte gli scherzi, chi è ancora indeciso non esiti, certi momenti sono irripetibili, è anche un'opportunità per conoscerci e per poter dire un giorno c'ero anch'io.. Eros2 punti
-
Mario lasciaci qualcosa anche a noi... Comunque stupendo excursus su Milano e i suoi magnifici volti. Alzate lo sguardo se vi capita di passare tra via Melzo e via Frisi: vi ritroverete catapultati in un’altra epoca. E nonostante il cinema Dumont (1910-1932) non esista più, c’è stato un tempo in cui Milano – dietro questa strepitosa facciata liberty – imparò ad amare le magie della Settima Arte. Siamo nel 1908, periodo di visioni incredibili. Una fase di mezzo in cui l’ingegno umano non smette di creare e i venti bellici soffiano ancora a debita distanza. Nel 1891 Nikola Tesla dà il via ai suoi coraggiosi esperimenti “wireless” per le comunicazioni-radio; quattro anni dopo due fratelli francesi (August e Louis Lumière) inaugurano a Parigi il loro “cinematographe” inventando una strana arte in movimento a cui verrà dato il nome di cinema; nel 1899 scendono in strada le prime rudimentali automobili grazie all’ausilio del motore a scoppio. In pratica sono anni in cui succedono “cose” e si guarda a Parigi esattamente come si fa oggi con Cupertino. Due imprenditori milanesi, i fratelli Galli, respirano a pieno quest’ebbrezza e –motivati dall’esperimento del Lumière di Pisa (prima sala cinematografica italiana in assoluto) – decidono di provarci nella loro città: anche Milano avrà la sua “lanterna magica” ospitata in un luogo a cavallo tra eleganza e fantasia. Il nome scelto sa di grandeur (Dumont) e il progetto affidato a due nomi di grido: gli architetti Tettamanzi e Mainetti. L’area scelta è quella all’angolo tra via Melzo e via Frisi (famosa in passato per il Lazzaretto) ed è lì che viene edificata una palazzina la cui facciata è un trionfo liberty. Dentro non manca nulla: una sala d’aspetto, il bar, una cabina di proiezione e il parterre arricchito da una pavimentazione lignea con 516 posti a sedere suddivisi in 20 file di comode poltroncine. È il 1910 e per un bel po’ saranno solo successi al botteghino. Poi qualcosa cambia: il locale comincia a ospitare seconde visioni e l’appeal viene imbruttito da un nuovo tipo di clientela, più rozza e turbolenta. Il lucido parquet viene ripetutamente calpestato da zotici che scambiano il luogo per una balera, i divieti di fumo vengono puntualmente disattesi e per terra è tutto un mix di noccioline, bucce d’arancia e “staccaganass” (dolci durissimi, il popcorn dell’epoca) per un triste carnevale di lerciume e maleducazione. Non può durare. Tant’è che nel 1932, alla morte dei Galli, scompare pure la loro “isola felice”. Scampato ai bombardamenti del ’42-’44, per il Dumont le agonie non sono ancora finite: nel 1953 viene addirittura decisa la sua demolizione, ma il comitato di zona insorge respingendo lo scempio. Il vecchio cinematografo si ricicla prima come autosalone e poi come deposito di ambulanze. Nel 1993, infine, l’idea di tramutarlo nell’attuale Biblioteca Venezia riconvertendone l’atrio e mantenendo le tre colonnine originali di Tettamanzi e Mainetti.2 punti
-
Lo stato di conservazione di una moneta non è dato dalla sua lucentezza ma dai rilievi. Se noti, vedrai che la figura femminile ha il seno dx appiattito, i capelli sembrano una cuffia per proteggersi dal freddo, i capelli del Re sono quasi scomparsi. Azzardo una cosa: quello che te l'ha venduta l'ha spacciata per spl? E come tale te l'ha fatta pagare? Bisogna essere critici con i vari commercianti e discutere, se necessario, i prezzi proposti. C'è la tendenza, per alcuni commercianti, di tenere un gradino più alto, in caso di vendita, e un gradino più basso in caso di acquisto da collezionista l'asticella della conservazione e di conseguenza il prezzo. Per farsi l'occhio sulle conservazioni, bisogna vedere tante monete. Qui nel forum hai la possibilità, spulciando nelle varie sezioni di vedere tante monete e leggere i giudizi che le vengono dati. Per imparare, prima di leggere le risposte, analizza le foto e dai un giudizio; poi leggi il seguito.2 punti
-
Ancora rame, nuovamente simboli, se si osserva attentamente da quella torre, si può udire il racconto che questo tondello vuole gentilmente elargire... Un piccolo nominale, ancora numeri, il 9 Anche questo mi ha sempre affascinato, ancora attrazione, inspiegabile ma ricca di significati, sarà che a me piacciono tutte... Napoli Ferdinando IV 1789 9 Cavalli.2 punti
-
Clemente VII, mezzo giulio coniato a Piacenza in occasione del Giubileo del 1525: Non in alta conservazione, ma se l'esemplare della collezione (ex) Reale è forato...direi che posso tranquillamente accontentarmi!2 punti
-
Cari Lamonetiani, rimettendo a posto delle vecchie carte in uno di questi "sonnacchiosi" giorni d'agosto, è riaffiorata questa foto che credevo ormai perduta. Ebbi modo di vederla una sola volta molto tempo fa e fu l'occasione perché i miei mi raccontassero alcune vicende legate ad uno degli uomini presenti nella foto. I miei genitori sono scomparsi da più di trent'anni e quindi non ho più la possibilità di approfondire (o ripassare) la storia. Tuttavia, se qualcuno la vorrà conoscere, sarò ben lieto di far riemergere ciò che ricordo di quanto mi dissero allora, ancora ragazzo...1 punto
-
Gironzolando nel Web mi sono imbattuto su Pinterest nell'immagine di questa moneta coniata ad Abido: semplicemente spettacolare, di una finezza mai vista... Purtroppo non so altro oltre a quello che è scritto sul sito dove l'ho pescata e precisamente: Unique Masterpiece Greek Gold Artemis Stater from Abydos, Troas, c. 330 BC This coin, struck two years before Alexander the Great arrived in Abydos on his conquest of Persia, is a unique and very fine representation of Artemis, maybe the finest known. https://it.pinterest.com/pin/189925309263126946/1 punto
-
1 punto
-
Così parrebbe dalla foto, sempre che le proporzioni non mi traggano in inganno. La distanza della firma (soprattutto la parte finale) sembra congrua con una firma piccola sì. Ciao!1 punto
-
Poiché hai aperto la discussione in Cartofilia, presumo che le immagini siano tutte di cartoline, o foto originali, in tuo possesso...complimenti petronius1 punto
-
Bella vetrina su Repubblica.it http://milano.repubblica.it/cronaca/2017/08/31/foto/a_pavia_300_opere_raccontano_i_longobardi_nelle_scuderie_del_castello-174307384/1/?ref=RHRD-BS-I0-C6-P4-S3.6-T1#11 punto
-
E per chiudere: La Marina La Banda Militare La Guardia personale di D'Annunzio: la Compagnia D'Annunzio o "la Disperata". Con gli occhialini davanti allo stendardo il Tenente Elia Rossi Passavanti comandante la stessa.1 punto
-
