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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 10/30/18 in tutte le aree

  1. Grazie @eliodoro per l'esperto ma i veri esperti sono altri... Avevo già visto la discussione trovando interessante il cavallo oggetto di studio da parte di santone. Prima di dare il mio parere faccio però una premessa. Si giudica una foto tra l'altro in bassa risoluzione mentre chi ha la moneta in mano, magari con una lente vede cose che qui sul forum o sull'articolo non si vedono. A questo si aggiunge che si va ad esaminare una moneta ribattuta quindi con tutti i distinguo del caso. Detto questo io vedo una ribattitura che ha creato qualche problema nella successiva lettura della moneta. Mi spiego meglio: Il R/ si presenta con la parte iniziale della legenda EQ a cui si affianca una zampa posteriore del cavallo. Seguendo la successiva parte della legenda vediamo che manca la V (almeno io non la vedo bene) e che ITAS RE hanno una rotazione diversa rispetto alla parte iniziale EQ. La stessa cosa poi avviene con la NI finale che invece torna ad essere compatibile con l'angolo di rotazione della parte iniziale della legenda. Passiamo poi alla figura del cavallo. A differenza della zampa posteriore, come già indicato, il corpo del cavallo (con le zampe anteriori) ruota verso il basso andando a finire sotto la linea dell'esergo. Allego una elaborazione grafica fatta al volo ma che spero renda l'idea: L'area delimitata dalla linea verde fa parte del conio corretto mentre l'area delimitata dalla linea rossa è quella da me interpretata come frutto di uno spostamento del conio. La cosa pare confermata anche dallo spazio "libero" in alto sopra la legenda che non può essere frutto di un decentramento di conio in quanto la parte sottostante è perfettamente centrata. Quindi io sono del parere, come già scritto, che la ribattitura non è andata a buon fine e che c'è stata una rotazione verso dx con uno spostamento del conio verso il basso. Ho provato a raddrizzare la moneta (non me ne vogliate ma ho fatto l'elaborazione proprio al volo) che allego: In questo caso ho ripreso l'area che ritengo frutto di uno "scivolamento" di conio e l'ho ruotata riportandola come doveva essere se non ci fosse stato il problema in fase di coniatura. Così la legenda appare circolare come dovrebbe essere ed il cavallo nella sua posizione naturale. In questo modo ci sarebbe lo spazio anche per la lettera V e G della legenda che invece non vedo nel tondello coniato. Ultima cosa... come si è creato il tutto? La mia ipotesi è che in fase di battitura siano stati dati almeno due colpi sul torsello. Col secondo colpo il tondello è rimasto fermo sulla pila (infatti il D/ non mostra problemi di conio) ma il torsello si è spostato verso il basso ruotando leggermente a dx creando questa curiosa variante. Ovviamente questa è e rimane la mia opinione.
    6 punti
  2. Ciao a tutti, sono un po' raffreddato, il tempo è già quello di Novembre e così passo in rassegna i due euro che ho messo da parte negli ultimi tempi (Me li hanno dati di resto: tutti rigorosamente circolati!). Devo dire che ho avuto difficoltà a riconoscerne alcuni - e da qui il titolo della discussione - in quanto i motivi erano in parte barocchi, saturi di elementi. Non sono più un giovincello, da un paio di anni uso gli occhiali per leggere, ma non sono neanche una talpa... Questo l'ho riconosciuto subito! Facile: cavallo e cavaliere (non bisogna neanche sapere che è Vytis, il cavaliere bianco, ma male non fa...) =================== Questa quasi subito ma ho dovuto guardarla per bene, che della serie ce ne sono parecchie, tutte con edifici - e poi c'è pure scritto BERLIN bello grosso. =================== Questa ho dovuto girarla bene in mano: 25 anni unità tedesca Tante scritte, quella di destra ripetuta più volte come per ricordare il motto (Wir sind ein Volk - Noi siamo un popolo) che veniva scandito durante le manifestazioni pre-unità. Simbolo dell'Euro, Porta di Brandenburgo, omini stilizzati in quantità... tutto racchiuso in un centimetro e mezzo di diametro. =================== Questa è di per sè facile, ma sono i dettagli che mi risultano ostici: è un potpourri di cose e simboli che giusto avrebbero posto su un foglio A3, non su una moneta. Senza lente è difficile riconoscerli tutti: la barca è alta ca. 4 mm, la fabbrica 3! Easter egg! Qui c'è la particolarità del centro zigrinato, quando si osserva la moneta dal lato con luce radente, risalta il simbolo € nel centro: =================== And the winner is.... (non me ne abbiate!) 2 Euro Costituzione Europea, beh... c'è anche scritto sotto, fin qui tutto bene, ma ci sono una miriade di svolazzi tra capelli e vestito di Europa, corna e braccia, senza dimenticare poi il vortice sotto al muso del toro. Secondo me questa effigie è sovraccarica, troppe curve, troppe pieghe! Riparto dal titolo: meno qui sarebbe di più. E poi i greci già avevano dimostrato che semplice semplice si poteva fare... e ho rimesso il cavaliere, che così il cerchio si chiude per davvero. Servus, Njk PS: per evitare discussioni inutili, ci tengo a ribadire che questo post non vuole offendere incisori e/o grafici di zecca, questi sono semplicemente un po' di miei pensieri che ho liberamente raccolto in un piovoso pomeriggio autunnale. Ogni moneta è bella a mamma sua!
