Classifica
Contenuti più popolari
Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 05/17/20 in tutte le aree
-
Con oggi sono due mesi che è partita questa discussione. Il risultato è notevole, siamo a 500 post, 7200 visite e tantissime monete illustrate. Per festeggiare ho pensato a questo scudo di Ludovico Manin (1789-1797). Rif.: Zub-Luciani 110.33. Arka Diligite iustitiam5 punti
-
Saranno tutte dello stesso diametro. 1816 con "punto" prima e rombo dopo la data.5 punti
-
Per gli appassionati di storia un interessante residuo della guerra fredda: due delle poche schede telefoniche emesse dall'Unione Sovietica prima di cessare di esistere: Per continuare la serie "paradisi della cartofilia dove le schede continuano ad essere usate ancora oggi (infilandole nei telefoni)", dopo il Vaticano abbiamo Cipro, con splendidi paesaggi naturali: e il Giappone nel suo tipico stile, con un personaggio di Angel Beats!, opera di animazione fantascientifico-surreale che parla dell'aldilà: Questa scheda testimonia anche il passaggio alla nuova banda magnetica corta.4 punti
-
Continuo con temi sociali. Croce Rossa Italiana e Telecom per la campagna Nazionale a favore delle vittime delle mine. Saluti Alberto4 punti
-
Buongiorno a tutti, @pietromoney la mia modesta 1816 con rombo dopo la data E niente dopo REX4 punti
-
Comunque esiste un posto dove si può ancora telefonare come ai tempi d'oro della cartofilia: il Vaticano. Agli apparecchi a moneta sono affiancati quelli a scheda, e ancora oggi vengono emesse le relative carte a chip (che dal 2014 hanno sostituito quelle a banda magnetica). L'esemplare qua sotto a destra del telefono è dell'anno scorso. E per completezza aggiungiamo anche un prototipo di nuova scheda vaticana realizzato nel 2010, prima che si decidesse di abbandonare il sistema Urmet a banda magnetica:4 punti
-
Facciamo un piccolo giochino...Pensate a una classica battaglia in stile giapponese tra due feudi nemici, come quelle che si vedono in alcuni film e serie TV. L'avete pensata? Beh...Scommetto che buona parte di voi ha sognato una battaglia con gli eserciti costituiti principalmente dai famosissimi guerrieri samurai, ma la realtà storica era ben diversa. Pertanto, in questa discussione analizzeremo un'ossatura "sconosciuta" degli eserciti giapponesi feudali: i fanti ashigaru. L'origine degli ashigaru Gli ashigaru, letteralmente "piedi leggeri", furono fanti impiegati nei conflitti del Giappone feudale dalla casta dei samurai. Qual è l'origine di questi fanti? Per rispondere a questa domanda bisogna dare uno sguardo alle origini dei samurai...Inizialmente i samurai servirono principalmente come arcieri a cavallo, tanto che i primi racconti non menzionano nemmeno le spade ed elogiano l'abilità con l'arco. La fanteria appiedata era costituita principalmente da agricoltori arruolati, non addestrati ed equipaggiati con i loro strumenti agricoli convertiti ad armi. Considerati dei non soldati, gli agricoltori arruolati non erano pagati e guadagnavano di razzie e bottini. Fu così che nacquero i primi nuclei di ashigaru. I contadini si resero presto conto che combattere le guerre poteva renderli più ricchi, e molti rinunciarono all'agricoltura per diventare fanti negli eserciti dei vari feudi. I primi racconti descrivono gli ashigaru come elementi pericolosi, mercenari, inaffidabili, ribelli e con un alto tasso di diserzione. È per questo motivo che gli ashigaru sono quasi sconosciuti, proprio perché gli scrittori giapponesi erano più interessati a scrivere storie sui samurai che ai mercenari contadini. Il culmine dello scempio fu il saccheggio e la distruzione di Miyako (l'odierna Kyoto) durante la guerra Ōnin (1467 - 1477). Nel periodo Sengoku (1467 - 1603) il modo di combattere cambiò dai numerosi duelli singoli al confronto tra formazioni disposte in ranghi. Pertanto, gli ashigaru diventarono la spina dorsale di molti eserciti feudali, trasformandosi a fanti semi - professionali ed equipaggiati. L'equipaggiamento degli ashigaru Come specificato precedentemente i primi ashigaru non avevano nessuna armatura e utilizzavano i vari strumenti agricoli come armi. Con l'inasprirsi delle guerre e il cambio del modo di combattere, i vari capi feudali iniziarono a equipaggiarli con armi migliori e armature economiche. Spesso erano armati con una lancia (yari) o un arco (yumi), ma molti portavano anche una spada (uchigatana) come arma da combattimento ravvicinato. Essenzialmente era una spada economica "usa e getta"; e la famosissima katana è un'evoluzione proprio di questa spada. Nel XVI secolo gli ashigaru furono equipaggiati anche con i tanegashima-teppō, un archibugio derivato da quelli portoghesi. Approfondiremo l'utilizzo delle armi da fuoco nella parte successiva. Per quanto riguarda l'armatura poteva consistere in un cappello conico (kasa), pettorali (dō), delle maniche rinforzate (kote), gambali (suneate) e cosciali (haidate). Il cappello conico poteva essere sostituito anche da un classico elmo giapponese (kabuto) o un cappuccio (tatami zukin). Nel periodo Sengoku la richiesta di armamenti aumentò a causa dei sempre più crescenti eserciti di ashigaru, aumentando così la produzione di elmi e armature semplici come la tatami. Inoltre, gli ashigaru, così come i samurai, portavano lungo la schiena un'asta con in cima uno stendardo chiamata sashimono, con lo scopo di facilitare l'identificazione durante la battaglia. Immagine da sinistra verso destra: cappello conico "kasa"; disegno recente di un gruppo di ashigaru; armatura di tipo "tatami" L'arrivo delle armi da fuoco I giapponesi utilizzavano armi da fuoco già da oltre due secoli, ma si trattava di rudimentali schioppi e cannoni derivati da modelli cinesi arcaici e superati. Come si arrivò a produrre un archibugio simile a quello portoghese? Devo dire che la storia è alquanto...bizzarra. Nel 1543 una nave cinese diretta verso l'isola di Okinawa con a bordo degli avventurieri e mercanti portoghesi fu costretta a ormeggiare nell'isola di Tanegashima a causa di una tempesta. La nave venne sequestrata e il signore dell'isola, Tanegashima Tokitaka, entrò in possesso di due archibugi. Capite le potenzialità di queste armi, Tokitaka affidò i due archibugi al suo armaiolo di fiducia, ma questo non riuscì a riprodurre il complesso scodellino dell'archibugio. Il problema si risolverà l'anno successivo, quando i portoghesi tornarono a Tanegashima portando un loro armaiolo che venne messo a servizio del daimyo dell'isola. Negli anni successivi la famiglia Tanegashima passò l'idea al potente clan Shimazu, ma in breve tempo anche altri clan si appropriarono dell'invenzione. La diffusione fu rapida e in soli 10 anni furono prodotti circa 300000 tanegashima-teppō. I samurai non disdegnarono l’uso degli archibugi, ma non si adattavano nel loro stile di combattimento. Per risolvere questo inconveniente i daimyō iniziarono a dotare i propri ashigaru con le nuove armi, anche perché richiedevano scarso addestramento per essere impiegati rispetto agli archi che servivano tanti anni di pratica. Il vantaggio degli archibugi fu decisivo durante la fine del periodo Sengoku. Un esempio è la battaglia di Nagashino (1575) dove i fucilieri ashigaru, appartenenti alla coalizione tra clan Oda e Tokugawa, vennero posizionati strategicamente da Oda Nobunaga e falciarono la temuta cavalleria del clan Takeda con colpi incessanti. Dopo la battaglia, il ruolo degli ashigaru negli eserciti venne riconosciuto e divennero un elemento essenziale pari ai samurai. I fucilieri ashigaru verranno utilizzati anche nelle invasioni della Corea nel 1592 e nel 1597, con un rapporto tra fucili e archi di 2:1 alla prima invasione e uno di 4:1 durante la seconda. Immagine da sinistra verso destra: stampa del periodo Edo con fucilieri ashigaru; stampa del periodo Edo che raffigura degli ashigaru indossare i "mino" sotto la pioggia. La fine degli