Sono d'accordo. Quest'anno ho acquisito a marzo la sovrana con lo stemmino dei 200 anni, convinto che fosse quella "di serie" per il 2017, anche perchè pagata come sovrana "di serie", cioè senza sovrapprezzi particolari. Tutte queste ulteriori emissioni, ufficiali e non, non mi interessano più, salvo reperire un esemplare al prezzo della sovrana "di serie" (ma ne dubito, specialmente nell'immediato). E' un vero peccato che anche la Royal Mint stia diventando una zecca puramente commerciale. A quando le sovrane con gli smalti o con i brillanti incastonati? Se Enzo si ritiene vecchio, io mi dovrei sentire "nuragico"...., ma trovo che le Sue considerazioni sul "tradimento" della tradizione siano completamente condivisibili. Tuttavia, il mercato sembra apprezzare la "paccottiglia" e dunque, se fossimo li a dirigere la R.M., probabilmente dovremmo addirittura insistere su questa strada, poco tradizionale ma, a quanto pare, molto redditizia. M.1 punto
-
Il restauro, nella sua accezione comune, è qualsiasi intervento volto a rimettere in efficienza un prodotto dell’attività umana. Così recita Cesare Brandi (1906-1988, Fondatore e Direttore dell’Istituto Centrale del Restauro fino al 1967) nella sua opera “Teoria del restauro” nella quale enuncia i principi fondamentali di tale attività riguardo alle opere d’arte. Monete e medaglie, le ritengo opere d’arti “minori” anche se poi si trovano fra di esse dei veri e propri capolavori in miniatura. Come tali quando eseguo un restauro seguo gli stessi principi espressi nell’opera suddetta. Il restauro può essere “conservativo” quando è finalizzato a mantenere l’opera nella sua consistenza estetica iniziale, e può essere “integrativo” quando è finalizzato, oltre alla consistenza estetica, anche a quella materiale, per far sì che l’opera possa essere trasmessa al futuro. In questo caso l’importante era rimuovere le ossidazioni più pesanti (per questo l'ho definito conservativo) e per far ciò si è persa una parte della patina che si era formata, a testimonianza del tempo trascorso, ma che in parte è rimasta e si integrerà nel tempo.1 punto
-
Valentinian II. 383-388 AD. Mediolanum (Milan). AR Siliqua. 1,35 gr. - 17,4 mm. O:\ DN VALENTINIANVS PF AVG, pearl diademed, draped, cuirassed bust right. R:\ VOT X MVLT XX within wreath. Mintmark MDPS. XF. Toned. Rare. RIC 14a1 punto
-
Qualche siliqua in argento. Flavius Victor, 387-388.Õ-Siliqua, Mediolanum; 1.87 g. Drapierte Büste r. mit Perldiadem//Roma sitzt v. v. mit Globus und Speer. RIC 19 b.RR Breiter Schrötling, attraktives Exemplar mit feiner Patina, gutes sehr schön Exemplar der Auktion Fritz Rudolf Künker 204, Osnabrück 2012, Nr. 887.1 punto
-
Da cellulare (moneta più piccola) , ritengo si potrebbe aggiungere un più, ossia definire la moneta un bb+. I motivi sono quelli già citati. Sembrerebbe che la moneta nel corso della sua vita sia stata pulita impropriamente.1 punto
-
@Theodor Mommsen ti invio le pagine del Bernardi. Sono di più però, in caso tu volessi anche la catalogazione dei vari coni. Da quanto ho capito ti interessano gli esemplari del tesoretto di Perteole. Del denaro di Leonardo G.B. conta 88 esemplari, di cui ben 55 presenti nel ripostiglio di Perteole. Del denaro di Volrico col santo conta 391 esemplari di cui 334 nel suddetto ripostiglio. Del denaro di V. con mura conta 165 esemplari dei quali 91 del ripostiglio di Perteole. Del denaro di V. con gonfalone su asta alabardata conta 77 esemplari.1 punto
-
@gigetto13 Che io sappia non c'è niente, ci sono delle voci sulla 'natura' del furto che si ripetono da anni (io però sono arrivato in Friuli quasi vent'anni dopo il fatto), ma non ritengo valga la pena riferirle, perché prive di qualunque supporto. Bisogna anche pensare che le indagini siano state fortemente ostacolate se non bloccate da quello che è successo in Friuli due anni dopo, cioè il terremoto, che sicuramente ha costretto a concentrare su cose più importanti, in quel momento, gli sforzi di tutte le amministrazioni pubbliche. Il fatto però che nessuna moneta di quelle fotografate sia comparsa in oltre quarant'anni giustifica ahinoi l'ipotesi della rifusione. Per quanto riguarda il lavoro della Masutti, basta andare nelle biblioteche che ce l'hanno. Ci sarà qualcuno che abita vicino a quellle che ho citato, ad esempio, che possa farne una scansione. Oltre a quelle già citate, ho visto che a Venezia ad esempio il numero 12-16 del Bollettino dove è collocato l'articolo dovrebbe esserci sia alla Biblioteca Marciana sia alla BAUM. Buona notte, Andrea1 punto
-
Scherzi a parte, assolutamente giusta l'osservazione di @adolfos sulla eccessiva ripetitività e varietà di questi presunti errori concentrati peraltro in soli 12 anni di coniazioni sotto Corrado II, non si vedrà una simile varietà epigrafica per il nome di Enrico (a parte gli errori palesi come lettere o legende retrograde, lettere invertite di posto etc..) nei due secoli a venire, a parte la S semi coricata come quella postata da @vv64 molto più rara delle varianti Corradiane , e a tal proposito la considerazione che mi sento di fare è che in questo caso non sembra un problema di spazio visto che per l'incisore, una volta capito di essere arrivato "lungo",sarebbe bastato avvicinare la V alla C (tra le quali c'è molto spazio ) per far entrare comodamente la S coricata. Ero anche convinto che la S semi coricata a nome di Enrico riguardasse solo Enrico III e vorrei provare a radunarne qualcuna per capire come dice Adolfo se ci sono i numeri per proporre nuove varianti oltre alle S grandi o piccole per Enrico III.1 punto
-
@Legio II Italica ho letto i Classici da te postati ,nel primo si puo dedurre che in un periodo di tempo la terra sia stata bombardata da meteoriti nel secondo si parla gia di qualcosa un po di fenomeni strani , gli autori come potrebbe pensare qualcuno non sono ignoranti anzi qualcuno di loro parla gia che piu in la i posteri potranno dare risposte piu specifiche su tali avvenimenti.Credo che come modo di pensare loro stessero un passo avanti a noi ,oggi si pensa che il tempo è fermo ai tempi che viviamo e non a un futuro che fa progressi da giganti sopratutto in invezioni non dimentichiamo che due robot hanno dialogato tra di loro escludendo l'uomo se si cambia mentalita e pensando che l'universo come ho gia espresso anche io prima è vecchio di 15 miliardi di anni.Allora perchè escludere civilta di altri pianeti evoluti prima di noi tutto nell'universo è fatto della stessa materia :acqua, ferro presente nelle meteoriti gas in altri soli, forse il discorso è che oggi si ha paura che altre civilta vengono e ci sottomettono?.Purtroppo il corso del tempo non puo cambiare anche con tutte le teorie possibili non si potra mai tornare indietro e cambiare cio che è accaduto,perchè fino ad ora le guerre sono ancora scritte sui libri di scuola,Cristo è ancora in croce e Napoleone è morto in esilio.Bisogna pensarla come i grandi studiosi di 2000 anni fa studiare perchè i posteri possono dare risposte piu specifiche.1 punto
