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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 03/25/22 in tutte le aree
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Amici del Forum, stiamo passando tutti degli anni terribili. Adesso anche la guerra di aggressione verso l'Ucraina. Una guerra non ha mai dei vincitori. Produce solo morti, invalidi e distruzione. Rinfocola i vecchi risentimenti che saranno perpetuati nel corso delle generazioni, producendo altri morti. La Storia è una grande maestra, ma l'uomo nel corso di migliaia di anni non ha capito gli insegnamenti. Pertanto, sarebbe meglio porre fine a questa Discussione in quanto non è produttiva. Non si parla di una partita di calcio, di cartine variamente colorate e di bandierine. Si parla solo di morte e distruzione da ambo le parti. Mi piacerebbe che qualcuno leggesse il testo di questa canzone ( ma in realtà è una grande poesia ) del più grande artista italiano dei nostri tempi. Si chiama Fabrizio De Andrè, se si vuol capire la guerra, ebbene dedicate qualche minuto a leggerla. La guerra di Piero ( di Fabrizio de Andrè ) Dormi sepolto in un campo di grano Non è la rosa, non è il tulipano Che ti fan veglia dall'ombra dei fossi Ma son mille papaveri rossi Lungo le sponde del mio torrente Voglio che scendano i lucci argentati Non più i cadaveri dei soldati Portati in braccio dalla corrente Così dicevi ed era d'inverno E come gli altri verso l'inferno Te ne vai triste come chi deve Il vento ti sputa in faccia la neve Fermati Piero, fermati adesso Lascia che il vento ti passi un po' addosso Dei morti in battaglia ti porti la voce Chi diede la vita ebbe in cambio una croce Ma tu no lo udisti e il tempo passava Con le stagioni a passo di giava Ed arrivasti a passar la frontiera In un bel giorno di primavera E mentre marciavi con l'anima in spalle Vedesti un uomo in fondo alla valle Che aveva il tuo stesso identico umore Ma la divisa di un altro colore Sparagli Piero, sparagli ora E dopo un colpo sparagli ancora Fino a che tu non lo vedrai esangue Cadere in terra a coprire il suo sangue E se gli sparo in fronte o nel cuore Soltanto il tempo avrà per morire Ma il tempo a me resterà per vedere Vedere gli occhi di un uomo che muore E mentre gli usi questa premura Quello si volta, ti vede e ha paura Ed imbracciata l'artiglieria Non ti ricambia la cortesia Cadesti in terra senza un lamento E ti accorgesti in un solo momento Che il tempo non ti sarebbe bastato A chiedere perdono per ogni peccato Cadesti a terra senza un lamento E ti accorgesti in un solo momento Che la tua vita finiva quel giorno E non ci sarebbe stato un ritorno Ninetta mia, a crepare di maggio Ci vuole tanto, troppo coraggio Ninetta bella, dritto all'inferno Avrei preferito andarci in inverno E mentre il grano ti stava a sentire Dentro alle mani stringevi il fucile Dentro alla bocca stringevi parole Troppo gelate per sciogliersi al sole Dormi sepolto in un campo di grano Non è la rosa, non è il tulipano Che ti fan veglia dall'ombra dei fossi Ma sono mille papaveri rossi ----------------------------------------------------- Per chi vuole anche sentire la canzone: https://www.youtube.com/watch?v=oFb-5U9flLQ Cerchiamo di sopravvivere a questi tempi orribili e pensiamo che tutti gli uomini sono nostri fratelli. Ciao Beppe6 punti
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Mi sembra offensivo e pure contro logica. Mi sembra che qui siano in buona parte contro le opinioni di Brios. Se, come sottintendi, ci fosse un interesse da parte dello staff a sostenere le sue opinioni come mai le opinioni avverse non vengono censurate?5 punti
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A questo punto, ci si aspetterebbero le scuse di @Titus a @Brios e al forum tutto. Ma non vogliamo forzare nessuno, in un altro momento simili affermazioni avrebbero comportato il ban immediato e definitivo, in questo caso vogliamo lasciare alla coscienza, e alla buona educazione dell'utente, decidere se la sua presenza sia ancora compatibile con questa comunità.4 punti
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La Societat Catalana d'Estudis Numismàtics ha reso disponibili online i primi cinque volumi di Acta Numismatica. Sperando di fare cosa gradita, di seguito il link: Acta Numismàtica – Societat Catalana d'Estudis Numismàtics (iec.cat)4 punti
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Buongiorno, oggi 25 marzo ricadeva nel calendario dell’Antica Roma una ricorrenza: quella dell’Hilaria. Francamente mi ero chiesto più volte la raffigurazione dell’Hilaritas a cosa si riferisse, senza mai andare ad approfondire. Avendo trovato sul web un breve ma conciso articolo che colma questa mia lacuna, lo pongo anche alla vostra attenzione per una veloce segnalazione. HILARITAS Hilaria (dal latino "hilaris", gioioso), era una festività celebrata dai Romani il 25 marzo in onore della dea Cibele, madre degli Dei. Era un giorno di "feria stativa", e per le strade vi erano cortei gioiosi. Il giorno della celebrazione era quello successivo all'equinozio di primavera, ovvero il primo giorno dell'anno in cui il periodo di luce è più lungo di quello della notte. Lo scopo della festività era proprio festeggiare il lento ma graduale svanire delle oscurità dell'inverno e l'attesa di una stagione più gioiosa e luminosa. In epoca repubblicana, si svolgevano dei giochi in onore della madre degli dei, mentre in epoca imperiale le celebrazioni prevedevano una processione della statua di Cibele e si teneva una lunga e solenne processione nella quale si trasportava una grande statua della dea, di fronte alla quale si esponevano oggetti preziosi ed opere d'arte appartenenti ai più facoltosi della città ed all'Imperatore stesso. La particolarità di questo giorno di festa era il permesso di dare vita a qualsiasi forma di scherzo o gioco, con la predilezione per il mascheramento. Ad ognuno era permesso assumere l'identità e l'aspetto di ciascuno, persino di appartenenti ad alte cariche pubbliche come i magistrati. Si pensa che il famoso "pesce d'aprile" ha origini proprio da questa festività. Settimio Severo (193-211 d.C.) - Denario di Giulia Domna, moglie dell'Imperatore, databile al periodo 196-211 d.C. Zecca: Roma Fronte: busto drappeggiato di Giulia Domna a destra - Retro: la Hilarias stante a sinistra tiene con la mano destra un ramo di palma appoggiato a terra e, con la sinistra, un lungo scettro - gr. 3,23 Provenance: Bolaffi Auction 22 of 23.05.2013, lot: 268. Marcus Aurelius, AD 161-180. Gold Aureus (7.26 g) minted at Rome, c. AD 145-147 while Caesar under Antoninus Pius. VF Marcus Aurelius, AD 161-180. Gold Aureus (7.26 g) minted at Rome, c. AD 145-147 while Caesar under Antoninus Pius. Bare head right of Marcus Aurelius. Reverse: Hilaritas standing left, holding cornucopiae and long branch. RIC 428; Calico 1860b. Lovely high-relief