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Contenuti più popolari

Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 03/23/22 in tutte le aree

  1. Anche questo 6 Tornesi 1803 con doppia battitura al dritto e decentrata al rovescio.
    6 punti
  2. Buonasera, Tornese da 6 Cavalli 1792 con forte decentratura di conio. Errore di coniazione che sarebbe piaciuto tanto ad @andrea78ts. ?
    6 punti
  3. Sono tornato ieri notte. L’intervento è andato bene ?
    4 punti
  4. Come in tutte le guerre, anche qui, la ragione non è da una sola parte, così come il torto. Penso che siano distributi in ambedue i contendenti. Credo che invece di schierarsi, l'Italia (e l'Europa) avrebbe fatto meglio a mitigare e a fare da mediatore tra le parti, soppesando torti e ragione di entrambi, cercando una soluzione politica, in accordo all'art 11 della Costituzione (L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni) Sono contrario all'invio di armamenti; poichè, oltre a fomentare la guerra, significa fornire armi a entità militari di dubbia provenienza politica. Sono contrario ad armare civili inesperti, non in uniforme, che possono essere considerati "franchi tiratori" e pertanto, se presi prigionieri, fucilati senza processo. Questo è, a mio parere, un grave errore, perchè porta a considerare, agli occhi dei Russi, tutti i i civili come potenziali nemici. E poi, non ho ancora capito se Zelensky ha a cuore le sorti del suo popolo; perché poteva evitare questo macello, oppure se non ha voluto farlo. E' una guerra che non può vincere, solo il compromesso è l'unica vittoria.
    4 punti
  5. Buongiorno a tutti, annuncio la scoperta di una nuova variante sulle 100 lire 1993 Italia Turrita e da prime analisi risulta essere molto rara. La variante ha il rovescio con i "99" aperti, quindi come la variante "testa piccola" ed il cd. "mulo"; tuttavia, il dritto è diverso sia rispetto alla testa piccola che rispetto al mulo. In particolare, si riconosce dalla firma che presenta caratteri differenti, in particolare: la prima "R" di CRETARA, la distanza della firma dal bordo (è ad una distanza intermedia tra la testa piccola ed il mulo) e dalla nitidezza (la firma è chiaramente più nidita rispetto alla restante impronta, similmente alla testa piccola). E' molto probabile che la differente nitidezza (sia nella testa piccola che nella nuova variante) dipenda dal fatto che la firma è stata apposta in una fase successiva rispetto a quella di produzione del materiale creatore. Dalla foto potrebbe sembrare che dopo la lettera "L" (la "L" sta per Laura) ci sia un punto, però potrebbe essere solo un difetto di coniazione (il metallo può non aver riempito interamente il carattere della "L"). Rispetto ai normali muli si riconosce facilmente dalla prima "R di CRETARA. Al momento per distinguerla la chiameremo "mulo firma piccola" anche se a tutti gli effetti costituisce una nuova variante. Vi chiederei di controllare i vostri muli e farmi sapere se ne trovate anche voi con la firma piccola. Io ho controllato una ventina di muli e solo uno era un "mulo firma piccola". Attendo vostre segnalazioni buona giornata!