-
Complimenti per questa moneta difficile a trovare in ottime condizioni Ma penso che l'indizio di rarità R8 del MIR deve essere rivisto1 punto
-
1 punto
-
Non sono le schede del Bernardi , ma mie (per un libro, forse , di prossima pubblicazione). Catalogazione: B. = Giulio Bernardi "il duecento a Trieste, le monete"; P.= Riccardo Paolucci "corpus nummorum tergestinorum"1 punto
-
1 punto
-
Ma Leonardo fu un po' di tutto, ricordiamo anche il Codice Atlantico conservato all'Ambrosiana1 punto
-
Una grande tematica che riguarda Milano è riferita ai collegamenti a due personaggi non di poco, Ludovico il Moro e Leonardo da Vinci. Siamo nella piena Milano Rinascimentale, Ludovico attirava e si contornava di artisti, Leonardo era uno dei prediletti e ricordare L'Ultima Cena è solo l'esempio più eclatante. Milano con Ludovico diventa una delle corti più belle e attrattive anche per l'arte per il Nord Italia. Qui sotto un Ludovico il Moro sul portale di ingresso della Basilica di Sant'Ambrogio.1 punto
-
Questa mi era sconosciuta.. Da Wikipedia. Nonostante il padre legittimo fosse Pietro Manzoni, è molto probabile che il padre naturale di Alessandro fosse un amante di Giulia, Giovanni Verri (fratello minore di Alessandro e Pietro Verri)[11][13]. Con Giovanni, uomo attraente e libertino, ella aveva avviato una relazione già nel 1780, proseguendola anche dopo il matrimonio[13][14]. Dalle parole del Tommaseo pare evincersi come Verri fosse il vero padre dello scrittore, e come questi ne fosse pienamente a conoscenza: «Anco di Pietro Verri [Manzoni] ragiona con riverenza, tanto più ch'egli sa, e sua madre non glielo dissimulava, d'essere nepote di lui, cioè figliuolo d'un suo fratello»[15].1 punto
-
1 punto
-
TERZA (e ultima) PARTE Finita la guerra e con un diploma in Ragioneria pensò di poter cercare lavoro in una città ridotta ad un cumulo di macerie. Ma qui ebbe la sorpresa di sapere che, essendo stato "volontario" della Repubblica di Salò, non poteva accedere al pubblico impiego in quanto "non degno". Lamentatosi un giorno della faccenda con un "camerata" con cui aveva diviso i giorni al Comando Graziani, si sentì offrire da quest'ultimo (cosa ch'egli s'era prontamente procurata insieme a tanti altri, anche questo credo che sia possibile solo nel Bel Paese), la possibilità di ottenere la "patente di partigiano". In un sussulto d'orgoglio declinò l'offerta e finalmente trovò impiego in un'aziendina privata. Con i primi soldi poté anche pensare d'iscriversi all'università. Nel frattempo, nonostante si portasse dietro la croce di "volontario della parte sbagliata", le sue idee stavano rapidamente virando a sinistra. Vuoi perché sua madre era da sempre stata socialista (memore del padre - il nonno materno del nostro - che lavorava in fabbrica 14 ore al giorno e, per mesi, il giorno non lo vedeva neppure...), vuoi per le notizie sugli orrori dei nazifascisti dai campi di sterminio agli eccidi che venivano finalmente rivelati, vuoi perché i vincitori non avevano interesse a parlare delle foibe e delle vendette anche su innocenti, vuoi perché gli "alleati" anglo-americani erano quelli che avevano bombardato a tappeto la sua bella città non risparmiando né scuole (mi inchino qui a ricordarne una: la "strage di Gorla" del 20 ottobre 1944) né chiese, venne conosciuto alla Bocconi (l'ateneo cui s'era iscritto) come "il Comunista". 20 ottobre 1944: la scuola sventrata di Gorla (quartiere di Milano) ed il monumento-ossario che ricorda le vittime. Nel 1948 Jan Masaryk fu vittima della "quarta defenestrazione di Praga" e la Cecoslovacchia, nazione destinata ad essere neutrale come l'Austria, passò nell'orbita sovietica. Nel 1953 la Corea del Nord arrivò sino a Seul e ci vollero MacArthur e le "forze ONU" per ripristinare la linea di confine. Ma fu l'invasione dell'Ungheria coi carri armati sovietici nel 1956 a demolire definitivamente il credo comunista del nostro. Cominciò così un lento spostamento attraverso i partiti del cosiddetto "arco costituzionale". Verso la metà degli anni settanta era divenuto un assiduo lettore di Indro Montanelli... ...e qui è rimasto un ultimo aneddoto: il vicino di casa, borghese benestante che s'era presentato come capolista di Democrazia Proletaria (l'abito non fa il monaco...) durante le elezioni di quel periodo, dovette subire una perquisizione da parte della Digos per una bomba piazzata (esplosa-non esplosa non ricordo) in una sede della Democrazia Cristiana lì nei pressi. Il tizio, più che pericoloso, era un mentecatto della più bell'acqua, ma i tempi erano oscuri ed ogni sospetto andava controllato. Sicuramente gli investigatori ebbero il loro daffare a capire come conciliasse la fede di partito con un ammasso di copie de "il Giornale" con cui era letteralmente ricoperta la cantina. Avendo delle infiltrazioni d'acqua nel sotterraneo, il nostro gli aveva passato tutta la sua scorta di carta: principalmente il quotidiano cui era abbonato...1 punto
-
Ciao. Bellissimi questi racconti di vita vissuta, che assomigliano molto alle storie che i miei genitori, più o meno coetanei di Roberto (rorey36), mi hanno raccontato del periodo bellico. C'è chi l'ha vissuto da "sfollato", in località prossime alle città ma molto più sicure perchè al riparo dai bombardamenti e chi, come Roberto, abitava già in uno dei tanti paesi italiani, sulla carta meno esposti (ma non sempre è stato così) ai disastri della guerra. A sentire certi racconti, la descrizione dello "stile di vita", la fame, la semplicità delle abitudini, sembra che si stia parlando non di una settantina di anni fa ma di qualche secolo, rispetto a come siamo abituati e viviamo oggi. L'esperienze delle seconda guerra mondiale hanno segnato profondamente quella generazione. Mia mamma, che fortunatamente nonostante gli acciacchi dell'età (classe 1931) ha ancora un cervello perfettamente funzionante, ancora adesso mi racconta del terrore che le incutevano i reparti tedeschi che marciavano al ritmo di un tamburo, con i soldati che intonavano a voce alta le note di una qualche marcetta. Anche se non lo ammetterà mai, il popolo germanico non le sta simpatico e credo che questo sentimento (forse inconscio) sia condiviso da molti suoi coetanei che hanno vissuto quei momenti durante la loro 'infanzia. Altra "fisima" derivante da quel periodo (probabilmente anch'essa inconscia...) è quella per il cibo. Il suo invito "a mangiare", ripetuto anche in tempi come questi in cui sarebbe semmai opportuno impegnarsi (costantemente) in una dieta