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  1. giuseppe ballauri

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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 03/18/21 in tutte le aree

  1. Oggi stavo rovistando e ho trovato questa ? simpatica mezza piastra Magliocca 375a
    6 punti
  2. Ciao a Tutti, posto una new entry ( ex Asta Scaligera ) che ha la particolarità di avere allegati i Cartellini della Collezione Storica Mirabella. Sicuramente è un notevole surplus per una moneta questa sorta di "pedigree". Mi scuso per la qualità scadente delle foto, ma era mia intenzione evidenziare i cartellini che dovrebbero risalire ai primi decenni del '900. Buona Serata, Beppe
    6 punti
  3. No, non è passata all'asta! Viene invece dalla piccola collezione personale di un soldato Canadese, che durante gli ultimi atti della seconda guerra mondiale, si trovò nell'est del mediterraneo, e che, ritornato in patria, mise a dormire i suoi ricordi per un lungo sonno in un cassetto di un comò, nascosto in una casa vittoriana del sud dell'Ontario. E stata dispersa questi giorni da un suo vicino di casa, e un pezzo, un pezzo solo, e toccato a me. Ci si figuri, una scatoletta di latta, una qualsiasi scatoletta da biscotti anni 50', con dentro una cinquantina di monete, tutte d'epoca, svariatamente Egiziane, Italiane, Libiche, Palestinesi, qualche argento di poca importanza, un lotto di spiccioli, un lotto di memorie. Il tutto, coperto da una decina di biglietti, shilling, piastre, lire, e, sperduta in mezzo tra tutte:
    4 punti
  4. Buonasera, pensavo di postare questa new entry nel fine settimana ma, data la "tregua" domestica, approfitto per farlo ora. 120 grana 1840 - Magiocca 547
    4 punti
  5. Non è solo la Numismatica ad essere bersaglio di truffatori e ladri. Quest'ultimi agiscono in campi dove il guadagno è facile e ancor più facile è rivendere quanto rubato o truffato. Per assurdo essere entrati nell'interesse dei delinquenti significa che la Numismatica in questo momento ha un mercato che "tira". Bisogna sempre avere gli occhi aperti e diffidare dagli affari facili. Se si rubano monete è perché c'è chi le compra... Un consiglio che mi sento di dare è quello di affidarsi a commercianti seri per gli acquisti che sicuramente garantiscono il venduto. Così facendo, stante sempre la buona fede, si evitano beghe legali.
    3 punti
  6. Una copia attuale di cattiva fattura per qualche festa o palio medievale... Arka Diligite iustitiam
    3 punti
  7. Perché Valente? Come ricorderete, poco tempo fa ho pubblicato una discussione su un frammento di siliqua attribuita a Valente e che, molto probabilmente, era una imitativa (Detriti sulla "baia" - Monete Romane Imperiali - Lamoneta.it - Numismatica, monete, collezionismo). Nel preparare quel lavoro, mi è venuta voglia di approfondire la figura di questo imperatore che, diciamolo, è sempre stato accompagnato da una accezione negativa (e ne comprendiamo anche il perché, ne parleremo). Da ciò, ho iniziato ad interessarmi anche alle sue monete; in particolare mi hanno colpito quelle in oro. Come forse saprete, a me piacciono molto i bronzi del IV secolo e, onestamente, non mi sono mai soffermato molto sulla monetazione aurea di questo periodo, se non in occasione di qualche discussione sul nostro forum (forse anche in maniera inconscia l' ho sempre vista piuttosto lontana, non potendomene permettere l’acquisto). Ho scoperto però che le monete auree hanno un grande fascino, non solo dovuto al fatto che l’oro e’ un metallo incorruttibile, ma anche perché sono davvero di grande qualità stilistica ed artistica, veri piccoli capolavori molto curati, anche nelle tecniche di coniazione. Ma chi era Valente? Valente era il fratello minore di Valentiniano I il quale, giunto al potere nel 364 con l’appoggio dei militari della guardia imperiale, lo aveva associato al trono comprendendo la difficoltà di gestire da solo un regno tanto vasto. Su questa decisione aveva però anche pesato l’opinione degli stessi soldati che si rendevano conto delle difficoltà nella gestione di un impero così ampio e che avevano caldeggiato un co-reggente, anche se avrebbero forse preferito un estraneo anziché’ Valente (forse perché meglio controllabile? O forse perché intuivano le scarse attitudini al comando di Valente? Non e’ escluso che lo stesso Valentiniano I abbia fatto lo stesso ragionamento....). Quindi Valentiniano I tenne per sé l’occidente e affidò l’oriente a Valente, iniziando di fatto quella divisione dell’impero che poi sarebbe in fondo perdurata fino alla sua fine avvenuta circa un secolo dopo. In realtà, sebbene gli fosse stato conferito sin quasi da subito il titolo di Augusto, Valente fu subordinato di fatto al fratello. Non ci sono, infatti, dubbi sul fatto che Valentiniano I, nel dividere il potere con Valente, intendesse comunque tenere nelle sue mani le redini dello stato. Era il più anziano, il più esperto ed era il solo sul quale erano caduti i voti del corpo elettorale. La sua parte dell’impero comprendeva tre delle quattro prefetture e l’intero Illirico, da sempre terra di reclutamento dei soldati. E poi (cosa forse ancora più importante in chiave di supremazia), possedeva Roma, la capitale reale e morale dell’intero impero. Come dice lo storico Schiller (Geschichte der römischen Kaiserzeit, ii, pag 350), nella sua divisione Valentiniano I mostrò che intendeva che la subordinazione dell’Oriente all’Occidente fosse permanente. Non da ultimo, da notare l’elevazione al rango di augusto di suo figlio Graziano nel 367. E Valentiniano si adoperava per rendere chiaro che, sebbene avesse condiviso con Valente i pieni poteri, non si trattava affatto di parità di poteri. La documentazione disponibile mostra però come Valente non si preoccupasse affatto di questa posizione di inferiorità e anzi pare che abbia accettato di prendere ordini da suo fratello e che abbia preso decisioni e messo in atto iniziative per suo volere Non poteva mancare, in tal senso, la “voce” delle monete, da sempre forte strumento di propaganda. Ne e’ la prova una coppia di solidi con la legenda VOTA PVBLICA emessi per la prima volta nel 368 e che mostra i due imperatori nimbati con indosso