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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 04/23/20 in tutte le aree
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Buonasera a tutta la sezione.. appena arrivata in collezione, piastra da 120 grana 1734 coniata sotto Carlo di Borbone, contorno cerchietti e quadratini...! Non in conservazione eccezionale ma comunque piacevole con bella patina in alcuni punti iridescente e metallo ancora vivissimo e lucente.. scusate la qualità delle foto ma non sono un genio della fotografia.. buona serata a tutti..!7 punti
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Complimenti...bel pezzo. Ti posto la mia per differenza.. Sono monete che presentano una grande varietà circa il fumo del Vesuvio, l'albero, etc....etc...Non ne trovi una uguale all'altra! La mia ha il taglio liscio.4 punti
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Il post di cui sopra mi permette una escursione in Asia. La moneta è sempre il ducato di Francesco Venier, ma....contromarcata. Al momento ho pensato ad un altro ducato falso contromarcato come il Contarini, ma la comparazione con gli altri ducati mi ha fatto cambiare idea. E' una moneta particolare in quanto sarebbe il secondo doge (il primo è il Gritti) a ricevere la contromarca. La lista dei dogi con contromarca, grazie a Sua Maestà Vittorio Emanuele III ed al Conte Papadopoli è la seguente: 1 Nicolò Da Ponte 1578 - 1585 2 Pasquale Cicogna 1585 - 1595 3 Leonardo Donato o Donà 1606 - 1612 4 Giovanni Pesaro 1658 - 1659 5 Domenico Contarini 1659 - 1674 6 Luigi od Alvise Contarini 1676 - 1684 7 Giovanni Corner II 1709 – 1722 In seguito seguono altre acquisizioni da parte di Sua Maestà, acquisizioni che vanno a completare il quadro degli zecchini contromarcati. Abbiamo quindi: 8 Marino Grimani 1595 – 1605 9 Francesco Molin 1646 -1655 10 Bertucci o Bertuccio Valier 1656 – 1658 Dalla pubblicazione del C.N.I sono apparsi poi in asta altri zecchini contromarcati di: 11 Francesco Erizzo 1631 – 1649 12 Carlo Contarini 1655 – 1656 13 Nicolò Sagredo 1675 – 1676 14 Marc'Antonio Giustiniani 1684 – 1688 15 Silvestro Valier 1694 – 1700 portando così il totale degli zecchini conosciuti con contromarca araba a 15. Come detto vanno aggiunti ora Andrea Gritti, ben 50 anni prima ed il Francesco Venier. Questo fa presupporre che le 2 monete siano frutto di ritrovamento di un tesoretto. La pratica di contromarcare gli zecchini continua anche dopo la morte nel 1691 di Suleyman II. Del suo successore, Ahmad II si conoscono rarissime emissioni di monete auree. Si presume che con le conquiste ci fosse una buona riserva di zecchini d'oro. Ciao Fabry4 punti
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Non è un periodo facile il III secolo a.C. perché ai due schieramenti che si sono affrontati in Sicilia nel V e IV sec., Cartagine e Siracusa, se ne aggiunge un terzo: Roma. Questo, infatti, è il secolo della I (264-241) e della II (218-202) Guerra Punica, con la graduale conquista romana della Sicilia, con conseguente modifica dei vari sistemi monetari. Sostanzialmente ognuna delle tre potenze principali aveva un proprio sistema monetario, ma non sempre e non subito dopo la conquista ognuna di queste lo imponeva nella propria zona di influenza, con la conseguenza che, non di rado, nella stessa zona si accalcavano diversi sistemi monetari. Da tenere presente, comunque, che, a differenza di quelle di bronzo, le monete d'argento erano a valore reale (ovvero avevano un valore pari a quello dell'argento che contenevano) quindi erano accettate normalmente dappertutto. Ne deriva che per affrontare il problema della monetazione siciliana di III sec. a.C. bisogna analizzare nel dettaglio la storia della città che interessa e studiarne poi le emissioni, se la città ha coniato in quel periodo, e, comunque, la composizione dei tesoretti interrati in quel periodo, ammesso, ovviamente, che ce ne siano di noti. Ci sono studi specifici, ma non è un argomento semplice e si incontrano non di rado pareri difformi. Per farsi un'idea della complessità di quel periodo consiglio di leggere l'articolo di G. Santelli, Le contromarche siciliane della II Guerra Punica scaricabile all'indirizzo https://www.academia.edu/26694651/LE_CONTROMARCHE_SICILIANE_DELLA_SECONDA_GUERRA_PUNICA Limitandomi alle cose semplici posso comunque dire che: - Lo statere (moneta da due dramme) non faceva parte dei vari sistemi monetali siciliani; in Sicilia veniva coniato il didramma, ugualmente moneta da due dramme, ma con peso diverso. In compenso vi sono stati lunghi periodo in cui vi circolavano molto abbondantemente gli stateri di Corinto. In diverse città, come ad esempio Siracusa, poi, la moneta di base (quella su cui si basavano tutte le altre della stessa città) era il tetradramma (da quattro dramme). - L'obolo (1/6 di dracma) in Sicilia è stato coniato solo fino a poco prima del 400 a.C., poi è stato sostituito dalla litra, una moneta che esisteva solo in Sicilia, del valore di 1/5 di dracma. i sottomultipli erano: emilitra (1/2 litra ovvero 6 once), trias (1/3 di litra ovvero 4 once), tetras (1/4 di litra ovvero 3 once), hexas (1/6 di litra ovvero 2 once), oncia (1/12 di litra), ma nel III secolo, con l'intervento di Roma, le cose sono gradualmente cambiate.4 punti