    3 punti
  3. Se posso permettermi...
    3 punti
  4. Stavo cominciando a scrivere qualcosa quando è arrivata la risposta di Fedafa. Sono molto d'accordo con quello che ha scritto, credo che io non avrei fatto di meglio. Effettivamente la foto non aiuta molto nel capire bene ciò che può essere successo, però è vero quello che dice Davide sul fatto che avendola in mano è certamente un'altra cosa. Una moneta così curiosa non mi era mai capitato di vederla, complimenti a Santone per averla fatta conoscere.
    2 punti
  5. Certo che avere le monete fra le mani e poterle visionare di persona non ha paragone con la visione tramite una foto, innanzi tutto per l’emozione che la moneta riesce a trasmettere e poi per tutta una serie di motivi, come il tatto, le dimensioni, in quelle moderne il contorno, che quasi sempre se non in particolari casi non viene mai illustrato nelle foto, oltre alla percezione reale dell’oggetto, quindi alla tridimensionalità ed allo spessore delle impronte. Tutto questo è altro fanno della visione reale di una moneta importante nel poter giudicare se la stessa è vera o falsa, se è più o meno consunta e quindi esprimere una classificazione. L’evento non è solo importante per l’accrescimento della cultura e per gli insegnamenti che si possono trarre, ma anche per fare la conoscenza di importanti professionisti del settore, oltre al fatto che i tavoli dedicati sono una grande novità in un convegno che si discosta dalla sola presentazione di studi e ricerche e fanno avvicinare il collezionista, lo studioso o l’appasionato alla realtà che un commerciante o un professionista ha acquisito negli anni col propio lavoro. Quindi una novità che magari potrà essere estesa è migliorata ancor di più in futuro o in altri convegni e manifestazioni numismatiche.
    2 punti
  6. Ciao @tonycamp1978 Quello che succede ad una moneta in più di 100 anni è difficile immaginarlo . Secondo il mio modesto parere, questa moneta non è mai stata lavato con l'intento di migliorarla, la vedo molto originale nel suo colore. Quello che noto anch'io, come sottolineava @prtgzn (particolarmente al D/ dove le superfici piane sono maggiori) la formazione di colore scuro, dovuto molto probabilmente al fatto che è stana toccata spesso con le mani lasciando sulla superficie dell'unto che poi ha fatto il resto. Comunque un gran bel c.10
    2 punti
  7. anche io colleziono come voi per varianti (restyling e cambio serie, seguo le distinzioni che si trovano anche su wikipedia sostanzialmente) ovvero: belgio (prima serie, 3 restyling e seconda serie) finlandia (prima serie e 3 restyling) paesi bassi (prima e seconda serie) spagna (prima serie, 1 restyling e seconda serie) san marino (prima e seconda serie) vaticano (le 5 serie, ovviamente ho solo i 50 cent delle ultime 3) monaco (prima e seconda serie) in realtà su alcuni restyling di belgio e finlandia non so nemmeno se ha senso perchè sono davvero solo un cambio del simbolo di zecca e spesso sono edizioni uscite solo in cofanetto. Vedrò col tempo se ha senso mantenerle come "serie" da collezionare o accorparne in una unica. Pure io come voi se trovo un doppione messo meglio lo cambio a meno che non abbia una tiratura sotto 1.000.000 e un doppione lo tengo sempre. L'idea di collezionare anche per singoli anni mi era passata per la mente però inizia a diventare oneroso poi anche il costo di album e fogli, per ora mi accontento di collezionare anch'io su alcune varianti.