l’abito consolare e seduti su un trono uno accanto all’altro in segno di unità e comunione di intenti. Ora, sui solidi VOTA PVBLICA coniati nelle zecche orientali sotto il controllo di Valente, entrambi gli imperatori sollevano una mappa (la bandiera da corsa) nella loro mano destra, come segno di potere. Ecco Valentiniano, RIC IX Costantinopoli 29 A: Ed ecco Valente, RIC IX Costantinopoli 29B: Se invece ci spostiamo ad Occidente (qui zecca di Mediolanum) vediamo che solo l’imperatore di sinistra, il senior Valentiniano I, solleva la mappa: Questa e’ la RIC IX Mediolanum 3 A per Valentiniano I: E questa e’ di Valente, la RIC IX Mediolanum 3B: Ci sono tuttavia solidi dove invece i due sovrani sono, per così dire, paritari; come in questi solidi di Treveri per Valente e Valentiniano I: Ho provato a dare una mia interpretazione. In questi ultimi due solidi la legenda e’ VICTORIA AVGG e con ogni probabilità si riferisce alla vittoria nelle guerre contro i germani, alamanni, franchi e goti (che si combatterono dal 364 al 369) e che valsero contemporaneamente ad entrambi i titoli di Germanicus, Alamannicus, Francicus e Gothicus Maximus come era prassi, anche se il grosso dello sforzo fu magari compiuto da uno solo dei due in base alle rispettive sfere di influenza. Particolare e’ qui la comparsa in esergo delle lettere OB che sarebbero le iniziali della parola obryzum, o obryziacum ovvero oro purissimo, raffinato. Queste lettere compaiono sulle monete auree emesse dalle zecche di Treveri, Tessalonica, Costantinopoli ed Antiochia a partire dal 368. Questa marca indica e garantisce dunque la purezza del metallo utilizzato, purezza che e’ stata confermata da indagini compiute in epoca moderna , secondo le quali i solidi coniati dopo il 368 d.C, mostrano una percentuale di oro nel metallo utilizzato superiore al 99%, diversamente da quelli prodotti in precedenza che invece contenevano fino anche a oltre il 6% di argento e rame. Ma chi fu in realmente Valente? Valente fu un grande sfigato: fu coinvolto nella disfatta di Adrianopoli, che inevitabilmente ne pregiudicò il giudizio dei contemporanei e dei posteri. In questa battaglia l’esercito romano venne quasi completamente distrutto dai Goti e lo stesso Valente vi trovò la morte. Questa sconfitta inevitabilmente fece etichettare Valente come sovrano incompetente, inadeguato, ignorante, in particolare al confronto con la dinastia di Costantino e con lo stesso fratello Valentiniano che lo aveva voluto come collega sfidando il consiglio dei soldati. Adrianopoli, dicevamo.....9 agosto 378....il giorno dei barbari..... (855) La battaglia di Adrianopoli - 378 d.C - Il collasso di Roma - YouTube Ammiano Marcellino dice che Valente era un uomo “inter probra medium et praecipua”, ovvero “che aveva qualità straordinarie e orribili in egual misura”. Quando suo fratello lo nominò imperatore aveva trentasei anni. Sulle monete e’ rappresentato quasi sempre come tendente a ingrassare, con il collo robusto e già un accenno al doppio mento. Sempre Ammiano dice che aveva le gambe incurvate e la pancetta e che vedeva male da un occhio. Inoltre, non era istruito, non era di illustri natali, non era carismatico, coraggioso ne’ particolarmente intelligente. Tuttavia, era un bravo agricoltore e un buon soldato (doti queste che gli venivano dalle origini pannoniche), e si conquistò (almeno inizialmente) la fiducia dei sudditi combattendo la corruzione, riducendo le tasse e costruendo opere pubbliche come l’acquedotto di Costantinopoli, ancora i nparte visibile a Istanbul. Tuttavia, fu un fanatico religioso di fede ariana che anziché placare, inasprì i conflitti religiosi. Questa fu forse una delle cause principali della sua crescente impopolarità. Infine, un aspetto positivo per un imperatore romano: era fermamente convinto della supremazia di Roma che riteneva andasse difesa e affermata e della importanza della integrità dello stato romano. Convinzioni queste che contribuirono, nel bene e nel male, alla disfatta sua e del suo esercito. Insomma, Valente era semplicemente un uomo comune con tutte le sue contraddizioni che fu posto di fronte ad una impresa sovrumana e straordinaria, la sfida del potere imperiale, da cui alla fine venne travolto. Tuttavia, ancora oggi non gode di buona fama. In questi giorni sto leggendo un libro di Noel Lensky: Il fallimento dell’impero. Valente e lo stato romano nel quarto secolo d.C.. Nella seconda di copertina Giusto Traina scrive: “Perché occuparsi di un imperatore mediocre, nonché principale responsabile del fallimento dell’impero? Perché è proprio dal bilancio fallimentare del regno di Valente che si possono comprendere le ulteriori vicende dell’impero, in particolare la caduta senza rumore dell’Impero d’Occidente avvenuta poco meno di un secolo dopo Adrianopoli”. Ecco, Adrianopoli….ci risiamo. Ma lo stesso Lensky dice: “Il mio obiettivo non e’ denigrare Valente. Le fonti antiche si sono spinte abbastanza in là nel macchiare la reputazione dell'uomo per tutti gli anni avvenire. Ma non cerco nemmeno di riabilitarlo. Tentativi del genere sono invariabilmente riduttivi e imprevedibili. Al momento non disprezzo Valente né lo ammiro particolarmente. Ha fatto il meglio che poteva per sopravvivere a quello che indubbiamente era il più grande lavoro del mondo dei suoi tempi e la sua caduta finale rappresenta in egual misura una testimonianza delle difficoltà di governare l'impero e degli errori dell'imperatore”. Devo dire che Valente non fu neppure fortunato. Adrianopoli fu solo il culmine, ma egli dovette affrontare incursioni di barbari (Persiani, Goti…) , usurpazioni (Procopio), violazione dei trattati, crisi economiche, lotte religiose intestine e anche catastrofi naturali (le fonti descrivono almeno sette grandi terremoti, un devastante maremoto, una grandinata prodigiosa a Costantinopoli e due carestie, una in Anatolia ed una in Siria). Insomma, un po’ sfigato era. Pero’, che belle monete fece coniare! Ecco una carrellata di altri solidi: Questo e’ un RESTITVTOR REIPUBLICAE di Nicomedia Qui siamo a Siscia, SALVS REIP Credo che queste due emissioni si riferiscano anche esse alla restaurazione ed alla salvezza dell’impero in occasione delle guerre contro