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Mohawk Ironworkers I Mohawks, grandi costruttori in acciaio a grandi altezze. Preston Horn, Adam Cross, Randy Jacobs, Joe Flo McComber, Tyler McComber, Louie Cross, Marvin e Keith Brown, ragazzi di Kahnawake (Territorio dei Mohawk, nel Quebec), Peter Jacobs di Akwesasne, Turhan Clause, questa la indian gang che compare in questo celeberrimo scatto, che spiega più di mille parole cosa intende celebrare il dollaro dei Nativi del 2015. I Mohawk sono ferrieri da sei generazioni. Era il 1886, quando i lavoratori della tribù entrarono nella professione. La Canadian Pacific Railroad stava costruendo un ponte sul fiume San Lorenzo, all'interno della riserva di Kahnawake, vicino Montreal. In cambio dell'uso della terra dei Mohawk, la ferrovia accettò di impiegare indiani della riserva nella costruzione, assumendoli come addetti allo scarico e alla movimentazione dei materiali da costruzione. Ma i giovani Mohawk erano attratti dal ponte stesso, secondo un funzionario della ferrovia citato in un articolo del New Yorker del 1949: "Salivano e scendevano di continuo, e si aggiravano lassù come il il più duro dei nostri rivettatori, la maggior parte dei quali erano vecchi uomini di velieri, scelti specialmente per la loro esperienza di lavoro in alto." Erano particolarmente interessati alla rivettatura, uno dei lavori più pericolosi nell'edilizia e, come oggi, uno dei più pagati. Pochi uomini volevano farlo, ancora meno sapevano farlo bene, e spesso l'offerta di manodopera non riusciva a soddisfare la richiesta, così la compagnia decise di formare 12 dei giovani Mohawk. Dopo che il Canadian Pacific Bridge fu completato, i giovani ferrieri Mohawk passarono a lavorare sul Soo Bridge, che attraversava il fiume St. Mary, che collega Sault Ste. Marie, Ontario, e Sault Ste. Marie, Michigan. Ogni gruppo portava un nuovo apprendista da Kahnawake per imparare il mestiere sul posto di lavoro. Quando fu formato il primo apprendista, ne venne fuori uno nuovo dalla riserva, e nel 1907 più di 70 abili artigiani stavano lavorando su ponti. E dai ponti passarono ai grattacieli, dagli anni '20 del secolo scorso arrivarono in massa a New York, dove hanno contribuito, e contribuiscono ancora, alla costruzione dei più importanti edifici che disegnano lo skyline della città: dall'Empire State Building al Chrisler Building, dal Madison Square Garden al palazzo delle Nazioni Unite, alle Torri Gemelle La moneta, disegnata da Ronald D. Sanders e incisa da Phebe Hemphill, mostra un ferriere Mohawk che muove una trave per metterla in posizione, rivetti a destra e sinisrta nel bordo, e una veduta dall'alto dello skyline della città di New York (riconoscibile l'Empire State Building) sullo sfondo. La legenda in esergo recita Mohawk Ironworkers, e il tutto è completato dal valore e da UNITED STATES OF AMERICA nel giro. La tiratura è di 2.800.000 esemplari per Philadelphia, 2.240.000 per Denver, e 974.883 per San Francisco. petronius3 punti
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Prima vorrei fare un poco di storia. Breve per non annoiare. Non ricordo dove l'ho letta ma a ogni moneta faccio una scheda e questo è quello che ho scritto: "Un ufficiale al servizio di Bisanzio, Eufemio da Messina, cacciato da Siracusa si rifugia a Kairouan dove convince l’emiro Aghlabita, Allah I°, a conquistare la Sicilia. L’invasione dell’isola inizia nel 827 e si conclude solo nel 902 quando cadono Catania e Taormina. Nel 910 la Sicilia passa sotto il dominio dei Fatimidi che hanno sostituito gli Aghlabiti nel Nord-Africa. Dopo 150 anni di dominio Fatimide i Normanni di Ruggero d’Altavilla iniziano la riconquista dell’isola che si conclude nel 1091 con la caduta di Noto, ultima roccaforte araba. Durante il dominio Fatimide circolano in Sicilia monete d’oro da un quarto di dinaro, che i locali chiamano Roba’ì, del peso di circa un grammo e di alto contenuto di fino." al'Mahdi billah, 297/322 AH - 909-934 AD Quarto di Dinaro d’ Oro ( Roba’ì ) 297/322 AH - 909-934 AD ( al’Qayrawan ) D/ al Imam/Muhammad/rasul Allah/al Mahdi/billah ( l'Iman muhammad profeta di Allah. al Mahdi scelto da Allah R/ Abd'allah/la allah illa / Allah wahdahu /la sharik lahu/ amir al muminin. (Servo di Allah che è unico e non ha associati, Principe della Fede.) mm. 15 gr. 1,05 R SPL D’Andrea 31 Bernardi pag 328 n. 3873 punti
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Vi segnalo questo piccolo articolo in francese sul fiorino di Firenze. https://www.monnaie-magazine.com/monnaies-royalesle-florin-de-florence/3 punti
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Segnalo l'uscita del n. 360 di Panorama Numismatico (come annunciato in altro post, per le ragioni che tutti sappiamo, è stato spedito in questi giorni e quindi arriverà in ritardo) Questo il sommario Curiosità numismatiche – Pag. 3 Roberto Diegi, I tetradrammi alessandrini, terza parte – Pag. 11 Lorenzo Bellesia, Il denaro di Ancona dal Duecento al Quattrocento – Pag. 23 Enrico Rinaldi, Quattro medaglie uniche. Lo Stabat Mater sconosciuto – Pag. 38 Alberto Castellotti, Appunti di numismatica dantesca – Pag. 41 Giuseppe Gasbarro, Ipotesi di attribuzione di uno scudo araldico su un cavallo di Federico III d’Aragona ribattuto (1495-1501) – Pag. 45 Giuseppe Carucci, Le avventure del collezionista – Pag. 47 Chris Rudd, Trovato cucciolo smarrito – Pag. 51 Notizie dal mondo numismatico – Pag. 56 Eros Marchetti, 5 lire o scudo 1873 Roma – Pag. 57 Recensioni – Pag. 59 Emissioni numismatiche – Pag. 60 Mostre e Convegni – Pag. 62 Aste in agenda – Pag. 632 punti
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Buonasera a tutti...condivido questa nuova aggiunta in collezione, nasce tribolata, ma ha un sacco di fascino...variante senza data, anche se in realtà in molte di queste, al rovescio, si nota emergere l'anello superiore del 8 presente nella data 1798 (vedi prima variante) Moneta periziata Cavaliere che fatico a spogliare, le foto hanno qualche riflesso...graditi i pareri!!2 punti
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Ho fatto una lieve rettifica alla scheda per renderla più chiara. https://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-RM1GU/2 Le iniziali dell'incisore sono presenti in tutte e tre le varianti: ma mentre nelle prime due è del tipo A.P , nella terza variante è in monogramma, cioè AP sono legate insieme. Proprio la moneta di @gallo83presenta questo tipo (sarebbe quindi la Bruni 6). Anche per il Bruni "Le monete della Repubblica Romana" la stella è stata aggiunta nei coni successivamente per cancellare la data 1798.2 punti