dimagrante, temo sia la conseguenza dei tanti pasti saltati e della vera e propria "fame" patita in quegli anni da lei e della sua famiglia. Ci sarebbero anche ricordi poco edificanti legati al periodo della "resistenza", ma non desidero scatenare polemiche o buttarla sulla politica, perchè questa discussione deve rimanere una narrazione di fatti storici e non di riflessioni politiche o di polemiche. A proposito del titolo della discussione "Giochiamo alla guerra", mi è venuta in mente una foto non così "d'epoca" come quella d'apertura, ma pur sempre in tema: si tratta di uno scatto risalente al 1982 durante il mio servizio militare: Il luogo è il Poligono di tiro di Capo Teulada (CA) e l'occasione è quella di un'esercitazione "a fuoco" dell'89mo Corso Allievi Carabinieri Ausiliari, di stanza ad Iglesias, tra le cui file militava appunto il sottoscritto, allora diciannovenne. Nella circostanza, trovammo sul posto un Reparto dell'Esercito che si addestrava con mezzi corazzati e non ci facemmo sfuggire l'occasione, durante una pausa dell'esercitazione , di chiedere il permesso e di farci una foto su un cingolato M113: Per la cronaca, lo scrivente è il quarto in basso, partendo da destra. Quello che indossa un elmetto forse un pò troppo largo per la sua testa. Pur se scattate in tempi ed in contesti diversi, la prima foto e questa mi pare che abbiano in comune alcuni elementi. Innanzitutto da entrambe traspare l'inconsapevolezza della drammaticità della guerra, che solo chi l'ha subita sulla propria pelle può comprendere nella sua esatta portata. Poi quel misto di "cameratismo" (in senso militare...cioè di ragazzi che convivono nella stessa camerata.....non in senso politico) e di "beata spensieratezza", che solo chi ha vent'anni e viene proiettato all'improvviso in un contesto "anomalo" come quello militare, può comprendere e forse, perchè no, anche apprezzare, a seconda delle motivazioni personali di ciascuno. La morale è che fino a quando "si gioca alla guerra" è un conto......quando invece la guerra ti mandano a farla veramente. il discorso cambia radicalmente. Basterebbe forse capire questo semplice concetto per evitare qualunque tipo di conflitto armato. Saluti. M. .1 punto
-
Riprendo questa discussione dedicata alle monete di Cirene che raffiguravano il Silfio, una pianta della famiglia delle Apiaceae, per segnalare la comparsa in Sardegna di un'altra pianta appartenente a quella famiglia che potrebbe portare alla cecità....! INCOLLO QUI LA NOTIZIA: In alcuni giardini e parchi della provincia di Sassari, in Sardegna, è stata avvistata la Pànace di Mantegazza, una pianta tossica e invasiva della famiglia delle Apiaceae, originaria del Caucaso (Russia). La notizia è stata data da varie testate dell’Isola, tra cui La Nuova Sardegna. La Pànace di Mantegazza è una specie dannosa che si diffonde velocemente. La sua pericolosità, come si apprende da Wikipedia, è legata soprattutto alla tossicità cutanea e oculare della sua linfa che si verifica con la fotoesposizione e alla capacità di minacciare la biodiversità, provocando il deperimento e la distruzione della vegetazione indigena. La pianta è molto pericolosa per l’uomo e per gli animali: al tatto, in presenza o in seguita a radiazione solare diretta o raggi UV, provoca gravi infiammazioni della pelle con estese lesioni bollose che possono lasciare cicatrici permanenti. Infine, piccole quantità di linfa negli occhi possono causare cecità temporanea o anche permanente. http://www.restoalsud.it/2017/06/allarme-sardegna-pianta/1 punto
-
SECONDA PARTE Naturalmente, l'esercito della Repubblica di Salò che andava costituendosi, aveva gli elenchi di tutti i militari arruolati e - come riporta il manifesto alla fine della prima parte di questo mio racconto - iniziò i rastrellamenti nel tentativo di recuperare tutti gli sbandati ed i renitenti che troppo presto avevano dato per scontato che la guerra fosse finita ed anche per impedire che molti andassero ad ingrossare la Resistenza partigiana. Il nostro protagonista s'era imboscato alla bell'e meglio e, nel dubbio su cosa fosse meglio fare, si rese irreperibile. Quando una pattuglia di Repubblichini si presentò a casa sua, non trovandolo e non trovando neppure il padre (che era anche capo-fabbricato), pensò bene di arrestare la sorella che venne tradotta in carcere. Non appena appresa la notizia rientrato a casa, il papà si presentò in caserma come ostaggio al posto della figlia. A questo punto, il nostro - venuto a sapere delle vicissitudini patite dai familiari - non poteva esimersi dal presentarsi di persona per non far subire al genitore ritorsioni dovute alla sua "diserzione". Rinchiuso in cella insieme a molti altri ragazzi nelle sue stesse condizioni, venne a sapere che la sua condotta, a tutti gli effetti considerata diserzione davanti al nemico, prevedeva la condanna a morte. Dopo una notte insonne a meditare sulla brevità della vita, all'alba si presentò dinanzi l'uscio un sergente che, nel confermare ai presenti il "passaggio a miglior vita" tramite fucilazione, permetteva, tuttavia - a chi si fosse pentito - di salvarsi firmando l'arruolamento come volontario nella Repubblica Sociale. Non ho memoria di qualcuno che abbia rifiutato di firmare. Ed ecco che il nostro, con spirito decisamente diverso rispetto a solo tre anni prima, si trovò rivestito di una nuova divisa e, poiché "volontario" e quindi "fidatissimo" (mi ripeto, ma credo che solo in Italia possa succedere certe cose...) fu spedito nella guarnigione a guardia del quartier generale del Maresciallo Graziani (nominato nel frattempo Ministro della Guerra). Sebbene impossibilitato ad andarsene (la famiglia era sempre passibile di ritorsioni), ebbe modo di ricavarsi un suo spazio che gli permise di sopravvivere nell'inferno della guerra in una città come Milano. A volte era la goliardia a sostenerlo (ricordiamo ch'era un ragazzo di vent'anni), come quando posava per una foto (vedi quella che ha dato il via a questa discussione), o come quella volta che, portato dai suoi camerati (anch'essi poco più che ragazzi) con tutta la branda sotto una nevicata mentre dormiva, si risvegliò in mezzo alla neve, si rivestì di tutto punto e, rientrato in camerata, depose una bomba a mano nella stufa e tranquillamente raggiunse l'uscita sotto gli occhi esterrefatti dei presenti che invece di ridere alle sue spalle come s'erano riproposti, fuggirono tutti in mutande sprofondando nella coltre bianca (chi la fa, l'aspetti). L'esplosione si sfogò attraverso il tubo sparando l'anello di raccordo con la stufa a piantarsi sul soffitto e, sebbene redarguito, il suo gesto non ebbe seguito: gesti "macho" di questo tipo erano sotto sotto tollerati nell'ambiente repubblichino. O