    2 punti
  8. Grazie per il contributo. Da quel che riesco a vedere i tuoi quattro esemplari rappresentano le quattro tipologie di legenda con aquila "normale", ovvero con ali completamente spiegate e zampe divaricate. Oggi posso aggiungere le immagini, già presenti nell'articolo citato sopra, di un esemplare in stato di conservazione decente, che permetterà di comprendere meglio la nuova tipologia da poco individuata: il verso, con aquila ad ali aperte ma raccolte, le zampe appaiate ed appoggiate ad un piano. Nel becco un ramoscello (??!!)... un particolare originale ed inedito. Il dritto, con ritratto vòlto a sinistra e normale legenda CAESAR•(DVX•MVT•) REG(•&•) Un saluto Mario
    2 punti
  9. sinceramente a mio avviso la discussione non finisce con un dubbio... io per la mia esperienza sul periodo posso dire che la moneta non è né una barbarica coeva, né una ufficiale di Romolo, ma certamente una moneta creata ad hoc tra i secoli XIX e XX, il tutto per una serie di motivazioni che ho espresso e che sono condivise anche da alcuni autori come Kent. questo a prescindere dal rapporto che esiste tra questa, l'altro esemplare e quella che condivide il retro (coniate, una copia dell'altra etc.... loro hanno risposto e io come ho detto ho riportato la loro risposta, che comunque mi lascia perplesso e nella quale tra le righe ho letto la forte pressione del "conferente", forte abbastanza da far chiudere occhi e naso alla casa d'aste, che per mantenere una posizione "accettabile" ha cercato una letteratura e delle motivazioni che potessero almeno reggere oltre al "lo dico io" quindi direi che è iniziata in punta di piedi, ha dato spunti importanti e si è conclusa con la risposta del venditore che non mi pareva carino commentare con scherno. il mio parere in merito mi pare espresso in modo chiaro e supportato (anche rispetto al riuso di un retro così datato) accetto comunque il parere del venditore perché per me è un modo per fare cultura e , lo ribadisco, non una crociata saluti Alain
    2 punti
  10. Saltuariamente per il mercato numismatico transita un tipo di antoniniano a nome di Claudio II che, sebbene non di rarità estrema, non è nemmeno tra i più comuni e che, in ogni caso, merita qualche piccola riflessione. Il tipo è stato oggetto di uno studio alquanto dettagliato pubblicato su "Bulletin du Cercle d'études numismatiques" n. 37/II del 2000 a firma di Luc Severs con il titolo "Remarques à propos du revers CONCOR EXERCI (RIC 26) de Claude II le Gothique (Rome, 268 AD)" e si tratta appunto dell'antoniniano (presente in tre varianti? D\ IMP C CLAVDIVS AVG, busto radiato, drappeggiato e corazzato a destra (tipo D2 secondo class. Normanby) R\ CONCOR EXERCI, la Fides stante a sinistra con testa a destra, con in uno stendardo nella mano destra e uno scettro di traverso retto con la sinistra (Fides2a) D\ IMP C CLAVDIVS AVG, busto radiato, drappeggiato e corazzato a destra (tipo D2 secondo class. Normanby) R\ CONCOR EXERCI, la Fides stante a sinistra con testa a sinistra, con in uno stendardo nella mano destra e uno scettro di traverso retto con la sinistra (Fides2c) D\ IMP C CLAVDIVS AVG, busto radiato e corazzato a destra (tipo B1 secondo class. Normanby) R\ CONCOR EXERCI, la Fides stante a sinistra con testa a sinistra, con in uno stendardo nella mano destra e uno scettro di traverso retto con la sinistra (Fides2c) Questo tipo va ricondotto alla prima emissione della zecca Romana e, secondo lo studio dettagliato di Luc Severs e le precisazioni della Estion nella sua rivisitazione online del RIC, va posizionato tra la fine del 268 d.C. e l'inizio del 269 d.C. quando, a Milano, dopo la sconfitta del generale ribelle Aureolo per mano di Claudio II (succeduto nel frattempo a Gallieno) la parte ribelle dell'esercito romano si è nuovamente ricongiunta con l'esercito sovranista: la Concordia dell'esercito rappresentata appunto dalla Fides ovvero la fedeltà nei confronti dell'imperatore unico riconosciuto, Claudio II. Il tipo, coevo con le emissioni analoghe milanesi, venne emesso per un breve periodo di tempo anticipando il più diffuso ADVENTVS AVG che onorava l'ingresso trionfale dell'imperatore Claudio II a Roma. Una particolarità che riguarda questa moneta è un piccolo sottogruppo di monete caratterizzate da un errore nella legenda del rovescio che risulta essere "CORCON EXERCI" (con una inversione della R e della N) frutto di una disattenzione (o più probabilmente di una maestranza illetterata!) dell'incisore del conio: L'esemplare in foto, attualmente nella mia collezione, è l'esemplare catalogato al n. 37 del saggio citato all'inizio oltre che il numero 135/14 della versione online del RIC e proviene dalla collezione di antoniniani di Ph. Gysen passati per la recente asta Jacquier n. 45. In totale, gli esemplari noti con questo errore di legenda sono 15 di cui 14 disponibili in foto e così suddivisi: 1) Gruppo Fides 2a (non disponibile la foto dell'esemplare n. 180 del ripostiglio di Seveux, conta complessivamente 11 esemplari): 2) Gruppo Fides 2c (conta complessivamente 4 esemplari): Concludendo posso dire che si tratta di un pezzo con pedigree e con una storia interessante alle spalle che ha avuto uno spazio di vita piuttosto breve a uso e consumo strettamente propagandistico-commemorativo che si allaccia a un particolare momento storico (sconfitta di Aureolo e ritorno della legione da lui comandata in forza all'Impero) alquanto saliente per le vicissitudini dell'Impero Gallico.
    1 punto
  11. Salve, segnalo : http://www.ilgiornaledellanumismatica.it/un-cavallo-mai-visto-di-ferdinando-ii/
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  12. Buongiorno a tutti, come classifichereste questo tornese di Filippo II? Grazie a chi dirà la sua...