portrait. Choice Very Fine. The selection of Hilaritas as the reverse type reflects the rejoicing of the times. Also, there was a yearly Roman festival, the Hilaria, which celebrated the spring equinox and the Mother of the Gods, Cybele. Provenance: Ira & Larry Goldberg Coins & Collectibles, Inc. Auction 69 of 29.05.2012, lot: 3560. Hadrian (AD 117-138). Orichalcum sestertius (31mm, 25.19 gm, 6h). NGC MS 5/5 - 3/5, Fine Style, light smoothing. Rome, AD 138. HADRIANVS AVGVSTUS P P, laureate head of Hadrian right / HILA-RI-TAS P P S- C, Hilaritas standing left, holding long palm branch in right hand and cornucopia in left arm; on either side, a small figure reaching toward her, COS III in exergue. RIC 970. BMCRE 1370. Cohen 819. Exceptionally detailed strike, superb deep green patina, very lightly smoothed in spots. Ex UBS sale 73, (5 September 2007), lot 376. Hilaritas, the Roman personification of cheerfulness and joy, appears on this attractive sestertius sheltering male and female figures, representing the Roman citizenry. It was issued late in the reign of Hadrian to reinforce the official view of a tranquil and harmonious empire. As usual with all forms of state propaganda, the reality was rather different: Having just concluded a messy and destructive guerilla war in Palestine, the Emperor Hadrian was rapidly failing in health and facing resistance and discord amid his efforts to the secure the succession. Provenance: Heritage Auctions, Inc. Auction 3061 of 07.01.2018, lot: 29383. Tratto dal sito Blandor Ablazi https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=558522301306407&id=100014459260167 Buona giornata dell'Hilaria! Illyricum3 punti
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Qui siamo tutti per imparare. Sai che noia se già sapessimo tutto ?3 punti
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due denari del "limes" di Julia Domna... uno Hilaritas con scettro, l'altro con cornucopia. Buona serata3 punti
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Quando si parla di queste monete bisogna sempre ricordare che si era in guerra. Queste contraffazioni ed imitazioni avevano un solo scopo. Quello di pagare le truppe che non dimentichiamo all'epoca erano mercenarie. Quindi minima spesa massimo introito a discapito ovviamente della popolazione e con pesanti ripercussioni economiche dovute alla svalutazione di tali monete. Problema non solo molisano ma anche al di fuori, Puglia principalmente, queste monete non erano ben viste. Il principe di Taranto ne faceva coniare in quantità (non essendo a noi giunto nessun esemplare è lecito supporre che si trattasse di contraffazioni di denari tornesi della Grecia Franca) ma faticava a farli accettare: “… voleva dare cinque ducati per lanza et lo panno, et che poi daria altri XV ducati; ma niuno li ha voluti; maximo che vole dare mala moneta cioè tornesi novi”; “In quest’hora ho veduto littera de messer Antonello d’Aversa regio secretario, ad messer Diomedes, dove li scrive che le terre del duca di Melfi hanno cominciato ad refutare li tornesi novi et che per questo el Principe ha havuto parole cum el Duca cum dirli chel vole che la moneta sua non se refiuti, che altramente a luy non mancarà bono accordo et che non resti se non per luy a dire de si et molte altre parole, et che la gente d’arme stanno de mala voglia per la tristezza de dicta moneta” Ma il principe continuava ad assoldare truppe dandogli paghi quanto vogliono et tornesi falsi. Ma se Atene piange, Sparta non ride... Se la fazione pro angioini aveva difficoltà nel far accettare la propria moneta, la controparte aragonese aveva le stesse difficoltà. L'enorme quantità di tornesi regnicoli fatti coniare da Ferdinando I svalutarono al punto che il re, dopo aver concesso la facoltà di coniare a nobili, città e mercanti, fu costretto a revocarle: "perché per le molte concessione che la maiestà del re havea facte ad molti questa moneta de’ tornesi è tanto multiplicata et facti tristamente che havea malissimo corso". Quindi il denaro tornese nato in Francia, migrato nella Grecia Franca, si attesta successivamente nel nostro Meridione. Una moneta iconograficamente immobilizzata per secoli. Sempre uguale, poco accettata nelle sue contraffazioni ed imitazioni dell'epoca ed oggi snobbata dai collezionisti. Insomma una moneta brutta e cattiva ma che cela dietro la sua insulsa semplicità tanta di quella storia da far passare in secondo piano molte delle sue sorelle più blasonate.2 punti
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Sì, le capsule sono solo chiuse, non sigillate. Così puoi fotografare le monete...2 punti
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certo ,le nostre sono opinioni senza certezze. Le monete non erano accettate perchè l'argentatura ,con la circolazione,scompariva,ma,forse i soldati,ricevuta la paga con Denari Tornesi argentati,li riuscivano a spendere poichè l'argentatura scompariva con la circolazione di mano in mano.Ad un certo punto questi Denari Tornesi perdevano l'argentatura,non subito,non quando venivano dati ai soldati e questi li spendevano,tuttavia vi era,comunque,chi rimaneva con il Denaro Tornese senza argentatura e non tutti erano ignoranti e non sapevano leggere,fra coloro che restavano con i Denari Tornesi privi del tutto o privi in parte di argentatura vi saranno stati anche coloro che sapevano leggere o che,tuttalpiù,si sono presi la briga di confrontare i Denari Tornesi molisani (vi erano anche quelli di Limosano)con quelli circolanti negli stati crociati in cui vi era scritto DECLARENCIA sul lato dell'abbazia e non NICOLACOM/.Allora ,può darsi, che per distinguere facilmente i Denari Tornesi molisani contraffatti da quelli circolanti negli Stati crociati e nel meridione italiano,di buona fattura,si adoperassero dei parametri con cui anche coloro che non sapevano leggere potevano distinguere in modo veloce le due tipologie monetali.A questo punto Cola di Monforte appura che le monete che fa emettere vengono distinte,forse solo per il lato dell'abbazia, da quelle della Grecia franca e su quel lato vi fa scrivere DE CLARENCIA(la scritta presente su monete degli Stati crociati)pur lasciando ,forse per vezzo,sull'altro lato CAmPIbASSI(in altri vi fece scrivere NICOLA COM) ,per far assomigliare i suoi Denari Tornesi sempre più a quelli della Grecia franca ;difatti egli emise anche Denari Tornesi con NICOLA COM/ e FLORENS P ACH sempre per far assomigliare anche nelle scritte i suoi Denari Tornesi con quelli della Grecia franca. Ricordo che nelle fasi finali della prima rivolta dei Baroni il Conte Cola di Monforte emise monete a San Severo(SANCTUS SEVERI / DE CAPITANATA)quindi a lui non importava,secondo me,di essere accusato di emettere moneta falsa ,dal momento che aveva tradito il Re di Napoli e la sua fiducia soprattutto,aveva pregiudicato totalmente la sua condotta con il Re. Quindi,ritengo che i Denari Tornesi con DECLARENCIA e CAmPIbASSI o NICOLA COM e con NICOLA COM e FLORENS P ACh siano stati emessi dopo che i primi Denari Tornesi(NICOLA COM/ e CAmPIbASSI) furono rifiutati,attenzione,non tanto dal popolo campobassano ma dai commercianti di fuori regione che erano più avvezzi a maneggiare monete della Grecia franca e a comprenderne le differenze di bontà paragonando le monete con le lettere che vi erano. odjob2 punti