quando, messo a guardia di un deposito munizioni, stufo di stare a fissare il nulla, si mise a gridare "chi va là" per poi sparare al buio. Svegliato tutto il corpo di guardia, riferì di aver visto tipi sospetti aggirarsi nei dintorni e per questo ricevette i complimenti dall'ufficiale in servizio. A volte era la possibilità di aiutare la sua famiglia potendo attingere alla dispensa del Comando: riusciva a portare un sacco di farina da 25 chili a casa dove la madre, donna dal cuore d'oro, distribuiva a tutto il caseggiato. A Milano, come in ogni grande città, si soffriva la fame: "più facile" era per chi abitava nei paesi dove si poteva contare sulla natura per racimolare un po' di cibo in più. A volte era lo scampato pericolo, come quando di vedetta sul retro d'un camion addetto al trasporto di vettovaglie per il Comando, fece in tempo a segnalare all'autista l'arrivo d'un caccia americano ed a tuffarsi in un fosso lungo il bordo della strada, evitando così di rimaner vittima del mitragliamento e poté vedere in che modo un proiettile avesse trapassato al pari del burro la testata del motore del mezzo. I piloti americani erano spesso ubriachi, soprattutto quelli dei caccia che compivano missioni di mitragliamento a bassa quota, per reggere lo stress ed il peso di dover sparare anche su civili... Così si giunse al 25 aprile 1945: per le vie di Milano s'udì cantare "Bandiera Rossa" e le strade si ricoprirono di "cimici" (i distintivi del Partito Fascista che quasi tutti portavano all'occhiello; qui http://www.gams-dlfud.it/ARTICOLI/Le pulci del fascismo.pdf per chi volesse maggiori informazioni). I Milanesi se ne liberavano o perché finalmente liberi dal giogo nazifascista o per paura di incappare nella "pulizia" partigiana. Ricordo personale: la portinaia presso la quale era l'autorimessa di famiglia piangeva ancora, alla fine degli anni settanta, la fucilazione del fratello. "Aveva vent'anni" - diceva - "fu trovato con la divisa da Repubblichino dai partigiani che lo fucilarono sul posto..." Era il tempo delle vendette e della resa dei conti. Ed il nostro? Riuscì a scamparla ed a tornare a casa sano e salvo: Ma il destino non era ancora soddisfatto... (fine seconda parte)1 punto
-
Sezze, 90 km a Sud di Roma, ultima settimana di maggio del 1944. Le truppe tedesche della 1° Divisione Corazzata Paracadutista Hermann Göring, di stanza nella vallata di Suso, appresa la notizia della caduta del fronte a Montecassino, abbandonano le postazioni per dirigersi verso i Castelli Romani e organizzare la difesa della Capitale. Cinque soldati, addetti alla mensa, decidono di disertare e attendere l'arrivo degli Alleati. "Non abbiamo nulla da temere - si dicevano - per noi la guerra è finita". Sfortuna volle che a Sezze non arrivarono gli Inglesi o i Polacchi, ma i poco benevoli Americani dell'85ma Divisione di Fanteria. I cinque ragazzi allora appresero - loro malgrado - come gli uomini dell'85ma non facessero prigionieri: vennero fatte scavare loro tre buche, vennero fatti scendere due nella prima, due nella seconda e uno nella terza e vennero freddati a raffiche di mitra. Quando alla metà degli anni '50 si procedette alla riesumazione dei corpi, per deporli nell'ossario del locale cimitero, le divise che li rivestivano erano ancora integre: nello stivale di uno dei cinque venne rinvenuto un pettine, un paio di pinze da meccanico e una fotografia raffigurante una giovinetta con un bimbo fra le braccia. La guerra...1 punto
-
segue (Ammonimenti o raccomandazioni) 6 - NOLITE THESAVRIZARE, “non tesaurizzate”. Innocenzo XI, testone. 7 - AVRI IMPERIO NE PARETO, “non obbedire al comando dell’oro”, Clemente XI, scudo d’oro. Fig. 19: Roma, Clemente XI (1700-1721). Scudo d’oro. Al R:/ AVRI IMPERIO NE PARITO (evidente errore per PARETO). Da Internet (rhinocoins) 8. NON AVRVM SED NOMEN, “non l’oro ma la reputazione”. Lo scudo di Clemente XI per Ferrara, sul quale campeggia tale espressione, è un chiaro avvertimento fatto dal papa a privilegiare l’essere stimati per il proprio buon nome piuttosto che per la ricchezza. 9. NON CONCVPISCES ARGENTVM, “non bramerai il denaro”. Questo frammento di un versetto del Deuteronomio (7, 25) può apparire come naturale prosecuzione – quasi una conseguenza – dell’iscrizione precedente; anch’esso fa parte dell’insegnamento lasciato da papa Clemente XI che la fa apporre su cinque tipi variati di giulio. Fig. 20: Roma, Clemente XI (1700-1721), Giulio. Al R/: NON CONCVPISCES ARGENTVM, in quattro righe. Ex Asta Artemide XXIII, 2008, lotto n. 409. 10. NOLI AMARE NE PERDAS, “non amare (il denaro) per non perdere” (la tua anima). L’ammonizione compare su un testone di Innocenzo XII e si ispira ad uno scritto di Sant’Agostino (nota 20). 11. NOLI ANXIVS ESSE, “non ti angustiare” (per il denaro). Anche in questo caso è un testone, emesso però a nome di Innocenzo XI, a riportare l’ennesimo avvertimento contro l’ansia da possesso di denaro. Fig. 21: Roma, Innocenzo XI (1676-1689), Testone. Al R/: NOLI ANXIVS ESSE, in tre righe. Ex Asta Nomisma 38, 2009, lotto n. 1344. 12. NOLI LABORARE VT DITERIS, “non ti affannare per arricchire”. Clemente XI trae dal Libro dei Proverbi (23, 4) questo versetto che occupa il campo di un giulio per sottolineare, ancora una volta, il concetto della futilità dell’atteggiamento di chi, in qualche misura, si ‘tormenta’ pur di arricchire. 13. SI AFFLVANT NOLITE COR APPONERE, “se affluiranno non date loro il cuore”. Soggetto della legenda proposta da papa Clemente XI su un giulio sono le ricchezze che, evidentemente, non devono diventare oggetto d’amore da parte di chi dovesse vederle comparire tra le proprie disponibilità. La fonte dalla quale è stata tratta questa raccomandazione è il Salmo 61 (v. 11) ed è presente, in forma ridotta, anche su altre due tipologie monetali: un grosso dello stesso Clemente XI, dove compare come NOLI COR APPONERE, e un testone di Innocenzo XI sul quale, invece, l’imperativo è impresso nella forma plurale NOLITE. Fig. 22: Roma, Clemente XI (1700-1721), Giulio 1703. Al R/: SI AFFLVANT NOLITE COR APPONERE, in sei righe con la data. Ex Asta Nomisma 103, 2009, lotto n. 1195. 