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Chi non segue Modena, può ritenerla bruttina e consunta... invece a mio avviso è assai meglio della media in cui si trovano questi pezzi. Direi un bel BB+. Notato l'1 rovesciato della data. Complimenti per l'acquisto.2 punti
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Ciao Litra, ne sono giunti tantissimi fino a noi. Tanto da formarne una collezione parallela alle sorelle genuine ?2 punti
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I sesini non cessarono la loro vita nel 1603, ma continuarono a servire la causa dello stato per 20 anni ancora. Quello che rende speciale il decreto del 22 gennaio del 1604 è il fatto che vengono nominate le monete da tre bagattini le quali sono sconosciute e le monete da un bagattino che gli studiosi identificano come le anonime con la I al posto delle iniziali del massaro. Gli stessi hanno notato che fra le tante monete si trovano, anche se non in maniera particolarmente rara, bagattini coniati sopra sesini “falsi” o sarebbe meglio affermare “ritirati” come affermato dallo stesso Papadopoli e di cui si intravedono chiaramente le impronte sottostanti (foto). Un altro utilizzo fu quello di spedire una grande massa di monete nei possedimenti dove vengono contromarcati.2 punti
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Buonasera Rocco, anche la mia 32 ha quella escrescenza vicino al collo però ha in punti SIC. HIER. Non è in conservazione ottimale come quelle che ho visto passare, accontentatevi...:) Saluti e buona quarantena2 punti
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Ciao prova a vedere se è questa Silvio LYDIA. Philadelphia. Time of Claudius (41-54). Mantios, magistrate. Obv: NEOKAICAPE??. Turreted head of Tyche right. Rev: MANTIOC. Grape cluster. RPC 3036.2 punti
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..Volevo aggiungere, che questa è la moneta catalogata erroneamente come collezione De Castellani al Vr 13e , del libro " L'area monetaria veronese ", ma da me prestata per la catalogazione, proveniente dalla "numismatica Eugenio Fornoni "di Verona2 punti
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Per chiudere il discorso delle emissioni della zecca di Venezia per Cipro manca il 4 carzie di Pietro Loredan (1567-1570). L'iconografia è identica alla carzia tranne le losanghe al posto dei bisanti e il nimbo sul leone. Il peso è di 2,14 grammi per 19 millimetri (rif.:Zub-Luciani 153.1). Questa è l'ultima moneta della zecca di Venezia per Cipro, ma non è l'ultima moneta veneziana per Cipro. Infatti durante l'assedio dei Turchi venne coniato sull'isola il bisante a cui è dedicata una bellissima discussione nella nostra sezione. Arka Diligite iustitiam2 punti
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Ciao Beppe, il Pin nel suo pregevole lavoro ha controllato le sue Piastre..... Ma tantissimo materiale nasconde ancora varianti non riportate. La mia Piastra del 1831 non presenta nessun quadratino nello stemma del Portogallo.2 punti
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salve a tutti, nel lontano 1998 mi feci regalare dai nonni per il mio 11° compleanno "le monete più piccole del mondo", vendute dal Collector Club per 100.000 lire... dovrebbero essere dei fanam indiani della Cochin del '800... anche se oggi colleziono tutt'altro, ci sono molto affezionato per varie ragioni, e per tutta la mia infanzia furono le monete della collezione che mi affascinavano di più, ironicamente il mio tesoro più "grande"2 punti
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@Puma_135o Rispondo a braccio relativamente alla datazione: L'unica carica datante presente è COS III: Adriano rivestì il terzo consolato il 119 Quindi è posteriore a questa data. Sul secondo termine invece si possono solo fare delle ipotesi: la legenda "IMP CAESAR TRAIAN HADRIANVS AVG" riporta ancora il nome d'adozione Traiano e quindi da un punto di vista logico/cronologico dovrebbe risulta precedente rispetto a quella di altri denari con solamente "HADRIANVS AVGVSTVS". Non riporta inoltre PP, titolo ottenuto da Adriano nel 128 (dovrei controllare le fonti su questo dato: non è comunque detto che tutte le monete successive al conferimento ne facciano menzione). Secondo me è un moneta da collocare nei primi anni dopo il 119. Nota: anche per le prime 10 Tribuniciae Potestates di Antonino Pio, il numero non viene mai riportato sulle monete. Relativamente alla datazione mediante le cariche, trovi delle indicazioni (riferite però ad Antonino Pio e Marco Aurelio) nel mio lavoro scaricabile da academia.edu al link seguente. Lo scopo era determinare un peculiarità di allineamento del giorno di conferimento della tribunicia potestas tra i due ma nell'introduzione spiego anche brevemente il significato e l'utilizzo della Tribunicia Potestas. https://www.academia.edu/40820890/Marco_Aurelio_e_il_mistero_della_Tribunicia_Potestas_V_-_Una_revisione_delle_datazioni_delle_Tribuniciae_Potestates_di_Antonino_Pio_e_di_Marco_Aurelio_-_Seconda_edizione_aggiornata_1_Gennaio_2020_2 punti
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Repubblica di Venezia Francesco Venier (1554-1556) Zecchino Oro Peso: 3,50 g Diametro: 21 mm D/ FRAN VENE S M VENET, S. marco e il doge in ginocchio reggono il vessillo, lungo l'asta DVX R/ SIT T XPE DAT Q TV REGIS ISTE DVCAT, il Redentore in mandorla stellata Rif.: Zub-Luciani 123.3 Con il dogado di Francesco Donà entra in uso corrente il nuovo nome del ducato d'oro, ovvero zecchino. Qui è illustrato lo zecchino di Francesco Venier. E' interessante notare che anche in questo caso il ritratto è molto realistico. Arka Diligite iustitiam2 punti
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https://www.coinarchives.com/w/lotviewer.php?LotID=4373829&AucID=4610&Lot=1019&Val=cd59d2cba0c4c22bed61484416bda779 https://www.coinarchives.com/w/lotviewer.php?LotID=4300964&AucID=4517&Lot=1033&Val=ee71364916ffb4bdf80e14397d5e1775 Buongiorno,sembra somiglino molto.2 punti