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  13. Buonasera a tutti, sono alla ricerca di maggiori informazioni circa un ripostiglio di cui so pochissimo, se non quello che viene riferito da Pietro Caire in Numismatica e sfragistica novarese, 1882, memoria I, pag. 9, disponibile al seguente link , in cui si legge: [...] nel 1840 nella ricostruzione d'una vecchia casa in Borgoticino (Novara) venne scoperto un cospicuo ripostiglio di danari o grossi d'argento stupendi, conservatissimi dei municipii di Asti, Bergamo, Brescia, Como, Pavia, Milano, Piacenza e Tortona. C'è qualcuno che sa qualcosa di più o che conosce altri articoli riferiti a questo ritrovamento? Grazie! Luca
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  14. Facendo alcune ricerche vedrà che capirà di cosa sto parlando. Buona serata.
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  15. ciao a tutti, dalle foto direi che il rame non sia stato trattato. le zone nere sono punti di normale ossidazione del metallo, che non dimentichiamo rimane molto suscettibile all'ambiente circostante. Le macchioline verdi sono però degne di attenzione. come la frutta naturale che appare meno "invitante" (quella che per capirci a volte ci potrebbe regalare l'amico od il vicino col piccolo orticello) di quella che troviamo nella normale catena di distribuzione, il rame non lavato può avere zone annerite, punti di ossidazione tipici del metallo. A me piace. Preferisco un esemplare così, a quelli vistosamente rossi. Per me moneta non circolata. Nella zona del collo, dove c'è quel "colore più chiaro" è visibile il lustro del metallo. c'è anche da considerare che la foto potrebbe nascondere eventuale brillantezza, enfatizzare le zone di ossidazione o alterare la reale tonalità del rame. vista così, a me piace, e secondo me un qfdc ci sta
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  16. Spesso le vicende storiche si intrecciano in uno stesso luogo sopravvissuto al tempo diventando un melting pot storico. Un esempio: la "scrofa semilanuta" la cui leggenda deriva dall'epoca latina e di cui si può leggere la storia da wikipedia. Il bassorilievo si trova impietrato nelle mura del Palazzo della Ragione in piazza dei Mercanti di costruzione duecentesca. Il palazzo stesso è una trasposizione rinnovata di quella che era la struttura dell'antica "Sala" edificio comunemente costruito dai Longobardi per la riscossione delle tasse. Epoca classica, Alto medioevo e Basso medioevo si compenetrano e aggiungiamoci il modernismo che li circonda per completare il melting pot storico.
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  17. Ancora San Giuseppe da Copertino gr. 2,12 - mm. 19,95
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  18. Grandi della storia, grandi simboli come il coccodrillo, i blog vanno molto ormai su Lamoneta, il mio destino su Milano nella sezione monete moderne e’ in questa direzione ormai, c’e’ anche da dire che i blog rimangono qui e su Internet, se poi i temi sono alti e divulgativi come mi capita per Milano, in fondo diventi la sua voce, quello che narra, racconta, divulga...quasi un onore e poi ci sono le letture ...complimenti per la tenacia, l’impegno ma anche per una bella dose di fantasia che so essere necessaria per esperienza !
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  19. Mentre ci pensate vi mostro quest'altro scovato in rete con legenda sospetta, nella migliore delle ipotesi ha un segno (lettera?) in più tra la "R"e la "I"di ENRICVS secondo voi può essere la gambetta della R?
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  20. Ciao, mi sembra di averlo visto, tempo fa, sulla baia. Gigliato coevo, per me, come tu anticipavi, rimangono Delle escrescenze senza particolari significati.saluti Eliodoro
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  21. Volevo porre alla vostra attenzione questo gigliato che presenta sulla parte sinistra delle strane escrescenze di metallo per un vostro parere. Ringrazio anticipatamente chi vorrà intervenire.
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  22. La causa è il bilanciamento del bianco automatico non corretto, spesso avviene se le foto vengono fatte con luce "calda" e se lo sfondo usato per la foto ha un colore caldo.
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  23. Confermo....effettivamente pare essere (per la medusa), un inedito. Qui ci fu un mio articolo su un esemplare...simile, ma con la data 1577. https://www.panorama-numismatico.com/panorama-numismatico-nr-309-settembre-2015/
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  24. Ultimamente mi piace spulciare nelle vecchie discussioni per imparare sempre di più ? secondo me questa banconota presenta un evidente usura al centro (forse in controluce si vedrebbe anche il foro) e poi manca un pezzo di carta al bordo. Io, la classificherei MB/MB+. Secondo voi ?
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  25. il problema non è il salutare o il grazie secondo me... chi si iscrive per passione e per rimanere in questo forum entra con gentilezza.. chi si registra solo perchè il bis-nonno gli ha lasciato una moneta di cui sta cercando il valore gli interesserà solo quello quindi entra chiede e se ne va... potrà leggere il regolamento 1000 volte... se ne fregherà...
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  26. Grazie mille Paolino, buona giornata!