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Con l’ultimo messaggio ares scrive che una cosa è la “vulgata” altra è l'interpretazione degli esperti. Ma gli esperti sono una minoranza e non sempre riescono a influenzare la maggioranza. La partecipazione di Brios è importante o, altrimenti, “ce la saremmo cantata e sonata”. Comunque sottolineo che quando ares a chiesto a Brios: “ che mappe girano dalle parti tue”, Brios ha risposto: “le mappe non sono importanti”. Volente o nolente ci sta dando una serie di informazioni su quello che accade li’. Qui non abbiamo timori a postare le carte geografiche giuste o sbagliate che siano: è la differenza non è di piccolo respiro. Come avrebbe detto Arbore:”Meditate gente, meditate”.2 punti
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Sarà una mia colpa in quanto studio determinati periodi storici (mondo antico: Etruschi, popolazioni italiche preromane, Celti) ma trovo più quelle testimonianze come labili tracce se non indizi controversi. Dipende soprattutto dal periodo storico e dai popoli coinvolti: hai parlato degli USA, allora quanti testi di spessore esistono sulle varie popolazioni indigene, che noi chiamiamo Indiani d'America? In merito ci sono studi, ma sono molto specialistici e frammentari: un esempio sono quelli relativi a testimonianze Maya nel territorio degli Stati del sud.2 punti
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Buongiorno, oggi vediamo la forma più rara di rottura marginale del conio, chiamata “rottura marginale da bordo a bordo”, gli americani la chiamano “rim to rim cud”. Si verifica quando il conio si rompe (vale a dire si staccano dei frammenti di conio) seguendo un percorso lineare che parte dal bordo ed arriva fino ad un altro punto del bordo formando una spessa linea di metallo in rilievo ad arco priva di impronte, simile ad una frattura molto spessa. Ad oggi nella monetazione italiana ho riscontrato questa rara forma di errore solo nelle 100 lire 1976 di cui alla foto qui sotto e ho visto solo due esemplari. Notate anche le evanescenze diffuse sulle impronte soprattutto nella zona centrale (veste di Minerva), segno che il conio era usurato e la sua usura ha innescato la rottura.2 punti
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Un saluto a tutti, Leggo (e imparo) con piacere. Complimenti. Un saluto Raffaele.2 punti
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secondo me i Denari Tornesi con DECLARENTIA / CAmPIbASSI furono emessi dopo che quelli con NICOLA COM/ venivano rifiutati nei commerci ;pertanto i Tornesi con DECLARENCIA e CAmPIbASSI sono moto rari proprio perchè emessi in un secondo momento(forse quando i Baroni ribelli si resero conto che non vi era più nulla da fare),durante la prima congiura dei baroni. odjob2 punti
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La moneta argentata è DE CLARENTIA / CAmPIbASSI Anche i due Torneselli campobassani presenti ai lotti precedenti partivano da una base d'asta invitante.Hai fatto bene a prenderla eliodoro,anche con la mancanza di metallo. Salutoni odjob2 punti
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Sai che è offensivo: 1- perché alludi che l'amministrazione sia prezzolata 2- che non si dovrebbe permettere di esprimersi a tutti , cosa che non rappresenta lo spirito inclusivo di questo forum Ciò che dice @Brios può non piacere (ed è capitato che anch'io non fossi d'accordo con lui) ma rappresenta comunque un'opinione che finché resta in toni civili deve essere accettata e rispettata. Consideriamo che c'è anche la barriera linguistica che può modificare anche il tono degli interventi. PS: non ho ,purtroppo, legami economici con Brios ( è una sfortuna perché credo che sia un partner d'affari concreto, leale e brutalmente onesto che dice quello che pensa, e negli affari è un grosso pregio)2 punti
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Buongiorno,questa moneta da 2 lire del 1950 potrebbe rientrare in questa tipologia di rottura del conio?...2 punti
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Sempre interessanti queste monete, l'esemplare della num. Picena presenta la legenda particolare DE CLARENCI2 punti
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Aggiungo le immagini delle monete citate ieri: Da Numismatica Picena Asta nr. 1 lotto 131 Da Numismatica Negrini 322 punti
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Un ritratto di Claudio decisamente espressivo e sicuramente una moneta che ha circolato assai poco, indice di una tesaurizzazione a ridosso della sua emissione. La foto spara molto i colori sul "rame" mi incuriosisce sapere in mano com'è: se ci sono ancora tracce di argentatura visibile. Se non ricordo male le emissioni milanesi avevano standard migliori per quanto riguarda la composizione della lega rispetto alle coeve emissioni dell'Urbe. Che dire... con me vinci facile vista la mia passione per il III secolo! Non è una gallica, ma Claudio II (e soprattutto la zecca milanese) è un personaggio strettamente connesso con le vicende dell'impero secessionista gallico! Una gran bella moneta!!! La moneta corrisponde al tipo n. 36 del nuovo ric, consultabile online qui: https://ric.mom.fr/en/coin/36 e rientra nella prima emissione milanese (settembre 268 - giugno 269?). Nel nuovo ric online ne vengono censiti 182 esemplari, quindi una moneta piuttosto comune, ciononostante è decisamente meno comune trovarla in questo stato di conservazione. Se hai voglia di perderci la vista... molti di questi 182 esemplari sono fotografati e potresti divertirti a cercare qualche dies link!2 punti
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Infatti fanno bene alcuni periti a classificare alcune monete come FDC (minimi segni di contatto anche sul bordo) dovuti alla caduta di codeste monete durante la lavorazione.Però la moneta in questione bisogna vederla dal vivo. Certi graffietti dal vivo sono poco vistosi ma facendo una foto con una reflex (Sbamm) li vedi in primo piano. Io valuto in una moneta: 1) i rilievi 2) il lustro se è integro su tutta la moneta o no 3) i colpetti/graffi (che non devono essere vistosi e deturpanti) 4) il bordo e contorno (devono essere taglienti) Infine la moneta sottoposta in questo post per me non è fdc assoluto per quei graffietti al rovescio. Può arrivare al max Qfdc ma molto dipende dal perito . Non mi stuperei neanche se qualcuno la chiudesse in perizia per qfdc/fdc o addirittura fdc con la voce minimi segni di contatto al rovescio2 punti