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Paradosso #2: lo scudo 1901 merita i soldi per i quali viene stimato? E quelli di V.E.II, che hanno circolato, che sono passati per tante mani, che hanno assolto la loro funzione in modo egregio, quanto dovrebbero essere quotati? La chiamano "Economia di mercato". Qualcuno ha provato ad applicare quella che venne chiamata "Economia pianificata", ma pare che abbia funzionato male. Disse il saggio: il comunismo è bello, ma purtroppo per farlo ci vogliono i comunisti, e di quelli non ne abbiamo. PS: a me il calcio NON piace e non lo seguo.2 punti
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@Crine Provo a risponderti. In realtà Adriano ebbe la prima Tribunicia Potestas nel 117, anno in cui diventò augusto. In effetti, tale titolo veniva assegnato solo agli imperatori. Nel 105, invece, fu nominato tribuno della plebe, ma in quella data non era ovviamente ancora imperatore. Come giustamente hai detto, la Tribunicia Potestas e' uno degli elementi utili per catalogare una moneta antica. Sulle monete di Adriano, però, spesso viene indicata la sola sigla TR P, ma non il numero della stessa (proprio come in questo caso) e onestamente non ne conosco il motivo (se esiste). Quindi, non sappiamo di preciso di quale Tribunicia Potestas si tratti. Il fatto che non ci sia il numero, in sostanza, non significa che sia la prima. A maggior ragione che sulla moneta e' indicato COS III, il terzo consolato, che può però aiutarci a datare la moneta. Infatti, il terzo e ultimo consolato gli fu assegnato nel 119 , data che quindi si può considerare post-quem per classificare la moneta in questione , che quindi sicuramente e' stata coniata dopo il 119. E questo spiega la prima data. Perché però il 125? Qui provo a dare una mia spiegazione (che però non so se sia esatta). Da quello che ho letto sul Cohen, nel 126 fu assegnato ad Adriano il titolo di P P, (Pater Patriae) che quindi dovrebbe cominciare a comparire sulla titolatura del dritto (ma di questo non sono sicuro). Su questa data non tutti sono concordi. Sempre sul Cohen, infatti, ho letto che tale titolo gli sarebbe stato assegnato nel 128. Ecco la pagina del Cohen: Questi i miei ragionamenti, da dilettante. Avrei però piacere di sentire il parere di qualcun altro più esperto. Buona notte Stilicho2 punti
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Ho potuto riguardare l'interssante volume, molto ricco come apparato storico e sociale nelle vicende che hanno dominato uno dei secoli piu' interessanti dell 'epoc alto-medioevale: l'VIII. La trattazione è molto vasta e l'analisi storico-sociale approfondita anche se non mi sembra siano emersi elementi di novità per espandere l'analisi storica oltre quanto sappiamo (d'altra parte elementi di novità per questo periodo sono decisamente rari sia per la parte documentaria che per quella di scavo a meno di ritrovamenti eccezionali). Riguardo la parte numismatica, come è stato credo già rimarcato, la trattazione è abbastanza contenuta. Mi hanno colpito da parte dell'autore alcuni punti che forse vale la pena esplicitare. Si rimarca ad esempio, piu' volte, la molteplicità delle zecche che hanno coniato moneta flavia sul finire della dominazione longobarda, l'VIII secolo appunto. Tuttavia vi è un dibattito, piuttosto acceso attualmente sul fatto se veramente sia stata coniata moneta flavia in ciascuna zecca per le quali abbiamo dei tremissi o se piuttosto vi fosse un'unica zecca centralizzata che producesse monete per ciascuna città. E' un'ipotesi che non è emerso nell'analisi ma che potrebbe avere la sua valenza. Su altro tema l'autore osserva la relativa abbondanza di ritrovamenti di moneta flavia e civica in Corsica e sardegna, correttamente evidenzia gli intensi scambi che si sono avuti con la Toscana in quei secoli, e si domanda il perché sul continente si siano ritrovati molti meno ripostigli (pochissimi in effetti) ma non fa menzione della circostanza che la riforma di Carlo avesse provveduto a demonetizzare la quasi totalità di moneta aurea in ottemperanza alla grande riforma del 781. Parlando della dominazione longobarda a Ravenna cita naturalmente Aistolfo ma non mi sembra di aver notato una trattazione delle sue emissioni che si discostano completamente dalla serie longobarda con un solido e addirittura di un follis, entrambi sul piede bizantino in vigore nell'esarcato dove Aistolfo aveva cercato di inserirsi assai scaltramente mutuandone simboli, usi e consuetudini. Infine la bibliografia è sicuramente molto vasta e copre moltissimi aspetti, un po' meno ricca invece per la parte numismatica - che ovviamente non doveva essere il tema principale della trattazione, mancando autori quali il Bernareggi, Monneret de Villard, la Pardi con il suo testo sulle Flavie, Jaecklin con l'analisi del ripostiglio di Ilanz, etc. mentre di Grierson, che pure ha scritto moltissimo sui Longobardi, viene riportata la sola citazione del MEC 1. L'autore sembra poi tenere in particolare considerazione Delogu, storico medioevale bravissimo, che viene citato in pratica quasi ad ogni pagina. Nel complesso un testo assai interessante per un approfondimento del contesto economico e sociale dell'epoca senza pero' eccessive attese per quanto riguarda il profilo numismatico.2 punti
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Questo è l'indice: Scusate la qualità dell'immagine... Il libro è ovviamente un po' datato (le valutazioni sono in franchi francesi), un po' povera la sua veste editorial-tipografica, in qualche caso si perde in informazioni storiche che hanno poca attinenza con l'Unione, però nel complesso è per me un ottimo strumento, soprattutto quando racconta per esempio le vicende monetarie che nei singoli paesi hanno preceduto l'accettazione del sistema monetario.2 punti