14 - NON SIBI SED ALIIS, “non per sé ma per gli altri”. L’iscrizione, che si trova su un mezzo scudo di Innocenzo XII, sovrasta la figura di un pellicano che si squarcia il petto per nutrire i suoi pulcini. Un tempo si riteneva erroneamente che questo palmipede avesse la capacità di nutrire o, addirittura, di resuscitare i suoi piccoli nutrendoli del proprio sangue. Per questo nella simbologia cristiana è stato spesso accostato allo stesso Cristo, in quanto segno di Colui che offre la propria vita per la salvezza di quelli che sono stati da Lui generati. Nella teologia medievale il pellicano rappresenta più esattamente Gesù che si lascia inchiodare alla croce, donando il suo sangue per la redenzione dell’umanità. Un simile accostamento è presente, ad esempio, nella Divina Commedia (nota 21), così come in una preghiera del Corpus Domini di Tommaso d’Aquino (nota 22). La moneta descritta fu emessa per ricordare la carità fatta dal papa ai poveri accolti nell’ospizio di San Michele e nel palazzo del Laterano; chiaro, perciò, il significato da attribuire all’insieme immagine-legenda: il denaro va speso per il bene altrui e non per il proprio. Fig. 23: Roma, Innocenzo XII (1691-1700), Mezzo Scudo 1693. Al R:/ NON SIBI SED ALIIS, disposta ad arco su pellicano che si squarcia il petto per alimentare i suoi piccoli; sulla destra la data. Ex Asta Nomisma 39, 2009, lotto n. 2533. Si è scelto di chiudere l’insieme di norme in materia di comportamenti da tenere nei confronti della ricchezza – che si è voluto definire ‘codice’ – con quest’ultimo invito presente sulla bella moneta appena illustrata, perché sembra fungere da naturale raccordo con quella che rappresenta la terza parte del presente lavoro e il completamento della ‘catechesi numismatica’ in esame: l’esaltazione della carità e il conseguente incoraggiamento a praticarla costantemente. NOTE 20 - S. Agostino, Trattato 124 sul vangelo di Giovanni. Cfr. Traina 2006, cit., p. 290. 21 - Dante accosta la scena dell’ultima cena in cui l’apostolo Giovanni china il capo sul petto del Maestro con la figura del pellicano: “Questi è colui che giacque sopra ‘l petto del nostro Pellicano, e Questi fue di su la croce al grande officio eletto”. Cfr. Paradiso, XXV, 112-114. Il “grande officio” è costituito dal compito di accogliere Maria nella sua casa, assunto da Giovanni allorché Gesù gli disse, dall’alto della croce: “ecco tua madre” (Cfr. Giovanni, 19, 27). 22 - “Fa’, Gesù, Signore e Salvatore, prezioso Pellicano, che io peccatore riceva purificazione dal tuo sangue”. Cfr. Schmidt 1988, p. 90, richiamato da Traina 2006, cit., p. 298. Segue...1 punto
-
Ammonimenti o raccomandazioni Si è visto quanto sostanzialmente costante, pur nel succedersi sulla Cattedra di Pietro di diverse personalità, sia stato l’insegnamento dei papi menzionati a proposito della ricchezza e del giusto modo di rapportarsi ad essa; magistero espresso attraverso una lunga teoria di ‘massime’ inserite come legende sulle loro monete. Nulla di strano, perciò, nel fatto che tale originale forma di ‘catechesi’ sia stata impiegata per far circolare, insieme ai soldi, anche una altrettanto corposa serie di raccomandazioni o ammonimenti, nella speranza di far sì che nessuno, un giorno, debba sentirsi indirizzare le parole conclusive della parabola del ricco stolto; quelle stesse parole che si possono leggere sull’oro di una quadrupla di Alessandro VII: HAEC AVTEM QVAE PARASTI CVIVS ERVNT, “ma quanto hai procacciato di chi sarà”? Come quando si ricompone un puzzle mettendo insieme i vari pezzi, così ci si potrebbe divertire nel tentativo di riunire le legende utilizzate da diversi pontefici – magari a distanza di decenni – per costruirne altre di senso ancor più completo. Alcuni esempi potrebbero essere i seguenti: all’auspicio di Innocenzo XII che su un testone fa imprimere NON SIT TECVM IN PERDITIONEM (nota 16), (il denaro) “non sia con te nella perdizione”, si potrebbe far seguire l’invito di Benedetto XIII, che su un grosso comanda DA NE NOCEAT, “dallo perché non ti sia di danno”. Fig. 14: Roma, Innocenzo XII (1691-1700), Testone. Al R/: NON SIT TECVM IN PERDITIONEM, in quattro righe. Da Internet. (discussione su lamoneta.it) Oppure, il perentorio TOLLE ET PROICE, “prendi (il denaro) e dallo via”, presente su un grosso di Clemente XII può essere completato da NE FORTE OFFENDICVLVM FIAT, “perché non diventi un inciampo”, che lo stesso papa Corsini fa scrivere dai suoi maestri di zecca su un testone. Ancora, volendo sottolineare nuovamente che un corretto utilizzo del denaro può contribuire alla salvezza dell’uomo, si potrebbero leggere in sequenza le legende FAC VT IVVET, “fa che sia utile”, e PRO PRETIO ANIMAE, “per il riscatto dell’anima”, che Innocenzo XII e il suo omonimo XI fanno apporre, rispettivamente, su un mezzo grosso e su uno scudo d’oro. Fig. 15: Roma, Innocenzo XII (1691-1700), Mezzo grosso 1692. Al R/: FAC VT IVVET, in quattro righe con la data. Ex Asta Artemide XXIV, 2009, lotto n. 3316. Ben si prestano, infine, ad essere lette come una sola frase le due raccomandazioni NEQVE DIVITIAS (nota 17), “non le ricchezze”, e POSSIDE SAPIENTIAM, “possiedi la saggezza”, che Innocenzo XI fa brillare sull’oro con due differenti scudi. L’esercizio che si è voluto tentare manipolando le iscrizioni in esame può apparire, e forse realmente è, un po’ forzato. Meno azzardato sembra, invece, sostenere che molti dei pontefici di quel particolare periodo siano stati i compilatori di una sorta di ‘codice’, alla composizione del quale ciascuno ha contribuito dettando alcune ‘norme’. Queste ultime, scritte non su carta o pergamena, bensì sul metallo delle monete, si sostanziano in ‘raccomandazioni’ oppure in ‘ammonimenti’, a seconda che il loro contenuto si traduca, rispettivamente, in un invito ad un comportamento attivo o omissivo nei confronti del denaro; in altri termini a fare o non fare determinate cose. Proprio perché si è utilizzata l’immagine del codice, se ne dà conto qui di seguito in un elenco numerato, comprendente anche l’indicazione dei papi alla cui monetazione afferiscono i vari pezzi citati, partendo dalle legende che chiamano il fedele ad una condotta di tipo attivo. 1. DIVES IN HVMILITATE, “il ricco (si glori) della sua umiltà”. Innocenzo XI, 2 scudi d’oro (o doppia); legenda tratta dalla Lettera di Giacomo (1, 10). 2. TEMPERATO SPLENDEAT VSV, “risplenda (il denaro) con un uso moderato”. Alessandro VII, mezzo grosso. L’iscrizione, tratta da un verso delle Odi di Orazio (2, 2, 3), è la continuazione della legenda NVLLVS ARGENTO COLOR EST AVARIS già citata in precedenza da un testone di Innocenzo XIII, e bene esprime il contrasto tra il tener nascosta la propria ricchezza o il farla rilucere attraverso un suo giusto impiego. Fig. 16: Roma, Alessandro VII (1655-1667), Mezzo grosso. Al R/: TEMPERATO SPLENDEAT USV, in cinque righe. Ex Asta Nomisma 103, 2009, lotto n. 1132. 3. REDDE PROXIMO IN TEMPORE SVO, “rendi al prossimo a suo tempo” (i denari avuti in prestito). Due monete e due metalli per questa sollecitazione che papa Clemente XI fa apporre su una doppia d’oro e su un giulio. 