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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 08/18/19 in tutte le aree
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Ciao a tutti, nei ritagli di tempo in cui è possibile dare uno sguardo alla collezione, mi domando sempre i passaggi di mano delle stesse. Bene, casualmente, nello sfogliare il catalogo dell'Asta Civitas Neapolis, mi sono accorto, con un ragionevole grado di certezza, che due monete che ho preso di recente da un ottimo numismatico professionale, erano state esitate nella stessa, precisamente lotti n. 312 e n. 313. Sono due grani di Filippo iv del 1636 e del 1637 con scudo diritto con un elevato grado di rarità. In generale, credo che i passaggi d'asta diano pregio collezionistico. Bene. Chiederei a tutti gli utenti se hanno monete con uno o più passaggi d'asta. Saluti Eliodoro6 punti
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I cartellini dei cartellini....sono la mia passione ! Sarà anche una mania che mi porto dietro causa il mio lavoro, ma la tracciabilità delle monete personalmente la interpreto come un "corredo" prestigioso del collezionismo.....ovviamente impreziosito se trattasi di monete apparse veramente di rado.... inizio con un cartellino della CHRISTIE'S 2011 che proveniva dalla LEU 1962: e questa é la moneta4 punti
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Purtroppo, distinguere i falsi del 10 Lire 1965 dagli autentici è un'impresa assai ardua per l'ottima fattura degli stessi. Tuttavia, a parte il colore che nel falso è più scuro e lucido (tipo lattina di bibita poichè è in alluminio e non in italma), come prima cosa si guarda il contorno dove appaiono evidenti i segni della fustellatrice (evidentemente di qualità inferiore a quella dei tondelli di zecca), ovvero quei segni verticali prodotti dalla tranciatura del tondello. Altri segni visibili da occhio esperto nelle monete in alta conservazione sono: al D/: la parte superiore della scritta REPVBBLICA ITALIANA risulta arrotondata così come la "R" del segno di zecca e le cifre del millesimo; al R/: le ariste dei chicchi centrali (la crestina) in entrambe le spighe sono quasi assenti come se la moneta avesse circolato a lungo ed il chicco in basso della spiga a sinistra appare schiacciato; il bordo è solitamente più sottile e smussato.3 punti
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Permettimi di dissentire in parte .. perché poter dimostrare la provenienza di una moneta in un asta degli anni 30 ha una valenza ben maggiore rispetto ad una fatta ieri , anche se importante. Tanto è vero che il mercato, realizzi alla mano, lo tiene a mente ! Innanzitutto per la questione falsi : la maggior parte dei falsi attualmente in circolazione infatti è stata prodotta a partire dagli anni 60 circa e molti collezionisti / studiosi anche fra i importanti nel loro ambito ci sono cascati ( dovresti saperlo bene in ambito genovese ..persino gente come Pesce o Lunardi ci sono cascati ) Inoltre poter dimostrare la provenienza e la storia del proprio tondello da 80- 60 anni ha un fascino maggiore e particolare .. Per esempio io ho una moneta proveniente dalla collezione Gnecchi e venduta all' asta Ratto ..poter visionare la moneta con i suoi cartellini d'epoca e la bustina di carta entro cui era conservata regala un emozione impareggiabile. Personalmente sono diverse le monete, specialmente medievali inglesi, in collezione di cui posso dimostrare il pedigree , molte delle quali sono state anche pubblicate su libri dedicati. Allego qualche immagine: 1) Genova, grosso di Antoniotto Adorno doge VII. Ex collezione Ercole Gnecchi, esitato all'asta Ratto del 1914, lotto 1513. 2) Inghilterra, Edward II, penny ,zecca di Burt St. Edmund. Esemplare proveniente dalla collezione di Robert Engle e citato nell'opera (volume 2) dedicata alla zecca di Burt St. Edmund. 3) Irlanda , Edward I , penny , Dublino. Esemplare acquistato nel 1947 dall' allora ragazzino Ian Stewart poi Lord Stewartby . Illustrato sul libro scritto dallo stesso e pubblicato da Spink "English Coins " . Ex asta Spink , secondo volume della collezione di Lord Stewartby.3 punti