    3 punti
  6. Repubblica di San Marino, 5 Centesimi, Anno 1937, Rame 950, Zecca di Roma.
    3 punti
  7. E’ con molto piacere che vi comunico la pubblicazione del corpus riguardante i dioboli tarantini dal titolo “The diobol of Tarentum”. Il volume contiene ben 283 diverse tipologie con relative varianti, coprendo l’intero arco di produzione di queste emissioni, aggiornando tutte le pubblicazioni ad oggi conosciute e riunendole in un unico corpus. All'interno le immagini originali provenienti da case d'asta e dalle più importanti collezioni museali al mondo. Un ricordo speciale al compianto Dott. Giuseppe Tafuri (Arthas), tanto affezionato a questo forum, che ha fortemente contribuito alla realizzazione dell’opera. In allegato copertina, alcune pagine e presentazione del Dott. Giuseppe Sarcinelli, responsabile tecnico del Laboratorio di Studio e Documentazione Informatizzata delle Evidenze Numismatiche presso il Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento e curatore della collana Magna Graecia Coins. Presentazione The diobols of Tarentum.pdf Prefazione.pdf
    2 punti
  8. Non risco a dire altro. Perciò confermerei quello che ho detto,con aggiunta del sovrano: muhammed zahir shah '51/'54 ?‍♂️
    2 punti
  9. Ciao @Releo, da una mia frettolosa ricerca riguardante i passaggi in Asta negli ultimi anni delle Piastre 1815, risulta che le monete con la Variante "Doppio Rombo" dopo la "D" siano 6 ( con la tua ) su un campione di 24. Diciamo quindi un 25% ( tali dati vanno integrati e quindi prendili con beneficio di inventario, però possono già essere significativi ). Queste monete mi sembrano provenire da uno stesso conio ed il "Doppio Rombo" è sempre correlato alla mancanza del rombo dopo la data 1815. Non ho notato una quotazione maggiore nelle Aste della moneta con Variante, probabilmente perchè non censita finora e/o non notata. Buona Serata, Beppe
    2 punti
  10. Ciao @Oppiano, è un quattrino IV Serie 1382 II semestre Luigi Guicciardini. La Quarta serie va dal 1381 al 1411 Saluti Marfir
    2 punti
  11. Posto due piastre prese dal web.
    2 punti
  12. La variante senza ghirlanda invece mi è nota in molti esemplari, uno dei quali anche con il diadema a rosette, vedasi Falerii nn 881 e 1112 Una variante con un pallino al centro del monogramma è presente a Falerii Un ulteriore monogramma inedito mi è noto da un tesoretto non ancora pubblicato RIC 2863 Il monogramma con in basso la stella…. A me è noto solo l’esemplare del British per ora… RIC 2864 La moneta con il monogramma 7 del RIC …. Mah… io non l’ho mai vista, e anche quella citata in Falerii è giustamente indicata con un punto interrogativo. Da approfondire… RIC 2865 La moneta è citata nel RIC come dubbia su diversi fronti e diverse letture, quindi al momento nemmeno la considererei in questa breve trattazione Veniamo a Eufemia Bronzi ufficialmente non ne esistono, ma qualche lettore attento potrà trovare delle citazioni risalenti già al 1865 Beh, la “moneta” è probabilmente l’anima in bronzo di una frazione argentea falsificata… e infatti peso e misure sono un po’ atipiche per il bronzo… 1,1 g per quasi 15 mm Nella prossima puntata si torna in oriente. Salteremo a piedi pari il primo regno di Zenone e passeremo direttamente al breve regno dell’usurpatore Basilisco…che… ve lo dirò con una terminologia tecnica, dal punto di vista dell’attribuzione alle zecche è un “gran casino” J Saluti Alain
    2 punti
  13. Ultimo acquisto, Grano 1792 con curiosa escrescenza di metallo dopo la R di REX
    2 punti
  14. Lucius Artorius Castus, le vere origini di Re Artù? Immagine dal film King Arthur (2004), regia di Antoine Fuqua. Lucio Artorio Casto (in latino Lucius Artorius Castus, luogo/data di nascita sconosciuti e morto a Pituntium, nei pressi di Salonae Palatium nel II secolo) è stato un militare romano e successivamente procurator centenarius della Liburnia. Tutto ciò che sappiamo su Lucio Artorio Casto proviene essenzialmente da un'epigrafe, alquanto lacunosa, trovata in due frammenti a Podstrana, sulla costa della Dalmazia. Si tratta certamente di una lastra del sarcofago di Lucio Artorio Casto. Una seconda iscrizione, più breve, probabilmente una targa commemorativa ritrovata nella stessa località dalmata, riporta solo pochi dati simili a quelli del sarcofago. Una terza iscrizione, recante il solo nome di Lucio Artorio Casto, riferibile allo stesso personaggio o a un suo omonimo, fu