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Finalmente, dopo varie ricerche, eccola! Deve ancora arrivare, ma è come se già l’avessi, pronta per custodirla insieme alle altre.2 punti
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La mia napoletana di stasera è una vecchia signora tutta in ghingheri che porta alla grande i suoi 287 anni. ? La piastra Sebeto quando è in queste condizioni di conservazione secondo me ha davvero pochi rivali quanto ad appagamento della vista, certamente sotto il profilo puramente estetico, ma anche storico e iconografico2 punti
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Eccoci.. buongiorno a tutti. Come da accordi, vi invio le foto dei manifesti che apparvero nelle varie banche, avvisando il fuori corso per alcune banconote. Queste sono fotocopie tratte direttamente dagli originali. Gli originali li aveva Giulianini.2 punti
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DE GREGE EPICURI Cari amici, questa volta esco dall'orticello delle mie competenze, e vi chiedo un parere su stato di conservazione e rarità di questa "publica" del 1648, insomma del periodo di Tommaso Aniello. Pesa 7,39 g. ed è quasi un pentagono (26-27 mm). Al D, a parte SPQN, si legge qualcosa (HEN...), mentre al rovescio UBERITAS è ben leggibile, e sotto c'è una chiara I: ma questi segni, immagino degli zecchieri, determinano la rarità della moneta? Vi ringrazio.1 punto
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Io lo ho visto fare in Calabria (alle pendici della Sila): è un bastone con uno straccio vecchio (meglio se un indumento di uomo vecchio e quindi senza pelucchi) con il quale si spazza il forno prima di infornare1 punto
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Complimenti!! Terminare una serie non è cosa facile, e mi piacerebbe vedere tutte le sorelle insieme!1 punto
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Claudio II "il Gotico" Marco Aurelio Flavio Valerio Claudio meglio conosciuto come Claudio II "il Gotico" (in latino Marcus Aurelius Flavius Valerius Claudius, nato a Sirmia il 10 maggio 213 o 214 e morto a Sirmium nel luglio 270) è stato un imperatore romano dal settembre/ottobre del 268 alla sua morte, ovvero un solo anno e nove mesi, periodo troppo breve per poter porre in atto efficaci riforme in campo militare, finanziario e sociale. Di stirpe illirica fu il primo di un gruppo di imperatori che durante il III secolo cercarono di risolvere i gravi problemi dell'impero. Gli ottimi rapporti che ebbe con il senato di Roma, grato per l'eliminazione di Gallieno, si manifestarono anche dopo la morte di Claudio con l'elezione ad Augusto del fratello Quintillo. Portò a termine la guerra con i Goti, meritandosi il titolo di Gothicus Maximus . [continua...] Claudio II "il Gotico" (213/214 - 270) Valore nominale: Antoniniano Zecca: Milan (Milano) Officina: 3a Anno: Settembre 268 - gennaio 269 Diritto: . IMP CLAVDIVS P F AVG (Imperator Claudius Pius Felix Augustus) . Busto radiato, drappeggiato e corazzato a destra visto di 3/4 dietro Rovescio: . FELI-C T-ENPO (Felicitas Temporum) . La Felicitas in piedi di fronte a sinistra, con caduceo nella mano destra e scettro nella sinistra. Campo: Esergo: T Conservazione: Rarita': Metallo: Billone Peso: 3.34 gr Diametro: 17.50 mm Riferimenti/Link: RIC 145, Cohen 77 Note: Il migliore dei mie monete di Claudio il Gallico e probabilmente anche la più bella che abbia visto. Ben centrata, ben conservata ma, soprattutto, con uno stupendo ritratto. Claudio il gotico, un grande imperatore che cercò di risollevare le sorti di Roma... ma visse troppo poco per raggiungere il suo scopo, regnò per soli 21 mesi. Di seguito la continuazione della sua biografia liberamente tratta dalla Wiki. Ogni commento su moneta e imperatore è il benvenuto. Ave! Quintus [continua...] Nacque probabilmente in Sirmia da famiglia illustre nel 213 o 214, che la Historia Augusta mette in relazione con la Gens Flavia (di Vespasiano, Tito e Domiziano). Aurelio Vittore sostiene che molti credevano fosse figlio di Gordiano II, il quale, ancora adolescente, venne iniziato da una donna matura in vista dell'imminente matrimonio. Vi sarebbe anche un accenno di parentela con il futuro imperatore Marco Aurelio Probo. La Historia Augusta racconta che quando era ancora un giovane soldato: "[Claudio] si mise in mostra in una gara tra i più forti lottatori, durante uno spettacolo che si teneva nell'accampamento in onore di Marte. Egli adiratosi con chi lo aveva afferrato non per la cintura, ma per i genitali, gli fece cadere con un sol pugno tutti i denti. Questo gesto gli fu perdonato, poiché si era vendicato per l'offesa ricevuta al proprio pudore." (Historia Augusta, Divus Claudius, 13.6-7) Si racconta che durante questo episodio fosse presente lo stesso imperatore Decio (che regnò dal 249 al 251), il quale lo lodò pubblicamente per il valore e il pudore, tanto da donargli armillae (bracciali) e torques (collari), ma lo invitò anche a ritirarsi dalle competizioni militari, temendo che potesse compiere altri atti troppo violenti per le regole della lotta. Sembra si sia distinto per le sue capacità militari, poco dopo (attorno al 250), come tribunus militum, durante il periodo delle invasioni dei Goti. In questa circostanza venne inviato dallo stesso Decio presso il passo delle Termopili, a protezione del Peloponneso, ottenendo dal governatore dell'Acaia, duecento soldati della Dardania, cento cavalieri catafratti, sessanta cavalieri, sessanta arcieri cretesi e mille reclute ben armate. Era ancora tribuno militare sotto l'imperatore Valeriano (tra il 253 ed il 258) della legio V Martia, dislocata a quel tempo nella provincia di Siria, come ci tramanda la Historia Augusta. Valeriano dispose, quindi, che fossero corrisposti a Claudio: "...uno stipendium di 3.000 moggi di grano, 6.000 di orzo, 2.000 libbre di lardo, 3.500 sestari di vino invecchiato, 150 di olio di prima qualità, 600 di olio di seconda scelta, 20 moggi di sale, 150 libbre di cera, una giusta quantità di fieno, paglia, aceto, legumi, ortaggi, 300 pelli per le tende, sei muli all'anno, come pure tre cavalli, dieci cammelle, nove mule, 50 libbre all'anno di argento lavorato e 150 aurei (filippi in questo caso) con impresso il viso di Valeriano e, quale dono di Capodanno, altri 47 aurei (filippi) e 160 trienti. A ciò si aggiungano anfore, bicchieri e pentole per undici libbre. Due tuniche militari rosse e due mantelli militari all'anno, due fibbie d'argento dorato, un anello con due gemme del peso di un'oncia, un bracciale di sette once, una collana da una libbra, un elmo dorato, due scudi ornati d'oro e una corazza da restituire. Due lance erculiane, due giavellotti corti, due falci, quattro falci da fieno. Un cuoco ed un mulattiere con l'obbligo di restituirli. Due