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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 04/09/20 in tutte le aree

  1. Buongiorno, vi segnalo i primi risultati di scavi archeologici compiuti a Gorizia e che hanno permesso di scoprire che l'insediamento umano iniziale nell'area cittadina risalgono alla protostoria (dato inedito). Gorizia, Corte Sant’ilario. Dalla protostoria alla necropoli medievale I secoli della Gorizia passata svelati dagli ultimi scavi di tutela Il prosieguo delle indagini archeologiche, nell’ambito dei lavori di riqualificazione di Corte S. Ilario da parte del Comune di Gorizia, ha restituito nuovi dati per la comprensione dell’edificio a pianta ottagonale e della zona cimiteriale posta a sud del Duomo, aprendo tuttavia ulteriori questioni storiche e rivelando inoltre, inaspettatamente, una inedita e del tutto inaspettata testimonianza di presenze di epoca protostorica per Gorizia, precedentemente attestate solo in via sporadica e occasionale. L’intervento archeologico è stato eseguito sotto la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli-Venezia Giulia (Paola Ventura) da parte di Arxe s.n.c. I dati più innovativi emersi dagli ultimi scavi riguardano la datazione del deposito archeologico su cui si trovano il cimitero e le strutture ad esso legate o di poco successive. Nel corpo di questo strato argilloso/sabbioso, determinato probabilmente dall’accumulo di fango e di detriti provenienti dalle pendici del colle del castello, è stata individuata una concentrazione di pezzi di arenaria scottata frammisti a frammenti ceramici riferibili ad almeno mezza dozzina di vasi, nessuno dei quali conservato integralmente. Questi rinvenimenti sono di particolare importanza perché i reperti sono databili al momento di passaggio tra l’età del Bronzo Medio e quella del Bronzo Recente, attorno al 1.400-1.300 a.C., e rappresentano quindi la prima attestazione localizzata di presenze così antiche a Gorizia. Un altro importantissimo aspetto evidenziato da queste ultime indagini riguarda la struttura ottagonale dell’edificio, già raffigurata su una planimetria del 1583, che aveva fatto ipotizzare una sua funzione battesimale; lo scavo, ora reso possibile dopo il dissequestro dell’area, ne ha rivelato l’intero perimetro in muratura, pur interrotto in più punti da recenti sottoservizi. Al suo interno, sul lato settentrionale, alcuni gradini in pietra addossati alla parete, garantivano l’accesso all’interno, che presentava un piano di calpestio semi-interrato rispetto a quello esterno, solo in parte finora messo in luce. Lo scavo del riempimento è ancora in corso, ma allo stato attuale sembra accertato un utilizzo dello spazio come ossuario, almeno nell’ultima fase; solo la prosecuzione delle indagini potrà chiarire ulteriormente questo aspetto. Tuttavia è già possibile affermare che la struttura si inserisce in una fase successiva al primo utilizzo del cimitero: infatti nella fascia immediatamente a nord, compresa fra l’edificio ottagonale ed il lato sud del Duomo, sono state rinvenute e scavate altre dieci sepolture, almeno due delle quali sembrano riferibili ad un’epoca più antica, a causa della maggiore profondità e della tecnica di esecuzione delle fosse. Sono stati perciò prelevati dei campioni di osso da queste due sepolture e altri due campioni dalle tombe più alte, e quindi ipoteticamente più recenti, per future analisi al radiocarbonio che potrebbero fornire indicazioni sulla durata d’uso del cimitero: sulla base delle fonti storiche viene ipotizzato un inizio già nel ‘400 (la presenza del Duomo è accertata infatti dalla fine del ‘200, forse sul luogo di una piccola cappella precedente), mentre il termine viene posto nella seconda metà del ‘700. Tratto da https://www.girofvg.com/a-gorizia-i-nuovi-scavi-mettono-in-luce-testimonianze-protostoriche-e-una-necropoli-medievale/ Ciao Illyricum
    4 punti
  2. Ecco la seconda emissione di Marquardo del 1378 (?) - 1381 (Rif.: Passera-Zub 245; CNI VI, 6; Bernardi 58a). E' interessante l'iconografia di questo denaro. Sul dritto infatti c'è la lettara M gotica dell'iniziale del Patriarca con, sopra, due oggetti misteriosi. L'ipotesi più probabile, ma fino a prova contraria, è che sia un globo appoggiato su un cuscino. Questo è un esempio di quelle immagini che dovevano essere di immediata lettura per i contemporanei, ma risultano difficili da comprendere per noi. Sul rovescio una croce che abbiamo già visto in precedenza sui grossi tirolini composta da due croci patenti una grabìnde e una piccola. Arka Diligite iustitiam
    4 punti
  3. Ciao a tutti. Volevo proporvi questa piastra, arrivatami dal Regno Unito, finalmente a casa!!! Condizioni accettabili , 27,08 grammi, taglio a treccia, 41 mm.
    3 punti
  4. Ciao a tutti cari ragazzi, avvicinandoci ai momenti più cruciali della Settimana Santa, colgo l'occasione per porre i miei auguri per una Serena Pasqua a Voi e alle Vostre Famiglie. Con sentito affetto. Pasquale Annibale Carracci ( 1585 ) Il Battesimo di Cristo Bologna - Chiesa dei Santi Gregorio e Siro Annibale Carracci ( 1593 ) La Resurrezione di Cristo Parigi - Museo del Louvre
    3 punti
  5. Il bagattino per Brescia esiste anche con sguardo rivolto a dx.
    3 punti
  6. Usciva nel settembre del 1970, un doppio album con un’orchestra sinfonica di 85 persone, sei musicisti rock, tre cori e Ian Gillan, la mitica voce dei Deep Purple nella parte del figlio di Dio. Jesus Christ Superstar, il musical dei musical, l’opera rock che «osò» raccontare la Passione di Cristo tra atmosfere hippies e chitarre elettriche. E pensare che all’inizio era «solo» un album che proprio quest’anno compie 50 anni.