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Certamente i passaggi in asta sono importanti ma bisogna precisare. I passaggi in aste degli ultimi 30/40 anni li definirei solo una curiosità dato che capita spesso di vedere le stesse monete esitate decine di volte (dalla stessa ditta o da ditte diverse, magari se le scambiano pure) perché invendute. Penso invece che siano importantissimi i passaggi nelle aste del passato (Ratto, Clerici ecc ecc) che dimostrano l'appartenenza delle monete alle grandi collezioni del passato. Questo aumenta l'interesse e il valore. Per questo i vecchi cataloghi sono importantissimi.3 punti
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Altri 3 testoni della mia collezione con pedigree in comune: Gregorio XIII, Munt 56: ex Leu 36 (coll. Cappelli) ed ex Nac 81 (coll. DeFalco). È l'esemplare illustrato sul MIR.2 punti
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Trovo molto interessante questa divagazione sui cavalli di Amatrice. Ho imparato qualcosa di nuovo. E continuo a pensare che è proprio questo il bello del nostro forum. Arka Diligite iustitiam2 punti
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Grazie per la risposta Gallienus, ho preso in un'altra asta delle monete comuni solo per il cartellino compilato probabilmente nella seconda metà dell'800. Purtroppo non sono riuscito a capire da che collezione provenissero le monete. Saluti2 punti
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Vi propongo anche io alcuni dei miei testoni con pedigree... Clemente VIII, Munt 18: ex Montenapoleone 1 (collezione Santamaria), è lo stesso esemplare illustrato sul Muntoni.2 punti
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Quando ero collezionista la moneta che avevo in collezione con il pedigree più antico risaliva al 1865 e apparteneva alla collezione Allatini. Ancora oggi mi emoziona scoprire che una moneta fosse appartenuta a una famosa collezione. Arka Diligite iustitiam2 punti
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Ciao Eliodoro, Conosco la soddisfazione di scoprire che alcune monete presenti nella nostra collezione provengano da importanti vendite. Poterne ricostruire i passaggi è la cosa più difficile secondo me.....impossibile direi. Della Meravigliosa vendita CIVITAS NEAPOLIS ne posseggo quattro di monete: due (non raffigurate ma con cartellino) e due fotografate. Ma il piacere più grande lo si prova quando acquisti pezzi e poi scopri che gli stessi sono raffigurati in studi specifici..... Come la Piastra 1848 reimpressa.... Facente parte della Collezione Pin e immortalata nel suo pregevole lavoro sulle varianti delle Piastre di Ferdinando II. Saluti, Rocco2 punti
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Moneta facente parte dello stesso album citato prima. Questa mi piace veramente un sacco.1 punto
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A me giorni fa hanno appioppato una monetina sconosciuta al posto del centesimo (!). Anni fa, ad un mio amico, al posto di 50 lire di resto diedero in un bar di un paesino un bel tari' napoletano di Francesco II!1 punto
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Se gli archeologi si concentrano sulla funzione, gli storici sulla causa. Sperando di non essere noioso, ritengo utile gettare due righe sul contesto che riguarda maggiormente l'entroterra appenninico, solo per citare l'anomalia evidenziata da Toubert come suggerito da @adolfos. Infatti, nel periodo compreso tra il 950-1050 si parla incastellamento nel senso di accentramento. Bisogna riuscire ad immaginare. Queste zone non furono dominate da grandi signori, ma riguardavano piccoli nobili e contadini di vari livelli di importanza che in modo spontaneo hanno vissuto un periodo di pace in luoghi lontani da grandi vie di comunicazione (magari cadute in disuso), lontani dalle incursioni saracene ed in contesti geograficamente