belle schiave di guerra. Una veste bianca di misto seta, ornata di porpora di Gerba, una tunica di porpora di Mauretania. Un segretario e uno schiavo addetto alla mensa, da restituire. Due paia di coperte di Cipro, due camicie bianche, una toga, un laticlavio, tutti da restituire. Due cacciatori personali, un carpentiere, un addetto al pretorio (alloggio personale), un portatore d'acqua, un pescatore ed un pasticcere. Mille libbre di legna al giorno, qualora se ne trovi, altrimenti di meno ed in misura di quanto possibile a seconda del luogo; quattro palate di legna secca al giorno. Un responsabile del bagno, compresa la legna per il bagno, altrimenti si laverà nei bagni pubblici." (Historia Augusta, Divus Claudius, 14.3-13) Valeriano aggiunse, quindi, alla fine: "Ho deciso di assegnare tutti questi particolari vantaggi [a Claudio], come se trattassi non di un tribuno, ma di un generale, poiché è un uomo tale che bisognerebbe assegnargli ancora di più [di quello che già gli ho concesso]." (Historia Augusta, Divus Claudius, 14.15) In effetti il trattamento sembrerebbe riservato a un dux ducenarius, vale a dire a un ufficiale con uno stipendium base pari a 200.000 sesterzi annui. Dopo questo incarico, divenne governatore dell'Illyricum (dux totius Illyrici), che comprendeva, già dal tempo di Valeriano, un comando militare che sovrintendeva a tutti gli eserciti delle province romane della Tracia, delle due Mesie, della Dalmazia, delle due Pannonie e delle tre Dacie: "[...] gli ho assegnato uno stipendium pari a quello del prefetto d'Egitto, un corredo di vestiario pari a quello del proconsole d'Africa, tanto argento quanto ne percepisce il sovrintendente alle miniere dell'Illyricum (curator Illyrici metallarius), un numero di addetti al suo servizio pari a quello che destino a me stesso [Valeriano] quando mi reco in ogni città, perché sia evidente a tutti quale sia la considerazione in cui tengo quell'uomo [Claudio]." (Historia Augusta, Divus Claudius, 15.4) Sempre dalla Historia Augusta si sa che ebbe un ottimo rapporto con l'allora governatore della Mesia (non è noto se superiore o inferiore), Regaliano, al quale indirizzò una lettera, nella quale lo ringraziava per la riconquista di alcune regioni dell'Illirico (Mesia superiore), grazie anche al successo ottenuto nella battaglia combattuta presso Scupi. Tale episodio potrebbe riferirsi agli anni 258-259. Qui esercitò il suo prestigioso comando, che sembra fosse il più importante dopo quello dell'imperatore stesso, per dieci anni a protezione del limes danubiano, contro l'ormai devastante pressione dei Goti (dal 258 al 268 circa). Un'altra indicazione presente in una lettera trascritta dalla Historia Augusta, indirizzata da Gallieno a un certo Venusto, vede Claudio in Dacia, quando sul trono vi era ancora probabilmente Valeriano, e non era ancora scomparso Cornelio Salonino (in un periodo ipotizzabile tra il 258 e il 260). Dopo il 258 potrebbe, inoltre, aver ricoperto il suo primo consolato. Nel corso del 267, Gallieno, grazie all'appoggio di Aureolo (magister equitum) e alla perizia militare del suo magister militum, Claudio, combatté con successo le armate galliche secessioniste di Postumo. Quando forse la vittoria finale era vicina, tanto da ipotizzare una riunificazione dell'impero delle Gallie al potere centrale di Roma, con la fine del 267 e gli inizi del 268 una nuova e immensa invasione da parte dei Goti (unitamente a i Peucini, agli Eruli e a numerosi altri popoli) prese corpo dalla foce del fiume Tyras (presso l'omonima città), dando inizio al più sorprendente e devastante assalto di questo III secolo, che sconvolse le coste e l'entroterra delle province romane di Asia Minore, Tracia e Acaia affacciate sul Ponto Eusino e sul Mare Egeo. "E così le diverse tribù della Scizia, come i Peucini, i Grutungi, gli Ostrogoti, i Tervingi, i Visigoti, i Gepidi, i Celti e gli Eruli, attirati dalla speranza di fare bottino, giunsero sul suolo romano e qui operarono grandi devastazioni, mentre Claudio era impegnato in altre azioni [contro gli Alemanni] [...]. Furono messi in campo trecentoventimila armati dalle diverse popolazioni [...] oltre a disporre di duemila navi (seimila secondo Zosimo), vale a dire un numero doppio di quello utilizzato dai Greci [...] quando intrapresero la conquista delle città d'Asia [la guerra di Troia]." (Historia Augusta, Divus Claudius, 6.2-8.1) E mentre i Goti impegnavano lo stesso imperatore Gallieno in Tracia e Illirico, una nuova orda di Alemanni riusciva a penetrare nell'Italia settentrionale attraverso il passo del Brennero (nel 268), approfittando dell'assenza dell'esercito imperiale, impegnato a fronteggiare sia la devastante invasione dei Goti in Mesia, Acaia, Macedonia, Ponto e Asia, sia l'usurpatore Aureolo che, prima fu battuto presso Pontirolo sull'Adda (pons Aureoli), poi si fortificò a Mediolanum (Milano). Gallieno, tornato a Mediolanum, si apprestò ad assediare Aureolo che qui si era rinchiuso, con la speranza di ricevere aiuto da parte di Postumo. Ma Aureolo, che aveva ormai perduto ogni speranza, fece spargere voci nel campo dell'imperatore, che inneggiavano contro Gallieno. Alcuni comandanti, stanchi dell'imperatore, ordirono una congiura e dissero al principe che Aureolo aveva tentato una sortita facendolo uscire dalla sua tenda. Gallieno fu ucciso a tradimento dal comandante della cavalleria dalmata Ceronio o Cecropio, in un agguato, insieme al fratello Publio Licinio Valeriano. Alla congiura pare non fosse estraneo il suo successore, Claudio, anche se non partecipò direttamente alla riunione. "E poiché né Eracliano, né Marciano potevano sopportare una condotta tanto dissoluta da parte di Gallieno, si accordarono per pianificare chi tra loro due avesse assunto l'impero. [...] Di fatto venne però scelto Claudio, [...] uomo Optimus fra tutti, che non partecipò alla riunione, ma che godeva presso tutti di una tale riverenza, considerazione, da apparire giustamente degno dell'impero, come si poté poi comprovare in seguito." (Historia Augusta, Gallieni duo, 14.1-2) Altri storici (anche coevi) affermano che Gallieno morì in conseguenza di una brutta ferita riportata durante lo svolgersi dell'assedio. Tra gli organizzatori c'era il suo prefetto del pretorio Aurelio Eracliano e Marciano. Alla notizia della sua morte (avvenuta nel settembre/ottobre del 268), i suoi familiari furono assassinati. Morì così a cinquant'anni, dopo tre lustri di regno e fu divinizzato per volere del suo successore Claudio II, che nel frattempo era stato proclamato imperatore dalle truppe, decisione ratificata poco dopo dal Senato. "[...] indossate le toghe i senatori si recarono al tempio di Apollo Palatino, e dopo aver dato lettura del messaggio dell'imperatore Claudio, vennero levate allo stesso le seguenti acclamazioni: “Claudio Augusto gli dei ti proteggano” ripetuto sessanta