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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 11/21/20 in tutte le aree
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Continuo questo post dal momento che i lettori possono trovare interessante vedere come ho concluso che la mia Caulonia incuse nomos non è placcato. Ho portato la mia moneta in un laboratorio di test di metalli per richiedere l'analisi tramite florescence a raggi X (XRF) ... e l'esame al microscopio elettronico a scansione: Due risultati di XRF hanno mostrato che questa moneta conteneva circa il 92 - 95% di argento e il 3 - 6% di rame con quantità inferiori di altri metalli tra cui l'oro. Il tecnico ha esaminato le macchie nere attraverso il suo microscopio elettronico, e ha concluso che erano probabilmente materia organica incrostata. (Si noti la scala in basso a destra della foto, che mostra la scala per 1 mm, che è diviso in decimi.) Infine concludo con una foto scattata di questa moneta scattata dal mio telefono. Molte grazie a tutti coloro che hanno partecipato a questa corrispondenza. Ho molto apprezzato la tua intuizione. D7 punti
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Molti si chiederanno cosa c'entra un viaggio sulla luna in una sezione come questa. Ed infatti il tema del viaggio non è da prendere alla lettera ma "con letteratura" , perché prima di Verne o di Ariosto c'è stato qualcun altro, in epoca antica, che ha scritto di avventure straordinarie: il suo nome Luciano di Samosata. Luciano , vissuto sotto gli Antonini , scrisse il primo romanzo "fantasy" della storia: "La storia vera" (Ἀληθῆ διηγήματα) Certamente il suo intento forse era più parodistico, fatto sta che Luciano è il primo autore (di cui abbiamo traccia) ad inviare l'uomo sulla luna. Naturalmente credo che ad immaginare o desiderare di andarci non sia stato il primo , ma è stato il primo a metterlo per iscritto, correndo anche il rischio di essere preso per pazzo. Andiamo un po' più in profondità. Il romanzo in due libri è scritto in forma autobiografica ed è uno dei più noti e fantasiosi romanzi prodotti dalla letteratura greca, in cui si narrata l'avventura di un gruppo di persone, che, capitanate dall'autore, decidono di attraversare le Colonne d'Ercole per vivere avventure strabilianti. Luciano trasporta il lettore in un'atmosfera di fantastica parodia che permea tutto il romanzo, rinunciando ad ogni pretesa di verosimiglianza e lasciando viaggiare senza freni la sua fantasia. Libro primo Nel prologo Luciano afferma che racconterà una storia fantastica per rinfrescare la mente da letture più impegnative e che l'unica cosa vera del racconto è che è tutto falso. L'autore inizia con la descrizione del suo viaggio immaginario assieme a cinquanta compagni oltre le Colonne d'Ercole, animato come Odisseo dal desiderio di conoscere cose nuove. Subito l'equipaggio è colto da una tempesta di vento che sballotta la nave per settantanove giorni finché all'ottantesimo, al termine della tempesta, riescono a sbarcare su un'isola misteriosa. Scoprono una colonna di bronzo con un'iscrizione greca che attesta che Eracle e Dioniso hanno viaggiato fin lì e impronte di piedi giganti. Qui si imbattono in un fiume di vino dove nuotano pesci al sapore di vino e in un gruppo di esseri, che hanno forma di viti dai fianchi in giù e di donne dai fianchi in su. Lasciata quest'isola la nave si imbatte in un tifone e viene sollevata in aria a 3000 stadi d'altezza. Dopo otto giorni di volo finisce in una terra vasta come un'isola, splendente e sferica e illuminata da una grande luce , la Luna. Sbarcati sulla superficie lunare, Luciano e i suoi compagni sono catturati dagli ippogrifi e portati al cospetto del re selenita Endimione, che era impegnato in una guerra contro il re del Sole Fetonte per la colonizzazione di Vespero, Venere. Questa “guerra stellare”, combattuta da guerrieri improbabili come i Caulomiceti armati di funghi come scudi e gambi di asparagi come lance, o come i Psyllotoxoti che cavalcano pulci grandi come dodici elefanti, è vinta dall'esercito del Sole. Luciano e i suoi compagni, che avevano combattuto alleati con i seleniti sono fatti prigionieri e portati sul Sole. La loro prigionia non dura molto, e una volta liberi decidono di tornare sulla Terra nonostante Endimione cerchi di trattenerli con sé promettendogli grandi onori. Prima di riprendere la narrazione del suo viaggio Luciano dichiara di riferire le cose nuove e straordinarie che osservai durante l'intervallo del mio soggiorno sulla Luna, iniziando una minuziosa quanto inverosimile descrizione dell'aspetto e delle abitudini dei seleniti, come l'assenza di donne e la nascita dei bambini dai polpacci degli uomini. La nave torna sulla Terra, ma viene inghiottita da una balena di mille e cinquecento stadi di lunghezza. Al suo interno c'è un'isola abitata da fantastiche tribù. L'equipaggio li stermina tutti. Dopo un anno e nove mesi dall'apertura della bocca del mostro assistono alla battaglia tra giganti che su isole lunghe remano come fossero navi. Libro secondo Luciano cerca una soluzione per uscire in mare aperto e alla fine la nave scappa attraverso la bocca aperta del mostro marino. Attraversa quindi un mare di latte, scoprono un'isola di formaggio e le Isole dei Beati, governata dal cretese Radamanto, dove incontra Omero, Ulisse, Socrate, Pitagora e altri famosi personaggi mitologici e storici defunti. Quindi salpano e giungono presso l'isola dove vengono puniti da personaggi mitici e storici, come Ctesia ed Erodoto eternamente puniti per le "menzogne" da loro narrate. Quindi giungono presso l'isola dei sogni dove rimangono trenta giorni. Dopo tre giorni giungono all'isola di Ogigia, dove consegnano una lettera a Calipso da parte di Odisseo dove spiega che avrebbe preferito rimanere con lei per poter vivere in eterno. Quindi riprendono la navigazione, giungono presso una voragine nell'Oceano profonda 1000 stadi, la superano remando faticosamente su un ponte d'acqua che unisce le due sponde e si ritrovano in un mare tranquillo. Dopo aver visto altre isole, scoprono un continente. Mentre discutono se sbarcare per poco tempo o inoltrarsi nell'entroterra, una burrasca sbatte la nave sul lido e la sfascia. Il romanzo si conclude improvvisamente con la promessa di raccontare le successive avventure nei libri seguenti. https://it.m.wikipedia.org/wiki/La_storia_vera4 punti