montani e isolati. Lontani da ogni tipo di minaccia o politica o militare prima dell'avvento dei Normanni, questi si sono dedicati in avanzamenti agrari, dissodamento del terreno e riordinamento della popolazione rurale, aggregandosi in villae, curtes e loci. L'incastellamento militare vero e proprio inteso nel senso più stretto della parola si verifica in rari casi e non se ne conoscono le cause, la mancanza di dati e di fonti non permettono di risalire alle motivazioni, che con molta probabilità, erano volute da signori locali che interagivano con le grandi abbazie vescovili e dalle istituzioni ecclesiastiche dei monasteri che concedendo i terreni permettevano di dare sussistenza alle famiglie in cambio di servigi con un vincolo denominato "libellum". L'enfiteusi finiva così con l'avere un contenuto imprenditoriale, nel senso che i livellari si assumevano l'obbligo di intraprendere le iniziative necessarie per il popolamento del castello! Vedasi San Vincenzo al Volturno e sue pertinenze. "facere castellum...et ibidem facere casas et areas et hortos et habitare ibi cum familiis et animaliis".1 punto
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effettivamente siamo andati O.T., però è un periodo che le discussioni in piazzetta sono diventate più interessanti perchè partecipano gli appassionati di diverse monetazioni1 punto
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Circolanti 2.973.000 Divisionale FS 2.000 Folder FDC 20.000 Cofanetto FS 5.0001 punto
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Di questo Tarì 1788 per Ferdinando IV ho solo due passaggi: ex NAC n°16 28-29 Ottobre 1999 lotto 1305 ex InAsta n°14 20 Dicembre 2005 lotto 2080 Ed è l'esemplare fotografato sul MIR1 punto
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Bellissimo ricostruire la provenienza delle proprie monete, anche se spesso è impossibile, anche per molte di quelle che provengono da aste, in quanto molte case d'asta ignorano o omettono le vecchie provenienze. Quasi mai ti consegnano poi i cartellini dei precedenti proprietari ed è un peccato. Quando collezionavo le antiche avevo diverse monete di cui ero riuscito a trovare i riferimenti delle precedenti collezioni. Ricordo una ex Apostolo Zeno (XVIII secolo), Tavernost (XIX secolo), poi Trau, Benz ed altre. Anche con i grossi avevo ed ho diverse monete con vecchie provenienze, non così famose però. Nel periodo in cui ho collezionato i cavalli non mi ricordo cose di vecchia collezione (magari lo erano, ma senza riferimenti è quasi impossibile dirlo per monetine "minori". Abbastanza recentemente, pur avendo da anni mollato i cavalli perché facevo fatica ad andare avanti (facevo la tipologia, una per zecca a seconda dei regnanti e non prendevo le varianti), mi sono fatto tentare da una moneta offertami da un commerciante, il quale è riuscito finora a dirmi solo che viene da una collezione anni '20, dalla quale provenivano anche altre monetine da lui proposte. Mi ha promesso, dietro mia "minaccia" (si fa per dire) di indagare sul nome del vecchio proprietario. Ve la mostro, con annesso cartellino originale, compilato evidentemente con un pennino. Non so se la terrò a lungo, visto che fa figura solitaria nel plateau, ma per il momento mi intriga.1 punto
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Questo invece è un quattrino della ex Collezione Muntoni - Vol. II - Tav. 59 n. 329 .- (CNI manca)1 punto
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Questo testone di Ancona è quello della ex Collezione Muntoni, riportato nel vol. II tav. 56 n. 223 .- (CNI 1)1 punto
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Con pedigree ho la quadrupla di Paolo V ex coll. Conte Magnaguti. Riportata sulla sua opera.1 punto
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Gregorio XIII, Munt 205: ex asta Santamaria 1956 (collezione conte Magnaguti), ex asta Montenapoleone 4 (collezione Muntoni), ex Nac 81 (collezione DeFalco).1 punto