volte, [...] “Claudio Augusto, tu fratello, tu padre, tu amico, tu buon senatore, tu vero principe” (ripetuto ottanta volte), “Claudio Augusto, difendici tu da Aureolo... dai Palmireni... da Zenobia... da Vittoria... da Tetrico”." (Historia Augusta, Divus Claudius, 4.2-4.) Aurelio Vittore, infine, sostiene che Gallieno sul letto di morte designò quale suo successore Claudio, che si trovava a Ticinum e al quale furono inviati gli indumenti imperiali attraverso Gallonio Basilio. Costrinse poco dopo il senato di Roma a deificare Gallieno. Vi è da aggiungere che Claudio appariva come il generale più esperto e il più vicino consigliere del precedente imperatore. Claudio, una volta acclamato imperatore, ottenne la resa di Aureolo, il quale, una volta consegnatosi venne messo a morte e ucciso da Aureliano, contro il parere dello stesso Claudio. Dopo aver affidato ad Aureliano la conduzione della guerra contro i barbari della Meotide (Eruli e Goti), oltre al comando generale della cavalleria "mobile" (magister equitum), come testimonia la stessa Historia Augusta: "Flavio Claudio saluta il suo Aureliano. La nostra repubblica si aspetta da te, come al solito, di contribuire con la tua opera: accostati a ciò. Voglio che i soldati siano sotto il tuo comando [...]. Bisogna attaccare i Goti e cacciarli dalla Tracia. Molti di quelli che infatti tu combattesti e che fuggirono, vessano l'Haemimontus e l'Europa. Affido a te il comando di tutti gli eserciti di Tracia, dell'Illirico e dell'intera frontiera. Svela a noi la tua solita virtù. Sarà al tuo fianco mio fratello Quintillo, quando potrà raggiungerti. Io sono impegnato in altre faccende, affido il comando supremo della guerra alle tue virtù." (Historia Augusta, Divus Aurelianus, 17.1-4) Si recò, in primis, a Roma per omaggiare il senato romano e ottenere la ratifica del titolo di Augustus (conferitogli in precedenza dalle armate settentrionali), oltre ad ottenere il consolato per l'anno successivo e la deificazione di Gallieno. Claudio non volle commettere l'errore del suo predecessore, Massimino Trace (235-238), il quale, una volta dopo aver ottenuto la porpora imperiale, non aveva mai messo piede nella capitale e aveva preferito trascorrere il suo regno lungo i confini settentrionali, senza mai omaggiare il senato romano. La sua assenza, se gli assicurò il sostegno del Senato, provocò nondimeno lo sfondamento del limes danubiano da parte dei barbari, tanto da costringerlo di lì a poco a far ritorno nel nord dell'Italia (inizi del 269), dove costrinse gli Alemanni a interrompere le loro scorrerie e a trattare il loro ritiro dal suolo italico. Il mancato accordo costrinse Claudio a combatterli. Egli, infatti, riportò la vittoria decisiva agli inizi di novembre, nella battaglia del lago Benaco (il lago di Garda) che, come racconta Aurelio Vittore, permise la loro definitiva cacciata dall'Italia settentrionale con gravissime perdite. Si racconta che più della metà dei barbari perì nel corso della battaglia (forse addirittura 50.000). Per questo successo ottenne il titolo di Germanicus Maximus. Narra la Historia Augusta che verso la fine del 268, l'usurpatore Leliano (probabilmente governatore della Germania superiore), si era ribellato nell'Impero delle Gallie a Postumo, il quale lo aveva assediato a Mogontiacum, suo quartier generale e dove trasferì anche la sua zecca personale. Sembra però che al termine dell'assedio, sia Leliano sia Postumo siano rimasti uccisi. Postumo venne ucciso dai suoi soldati poiché non aveva concesso il saccheggio della città renana. Questi scontri destarono forte preoccupazione in Claudio, che preferì ritardare la sua partenza per il fronte balcanico, preferendo però osservare gli eventi da lontano, senza dover intervenire direttamente. "Molte città della Gallia e anche molte fortezze che Postumo aveva costruito in territorio barbarico [oltre il fiume Reno] nel corso di sette anni e che, dopo la sua morte, erano state distrutte e incendiate durante un'improvvisa incursione dei Germani [si trattava o dei Franchi o degli Alemanni, al principio del 269], [Leliano] le ricostruì riportandole al precedente stato." (Historia Augusta, Triginta tyranni, 4.) Claudio, in seguito, operò una scelta strategica di non poco conto: preferì intervenire lungo il fronte balcanico contro i Goti, piuttosto che cercare lo scontro "fratricida" contro le forze secessioniste dell'Impero delle Gallie. Affidò, quindi, al fratello Quintillo il comando delle armate dell'Italia settentrionale, a guardia del fronte occidentale, e partì per il limes danubiano, ricongiungendosi con Aureliano e Marciano. Frattanto a Postumo e Leliano succedette Vittorino (verso la fine del 268 o gli inizi del 269). Quest'ultimo venne riconosciuto dalle province di Gallia e Britannia, ma non da quella della Hispania, che tornarono sotto il dominio dell'impero "centrale". Subito dopo (nel 269), un certo Giulio Placidiano, vir perfectissimus e praefectus vigilum, venne inviato nella Gallia Narbonensis dall'imperatore Claudio a occupare i territori sottratti all'impero "centrale". Placidiano riuscì probabilmente a riconquistare la parte orientale della Narbonensis, controllando la bassa valle del Rodano, nello stesso periodo in cui le truppe renane dell'Impero delle Gallie di Vittorino marciavano su Augustodunum per sedare una rivolta, scoppiata forse in coincidenza con l'arrivo di Placidiano. Vittorino, alla fine, riuscì a impedire che la città ribelle di Augustodunum Haeduorum (Autun), che aveva richiesto l'intervento militare di Claudio, ritornasse anch'essa all'impero "centrale". Assediò, infatti, la città per sette mesi, prima di conquistarla e saccheggiarla (estate 270). Claudio, impegnato com'era nella guerra contro i Goti, suo obbiettivo prioritario, non poté fare altro che assistere all'inutile secessione di parte della Gallia Narbonense, senza poter intervenire direttamente. Egli cercò nei pochi anni di regno di risolvere la difficile situazione interna e contemporaneamente fronteggiò con energia le gravi invasioni barbariche, affrontando con successo diverse popolazioni che si erano riversate entro i confini dell'Impero in grandi battaglie campali. Dopo gli Alemanni, fu la volta di Goti (tra cui Grutungi, Ostrogoti, Tervingi e Visigoti), Peucini, Eruli e Gepidi, che stavano devastando l'Acaia e le coste del Mar Mediterraneo. La Historia Augusta cita una lettera che Claudio avrebbe inviato al Senato romano nella quale dava indicazione del numero dei barbari: "Claudio imperatore al senato e al popolo romano. O senatori ascoltate e rimanete sbalorditi, per ciò che è la verità. Trecentoventimila barbari sono penetrati in armi in territorio romano. Se riuscirò a vincerli, ricompensatemi sulla base dei miei meriti. Se non ci riuscirò, sappiate che mi sono sforzato di combatterli, dopo il regno di Gallieno. La Repubblica è stremata. [...] Non