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Tra i gigliati, poi, ci sono quelli che presentano la lettera N nel campo del diritto. Questo che aggiungo presenta anche un globetto4 punti
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Nasce verso il 355 a,C. in Creta, dalla quale poi emigra in Anfipoli, diventata importante città del regno di Macedonia sotto Filippo II . Amico fedele di Alessandro, quando questi succede al padre nel regno, ne diventa uno degli ufficiali e lo segue in tutta la campagna che porta alla conquista dell' impero persiano : Alessandro Magno assegna a Nearco tra il 334 ed il 331 a.C. la satrapia su Lycia e Panfilia . Nearco torna a seguirlo nella campagna di India nella quale Alessandro arriva all'Indo e sul fiume Idaspe nel 326 a.C. sconfigge e riduce a vassallo il re indiano Poro . A fine 326 a.C. viene allestita una grande flotta e l'esercito di Alessandro avvia il ritorno seguendo i fiumi Indo ed Idaspe fino al mare : da qui, al comando di Nearco viena affidata, con parte dell'esercito, la flotta, che naviga attraverso il mare Arabico ed il golfo Persico verso le foci dell'Eufrate con obiettivo il ritorno a Babilonia, navigazione che si protrae da autunno 325 ad inverno 324 a.C. . Morto Alessandro, Nearco forse si ritira verso i luoghi della sua antica satrapia, dove nei suoi ultimi anni, con tratti quasi da esploratore, scriverà il prezioso e dettagliato resoconto del suo viaggio di ritorno dall'India ed attraverso quei mari poco conosciuti : racconto a noi pervenuto perchè raccolto da Arriano nel suo Indica . Dell' impresa in India che ha visto tra i protagonisti anche Nearco, abbiamo come documento numismatico, l'estremamente raro decadrammo battuto in Babilonia verso il 327 a.C. , che si vuole illustri i combattimenti di Alessandro contro il re Poro .3 punti
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Con calma mi sono rivisto bene la moneta e devo dire le righe della papalina non mi quadrano e cosi anche alcuni punti dei capelli come mi avete fatto notare,non capisco perche aver rovinato,anche se in " minima parte", una moneta che andava più che bene cosi com'era,forse venendo dall'estero il proprietario non ha capito bene cosa avesse fra le mani. Peccato pensavo di aver fatto un'ottimo affare ma vedete cosa accade quando ci si butta sulla fiducia della casa d'aste senza controllare bene la moneta seppur in foto?! Mi serverà d'esperienza (devo ricominciare a guardare BENE le foto delle aste) dovrò farla periziare per forza. Grazie a tutti per il vostro tempo sopratutto a @Giov60 che con molta professionalità ha esposto il suo parere.3 punti
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La scultura in bronzo simbolo della città di Brescia, amata da Giosuè Carducci che la celebrò nell'ode Alla Vittoria, ammirata da Gabriele d'Annunzio e da Napoleone III che ne vollero una copia, è una delle opere più importanti della romanità per composizione, materiale e conservazione, e uno dei pochi bronzi romani proveniente da scavo giunti fino a noi. La statua venne ritrovata insieme a sei teste imperiali e a centinaia di altri reperti in bronzo nel 1826, durante gli scavi archeologici condotti nell'area dai membri dell'Ateneo di Scienze, Lettere e Arti di Brescia, in un'intercapedine dell'antico tempio, dove forse era stata occultata per preservarla da eventuali distruzioni. La scultura, realizzata in bronzo con la tecnica della fusione a cera persa, è databile intorno alla metà del I secolo dopo Cristo, forse ispirata a modelli più antichi. La grande statua in bronzo ha subito un intervento di restauro durato due anni, condotto dall'Opificio delle Pietre Dure di Firenze, promosso dal Comune di Brescia, dalla Fondazione Brescia Musei, della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Province di Bergamo e Brescia, con il sostegno della Regione Lombardia. La posizione della figura, con una gamba leggermente sollevata e le braccia avanzate, si spiega con la presenza in origine di alcuni attributi che permettevano di identificarne il soggetto. Il piede doveva infatti poggiare sull’elmo di Marte, il dio della guerra, e il braccio sinistro doveva trattenere uno scudo, sostenuto anche dalla gamba piegata, sul quale erano stati incisi, con la mano destra, il nome e le res gestae del vincitore (con queste caratteristiche veniva infatti rappresentata dai romani la dea Vittoria). La statua venne dedicata alla dea probabilmente da una personalità importante in qualità di ringraziamento (ex voto) per un successo militare e poteva forse essere esposta all’interno del tempio o in un edificio pubblico della città, probabilmente il Capitolium stesso (isolata, o forse associata alla figura maschile il cui nome era riportato sullo scudo che la Vittoria tratteneva). La figura della Vittoria alata è ben documentata nell’arte romana, soprattutto su monete e rilievi di età imperiale. Il tipo costituisce una variante di una statua della fine del IV secolo a.C., l’Afrodite cosiddetta Capua, raffigurata mentre si ammira seminuda nello specchio che tiene tra le mani. Questo modello venne riprodotto in numerosi esemplari a partire dal II secolo a.C. Successivamente lo schema iconografico dell’Afrodite venne trasformato in Vittoria con l’aggiunta della tunica e delle ali e con la sostituzione dello specchio con lo scudo sul quale la divinità incide il nome del vincitore. Questa variante godette di larga fortuna a partire dal I secolo d.C. La Vittoria di Brescia, forse inizialmente realizzata senza ali, aggiunte in un momento successivo, ne costituisce uno degli esempi più conosciuti. In alcune vecchie fotografie si può osservare la statua con un elmo coricato sotto il piede sinistro e un ampio scudo rotondo tra le mani: sono delle integrazioni, verosimilmente in gesso, suggerite dallo studioso Giovanni Labus e inserite nella statua probabilmente nel 1838. Non è noto fino a quando questi oggetti vennero lasciati, è possibile che siano andati persi nel trasferimento della statua il 13 giugno 1940 durante un allarme aereo, quando la Vittoria alata venne portata nel parco di Villa Fenaroli a Seniga, a sud di Brescia, per essere protetta. Tratto da https://www.bresciamusei.com/nsantagiulia.asp?nm=10&t=Vittoria+Alata https://www.arte.it/notizie/italia/la-i-vittoria-alata-i-di-brescia-storia-del-capolavoro-che-stregò-d-annunzio-e-napoleone-17783 La celebra anche Topolino nel numero 3391 con la … Minni Alata (da mercoledì 18 novembre in edicola).3 punti