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Gregorio XIII, Munt 27 (inedito): è lo stesso esemplare illustrato sul Muntoni.1 punto
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Pochissime volte mi è capitato di ritrovare il pedigree delle mie monete - probabilmente anche per il modesto livello della mia collezione - ma negli ultimi anni mi è capitato di acquisire, da diversi canali, numerosi pezzi della collezione del dott. Walter Bisca di Parma, che evidentemente ebbe gusti collezionistici molto vicini ai miei. I cartellini risalgono alla prima metà degli anni Settanta, e lo sento un po' come un amico, pur non avendolo mai conosciuto.1 punto
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Se provengono da un'asta importante fatta ieri o fatta 100 anni fa provengono in entrambi i casi da un asta importante. Quello che se vogliamo darebbe un peso diverso è se la moneta fosse fotografata su un catalogo d'asta prima del 1909, cosa difficile, così potresti dimostrare la presenza della moneta sul mercato antiquario prima di quella data che equivarrebbe ad un possesso legalmente legittimo della stessa per la legislazione attuale.1 punto
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Ciao, il pedigree di una moneta è una cosa che tengo in particolare conto. Certo, come già detto, deve trattarsi di monete passate in importanti aste del passato , o che hanno fatto parte di collezioni rinomate o che sono state illustrate nelle opere di riferimento per quella monetazione... Tutto questo mi fa propendere per fare anche una battuta in più nella mia offerta massima. Michele1 punto
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Interessanti osservazioni. Tuttavia vorrei fare alcune considerazioni al riguardo. Per una tiratura di oltre 3 milioni e mezzo di esemplari sono stati certamente impiegati oltre 100 conii, improntati da uno o più punzoni. Ciò significa che possono esistere piccole diversità tra le monete in rapporto al conio utilizzato (con impronta più o meno profonda, L di Romagnoli più o meno integra, ecc.). In particolare i cosiddetti "puntini" (che non ho ancora avuto modo di controllare direttamente su alcun esemplare) potrebbero ricadere molto probabilmente tra queste minime varianti; ritengo che anche la M di MCMXXVIII, trovandosi sul bordo della moneta, possa in alcuni casi essere lievemente carente anche in esemplari autentici, sebbene non tronca, come ho avuto modo di osservare. D'altra parte non esiste un solo tipo di falso, ed ognuno pesenta le sue caratteristiche distintive. Per tale motivo lo schematismo proposto risulta semplicistico. Sarei curioso di conoscere il parere di Pino (@Monetaio)!1 punto
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Virtualmente parlando, non credo ci conosciamo. Le porcate sono altre, siamo seri (considerando che l'ironia non appartiene a qualcuno).1 punto
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Come ho detto nell'altra discussione, la moneta non è stata toccata perché per l'appunto già di per sè bellissima! Non ha segni nei fondi. Aggiungo inoltre che in alcuni punti, in base all'inclinazione di luce, si notano riflessi rossicci di patina davvero molto belli. Quel leggero tocco di patina va bene così e mi dispiacerebbe molto se cambiasse.1 punto
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Non conoscevo la Crisi del 1873. Ottimo come sempre caro Litra68 !!1 punto
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Buonasera, Giuseppe, @giuseppe ballauri, bellissima moneta, bei rilievi, di piacevole impatto visivo, grande modulo, deve essere un piacere rigirarla tra le dita. Millesimo 1873. Ho trovato sempre sul web queste notizie, se i nostri fratelli Lamonetiani lo desiderano possono approfondire i vari avvenimenti, inizio io con alcuni cenni della grande depressione. P. S. Mi sa che devo rifare il riepilogo delle annate trattate. ? Saluti Alberto1 punto