i barbari che minacciavano l’integrità del regno. A conferma di ciò, sul solido di Siscia, la presenza di un barbaro prigioniero. Trovo bellissimo questo 1 e ½ solido, con una GLORIA ROMANORVM davvero inusuale: Ricordiamo l’importanza che aveva per Valente proprio la gloria di Roma, del suo potere universale, del suo dominio sul mondo. Fa il paio con questa, con le personificazioni di Roma e Costantinopoli: Molto particolare questo solido: Si vede, tra i due imperatori, una piccola figura togata che dovrebbe essere il piccolo Graziano. Un omaggio dello zio al nipote, associato al trono da Valentiniano I ad occidente. Qui sotto, invece, vediamo un omaggio non solo al nipote, ma anche a fratello: le due figure del rovescio sono infatti Valentiniano I e Graziano: Ovviamente commenti, interventi, correzioni e osservazioni sono bene accetti. Fonti e letture consigliate: - N. Lensky: Il fallimento dell’impero. Valente e lo stato romano nel quarto secolo d.C.; 21 editore - RIC volume IX - Adriano Savio: Monete romane; Jouvence - Alessandro Barbero: 9 agosto 378, il giorno dei barbari; Laterza Ciao da Stilicho
    2 punti
  8. Salve. Segnalo questa breve comunicazione della Roquette sull’uso potenziale delle ciclodestrine per migliorare la solubilità dei farmaci antivirali e la stabilità degli anticorpi monoclonali terapeutici e come adiuvanti dei vaccini. https://www.roquette.com/-/media/media-centre/press-releases/2020/2020-02-11-combating-viruses/position-paper---coronavirus-combatment-via-cyclodextrins.pdf?la=en Le ciclodestrine hanno rappresentato la parte preponderante delle mie ricerche svolte nelle università di Pavia e di Firenze, anche in collaborazione con colleghi ungheresi, giapponesi e del Sudafrica. Alcune pubblicazioni sono citate in https://unipv.academia.edu/giampierobettinetti Se le ciclodestrine potessero essere utilizzate per il contenimento delle infezioni o come agenti virucidi dopo modificazioni strutturali, sarei veramente felice. apollonia PS. Nella bibliografia della comunicazione della Roquette vi sono vari collegamenti con le ditte produttrici dei vaccini tra cui la Johnson & Johnson’s e Moderna.
    2 punti
  9. In arrivo una interessante bolla vescovile
    2 punti
  10. Mi associo a ciò che ha detto Raffaele @giuseppe ballauri. Complimenti,gran bel colpo,tutto ha un fascino estremo?
    2 punti
  11. Buonasera il volume dopo pranzo era a casa giá! ordinato martedí sera,meno di 2 gg.! Che dire,un lavorone del Sig.Mario,stupendo,descrizioni ,particolari,foto,valori e chiarezza del tutto... Un elogio anche per la velocitá mai vista della spedizione con Poste e alla casa D'Amico,che mi ha omaggiato anche di due ulteriori volumetti piccoli e graditissimi. Insomma,quando le cose sono belle,vanno dette e mi premeveva dire tutto. un salutone Riccardo?
    2 punti
  12. 6,95 racc. 10,25 Ass. da 20 a 50 gr.il peso e ass. fino a 250 € Poi vedi tu. L'Ass. devi appiccicare una striscia di scotch robusto sulla chiusura e aggiungerci un paio di firme o scarabocchi-
    2 punti
  13. Buonasera a tutti, posto il mio Tornese e mezzo Ferdinando II 1838 Taglio rigato Per millesimo Dovrebbe essere Magliocca 754? Saluti Alberto
    2 punti
  14. Caro Alberto, partiamo dal Tallero di Gian Gastone. Io a quella tua asta c'ero (come a molte altre): collezione De Micheli (!), 2 giorni al De Gronde! Purtroppo le monete belle si sprecavano ... ancora oggi ne rimpiango un paio. Quel Tallero venne dopo le decimali, e la spesa l'avevo fatta. Me l'ero comunque segnato: la moneta era bella; tuttavia la patina cangiante mi aveva reso dubbioso: solo un po' ... Non è un mistero che alcune patine non completamente originali servano a mascherare qualche pecca. E', che le patine "ultracentenarie" non sono leggere, ma pesanti: basta guardare le monete della Collezione Reale al MNR (quelle che non sono state pulite, intendo), ad esempio varie piastre papali. Dunque pensai che su un fondo di patina originale (era bella spessa, specie al rovescio) un aiutino poteva averlo ricevuto. Le patine sono una mia fissazione. Detesto le americanate che fanno levitare esponenzialmente il prezzo per un effetto "prisma". Mi piacciono quelle che sono garanzia di "vecchia raccolta" (poche in realtà). Il più spesso le monete sono state lavate ed ecco che ripatinando velocemente (ma non tutte le monete lavate lo fanno) si crea una patina "particolare". Non la definirei farlocca, ma neppure naturale se non è commisurata alla vita della moneta: come sempre la vita non è bianco o nero, ma una scala di grigi (in questo caso di colori). E passiamo ai metodi per patinare. Non ho esperienza diretta ma lo zolfo è sicuramente incriminabile. Le "patine uovo" (o arcobaleno, spesso chiazzate di umidità) sono a volte molto belle a vedersi. L'albume è ricco di zolfo organico che scaldandosi (o invecchiando) libera ac. solfidrico. Se ne è parlato anche sul forum in parecchie occasioni. Cito una gradevole discussione con belle immagine (anche prima-dopo, come chiedevi). E posto una moneta prodotta con questo metodo (o analogo) sempre dal forum. Poi dipende da quanto e quale zolfo: se troppo la moneta diviene nera. ... E per non parlare dello iodio o di riscaldamenti o esposizioni prolungate alla luce del sole o agenti atmosferici ... Gli americani sono convinti di riconoscere patine autentiche e patine artefatte (per lo meno lo dicono le grandi ditte slabbatrici), ma non sempre è così e la mania delle patine "monster" è strettamente correlabile ai cosiddetti "coin doctor": basta guardarle. http://www.jhonecash.com/coins/tonedmorgans.asp D'altronde, è il caso di dirlo, pecunia non olet, dato che le patine monster fanno salire i realizzi di quegli esemplari vertiginosamente, anche se in questo caso lo zolfo "puzza" così come le uova marce e la moneta, in tutti i sensi!
    2 punti
  15. Per questo rovescio di Roma (la R è sicura) vedo due possibilità, staurogramma compreso: Valentiniano II, con il tipo Salvs reipvblicae, RIC 64, RP a l’esergo. Valentiniano III, un raro Ae4 con leggenda VICTORIA AVGG, RM a l’esergo. https://www.nummus-bible-database.com/monnaie-17823.htm Per le lettere distinguibili, VIC[...], d’accordo con Poemenius, sarà il RIC 2137.