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Strano, io per vendere monete antiche a un commerciante ho dovuto dare tutti i documenti che ne attestassero la provenienza. Vabbè, sarò il solo italiano che compra legalmente che ha trovato il solo commerciante che segue le regole.... Non esagerate, i furbetti ci sono ovunque, in altri paesi magari si nascondono dietro provenienze notarili e no-comment televisivi e tutti contenti3 punti
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Imitativa barbarica, che riprende Tetrico I Al dritto si legge (I)MP C TE(TRICVS AVG). Tra parentesi le lettere non visibili perché usurate o fuori tondello. Il rovescio potrebbe essere ispirato a una Hilaritas o una SALVS, molto probabilmente riprodotta specularmente.3 punti
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Ciao Giovanni, mi permetto di aggiungere le foto di un esemplare di buona qualità (NAC 35, 14) e soprattutto con il ritratto esente da particolari debolezze, perlomeno nei punti di nostro interesse. Da sottolineare quanto hai giustamente detto: il conio di diritto per questa tipologia è solo uno. Un caro saluto, Antonio3 punti
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Buongiorno a tutti e soprattutto a coloro che non sono troppo addentro alla monetazione imperiale. Proprio per colmare un po' questa lacuna in qualche neofita propongo una sorta di gioco: di seguito propongo una pregevole statua bronzea di età romana. Chiedo poi: di che personificazione si tratta dove è stata rinvenuta ma soprattutto cosa sta facendo la figura femminile rappresentata? esiste qualche chiaro riferimento numismatico a questa scena? Se sì, posta qualche confronto. Coraggio, non si vince vile pecunia ma solo la gloria ... di puro arricchimento culturale. Buona caccia Illyricum2 punti
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Segnalo un libro dedicato alla vita del grande numismatico pugliese trapiantato a Napoli, Luigi dell'Erba. Leggendo la sua biografia si può comprendere quanto eclettica fosse questa importante figura non solo nel campo della numismatica. http://galluzzimichele.altervista.org/joomla/uomini-illustri/33-luigi-dell-erba2 punti
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Buonasera allego un Asse di Tiberio appena arrivato dopo l'aggiudicazione ad un'asta genovese. 35-36 d.C. g10.60 Al dritto testa laureata di Tiberio a sinistra "TI CAESAR DIVI AVG F AVGVST IMP VIII Al rovescio caduceo alato PONTIF MAXIM TRBVN POTEST XXXIIX SC RIC 65 Buona serata Antonio2 punti
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Ormai @eliodoro non finisce di stupirmi postando questi esemplari. Poi l'abbinamento di questo gigliato con il denaro, entrambi caratterizzati dalla presenza di quella n minuscola di stile gotico, che lascia intendere un fil rouge fra le due emissioni. In effetti sotto il regno di Giovanna furono battuti una quantità enorme di gigliati postumi a nome di re Roberto e molto fu fatto dalla regina per regolarizzare la circolazione monetaria. Come i suoi predecessori il problema principale era quello di contrastare le frodi monetarie, sia all'interno che all'esterno della zecca e Giovanna pensò di "accattivarsi" il personale di zecca concedendo a loro i diritti che gli erano stati concessi ai tempi di Federico II fra i quali quello di essere giudicati da un tribunale speciale anche per fatti verificatisi fuori dalla zecca. In uno degli appalti della zecca a favore di Ingeramo di Nero e Bernardo Domenico di Nardi per la coniazione di 26000 libbre di gigliati (parliamo di oltre 2 milioni di pezzi) e 20000 libbre di denari (quasi 10 milioni di pezzi) per soli 2 anni (1350-1352) si riscontra una clausola vantaggiosa per il personale di zecca. In caso di guerra, sommossa o rapina la regia Curia avrebbe dovuto risarcire gli appaltatori. Una clausola molto vantaggiosa per l'epoca... ma ovviamente c'era un rovescio della medaglia. Tutte queste concessioni a favore del personale di zecca erano subordinate ad una nuova regola imposta dalla Curia. Sotto Giovanna infatti vengono istituiti i quaternus, ossia una sorta di registri in cui i mastri di zecca avevano l'obbligo di annotare e quindi rendicontare tutta la filiera produttiva della zecca. La presenza di questi "registri" accresceva la responsabilità del personale di zecca che doveva rendere conto di ciò che faceva in zecca al governo centrale. Tutto questo per arrivare a dire a dire che proprio sotto Giovanna iniziamo a censire le sigle dei Mastri di zecca sulle monete, sicura pratica scaturita dalle responsabilità di cui sopra. Ed ecco che arrivo al punto sicuramente già ipotizzato da @eliodoro. Cioè il legame tra la n del gigliato e quella presente sul denaro. Ovviamente non abbiamo documentazione superstite per affermarlo ma appare evidente che fra le due emissioni vi sia analogia. Il gigliato proposto ha due "segni" particolari: il globetto e la n. Il primo potrebbe, per tradizione con le analoghe e documentate emissioni sotto Roberto, garantire la bontà della moneta (al pari della ghianda e del giglio); il secondo, cioè la n, andrebbe ad indicare il mastro di zecca, cioè il responsabile della coniazione. L'ipotesi non è totalmente campata in aria sapendo che anche sotto Giovanna molte erano le disposizioni riguardanti il giusto peso del gigliato che, dopo aver avuto un leggero calo ponderale nelle emissioni, era tornato all'atavico peso di 4 trappesi e 10 acini (in pratica 4 grammi) con l'introduzione del remedio, cioè una tolleranza accettata se pari al massimo di 1/2 acino (cum defectus ipse modicus). Insomma la prova che questo particolare gigliato sia stato battuto sotto il regno di Giovanna non è possibile averla ma gli indizi a favore sono tanti e io come al solito non riesco a trattenermi nello scrivere (e credetemi mi sono limitato di molto) ed appena questa "chiusura forzata" terminerà mi farò offrire un ottimo caffè da Elio.2 punti
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Per la gioia di @nikita_ ecco due comunissime monete inglesi in oblò da me confezionati ? sui 3 pence raffigurata la saracinesca del ponte levatoio simbolo dei Tudor (insieme alla celebre rosa) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. In araldica la saracinesca è rappresentata generalmente da 6 pali aguzzati in fondo, fissati da cinque traverse inchiodate e con un anello al centro della traversa superiore. Nell'araldica inglese è frequente la saracinesca con solo quattro traverse e due catene laterali in luogo dell'anello centrale. La saracinesca era lo stemma araldico della Casa di Beaufort, e il primo re Tudor Enrico VII d'Inghilterra, discendente dei Beaufort per linea materna, adottò come simbolo sia la saracinesca che la rosa Tudor. Da questo momento la saracinesca è apparsa spesso negli stemmi inglesi, e fu utilizzata anche come simbolo del Palazzo di Westminster a Londra.2 punti