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Non ho dubbi al riguardo, sembra essere il mezzo umano più semplice e pratico necessario alla sopravvivenza in zone di conflitti e di confine. Anticipare le mosse di un avversario è tutto! Se guardiamo la mappa nel periodo a cavallo dell'epoca longobarda e bizantina è possibile percepire che ci sono zone di confine che saranno state presidiate con strutture di varia tipologia. Infatti, la successiva svolta di età normanna si innesta spesso su una realtà di apparati e insediamenti fortificati come ristrutturazione a partire dai primi territori conquistati della Capitanata e della Basilicata. La tradizione attribuisce a quest'ultimi l'edificazione di molte torri e castelli, ma, essendo il settore di studio molto vasto e poco esplorato è difficile attribuirne la paternità in modo univoco --------> vedesi insediamento di Vaccarizza in Puglia, dove il castrum di origine longobardo verrà riconquistato dai bizantini diventando un "Kastron"e successivamente con i normanni diventerà un castello con motta che non risulterà essere un avamposto ma l'ultimo nucleo di una resistenza di abitanti. La sua storia risulta molto interessante perchè ci dà uno spaccato storico degli avvenimenti bellici sui confini ed un senso più profondo della parola "Castello". A questo punto si potrebbe iniziare a parlare di esempi di incastellamento Normanno-Svevo e peculiarità di questi impianti.1 punto
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Caro Rocco hai postato 2 monete veramente bellissime ed interessanti ! Penso che il ritratto di Gioachino Murat sia uno dei più belli dell' intera monetazione moderna. A differenza di Ferdinando IV di Borbone... madre natura con lui fu generosa, era "nu bello guaglione" che lasciò molti cuori spezzati tra le Nobildonne di Napoli. E doveva avere anche un grande carisma, in quanto Ferdinando II ebbe come Ministri, uomini di corte etc molti ex-murattiani che rimpiangevano quei tempi ( vedi "Re Bomba" di Giuseppe Campolieti -> leggetelo perchè è un libro notevole). Grazie veramente alle note storiche postate da Litra68 e lorluke, molto interessanti. Cerco il libro perchè lo voglio leggere. Grazie. Ciao1 punto
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Buonasera,Rocco @Rocco68, Amico mio, bellissima moneta, bel millesimo, riporto poche ma importanti notizie del 1813 di carattere generale, ed un interessante studio (fonte Web) riguardante proprio Gioacchino Murat e il 1813, anno di preparazione a qualcosa che si concretizzerà nel 1815. Il francese Gioacchino Murat ha da sempre trovato un posto di primo piano nel ristretto elenco delle grandi personalità a cui va il riconoscimento per aver, nei decenni precedenti all'Unità d'Italia, dissodato il terreno su cui sarebbe cresciuta la pianta del nostro Risorgimento. Murat aveva 41 anni allorché, nel 1808, suo cognato Napoleone (ne aveva sposato la sorella, Carolina) lo collocò sul trono di Napoli. Da quel momento si comportò non già come un proconsole napoleonico, ma come un re italiano. E proprio per approfondire questo aspetto, Renata De Lorenzo gli ha dedicato un libro, Murat, pubblicato per i tipi della Salerno editrice. Il libro - dopo un'accurata analisi della sua carriera dai tempi della Rivoluzione a quelli del Direttorio e poi, come brillante generale, al seguito di Napoleone - si sofferma, appunto, sul suo esser stato un «italiano» ante litteram. Prima di lui, il trono di Napoli era stato occupato - per due anni, 1806-1808, con discreti risultati - da Giuseppe Bonaparte, fratello dell'imperatore, che nel 1808 era andato poi a occupare il trono spagnolo in sostituzione di Carlo IV di Borbone. In che momento Murat diviene un propugnatore della «causa italiana»? Secondo gran parte degli storici, la svolta di Murat è da collocare nell'ottobre del 1813, quando è a Milano dopo il disastro della campagna di Russia (a cui Murat aveva preso parte, distinguendosi con brillanti operazioni militari) e la sconfitta di Napoleone a Lipsia. Ma la De Lorenzo retrodata la «conversione italiana» di Murat al 1809, ai contatti che a Roma, dove i francesi erano appena rientrati decretando la fine del potere