ashigaru Con l'inizio dello shogunato Tokugawa (1603 -1868) l'arruolamento degli ashigaru iniziò subito a cadere in disuso. Sempre durante gli inizi del periodo Edo gli ashigaru rimanenti, oramai diventati professionisti, vennero considerati parte della classe samurai, nettamente più importante e prestigiosa, in alcuni feudi, mentre in altri rimasero tali. Così finì l'utilizzo dei "piedi leggeri", che da contadini mal equipaggiati e rozzi si trasformarono nel corso del tempo in fanti ben riforniti e disciplinati. Riprendo una bella frase finale su un sito storico straniero che rispecchia un po' tutta questa discussione: quando diciamo la parola samurai, non ci rendiamo conto che stiamo anche dicendo ashigaru. Spero che la discussione sia stata di vostro gradimento! Per qualsiasi dubbio o informazione scrivete pure! Alla prossima Xenon97 Gruppo di rievocatori vestito da ashigaru marciano in parata come parte della rievocazione della Battaglia di Sekigahara.3 punti
-
Non credo sia un problema del tondello ma dell'impronta. Tieni presente che il metallo veniva riscaldato portandolo a temperatura quasi di fusione, per cui il metallo andava a occupare tutti gli incavi del conio compreso tutti i difetti che esso presentava.3 punti
-
Questa monetina ci permette di aggiungere una nuova tessera nella costruzione di quell'enorme mosaico che è la monetazione sabauda. Come da titolo si tratta di un Viennese del II tipo del periodo di Carlo Il. La sua particolarità sta nelle sigle, TPP inedite sino ad ora su questa tipologia, che portano allo Zecchiere Pietro Paolo Porro che operava nella zecca di Torino. Nei primi anni di regno di Carlo Il la zecca di Torino era ancora appaltata a Giacomo Cassini, come sotto Filiberto Il, a cui subentrò appunto il Porro, probabilmente per meno di un anno, sostituito poi da Giacomo Dovetti. La coniazione di Pietro Porro fu probabilmente scarsa, visto la rarità delle monete che riportano le sue sigle, si possono trovare su uno scudo d'oro, due tipologie di testoni, tre grossi, parpagliole, quarti, forti ed ora si conoscono anche per i viennesi. Tutte queste tipologie con queste sigle sono abbastanza rare, come già detto, ma non conosco i rendiconti di battitura del periodo. Molti esemplari rintracciati del viennese presentano dei tondelli irregolari e, spesso, non permettono di leggere le sigle, in questo caso invece, sebbene il peso sia calante, 0,45 grammi, la moneta è bella larga da permettere la lettura di tutta la legenda.3 punti
-
Ricordo anche io quei gigliati, visti anche in qualche convegno. Erano tutti uguali, ma questo non somiglia per niente a quelli falsi. Cmq è sempre bene parlarne soprattutto se si hanno dei dubbi.3 punti
-
della serie mancava lei.. la sorella minore, per l'occasione ho sperimentato nuove soluzioni di illuminazione.. in particolare mi piacevano i risultati del dritto.. un mix di condizioni per cercare di combinare al meglio 3 fattori... 1 - rendere al meglio la tridimensionalità dei rilievi( visto che sono molto bassi); 2 - cercare di dare una illuminazione il più possibile uniforme.. per evitare antiestetiche zone d'ombra; 3- avere una illuminazione con l'intensità giusta per esaltare freschezza e brillantezza del metallo senza bruciature.. vi assicuro che combinare queste 3 cose insieme su questa moneta è una impresa veramente difficile per me. Dopo aver fatto la foto mi sono accorto che una parte bordo a destra non era sollevato abbastanza dal gommino, che appunto copre un po il bordo... allora ho cercato di ripetere la foto uguale,dopo averla sollevata un po... morale della favola non sono più riuscito a fare la stessa foto... come questa.. è proprio vero che questa moneta ha il fascino della maledizione ??3 punti
-