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Buon pomeriggio @QuintoSertorio Hai ragione quando dici che la stragrande maggioranza delle monete dell'800 non arrivano a noi con la patina originale, quasi tutte hanno subito un intervento specialmente se le vediamo belle e spatinate. Ma il più delle volte se il trattamento è stato fatto da mani sapienti, si parla di lavaggio e non di lucidatura. La differenza è semplice, il lavaggio elimina la sporcizia e se lo si desidera una patina eccessiva, per alcuni non bella da vedere, ma con il lavaggio la moneta conserva sempre il lustro di conio se in alta conservazione e la moneta non si riga, specialmente sui campi. La lucidatura invece prevede uno sfregamento sulla moneta con effetto simile alla moneta in oggetto. Per l' esperto la moneta perde molto del suo fascino. Come riconoscere una moneta lucidata da una lavata? Molto semplice, se lavata la patina o lo sporco scomparirà completamente anche dalla più piccola fessura o angolo nascosto, se lucidata vedrai sempre dello sporco o residuo di patina nelle cavità o attorno alle scritte del soggetto rappresentato, proprio perché spazzolando o strofinando, non è possibile raggiungere gli angoli o punti più nascosti... Quindi le monete se trattate da mani esperte, sono solitamente lavate e non lucidate Saluti2 punti
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lettera n che ritroviamo anche su rarissimi denari a nome di Giovanna e Ludovico2 punti
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Passerà il prossimo 20 Novembre in asta Munzen und Medaillen 49 al lotto 21, uno statere di buon pedigree della contenuta e rara monetazione attribuita al periodo tra le ultime emissioni incuse e quelle a doppio rilievo . I tipi di Metaponto con spiga ancora al diritto e rappresentazioni umane a figura intera al rovescio, sono stati discussi alcuni anni or sono in "Metaponto : stateri con figura umana"2 punti
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caro @gionnysicily. Grazie mille per la tua analisi pertinente. L'evoluzione stilistica è stata ben notata da Cahn e vi trova un posto coerente alla fine dell'Arcaismo. È difficile per me argomentare in italiano. Se capisci il tedesco, ecco l'analisi di Cahn "[...] dieser Drachme eine neue Zeit an. So bildet sie den Schlußstein der ganzen Reihe." è notevole che Rizzo non menziona questa dracma nel suo lavoro... Londra Cahn 492 punti
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Tuttavia anche gli esemplari meglio conservati (in asta non ne sono passati, ma faccio riferimento a quello della collezione reale e a quelli illustrati da Chimienti) mostrano una capigliatura diversa (riccioli spessi ed abbozzati, mancanti sulla fronte del pontefice) e lo zucchetto presenta spicchi arciformi e non diritti come quelli qui riportati (sono poche le monete in cui risultano evidenti). Di sotto i confronti con gli esemplari di modesta conservazione passati in asta (purtroppo non posso postare foto dell'esemplare della CR perchè coperte da copyright). L'esemplare di sinistra illustra bene l'ultimo spicchio della papalina. Si potrebbe parlare di conii diversi ma non è così (vi sono 2 tipi diversi del 100 baiocchi, uno inciso da Petronio Tadolini, l'altro da Vincenzo Caponeri ma uno solo -ed un solo conio nel MNB- per il mezzo scudo).2 punti
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Riguardo al pezzo postato da @Varnavas Nicolaou, mi allineo con gli altri amici. Se fosse stato una frazione di bisante avrebbe dovuto avere un conio consono con il diametro. Nell'ipotesi di una riduzione di peso per poterlo rendere una frazione, faccio alcune obiezioni: 1 il metallo recuperato non avrebbe "ripagato" l'operazione 2 su centinaia di bisanti che ho visto, quelli frazionati dovrebbero essere non dico comuni ma almeno presenti... invece mai visti 3 considerata l'elevatissima variabilità dei pesi del bisante, mi domando come si potesse distinguere una sua frazione in base al peso. 4 infine il buon rasoio di Occam ci suggerisce che pezzi come questo sono molto probabilmente stati modificati dopo la coniazione, anche se le motivazioni, caso per caso, ci rimangono sconosciute. Vedasi i gobbini, che però avevano un uso come amuleti. Ringrazio il nostro amico greco, che conferma il fascino di queste monete, prima, durante e dopo che qualcuno a Cipro mise un pezzo di rame sull'incudine malferma.2 punti
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Desenzano: villa romana forse appartenuta a Decenzio. La conosco perchè mia figlia risiede a Desenzano del Garda. Le fanciulle alate che intrecciano ghirlande. Riquadro con amorini. apollonia1 punto
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Ciao, io invece ti consiglio d'iniziare da qui: https://www.lamoneta.it/network/cataloghi/ in fin dei conti la Numismatica è anche un divertimento, lo vuoi lasciare tutto solo a noi !?!?!?! saluti TIBERIVS1 punto
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...e anche se ti beccano, attendendo 5 anni per il 1° grado di giudizio e chiedendo tutti l'appello (cosa all'estero non consentita senza ulteriori elementi) il reato è prescritto. Questo produce effetti devastanti in ogni ambito e tanto capitale umano e di genialità individuali (che in Italia si trovano in abbondanza) va dissipato.1 punto
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Ci sono stati due test 11. Questa apparecchiatura XRF esegue l'analisi dei materiali millimetri di profondità. Secondo il tecnico, ha fatto il lavoro per i commercianti di lingotti che vogliono la garanzia di purezza per i loro lingotti. 22. Il microscopio elettronico a scansione controlla solo la superficie, andando a circa 1 micron di profondità. L'intensità del colore è determinata dal numero atomico. Così il tecnico si è concentrato sulle macchie scure sul retro. Costo 1Questo laboratorio carica CAD 350 all'ora. (Sono a Toronto.) Dato che sapevo quello che volevo, e esattamente cosa esaminare, il mio costo era significativamente inferiore a un'ora. D1 punto