    2 punti
  16. Certamente, io da piccolo andavo a casa del Petrarca (Francesco, quello del Canzoniere) e lo aiutavo a mettere in ordine nella sua collezione di monete...
    2 punti
  17. Ciao. Purtroppo credo che i furti ci siano sempre stati. Per il resto ha fatto tutto il web, chiunque abbia qualche rottame in casa ha il diritto di venderlo a migliaia di euro senza nessun controllo da parte di eBay in primis, andando verso Subito.it e simili. Anche per quanto riguarda le truffe sicuramente ci sono sempre state. Ora grazie al web in generale e al forum in particolare ci si può fare una vasta cultura gratis e queste cose vengono scoperte prima. Io ringrazio ogni giorno il forum di lamoneta per quello che imparo, sia a livello numismatico e storico, sia a livello "truffaldino"!
    2 punti
  18. Ciao a tutti, ma non trovate anche voi che la numismatica stia passando un brutto momento... il furto a cartamoneta.com, tutti quei fake e truffatori di facebook, ebay, gente che vende monete a prezzi strani, gente che pensa di essere ricca con una 2€... spero che io mi stia sbagliando... Forse prima non le vedevo dato che è un anno che sono su internet... Saluti Antonio
    1 punto
  19. @niko Ho dato uno sguardo, l'oro dovrebbe essere stato lavorato a macchina già alla fine del regno di Vittorio Amedeo I, con la produzione di Amedei d'oro e doppie..
    1 punto
  20. Un saluto a tutti. Tra i cassetti di mio suocero mi sono imbattuto ieri in questo pezzo. Moneta comune di cui sono stati coniati più di 9 milioni di pezzi. Io però non riesco a staccare gli occhi dal dritto di questa moneta. La adoro. Che grado di conservazione le attribuireste? Grazie
    1 punto
  21. Complimenti, banconota rara e di non facile reperibilità, figurarsi trovarla in una vecchia scatola...
    1 punto
  22. Nessun problema col cellulare (sono uno dei pochi esseri umani rimasti a non usarlo) ma il computer ormai è diventato un'estensione del mio organismo Naturalmente
    1 punto
  23. Beh! Io mi ritengo un 'appassionato di monete napoletane del periodo vicereale ma questo non significa che le altre monete non le guardo, anzi... Tra l'altro in questo periodo di pandemia mi sono anche rotto un menisco e quindi non posso fare altro che stare a casa a leggere i post nella sezione identificazione che mi stimolano un po' a guardare oltre il mio campo d'interesse, non ci trovo nulla di male... Ma ritornando al post in questione, ho precisato che non mi intendo di monetazione romana, anche se mi piacciono le sue monete, ma ciò non vuol dire che non posso esternare il mio parere, anche se superficiale, per paura di sbagliare, ogni tanto leggo qualcosa inerente a monetazioni non di mio interesse ma di certo non potrei avere la preparazione di chi invece le colleziona e studia in modo più approfondito... Detto ciò mi sono ricordato di possedere il bellissimo volume citato da Adelchi66 e quindi sono andato a vedere se era presente qualche sesterzio con una patina simile a quella postata in apertura di questo topic, ne ho estrapolate 6, ma sinceramente continuo ad essere dubbioso sul colore di questo sesterzio postato, e comunque, a parte la patina, ho anche evidenziato che i campi sono ricoperti di piccoli forellini come quelli che si trovano sui falsi realizzati per fusione e che sono il risultato della fuoriuscita dei gas generati dalla fusione stessa, in più ho notato che la legenda si presenta più usurata rispetto alla testa dell'imperatore che dovrebbe essere il punto più alto del conio e di conseguenza dovrebbe mostrare per prima gli effetti da usura da circolazione, ho esposto il mio pensiero, giusto o sbagliato che sia, e ho chiesto l'intervento di un esperto proprio per capire se sbaglio e dove sbaglio, va bene leggere i libri ma anche un confronto diciamo "diretto" potrebbe insegnare qualcosa, tanto vedere e toccare è al momento impossibile quindi bisogna fare diversamente... Scusate per la qualità delle immagini ma le ho fatte "al volo"... ...
    1 punto
  24. Confermo, stesso errore anche a me. L'unico modo per accedere agli annunci è indirettamente usando i post che si creano automaticamente nel forum in questa sezione. https://www.lamoneta.it/forum/23-annunci-numismatici/ @Reficul potresti dare un'occhiata per favore? Saluti Simone PS @matcor il problema è comune
    1 punto
  25. Credo sia un falso,però serve sempre mettere peso diametro e la descrizione del contorno e quanto possibile delle foto o scansioni buone.
    1 punto
  26. Buona sera a tutti, Beppe complimenti bella piastra, e ancor più belli i cartellini, raccontano la storia di quella che fu una grande collezione, pensa che qui sul forum è stato postato un cartellino che recava il numero crescente 3520... Un grande collezionista è stato il Sig. Mirabella, e sinceramente mi piacerebbe sapere di più su questa grande collezione. Complimenti ancora Beppe. Un saluto a tutti. Raffaele.
    1 punto
  27. Ti dirò, dopo aver compiuto i 18 non li ho più contati e così ho risolto il problema dell'eterna giovinezza...
    1 punto
  28. ANS: n/v gr. 0,38 MB e tosato z/p gr. 0,36 MB e tosato m onciale/p gr. 0,385 MB-- e tosato m onciale/p gr. 0381 MB e leggera tosatura esistono altri esemplari con pesi molto vicini ai gr. 0,39 con condizioni di tosatura importanti. z/l gr. 0,385 MB e tosatura importante (presubibilmente alla nascita oltre 0,390) http://numismatics.org/collectionimages/19501999/1984/1984.139.89.rev.width350.jpg Ciao Fabry
    1 punto
  29. Assomiglia a questa . https://en.numista.com/catalogue/pieces154047.html
    1 punto
  30. Se utili questi sono i pesi dei soldini nel lotto 226 della NAC 108: Z // Z 0,31 g ; M onciale // P 0,38 g ; Z // B 0,38 g ; M onciale // L 0,39 g. Arka Diligite iustitiam
    1 punto
  31. Provo: Alterca DI mercè D e S ALTE "RCA" DI MERCEDES Ciao da Stilicho
    1 punto
  32. Ti ringrazio Giovanni, a mio avviso tra le due monete che hai postato ed il Tollero c'è una bella differenza, le due "farlocche"sono a chiazze e prive di vita. IMO ovviamente
    1 punto
  33. DE GREGE EPICURI Chiedo aiuto a @Poemenius(ma non solo) per questo bronzetto di 0,97 g. e 11,5 mm, non leggibilissimo. Al D busto diademato a dx, con mantello; mi pare che si legga ..TINIANUS, penserei quindi a Valentiniano; e più precisamente al 3° per i caratteri del rovescio, oltre che per le dimensioni. Al rov. una vittoria a sinistra, che trascina un prigioniero; davanti a lei, uno staurogramma (rho e croce). Della legenda non si vede quasi nulla, ma ipotizzo SALUS REIPUBLICE. In esergo, ma con un po' di fantasia, leggerei RM. Potrebbe essere il Sear 4316, che è poi LRBC 840. Che ne pensate? Mostra Desktop.scf
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  34. 1973 ....qnd mi iscrivo da qualche parte mi stanco a scendere con la rotellina del mouse per arrivare alla data....