    2 punti
  7. Stabilire quali monete venissero utilizzate a Romagna nel 1374 è una chimera. Sicuramente possiamo dire che in quel periodo storico, indicativamente venivano utilizzate le monete che circolavano principalmente in tutta la Romagna (Ravenna e Rimini in primis) e nelle Marche (con particolare riguardo all'Anconetano). Quindi direi che si usavano Denari e grossi agontani e bolognini, i primi emessi indicativamente dalle zecche di Ancona, Ravenna e Rimini (quest'ultima in minor misura) nonchè i bolognini e le altre monete emesse dalla zecca di Bologna. PS: l'articolo suggeritoti da @Illyricum65 e che non riesci a scaricare, te lo posto io, sperando sia scaricabile. Zecche_clandestine_e_poteri_signorili_in.pdf
    2 punti
  8. Continuando con le zecche piemontesi : Zecche Italiane - Tortona. Comune (1248-1322). Grosso maggiore. D/ Le sigle di Federico F R con due stelle ad otto punte sotto e omega sopra R/ Croce patente con due stelle a otto punte nei quarti alti. CNI 1. MIR 1026. AG. g. 1.51 mm. 23,06. RR. BB-SPL. Fondi lucenti La concessione di coniare moneta venne data da Federico II e si mantenne fino al 1322 quando il Comune passò sotto Roberto D'Angiò.
    2 punti
  9. Il collage lo realizzò un preparatissimo utente che dal 2014 non si collega più... @JunoMoneta non sai quanto ci manchi! Vi invito a visitare questa vecchissima discussione, dove venne postato questo collage. La iniziai io nel 2011...
    2 punti
  10. Buongiorno, oggi ci spostiamo su San Marino 100 Lire 1978 Trovo molto bella la moneta su entrambe le facce, stupenda rappresentazione del lavoro nei campi. Saluti Alberto
    2 punti
  11. Solo 783 es. coniati TURCHIA REP. 500 LIRE 1979 mm.22 g.8 AU 917/1000 D/ TURKIYE CUMHURIYETI FAO KÖYLÜ KADININI KALKINDIRMA FAO (emissione per la FAO, Food and Agriculture Organization) EMANCIPAZIONE FEMMINILE NEI VILLAGGI – Busto a sinistra di Sposa in costume tipico. R/ stella e mezzaluna. 500 LIRA 1979 in ghirlanda di spighe e alloro.
    2 punti
  12. Contribuisco con una moneta indiana: India 20 Paise 1983 FAO
    2 punti
  13. 1930 Bulgaria 10 Leva 1930 1930 Finlandia 5 Markkaa
    2 punti
  14. ciao @giuseppe ballauri , riguardo a questo pezzo @Rex Neap aveva postato questa foto esauriente circa le corone, sempre in questa discussione!!!!!!! Alcune sono veramente particolari.
    2 punti
  15. :drinks: Direi proprio di sì! :drinks: Ora me lo stampo, lo incornicio e lo appendo in camera. Così la prossima volta che mi capita un pezzo interessante per questo tipo ho un valido specchietto visivo a cui fare riferimento. Ogni volta che vedo un rovescio di questa moneta vado nel pallone perché non so affidarmi ad un parametro "oggettivo" ed affidabile. Grazie! :pleasantry: Anch'io ho fatto lo stesso per le Corone che gentilmente ci hai postato, ma per gli amici della sezione, esperti e meno esperti, ho fatto una cosa in più; le ho raggruppate in un unico file PDF così da far notare che veramente la Monetazione Napoletana è secondo me unica al mondo. Per un nominale da 120 Grana con la sola data 1805 guardate quante differenze.......... :o e parliamo della sola Corona.