ritrovata a Roma e attualmente è esposta al Louvre. Dalle iscrizioni conservate, tuttavia, non è consentito ricavare dati cronologici certi relativi al personaggio, che dubitativamente viene collocato verso la fine del II secolo. Membro della gens Artoria, ci sono varie teorie sulla sua origine. La prima a essere avanzata è che fosse di origine etrusco-retica, ma la latinizzazione in Artor è alquanto forzata. Un'altra teoria è che fosse originario dell'odierna Valle d'Aosta (dal nome nobile gallo-romano "Artois"). Un'ulteriore teoria, la più accreditata, è che fosse probabilmente originario della Campania visto che, da numerose altre epigrafi e reperti archeologici, si evince che Lucio Artorio Casto apparteneva a una famiglia campana, ben attestata a Capua, Nola, Pompei e Pozzuoli. Discendente del medico di Augusto, Artorio Asclepiade. Un Artorio aveva anche partecipato alla repressione della prima guerra romano-giudaica (66-73/74), quando fu distrutto il tempio di Gerusalemme. Secondo il lungo testo dell'iscrizione del sarcofago, Lucio Artorio Casto aveva servito Roma prima come centurione della “Legio III Gallica”, poi passato alla “Legio VI Ferrata” e ancora alla “Legio II Adiutrix” e alla “Legio V Macedonica” sul Danubio, della quale fu anche nominato primo pilo. Divenne poi preposito della flotta di Miseno (cioè la forza navale di stanza nella Baia di Napoli) e infine fu prefetto della “Legio VI Victrix”. Nel periodo compreso tra il 183 e il 185, i caledoni oltrepassarono il vallo di Adriano, ragion per cui l'imperatore Commodo avrebbe inviato Lucio Artorio Casto in Britannia al comando della cavalleria della “Legio VI Victrix” e altre truppe, comandate da Ulpio Marcello (probabilmente suo parente, dati gli stretti legami fra la famiglia Artoria e quella Ulpia) con il compito di presidiare il Vallo mediante la legione ai suoi ordini, rinforzata da un contingente di 5.500 cavalieri pesanti sarmati. I Sarmati avevano come stendardo un drago, che fu poi adottato dalla cavalleria romana, i "draconari", dando origine, alcuni secoli più tardi, anche al termine dragone per indicare un tipo di truppe a cavallo. Dopo che i caledoni irruppero oltre il Vallo di Adriano, uccidendo anche il comandante romano a Eboracum (York) Lucio Artorio Casto guidò le sue truppe a cavallo a nord, sconfiggendo i caledoni. Come ricorda Cassio Dione, ottenendo la vittoria contro i Caledoni, l'imperatore Commodo poté avvalersi l'appellativo di Britannicus. Dopo essere stato alto ufficiale nella “Legio VI Victrix”, ebbe il titolo di "dux", riservato a chi si era distinto per imprese eccezionali, la definizione di Lucio Artorio Casto nel testo dell’epigrafe come "dux leggionum .. Britaniciniarum" indica che successivamente ottenne un ampio comando in Britannia o fu a capo delle legioni stanziate in Britannia. Le parole "adversus Arm...", ricostruite come "Adversus Armoricos", suggeriscono che Lucio Artorio Casto sia stato anche a capo di una spedizione militare in Armorica (corrispondente alle odierne Bretagna e Normandia) al comando di più coorti di cavalleria per sedare una ribellione. Lucio Artorio Casto si ritirò dall'esercito e divenne procurator centenarius (cioè governatore, con una provvigione di centomila sesterzi annui) della Liburnia (la parte settentrionale della Dalmazia), dove certamente concluse la sua vita, erigendo un mausoleo funebre a Pituntium, nei pressi di Salonae Palatium. Non si conosce altro su di lui. Secondo alcuni studiosi questa interpretazione porterebbe all'identificazione del personaggio con il "Re Artù" storico: l'ipotesi di identificare Lucio Artorio Casto con Artù fu avanzata per la prima volta da Kemp Malone nel 1924. Sebbene infatti Lucio Artorio Casto non visse al tempo delle invasioni sassoni in Britannia (V secolo), si potrebbe pensare che il ricordo delle gesta di Casto, tramandate nelle tradizioni locali, andarono crescendo col tempo fino a formare le prime tradizioni arturiane. Tale ipotesi è stata rafforzata dal parallelismo tra i racconti mitologici degli Osseti del Caucaso, ultimi discendenti dei Sarmati (un cui consistente nucleo fu trasferito dai Romani in Britannia), e i racconti arturiani. La prima apparizione del personaggio "Arthur", qualificato "dux" così come il Lucio Artorio Casto nell'epigrafe, nella Historia Brittonum del IX secolo, secondo lo storico Leslie Alcock era tratta da un poema gallese, originariamente privo di