    1 punto
  35. Inserisco due pezzi da 5 grani, entrambi con taglio rigato obliquo. Il primo con punto dopo ET ed assi alla francese. Il secondo senza punto dopo ET ed assi alla tedesca.
    1 punto
  36. Luciano preparati all’editing! Domani dandolo foscari???
    1 punto
  37. Il 1968 è la prima serie emessa dalla nostra zecca, è naturale che all'epoca raggiunse quotazioni molto elevate. Va aggiunto che le successive due serie del 69 e 70 ebbero tirature di molto superiori (e quindi le 100.000 unità della prima emissione parevano pure poche), dopodiché ci fu un'interruzione di dieci anni prima di vedere la successiva emissione. Come avvenuto in epoche più recenti per le emissioni in Euro (soprattutto di paesi come Vaticano e San Marino), finchè le emissioni sul mercato erano poche le quotazioni rimasero sostenute. In seguito con le successive emissioni il '68 smise di essere l'annata chiave della serie e le quotazioni iniziarono a scendere. Attenzione però che la discesa non è stata così lineare: nel 2002, dopo l'addio alla lira, tutto il mercato di questo tipo di monete tornò a salire, e le serie del '68 ricordo che per alcuni anni dopo il 2002 raggiunsero nuovamente quotazioni interessanti, se non ricordo male nel 2003/2004 si scambiavano anche a un centinaio di Euro. Il crollo è databile in particolar modo all'ultimo decennio, quando la minibolla repubblicana creatasi nel 2002 esplose definitivamente. Per quanto riguarda il 20 lire del '68 vedo che su ebay si scambia sui 15/20 Euro. Io ne ho comprato uno un paio di anni fa pagandolo 5 Euro, assieme a un 2 lire, entrambi provenienti dalla divisionale tagliata e ancora all'interno del loro bel quadratino.
    1 punto
  38. Buonasera, premesso che non ho esperienza diretta su questa moneta e non ho la competenza di molti utenti che scrivono in questa sezione, esprimo comunque le mie sensazioni in merito per sapere cosa ne pensate. Questa moneta ha effettivamente dei dettagli che sembrano leggermente diversi, ma soprattutto con monete in bassa conservazione le foto possono giocare brutti scherzi e il bordo, punto debole di molti falsi, sembra buono. Quello che al momento mi farebbe propendere per l’originalità, anche se non ci giurerei, è il fatto che di solito, anche nei falsi migliori, c’è almeno un dettaglio magari microscopico dove l’errore è palese, mentre qui non mi sembra di vederne. Magari sbaglio e attendo il parere dei più esperti, ma per me è un problema di foto. Aiuterebbero altre foto, ma per adesso azzarderei buona. Saluti Giacomo P.S. @El Chupacabra complimenti, sempre monete fantastiche!
    1 punto
  39. Buon giorno Riccardo, sono contento sia per la nuova 38 sia per il libro. Appena arriva faccela ammirare ?. Un saluto Raffaele.
    1 punto
  40. @QuintoSertorio ottimo ma troppa grazia per un utente che si presenta senza proferir parola, e con un avatar del genere E poiché utenti così incominciano a stancare, chiudo la discussione. petronius
    1 punto
  41. Un altro dei miei 4 Tornesi 1799
    1 punto
  42. Grazie mille Attilio, ahahahah, hai messo anche la mia foto? Ma non sono fotogenico!
    1 punto
  43. Ciao @Lazza98, Ti stiamo addosso! ? Ti stiamo addosso perché rivediamo noi stessi quando muovevamo i primi passi. I tuoi messaggi credo ci appassionino per questo. A differenza di molti che hanno scritto qui io ho impostato la mia collezione (anzi, le mie collezioni, e già questo plurale è indicativo del mio percorso coscientemente dispersivo) su conservazioni tendenzialmente basse e bassissime. I motivi? Non li ripeto, stanno più o meno tutti già nei bellissimi messaggi che hanno lasciato altri prima di me. Non sono mai stato interessato alla riconvertibilità e spendibilità delle mie collezioni. Assolutamente legittimo tuttavia preoccuparsene. Mi permetto di fare delle considerazioni. Qualunque cosa tu deciderai, investire in una collezione spendibile oppure acquistare obbedendo solo a personalissimi scopi collezionistici, tu sbaglierai. Credi forse che qui siamo partiti tutti con le idee chiare? Sbaglierai come tutti noi abbiamo sbagliato qualche volta; ti pentirai di quell'acquisto come noi, per mille motivi diversi, a nostra volta ce ne siamo pentiti; sbaglierai perché se da una parte è giusto pianificare le proprie raccolte dall'altra parte ti accorgerai della loro organicità che di tanto in tanto fugge ogni tipo di irreggimentazione a monte. Le nostre collezioni si muovono con noi, cambiano con noi. Credi sia possibile pianificare in dettaglio 30 anni di vita? Gli sbagli, i cambiamenti fanno parte del percorso di crescita del collezionista. Certo... cerchiamo di minimizzarli per evitare gli sprechi o le svendite a posteriori! Ti senti indeciso? Guarda che per me questo è bene! Vuol dire che sei preso, che stai vagliando, che stai elaborando... Sei nel pieno di uno spirito prometeico! Non avere paura di rischiare (dico così d'altronde poiché tu stesso sei consapevole della sconvenienza di iniziare dagli scudi o dagli R3 di V.E.III). Mi rendo conto di avere un'opinione un po' troppo romanticheggiante del collezionismo, ma d'altronde credo che accanto alla pianificazione serva anche un po' d'impulso. Cosa mi dà godimento? Toccare e sfregare la moneta per stabilire a pelle nuda un contatto fisico? Beh, evita di spendere soldi sulle alte conservazioni (che tra ditate varie andrebbero a farsi benedire). Oppure preferisci una visione museale del collezionismo? Allora investi in un buon medagliere e in conservazioni medio-alte. Ferme restando naturalmente le tue disponibile economiche. Benché io rimanga incantato a osservare la donna librata sui 20 centesimi di Bistolfi, mi sono accorto nel corso di quasi 30 di collezionismo di essere attratto più dai fenomeni storico-sociali e geopolitici che ruotano attorno alle monete di 2000, 100 o 5 anni fa, piuttosto che dalla loro artisticità e dal loro lustro. E infatti capisco poco di gradi conservativi. Ti dico anzi che certe monete, se non sono rovinate, se non portano i segni della rovina e del decadimento, non le voglio, anche se a comprarle in un pieno SPL mi venissero a costare solo 20 € / cad. Tutto ciò è stato solo uno dei possibili percorsi che si possono fare all'interno del collezionismo numismatico. Forse però dovresti smettere di leggerci. Che tu decida di lasciar sedimentare i consigli preziosi che hai ricevuto o che tu decida di buttarti in qualche piccolo acquisto per capire quali siano le tue pulsioni e priorità (conservazione alta VS bassa, raccolta tipologica VS raccolta completa eccetera), ora tocca esclusivamente a te.