temporale dei Papi, aveva avuto con ambienti franco-massoni. Personaggio chiave di questa svolta è il duca Paul François de Quelen de La Vauguyon, «espressione di ambienti sensibili alla tematica indipendentista», il quale lo convince a mettersi a capo di un progetto di liberazione e unificazione della penisola. E a La Vauguyon verrà affidato il comando di una divisione napoletana che ha l'incarico di impadronirsi degli Stati romani. A un tempo, alla fine del 1813, Murat prospetta a Napoleone la disponibilità di 30 mila uomini del suo esercito per rimpolpare le truppe imperiali; a patto, però, che a lui spetti il comando supremo in caso di riunione con le truppe di Eugenio di Beauharnais, viceré di Milano. Nello stesso momento, sollecitato in tal senso da Carolina, Murat tratta segretamente con austriaci e inglesi la diserzione dal campo napoleonico. L'incontro con La Vauguyon, scrive la De Lorenzo, «comincia a produrre i suoi effetti; in un'Italia sbandata dopo la sconfitta della Francia, nel diffuso clima antiaustriaco, Gioacchino si invaghisce del ruolo di liberatore, con una partecipazione che tende a giustificare, tramite l'ammanto ideologico, la sua fondamentale preoccupazione: conservare il regno e magari ampliarlo». «Italiano!» sì, ma solo perché ciò gli serve a conservare ed eventualmente ampliare il potere. Tra la fine di novembre e la metà di dicembre di quel 1813, per recuperare Murat, Napoleone invia a Napoli l'uomo che considera più adatto a questo genere di missioni: l'ex ministro di polizia Joseph Fouché, nominato per l'occasione Commissario generale d'Italia. Scrive Fouché che quella di Gioacchino è una «monarchia vacillante»; dirà poi che Murat gli appariva come politico «di grande coraggio e poco carattere; nessun grande personaggio del momento lo superava nel ridicolo della parure e nell'affettazione della pompa». Quanto alla corte di Napoli, secondo il duca d'Otranto era luogo «in cui la politica non era che astuzia, galanteria della dissoluzione e la rappresentazione esterna una pompa teatrale». Mi ritrovai, prosegue Fouché, «come Platone alla corte di Dionigi; dopo il mio arrivo fui assalito da intriganti delle due nazioni, fra i quali sotto una maschera di una sorta di ingenuità, riconobbi alcuni emissari di Parigi». Nonostante ciò, l'ex ministro comprende le ragioni di Murat e imputa a Napoleone, al suo non voler conferire al cognato la dignità che questi richiede, la causa dell'allontanamento del re di Napoli dall'imperatore. A Napoli, scrive, «la parola indipendenza ha acquistato una virtù magica». È una piccola grande rivelazione. A questo punto Gioacchino, influenzato dai carbonari e sulla base di un'ipotesi condivisa da Fouché, suggerisce a Napoleone la creazione di due regni in Italia, uno a nord del Po di cui sarebbe stato re Eugenio e uno a sud guidato da lui stesso. Il tutto dopo una sollevazione dell'Italia intera contro gli austriaci. Napoleone però esita. E il 31 dicembre del 1813 giunge a Napoli l'inviato del cancelliere austriaco, Adam Albert von Neipperg con la proposta di un trattato di alleanza che Gioacchino firmerà in un battibaleno, l'8 gennaio del 1814. Murat giustifica il tradimento in nome dell'indipendenza dell'Italia. La reazione del popolo è entusiasta: il re viene acclamato per le strade, al teatro San Carlo l'inviato di Vienna è applaudito con grande calore. In quel momento Murat, scrive Renata De Lorenzo, appare a molti «il personaggio ideale per incarnare la complessità del discorso nazionale: sensibile da giovane alle idee giacobine, sembra riproporre un clima in cui il patriottismo ha una valenza ancora incerta tra l'amore del luogo nativo e l'ostilità al potere regale»; ma viene ritenuto «anche capace, nel 1814-15, di andare oltre, di guardare alla nazione e all'Italia unita». L'esperienza del Triennio repubblicano in Italia (1796-99) aveva reso il termine «patriota» qualcosa di non ben definito, a tratti abusato, ma «capace di catalizzare energie come nessun'altra definizione di quell'epoca». Una volta sciolto l'equivoco che quello di Murat fosse patriottismo «francese» in terra italiana, «occorreva caricare al termine la responsabilità di gestire la "patria" contro la Francia e contro l'Austria». Oltretutto in quelle stesse settimane appelli all'indipendenza e all'italianità venivano dal mondo austriaco (in funzione antifrancese) e da quello britannico. Saluti Alberto1 punto