    2 punti
  16. Salve a tutti. Quest’oggi volevo proporvi una nuova discussione “trasversale”, dato che l’argomento di cui andremo a trattare ci permetterà di spaziare in situazioni storiche e numismatiche dal Mezzogiorno al Settentrione della nostra penisola. Anche questa volta, al centro del nostro dibattito troviamo un sovrano napoletano della dinastia francese degli Angioini, Roberto d’Angiò (1309-1343), autore di una coniazione molto particolare ed estremamente rara che merita di sicuro un approfondimento. Ecco la descrizione del pezzo in esame: Gigliato. D/ + ROBERTUS • DEI GRA IERLM • ET SICIL • REX Robertus Dei gratia Ierusalem et Siciliae Rex. Roberto, per la grazia di Dio, Re di Sicilia e Gerusalemme. Il Re coronato, seduto frontalmente su di un trono con protomi leonine ai lati, tiene nella mano destra lo scettro gigliato e nella sinistra il globo crucigero. R/ + IPPETUU CU SUCCESSOIB DNS TRE PRATI In perpetuum cum successoribus dominus Terrae Prati. Signore in perpetuo della Terra di Prato con i suoi eredi. Croce piana ornata, con le estremità fogliate, accantonata da quattro gigli. CNI XI, p. 345, n° 1 (tav. XXII, n° 4). AR 3,90 g. e 27 mm. (esemplare della Collezione Reale, già ex Collezione Gnecchi, n° 3515). Un altro esempio trovato in rete, dal peso dichiarato di 3,78 g.: Si sa benissimo oramai che il gigliato fu una moneta ampiamente accettata in molti luoghi diversi tra loro, non solo d’Italia, ma anche d’Europa e addirittura fu imitata e scambiata nelle zecche e negli Stati dell’Oriente Latino. Tale fama scaturisce dalla bontà della lega utilizzata per la coniazione di queste monete, molto più ricca di fino rispetto ad altri nominali, non solo italiani, che si potevano trovare in circolazione all’epoca. Era, se vogliamo, una specie di “dollaro” d’argento del Basso Medioevo, utilizzato per i commerci locali nel Regno di Napoli, ma anche per quelli di più vasta portata, tant’è che si sviluppò un vero e proprio giro d’affari intorno all’imitazione del gigliato napoletano o robertino, come veniva chiamato per via del sovrano che lo fece diventare così celebre e ben accetto. Non ci si sorprende, quindi, di trovare una moltitudine di gigliati che si differenziano anche molto da quelli coniati a Napoli durante il regno di Roberto d’Angiò, ma il gigliato “pratese” ha avuto sempre un ruolo molto particolare nella numismatica non solo napoletana, ma italiana in generale, per via della sua esimia rarità, ma soprattutto per i risvolti storici che tale moneta potrebbe rivelare. E allora è il caso di vedere meglio le circostanze storiche che portarono alla realizzazione di questo strano pezzo. Innanzi tutto occorre spiegare perché la definizione di “pratese”. La caratteristica peculiare risiede proprio nella legenda di rovescio, ampiamente sciolta e tradotta in fase di descrizione. In pratica, Roberto d’Angiò, oltre che Re di Napoli, veniva riconosciuto anche come signore della Terra di Prato, la città toscana in provincia di Firenze. Il privilegio signorile si estendeva anche ai suoi eredi, quindi, dopo la morte del sovrano angioino, i suoi successori avrebbero beneficiato della signoria di Prato. Come si configura storicamente un tale potere? Come arrivò Roberto d’Angiò a detenere i diritti su città così lontane da Napoli e dal suo Regno, coinvolte in ben altre realtà politiche? E, soprattutto, come si giunse alla coniazione di una moneta, il gigliato, appunto, che per stile e standard ponderale rientra perfettamente nei meccanismi economici napoletani, ma che è di più difficile inserimento in quelli toscani? Dobbiamo pensare ad un’Italia divisa tra due principali fazioni: i Guelfi, sostenitori del partito filo-papale, e i Ghibellini, favorevoli invece nel riconoscere all’Imperatore di Germania un potere temporale superiore a quello della Chiesa di Roma. L’autorità imperiale, inoltre, voleva anche consolidare la propria influenza in Italia, ormai solo un ricordo rispetto a ciò che era stata nel corso del XIII secolo o anche prima. Gli scontri tra le diverse fazioni nelle città dell’Italia settentrionale portarono i liberi comuni ad indebolirsi per i dissidi e le divisioni interne: sia Firenze che le città limitrofe della Toscana, infatti, erano molto deboli militarmente e non riuscivano a fare fronte alle esigenze belliche che il tempo imponeva. Tra il 1305 ed il 1310, quindi, Roberto d’Angiò, uno dei sovrani più potenti d’Italia, era stato coinvolto nelle lotte politiche toscane e si schierò dalla parte dei Guelfi: il Re di Napoli, infatti, già nel 1305, quando era solamente Duca di Calabria, fu insignito della signoria di Firenze, che mantenne pressappoco fino al 1321, e messo a capo di una lega di città toscane che si opponevano al potere ghibellino ed imperiale in Italia. Prato, la cui situazione militare non era molto diversa da quella della vicina Firenze, aveva vissuto anni migliori dopo che, alla metà del XIII secolo, si era fissato lo Statuto cittadino e il centro aveva riconosciuto la propria qualifica di libero comune. La floridezza economica di quei tempi, dovuta al grande sviluppo dell’industria della lana, era solo un lontano ricordo. Dal 1312 la situazione peggiorò ulteriormente a seguito delle guerre intestine che affliggevano le città toscane: Prato, insieme alla lega di città che facevano capo a Firenze, composta da Siena, Pistoia, Arezzo, Volterra, Colle Val d’Elsa, San Gimignano e San Miniato, si trovò contrapposta alla Pisa di Uguccione della Faggiola, condottiero ghibellino e vicario imperiale in Italia. Uguccione si rivelò