un riferimento cronologico preciso, come pure di una indicazione degli avversari contro cui combatté le sue dodici vittoriose battaglie. Alcuni studi (Xavier Loriot e altri) tendono tuttavia a leggere nell'epigrafe "Armenios" in luogo di "Armoricos", modificando il quadro spaziale (spedizione in Armenia e non in Armorica) e temporale (III secolo secondo Loriot, anteriore al 170 secondo altri) della vita e delle gesta di Lucio Artorio Casto, tentando di slegare le sue gesta dal rapporto con i Sarmati stanziati in Britannia. Guido Migliorati ha successivamente confutato questa interpretazione, ritenendo poco probabile che la spedizione sia avvenuta in Armenia anziché nell'Europa occidentale e riportando la carriera del personaggio al periodo commodiano. (Varie fonti su Internet) Ave! Quintus
    1 punto
  15. Dalle mie parti (Bari) con l’espressione dialettale la monge e la ponge, che ho scelto come titolo per questo post, si indica l’atteggiamento di chi, in una discussione o in una disputa, cercando di non scontentare nessuno, assume un atteggiamento non manifestamente schierato in un senso o nell'altro. Potremmo dire che la monge e la ponge è l’equivalente del detto, di uso comune, un colpo al cerchio e uno alla botte. Ed è proprio l’atteggiamento assunto dalla Corte di Cassazione nella motivazione spesa in una recentissima sentenza di novembre 2021 (la n. 45983 del 12 novembre 2021) ad aver ispirato il titolo. Si tratta di una sentenza a mio avviso importante e che meritava di essere qui segnalata (allego il file del testo completo, in ogni caso reperibile anche online). Prima di proseguire, però, una avvertenza al lettore: il post è lungo e dalla sua lettura completa potrebbero derivare effetti collaterali quali noia mortale e simili. La pronuncia in commento, pur muovendo dai consolidati principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in tema di appartenenza allo Stato dei beni culturali (e, nello specifico, delle monete antiche), manifesta una maggiore sensibilità nei confronti del collezionista – questa volta espressamente preso in considerazione – sancendo alcuni principi di fondamentale importanza. Il collezionista, in altri termini, sembra aver fatto breccia nel cuore della Corte. Battute a parte, limitandomi a esaminare in questa sede i punti della decisione che ritengo più interessati e di più agevole digestione anche per chi in materia è a digiuno, il Collegio muove dal principio secondo cui i beni culturali “si presumono dello Stato a meno che il detentore non dimostri di averli acquisiti in data anteriore all’entrata in vigore della L. n. 364 del 1909, di averli ottenuti in premio per il loro ritrovamento o di averli ricevuti dallo Stato”. Si tratta, come in più occasioni la giurisprudenza ha avuto modo di precisare, di ipotesi definite tassative (non vi sarebbero, cioè, altre ipotesi idonee a vincere la presunzione di appartenenza allo Stato). Prosegue, poi, al punto 11., ribadendo che: “La giurisprudenza di legittimità, del resto, ha in più occasioni sottolineato che "il possesso delle cose di interesse archeologico integra il reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 176, comma 1, e si presume illegittimo, a meno che il detentore non dimostri di averli legittimamente acquistati in epoca antecedente all'entrata in vigore della L. n. 364 del 1909" […]; conseguentemente, "anche nell'ipotesi di archiviazione del procedimento per il reato di impossessamento illecito, previsto dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 176, grava sul richiedente la restituzione dei predetti beni sottoposti a sequestro l'onere di dimostrare che il possesso del proprio dante causa si è verificato in epoca antecedente all'entrata in vigore della predetta L. n. 364”. E sin qui nulla di nuovo rispetto a quello a cui la giurisprudenza ci ha già abituato. Tuttavia, operando una (importante) inversione di rotta, la Corte si avvede – dandone espressamente atto – di come la rigida applicazione del suddetto principio al “collezionista” (figura alla quale lo stesso Collegio attribuisce pieno diritto di asilo, in considerazione del fatto che dal codice dei beni culturali si evince la pacifica ammissibilità della proprietà privata di beni archeologici al fianco di quella statale) finisca per caricare quest’ultimo di un onere probatorio il cui assolvimento risulta praticamente impossibile. A tal proposito, il passaggio cruciale della