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Buonasera, @gennydbmoney, @paoloilmarinaio, @Rocco68, parliamo di collisione dei conio che ancora non ho ben capito, poi di punzonatura postuma, ragionavo su quest'ultima ipotesi, tralasciando il motivo (perché di difficile comprensione, o di Ampie interpretazioni, sicuramente non è una contromarca) la punzonatura immagino sia stata fatta a martello, ma in questo caso hanno dovuto dosare in maniera ben calibrata la forza da infliggere alla mazza, altrimenti immagino che l'incavo della lettera avrebbe interessato anche parte della porzione al di sotto del collo.. Cosa ne pensate? È solo una mia osservazione sbagliata? Saluti Alberto1 punto
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Ciao e Buon Ferragosto a Tutti ! Mi sembra giusto ricordare il 250° Anniversario della Nascita di Napoleone Buonaparte, avvenuta il 15 Agosto 1769 ad Ajaccio. Nato Buonaparte, cambiò in Bonaparte per essere meno "italiano",essendo stata la Corsica dominio della Rep. di Genova fino all'anno prima ( e poi scippata dai Francesi ). Chissà come sarebbe stata la storia con Napoleone Italiano. Forse sarebbe stato un semplice ufficiale e non avrebbe rivoluzionato il mondo. Comunque nel suo campo era un genio e di questo si può dare atto. Come tutti i dittatori riempì di cadaveri i cimiteri e quindi, a mio parere, non è tanto simpatico. Lo commemoro quindi non con un bello Scudo dove è cinto d'alloro, ma con una semplice monetina di quelle che usava il popolino, che fu, come sempre, soggetto passivo delle sue imprese. La data è il 1808 ( anche se non si legge bene, perchè evento raro nella monetazione, la legenda è in incuso ) Ciao !!1 punto
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Ognuno di noi nella vita segue un percorso. L'importante è che l'esperienza sia un'accrescimento. Le monete debbono essere ricordo, una fonte di cultura, non un'ossessione o una manìa. Io mi ricordo mio padre che mi ha dato tanto, anche in campo numismatico, che era abbonato ( sì era proprio così !) alle emissioni annuali delle Zecche dello Stato, di San Marino e pure del Vaticano. Ogni anno arrivava il plico con la nuova emissione delle varie zecche. Monete chiuse nella plastica, che non avevano storia e non l'avranno mai, perchè mai messe in circolazione e toccate con mano da nessuno. Però non le ho mai vendute. Sono un ricordo e, anche se le tengo in cantina, quando le guardo, mi ritornano in mente tante cose. Quindi " ascuolta ammè" tienile... ormai sono parte di te. Saluti1 punto
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per completare la serie dei 9 cavalli 1790 aggiungo anche il MAGLIOCCA 325b ,torre senza merli...1 punto
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Il 9 cavalli, come gli altri nominali inferiori, a differenza del grano e della pubblica, non hanno sigle al rovescio delle cariche in zecca. A questo punto mi chiesi quale, in questi nominali fosse il SEGNO del differente mastro di zecca. Il 90 segna, dopo la breve parentesi della R C sulle monete il cambio del mastro da C e C a A e P per le vicissitudini descritte nel Manuale. Per me..semplice...nel 90 si passa dal conio con torre a lati curvi a quello con lati dritti. L'incisore o chi per esso volle distinguere le monete uscite dalla zecca in diversi tempi e marcare con questa differenziazione dei coni nel 90 quelli del Coppola da quelli del Planelli.. nel 90 abbiamo una coppia diversa giusto perché la carica passo di mano nel mese di giugno del 90. Quindi abbiamo coni del Coppola è coni del Planelli.. Buona notte.1 punto
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