Posto un ducatello a cui tengo particolarmente pur essendo di qualità media, dovevo già presentarlo qualche tempo fa' quando Arka postò un magnifico scudo della croce sempre di Silvestro Valier poi però mi sono perso altrove... Come detto già più volte i ducatelli di alta qualità sono abbastanza ostici e difficili da reperire, ecco quindi che personalmente pur essendo costato un " tantin massa " lo comprai per la collezione. Io poi in tutta onestà non mi sento di considerarlo comune il Valier.3 punti
-
Buongiorno, posto di seguito due esemplari di anelli in pietra incisa che non possono non destare ammirazione circa la perizia degli artigiani che li crearono, al di là dei voli pindarici delle descrizioni scritte negli articoli (e in particolare, quella sul presunto anello di Caligola). NB: cliccare sul titolo per il reindirizzamento agli articoli. L'anello di Carvilio L'anello di Caligola Ciao Illyricum2 punti
-
buona sera a tutti. con questo 9 cavalli di Filippo IV, per stasera concludo.LA cosa abbastanza strana e' che manca la terza cifra che compone l'anno 16 9. Dovrebbe essere un 2 ma non c'e'.2 punti
-
2 punti
-
Buonasera, @mariarosaria, posto il mio 9 cavalli di Filippo IV 1626 con la quarta cifra quasi abrasa. @Rex Neap può essere utile a Mariarosaria per confronto? Saluti Alberto2 punti
-
Buonasera a tutti, anche io sono d'accordo con Lorenzo, @dareios it anzi aggiungerei che i campi sono la parte più alta (sporgente) del conio, e quindi è quella parte che in fase di coniazione spinge di più il tondello vergine. Spingendo di più nel tondello caldo diciamo che tende a "spianare" maggiormente eventuali imperfezioni (come i graffi di lima) rispetto ai capelli, che per esempio, sono la parte più alta delle moneta ma più bassa del conio. Spero di essere riuscito a esprimere chiaramente il mio pensiero.2 punti
-
Ti scrivo solo un ulteriore informazione: dal 1628..... quindi 28/29 e 30 i contrassegni dei coniatori sono sempre avanti busto...negli anni prima o a fine legenda a destra o sotto il busto. Buona serata anche a te.2 punti
-
No, Pietro non arriva neppure allo SPL ? Voglio impreziosire la tua discussione condividendo la mia INPANS, pochi pezzi conosciuti.2 punti
-
Buona Domenica Artur, è l'ultimo che ti resta del rotolino? Fantastico! saluti luciano2 punti
-
2 punti
-
2 punti
-
Sono monete da Mezzo Carlino, di Filippo III di Spagna; i primi due battuti all'inizio del suo regno, tra il il 1599-1606, Filippo è raffigurato giovanissimo, mentre il terzo, più adulto, tra il 1606 e il 1609. Quest'ultimo, non ha le sigle ed è più raro dei precedenti.2 punti
-
Ciao Beppe, certo che possiamo darci del Tu? Per tendenza intendo dire da circa 2 mesi a questa parte ovviamente, ma inserisco anche il mese prossimo, poiche' sto guardando varie aste in corso dove gia' tra le offerte presenti, questa "tendenza" diciamo , e' la stessa. La tesi iniziale era comunque che, a mio avviso, l'incremento di prezzi o valore ci sara' per le monete in altissima conservazioni, poiche' l'andamento del mercato era gia' quello....ora che momentaneamente vi e' un 'offerta praticamente nulla per via della mancanza di aste battute, e anche nei mesi prossimi sara' comunque inferiore al passato per via del Lockdown che ha impedito reperimento, sara' molto difficile poter soddisfare la domanda che era e (sempre a mio parere) rimarra' alta. Questo e' il discorso relativo alle alte conservazioni....ne consegue il fatto , a dimostrazione che il mercato numismatico al momento e' in salute, in mancanza o scarsa proposta di questo tipo di materiale, la gente ,comprando ugualmente , si trova a contendersi cio' che vi e' ora sul mercato , ossia le medio-basse conservazioni. Da qui il fatto che monete, che fino a dicembre scorso magari sarebbe state invendute a "X" perche' rappresentavano un mercato in discesa, ora non solo vanno vendute, ma realizzano addirittura molto piu' di "X". Poi ovviamente se guardiamo al futuro mercato tra 6-7 mesi o 1 anno e ragioniamo su pandemia finita, il mio pensiero rimane quello di sempre, ossia quello che avevo prima dell'inizio di questa situazione......monete in altissima conservazioni che saranno sempre piu' richieste e non perderanno di valore ed uno scostamento dai prezzi delle monete in medio-bassa che sara' sempre maggiore. Quindi si, anche io ritengo che cio' che stiamo vedendo ora per le medio-basse conservazioni sia solo una cosa temporanea , dovuta principalmente alla mancanza di alte conservazioni. Una volta che torneranno ad essere proposte, la "battaglia" tornera' ad essere su queste Ciao Roberto2 punti