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  44. Salve a tutti. Quest’oggi volevo proporvi una nuova discussione “trasversale”, dato che l’argomento di cui andremo a trattare ci permetterà di spaziare in situazioni storiche e numismatiche dal Mezzogiorno al Settentrione della nostra penisola. Anche questa volta, al centro del nostro dibattito troviamo un sovrano napoletano della dinastia francese degli Angioini, Roberto d’Angiò (1309-1343), autore di una coniazione molto particolare ed estremamente rara che merita di sicuro un approfondimento. Ecco la descrizione del pezzo in esame: Gigliato. D/ + ROBERTUS • DEI GRA IERLM • ET SICIL • REX Robertus Dei gratia Ierusalem et Siciliae Rex. Roberto, per la grazia di Dio, Re di Sicilia e Gerusalemme. Il Re coronato, seduto frontalmente su di un trono con protomi leonine ai lati, tiene nella mano destra lo scettro gigliato e nella sinistra il globo crucigero. R/ + IPPETUU CU SUCCESSOIB DNS TRE PRATI In perpetuum cum successoribus dominus Terrae Prati. Signore in perpetuo della Terra di Prato con i suoi eredi. Croce piana ornata, con le estremità fogliate, accantonata da quattro gigli. CNI XI, p. 345, n° 1 (tav. XXII, n° 4). AR 3,90 g. e 27 mm. (esemplare della Collezione Reale, già ex Collezione Gnecchi, n° 3515). Un altro esempio trovato in rete, dal peso dichiarato di 3,78 g.: Si sa benissimo oramai che il gigliato fu una moneta ampiamente accettata in molti luoghi diversi tra loro, non solo d’Italia, ma anche d’Europa e addirittura fu imitata e scambiata nelle zecche e negli Stati dell’Oriente Latino. Tale fama scaturisce dalla bontà della lega utilizzata per la coniazione di queste monete, molto più ricca di fino rispetto ad altri nominali, non solo italiani, che si potevano trovare in circolazione all’epoca. Era, se vogliamo, una specie di “dollaro” d’argento del Basso Medioevo, utilizzato per i commerci locali nel Regno di Napoli, ma anche per quelli di più vasta portata, tant’è che si sviluppò un vero e proprio giro d’affari intorno all’imitazione del gigliato napoletano o robertino, come veniva chiamato per via del sovrano che lo fece diventare così celebre e ben accetto. Non ci si sorprende, quindi, di trovare una moltitudine di gigliati che si differenziano anche molto da quelli coniati a Napoli durante il regno di Roberto d’Angiò, ma il gigliato “pratese” ha avuto sempre un ruolo molto particolare nella numismatica non solo napoletana, ma italiana in generale, per via della sua esimia rarità, ma soprattutto per i risvolti storici che tale moneta potrebbe rivelare. E allora è il caso di vedere meglio le circostanze storiche che portarono alla realizzazione di questo strano pezzo. Innanzi tutto occorre spiegare perché la definizione di “pratese”. La caratteristica peculiare risiede proprio nella legenda di rovescio, ampiamente sciolta e tradotta in fase di descrizione. In pratica, Roberto d’Angiò, oltre che Re di Napoli, veniva riconosciuto anche come signore della Terra di Prato, la città toscana in provincia di Firenze. Il privilegio signorile si estendeva anche ai suoi eredi, quindi, dopo la morte del sovrano angioino, i suoi successori avrebbero beneficiato della signoria di Prato. Come si configura storicamente un tale potere? Come arrivò Roberto d’Angiò a detenere i diritti su città così lontane da Napoli e dal suo Regno, coinvolte in ben altre realtà politiche? E, soprattutto, come si giunse alla coniazione di una moneta, il gigliato, appunto, che per stile e standard ponderale rientra perfettamente nei meccanismi economici napoletani, ma che è di più difficile inserimento in quelli toscani? Dobbiamo pensare ad un’Italia divisa tra due principali fazioni: i Guelfi, sostenitori del partito filo-papale, e i Ghibellini, favorevoli invece nel riconoscere all’Imperatore di Germania un potere temporale superiore a quello della Chiesa di Roma. L’autorità imperiale, inoltre, voleva anche consolidare la propria influenza in Italia, ormai solo un ricordo rispetto a ciò che era stata nel corso del XIII secolo o anche prima. Gli scontri tra le diverse fazioni nelle città dell’Italia settentrionale portarono i liberi comuni ad indebolirsi per i dissidi e le divisioni interne: sia Firenze che le città limitrofe della Toscana, infatti, erano molto deboli militarmente e non riuscivano a fare fronte alle esigenze belliche che il tempo imponeva. Tra il 1305 ed il 1310, quindi, Roberto d’Angiò, uno dei sovrani più potenti d’Italia, era stato coinvolto nelle lotte politiche toscane e si schierò dalla parte dei Guelfi: il Re di Napoli, infatti, già nel 1305, quando era solamente Duca di Calabria, fu insignito della signoria di Firenze, che mantenne pressappoco fino al 1321, e messo a capo di una lega di città toscane che si opponevano al potere ghibellino ed imperiale in Italia. Prato, la cui situazione militare non era molto diversa da quella della vicina Firenze, aveva vissuto anni migliori dopo che, alla metà del XIII secolo, si era fissato lo Statuto cittadino e il centro aveva riconosciuto la propria qualifica di libero comune. La floridezza economica di quei tempi, dovuta al grande sviluppo dell’industria della lana, era solo un lontano ricordo. Dal 1312 la situazione peggiorò ulteriormente a seguito delle guerre intestine che affliggevano le città toscane: Prato, insieme alla lega di città che facevano capo a Firenze, composta da Siena, Pistoia, Arezzo, Volterra, Colle Val d’Elsa, San Gimignano e San Miniato, si trovò contrapposta alla Pisa di Uguccione della Faggiola, condottiero ghibellino e vicario imperiale in Italia. Uguccione si rivelò una minaccia concreta per i