una minaccia concreta per i Fiorentini i loro alleati nel 1315, quando le armate ghibelline collezionavano sempre più successi sui nemici di parte guelfa. Fu proprio in quell’anno (tra l’altro, passato alla storia come il più fulgido per il partito ghibellino in Italia) che Firenze si decise a chiedere aiuto militare a Re Roberto. Quest’ultimo acconsentì, radunando in breve tempo un congruo numero di truppe che, inizialmente, dovevano essere guidate da suo figlio, nonché erede al trono, Carlo d’Angiò (1298-1328), Duca di Calabria dal 1309 e Vicario Generale del Regno. Il comando, però, passò poi all’ultimo momento nelle mani del fratello del Re, Filippo I di Taranto (1294-1332). La colonna partì dunque per Firenze per unirsi al resto dell’esercito guelfo che la lega toscana aveva raccolto per far fronte alla minaccia ghibellina. Lo scontro sembrava giocare a favore dei Fiorentini e dei loro alleati napoletani, vista la loro superiorità numerica. Uguccione, oltre ai Pisani, poteva fare solo scarso affidamento su Lucca, perché questa città era stata presa dai Ghibellini con la forza. Il confronto armato non si fece attendere: la battaglia di Montecatini (29 agosto 1315) sancì la gloriosa vittoria dei Pisani di Uguccione che, contro ogni pronostico, misero in fuga i Fiorentini con i loro alleati. Il comandante napoletano Filippo di Taranto neanche prese parte allo scontro perché, colto da febbre, fu costretto a ritirarsi dal campo di battaglia e a rientrare precipitosamente a Firenze, la cui situazione peggiorava giorno dopo giorno. Roberto d’Angiò, da parte sua, non si mostrò molto preoccupato della sconfitta subita dalle sue truppe in Toscana: Firenze, che dal 1305 si era costituita sotto la sua protezione, rimaneva, con il suo circondario, ancora salda e sicura. Qualche anno dopo, però, tale sicurezza crollò: nel 1325 il baricentro ghibellino da Pisa si era spostato a Lucca che, sotto il suo signore Castruccio Castracani, aveva riscoperto un nuovo periodo di riscossa militare, culminato con la vittoriosa (per i Ghibellini) battaglia di Altopascio il 23 settembre di quello stesso anno. Questa volta, Roberto non aveva inviato alcun aiuto contro il Castracani per favorire i Fiorentini, così, quando questi arrivò addirittura a minacciare la città stessa, essi si rivolsero al Duca di Calabria, Carlo, figlio di Re Roberto, il quale fu eletto dai Guelfi nuovo signore di Firenze a garanzia della protezione angioina sulla città. Carlo accettò e l’anno successivo, nel 1326, il 13 gennaio, si recò a Firenze per prendere possesso del nuovo incarico che gli era stato offerto. Ma la permanenza di Carlo e del suo seguito di Angioini nel capoluogo toscano fu breve: nel 1327, il Duca fu richiamato a Napoli, poiché le truppe tedesche di Ludovico IV il Bavaro (1328-1347), allora Rex Romanorum (1314-1328), minacciavano il Regno nella loro discesa in Italia verso Roma. Si ritiene che il gigliato “pratese” fosse stato battuto intorno al 1326, quindi durante la signoria fiorentina di Carlo d’Angiò, per l’infeudamento di Prato alla casata angioina. Le legende sulla moneta, che vanno lette in modo continuo tra diritto e rovescio, comunicherebbero che Roberto d’Angiò, già Re di Napoli, era anche signore (dominus) di Prato e che il privilegio si estendeva anche ai suoi successori, cioè a Carlo Duca di Calabria. Quest’ultimo, nato dal matrimonio celebrato il 23 marzo 1297 tra Roberto e Jolanda d’Aragona (1273-1302), era l’unico figlio maschio della coppia reale e, nel 1316, contrasse una prima unione, infruttuosa, con Caterina d’Asburgo (1295-1323). Nel 1324, poi, prima di essere chiamato dai Guelfi a Firenze, Carlo sposò in seconde nozze la giovanissima Maria di Valois (1309-1332), dalla quale ebbe la figlia, futura Regina di Napoli, Giovanna I d’Angiò (1343-1381). Appena Carlo si allontanò da Firenze nel 1327, Castruccio ne approfittò per occupare molte città che prima erano cadute sotto la giurisdizione feudale angioina: in nome dell’Imperatore tedesco, il condottiero ghibellino, divenuto intanto Duca di Lucca, arrivò ad attaccare anche Pistoia e Prato. Gli abitanti di questi due centri, soprattutto i contadini che erano quelli più esposti alle scorribande ghibelline nelle campagne intorno alle città, per non subire gli attacchi nemici, scesero a patti con il Castracani: in cambio di un tributo semestrale da pagarsi in denari, i Pistoiesi ed i Pratesi evitarono attacchi e saccheggi da parte dei Ghibellini del condottiero lucchese. In realtà, fino a quando gli Angioini si ersero a garanti della sicurezza dei Guelfi toscani, Firenze e gli altri centri toscani limitrofi non subirono mai il sopravvento della parte ghibellina avversa. Il gigliato “pratese”, dunque, costituisce una moneta commemorativa (e non una medaglia, come credeva Arthur Sambon e com’è riportato anche nel CNI XI) che aveva lo scopo di manifestare la sovranità signorile degli Angioini, di Roberto e di suo figlio Carlo, sui centri guelfi toscani minacciati dall’inarrestabile potenza militare ghibellina. Si potrebbe anche pensare che la moneta circolasse nel ristretto entourage del Duca di Calabria e che difficilmente abbia interagito con la moneta e l’economia locale fiorentina, poiché, come faceva già notare il Sambon, il gigliato era sì una moneta ben accetta all’epoca (quindi magari sarà anche stata accettata in alcune transazioni tra Angioini e Fiorentini), ma era profondamente diversa per caratteristiche fisiche rispetto al sistema monetario ed economico fiorentino. Dobbiamo poi pensare che Prato patteggiò