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qua mi pare ci siano tutti gli indici... lo metto per tutti gli interessati RI OPAC (regesta-imperii.de)1 punto
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Concordo pienamente, la conservazione è veramente buona per il tipo di moneta.1 punto
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Altro grano con fondi irregolari e bordo ritagliato, potrebbe essere stato ottenuto tramite fusione?1 punto
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Vorrei sottoporre all'analisi di alcune lettere sull'etnico. La "A" sul rovescio, notiamo che la stanghetta centrale è sempre inclinata da destra, verso sinistra, le stanghette laterali, sempre assottigliate ed aperte. Pertanto quella lettera "A" non è contemporanea al periodo che si producevano dracme per Naxos. La "N" di inizio e di fine NAXION, Non credo che nell'officina della zecca di Naxos, qualche apprendista dell'epoca, poteva fare un conio e battere moneta, senza la visione dei capi officina. Il mondo è sempre stato cosi......NO non poteva ......e allora ? La dracma non è stata coniata dalla zecca di NAXOS.1 punto
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L'origine della tipologia appartiene al regno di Umberto I (direi all'ultimo decennio dell'800) si tratta di una medaglia premio o di benemerenza per le Scuole industriali e commerciali. Come puoi vedere nella scheda: http://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-MZ51M6/87 Presumibilmente questa è l'ultima versione prodotta all'inizio del Regno di Vittorio Emanuele III e quindi realizzata agli inizi del XX secolo e utilizzata per qualche lustro. https://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-ME63W4/1411 punto
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Con molto ritardo ma rispondo nessun asse spostato nei marenghi che possiedo ( 2 C.F 13 C.A. 23 V.E.II ) saluti TIBERIVS1 punto
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Ho pensato, facendo male ?, la stessa cosa. ho letto le considerazioni artistiche deh fai sopra. Da un certo punto di vista ci possono stare dall’altro pero’ se ci trovassimo in presenza di un artista diverso che interpreta e raffigura il dio e il tralcio d’uva con il proprio stile , personalizzato è diverso rispetto a quello delle altre dracme? in fondo anche nella vicina amata Katane abbiamo tre tetra con il ritratto frontale di Apollo realizzati da artisti diversi con stili profondamente differenti. se poi consideriamo Choirion accanto allo stile di Herakleidas ci troviamo davanti ad un’interpretazione totalmente differente ma assolutamente egualmente valida. un altro esempio è il tetra con Aretusa frontale di Siracusa: alcuni esemplari rappresentano il vertice, artisticamente parlando della coniazione siciliana e forse greca in toto. Altri presentano un ritratto della dea pingue scevro della leggiadria che ne fa una delle monete antiche piu’ ricercate. Nessuno ha pero’ condannato questi secondi esemplari sulla base dello stile. Si dovrebbe/ potrebbe ? La questione è molto spinosa. Il discorso del semplice stile è affascinante ma scivoloso non basta da solo far condannare un pezzo, serve di più’ . in una perizia una confutazione di autenticità basata unicamente su elementi di stile soprattutto per monetazioni greche dove vediamo all’opera artisti differenti non basta a far condannare un conio differente con cio’ naturalmente non formulo un giudizio di approvazione o condanna - tantomeno definitivo - sulla dracma di Naxos in questione - non ne ho i mezzi ...1 punto
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Ciao Paniere : non avevo ancora letto l'identificazione di Borgho,ma guardandol'immagine mi era sembrato di notare la parte superiore di un Cristo sulla croce e così volevo sottoportela......Avevo visto giusto, e Borgho infatti me lo ha confermato ! Buona serata.1 punto
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Moneta molto gradevole, tuttavia i capelli e alcuni particolari sembrano ripassati al bulino.1 punto
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Carissimo @AM17 se mi posso permettere un consiglio viste le lacune che hai, è un buon testo sugli euro. Dopo averlo letto mi sento di consigliarti quello del nostro amico @rada che illustra molto bene la storia euro. Oppure ci sono tanti altri testi dove documentarsi per imparare.1 punto
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Allora mi faccio una domanda: perché in Italia si vieta sempre tutto e gli italiani fanno guadagnare gli altri paesi per le loro passioni? Se voglio una moneta romana vado in Svizzera e torno con una moneta legale, se voglio una prostituta vado in qualsiasi Paese sviluppato d'Europa, se voglio drogarmi vado in Olanda.. sono tutte occasioni perse per avere un maggior controllo sugli aspetti illegali delle cose oltre che un assurda perdita economica, con conseguente incitazione a delinquere ed evadere le tasse. Non è assurdo? Perché lasciare soldi italiani agli altri paesi appena oltre il confine? O peggio fare guadagnare gente senza scrupoli? Facciamo delle leggi migliori in questo senso no? Considerando che le monete, a meno che abbiano valore inestimabile, restano chiuse in uno schedario di un museo, permettiamo alle persone che le trovano di tenerle magari pagando una determinata cifra in funzione della valutazione dell'oggetto stesso. Il mio parere è che sia meglio un pezzo esposto in casa di qualcuno piuttosto che chiuso in una umida e polverosa cantina museale.1 punto
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Vi riporto qui il link della discussione aperta da @rada nella sezione bibliografia. Spero ci possa essere qualcuno di voi interessato all'argomento.1 punto
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Stati Uniti d'America, Half dollar 1962 "Franklin" Al dritto : Liberty Bell . La campana ha un grande significato storico, essendo forse il simbolo più comunemente associato alla Rivoluzione americana. Il 4 luglio del 1776, il suo suono radunò i cittadini di Filadelfia per la lettura della Dichiarazione di Indipendenza1 punto
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Repubblica Democratica tedesca, 1 mark 1962 East Africa, 1 cent 19621 punto