4. IN TESTIMONIA TVA ET NON IN AVARITIAM, “verso le tue leggi e non verso l’avarizia”. Come la precedente, anche questa legenda afferisce alla monetazione di Clemente XI che, per la zecca di Ferrara, la fa apporre su uno scudo d’argento (nota 18). È tratta da un Salmo (118 o 119, v. 36) [nota 19] nel quale è preceduta dalle parole (rivolte al Signore): inclina cor meum, “piega il mio cuore”. Fig. 17: Ferrara, Clemente XI (1700-1721), Scudo d’argento 1709 A. IX. Al R/: IN TESTIMONIA TVA ET NON IN AVARITIAM, in quattro righe. Ex Asta Nomisma 39, 2009, lotto n. 2556 5. THESAVRIZATE IN COELIS, “accumulate tesori nei cieli”. Il versetto, tratto da una frase di Gesù riportata nel Vangelo di Matteo (6, 20), appare su un giulio di papa Clemente XIII (Carlo della Torre di Rezzonico, 1758-1769). È l’immediata continuazione di un altro invito fatto da Cristo (Matteo 6, 19) che costituisce, in questo elenco (vedi n. 6), il primo di quelli che, ai fini del presente lavoro, sono stati definiti ‘ammonimenti’. Fig. 18: Roma, Clemente XIII (1758-1769), Giulio 1761. Al R/: THESAVRIZATE IN COELIS, in quattro righe con la data. Ex Asta Nomisma 38, 2009, lotto n. 1428. Note 16 - La legenda è ispirata a un versetto degli Atti degli Apostoli (8, 20) costruito, in realtà, come una condanna. Pietro, infatti, ad un uomo che voleva acquistare col denaro il potere di dare lo Spirito Santo attraverso l’imposizione delle mani, indirizza questo anatema: pecunia tua tecum sit in perditione, il tuo danaro sia con te nella perdizione. Papa Innocenzo, invece, impostando la frase come negazione, sembra voler scongiurare la condanna. 17 - La legenda NEQVE DIVITIAS è stata utilizzata anche da Clemente XI su un mezzo grosso. 18 - La seconda parte della legenda, NON IN AVARITIAM, è presente su altre due monete di Clemente XI per Roma; più esattamente: mezzo scudo d’oro e grosso. 19 - I 150 salmi che compongono il Salterio hanno una numerazione diversa a seconda che facciano riferimento al testo ebraico masoretico (versione della Bibbia ufficialmente in uso tra gli Ebrei) o ai manoscritti greci. Segue...1 punto
-
Proverbi o massime AERVGO ANIMI CVRA PECVLII, “l’amore del denaro (è) la ruggine dell’anima”. Non usa mezze misure papa Clemente XI (1700-1721), al secolo Giovanni Francesco Albani, quando fa imprimere questa legenda, ispirata ad un versetto (330) dell’Ars Poetica di Orazio, su un mezzo scudo d’argento (nota 10). Benedetto Odescalchi, invece, divenuto il 240° papa col nome di Innocenzo XI (1676-1689), sceglie il metallo più prezioso per far scrivere a chiare lettere dai suoi zecchieri su una doppia d’oro che QVI CONFIDIT IN DIVITIIS CORRVET, “chi confida nelle ricchezze andrà in rovina”. Concetto ribadito su un’altra doppia emessa a nome dello stesso pontefice sulla quale si può leggere MVLTOS PERDIDIT AVRVM, “l’oro ha mandato molti in rovina”, così come sul testone del già citato Clemente XI, sul quale la dicitura è MVLTOS PERDIDIT ARGENTVM (ove quest’ultimo vocabolo, oltre a riferirsi al metallo della moneta specifica, può essere tradotto anche semplicemente come denaro). In definitiva si potrebbe dire che FERRO NOCENTIVS AVRVM, “l’oro (è) più dannoso del ferro”, come sosteneva già Ovidio nelle Metamorfosi (1, 141) e come, evidentemente, pensava anche Clemente XI che fa imprimere tali parole sia su uno scudo d’oro che sul suo multiplo da due. Fig. 3: Roma, Clemente XI (1700-1721), Scudo d’oro A. XII. Al R/: FERRO NOCENTIVS AVRVM, in quattro righe (Da internet: rhinocoins). Sembra quasi che i due pontefici abbiano voluto fare a gara nel ricordare agli uomini i pericoli derivanti dal denaro, inteso come falso dio: così papa Albani ribadirà sull’oro (scudo) il versetto del Libro dei Proverbi (11,4) che recita DIVITIAE NON PRODERVNT, “le ricchezze non gioveranno”, che papa Odescalchi aveva già utilizzato su uno scudo d’argento con maggiore precisione: NON PRODERVNT IN DIE VLTIONIS, vale a dire “non gioveranno nel giorno del giudizio”. Fig. 4: Roma, Innocenzo XI (1676-1689), Scudo d’argento. Al R/: NON PRODERVNT IN DIE VLTIONIS, in quattro righe. Ex Asta Nomisma 39, 2009, lotto n. 2520. Infatti QVI AVRVM DILIGIT NON IVSTIFICABITVR, “chi ama l’oro non sarà giustificato”; questo è quello che Clemente XI fa imprimere ancora sull’oro (doppia). Il perché lo ricorda Antonio Pignatelli di Spinazzola, divenuto papa col nome di Innocenzo XII (1691-1700); questo pontefice pio e benevolo, che sarà ricordato anche per la sua forte presa di posizione contro il nepotismo nella Chiesa e per aver affermato “i poveri sono i miei nipoti”, prese in prestito dal Libro della Sapienza (7, 9) le parole che si possono leggere su un suo testone: TAMQVUAM LVTVM AESTIMABITVR (nota 11), (il denaro) “sarà valutato come fango” (nota 12). Le conclusioni di questa ‘catechesi’ impartita da ben suoi tre predecessori saranno poi tratte qualche anno più tardi da Lorenzo Corsini, papa Clemente XII (1730-1740), che su un grosso farà osservare ai fedeli che quelli che accumulano denaro sono IMPLETI ILLVSIONIBVS, “pieni di illusioni” (nota 13), su un’altra moneta col medesimo nominale ricorderà che il denaro, se non impiegato cristianamente, VANVM EST VOBIS, “è cosa vana per voi”. Fig. 5: Roma, Clemente XII (1730-1740), Grosso 1739. Al R/: IMPLETI ILLVSIONIBVS, in quattro righe con la data. Ex Asta Artemide XXV, 2009, lotto n. 1873. Del resto già i due papi che lo avevano preceduto dopo la morte del suo omonimo avevano in qualche misura espresso quest’ultimo concetto: Innocenzo XIII (Michelangelo Conti, 1721-1724), infatti, aveva fatto osservare con un mezzo grosso che il denaro SATIS AD NOCENDVM, “basta per nuocere”( nota 14); Benedetto XIII (Pietro Francesco Orsini, 1724-1730), a sua volta, aveva scelto il grosso per ribadire che (il denaro) IVVAT ET NOCET, “giova e nuoce”, a seconda, evidentemente, dell’uso che se ne fa. Fig. 6: Roma, Benedetto XIII (1724-1730), Grosso. Al R/: IVVAT ET NOCET, in tre righe. Ex Asta Negrini 31, 2010, lotto n. 1749. Cosa fare, allora, della propria ricchezza? Lo si vedrà meglio nella parte della trattazione riservata a quelle legende che sono state classificate come ammonimenti e raccomandazioni oppure come incitamenti alla carità. Qui si può invece dire cosa non fare del denaro, almeno secondo l’insegnamento lasciato dai pontefici sulle monete. Di sicuro non è il caso di pensare soltanto ad accumularlo, o perché poi ne godranno altri, oppure perché farà una fine diversa da quella auspicata: è Innocenzo XIII, infatti, che su un giulio fa imprimere QVI ACERVAT ALIIS CONGREGAT, “chi accumula ammucchia per gli altri”, mentre Clemente XI lascia detto su un mezzo grosso CONSERVATAE PEREVNT, ossia “conservate (le ricchezze) vanno in fumo”. Né va dimenticato che una gran bella moneta fatta coniare tempo prima da Fabio Chigi, una volta divenuto papa col nome di Alessandro VII (1655-1667), aveva già avvertito, non soltanto a parole, ma anche