un accordo per non essere occupata dai Ghibellini di Castruccio solo nel 1327, ovvero dopo la partenza di Carlo d’Angiò da Firenze. Dato che Prato non ebbe mai una propria zecca, sembrerebbe più logico ipotizzare che il gigliato in questione fu coniato nel 1326 a Firenze, durante il breve soggiorno del Duca di Calabria in città. Forse la sua breve permanenza e il circoscritto utilizzo del gigliato “pratese”, in unione con lo scopo commemorativo dell’emissione, non consentirono la coniazione di un gran numero di pezzi, anzi, ne frenarono la produzione allo stretto indispensabile per le esigenze degli Angioini, padroni della scena politica cittadina. Dobbiamo poi notare che questa teoria non sembra priva di fondamento, se pensiamo che, a Napoli, la locale zecca incrementò la produzione di gigliati, per volere regio, proprio nel 1326! In questo anno, infatti, furono assunti nuovi manovali in zecca per la lavorazione delle monete d’argento, in vista del successo e delle attenzioni che il gigliato napoletano stava ricevendo in molte parti d’Europa e del Mediterraneo. Ma non furono solo gli Angioini ad aiutare militarmente i Guelfi toscani e ad importare a Firenze il gigliato “pratese” di stampo e peso napoletani: sotto Roberto d’Angiò, le finanze del Regno di Napoli erano quasi monopolizzate da potenti banchieri fiorentini. Pensiamo che molte Compagnie bancarie avevano filiali a Napoli che costituivano il fulcro di importanti guadagni. Proprio con il governo di Roberto assistiamo spessissimo all’affidamento dell’incarico di Maestro di Zecca, ufficio fondamentale per la gestione della stessa, ad esponenti di queste potenti Compagnie. Tra questi ricordiamo: 1. Lapo di Giovanni di Benincasa, un mercante fiorentino, fattore della Compagnia degli Acciaiuoli, fu Maestro di Zecca nel 1317. Fu proprio tra il 1317 ed il 1319 che si decise di inserire sui gigliati dei simboli per poter distinguere l’operato delle diverse maestranze, poiché in molti casi si erano verificati dei cali nel peso effettivo delle monete rispetto a quello teorico stabilito (pari quasi a 4 grammi). 2. Donato degli Acciaiuoli, Maestro di Zecca nel 1324 (al 12 febbraio si data l’appalto per il suo incarico), proseguì la battitura dei gigliati di peso accurato, com’era già stato fatto sotto l’amministrazione dei suoi predecessori, Rainaldo Gattola, di Napoli, e Silvestro Manicella, di Isernia. 3. Petruccio di Siena, Maestro di Zecca nel 1325, anch’egli esponente della Compagnia degli Acciaiuoli. 4. Domenico di Firenze, Maestro di Zecca sempre nel 1325, esponente della Compagnia degli Acciaiuoli. 5. Dopo l’intermezzo del napoletano Rogerio Macedonio, nel 1327, a dirigere la Zecca partenopea troviamo nuovamente un fiorentino, un certo Filippo Rogerio, della Compagnia dei Bardi. 6. Pieruccio di Giovanni, ugualmente fiorentino, fu Maestro di Zecca dopo il 1327 ed esponente della Compagnia degli Acciaiuoli. 7. Sempre in una data posteriore al 1327 a capo della Zecca viene annoverato il fiorentino Matteo Villani, della Compagnia dei Bonaccorsi. Tutte queste Compagnie bancarie fiorentine avevano, attraverso il controllo dell’ufficio di Maestro di Zecca, oltre a rapporti commerciali di favore tra Firenze ed il Regno, anche il sopravvento sulla gestione della moneta regnicola e sulla sua circolazione. I Bardi, presso la cui filiale di Napoli lavorò anche il padre di Boccaccio, gli Acciaiuoli e i Bonaccorsi, insieme ad altre Compagnie fiorentine, fallirono a seguito del mancato saldo del debito che i Re si Francia ed Inghilterra avevano contratto con i Fiorentini a seguito dell’allestimento degli eserciti per la Guerra dei Cent’anni. Anche Roberto d’Angiò aveva un grande debito con gli Acciaiuoli, che di fatto erano i banchieri della Casa d’Angiò e tenevano in mano le finanze di mezza Napoli, in quanto questi ricevette un primo prestito di ben 50.000 fiorini d’oro e suo figlio Carlo, Duca di Calabria, beneficiò di un secondo prestito pari a 18.500 fiorini. Dopo la mancata restituzione delle somme dovute dai sovrani francese ed inglese, Roberto non saldò il suo di debito usando come precedenti le insolvenze degli altri due Re, Filippo VI ed Edoardo III. Ma gli Acciaiuoli beneficiarono grandemente della benevolenza regia: sotto Roberto, Niccolò Acciaiuoli fu nominato prima cavaliere e con l’avvento di sua nipote, Giovanna I, fu invece creato, nel 1348, Gran Siniscalco del Regno. Fu proprio Niccolò a farsi promotore del (secondo per la sovrana) matrimonio tra Giovanna I e Luigi di Taranto (1352-1362). Quando questi morì, il 26 maggio del 1362, l’Acciaiuoli fu il principale protettore dei diritti della Regina angioina (a cui, tra l’altro, doveva tutte le sue fortune) quando altri nobili ne minavano il potere. Ma, ritornando in Toscana, Prato rimase ancora per poco tempo in mano angioina: morto Roberto a Napoli, il 16 gennaio 1343, (Carlo era già morto il 9 novembre 1328) Firenze tentò, a partire dal 1350, di conquistare con la forza la città vicina, vedendo la morsa angioina allentarsi dai comuni toscani come un’occasione di rinascita politica. Nel 1351, con un atto cancelleresco approvato da Giovanna I, la Corona di Napoli cedeva i diritti feudali di Prato a Firenze dietro pagamento di una somma ammontante a circa 17.500 fiorini. Anche dietro questo atto si nasconde un disegno politico di Niccolò Acciaiuoli che, in virtù della propria influenza sulla Regina napoletana, spinse la sovrana a concludere un accordo remunerativo con Firenze. Da allora, la città di Prato non è mai uscita più dall’orbita fiorentina.