Fiorentini i loro alleati nel 1315, quando le armate ghibelline collezionavano sempre più successi sui nemici di parte guelfa. Fu proprio in quell’anno (tra l’altro, passato alla storia come il più fulgido per il partito ghibellino in Italia) che Firenze si decise a chiedere aiuto militare a Re Roberto. Quest’ultimo acconsentì, radunando in breve tempo un congruo numero di truppe che, inizialmente, dovevano essere guidate da suo figlio, nonché erede al trono, Carlo d’Angiò (1298-1328), Duca di Calabria dal 1309 e Vicario Generale del Regno. Il comando, però, passò poi all’ultimo momento nelle mani del fratello del Re, Filippo I di Taranto (1294-1332). La colonna partì dunque per Firenze per unirsi al resto dell’esercito guelfo che la lega toscana aveva raccolto per far fronte alla minaccia ghibellina. Lo scontro sembrava giocare a favore dei Fiorentini e dei loro alleati napoletani, vista la loro superiorità numerica. Uguccione, oltre ai Pisani, poteva fare solo scarso affidamento su Lucca, perché questa città era stata presa dai Ghibellini con la forza. Il confronto armato non si fece attendere: la battaglia di Montecatini (29 agosto 1315) sancì la gloriosa vittoria dei Pisani di Uguccione che, contro ogni pronostico, misero in fuga i Fiorentini con i loro alleati. Il comandante napoletano Filippo di Taranto neanche prese parte allo scontro perché, colto da febbre, fu costretto a ritirarsi dal campo di battaglia e a rientrare precipitosamente a Firenze, la cui situazione peggiorava giorno dopo giorno. Roberto d’Angiò, da parte sua, non si mostrò molto preoccupato della sconfitta subita dalle sue truppe in Toscana: Firenze, che dal 1305 si era costituita sotto la sua protezione, rimaneva, con il suo circondario, ancora salda e sicura. Qualche anno dopo, però, tale sicurezza crollò: nel 1325 il baricentro ghibellino da Pisa si era spostato a Lucca che, sotto il suo signore Castruccio Castracani, aveva riscoperto un nuovo periodo di riscossa militare, culminato con la vittoriosa (per i Ghibellini) battaglia di Altopascio il 23 settembre di quello stesso anno. Questa volta, Roberto non aveva inviato alcun aiuto contro il Castracani per favorire i Fiorentini, così, quando questi arrivò addirittura a minacciare la città stessa, essi si rivolsero al Duca di Calabria, Carlo, figlio di Re Roberto, il quale fu eletto dai Guelfi nuovo signore di Firenze a garanzia della protezione angioina sulla città. Carlo accettò e l’anno successivo, nel 1326, il 13 gennaio, si recò a Firenze per prendere possesso del nuovo incarico che gli era stato offerto. Ma la permanenza di Carlo e del suo seguito di Angioini nel capoluogo toscano fu breve: nel 1327, il Duca fu richiamato a Napoli, poiché le truppe tedesche di Ludovico IV il Bavaro (1328-1347), allora Rex Romanorum (1314-1328), minacciavano il Regno nella loro discesa in Italia verso Roma. Si ritiene che il gigliato “pratese” fosse stato battuto intorno al 1326, quindi durante la signoria fiorentina di Carlo d’Angiò, per l’infeudamento di Prato alla casata angioina. Le legende sulla moneta, che vanno lette in modo continuo tra diritto e rovescio, comunicherebbero che Roberto d’Angiò, già Re di Napoli, era anche signore (dominus) di Prato e che il privilegio si estendeva anche ai suoi successori, cioè a Carlo Duca di Calabria. Quest’ultimo, nato dal matrimonio celebrato il 23 marzo 1297 tra Roberto e Jolanda d’Aragona (1273-1302), era l’unico figlio maschio della coppia reale e, nel 1316, contrasse una prima unione, infruttuosa, con Caterina d’Asburgo (1295-1323). Nel 1324, poi, prima di essere chiamato dai Guelfi a Firenze, Carlo sposò in seconde nozze la giovanissima Maria di Valois (1309-1332), dalla quale ebbe la figlia, futura Regina di Napoli, Giovanna I d’Angiò (1343-1381). Appena Carlo si allontanò da Firenze nel 1327, Castruccio ne approfittò per occupare molte città che prima erano cadute sotto la giurisdizione feudale angioina: in nome dell’Imperatore tedesco, il condottiero ghibellino, divenuto intanto Duca di Lucca, arrivò ad attaccare anche Pistoia e Prato. Gli abitanti di questi due centri, soprattutto i contadini che erano quelli più esposti alle scorribande ghibelline nelle campagne intorno alle città, per non subire gli attacchi nemici, scesero a patti con il Castracani: in cambio di un tributo semestrale da pagarsi in denari, i Pistoiesi ed i Pratesi evitarono attacchi e saccheggi da parte dei Ghibellini del condottiero lucchese. In realtà, fino a quando gli Angioini si ersero a garanti della sicurezza dei Guelfi toscani, Firenze e gli altri centri toscani limitrofi non subirono mai il sopravvento della parte ghibellina avversa. Il gigliato “pratese”, dunque, costituisce una moneta commemorativa (e non una medaglia, come credeva Arthur Sambon e com’è riportato anche nel CNI XI) che aveva lo scopo di manifestare la sovranità signorile degli Angioini, di Roberto e di suo figlio Carlo, sui centri guelfi toscani minacciati dall’inarrestabile potenza militare ghibellina. Si potrebbe anche pensare che la moneta circolasse nel ristretto entourage del Duca di Calabria e che difficilmente abbia interagito con la moneta e l’economia locale fiorentina, poiché, come faceva già notare il Sambon, il gigliato era sì una moneta ben accetta all’epoca (quindi magari sarà anche stata accettata in alcune transazioni tra Angioini e Fiorentini), ma era profondamente diversa per caratteristiche fisiche rispetto al sistema monetario ed economico fiorentino. Dobbiamo poi pensare che Prato patteggiò un accordo per non essere occupata dai Ghibellini di Castruccio solo nel 1327, ovvero dopo la partenza di Carlo