rimangono ormai più scudi, né spade, né pila. La Gallia e la Spagna sono nelle mani di Tetrico, mentre gli arcieri sono sotto il controllo di Zenobia. Qualunque cosa riusciremo a fare, sarà già abbastanza grande." (Historia Augusta, Divus Claudius, 7.2-5) Agli inizi del 269, dopo che per alcuni mesi i Goti erano stati tenuti a bada dalle armate romane di Marciano, Claudio riuscì a raggiungere il teatro degli scontri e a riportare una vittoria decisiva su queste genti nella battaglia di Naisso, dove si racconta che persero la vita ben cinquantamila barbari, mentre pochi poterono far ritorno oltre il Danubio. E così il senato di Roma gli tributò, per i successi ottenuti insieme a Marciano, una statua, oltre al consolato. I Germani erano arrivati nel cuore della Mesia percorrendo la strada che da Tessalonica conduce a Scupi e poi verso nord, dopo aver devastato i territori attorno a Pelagonia (l'attuale Bitola). I sopravvissuti alla battaglia di Naisso, proteggendosi con i carri, si diressero in Macedonia. Durante la lunga marcia sulla via del ritorno, molti dei barbari morirono insieme alle loro bestie, oppressi dalla fame; altri furono uccisi in un nuovo scontro con la cavalleria romana degli "equites Delmatae", la riserva strategica mobile appena istituita da Gallieno. La marcia dei Goti proseguì in direzione orientale verso il monte Hemaus. Tuttavia i barbari, seppure circondati dalle legioni, riuscirono a procurare non poche perdite alla fanteria romana, che fu salvata solo grazie all'intervento della cavalleria affidata ad Aureliano, alleviando la sconfitta. Contemporaneamente le altre orde di Goti, che si erano riversate l'anno precedente (nel 268) nel Mare Egeo e nel Mediterraneo orientale e avevano compiuto azioni di pirateria, furono respinte definitivamente dopo una serie di scontri dall'accorrente prefetto d'Egitto, Tenagino Probo, nelle acque di fronte alle isole di Cipro, Creta e Rodi. La Historia Augusta, riferendosi a un discorso di Claudio gli fa pronunciare queste parole: "Abbiamo distrutto trecentoventimila Goti e abbiamo affondato duemila navi. I fiumi sono ricoperti degli scudi del nemico, tutte le spiagge sono ricoperte di spade e lance. I campi neppure più si vedono nascosti dalle ossa, non esiste alcuna strada libera, numerosi carri sono stati abbandonati. Abbiamo catturato tante donne, che i nostri soldati vincitori ne possono tenere per sé due o tre a testa." (Historia Augusta, Divus Claudius, 8.4-8.6) In sintesi il principale teatro della guerra gotica furono le province romane delle due Mesie e della Tracia. Vennero combattute numerose battaglie nei pressi di Marcianopoli, di Bisanzio e di Tessalonica (presa d'assalto dai barbari in assenza di Claudio). Ovunque si combatté sotto il comando di Claudio, le truppe romane ottennero la vittoria sui Goti. Vennero catturati molti barbari, tra cui numerose donne nobili dei barbari, e le province romane si riempirono di servi e agricoltori della coalizione dei Goti, trasformando questi ultimi in coloni del territorio di frontiera. Alla fine della guerra, Claudio aveva così procurato alla Repubblica romana, sicurezza e abbondanti ricchezze. In seguito a questi eventi Claudio, che era riuscito a ricacciare oltre il Danubio quell'immensa orda barbarica, poté fregiarsi dell'appellativo di "Gothicus maximus" e le monete coniate quell'anno ne celebrarono la "Victoria gothica". Dei barbari superstiti, una parte fu colpita da una terribile pestilenza, un'altra entrò a far parte dell'esercito romano, e un'ultima si fermò a coltivare le terre ricevute lungo i confini imperiali. Vi è da aggiungere che, in questo periodo, le forze militari romane presenti in Dacia erano ormai allo stremo. Evidentemente quando Aureliano gli subentrò nell'impero (estate del 270), la situazione nella provincia d'oltre Danubio era ormai irrimediabilmente compromessa e prossima all'abbandono definitivo, come accadde tra il 271 e il 274. Mentre Claudio era impegnato nelle guerre di confine contro i Goti, Zenobia, regina dei Palmireni, dopo la morte del marito Odenato, prese sulle spalle il manto imperiale. Successivamente inviò due suoi generali, Settimio Zabdas e Timagene, a conquistare la provincia romana d'Egitto (nel 269/270), importante granaio imperiale. Alla fine Timagene riuscì a uccidere in un agguato il prefetto d'Egitto, Tenagino Probo e le armate palmirene di Zabdas ottennero la vittoria, mentre tutti gli Egiziani facevano atto di sottomissione a Zenobia di Palmira, giurandole fedeltà e riconoscendola come Regina d'Egitto. Con l'inizio del 270, vide la fine della guerra gotica. Infatti i Goti superstiti, che erano confluiti nella regione dell'Haemimontus, furono decimati da fame e pestilenza, senza che Claudio decidesse di intervenire per dar loro il colpo di grazia. E così mentre l'imperatore era ancora impegnato nelle regioni del basso Danubio, forse in una campagna contro i Vandali, una nuova invasione di Iutungi tornò a procurare ingenti danni più ad occidente, in Rezia e Norico. Claudio, costretto a intervenire con grande prontezza, affidò il comando balcanico ad Aureliano, mentre egli stesso si dirigeva a Sirmium (Sremska Mitrovica in Voivodina), suo quartier generale (estate del 270), da dove poteva meglio controllare e operare contro i barbari. Poco dopo tuttavia morì, in seguito a una nuova epidemia di peste scoppiata tra le file del suo esercito (luglio/agosto). La sua morte venne interpretata, in modo assai retorico, come sommo sacrificio dell'imperatore per salvare l'impero stesso (res publica), come sembra fosse stato predetto dagli Oracoli sibillini. Non si può tuttavia escludere che l'imperatore sia stato avvelenato per ordine di qualche rivale. La sua morte fu una disgrazia per l'impero romano che aveva finalmente trovato un uomo capace di accontentare tutti: senato, esercito e popolo. "In suo onore, tutto il Senato dispose che fosse collocato nella curia romana un clipeus d'oro (uno scudo), sul quale si riconosce la sua immagine in un busto in rilievo. A lui, il popolo romano eresse a proprie spese sul Campidoglio, davanti al tempio di Giove Ottimo Massimo, una statua d'oro alta dieci piedi. In suo onore, per volontà di tutto il mondo, fu posta sui rostri [nel foro romano] una colonna palmata, sopra la quale venne posta una statua d'argento del peso di 1.500 libbre." (Historia Augusta, Divus Claudius, 3.3-4) E mentre Claudio moriva, il fratello Quintillo, uomo di elevate virtù, secondo quanto ci racconta la Historia Augusta, assunse l'impero conferitogli per consenso unanime, non per diritto di eredità, ma per merito delle sue doti. Pochi giorni più tardi veniva ucciso o, più probabilmente, si tolse la vita ad Aquileia, lasciando che fosse Aureliano a ereditarne l'impero.1 punto
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Qualche ritocco sui cappelli mi sembra ci sia..., si tratta di qualcosa di poco invasivo, ma io lo noto e non mi piace tanto, che dire.... de gustibus....1 punto