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- TAGLIO : 2 Commemorativo - STATO : Spagna - ANNO : 2015 - DATA DI EMISSIONE : 1° febbraio - ARTISTI: Alfonso Morales Muñoz - TEMA : Grotte di Altamira - TIRATURA : 4.200.000 ( Circolanti : 4.126.075 / Divisionale FDC : 19.225 / Divisionale FDC “La Rioja” : 20.000 / Divisionale FDC “Baleari” : 20.000 / Divisionale FS : 1.700 / Folder FS : 10.000 / Busta Filatelico – Numismatica : 3.000 ) - DIAMETRO: 25,75 mm - PESO: 8,50 gr - SPESSORE: 2,20 mm - ZECCA: Madrid Le Grotte di Altamira, facenti parte delle cosiddette “Cappelle Sistine del Paleolitico” vennero scoperte in modo molto casuale dalla figlia di Marcelino Sanz de Sautuola, Maria di 9 anni, nel 1879, che la ispezionò con una lampada ad olio per poi avvertire il padre, archeologo dilettante. Resosi conto dell’importanza del sito, de Sautuola iniziò ad esplorare il sito con l’archeologo Juan Vilanova y Piera dell’Università di Madrid. C’è da dire una cosa: de Sautuola era a conoscenza della grotta. La stessa era stata in realtà scoperta da un residente della zona, Peres Cubillas Modesto nel 1868. De Sautuola iniziò a visitarla nel 1875, notando alcuni elementi grafici ma senza riportarli alla mano umana e quindi non ci fece molto caso. Ai tempi l’arte rupestre era sconosciuta quindi il primo pensiero di ogni archeologo non era certo quello di cercare pitture sulle pareti. Fino però al 1879 poiché, come scritto, la figlia dell’archeologo notò nell’entrarci dei dipinti sulle pareti. De Sautuola pubblicò le sue ricerche in un opuscolo di 44 pagine intitolato: “Breves apuntes sobre algunos objetos prehistoricos de la provincia de Santander” . L’anno dopo vi fu il IX Congresso Internazionale di Antropologia e Archeologia preistorica, facendo presente le sue scoperte assieme a Juan Vilanova y Piera dell’Università di Madrid. Purtroppo la gioia della scoperta fu stroncata dagli accademici dell’epoca che, guidati dall’archeologo francese Emile Cartailhac respinsero l’ipotesi che le arti rupestri potessero essere opera antropica paleolitica. Inoltre, de Sautuola venne tacciato di falsificazione poiché le pitture erano considerate troppo in ottimo stato per risalire al Paleolitico, oltre a presentare una conoscenza della prospettiva. Inoltre gli studiosi che ebbero ad esaminare la grotta, notarono come le pareti fossero scevre di fuliggine. L’autenticità dei dipinti rupestri fu negata anche da Edouard Harlé nel 1881. La rivalsa di Marcelino Sanz de Sautuola venne dopo anni: fra il 1890 ed il 1901 in tutta Europa vennero scoperte diverse grotte contenenti all’interno l’arte rupestre che de Sautuola ebbe a scoprire anni prima in Altamira. Le dichiarazioni di falsificazione ai danni di de Sautuola e di Altamira di anni prima , dopo la scoperta di altre grotte contenenti la stessa arte sembravano traballanti. Lo stesso archeologo preistorico Emile Cartailhac ebbe a tornare sui suoi passi ammettendo di essersi sbagliato a giudicare de Sautuola. Nel 1902 pubblico la sua "Mea culpa d'un sceptique" . Purtroppo però de Sautuola non visse abbastanza per ricevere le scuse da parte degli accademici della sua epoca. Nato nel 1831, morì nel 1888, esattamente il giorno del suo compleanno, il 2 di giugno. DATAZIONE SCIENTIFICA: I dipinti nelle Grotte di Altamira , secondo le più recenti datazioni con il metodo dell’Uranio-Torio (o “Thorium-230), sono databili fra i 35.000 e i 25.000 anni. Probabilmente sono il frutto di più “pittori rupestri” che nel corso di migliaia di anni hanno arricchita questa grotta con ciò che vedevano nella loro realtà, nel loro quotidiano nell’Europa del Paleolitico. Il metodo dell’Uranio-Torio non risulta invasivo come quello del radiocarbonio. Difatti gli scienziati prendono un campione di piccoli depositi di calcite (10 mg), che si è formata non sotto, ma sopra il dipinto e datano questo. Quindi il dipinto che è sotto è per forza autentico in quanto si data la calcite che si è sopra lo stesso formata dopo l’esecuzione delle pitture. Portati in laboratorio, vengono estratti dalla calcite l’Uranio ed il Torio (metallo debolmente radioattivo) e viene calcolato il loro rapporto con lo spettrometro di massa.1 punto
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Prendendo esempio dal nostro buon acraf, che ha aperto la strada col suo thread su Samuel Jean Pozzi, provo a esporre brevemente la biografia di colui che fu il più grande collezionista di monete Tarantine, il cui nome è ancora oggi, a distanza di quasi un secolo, legato indissolubilmente alla monetazione della antica città magnogreca di Taras. Purtroppo non sono stato in grado di trovare molte fonti riguardanti la vita di Vlasto. Come filo conduttore ho utilizzato la prefazione in Inglese di Oscar E. Ravel dal noto catalogo sulla collezione Vlasto, integrando con altre notizie tratte dal sito del Museo Nazionale di Atene, dal sito della British Museum, da un paio di recensioni su mostre ed esposizioni di pezzi della sua collezione ad Atene (in greco moderno, senza google translate non avrei saputo da dove iniziare!), dalla pagina wikipedia sui fratelli Ralli e dal capitolo sui Vlasto di Chios dal Libro d'Oro della Nobiltà Mediterranea. Le foto sono tratte dal Ravel-Vlasto, dal sito del Museo Nazionale di Atene e dal Corpus Vasorum Antiquorum. Il collezionista Michel P. Vlasto (1874-1936) Michel P. Vlasto fu discendente di una nota famiglia Greca che nel 1092 emigrò da Bisanzio a Creta. Il Libro d'Oro della Nobiltà Mediterranea narra che Bisanzio mandò dodici arconti e le loro famiglie a Creta, stabilendo una roccaforte nella fertile pianura di Messara, con l'incarico di aiutare la popolazione greca contro gli invasori arabi. Da li la famiglia nel XVI secolo emigrò a Chios, e in seguito a Venezia (dove risulta un Vlasto nominato Cavaliere di San Marco da parte del Doge Pasquale Cicogna), poi a Genova, Livorno, e infine a Marsiglia. Malgrado tutti questi spostamenti i Vlasto mantennero nei secoli uno spirito patriottico puramente Greco. Micheal P. Vlasto nacque ad Atene il 1 febbraio 1874, secondogenito di Pantaléon Pandély Vlasto (Cavaliere dell'Ordine del Redentore) e Penelope Capari. Dopo aver completato gli studi a Marsiglia il giovane Michel iniziò a lavorare per la ditta dei fratelli Ralli, quella che fu una delle più fiorenti imprese mercantili di epoca vittoriana. La famiglia Ralli, anch'essa di origine Greca, era legata ai Vlasto da matrimoni incrociati ricorrenti sin dai primi dell'ottocento, come era costume tra le famiglie nobili dell'epoca. Nei primi tempi Michel lavorò a Liverpool, e in seguito fu trasferito ad Houston in Texas. Dagli USA egli tornò