-
Un evento importante per la nostra Telefonia : la Telecom subentra alla SIP , nella seconda scheda pubblicizza il servizio fax "Mosaico"2 punti
-
Buonasera e buon weekend. Di recente ho migliorato l'esemplare che avevo in collezione...è la prima volta che cambio una moneta per migliorarla con Modena ma quando l'ho vista non ho potuto dire di no. Questa è una delle poche tipologie collezionabili di questo duca, in mistura. Il dritto risulta di conio un po più stanco a mio avviso, alcune lettere della legenda sono ribattute come se ci fosse stato un doppio colpo in fase di coniazione ed il conio risulti leggermente traslato....qualche traccia di nero al bordo, ossidazione da ritrovamento in un muro di casa a mio modo di vedere. Il vero punto di forza però è il rovescio....un'aquila davvero ben impressa, completa e ben centrata ed un'argentatura completa. Cosa ne pensate? Grazie a tutti quelli che lasceranno un parere o un commento e un saluto a tutti. Marco2 punti
-
Buonasera Vi presento l'ultimo sampietrino entrato in collezione. Direttamente dall'asta Marcoccia questo san Severino 1797 che ho preso per il profilo del santo....ha un nasone particolare e personalmente è il secondo solo che vedo così. Mi piacerebbe avere le vostre impressioni. ? Data per qspl e son d'accordo ed ha pure un patinina uniforme niente male Grazie a tutti e un saluto Marco1 punto
-
Salve Medaglia celebrativa del breve regno di Umberto II (1946). D/ HVMBERTVS II ITALIAE REX Busto a s. a testa nuda R/ ANNO D M . M C M X L V I * F . E . R . T Stemma coronato, sorretto da leoni e sormontato da cimiero e stendardo e sotto FE RT Au 900: 5,1 g, 17,8 mm; spessore 1,37 mm. Contorno rigato. Asse a moneta La medaglia è confezionata in un cofanetto esagonale stemmato1 punto
-
Condivido. Attualmente non esiste alcun testo che descriva dettagliatamente la coniazione di moneta nella zecca di Napoli. La monetazione napoletana è unica nel suo genere, presenta peculiarità tali da discostarsi dai procedimenti utilizzati dalle altre zecche.1 punto
-
Da domani 18 maggio lunedì sino al 24 maggio domenica si passa all'anno successivo: ╠═►1836◄═╣ Nella discussione originaria fu l'unica moneta postata per questa data. @vathek19841 punto
-
Salve Come detto già detto da altri assolutamente da non pulire. Purtroppo un errore di molti è pulire le monete che si trovano in casa credendo di fare meglio ma non è mai così, anche per il valore una moneta pulita malamente e lavata vale sempre meno di una con la patina originale; come in questo caso.1 punto
-
1 punto
-
https://www.sixbid-coin-archive.com/#/de/search?text=lira gritti spl 250 euro . C'è anche questa che riporto sotto finita a 100 euro piu diritti in qspl quindi sopra i 150 euro spedita SECONDA PARTE - MONETE DI ZECCHE ITALIANE Venezia Andrea Gritti, 1523-1538. Mocenigo o lira (sigla L.M), AR 6,50 g. Paolucci 5. q.Spl1 punto
-
@mariarosaria, si non c'è data su questi Tarì; la prima data sulle monete di Filippo II venne messa nel 1572, quindi qui ci troviamo di fronte ad una coniazione prima del 1572. Se però consideriamo, ovviamente , queste sigle impresse dietro la testa, cioè IBR/VP, la moneta è CERTAMENTE battuta tra il settembre del 1561 e l'anno 1567. Su questo tipo di Tarì, sotto il busto di Filippo II, non ci sono simboli/marchi, tranne che in alcuni esemplari, sempre sotto, troviamo un grosso globetto (.), che qui non vedo. Ma allora non hai solo borboniche ? .... ? Tuo nonno si trattava bene.1 punto
-