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Buongiorno a tutti, come promesso tempo fa in un post precedente, inserisco un allegato contenente la lista tipologica di Scudi che ho realizzato dopo lunghe ricerche. La lista, come dicevo, è tipologica, ed include tutte le monete che rientrano nei parametri dell'Unione Monetaria Latina, comprese quelle monete emesse prima o dopo la sua esistenza. Nel complesso, l'elenco comprende 99 monete ed è stato stilato secondo alcuni precisi parametri. In particolare, ho considerato: Le monete dalla fine del '700 agli anni '30 del '900; Le varianti significative (differenze nei ritratti, nelle legende, ecc) Le monete di tutto il mondo, quindi oltre alle europee sono presenti anche le sudamericane e le africane (es. Congo Belga) Le monete emesse prima, durante e dopo l'UML, purchè ne rispettino gli standard Viceversa, non ho considerato: Le monete emesse in epoca recente, in quando non più ricoprenti il ruolo originario Le monete emesse solo per collezionisti e/o non effettivamente circolanti Lo scudo di Vittorio Emanuele III del 1901, in quanto l'ho considerato alla stregua del punto precedente Le piccole varianti, difficilmente distinguibili, in quanto la collezione risulta già così molto corposa e le ho ritenute relativamente poco rilevanti nell'ottica di una collezione tipologica così vasta (opinione personale, per chi volesse approfondirle le ho comunque indicate nella colonna del codice Krause) Le monete che alcuni siti sembrano far rientrare nella tipologia Scudi ma per alcuni paramentri in realtà non lo sono (ad esempio le 5 Corone dell'Austria-Ungheria che pesano 24 grammi anzichè 25 oppure alcune monete con argento 835 o 917 anzichè 900) Spero possa essere utile e se ci sono imprecisioni, lacune o errori non esitate a segnalarmeli rada Elenco collezione scudi.xlsx2 punti
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The Delaware Treaty Il dollaro del 2013 è tutto al femminile, disegnato al rovescio da Susan Gamble (al dritto, naturalmente, c'è il ritratto di Sacagawea della Goodacre) e inciso da Phebe Hemphill, e celebra il Trattato con i Delaware, il primo formale con una nazione indiana da parte del Congresso Continentale degli Stati Uniti, nel 1778. La moneta raffigura un tacchino, un lupo ululante, e una tartaruga, tutti animali-simbolo dei clan dei Delawares, con un anello di 13 stelle, rappresentanti le 13 colonie. Il disegno è completato dal valore, $ 1, e dalle iscrizioni TREATY WITH THE DELAWARES 1778 e UNITED STATES OF AMERICA. La tiratura è di 1.820.000 esemplari per le zecche di Philadelphia e Denver e di 1.192.690 per quella di San Francisco. Il 17 settembre 1778, il nuovo Congresso Continentale degli Stati Uniti inviò una commissione alla confluenza dei fiumi Monongahela e Allegheny per negoziare il primo trattato di pace con una tribù indiana, che sarebbe diventato noto come il Trattato di Fort Pitt. I negoziati a Fort Pitt si svolsero durante i primi anni della guerra d'indipendenza, dopo che molte nazioni indiane si erano alleate con gli inglesi. Gli americani cercavano la sicurezza, l'assistenza e il commercio con i Delaware. I Delaware, volevano proteggere le loro nuove terre nel Territorio dell'Ohio e rafforzare la loro posizione nella regione. Gli obiettivi delle due nazioni spiccano chiaramente nel trattato. Il primo articolo invita entrambe le parti a perdonare eventuali lamentele tra di loro. Il secondo si riferisce alla loro "pace e amicizia perpetue" da lì in avanti, e afferma che le due nazioni si aiuteranno a vicenda se una delle due dovesse essere "impegnata in una guerra giusta e necessaria con qualsiasi altra nazione o nazioni". Il terzo e più lungo articolo del trattato si riferisce alla guerra degli Stati Uniti contro l'Inghilterra. Specifica che i Delaware consentiranno alle truppe americane un passaggio sicuro attraverso le loro terre per attaccare le postazioni e i forti occidentali della Gran Bretagna, forniranno agli americani cibo e provviste, compresi i cavalli, per un ragionevole compenso, e assisteranno le forze americane "con un numero dei loro guerrieri migliori e più esperti che possono offrire, coerentemente con la propria sicurezza". Il quarto articolo chiede la risoluzione di future controversie tra le due nazioni e i loro cittadini attraverso negoziati e tribunali che rispettino le "leggi, i costumi e gli usi" di entrambi i popoli, nonché la "legge naturale". Richiede anche l'arresto e l'estradizione di "fuggitivi, servi o schiavi criminali". Il quinto articolo riconosce che l'alleanza rende impossibile per il popolo del Delaware continuare a commerciare con gli inglesi e i loro alleati e chiede l'istituzione "per quanto gli Stati Uniti possano avere in loro potere" di un commercio equo e ben regolamentato tra gli Stati Uniti e la nazione del Delaware. Nell'ultimo articolo del trattato, gli Stati Uniti riconoscono la sovranità del Delaware. La nuova nazione promette di "garantire alla suddetta nazione dei Delawares e ai loro eredi tutti i loro diritti territoriali nel modo più completo e più ampio, e di mantienere forte la catena di amicizia ora entrata in atto." L'articolo suggerisce inoltre, "se fosse favorevole all'interesse reciproco di entrambe le parti", che i Delaware "possono invitare qualsiasi altra tribù che sia amica dell'interesse degli Stati Uniti" a unirsi a una confederazione guidata dal Delaware che sarebbe diventata, con l'approvazione del Congresso, un nuovo stato con rappresentanza al Congresso degli Stati Uniti. Parole, le ultime, scritte nel vento. non è mai esistito uno stato indiano riconosciuto dal governo degli Stati Uniti. Il Trattato di Fort Pitt, fece la fine di tutti quelli successivi tra americani e indiani. Alla fine della guerra d'indipendenza, sotto la crescente pressione dei bianchi, sostenuta da nuovi trattati e leggi, i Delaware furono costretti a spostarsi sempre più a ovest, nell'Indiana, poi nel Missouri, nel Kansas e infine nell'odierno Oklahoma, dove risiede oggi la maggior parte dei discendeti della tribù, e dove ha sede l'organizzazione della Delaware Nation, che ne cura gli interessi e ne preserva la storia e le tradizioni. petronius2 punti