con l’immagine presente nel campo, della circostanza che la quantità di preoccupazioni è proporzionale a quella del denaro. Su un giulio, infatti, attorno alla rappresentazione di un tavolo sul quale sono ammucchiate delle monete, si può leggere il verso tratto dalle Odi di Orazio (3, 16,17) che recita: CRESCENTEM SEQVITVR CVRA PECVNIAM, “l’affanno segue l’aumento del denaro”. Fig. 7: Roma, Alessandro VII (1655-1667), Giulio. Al R/: CRESCENTEM SEQVITVR CVRA PECVNIAM, attorno a un tavolo, drappeggiato, con monete. Ex Asta Nomisma 38, 2009, lotto n. 1325. Mai prestare denaro con un tasso di interesse eccessivo! E’ Clemente XI, con una doppia d’oro, a riprendere un concetto già espresso in proposito da papa Leone I Magno (440-461) (nota 15): FOENVS PECVNIAE FVNVS EST ANIMAE, “l’usura è la morte dell’anima” . Tanto meno pare opportuno lasciarsi sopraffare da atteggiamenti quali la cupidigia o l’avarizia. La prima, infatti, è definita da Innocenzo XI, non a caso su un pezzo dal gran valore intrinseco (una quadrupla d’oro), e sulla scorta della Prima Lettera a Timoteo (6, 10), come RADIX OMNIVM MALORVM, “radice di tutti i mali”. Alla seconda sono dedicate numerose emissioni, proprio per sottolinearne la lontananza dalla morale cristiana; così, seguendo la successione cronologica dei papi, si possono ricavare diverse sentenze in proposito: Innocenzo XI fa apporre su un mezzo scudo la legenda AVARVS NON IMPLEBITVR, “l’avaro non sarà (mai) saziato” (dal denaro), mentre affida ad una doppia, dunque al metallo più pregiato, il messaggio NIHIL AVARO SCELESTIVS, “niente (è) più scellerato dell’avaro”. Fig. 8: Roma, Innocenzo XI (1676-1689), Mezzo Scudo A. VII. Al R/: AVARVS NON IMPLEBITVR, in tre righe. Ex Asta Künker 165, 2010, lotto n. 600. Clemente XI, questa volta dalla zecca di Ferrara, dedica due coniazioni al tema in esame; la dicitura SCELERVM MATER AVARITIA, “l’avarizia (è) madre di delitti”, ispira quasi ribrezzo in chi la legge su un testone, mentre un sentimento di commiserazione si può forse provare meditando sulle parole QVIS PAVPER? AVARVS, “chi è povero? l’avaro”, impresse su un analogo nominale, con tanto di punto interrogativo. Fig. 9 e 10, nell’ordine: Ferrara, Clemente XI (1700-1721), Testone 1717. Al R/: QVIS PAVPER? AVARVS, in quattro righe con la data; Testone 1717. Al R/: SCELERVM MATER AVARITIA, in quattro righe con la data. Ex Asta Nomisma 39, 2009, lotti 2557 e 2558. Innocenzo XIII, infine, ribadisce una sorta di senso di pena per chi si fa soggiogare da questa condotta perché, come riportato su un testone, NVLLVS ARGENTO COLOR EST AVARIS, “il denaro non ha luce per gli avari”, dato che lo tengono sempre nascosto. Volendo tirare le fila del discorso sin qui seguito, si potrebbe dire con due monete di Clemente XI – un testone e un giulio, rispettivamente – che il denaro, a seconda del rapporto che si instaura con esso, IMPERAT AVT SERVIT, “comanda o serve”, e che PRVDENTIA PRETIOSIOR EST ARGENTO, “la saggezza è più preziosa”. Fig. 11 e 12, nell’ordine: Roma, Clemente XI (1700-1721), Testone 1702. Al R/: tavolo con sacchetti di monete; intorno IMPERAT AVT SERVIT e la data. Da Internet (Rhinocoins); Giulio. Al R:/ PRVDENTIA PRETIOSIOR EST ARGENTO, in quattro righe. Ex Asta Negrini 31, 2010, lotto n. 1746. Ciò è talmente vero che, come ricorda Innocenzo XI sia su un grosso che sulla sua metà, la saggezza non è un bene acquistabile col denaro; la legenda QVID PRODEST STVLTO, “che giova allo stolto”, richiama infatti un passo del Libro dei Proverbi (17, 16) nel quale si legge: quid prodest stulto habere divitias, cum sapientiam edere non possit? E cioè: “che giova allo stolto avere ricchezze, dal momento che non può comprare la saggezza”? La conclusione, a questo punto, la si può ricavare da un testone del medesimo papa che, parafrasando una frase di Gesù ricordata negli Atti degli Apostoli (20, 35), riporta: MELIVS EST DARE QVAM ACCIPERE, “è meglio dare che ricevere”. Fig. 13: Roma, Innocenzo XI (1676-1689), Testone 1686. Al R/: MELIVS EST DARE QVAM ACCIPERE, in cinque righe con la data. Ex Asta Nomisma 39, 2009, lotto n. 2522. Note: 10 - Si approfitta di questa nota per dar conto al lettore di alcune avvertenze: i nomi attribuiti alle varie monete citate nel presente lavoro sono quelli per esse adoperati da Mario Traina nel volume Il Linguaggio delle monete; in alcuni casi, come correttamente lo stesso Autore di volta in volta indica, essi differiscono da quelli utilizzati da altri (es. Muntoni); lo stesso discorso vale per le traduzioni in italiano e per quelle che vengono indicate come fonti alle quali le legende si ispirano. A titolo di esempio, per il Muntoni, la moneta con la legenda AERVGO ANIMI… è una mezza piastra e si cita come fonte San Giovanni Crisostomo. Cfr. Muntoni 1972-1974, vol. IV, p. 295. 11 - Nel presente articolo le legende sono presentate nella oro forma completa e corretta con l’avvertenza che sulle monete esse potevano apparire in realtà variamente abbreviate o con diverse grafie. Nel caso di specie la moneta in questione presenta la parola TANQVAM (per TAMQVAM). 12 - Su uno scudo d’oro di Clemente XII si legge: DE LVTO FAECIS, “dal fango della feccia”; la legenda, tratta dal Salmo 39, sottintende “il Signore mi ha liberato” e, per Traina, è riferita appunto all’oro. Cfr. Traina 2006, cit., p. 85. 13 - Traina ricorda come la fonte biblica (Salmi 37,8: Lumbi mei impleti sunt illusionibus) sia di incerta interpretazione, tanto che la legenda presente sulla moneta viene tradotta in vari modi come, per esempio, “pieni di fiamme” o “pieni di ignominie”. Cfr. Traina 2006, cit., p. 198. 14 - Secondo alcuni, la legenda va interpretata nel senso che anche una piccola moneta, come appunto il mezzo grosso in questione, “basta a far male”. Cfr. Monti 1883, III, p. 181. Ciò a conferma di quanto già presente su altre monete di pontefici precedenti: tanto Innocenzo XI sul grosso e sulla sua metà, che Clemente XI sul mezzo grosso, avevano fatto scrivere NOCET MINVS, “fa meno danni”. L’Autore sostiene che “potendosi con il denaro commettere molto di male, esso nuoce meno quando la moneta è piccina, come appunto le monetuzze su cui è impressa questa sentenza, che furono sempre di modesto valore” (cfr. p. 175). 15 - Dottore della Chiesa. La citazione completa è in Traina 2006, cit., p. 168. segue... P.S.: continuerò più tardi col secondo argomento "ammonimenti o raccomandazioni) ... adesso la famiglia chiama1 punto
Questa classifica è impostata su Roma/GMT+02:00
Lamoneta.it
La più grande comunità online di numismatica e monete. Studiosi, collezionisti e semplici appassionati si scambiano informazioni e consigli sul fantastico mondo della numismatica.
Il network
Hai bisogno di aiuto?