Doveva essere un collezionista del novecento. La sua collezione di monete, soprattutto Venezia, è stata dispersa nel 1982. Arka Diligite iustitiam1 punto
-
Per una moneta che dovrebbe pesare 6,50 grammi, a 5,71 parliamo di tosatura pesante, superiore al 10 %. E questa non è normale usura da circolazione. Poi, ribadisco, ognuno è libero di scegliere. Arka Diligite iustitiam1 punto
-
Bellissima discussione, e complimenti ad @acraf per gli approfondimenti a suo tempo condivisi. Mi chiedevo: non è che nel frattempo sono diventati un libro o un articolo? Credo che poche cose siano così interessanti e, allo stesso tempo, così prive di certezze, come la nascita della moneta.1 punto
-
@lorluke @gennydbmoney @pietromoney @gcs...ciao gente... Son contento le foto vi abbiano fatto cambiare idea e grazie per i complimenti. Io già dalle prime foto intuivo il potenziale della moneta in questione e quando alla fine è arrivata non sono rimasto deluso, delle volte ci vuole un pò di fortuna e un pò di occhio come scrive @gcs...la qualità delle foto del venditore è sempre stata scarsa e non era facile giudicare, un pò mi son buttato! Ho inserito in collezione una moneta che difficilmente cambierò....belli sti pezzi1 punto
-
Questo è il progetto scartato. La moneta emessa è quella del post #116. Arka Diligite iustitiam1 punto
-
1 punto
-
1 punto
-
@gsanto In un libricino che ho scritto ho riportato diverse informazioni sulla asta. Da "CANESSA, UNA FAMIGLIA DI ANTIQUARI!" Ed. 2018, Associazione Culturale Italia Numismatica. Collana di studi e ricerche: Nummus et Historia, XXXV. "..........Tutte le aste organizzate dalla collaborazione Canessa-Sambon si svolsero a Parigi all’Hotel Drouot[1] ad eccezione della vendita Martinetti-Nervegna che fu esitata a Roma nella Galleria Sangiorgi-Palazzo Borghese. Il quotidiano romano “Il Popolo Romano” del 28 marzo 1933 riportava (in un articolo dedicato al ritrovamento del Tesoretto di Via Alessandrina) a proposito dell’asta Martinetti-Nervegna: «…diversi -medaglieri greci, romani, papali medioevali che furono venduti al sig. Sambon per Lire 180,000, con l’obbligo di rivendere con asta pubblica per tramite della Galleria Sangiorgi…». Giuseppe Nervegna da Trieste si trasferì a Brindisi. Era un erudito appassionato di archeologia e numismatica. Gestiva una ditta dedita alla compravendita di olio, avene e altri prodotti alimentari. Successivamente entrò in politica, e fu anche viceconsole di Germania. Creò una collezione in centrata sulla monetazione rivenuta da territori della vecchia Magna Grecia: «…Da tutte le Puglie affluivano a Nervegna i ritrovamenti numismatici della Magna Grecia……egli aveva perfezionata una collezione egregia per i suoi fior di conio…..Sulle tavolette foderate di velluto rosso si allineavano gli stateri d’oro, le dramme, le semidramme, gli oboli.». Francesco Martinetti era un noto antiquario della Roma dell’800 con il negozio a via Bonella 74. Aveva iniziato come incisore di pietre dure per poi dedicarsi alla numismatica. Fu anche uno dei migliori restauratori del bronzo dopo la morte, a Parigi, del Pennelli. Pio Santamaria, durante un’intervista relativa al ritrovamento del tesoretto di Via Alessandrina, lo descrisse come un uomo avido di possedere, cultore di Roma e sensibile al bello. Fu una figura controversa e discussa[2]. La collezione Martinetti va concepita come lo “stock” di un commerciante profondo conoscitore del mercato numismatico ed abbracciava tutte le tipologie di monetazione. L’asta suscitò un grande interesse nel mondo numismatico dell’epoca e si svolse sotto la direzione dei Canessa, parteciparono noti collezionisti e commercianti sia internazionali che nazionali con importanti commisisoni, per esempio: Leo Hamburger, Spink, Rollin, Bourgey, Hirsch, Stettiner e De Ciccio. Il Governo Italiano stanziò per la suddetta asta circa 60,000 franchi ma saputo della partecipazione dei maggiori Musei d’Europa e la conseguente paura di pendere i migliori