decisione in esame (che ha visto il coinvolgimento di importantissime e prestigiosissime case d’aste) è il seguente: “Chiarito ciò, i beni culturali - come già ricordato - si presumono dello Stato a meno che il detentore non dimostri di averli acquisiti in data anteriore all'entrata in vigore della L. n. 364 del 1909, di averli ottenuti in premio per il loro ritrovamento o di averli ricevuti dallo Stato. Ebbene, nel caso di specie il D.F. risulta aver acquistato dette monete dal collezionista R. nell'anno 2013; proprio in virtù di ciò egli contesta l'appartenenza di detti beni al patrimonio indisponibile dello Stato, non essendovi in atti la prova che esse siano state acquisite dal R. in seguito all'entrata in vigore della L. n. 364 del 1909. 12.4. La doglianza difensiva, evidentemente, stride con l'orientamento giurisprudenziale sopra richiamato che fa gravare sul soggetto che invoca la restituzione dei beni l'onere di dimostrare il legittimo possesso delle stesse da parte del proprio dante causa. Occorre, tuttavia, fare chiarezza sull'applicabilità di tale orientamento anche al collezionista. Con riferimento, infatti, ai beni provenienti dalle collezioni numismatiche, non può non tenersi conto del fatto che il codice Urbani conferma implicitamente la possibilità che i beni di interesse culturale siano posseduti da soggetti privati, in particolare qualora il Ministero competente non abbia dichiarato di interesse culturale le cose, in quanto aventi caratteristiche di eccezionalità. In questi devono considerarsi incluse le collezioni numismatiche, delle quali risulta lecito il possesso se acquistate presso rivenditori commerciali od altri collezionisti, a meno che non vi sia la prova che gli oggetti commercializzati provengono da campagne di scavo anteriori all'entrata in vigore della L. 20 giugno 1909, n. 364, ovvero siano di provenienza delittuosa (furtiva, ad esempio). Ed allora, il richiamo al principio giurisprudenziale citato ed assai rigoroso, confermato anche da altre pronunce […], sembra al Collegio invero non calzante. Risulta evidente che nessuno dei ‘soggetti imputati di tale delitto può, ratione aetatis, dare la prova di un acquisto anteriore al 1909; semmai egli può provare di avere ricevuto iure hereditatis tali beni, ovvero di averli acquistati da un collezionista. Ed appunto con riferimento al collezionista (qual è l'attuale ricorrente) che si pone il problema della "prova" da fornirsi, in quanto, ove si applicasse rigidamente, sempre ed indistintamente, l'orientamento giurisprudenziale rigoroso c.s. illustrato, risulterebbe difficile se non impossibile riuscire ad ottenere la restituzione del bene numismatico sottoposto a sequestro penale, poiché - salva la probatio diabolica che consenta di risalire agli "antenati" fino ad epoca anteriore all'entrata in vigore della L. n. 364 del 1909 - tale bene è di proprietà dello Stato. Ritiene, infatti, il Collegio che in tale impostazione vada del tutto perduta l'interpretazione della dizione letterale della fattispecie di cui all'art. 176 del Codice dei beni culturali, che incrimina non già la detenzione del bene culturale appartenente allo Stato, ma, per l'appunto, l'impossessamento, con ovvie conseguenze sotto il profilo del tempus commissi delicti (ma anche del luogo del commesso reato, ovviamente). La detenzione è infatti un reato permanente, ma nel caso che ci occupa la detenzione è un effetto del reato, di natura istantanea, di impossessamento, il quale si perfeziona, e consuma, tutto e solo, nella condotta di apprensione della cosa. Con le ovvie conseguenze in tema di computo della prescrizione, quanto al processo penale, ma anche con le scarse possibilità di recupero del bene, che derivano dall'impostazione data sul punto dalla giurisprudenza consolidata. 