d’Angiò da Firenze. Dato che Prato non ebbe mai una propria zecca, sembrerebbe più logico ipotizzare che il gigliato in questione fu coniato nel 1326 a Firenze, durante il breve soggiorno del Duca di Calabria in città. Forse la sua breve permanenza e il circoscritto utilizzo del gigliato “pratese”, in unione con lo scopo commemorativo dell’emissione, non consentirono la coniazione di un gran numero di pezzi, anzi, ne frenarono la produzione allo stretto indispensabile per le esigenze degli Angioini, padroni della scena politica cittadina. Dobbiamo poi notare che questa teoria non sembra priva di fondamento, se pensiamo che, a Napoli, la locale zecca incrementò la produzione di gigliati, per volere regio, proprio nel 1326! In questo anno, infatti, furono assunti nuovi manovali in zecca per la lavorazione delle monete d’argento, in vista del successo e delle attenzioni che il gigliato napoletano stava ricevendo in molte parti d’Europa e del Mediterraneo. Ma non furono solo gli Angioini ad aiutare militarmente i Guelfi toscani e ad importare a Firenze il gigliato “pratese” di stampo e peso napoletani: sotto Roberto d’Angiò, le finanze del Regno di Napoli erano quasi monopolizzate da potenti banchieri fiorentini. Pensiamo che molte Compagnie bancarie avevano filiali a Napoli che costituivano il fulcro di importanti guadagni. Proprio con il governo di Roberto assistiamo spessissimo all’affidamento dell’incarico di Maestro di Zecca, ufficio fondamentale per la gestione della stessa, ad esponenti di queste potenti Compagnie. Tra questi ricordiamo: 1. Lapo di Giovanni di Benincasa, un mercante fiorentino, fattore della Compagnia degli Acciaiuoli, fu Maestro di Zecca nel 1317. Fu proprio tra il 1317 ed il 1319 che si decise di inserire sui gigliati dei simboli per poter distinguere l’operato delle diverse maestranze, poiché in molti casi si erano verificati dei cali nel peso effettivo delle monete rispetto a quello teorico stabilito (pari quasi a 4 grammi). 2. Donato degli Acciaiuoli, Maestro di Zecca nel 1324 (al 12 febbraio si data l’appalto per il suo incarico), proseguì la battitura dei gigliati di peso accurato, com’era già stato fatto sotto l’amministrazione dei suoi predecessori, Rainaldo Gattola, di Napoli, e Silvestro Manicella, di Isernia. 3. Petruccio di Siena, Maestro di Zecca nel 1325, anch’egli esponente della Compagnia degli Acciaiuoli. 4. Domenico di Firenze, Maestro di Zecca sempre nel 1325, esponente della Compagnia degli Acciaiuoli. 5. Dopo l’intermezzo del napoletano Rogerio Macedonio, nel 1327, a dirigere la Zecca partenopea troviamo nuovamente un fiorentino, un certo Filippo Rogerio, della Compagnia dei Bardi. 6. Pieruccio di Giovanni, ugualmente fiorentino, fu Maestro di Zecca dopo il 1327 ed esponente della Compagnia degli Acciaiuoli. 7. Sempre in una data posteriore al 1327 a capo della Zecca viene annoverato il fiorentino Matteo Villani, della Compagnia dei Bonaccorsi. Tutte queste Compagnie bancarie fiorentine avevano, attraverso il controllo dell’ufficio di Maestro di Zecca, oltre a rapporti commerciali di favore tra Firenze ed il Regno, anche il sopravvento sulla gestione della moneta regnicola e sulla sua circolazione. I Bardi, presso la cui filiale di Napoli lavorò anche il padre di Boccaccio, gli Acciaiuoli e i Bonaccorsi, insieme ad altre Compagnie fiorentine, fallirono a seguito del mancato saldo del debito che i Re si Francia ed Inghilterra avevano contratto con i Fiorentini a seguito dell’allestimento degli eserciti per la Guerra dei Cent’anni. Anche Roberto d’Angiò aveva un grande debito con gli Acciaiuoli, che di fatto erano i banchieri della Casa d’Angiò e tenevano in mano le finanze di mezza Napoli, in quanto questi ricevette un primo prestito di ben 50.000 fiorini d’oro e suo figlio Carlo, Duca di Calabria, beneficiò di un secondo prestito pari a 18.500 fiorini. Dopo la mancata restituzione delle somme dovute dai sovrani francese ed inglese, Roberto non saldò il suo di debito usando come precedenti le insolvenze degli altri due Re, Filippo VI ed Edoardo III. Ma gli Acciaiuoli beneficiarono grandemente della benevolenza regia: sotto Roberto, Niccolò Acciaiuoli fu nominato prima cavaliere e con l’avvento di sua nipote, Giovanna I, fu invece creato, nel 1348, Gran Siniscalco del Regno. Fu proprio Niccolò a farsi promotore del (secondo per la sovrana) matrimonio tra Giovanna I e Luigi di Taranto (1352-1362). Quando questi morì, il 26 maggio del 1362, l’Acciaiuoli fu il principale protettore dei diritti della Regina angioina (a cui, tra l’altro, doveva tutte le sue fortune) quando altri nobili ne minavano il potere. Ma, ritornando in Toscana, Prato rimase ancora per poco tempo in mano angioina: morto Roberto a Napoli, il 16 gennaio 1343, (Carlo era già morto il 9 novembre 1328) Firenze tentò, a partire dal 1350, di conquistare con la forza la città vicina, vedendo la morsa angioina allentarsi dai comuni toscani come un’occasione di rinascita politica. Nel 1351, con un atto cancelleresco approvato da Giovanna I, la Corona di Napoli cedeva i diritti feudali di Prato a Firenze dietro pagamento di una somma ammontante a circa 17.500 fiorini. Anche dietro questo atto si nasconde un disegno politico di Niccolò Acciaiuoli che, in virtù della propria influenza sulla Regina napoletana, spinse la sovrana a concludere un accordo remunerativo con Firenze. Da allora, la città di Prato non è mai uscita più dall’orbita fiorentina.
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  45. Ecco qualcosa di più antico, un Pentonkion, zecca di Messina, datato 220 a.C.
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