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  27. Paolo IV - Giulio per la zecca di Ancona. Ti passo la scheda della moneta. https://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-PAOIVA/9
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  29. @Ross14 guarda la perlinatura del diritto dell'Helios, tra l'altro ripassato in asta nuovamente anche da CNG nel 2009: https://www.acsearch.info/search.html?id=656584 A sinistra c'è sovrapposizione completa con la perlinatura dei due Gorny, anche a destra le lettere risultano tagliate in modo analogo per identica strettezza di tondello. Le analogie di tondello sono troppo evidenti. Non ci sono dubbi per me sul fatto che sia questa la moneta che è servita da host per creare i due Gorny, probabilmente poi nei passaggi di creazione degli stampi per la fusione ne hanno approfittato per aggiungere dettagli alle testine e alle decorazioni delle cornucopie per aumentare conservazione e valore e differenziarsi un minimo dall'originale. Un altro particolare evidenziabile sono i pesi delle monete: troppo bassi e non coerenti con i pesi dei sesterzi del periodo i due Gorny (entrambi intorno ai 20 grammi) mentre l'Helios e il CNG sono rispettivamente 26,7 e 25,5
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  30. Buonasera prima di tutto grazie per le risposte , ho fatto altre foto compreso il particolare della data un po' meglio delle precedenti
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  31. Il secondo, dalle caratteristiche quasi del tutto simili al precedente (diametro di mm. 19,90 e peso di gr. 2,12), presenta la particolarità della presenza del segno del massaro al rovescio (un punto • sotto al gomito sinistro del Redentore).
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  32. Tenere solo la moneta e il fogliettino con il codice PGCS scredita di molto?
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  33. Ripensando a questo straordinario ritrovamento, credo (o meglio ipotizzo) che la ragione di quelle monete straniere in Ungheria sia ascrivibile alle svariate guerre ottomano-ungheresi e ottomano-asburgiche, precisamente queste monete forse erano la paga (il soldo come si dice in gergo) di qualche compagnia militare. Si deve ricordare che durante le guerre contro i Turchi (iniziate dai re ungheresi già nel Trecento e conclusesi per l'Ungheria essenzialmente con la pace di Carlowitz nel 1699, ma continuate per quasi tutto il Settecento fino alla pace di Sistova nel1791) oltre alla partecipazione di eserciti regolari , ci furono anche compagnie di ventura che parteciparono (soprattutto in ambito cristiano). Quindi questo tesoretto potrebbe essere stato anche la paga di alcuni soldati giunti in Ungheria per combattere il "turco" dietro una ricompensa. Da qui mi viene in mente una bellissima recensione di Paolo Mieli ad un interessante saggio di Brunelli "La santa impresa. Le crociate del Papa in Ungheria (1595-1601)": https://www.corriere.it/cultura/18_giugno_11/giampiero-brunelli-la-santa-impresa-salerno-cb748c42-6d8f-11e8-9b64-3ff7a67664c8.shtml Per capire un meglio quindi cos'era l'Ungheria del Seicento e del Settecento (datazione del tesoretto), dal punto di vista naturalmente bellico contro i Turchi , del via vai degli eserciti nella pianura danubiana e dell'importanza che aveva per Roma questa guerra, ho pensato di inserire appunto questa recensione (pur essendo cronologicamente riferita ad un periodo un po' anteriore): "Crociata in Ungheria contro i turchi La spedizione di Papa Clemente VIII Un saggio di Giampiero Brunelli (Salerno) ricostruisce le imprese di Giovan Francesco Aldobrandini, nipote del Pontefice, che affrontò gli ottomani alla fine del XVI secolo Ippolito Aldobrandini fu eletto Papa nel gennaio del 1592 e prese il nome di Clemente VIII. Aveva 56 anni e visse fino al 1605. Sotto il suo pontificato ebbe luogo, nel 1600, una celebrazione dell’anno santo davvero considerevole per il numero di pellegrini che giunsero a Roma: oltre un milione. Ma quello stesso 1600 restò nella storia per il rogo in Campo dei Fiori che mise fine alla vita di Giordano Bruno, un’uccisione che ancora oggi la cultura laica (e parte di quella cattolica) non ha perdonato alla Chiesa. Clemente VIII fece cardinali due nipoti, Cinzio Passeri e Pietro Aldobrandini, ai quali affidò importanti ruoli di direzione della Chiesa, e si giovò anche della collaborazione di un grande gesuita, il cardinale Roberto Bellarmino. Il personaggio più importante del pontificato di Clemente VIII, quantomeno sotto il profilo militare, fu però Giovan Francesco Aldobrandini, appartenente a un ramo cadetto della casata, ma che — avendo sposato Ippolita Aldobrandini, figlia di un fratello del Pontefice — era stato ammesso nella cerchia dei «nipoti» (pur essendo poco più giovane del Papa). A Giovan Francesco Aldobrandini furono affidate, tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, ben tre missioni militari in Ungheria per soccorrere gli Asburgo contro i turchi impadronitisi del 40 per cento delle terre magiare. Spedizioni che sono adesso oggetto di un interessantissimo libro di Giampiero Brunelli, La santa impresa. Le crociate del Papa in Ungheria (1595-1601), che la Salerno si accinge a mandare in libreria. Quelle tre «imprese», spiega Brunelli, costituirono per il Papa e per la sua segreteria «la rivisitazione dell’antico sogno crociato, con nuovi obiettivi»: non più la riconquista di