a Marsiglia per lavorare come manager del ramo francese dell'Impresa Ralli, posizione che ricoprì fino al 1932, anno in cui il cinquantottenne Michel lasciò il lavoro a Marsiglia e si stabilì ad Atene, città che egli aveva sempre considerato il luogo ideale in cui trascorrere il resto della sua vita. Purtroppo non ebbe molto tempo per godersi la sua Atene, in quanto morì improvvisamente pochi anni dopo, nel 1936. Negli ultimi anni della sua vita fu tra i fondatori della "Associazione degli Amici del Museo Nazionale di Atene", a cui dedicò gran parte del suo tempo e di cui fu eletto presidente dal 1934 fino al 1936, anno della sua morte.. L' Associazione è attualmente ancora attiva. Nella vita fu un businessman di successo, molto apprezzato da tutti. Ravel lo definisce un "artista nato", un eccellente disegnatore. I suoi schizzi erano eseguiti con estrema abilità, e mostravano una comprensione dello stile greco raramente raggiunta da altri disegnatori professionisti. La sua sensibilità artistica ne fece un vero e proprio adoratore dell'Arte Greca. Vlasto amava dire che, se avesse potuto, sarebbe vissuto in un museo come fosse a casa propria. Aveva un gusto raffinatissimo, Ravel sostiene che qualunque pezzo attirasse la sua attenzione era sicuramente da giudicarsi un capolavoro. Infatti Vlasto non fu solo collezionista numismatico, ma mise insieme una importante raccolta di reperti di arte greca, composta da circa 760 oggetti, tra cui sculture, pitture, vasi ed altri manufatti di pregevolissima fattura. Al momento della sua morte tale collezione d'arte passò alla figlia Penelope Giulia, moglie di Giovanni Serpieri. Durante i tragici anni dell'occupazione Nazista la collezione fu nascosta dal Serpieri nel seminterrato della propria abitazione ad Atene, ma la casa venne requisita dai tedeschi, e la collezione fu presa in custodia dalla Croce Rossa Internazionale e restituita in seguito ai legittimi proprietari. Alla morte di Penelope-Julia, nel 1985, la collezione venne donata dal Serpieri al Museo Nazionale di Atene, finalmente rispettando quelle che furono le volontà espresse in vita da Michel P. Vlasto. L'effettiva acquisizione della collezione da parte del Museo avvenne tre anni dopo, nel 1988. Molti dei pezzi sono oggi esposti al Museo Nazionale di Atene nelle sale 60 e 61, con la dicitura di Vlastos-Serpieri Collection. Molti dei pezzi sono andati perduti nelle vicissitudini degli anni precedenti, ed alcuni furono probabilmente venduti dallo stesso Serpieri, ma oggi la collezione del Museo di Atene contiene ancora 452 reperti, dal periodo preistorico al IV secolo a.C. Nella sala 60 sono esposti reperti risalenti all'età del Bronzo, trovati in Egitto, Creta Cicladi e Grecia Micenea (vetrina 1), vasi corinzi (vetrina 2), dalla Beotia (vetrina 3), attici (vetrine 5-8). Alla morte di Michel P. Vlasto restò incompiuto anche un progetto di Corpus Vasorum Antiquorum, di cui al museo di Atene sono conservati alcuni schizzi preparatori disegnati da Vlasto stesso, nella vetrina 9, insieme ad altri documenti di archivio relativi alla personalità di Michel ed alla formazione della sua collezione. Nella sala 61 sono esposti reperti provenienti dal mondo greco dei secoli V e IV a.C. (vetrine 10-17), ed infine le ultime due vetrine espongono reperti dalla colonia spartana di Taras, rappresentati da vasi, antefisse e pezzi di oreficeria (vetrine 18-19). L'intenso piacere che Vlasto provava ammirando un'opera d'arte greca era tale da fargli affermare che egli non avrebbe potuto immaginare una vita senza Arte, e che non esiste Felicità senza Bellezza. Il suo studio era una sorta di tempio, in cui Vlasto passava il tempo circondato da perfetti esemplari di arte greca. Pare che non badasse a spese nella sua passione collezionistica. Tuttavia la più grande passione di Vlasto fu senza dubbio la monetazione Tarantina, che rappresentò il suo filone di ricerca principale, sia come studioso che come collezionista. Vlasto conosceva alla perfezione anche la storia della polis magnogreca, avendo letto ogni fonte storica e letteraria che riguardasse Taras. Egli mise insieme una biblioteca personale di argomento storico-archeologico comprendente centinaia di volumi, che fu donata dopo la sua morte al museo Nazionale di Atene. Possiamo senza dubbio considerare il collezionista M. P. Vlasto come un modello di ciò che lo storico dell'arte Federico Zeri definì il "conoscitore", o "ricercatore atipico", ossia un libero professionista dell'arte, che predilige il confronto diretto con le opere, con i materiali e le tecniche, in altre parole quel tipo di collezionista che non si limita ad accumulare ossessivamente oggetti perché attratto principalmente dal loro valore materiale, ma si interessa profondamente della storia e del significato che essi veicolano, studiandoli a fondo e costruendosi, anche in modo autodidatta, una solida cultura sull'oggetto della propria passione, una cultura paragonabile a quella di chi tali oggetti li studia per mestiere, come Storici o Archeologi professionisti. (n.d.a. personalmente credo che il nostro Alberto sia un altro eccellente "esemplare" contemporaneo di questa interessante e sempre più rara tipologia di essere umano). Nella sua prefazione Ravel aggiunge alcuni particolari sulla conoscenza numismatica di Vlasto da farlo sembrare quasi una figura mitologica onnisciente, testualmente: "Egli conosceva praticamente tutto sulla Numismatica Greca. La sua memoria era sconceratnte; era una sorta di enciclopedia numismatica vivente. Io stesso spesso gli chiedevo aiuto per avere informazioni, ed egli era capace di dirmi immediatamente, e senza alcuna esitazione, dove e da chi una moneta fosse stata pubblicata, in quale asta un esemplare simile fosse stato venduto, chi fosse il conferente e il prezzo realizzato. Se Vlasto non riconosceva una moneta doveva trattarsi certamente di un inedito.". Ravel riporta che la conoscenza di Vlasto riguardo la monetazione di Taras fosse ineguagliabile, pare che non ci fosse una sola moneta tarantina in collezioni pubbliche o private che egli non conoscesse. Tale conoscenza traspare dalle diverse pubblicazioni che egli produsse nella sua vita (Didrachmes inédites de ma collection, J.I.A.N. 1898; Monnaies rares ou inédites de Tarente, R.B.N. 1899; Les Monnaies de Bronze de Tarente, J.I.A.N. 1899; Les Monnaies d'Or de Tarente I p., J.I.A.N. 1899; Les Monnaies d'Or de Tarente II p., J.I.A.N. 1901; Choix de monnaies rares ou inédites de Tarente, R.N. 1904; Unpublished Coins of Tarentum, N.C. 1907; On a recent find of coins struck during the Hannibalic occupation of Tarentum, N.C. 1909; Taras Oikistes, Contribution to Tarentine Numismatic, N.N.