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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 05/29/22 in tutte le aree

  1. Buongiorno a tutti, è con grande soddisfazione che condivido qui nel Forum e nella nostra bella sezione, una piccola monetina che nessuno aveva ancora visto fino ad oggi, moneta che addirittura mancava al Re Numismatico , descritta nel Corpus al numero 1378, come appartenente alla Collezione Dell' Erba. Per farvi comprendere quanto sia stata misteriosa la sua esistenza, il pregevole lavoro di Pietro Magliocca (il testo più aggiornato ad oggi) sulla monetazione Vicereale al numero 166, per Filippo II Re di Spagna, 8° periodo, 1591-1593 il Tre Cavalli con sigle MAL /CI, rarità SR Riporta in nota: "...ad oggi nessun esemplare è apparso con queste sigle, pertanto, in attese di conferme è catalogata con SR." Lo stesso autore classifica con la dicitura SR tutte quelle monete senza rarità, "mai apparse". La moneta non è in gran conservazione, infatti è illegibile nella legenda al dritto, ma il busto radiato volto a destra e le sigle del Mastro di Zecca Marco Antonio de Leo o Leto, e sotto quelle del mastro di prova Gaspare Giuno o Juno, si vedono benissimo. Aspetto commenti da tutti gli appassionati del Vicerame. Un caro saluto a tutti. Rocco.
    8 punti
  2. Niente infatuazioni. Io mi innamoro, profondamente, ogni volta. ☺️ Arka Diligite iustitiam
    3 punti
  3. E venne il giorno della presentazione e delle consegne…Verona è’ sempre un grande meeting point
    2 punti
  4. L'esperienza dell'infatuazione in campo affettivo ed erotico è abbastanza comune, si incontra una persona e "così, de botto e senza senso" si prova una forte attrazione, non si conosce nulla di quella persona, si è estranei, eppure si rimane ingrippati... allo stesso modo sensazioni simili, mutatis mutandis, si possono sperimentare per determinati oggetti tra cui le monete, cioè a prescindere dall'interesse collezionistico o dagli ambiti storici prediletti può succedere che l'incontro con una moneta in un mercatino, convegno o negozio faccia scattare la libidine monetaria tremenda e subitanea, a volte con gravi inconvenienti tascali ?, a me è capitato varie volte e mi diverte condividere esperienze di ingrippatura monetaria de botto e senza senso ? Di seguito ecco le mie ingrippature attuali, per la numismatica italiana ho un inspiegabile debole per lo scudo di zecca bolognese di Pio VII, nonostante non abbia mai collezionato questo ambito... per la numismatica estera invece anni fa rimasi folgorato dalle rupie angloindiane della regina Vittoria, ma mi piacciono pure quelle successive... però questa passione devo dire che nel tempo ha acquisito un senso più compiuto portandomi a studiare con gusto e interesse crescente la storia dei commerci e delle monete di area Oceano Indiano... Adesso tocca a voi, sbizzarritevi...
    2 punti
  5. Non ce ne bisogno, leggendo i vari post dalla segnalazione in poi si accorgeranno solo di una cosa.... che non sai di che moneta si tratta! sii flessibile anche tu
    2 punti
  6. Buona Sera, ringrazio per le risposte, emerge prepotente un aspetto del rapporto dei comuni cittadini nei confronti dello Stato, che in fondo conserva alcune forme di “angaria” residue del nostro passato. Si va dalle leggi volutamente “fumose” e reciprocamente contraddittorie così da consentire di volta in volta interpretazioni “ad personam” all’inversione dell’onere della prova e alle leggi retroattive. Ritengo, malgrado l’art. 733 c.p. citato dall’utente allek, di dover sposare la valutazione posta dall’utente Alberto Varesi, con una ulteriore precisazione, sono rimasto inorridito dalla decisione di alterare la moneta ma rispetto le motivazioni, che non conosco e neppure mi interessano, che l’hanno portata a sfregiarla barbaramente. Come ho già rimarcato in un precedente intervento: le perversioni anche numismatiche sono quasi infinite, ogni persona è a suo modo un caso psichiatrico. Inoltre nel sopracitato articolo si menziona la necessità di conoscere, la natura e il rilevante pregio, missione disperata in epoca di “social”. Nel caso specifico delle monete, come puntualizzato da diversi utenti, un collezionista o anche un operatore del settore, anche il più accorto, è esposto al rischio di essere coinvolto in procedimenti legali che per la loro durata e arbitrarietà segnano, non solo economicamente, chi viene fatto oggetto di indagini, quasi sempre senza alcuna colpa. Cordialità
    2 punti
  7. Complimenti per la medaglia e la discussione. Sottolineo solo come la medaglia da quanto si estrapola anche dall'ultimo libro di Salvatore D'Auria il medagliere dei Re, che tratta ampiamente e approfonditamente la coniazione in questione, dovrebbe avere come punzone una Lanterna per essere originale e contemporanea dell'epoca. La mano dovrebbe essere successiva di qualche anno. Infine, in pieno accordo con D'Auria a proposito della coniazione francese, penso che qualche esemplare senza punzone è molto plausibile possa esistere, ed essere stato coniato a Napoli. Cordialmente MB
    2 punti
  8. Buonasera, purtroppo (o per fortuna) non è proprio così. La fattispecie prevista dall’art. 733 c.p. prescinde dalla notifica. L’oggetto della tutela può essere qualsiasi bene (mobile o immobile) del quale, anche in assenza di notifica, sia nota la rilevanza archeologica e/o culturale per il patrimonio nazionale. In tal senso si è pronunciata la giurisprudenza. E’ chiaro però che discorriamo di concetti ancora oggi troppo fumosi e che le valutazioni andrebbero fatte ogni volta caso per caso. Saluti
    2 punti
  9. Grazie Santone, anche io lo ritengo di notevole interesse e le monete in rame battute con le sigle MAL/CI sono molto rare e ricercate. Ho già in Collezione il Tornese del 1593 del De Leo.