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Quando una patina si appoggia su un lustro al top, una moneta, secondo me, è da urlo! Non c'è difetto che tenga, tutto passa in secondo piano....al diavolo la conta dei segnetti!2 punti
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Ciao Rocco, in effetti il rovescio della mia oltre alla punteggiatura ha una crepa in corrispondenza della I di REGNI, forse stava per "dare il collo"... Buona serata... questa quarantena mi ha fatto lievitare si 1,5 kg e mi sono pure fuso nel divano...:) Silver1 punto
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Buonasera a tutti, @nikita_, condivido la mia prima moneta ?forata. Un bel Cavallino Aragonese1 punto
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Secondo me il conio è stato modificato alla buona.... C'è rimasta qualche traccia della data anche in quella che ho io. Forse tutte quelle con la stella sono ex 1798... Marco1 punto
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E' vero. L'emissione a cui pensavo ha solo la scritta SYRAKOSION. Quindi non è Siracusa... Arka Diligite iustitiam1 punto
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Grazie @pietromoney , un'asta dove vi erano molti pezzi rari tra cui la bellissima piastra di @Francesco1984 ....avevo offerto cmq di più visti i pochi passaggi in asta e mi interessava un pezzo da fare compagnia al mio 10 tornesi 47....???1 punto
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Guardate ad esempio cosa ho ricevuto oggi da Academia taccio per carità di patria il nome Dell’autore - credo inglese o americano/ aprendo il pdf si trova il titolo (!) stampato in alto sicut ! quindi doppio errore sia nel titolo caricato su Academia sia nel pdf vero e proprio ! mentre nel testo sottostante - bontà loro - compare la grafia giusta Mantova ora io dico ma un autore non dovrebbe prestare un minimo di attenzione agli errori di stompa ?? Galeazzo da Montova: Portrait of a Condottiero Captain of the Late Trecento1 punto
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Non capisco perchè quando spariscono monete dai musei si usa il termine "disperse"....... A casa mia si dice rubate..... sembra che si voglia in qualche modo minimizzare la cosa come se si dovesse parare il sedere a qualcuno. Maurizio1 punto
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La cosa tragica è vedere come nei commenti di questo video ci siano decine di persone che si ostinano a chiedere quanto vale1 punto
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Petronius ha chiarito per l'ennesima volta che i 2€ greci ordinari, con o senza S, valgono zero se circolati! Condivido, per completezza, il video sulla questione dei 2€ creato da un amico del forum, @Alex-Vee1 punto
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Dedicato alla monete bucate di Hans Christian Andersen (1805-1875) La monetina d'argento C'era una monetina uscita bella lucida dal conio, che saltava e tintinnava: «Evviva! ora me ne andrò per il mondo» e così infatti avvenne. I bambini la tennero stretta nelle manine calde, gli avari nelle mani gelide e viscide, gli anziani la girarono e la rigirarono molte volte, mentre i giovani la fecero circolare di nuovo immediatamente. La monetina era d'argento, aveva pochissimo rame in sé e era già nel mondo da un anno, o meglio nel paese dove era stata coniata, quando si mise a viaggiare fuori dal paese: era infatti l'ultima monetina di quel paese rimasta nel borsellino di un signore che viaggiava e che non lo seppe finché non gli venne tra le mani. «Ecco ancora una monetina di casa mia!» esclamò «viaggerà con me!» La monetina tintinnò e saltò con gioia quando fu rimessa nel borsellino. Si trovò tra molti compagni stranieri che andavano e venivano, uno faceva spazio all'altro, ma quella monetina rimaneva sempre lì, e questa era una distinzione. Erano passate ormai molte settimane e la monetina era lontano nel mondo, senza sapere bene dove; sentiva dalle altre monete che erano italiane o francesi, una disse che erano in una certa città; un'altra diceva che erano in un'altra; ma la monetina non poteva immaginarsi nulla: non si vede il mondo quando si sta sempre in un sacchettino, e questo era il suo caso. Ma un giorno che si trovava lì come al solito si accorse che il borsellino non era chiuso e così sgusciò fuori dall'apertura per guardarsi un po' intorno; non avrebbe dovuto farlo, ma era così curiosa che poi se ne pentì. Uscì nella tasca dei pantaloni, e quando la sera il borsellino fu messo da parte la monetina rimase lì nella tasca e uscì nel corridoio insieme ai vestiti, cadendo sul pavimento. Nessuno la sentì e nessuno la vide. Al mattino i vestiti vennero riportati, il padrone se li mise e ripartì. La monetina non partì con lui, venne trovata e dovette di nuovo rimettersi in circolazione con altre tre monete. "È bello vedere qualcosa del mondo!" pensò la monetina "conoscere altre persone, altre usanze!" «Che strana monetina» venne detto proprio in quel momento. «Non è una moneta di questo paese, è falsa! Non vale niente!» Così cominciò la storia della monetina come lei stessa la raccontò in seguito. «"Falsa, falsa! non vale nulla!" Queste parole mi trafissero il cuore» disse la monetina. «Io sapevo di essere fatta di buon argento, di buon conio, e con ottime caratteristiche. Sicuramente si sbagliavano, certo non intendevano me, eppure era proprio di me che parlavano. Io venni chiamata falsa, fu detto che non valevo niente! "Devo darla via al buio!" disse l'uomo che mi possedeva, e infatti venni spesa di notte e poi venni di nuovo ingiuriata durante il giorno: "falsa! non vale nulla! dobbiamo cercare di sbarazzarcene!."» La monetina ogni volta tremava tra le dita di chi voleva darla via di nascosto spacciandola per una moneta del paese. «Povera me! A che cosa mi serviva