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@savoiardo grazie mille per la foto e per la pazienza e grazie anche a te @Scudo1901 per la tua opinione.1 punto
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Ares, probabilmente, voleva dire che è un percorso in salita. Se leggi Tucidide e poi leggi Canfora, le cose cambiano. Io, ma l’ho già scritto tempo fa, sono rimasto come un cretino ... Preciso che il mio messaggio è stato preceduto da quello di ares, proprio mentre lo stavo scrivendo1 punto
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Se cadono delle monete credo che riconoscere il loro giusto posizionamento sia il problema minore... Comunque la scelta tra vassoi o album con taschine dipende anche da cosa e come si colleziona... Per monete antiche di un certo pregio,o monete in alta conservazione è consigliabile usare i vassoi,per monete moderne da circolazione vanno bene anche gli album,magari inserendo le monete negli oblò dove si possono trascrivere i dati della moneta stessa...1 punto
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Personalmente, ho usato gli album per la comodità di avere tante monete in poco spazio e in ordine ma...se si spostano le monete le taschine si deformano, talvolta muovendo l'album ruotano e mi dava molto fastidio, considerando il costo delle pagine. Ora sto passando ai vassoi in floccato che sì costano di più ma almeno non si rovinano, puoi toccare le monete e spostarle a piacimento (basta che non cada a terra!) Saluti ?1 punto
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Interessante ipotesi. Però non mi convince del tutto. Assodato che la popolazione non accettasse la moneta di Campobasso (problema comune con la popolazione dei territori del principe di Taranto), sostituire l'autorità emittente con una zecca della Grecia Franca non risolveva il problema. La qualità della lega rimaneva uguale (almeno così pare osservando le monete). Diverso invece un discorso di contraffazione iniziale. I denari tornesi contraffatti si mischiavano con quelli veramente battuti nella Grecia Franca e venivano scambiati con l'ulteriore e non secondario vantaggio di non essere accusati di aver commesso delitto di moneta falsa dall'autorità reale. Una volta ribellatosi al re l'eventuale accusa di aver battuto moneta falsa passava in secondo piano rispetto all'atto di ribellione stesso ed ecco che quindi, anche per "legittimare" ed evidenziare la propria autonomia non più legata al Regno, si cominciarono a battere monete a nome del conte di Campobasso. Ripeto che questa è una mia opinione e, in mancanza di documentazione probante, ha lo stesso valore di altre, ma trovo stimolante il confronto con odjob sapendo la sua passione per questa monetazione ed avendo visto la mostra da lui organizzata a Campobasso riguardante proprio i denari tornesi molisani.1 punto
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TAGLIO: 2 euro NAZIONE: Cipro ANNO: 2010 TIRATURA: 200.000 CONSERVAZIONE: SPL LOCALITÀ: Muggiò1 punto
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La seconda, ex Negrini presenta simboli ai lati del castello e interpunzione fra i caratteri della legenda. In effetti può sembrare sia così ma osservando bene sembra che dopo la C gotica la A ci sia... ma manca la I che potrebbe essere tutt'uno con al C. Particolare il R/ invece dove sembra leggere CAMPIBASSIS (come già segnalato nell'asta).1 punto
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Contromarca legata alla chiave del cancello fontana II quartiere Forte San Carlo Fenestrelle (TO)1 punto
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Mi spiego meglio. Questa guerra, chiunque la vinca, comporterà tali danni, morti di civili e soldati, distruzione di infrastrutture, crisi economica da risultare in pratica come una sconfitta per tutti i partecipanti. Per esempio l'italia ha formalmente vinto la prima guerra mondiale, ma ne è uscita talmente destabilizzata da avere negli anni successivi un periodo di forte crisi politica e inflazione terminata poi con l'istaurazione del fascismo. Da questo punto di vista sono d'accordo col papa. Le guerre peggiorano solo le cose e colpiscono solo o principalmente poveri ed indifesi.1 punto
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Mi sembra un quattrino più che un picciolo, una classificazione più precisa è veramente difficile visto lo stato della moneta un saluto1 punto
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La maggior parte degli studi, data il regno di Claudio dal settembre dell’anno 268 al luglio/agosto dell’anno 270, ipotesi ancora oggi accettata. La studiosa francese, H. Huvelin, rimarca però il fatto che sembra che il Gotico abbia cessato di batter moneta verso la fine del 269 e pertanto ritiene incoerente il fatto che in un momento nel quale serviva molta moneta circolante, non si sia battuta per circa un anno e cioè fino all’inizio del regno del fratello Quintillo. La studiosa quindi “anticipa” il regno di Claudio ai primi mesi dell’anno 269 e lo fa terminare all’inizio del 270. Se questa ipotesi per la cronologia monetaria risulterebbe più congrua, non rispecchierebbe però quanto raccontato e desumibile dalla scarsa letteratura disponibile. Così come si ritiene che il regno del fratello Quintillo sia durato più di qualche giorno come desunto dalle fonti, se non altro per la presenza di una moneta di Alessandria per Quintillo: all'epoca era necessario un po' di tempo affinchè arrivasse in tutte le zone dell'Impero la notizia di un nuovo Imperatore e quindi la presenza di una moneta egiziana testimonierebbe un periodo di regno almeno di qualche mese, escludendo ovviamente che sia stata coniata postuma1 punto
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Se non si ammette che in questa vicenda c'e' un aggressore e un aggredito, da parte dei partecipanti a questa discussione, a mio parere la discussione rimane solo un miscuglio di scarso valore, con qualche spunto d'interesse ma ripiena di evidenti propagande di vario genere.1 punto
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Un esemplare con bella testa laureata, della monetazione attribuita a Populonia, sarà a metà settimana in asta RomaNum. XXIII al n. 8 . La tipologia è elencata da F. Catalli ( "monete etrusche" 1998 ) al n. 31 .1 punto
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Very nice talers! I also collect large silver coins, here are some of mines! 1536 Mansfeld taler 1563 Saint Gallen, the first taler1 punto
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Io personalmente il FDC non ce lo vedo, ne’ al D ne’ al R. Certamente sopra lo SPL, ma non FDC come lo si intende comunemente (almeno MS64). La giudicherei attorno al MS60.1 punto
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