Gerusalemme, ormai impossibile, bensì «l’arresto immediato dell’avanzata turca e il contrattacco… puntando direttamente su Costantinopoli, dal 1453 capitale dell’impero del sultano». Era passato molto tempo dall’epoca delle crociate, i Paesi europei erano in competizione uno con l’altro e su di loro si poteva contare assai limitatamente. Clemente VIII riuscì a mobilitare in quella «santa impresa» qualche migliaio di soldati che disordinatamente, agli ordini del «nipote» Giovan Francesco, raggiunsero l’Ungheria. E, almeno in due occasioni, nel 1595 e nel 1597, ebbero ragione degli ottomani. Gli Asburgo (dapprima con Massimiliano II; poi, dopo il 1576, con Rodolfo II) avevano firmato ben quattro trattati con gli invasori turchi (nel 1568, nel 1574, nel 1583 e nel 1590) con i quali si impegnavano a versar loro una cospicua dote in fiorini ungheresi purché cessassero le loro aggressioni. Aggressioni che con ogni probabilità in quel momento non avrebbero avuto luogo, quantomeno su larga scala, dal momento che gli ottomani erano impegnati in una guerra contro la Persia durata una dozzina d’anni (1578-1590). Questa guerra li dissanguò e fu proprio la crisi economica provocata dal conflitto turco-persiano a provocare i primi contraccolpi come effetto di qualche cedimento militare degli ottomani. Le «chiacchiere» fecero il resto. In che senso? Anche a non voler retrodatare alla fine del Cinquecento la nascita della cosiddetta «opinione pubblica», scrive Brunelli, è «indubbio» che la diffusione delle voci circa la ripresa del conflitto in Ungheria contro i turchi, «debba esser collegata alla nascita di quel primissimo giornalismo che si esprimeva attraverso la pubblicazione di fogli manoscritti di notizie (chiamati “Avvisi”)». Come funzionavano queste prime forme di giornalismo moderno? Gli antenati di quelli che sarebbero stati i corrispondenti «si incaricavano di raccogliere informazioni sull’andamento della guerra, informazioni che venivano da Vienna, Costantinopoli, Venezia o da altre città più prossime al teatro delle operazioni; poi traducevano i testi in tedesco o in ungherese, li vagliavano, li ricopiavano e li mettevano in circolazione, facendoli vendere agli ambulanti». Al grido di «Nuove!», «Avvisi!». Roma fu invasa da questo genere di proto giornali che parlavano di «rotta» dei turchi e di «felice successo» degli eserciti asburgici. Notizie davvero esagerate che, però, crearono un clima particolarmente favorevole a una nuova «crociata». A chiunque — com’era il caso dell’ambasciatore veneziano Paolo Paruta — gli riferisse di questo «clima» o dei capovolgimenti militari in Ungheria, papa Clemente rispondeva compiaciuto: «Lo sappiamo, lo sappiamo». Era giunto il momento — secondo l’«opinione pubblica» romana — di «riprendere il discorso» che si era interrotto dopo la vittoria di Lepanto sulla flotta ottomana nell’ottobre 1571. Rodolfo II d’Asburgo a cui il Papa, appena eletto, aveva rivolto una specifica richiesta in tal senso, gli aveva risposto di essere ben lieto di continuare a ricevere sussidi pontifici per l’opera di contenimento dei turchi, ma che non aveva intenzione di avventurarsi in una guerra contro di loro e che — eccezion fatta per qualche scaramuccia atta a riconquistare piazze perdute, le piccole battaglie che tanto avevano elettrizzato Roma — il suo progetto era proseguire in una politica di «amicizia» e di «tregua» con la Sublime Porta. Papa Clemente decise allora di non limitarsi più alle donazioni economiche, anche perché sospettava che esse restassero impigliate nella giungla della corruzione che infestava la corte asburgica. Si rendeva conto che il resto d’Europa — Filippo II di Spagna, pur ben intenzionato, la Francia, i ribelli olandesi, la regina d’Inghilterra — non si sarebbe mobilitato per contrattaccare e, deciso a scatenare comunque questa offensiva, pensò bene di mandare in loco un corpo di spedizione. Un corpo di spedizione di diecimila fanti e seicento cavalleggeri guidati dal già citato Giovan Francesco Aldobrandini, che aveva dato buona prova in precedenti operazioni di repressione del banditismo nelle campagne romane. Il reclutamento dei soldati fu assai complicato e alcune città, come Spoleto, fecero ostruzionismo. Ma alla fine l’azione di Clemente VIII fu coronata dal successo e — secondo i calcoli dell’ambasciatore veneziano Paruta — tra il 1592 e il 1595 l’esercito pontificio era riuscito ad arruolare ben 30 mila soldati. Un terzo dei quali — come si è detto — nel 1595 furono inviati in Ungheria. In che modo? Alla spicciolata, «sbandati», a piccolissimi gruppi, di fatto ognuno a spese proprie. Marciavano «allegramente», secondo quel che riferì il luogotenente generale Paolo Sforza. Le città e i paesi attraversati, in segno di solidarietà alla «santa impresa» erano tenuti ad offrire a questi «viandanti» ricovero e cibo a prezzi più che contenuti. Le armi sarebbero state acquistate a Brescia e a Milano, poi spedite a Trento e di lì in Tirolo. Il tutto per non destare allarme nelle lande attraversate. Solo il viaggio di Giovan Francesco Aldobrandini fu «principesco». Ma quando giunse alla meta, ad Ala in Tirolo, si trovò di fronte un esercito di «straccioni», talché il generale pontificio dovette impegnarsi non poco a rimetterli in sesto con grande rapidità. Alla fine di agosto Aldobrandini raggiunse l’accampamento imperiale il cui esercito era, per così dire, impegnato in guerra con i turchi dai primi di