12.5. Tornando ad esaminare l'impugnata ordinanza, si osserva, la motivazione fornita dal giudice dell'esecuzione si presenta carente posto che deduce l'appartenenza dei beni reclamati al patrimonio indisponibile dello Stato italiano dal dato, pacifico, che "l'istante non ha acquistato i beni confiscati in epoca antecedente all'entrata in vigore della L. n. 364 del 1909, non li ha ricevuti dallo Stato, né li ha ottenuti in premio per il loro rinvenimento" (pag. 3 ordinanza del 12/12/19 cui la successiva ordinanza dell'1/10/2020 fa espresso rinvio), senza far cenno alcuno all'onere di prova gravante sul ricorrente in ordine al legittimo possesso di detti beni da parte del proprio dante causa, il R.. Non può ritenersi, proprio per le ragioni dianzi esposte al p. 12.4, che le doglianze difensive non siano idonee a compromettere la legittimità del provvedimento di confisca disposto dal G.I.P./Tribunale di Napoli e confermato dal giudice dell'esecuzione sol perché, per mezzo di esse, il ricorrente si limita a contestare "l'assenza di prova" dell'illegittimo possesso delle monete da parte del R.. Come anticipato, infatti, non può applicarsi in maniera pedissequa al collezionista il rigoroso orientamento giurisprudenziale richiamato secondo cui sarebbe proprio sul soggetto interessato alla restituzione dei beni che grava l'onere di dimostrare il lecito possesso degli stessi da parte del proprio dante causa, operando di base una presunzione di proprietà statale. In altri termini, non può ritenersi, in questo caso, che il ricorrente fosse gravato dall'onere, non assolto, di provare il fatto fondamentale posto alla base della propria domanda, cioè il possesso del suo dante causa, anteriore alla L. n. 364 del 1909. […] Purtuttavia, osserva il Collegio, le stesse ragioni poste a fondamento della archiviazione del procedimento per l'asserita buona fede del D.F., avrebbero dovuto spingere il giudice dell'esecuzione a motivare in maniera adeguata circa la confiscabilità delle monete appartenenti al D.F., a lui pervenute dalla collezione R., individuando ulteriori elementi da cui fosse ricavabile l'ostatività della restituzione delle monete, legittimamente pervenute al ricorrente, come ad es., l'accertamento dell'emissione del provvedimento da parte dell'Autorità amministrativa competente ex art. 13 del Codice dei beni culturali, in tal modo qualificando il bene numismatico o la collezione quale appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato. Tale carenza argomentativa sul punto rende, pertanto, ragione dell'annullamento dell'ordinanza impugnata, con rinvio al giudice partenopeo per un nuovo esame.” (così la sentenza nella parte motivazionale; il sottolineato e il grassetto sono stati aggiunti da me per enfatizzare i passaggi chiave). In buona sostanza, il Collegio sembra affermare – pur senza dirlo espressamente – che, nell’ipotesi di collezionista (ma ritengo il principio pacificamente estendibile anche ai commercianti e, più in generale, a chiunque acquisti in buona fede) che provi di aver acquistato le monete antiche in maniera lecita e trasparente (da altro collezionista o da commerciante), debba trovare applicazione il seguente modus operandi: (i) non è possibile pretendere che il collezionista offra anche la prova del fatto che il proprio dante causa (il venditore, per intenderci), abbia a sua volta acquistato (o acquisito) le monete in data antecedente al 1909 (andando a ritroso), trattandosi di prova “diabolica” (ossia dall’assolvimento impossibile); (ii) in questo caso è il Giudice della confisca a dover offrire la prova (o meglio, per usare l’espressione “timida” impiegata dalla Corte, “a dover individuare ulteriori elementi”) dell’ostatività alla restituzione delle monete al collezionista. Inutile dire che non vorrei mai trovarmi nei panni del “giudice partenopeo” al quale la Corte ha rinviato la decisione e che si troverà al cospetto di una bella gatta da pelare. Non saprei dire se la sentenza rappresenti un passo avanti o un “sapiente recupero e restauro di vecchi orientamenti” (posto che in passato non erano mancate pronunce più favorevoli al collezionista rispetto a quelle che hanno preso piede negli ultimi anni), ma certamente offre notevoli spunti di riflessione che testimoniano, quantomeno, la tendenza della giurisprudenza a non sedersi supinamente su principi già espressi altrove e assunti al rango di dogma, forse – e qui scrivo in chiave romantica e ottimistica – nell’ambito di un più ampio percorso mentale che condurrà ad acquisire la consapevolezza del fatto che a volte la mano privata è capace di coccolare i beni culturali con un amore sicuramente più intenso di quello di cui è capace l’algida “mamma Stato”. Saluti. Cass. 45983 del 2021.pdf
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  16. Ciao! In realtà conosco la moneta, è dell'ultima asta di Gaudory, un 2 taller di Koln (Ursulentaler). Stavo facendo offerte per il Pesttaler e la ECU di Henry de la Tour!
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  17. Complimenti per la tua rara variante . ?