&M. n.15 1922; Alexander Son of Neoptolemos, with the Carosino and Molossian finds, N.C. 1926; The Warren hoard of Tarentine Horsemen, N.c. 1930). Nei circoli scientifici e numismatici dell'epoca Vlasto era considerato il più grande esperto al mondo sulla monetazione tarantina. Negli ultimi anni della sua vita fu persino invitato dalle Autorità Italiane a recarsi a Taranto, per classificare la collezione del Museo Archeologico. Vlasto fu molto onorato da questo invito, dato che raramente in quegli anni i musei Italiani invitavano studiosi stranieri per la curatela dei loro cataloghi. Purtroppo la morte improvvisa non rese possibile la realizzazione di tale progetto, possiamo affermare che fu una perdita enorme per il mondo della Numismatica, se egli fosse vissuto solo pochi anni in più, oggi probabilmente avremmo a disposizione un SNG-Taranto a firma di M.P. Vlasto! La collezione di monete tarantine raccolta da Vlasto è stata senza dubbio la più vasta e completa che sia mai esistita, tanto che il catalogo stilato da Ravel si può quasi considerare un repertorio dei tipi tarantini. Numerosi sono gli esemplari unici o di estrema rarità, ma ciò che più stupisce è l'ottimo stato di conservazione della maggior parte degli esemplari. Vlasto confidò a Ravel che per alcuni tipi aveva acquistato fino a sei esemplari, trovandone ogni volta uno migliore del precedente, e nonostante ciò per alcuni tipi non fu mai completamente soddisfatto. Come dichiarato dal figlio Pandély, Vlasto aveva espresso l'intenzione di pubblicare il catalogo della sua collezione, ma la morte improvvisa non glielo permise. Il catalogo a cura di Oscar Ravel fu pubblicato nel 1947, nove anni dopo la morte del collezionista, su richiesta del figlio Pandély M. Vlasto, che lo stesso anno vendette la collezione di suo padre, oggi dispersa. Ravel compilò il catalogo attenendosi all'ordine con cui Vlasto aveva conservato le sue monete, usando per le descrizioni ciò che Vlasto aveva scritto di suo pugno sui cartellini. Una curiosità: Ravel, per sua ammissione, compilò l'intero catalogo senza prendere visione diretta della collezione. Egli si fece spedire dal Dr. W. Schwabacher i calchi di tutte le monete della collezione, di cui produsse le copie per fusione (stiamo parlando di più di 1800 esemplari!) per poi assegnare ad ognuna di esse la descrizione dei cartellini. Dunque, se non ho frainteso la questione, le monete fotografate nelle tavole del Ravel-Vlasto non sarebbero le originali, ma le copie ottenute per fusione. Una ultima notazione numismatica: pare che Vlasto nella sua vita non avesse collezionato soltanto monete tarantine, infatti nel British Museum risulta una collezione di monete in bronzo della Tessaglia dalla collezione Vlasto, incorporata nella Rogers collection e venduta al Museo nel 1933, quando Vlasto era ancora in vita. Per concludere cito ancora una volta Oscar E. Ravel, che nella prefazione al catalogo scrisse a riguardo delle monete della collezione Vlasto: "Any collector would be proud to have just one of them in his collection", letteralmente: "Qualsiasi collezionista sarebbe orgoglioso di averne anche solo una nella sua collezione". Non posso dargli torto, credo di non essere mai stato felice (dal punto di vista del collezionismo) come la volta in cui sono riuscito ad aggiudicarmi questa moneta, non la più rara o la più bella della mia collezione, ma sicuramente quella che evoca in me più emozione, pensando a chi sia appartenuta circa un secolo fa (sempre che non si tratti della copia di Ravel!!!): CALABRIA, Tarentum. Circa 272-240 BC. AR Nomos (19mm, 6.46 g, 10h). Warrior on horseback left / Phalanthos riding dolphin left, holding hippocamp and trident. Vlasto 930 (this coin); HN Italy 1044. VF, toned, some roughness. From the Ronald J. Hansen Collection. Ex Noble 70 (11 July 2002), lot 3088; ex M.P. Vlasto Collection. Saluti :) Nico1 punto
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I denarî e gli aurei legionari furono coniati verso il 32-31 in una zecca itinerante al seguito delle legioni collocata probabilmente a Patrae, in attesa della battaglia definitiva con Ottaviano. Le legioni erano quasi 30, ma le legioni onorate sui denarî furono 23, per cui l'emissione fu veramente abbondante, anzi si tratta di una delle emissioni più abbondanti dell'antichità. Al diritto una galea da guerra, simbolo della flotta, con le sue gigantesche quinqueremi. Al rovescio le insegne di legione tra cui l'aquila in mezzo alle insegne di coorti. Di tutte le varianti sono noti 864 coni del diritto e 960 del rovescio, il che costituisce una delle più consistenti emissioni dell'età repubblicana. Gli aurei sono rarissimi, tanto che dei rovesci è conosciuta una sola variante di conio. Questi denarî furono coniati in una lega di argento molto scarsa in quanto la disastrosa guerra civile aveva messo in ginocchio l'intero sistema economico. Il pagamento delle truppe rimaneva ad ogni modo la primaria necessità, com'è giusto che sia in caso di guerra, e a tale scopo furono emessi questi denarî che, se pur con percentuali d'argento molto ridotte rispetto agli standard del periodo, garantivano una certa "soddisfazione" dei soldati. Non essendo costituiti da una lega "nobile" l'usura colpì queste emissioni in modo molto più incisivo rispetto ai normali denarî. La scarsa lega di cui questi denarî li rese poco appetibili per la tesaurizzazione. Questo fece scattare la legge di Greesham (la moneta cattiva scaccia quella buona). Vuol dire che le monete di scarso valore intrinseco rimanevano in circolazione e la gente cercava di sbarazzarsene spendendole, dato che avevano (almeno in teoria) valore nominale pari a quelle di elevato tenore d'argento. In particolare, nel formare dei risparmi da sotterrare, i romani usavano le loro monete migliori, di maggior percentuale d'intrinseco, non certo quelle di bassa lega come i denarî di Antonio. I denarî di Antonio rimasero quindi in circolazione per secoli. Sono presenti ancora nell'età degli Antonini. per questo è la regola ritrovare questi denarî in uno stato di conservazione così compromesso, fortemente logori, appiattiti e ricchi di tacche dei nummularii1 punto
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