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  17. Ho pensato di aprire una tale discussione essenzialmente per due ragioni: - far conoscere la triste sorte di popoli che non usufruiscono di molta pubblicità - in secondo luogo, sono stato tacciato di razzismo perché ho aperto solo una discussione sull'antisemitismo (strano modo di pensare: sei razzista perché parli di razzismo, va bene lo stesso) e non su altri popoli oppressi. Quindi ho pensato di chiedere scusa per il mio imperdonabile comportamento e parlare anche di altri oppressi. Certamente non sono seminari ma solo spunti di riflessione da cui partire per approfondire poi personalmente le varie tematiche. Iniziamo con i Tartari di Crimea, popolazione poco conosciuta ma che ha patito molte sofferenze: "La deportazione dei tatari di Crimea (in lingua tatara crimeana qırım tatarları sörgene) organizzata per ordine di Iosif Stalin nel 1944 verso la RSS Uzbeka come punizione collettiva per il presunto collaborazionismo con il regime nazista della Reichskommissariat Ukraine tra il 1942 e il 1943. La deportazione ebbe inizio il 18 maggio 1944 in tutte le località abitate dai crimeani. Più di 32.000 truppe della NKVD parteciparono all'azione. 193.865 tatari crimeani furono deportati, 151.136 dei quali verso la RSS Uzbeka, 8.597 verso la RSSA dei Mari, 4.286 verso la RSS Kazaka e i rimanenti 29,846 in diversi oblast della RSSF Russa. Dal maggio al novembre 10.105 tartari crimeani morirono di fame in Uzbekistan (il 7% dei deportati nella RSS Uzbeka). Circa 30.000 (il 20%) morirono in esilio nel primo anno e mezzo, secondo i dati del NKVD, mentre questa cifra salirebbe al 46% secondo attivisti tatari crimeani. Gli attivisti crimeani chiedono il riconoscimento della deportazione come genocidio." https://it.m.wikipedia.org/wiki/Deportazione_dei_tatari_di_Crimea Per chi mastica l'inglese può andare su questa pagina web e troverá maggiori informazioni https://en.m.wikipedia.org/wiki/Deportation_of_the_Crimean_Tatars Allego due foto: una si commenta da sola, l'altra mostra il faccione sorridente di Lavrentiy Beria , il fautore materiale del genocidio.
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  18. Ho acquistato questo 5 Francs 1873. Mi deve ancora arrivare ma devo ammettere che l’ho acquistato per merito della patina che sembra davvero bella.
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  19. Bruto e Cassio furono subito identificato come l'anima della rivolta contro Cerare e il cesarismo, i protagonisti del tirannicidio. Ma erano due persone molto, molto diverse. Quinto Servilio Cepione Bruto, figlio di Servilia (donna bellissima oltre che spregiudicata, amante di lunga data di Gaio Giulio Cesare), nato "Marco Giunio Bruto" e poi adottato, era un idealista, forse addirittura fuori dal tempo. Animato da sentimenti nobilissimi praticava l'oratoria, studiava la filosofia e amava la musica. Devoto agli dei, era particolarmente affezionato ad Apollo Delfico. Apprezzato dalle truppe, amato dagli amici, ammirato dalla nobiltà, persino i nemici trovavano impossibile odiarlo. Soprattutto, perseguiva la libertà, a ogni costo; ebbe a dire, un giorno, che "È meglio, in verità, non comandare nessuno che servire qualcuno: perché senza comandare è concesso vivere onestamente, in servitù non c'è possibilità di vivere". Personalmente non ne stimo l'immagine che ci è stata tramandata: mi sembra più un pazzo pericoloso, che un nobile eroe tragico; ma è un'idea soggettiva. Indubbiamente, però, doveva suscitare ammirazione per la sua pretesa di integrità morale, ancorché probabilmente folle. Arrivò alle Idi di marzo intimamente lacerato: fra la riconoscenza per Cesare che l'aveva graziato, e l'odio per Cesare che aveva sfruttato sessualmente sua madre; fra il timore di entrare in azione, e la vergogna per i dileggi che apparivano sulle mura della città ("Tu non sei un vero Bruto", "Oh se Bruto fosse vivo!", "Bruto tu dormi"); fra la ripugnanza per l'omicidio e l'anelito per una "libertà" aristocratica ormai spentasi. "Kai su, tekne?" gli disse in faccia il grande Cesare ("anche tu, figlio?", in Attico), prima di arrendersi ai suoi colpi
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  20. Buonasera, continuo con la serie delle 200 lire spostandomi anch’io su San Marino. Con questa dovrei averle finite, almeno quelle italiane.
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  21. Grazie mille, mi siete stati tutti utili per la mia ricerca, oltre che gentilissimi e disponibili. Vi abbraccio.
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  22. Appena arrivata, dopo una luuuunga attesa, ecco una monetina non proprio facile da trovare. La consevazione lascia un po a desiderare... Tornese uno e mezzo 1848
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  23. 123 456 7a 7b 9 1012 per facilitare la comprensione delle descrizioni tipologie queste sono le foto dei primi 12 tipi secondo la classificazione di A. Pautasso, (data la scarsa qualità delle foto del dodicesimo tipo, le fotografie sono 2).