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  18. DE GREGE EPICURI Purtroppo non so dirti molto, anche perchè su questa moneta R.Plant (Greek coin types and their identification) è molto laconico, non indica neppure la datazione. Visto lo stile, direi che è da attribuire sicuramente al periodo greco; credo che Gortyna abbia coniato come singola polis, anche se Creta, almeno in parte e in certi periodi, fu sotto il controllo dei Tolemei d'Egitto. L'occupazione romana è solo del 69/70 a.C. nel corso di una guerra contro i pirati. Gortyna fu poi la sede del proconsole romano, di rango pretorio.
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  19. Ti era già stato risposto nell'altra discussione. Le monete toscane hanno un loro fascino, anche i nominali minori possono essere datati non per anno ma per semestre... E la galleria dei simboli degli zecchieri è una carrellata iconografica di simbologie medioevali che credo non abbia eguali.
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  20. Nelle Piastre del 1815 si conosce quel conio di rovescio con "punto" dopo ET , ma avendone un esemplare in collezione, per me è un semplice esubero di metallo.
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  21. @Fondamentale, ricordo che il primo ad evidenziare questa variante di conio nel rovescio della 1795 fu @lukas1984. Questa la sua Piastra.
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  22. Segnalo, tarì Filippo II GR/VP, Magliocca 47a R4, anche se a mio parere meriterebbe una classificazione a parte in quanto lo stemma al rovescio è a forma di cuore. Partenza 90 euro
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  23. Io parteciperei molto volentieri! Contatemi nei 4 gatti Comunque torno a casa e vi sottopongo un orrore - secondo me interessante per un motivo che vedrete presto - comprato per qualche spicciolo tempo fa
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  24. Tutte hanno lo stesso dritto.
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  25. @andrea78ts, sai dirmi come mai questo pezzo non riporta anche nel rovescio la doppia battitura?
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  26. grazie per le risposte veloci e precisi come sempre
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  27. io, invece, ho ordinato solo quella della Puglia e per il semplice motivo che mi sembra molto bella, soprattutto al dritto. A mio avviso è la moneta più bella della collezione 2022.
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  28. Si, siamo a quattro: (1) testa piccola (2) mulo firma piccola (3) mulo firma grande e (4) testa grande Le prime tre hanno lo stesso rovescio con i "99" aperti e la quarta il rovescio con i "99" chiusi...e le sorprese su questa tipologia non fiscono qui, sto facendo altri studi sui successivi anni delle 100 lire Turrita Al monento la numero (2), quella di questo post, pare essere la versione più rara
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  29. Benissimo ... sono stracontento ?. Stasera aspettiamo il tuo intervento?
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  30. Vorrei porre l'attenzione alla relatività di ogni vicenda. Quando conviene consideriamo sacra l'autodeterminazione dei popoli: Ucraini, Kosovari, Croati, Sloveni, Bosniaci.... Quando non conviene sono terroristi: Russi del Donbass, Kurdi,.... Mi domando in Italia come venivano definiti gli Altoatesini che volevano l'autodeterminazione ? Terroristi , se non sbaglio. Così sono i separatisti Corsi per la Francia, i Baschi in Spagna..... Usiamo purtroppo due pesi e due misure, a seconda della convenienza...
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  31. Credo che oramai il tuo giochino sia chiaro a tutti... dunque quale risultato pensi di ottenere in tal modo?
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  32. Buongiorno a tutti. Risulta pubblicata in Gazzetta la Legge 9 marzo 2022, n. 22, rubricata "Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale". Allego copia della precitata Gazzetta per praticità di consultazione. Lascio ai giuristi, agli operatori professionali e agli appassionati le opportune valutazioni, anche in rapporto all'esito del Convegno oggetto della presente discussione. Un saluto cordiale e a presto. Gazzetta Ufficiale 22.03.2022.pdf
    1 punto
  33. E' un 5 para ma condividendo lo stesso verso non potevi saperlo, complimenti era difficile! Per la precisione un 1255+21 (1859) si intravede a malapena il 2 del 21 nella faccia postata. Il valore sul recto è scomparso dall'usura, quindi 5 para secondo il diametro di 22 mm.