pezzi delle collezioni cercò di fermare la vendita. Tuttavia, le proteste dei proprietari e degli stessi organizzatori fecero modo che l’asta ebbe seguito. Realizzò 330,000 franchi (60,000 dollari) ed alcune monete raggiunsero prezzi molto elevati. Lo statere d’argento di Taranto della collezione Nervegna (lotto 258), con Apollo inginocchiato al diritto, fu acquistato dalla casa d’aste Rollin&Feuardent per 22,000 franchi, somma molto alta per l’epoca. Questa moneta era stata scoperta e acquistata da un antiquario in una oreficeria di Taranto, nel momento in cui l'orafo si accingeva a fonderla insieme ad altre monete d’oro di “scarto”. Il mercante, non conoscendone il valore reale, la vendette al Nervegna per soli 60 franchi. Inizialmente lo Stato Italiano aveva predisposto sia di vietare la vendita che l'uscita dall'Italia dello statere; il decreto fu revocato in favore di altri due pezzi: uno statere d'oro di Taranto (lotto 243, acquistato per 16500 franchi dal Museo di Taranto) sempre della collezione Nervegna e, il sesterzio di Britannico (lotto 1594, acquistato per 5,500 franchi dal Gabrici per Museo di Napoli) della collezione Martinetti. Il Governo Italiano non voleva che il sesterzio di Britannico lasciasse l'Italia e, temendo che il prezzo fosse stato troppo alto, ricorse alla forza della legge. Il sesterzio fu trovato a Roma da un mercante del Rione Monti: Domenico Forcucci. Il Forcucci l’acquistò per pochi centesimi in una mattinata durante il suo solito giro al mercato delle pulci in via Mario dei Fiori. Francesco Martinetti entrato nel suo negozio e vedendo il sesterzio lo acquistò immediatamente per 1,000 franchi. Il Museo di Napoli acquistò a prezzo elevato due pezzi molto importanti per la storia delle popolazioni indigene del sud Italia: le due monete di Baletium (lotti 235 e 236, entrambi pagati 22,600 franchi) appartenenti alla collezione Nervegna ritrovate a Brindisi. Prima da allora erano conosciuti solo due esemplari. Quest’ultimi furono trovati, intorno al 1857, da Jules Sambon a Lecce. Sambon, entrando in una bottega orafa vide una pila di monete pronte per la fusione; spinto dalla curiosità del collezionista, fece scivolare tali monete tra le dita e scoprì per caso questi due rari esemplari fino ad allora sconosciuti. Le pagò un ducato, per poi rivenderle al duca di Luynes[3]. Ad oggi, al di fuori di sporadici pedigree riscontrati nei diversi articoli o cataloghi d’asta, è molto difficile poter distinguere quali lotti appartenessero alla collezione Martinetti o alla Nervegna, pur essendo le due raccolte state concepite in realtà, condizioni e finalità completamente differenti. A prima vista si potrebbe ipotizzare che la parte greca, quantomeno tutta la serie delle monete di Taranto (anche nella collezione J.P. Morgan esitata da Stack’s, “Selections from the J. Pierpont Morgan Collection: Greek and Roman Coins”, 14 settembre 1983, per il lotto numero 2, un raro triobolo d’oro di Taranto, viene indicato come pedigree: “ex Nervegna Collection 251”), appartenesse interamente al Nervegna. In realtà non ci sono sufficienti prove per avvalorare questa ipotesi, risultando così una probabile suddivisione ma senza nessun reale riscontro. Si consideri che dalla Magna Grecia poteva affiorare qualunque moneta e contemporaneamente il Martinetti, da esperto commerciante, poteva avere nel suo stock ogni tipologia di monetazione[4]......" Le note non te l'ho riportate. Grazie1 punto
-
@tonycamp1978 grazie per i tuoi interventi, giuste osservazioni. I miei esami sono frutto esclusivo di curiosità. Mentre per l'oncia USA ho visto il formarsi della patina da quando non esisteva, per la moneta svedese non è stato possibile in quanto acquisita un paio di settimane fa. Di quest'ultima, per informazioni fornite dal venditore, posso dirti che è stata conservata in un monetiere per svariati anni. Lo studio che dici tu sarebbe molto interessante ma ci vuole molto tempo per verificare il variare della formazione della patina. I miei post volevano essere solo uno stimolo ad intraprendere studi un po' diversi da quelli esclusivamente numismatici, spero che qualche collezionista giovane lo faccia, basta avere un po' di curiosità e fare un piccolo investimento nella strumentazione.1 punto