luglio. Pochi giorni dopo gli uomini di Aldobrandini attaccarono Strigonia, che dal 1543 era in mano turca e dal 1594 resisteva all’assedio asburgico. In men che non si dica, le truppe pontificie la conquistarono. E quando, dodici giorni dopo, la notizia giunse a Roma, il Papa, per ringraziamento, si recò a piedi recitando il rosario a Santa Maria dell’Anima. In seguito Aldobrandini avrebbe voluto attaccare Buda e per qualche tempo sembrò che anche gli alleati fossero d’accordo. Ma l’intesa durò poco: ripicche, stanchezza, diserzioni, gelosie e disordine suggerirono di levare le tende e tornare a casa. «Negli accampamenti», scrive Brunelli, «gli alleati stavano diventando più temibili dei nemici». Per reazione — ma anche per fame e disperazione — i soldati pontifici «svaligiavano le masserie in cui sostavano, abbattevano e macellavano gli animali degli allevamenti, non pagavano i viveri, angariavano persino i contadini che glieli fornivano». I paesi che avrebbero dovuto attraversare, li accoglievano — di conseguenza — con ostilità. Più di cento uomini di uno dei villaggi deputati ad ospitarli li affrontarono «con bastoni e archibugi alla mano, decisi a tutto pur di vederli allontanare». L’imperatore Rodolfo II («occupato», riferisce una cronaca dell’epoca, «dalli suoi soliti piaceri et passatempi») alla corte del quale Aldobrandini era andato a perorare la causa del proseguimento dell’offensiva, fece attendere a lungo il generale e fu disposto a riceverlo solo nell’aprile del 1596. Nel frattempo i musulmani di Maometto III erano tornati all’attacco e in ottobre di quello stesso 1596 inflissero agli imperiali pesanti sconfitte. Rodolfo II se ne dispiacque al punto da proibire per quell’anno qualsiasi festeggiamento di Natale. Il Papa, anche per spronare Rodolfo, ordinò ad Aldobrandini di tornare sul campo di battaglia e coprirsi ancora una volta di gloria. All’inizio di febbraio del 1597 il generale si mise in movimento. Giunto in Ungheria, ottenne subito qualche vittoria e propose di attaccare Buda (a suo avviso, solo «un grande successo contro la capitale dell’Ungheria ottomana avrebbe dato coraggio agli ungheresi e ai transilvani»). Il 4 novembre ci fu un confronto in campo aperto fra soldati pontifici e ottomani, «praticamente da soli a soli». E gli uomini di Clemente VIII ebbero la meglio. Il Papa ne gioì nuovamente ma quella fu l’ultima volta che ebbe occasione di compiacersi per ciò che accadeva in terra ungherese. Dopo quello scontro — anche per mancanza di risorse economiche — le truppe cattoliche furono fatte rientrare e passarono quasi quattro anni prima che, nel 1601, venissero rispedite sul luogo per la terza e ultima missione, sempre guidata da Aldobrandini. Il Papa adesso si era convinto che gli Asburgo non fossero più una famiglia compatta e che alla corte dell’imperatore ci fossero troppi protestanti che boicottavano le imprese militari sotto insegne cattoliche. Tra i soldati poi l’entusiasmo si era spento per il deludente esito delle campagne precedenti e si era stati costretti a ricorrere al reclutamento di banditi ai quali veniva promessa l’impunità (a patto che, una volta tornati in patria, non riprendessero a delinquere). Vennero persino arruolati, nota Brunelli, «sudditi già condannati per aver contravvenuto agli ordini di non militare per altri sovrani». Una soldataglia che in molti casi aspettava solo la paga per poi disertare. Si diffuse poi la voce di trattative in extremis tra Rodolfo II e il sultano e a Roma iniziarono i borbottii contro imprese che «non portavano a niente», provocavano un ingente «spreco» di risorse al quale si accompagnavano anche delle «ruberie». Per di più si era in estate, un’estate torrida, e Aldobrandini, ormai sicuro di sé, si lasciava andare a qualche eccesso nel consumo di vino e frutta ghiacciata. Effetto degli eccessi fu una febbre improvvisa che lo avrebbe portato dritto alla morte. Nel mentre i soldati, senza più la sua guida, andavano incontro alla catastrofe militare. Fu come un segno divino: dopo quei giorni infausti il Papa non si sarebbe più cimentato in questo genere di impresa, avrebbe smesso di sognare la «Lepanto ungherese», sarebbe tornato a sovvenzionare (malvolentieri) Rodolfo II, e — a celebrazione della «santa impresa» — si sarebbe limitato a riportare a casa il cadavere del valoroso «nipote» per rendergli sontuosi onori funebri. Il funerale barocco del «capitano generale di Santa Chiesa» fu celebrato il 30 dicembre del 1601. Erano presenti, oltre al Papa, quasi tutti i prelati della Curia. L’orazione, tenuta dal gesuita Francesco Sacchini, fu interamente dedicata all’esaltazione del casato a cui apparteneva il defunto (nonché il Pontefice). Il vicegerente della diocesi di Roma, l’arcivescovo Berlingerio Gessi, aveva l’ordine di annotare chi fosse mancato alla cerimonia. I gendarmi dovevano altresì prender nota dei commenti dei cittadini comuni. Qualcuno, sorpreso a sparlare del morto, fu arrestato su due piedi. Venne messo in prigione persino un frate che raccontava di aver sognato, la notte prima, proprio quel funerale e di aver constatato ben nitidamente «che tutte queste spese erano fatte al vento». Forse le spese per le pubbliche esequie furono eccessive, ma la «santa impresa» degli Aldobrandini fu tutt’altro che superflua. E diede alla Chiesa — per quel che riguarda la storia della resistenza alle invasioni musulmane — titoli che fino a quel momento le erano mancati".