    1 punto
  34. La butto lì ? Impero ottomano, 10 para metà XIX sec https://en.numista.com/catalogue/pieces19337.html
    1 punto
  35. A parte che lascerei fuori la politica italiana, ho il forte sospetto sia un fake.
    1 punto
  36. Peccato... Grazie per le info. Saluti Simone
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  37. Buonasera Arrivo in ritardo,ma l' ottimo Andrea ha giá detto tutto. Buon occhio attento @Mas Blanco
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  38. Molto belle complimenti. Non le ho mai collezionate ma tra le mani mi sono capitate pezzi singoli e piccoli lotti, ricordo di averne trovate alcune in un albun di francobolli acquistato in un lotto ad un'asta.
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  39. Carissimi, intervengo a distanza di tempo per colmare alcune piccole lacune del primo post. La gestione del tesoretto è tipicamente britannica. Il British Museum ha trattenuto una parte del ritrovamento (si tratta in particolare di monete di Costantino I Cesare con rovescio raro). La restante parte suddivisa tra gli scopritori (che l'hanno immessa sul mercato in parte restaurata e in parte "nature") e il proprietario del fondo. Il mio esemplare è giunto accompagnato da una lettera di presentazione dell'hoard, il dettaglio delle monete ritrovate e il numero di inventario assegnatole dal British Museum. Lettera e lettura assai gradite. Come giustamente osservato da @Stilicho, il mio esemplare conserva ancora resti di argentatura ed è in coservazione superiore alla media. RIC alla mano, vi sono due riferimenti per questa emissione di Costantino I cesare senza segni nei campi: RIC VI Londinium 88b e 89b, in virtù della presenza o meno del drappeggio sulla corazza. In realtà questa classificazione è stata ampiamente corretta nel Cloke&Toone, dal momento che con queste medesimo dritto e rovescio (leggende FL VAL CONSTANTINVS NOB C e GENIO POP ROM, PLN in esergo) vi sono due distinte emissioni battute con caratteristiche di metrologiche ben diverse. Una prima emissione è stata coniata tra il maggio e il novembre del 307 secondo uno standard di 1/42 di libbra romana, quindi circa 7,68gr, e corrisponde a Cloke&Toone 5.01.008 e 5.01.009, sempre a seconda che vi sia o meno il drappeggio. La seconda emissione è stata, invece, coniata tra novembre e dicembre del 307 secondo uno standard di 1/48 di libbra romana, quindi circa 6,72 gr (e un flan di diametro ridotto), corrispondente a C&T 5.03.003 e 5.03.004. Il mio esemplare pesa 7,57 gr, pertanto appartiene alla prima emissione. Qui di seguito in un confronto con un esemplare dell'emissione leggermente più tarda.... le differenze di modulo (e di stile) sono evidenti.
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  40. Cari amici ve la presento fresca fresca appena arrivata, aggiudicazione dall’asta GMA E-Live n. 2 del 26 febbraio scorso, lotto 626. Clemente XI, piastra anno XI, 32,02 grammi, Muntoni 42, MIR 2269/1, molto rara. Un esemplare sopra lo SPL con una patina da medagliere che raramente si vede, una iconografia del rovescio affascinante, il ponte di Civita Castellana. Non si vede che mi sono innamorato di questa monetazione vero? ? Capolavori immortali dell’arte incisoria numismatica. Buon weekend.
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  41. Per chi volesse approfondire allego un'interessante tesi di laurea disponibile su Academia (relativa alle origini di tale iconografia nell'arte greca): Epi_delphinos_Liconografia_della_figura.pdf
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  42. Gent.mo @gennydbmoney, non credo siano colpi, ma appunto difetti di conio, molto frequenti in questa tipologia. Posto 2 foto ( ma gli esempi sarebbero numerosi ). Questa Ex Asta Bertolami Dicembre 2021 considerata qSPL e questa di un'Asta Americana: Bru Sale ( che non conosco), considerata Very Fine Sarebbe interessante sapere a cosa è dovuto questo difetto di coniazione. Buona Serata,
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  43. Il forum in questione è stato definitivamente chiuso. E, senza vena polemica, visto che vi ho scritto per nove anni come membro dello staff, posso tranquillamente affermare che non era composto da "eletti e toccati da Dio" come sostiene qualcuno, ma da persone normalissime, seppur con qualche rara eccezione, con la passione della Numismatica e che scrivevano anche in altri forum. Io sono uno di quelli, nessun mistero, visto che non esiste un'esclusiva e con me ce ne sono tanti che continuano a scrivere con immutata passione. Non penso ci sia altro da aggiungere.
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