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  24. Gent.mo @ilnumismatico, ho letto "avidamente" la Discussione che hai postato. La ritengo una delle più approfondite ed interessanti che abbia letto, ed è un vero peccato che @JunoMoneta non sia più attivo sul Forum dal 2014. Non lo conosco, ma mi complimento con Lui per le conoscenze e per la capacità di condividerle con gli altri appassionati di numismatica. Naturalmente anche questa Discussione iniziata dall'amico Rocco @Rocco68 per me e tantissimi altri, è interessantissima ed è un punto di riferimento (anche per quelli che non collezionano solo Monete del Regno delle Due Sicilie). Spero che altri del Forum abbiano voglia e tempo di postare le loro Piastre 1805 perchè sono convinto che le "sorprese" non finiscano qui. Un grazie a @ilnumismatico per avermi dato la possibilità di leggere quella discussione e grazie a Rocco per aver iniziato "Le più belle delle nostre collezioni". Ciao Beppe
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  25. Credo che questo due baiocchi non abbia nulla a che vedere con la zecca di Camerino.Le foto e le condizioni della moneta non consentano di essere precisi al riguardo, ma penso che si tratti di una moneta della zecca di Roma, forse questa: https://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-RM1RM/11
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  26. Buongiorno a tutti, che nessuno sia fesso è tutto da dimostrare... Il mondo ne è pieno, tanti pesci abboccano a certe aste che propongono prezzi folli, poi abbiamo il discorso delle divisionali, spazzatura che continua ad essere venduta come se fosse l'affare del secolo, ogni mese escono monete commemorative, l'adunata degli alpini, la brexit, la sterlina rock dei queen e chi più ne ha ne metta. Fare l'affare della vita è impossibile ma con una buona preparazione e tanta attenzione alle varie aste, non è detto che si possano ancora fare buoni acquisti. Saluti e buona quarantena. Silver
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  27. Credo che abbia ragione il Sear. Invictvs è uno degli appellativi del Sole. La figura rappresentata è ''in nudità eroica'' con solo un mantello svolazzante che si addice perfettamente a un dio, mentre vedo difficilmente un imperatore rappresentato nudo. Arka Diligite iustitiam
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  28. Buona giornata a seguire il Denaro con leone rampante
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  29. Grazie @mariov60 anche da parte mia per il tuo prezioso contributo
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  30. Terminati i loro piani di guerra si salutarono e si divisero. Si reincontreranno circa 6 mesi dopo, sul teatro di guerra di Filippi, destinati a scontrarsi con i due giganti che dopo si sarebbero spartiti il mondo: il lussurioso Antonio e l'astuto Ottaviano. Ma questa è un'altra storia, e un'altra serie di monete ...
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  31. Ecco due immagini del volume di Cappellari La classificazione della rarità è uguale..
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  32. Dalla finestra di un documento Word clicca in alto a sinistra su Inserisci; quindi clicca su Simbolo all’estrema destra e poi in basso della finestra che si apre su Altri simboli, dove trovi le i accentate maiuscole e minuscole con numerosi, altri simboli.
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  33. Ciao, in quella conservazione e così appicagnolata, poche decine di euro...Poi ci sono anche estimatori di queste monete montate che magari possono spingersi a pagarle anche un po' di più... Per esempio questo esemplare é molto simile al tuo per conservazione e montatura https://www.sixbid.com/en/inasta-spa/5300/page/1/perPage/100?term=1225&orderCol=lot_number&orderDirection=asc&priceFrom&displayMode=large&auctionSessions=&sidebarIsSticky=false Michele
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  34. In Licia Bruto si diresse verso la città Xanto, che però gli chiuse le porte in faccia; egli allora dispose le truppe intorno alla città e la cinse d'assedio. Un mattino mandò i legionari all'assalto ... ma nessuno difendeva gli spalti: gli abitanti di Xanto si erano tutti uccisi, durante la notte. Xanto fu depredata e data alle fiamme; dopo questa dura lezione, gli altri centri abitati si arresero. Per questa sua campagna militare, brillantemente portata a termine contro un soverchiante esercito di ... morti, Bruto ottenne finalmente dai suoi osannanti soldati l'acclamazione imperatoria. Permettetemi un sorriso: questo era il "generale" che si apprestava a sfidare il veterano Antonio e l'astuto Agrippa .. A questo punto Bruto fece coniare la moneta che più di tutte, secondo me, tradisce la sua personalità composita, agitata e forse instabile. Un denario dove egli si vanta di essere "IMP": finalmente, vien da commentare. Ma soprattutto, un denario che copia quello - celeberrimo - dove Cesare si vantava di aver combattuto, con le sue legioni, contro l'intera nazione gallica, sottomettendola e contemporaneamente respingendo Elvezi, Germani e Britanni. Bruto perseguitato dal fantasma di Cesare (suo padre naturale?), Bruto convinto di potersi paragonare al più grande condottiero di Roma dopo aver conquistato ... un villaggio di morti. Mi immagino cosa possa aver pensato Cassio ... http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-I3/8