l'argento, il mio valore, il mio conio, se qui non avevano nessun significato? Si ha valore nel mondo solo se questo ce ne attribuisce! Deve essere terribile avere una coscienza cattiva, prendere la strada del male, quando io, che ero innocente, ero così turbata solo perché le apparenze erano contro di me. Ogni volta che venivo tirata fuori temevo gli occhi che mi osservavano, sapevo già che sarei stata messa da parte, gettata sul tavolo, come se fossi stata inganno e menzogna. «Una volta arrivai da una povera donna che mi aveva avuto come paga del faticoso lavoro compiuto, ma lei non riuscì a liberarsi di me, nessuno voleva prendermi: fui proprio una sfortuna per lei. «"È assolutamente necessario che inganni qualcuno con questa" disse. "Non posso permettermi di conservare una moneta falsa: la darò al ricco fornaio che ne avrà danno meno di altri, ma è comunque disonesto quello che faccio." "Adesso mi tocca persino gravare sulla coscienza di quella donna!" sospirò la monetina. "È possibile che sia cambiata tanto diventando vecchia?" «La donna andò dal ricco fornaio, ma lui conosceva fin troppo bene le monete, così io non potei stare da lui, venni gettata in faccia a quella donna, che per colpa mia non ebbe il suo pane; e io mi sentii veramente molto triste per aver causato un dolore a qualcun altro, io che nella mia giovinezza ero stata così sicura e sincera, così consapevole del mio valore e della purezza del mio conio. Divenni malinconica, proprio come una povera monetina può diventare quando nessuno vuole averla ma la donna mi portò a casa, mi osservò attentamente, con dolcezza e affetto. "No, non voglio ingannare nessuno con te!" disse. "Ti farò un buco in mezzo in modo che ognuno possa vedere che sei falsa. Eppure, ora che ci penso forse sei una monetina portafortuna; sì, lo credo proprio! Ti farò un buco nel mezzo, ci infilerò una cordicella, e poi ti metterò al collo della figlia della vicina, come portafortuna." «Così mi fece un buco; non è mai piacevole essere passati da parte a parte, ma quando l'intenzione è buona si può sopportare tutto; mi infilarono una corda e divenni una specie di medaglia; venni appesa al collo della bambina e questa mi sorrise, mi baciò, e io riposai una notte intera sul caldo e innocente petto della bambina. «Al mattino la madre mi prese in mano, mi guardò e pensò a qualcosa: me ne accorsi subito. Prese le forbici e tagliò la cordicella. «"Monetina portafortuna!" esclamò. "Adesso vedremo!" Mi mise nell'aceto in modo che diventassi verde, poi mi chiuse il buco, mi lisciò un po' e se ne andò, quando fu buio, dal venditore dei biglietti della lotteria, per averne uno che portasse fortuna. Come stavo male! Mi sentivo oppressa, come se dovessi scoppiare: sapevo che sarei stata chiamata falsa e gettata via, e questo davanti a una gran quantità di monetine e di altri soldi che avevano le iscrizioni e le figure incise, di cui potevano ben essere fieri. Ma quella volta la scampai, c'era tanta gente dal rivenditore della lotteria, e lui aveva tanto da fare che venni gettata nel cassetto tra le altre monete, se poi il biglietto abbia vinto non lo so, ma so che il giorno dopo venni riconosciuta come falsa, fui messa da parte e poi rimessa in circolazione per ingannare e ancora per ingannare. È insopportabile quando si ha un carattere puro, e di quello sono sicura. «Per molti anni e molti giorni passai da una mano all'altra, da una casa all'altra, sempre ingiuriata, sempre maltrattata; nessuno credeva in me, neppure io credevo più in me, e neppure nel mondo; furono tempi duri. Un giorno giunse un viaggiatore, e naturalmente venni data a lui che fu tanto ingenuo da prendermi come moneta corrente; ma quando dovette darmi via, sentii di nuovo quelle grida: Non vale niente! è falsa». «"Io l'ho avuta per buona!" disse l'uomo e mi guardò attentamente, poi sorrise, come non succedeva certo quando mi guardavano con attenzione. "Oh, guarda che cos'è!" esclamò "una moneta del mio paese, una buona onesta moneta di casa mia a cui hanno fatto un buco e che chiamano falsa. È proprio divertente! Ti conserverò e ti riporterò a casa!" «Fui percorsa da un brivido di gioia quando venni chiamata una buona e onesta moneta e quando seppi che potevo tornare a casa, dove tutti mi avrebbero riconosciuta sapendo che ero fatta di ottimo argento e che avevo il giusto conio. Avrei addirittura sprizzato scintille per la gioia, ma non è nella mia natura fare scintille: è una proprietà dell'acciaio, non dell'argento. «Venni avvolta in una bella carta bianca per non essere mescolata con le altre monete e partii; solo nelle occasioni importanti, quando incontrava dei connazionali, il mio padrone mi tirava fuori: allora venivo ricoperta di elogi; dicevano che ero interessante; è abbastanza divertente essere interessanti senza dire una parola! «Così tornai a casa! Tutta la mia miseria era passata, e cominciò la mia gioia: ero fatta di ottimo argento e avevo un buon conio; non era certo una vergogna che mi avessero bucato e trattato come falsa, non fa nulla quando non lo si è! Bisogna resistere: ogni cosa col tempo ottiene giustizia! Questa ora è la mia convinzione!» disse la monetina. ps: Andersen era danese, l'unica moneta piccola di 'buon argento' del periodo di quanto scrisse questa fiaba, escludendo quindi quelle in ag.250 e ag.500, poteva essere solo un 1/2 Rigsdaler in ag.875, i nominali più grandi non erano proprio monetine.1 punto
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Rebus a domanda e risposta 3 1 1 1 4 2 3 ? 2 = 8 2 7 D è il terzo dei nipoti di Paperino1 punto
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Fu forse il primo libro occidentale ad occuparsi di monete cinesi: è il De re nummaria sinorum, pubblicato nel 1737 da Theophilus Siegfried Bayer. https://chinesemoneymatters.wordpress.com/2020/01/28/67-the-t-s-bayer-collection-glasgow/amp/1 punto