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  34. Tranquillo Baylon, la moneta é in alta conservazione. Forse non proprio perfetta, ma un ottimo esemplare.
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  35. @sixtus78 Ma se la togli dall'orribile scatola diventa AU30 ? Ma dai...!!! Arka P.S. Viva le monete libere !
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  36. Prova a cercare tra i rechenpfennig con Venere (indicati anche come Venuspfennig).
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  37. Ciao, per me è autentica al 100% anche se pesa 24,52 gr., non so se nel sudamerica potevano usufruire di una tolleranza maggiore rispetto il parametro imposto dall'UML riguardo le piastre, ma l'usura c'e' e si nota. Una volta era stata inserita questa tabella da un utente, non sarà per tutti i casi, ma da l'idea in via generale della perdita di peso rispetto la conservazione per i 25 gr. Un SPL non meno di 24,95 Un BB non meno di 24,8/7 Un MB non meno di 24/3-2 Un B può arrivare anche a 23
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  38. Usuratissima e maltrattata: Santa Casa di Loreto - San Francesco di Paola - gr. 4,61 - mm. 27,20 - bronzo
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  39. salve a tutti avrei bisogno di qualche info in più su questa votiva di san bosco e maria ausiliatrice,
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  40. a un anno esatto dalla mia pubblicazione della seconda edizione del "Sirmium group" voglio condividere con voi il mio stupore quando questa mattina ho aperto la cartella "bidone" in cui salvo temporaneamente le immagini..... a ottobre 2017 il mio database...sul tema di tutto rispetto a detta anche di Demo, contava 508 esemplari in soli 12 mesi ne sono apparsi (aste soprattutto ma anche musei esteri e scavi esteri) altre 278!!!!! ora, come dicevo il "bidone" va controllato e magari alcune sono doppi passaggi in asta ... qualcuna un falso salvato a futura memoria......ma caspita, +50% degli esemplari in 12 mesi... un po' di interesse si è mosso
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  41. E' in cantiere, direi in fase avanzata..., una nuova tipologia di moneta che, salvo imprevisti..., dovrebbe essere emessa entro Dicembre. Si tratta di un ibrido, ossia di una moneta d'argento e d'oro ( se non erro per la prima volta nella storia della numismatica sanpietrina ), il cui valore nominale dovrebbe essere di 5 euro. Tiratura non superiore alle 1500 unità. A me piace, la trovo esteticamente gradevole, elegante e raffinata, ma temo che non sarà apprezzata in modo particolare dai puristi numismatici per ovvi motivi... Criteri di assegnazione e prezzo non ancora stabiliti in via definitiva. --
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  42. Io direi che è necessario iniziare con un catalogo
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  43. Bronzo - gr. 2.43 - mm. 19,28 : Madonna di Loreto e San Francesco
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  44. Mattinata operativa oggi al De La Ville, info organizzative e operative a dopo, vi posto dopo la sala Duomo ora l’ingresso ....
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  45. questa è una visione contro la quale combatto continuamente… il giudizio del bello e del brutto soggettivo che diviene giudizio storico artistico di merito... in questa casistica rientrano anche frasi tipo "nel medioevo gli incisori non sapevano più leggere e scrivere" etc etc etc mi spiego… e rispondo con una slide che uso di solito nei seminari…. se il "giudizio" è il metro di paragone, dovrei intendere che Picasso, che era un grande pittore, non era più in grado di dipingere bene come Caravaggio…. ma questa è una baggianata…. la scelta espressiva dipende dal cosa voglio comunicare e come... altrimenti dovrei dire che anche oggi artisticamente siamo "barbari" perché non riproduciamo più pedissequamente i ritratti di leonardo o di raffaello…. ti pare
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  46. Una volta il criterio era il seguente: C = presente in tutte le collezioni R = presente in molte collezioni, ma non in tutte R2 = presente in poche collezioni R3 = presente in pochissime collezioni R4 = pochi esemplari conosciuti R5 = unico Credo che possa ancora funzionare, indipendentemente dalla tiratura. Arka
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  47. MADONNA D'OROPA in ferro misura solo 9 x 12 mm.
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