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  35. Dopo un po' di tempo giunse a Smyrna il suo compagno d'arme, Bruto. Cassio, desideroso di mostrarsi compiacente di fronte all'isterico (ma osannato) amico, ordinò al suo monetario Spinther di emettere un aureo e un denario anche a nome di Bruto. Queste monete (identiche fra loro) ripropongono al retro il nome del monetario con i simboli dell'augurato, mentre al dritto propongono i simboli del pontificato (ascia, culullus e coltello), magistratura ricoperta da Bruto, con il nome di questi. Osservate la sottigliezza: a Bruto non viene riconosciuto alcun titolo, non "IMP" (quasi sicuramente non aveva ancora mai ricevuto acclamazioni imperatorie), ma neanche "PRO. COS". Come a dirgli: "sei solo una prima donna, blandisco la tua vanità con queste monete ma rendo noto a tutti che non vali niente, mentre io posso dirmi imperator perché ho difeso lo stato romano dall'invasione dei Parti". O più semplicemente: "Io sono un generale vittorioso, tu sei solo una primadonna" http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-I3/19 https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-I3/4
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  36. Pessima scelta strategica. Se già prima l'area era giocoforza un punto debole in quanto fungeva da imbuto verso l'Impero (mettiamo che una popolazione germanica ostile seguisse il percorso renano o danubiano per trovare un guado favolevole, lì giungeva), dopo il ritiro dall'area si spostò la pressione ancora più vicino all'arco alpino. Superata questa barriera orografica si apriva il ventre molle dell'Impero (dove ricordiamo che la presenza delle truppe romane era abbastanza scarsa in quanto dislocata nella maggior parte lungo i Limes). Quindi, come ebbi modo di scrivere poco fa in un'altra discussione, la cavalleria pesante, dislocata appunto a Mediolanum, divenne fondamentale a scopo difensivo abbinando forza bellica alla mobilità dei sui reparti mentre le truppe appiedate si limitavano a tentare di frenare l'invasore e quindi si difendeva nelle città che vennero fortificate in modo massiccio. Ciao Illyricum
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  37. Stai sereno, all'inizio capita a tutti di prendere qualche fregatura. Abbiamo questo strumento formidabile che è LaMoneta, per conoscere le monete. Frequenta il forum e vedrai che imparerai tantissimo. un saluto
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  38. Premetto che non sono un esperto e in ogni caso la visione diretta della moneta aiuterebbe. Sulla porosità tutto dipende da come la moneta ha trascorso questi secoli: in terra, quale terra? Il fatto che peso e misure siano "giusti" è un indizio sicuramente positivo. Una prova che ti consiglio di fare è controllare che la moneta viene attratta da una calamita. Se viene attratta è falsa, altrimenti è un altro indizio importante che sia buona.
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  39. Ma io uso epay dal primo giorno e prima ancora con la carta, però solo per le monete. Il deposito filatelico non accetta invece epay. Probabilmente dovrei comprare le singole emissioni man mano che escono, ma non mi passa più. A questo punto pago un po' di più dai commercianti se proprio devo continuare con i francobolli.
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  40. Mi scuso con tutti Voi per l'errore!!! FRANCIA - 10 FRANCHI 1930
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  41. Sì, esatto. Io trovo molto interessanti anche le riproduzioni delle monete.
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  42. Un numismatico che consuma tabacco potrebbe trovarlo interessante
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  43. Ciao, monete molto difficili da trovare "belle". Mi ricordo di questo esemplare davvero eccezionale che allego con anche la nota dei compilatori dell'asta NAC 35, ove questo sampietrino é stato esitato: L’attribuzione del 5 baiocchi e del sampietrino da due baiocchi e mezzo alla zecca di Ascoli è stata a lungo controversa. Difatti il CNI, assieme al Promis ed al Cesano, li assegna alla zecca di Roma pur recando il nome di Ascoli. Al contrario Martinori, e più recentemente Muntoni propendono per una battitura nella cittadina marchigiana. Certo è che esistono documenti datati 13 giugno 1797 comprovanti la concessione a Carlo Lenti di battere moneta in bassa lega (murajole) e in rame. Lo stile differisce dai pezzi coniati a Roma e presumiamo che i conî recanti TM, quindi quelli incisi dal Mercandetti, fossero stati approntati in quella zecca e poi trasferiti secondo necessità nelle zecche provinciali, dove vi era disponibilità di metallo.
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  44. ACHILLE BRIOSCHI Imprenditore milanese, inventore dell'EFFERVESCENTE BRIOSCHI, e anche dell'importante disinfettante LISOFORMIO.
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  45. È l'ultima arrivata della mia collezione, è può di certo entrare nel novero delle «meno belle»... anzi, la si potrebbe tranquillamente definire "oggettivamente" brutta. Ma, nonostante ciò, è indubbio che conservi un certo fascino ?
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  46. Caro peter1, direi che è inutile chiedere ai più esperti e poi criticarne le conclusioni con considerazioni risibili. Il problema del forum è che dietro il nickname ciascuno può dire quel che vuole, ma non tutte le parole sono uguali (o meglio: non le parole di tutti sono uguali). E' pure chiaro che non troverai la verità assoluta su nulla a questo mondo, ma una ragionevole certezza su alcuni argomenti sì. E' lapalissiano che l'unico motivo per cui potevano essere metodicamente trattati i tondelli prima della coniazione doveva essere il portarli a peso-norma: francesco77 non l'ha specificato ma sottinteso, teofrasto l'ha detto a chiare lettere. Oppure vogliamo pensare che qualcuno volesse lucrare sull'argento asportato: fosse un episodio isolato, ma succedeva sostanzialmente in tutte le zecche (secondo il rasoio di Occam: si sceglie pertanto la spiegazione più semplice e logica)! In quanto al fatto che i tondelli fossero in gran parte fuori peso è un dato accettato: si tratta di vedere quale tolleranza accettare e quali strumenti porre in atto per rimediare ad eventuali eccedenze. Ma il discorso ci porterebbe lontano e richiederebbe competenze specifiche.
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  47. Vediamo se ci sono riuscito ;)
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