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Buona serata Quante volte, ad ognuno di noi, è capitato di leggere un libro sulla storia di Venezia ed imbatterci nella riproduzione di documenti, talvolta in latino, ma spesso in volgare, nei quali vengono riportate trattazioni di mercanzie, oppure rogiti per l'acquisto di beni immobili e mobili, oppure ancora lasciti testamentari, ma anche stime fatte da notai o magistrati, dei beni lasciati da una persona defunta. A tanti di noi, sono sicuro, leggendo in queste riproduzioni che una tal merce costava 20 lire di grossi, oppure che una partita di pepe egiziano era pagata 200 ducati, o ancora che 100 pezze di “panni bastardi” erano costati all'imbarco in Inghilterra 1.335 ducati, ci siamo lasciati trasportare dalla fantasia, immaginando come poteva essere la visione di 1.335 ducati, messi così, tutti insieme; una bella montagnola d'oro zecchino monetato; e poi ancora la curiosità di sapere il costo della vita a quei tempi; i salari delle varie categorie di lavoratori, la paga dei soldati e degli uomini al remo che facevano tragitti per mare lunghi e pericolosi, sia per commerciare, sia per affrontare battaglie. Eh la fantasia … spesso però immaginiamo quelle monete e la loro quantità, con la logica dell'uomo moderno; se oggi noi teniamo in mano una moneta da €. 1,00, non ci passa nemmeno per l'anticamera del cervello che quella moneta possa avere valori differenti a seconda dell'uso che ne facciamo. Pensiamo solo per un attimo se per assurdo dovessimo comperare una cosa che costa €. 10,00 ed il commerciante di turno ci chiedesse 11 monete da €. 1,00... un bel pasticcio, non credete? E quante complicazioni...certamente questo è un esempio sui generis, fatto con una moneta moderna che ha un valore certo e condiviso; un valore fiduciario, contrariamente alle monete dell'epoca e delle quali sto scrivendo, monete che rappresentavano soprattutto il valore del metallo prezioso in esse contenuto. Alla luce di quanto sopra scritto, siete ancora sicuri che, leggendo su un libro che una merce è costata 1 o 10 o 100 lire di grossi, ci si riferisca esattamente a quello che ci immaginiamo? Da qualche giorno sto rileggendo una pubblicazione del 1959 di F. C. Lane che ho acquistato un paio di anni fa: “Le vecchie monete di conto veneziane ed il ritorno all'oro”; pubblicazione che, tra l'altro, non è facile da procurarsi; l'ho già letto e riletto più volte, eppure dopo un po', la memoria...... E allora, a beneficio degli Amici che desiderano approfondire le problematiche relative alle tante e differenti monete di conto in uso a Venezia, vi parlo (o meglio vi scrivo) di un paio di queste, delle quali tratta la suddetta pubblicazione e cioè della Lira manca e della Lira complida. Credo che per un appassionato di monetazione veneziana, soprattutto medioevale, sia importante anche immergersi in queste problematiche, anche se un po' ostiche. Mi auguro di essere sufficientemente chiaro; io ce l'ho messa tutta per esserlo. Alla base del sistema veneziano dogale c'era, all'origine, il denaro (o piccolo); moneta effettivamente coniata ed accompagnata, successivamente, da altre due monete coniate: il ½ denaro (o bianco) ed il ¼ di denaro (o quartarolo). Successivamente, sotto il dogato di Enrico Dandolo, si coniava una nuova moneta: il grosso. A quel punto le due monete principali, entrambe coniate, su cui si basava la monetazione veneziana, diventavano due: il denaro piccolo ed il denaro grosso (cioè il parvus ed il grossus). A queste due monete principali, venivano associati anche i loro multipli, cioè la libra denariorum venezianorum parvorum di 240 denarii parvi e la libra grossorum di 240 denarii grossi. La prima, riferita ai denari, era già in uso essendo la più vecchia ed era comunemente denominata con l'identificativo Libra Ven. Detto ciò, vediamo la genesi di queste due monete di conto. Per F. C. Lane, il motivo è da ascrivere ad una legge del 1254, nella quale si determinava il cambio ufficiale delle valute, prendendo atto, molto probabilmente, di quanto i mercanti ed i cambiavalute, già facevano da tempo nelle abituali transazioni. Abbiamo visto poc’anzi che la Libra Ven. era una unità di conto e stava a rappresentare 240 denari piccoli (denarii parvi); un debito pari ad una Libra Ven. poteva essere indistintamente pagato in grossi o in piccoli, se era pagato in grossi (tenuto conto che il grosso corrispondeva a 26 piccoli), il debitore doveva mettere sul tavolo del commerciante 9 grossi e 6 piccoli (9 x 26 = 234 + 6 = 240). Con la predetta legge, alla Libra Ven. veniva fissato un controvalore di 9 grossi e 5 piccoli, cioè 1 piccolo in meno. Il motivo, sempre stando alle argomentazioni del Lane, è che tra il pagamento di un dato importo fatto in piccoli ed il pagamento del medesimo importo fatto in grossi, i mercanti preferissero quest’ultima moneta; anzi, per incentivare i debitori ad usare i grossi, applicavano uno sconto di 1 piccolo. Lo stesso doveva essere accaduto anche per i cambiavalute che, al ricevimento di 9 grossi, offrivano 235 piccoli invece dei giusti 234 (9 x 26 = 234). Con l’uscita della legge, si veniva a creare un problema di non poco conto anche per coloro che usavano la Libra grossorum (già citata precedentemente); fino ad allora era valsa 240 grossi, oppure 26 Libre Ven. , mentre con l’uscita della legge, anche questa unità di conto seguiva di conseguenza la medesima variazione: Se si considerava la libra grossorum pari a 240 grossi, questa sarebbe equivalsa a Libre Ven. 26 e 1/9; Se si considerava la libra grossorum pari a 26 Libre Ven., questa sarebbe valsa 239 grossi. Come districarsi se non introducendo una distinzione tra i due tipi di libra grossorum; la “Libra complida” e la “Libra manca”. A ciascuna di esse veniva quindi mantenuto un proprio rapporto, diciamo, tradizionale e cioè, la “Libra complida” manteneva il valore di 240 grossi; la “Libra manca”, invece, quello di 26 Libre Ven. pari a 239 grossi. saluti luciano1 punto
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