-
Negli Stati non più esistenti, credo che possa trovare un posto anche la Repubblica Serba di Krajina; entità autoproclamata dalla popolazione di etnia serba abitante nelle regioni storiche di Krajina e Slavonia (ora appartenenti alla Croazia), Esistita dal 1991 fino al 1995, durante la guerra civile jugoslava, era afflitta da una inflazione galoppante; le sue banconote avevano molti zeri.... Qui una da 5 milioni di dinari del 1993, con rappresentata la Fortezza di Knin (che era la capitale)1 punto
-
Hai ragione, i gettonici telefonici venivano accettati abitualmente anche perché il loro controvalore se ricordo bene era di 200 lire, ma le schede non hanno mai circolato come denaro anche perché non ve ne era alcun bisogno, le banconote si trovavano tranquillamente. Quando mancarono le monete metalliche girò di tutto, dagli Assegnini a gettoni artigianali che molti negozianti davano per resto ai loro clienti e ovviamente erano disponibili ad accettarli, alcuni vennero fatti inserendo dei farncobolli in corso in un dischetto di metallo cellofanato e valevano il prezzo indicato sul francobollo. Ciao Heineken.1 punto
-
Buongiorno a tutti, @ART, ti ammiro, riesci a fare a meno del diabolico strumento, io purtroppo no, per il lavoro che svolgo è diventato un estensione del mio corpo. Oggi posto un'altra delle schede telefoniche non tradizionali, quelle che non andavano inserite nell'apparecchio. Saluti Alberto1 punto
-
Ciao a tutti! Ho una nuova moneta che suggerisco di guardare. Clemente XI, 1 Piastra, materiale: Ag, diametro: 45-46 mm, 32,12 gr . Critiche e commenti sono i benvenuti.1 punto
-
Taglio: 1 euro Nazione: San Marino Anno: 2014 Tiratura: 1.517.500 Condizioni: BB Città: Milano Note: 6 monete Taglio: 1 euro Nazione: San Marino Anno: 2015 Tiratura: 1.675.600 Condizioni: BB Città: Milano Note: 6 monete1 punto
-
Ciao a tutti. Desidero condividere con tutti voi una delle monete preferite della mia collezione: il raro giulio di Giulio II coniato a Bologna con conii attribuite a Francesco Raibolini chiamato Francia. Secondo Vasari (di cui non ci si può fidare in ogni dettaglio): Ma quello che gli dilettò sopra modo, fu il fare i conii per le medaglie, i quali da nessuno meglio che dal Francia furono fatti ne' tempi suoi, come apparisce ancora in alcune medaglie fatte da lui naturalissime della testa di Papa Iulio II che stettono a paragone di quelle di Caradosso. Oltra che fece le medaglie del Signor Giovanni Bentivogli che par vivo e d'infiniti principi, i quali nel passaggio di Bologna si fermavano, et egli faceva le medaglie ritratte in cera, e poi finite le madri de' conii, le mandava loro; di che, oltra la immortalità della fama, trasse ancora presenti grandissimi. Tenne continuamente mentre che e' visse la Zecca di Bologna; e fece le stampe di tutti i conii per quella, nel tempo che i Bentivogli reggevano; e poi che se n'andorono, ancora mentre che visse Papa Iulio, come ne rendono chiarezza le monete che il papa gittò nella entrata sua, dove era da una banda la sua testa naturale, e da l'altra queste lettere: Bononia per Iulium a tyranno liberata. E fu talmente tenuto eccellente in questo mestiero, che durò a far le stampe delle monete fino a 'l tempo di Papa Leone; e tanto sono in pregio le 'npronte de' conii suoi, che chi ne ha le stima assai, né per danari se ne possono avere.1 punto
-
1 punto
Questa classifica è impostata su Roma/GMT+02:00
Lamoneta.it
La più grande comunità online di numismatica e monete. Studiosi, collezionisti e semplici appassionati si scambiano informazioni e consigli sul fantastico mondo della numismatica.
Il network
Hai bisogno di aiuto?