    2 punti
  10. Come scrivi tu Rocco, questa è la prima volta che appare l'immagine di questa moneta. Il CNI ne riporta un solo esemplare appartenete alla collezione di Antonio dell'Erba di Napoli, figlio del più famoso Luigi. Sarebbe affascinante scoprire dove si trova attualmente la moneta dell'insigne collezionista. Qualche giorno fa io e te disquisivamo sulle vendite che avvenivano presso il glorioso Circolo Numismatico Napoletano, vendite private, riservate solo ai soci; forse è in una di quelle occasioni che il raro nummo è stato ceduto dato che non si conoscono passaggi in asta. Altra ipotesi è che il tre cavalli sia stato acquistato dal re Vittorio Emanuele, anche se, secondo me, alquanto improbabile: dopo il 1943, anno di pubblicazione del XX volume del CNI, il Re aveva ben altro a cui pensare... Comunque, anche la moneta della collezione Dell'Erba non era in buone condizioni (il C3 equivale a condizioni mediocri, solo un grado superiore alla conservazione peggiore, il C4) ma almeno nel suo esemplare la legenda del D/ era quasi del tutto leggibile.
    2 punti
  11. Gli unici beni ad avere una tutela legale, imponendo al proprietario o possessore una condotta idonea al corretto mantenimento del bene, sono quelli oggetto di “notifica” (vecchio termine col quale si indicano appunto beni mobili ed immobili dichiarati di eccezionale valore storico, archeologico, numismatico ecc). L’importanza storica non ha nulla a che vedere con il valore commerciale. Per tutti gli altri beni, a prescindere dalla loro vetustà, il proprietario può farne ciò che vuole, anche se per noi si tratta di un gesto altamente immorale come il destinare a ciondolo una moneta antica
    2 punti
  12. Caro Ghezzi e’ proprio su questi discrimine che l’attuale legislazione manca di indicare una classificazione chiara dando origine alle piu’ varie interpretazioni che poi si risolvono invariabilmente in lunghi procedimenti giudiziari con notevoli costi aggiuntivi per la Comunità ( funzionamento della macchina giudiziaria) e per il Privato ( costi degli avvocati oltre che seccature infinite) che potrebbero agevolmente essere evitati se solo le disposizioni chiarissero questo discrimine. Ma forse ‘non’ lo si vuole chiarire appositamente…
    2 punti
  13. Proprio come per una vera infatuazione, vado a periodi. Forse, se c'è un denominatore comune, penso sia il carattere "ruspante" delle monete: mi piacciono le scritte goffe, i caratteri sbilenchi, le perlinature storte, insomma ogni tratto di artigianalità e imperfezione. Sarà per questo che, nel contesto di una passione (e di una collezione) a 360 gradi, gli unici nominali che rifiuto di accogliere sono gli euro, perché sono concettualmente antitetici a quell'artigianalità che io trovo così ricca di emozioni e suggestioni. Homo sum, humani nihil a me alienum puto.
    2 punti
  14. Buonasera, riprendo questa discussione. Finalmente, sono riuscito ad acquisirla nella mia collezione, dalla recente ultima asta Varesi: NAPOLI - FERDINANDO II DI BORBONE (1830-1859) Medaglia ottagonale 1840 per l'inaugurazione della ferrovia Napoli-Portici, prima ferrovia d'Italia. Opus Benoist. D'Auria 197 Ag g 18,42 mm 36 RR • Sul taglio le contromarche dell'epoca (mano che indica e ARGENT). Da un po’ di tempo ricercata, non solo e non tanto perché sempre affascinato dalle locomotive, ma perché la ferrovia Napoli-Portici fu la prima linea ferroviaria costruita nella penisola italiana, nel territorio all'epoca facente parte del regno delle Due Sicilie. Commissionata da re Ferdinando II delle Due Sicilie, la linea venne ufficialmente inaugurata il 3 ottobre 1839: era a doppio binario e aveva la lunghezza di 7,25 chilometri. Meritano di essere evidenziate alcune info storiche: https://www.ilsole24ore.com/art/napoli-portici-prima-linea-ferroviaria-italiana-doppio-binario-AC7Dyzo?refresh_ce=1 Viaggio inaugurale con la locomotiva Vesuvio La locomotiva a vapore “Vesuvio”, di fattura inglese, con 258 passeggeri, partita da Portici - poiché la stazione di Napoli al Carmine non era ancora pronta - percorse la tratta in una decina di minuti circa alla velocità di 50 km orari. Il primo convoglio era composto dalla Vesuvio, locomotiva a vapore di costruzione inglese Longridge, e da otto vagoni. Il discorso del Re La mattina del 3 ottobre 1839, il Re si recò nella villa del Carrione al Granatello di Portici dove era stato allestito il padiglione reale, lì ricevette il costruttore e gestore Armando Giuseppe Bayard e la sua squadra di ingegneri al suo seguito e insieme presero posto sul convoglio inaugurale verso Napoli. Ferdinando II, tenne un discorso in francese con il quale auspicò di veder realizzata la ferrovia fino al mare Adriatico. A mezzogiorno in punto ordinò la partenza. Sul primo convoglio ferroviario italiano viaggiavano quella mattina 48 personalità, una rappresentanza militare costituita da 60 ufficiali, 30 fanti, 30 artiglieri e 60 marinai. Nell'ultima vettura prese posto la banda della guardia reale. Un'opera realizzata in soli tre anni La convenzione per la costruzione era stata firmata il 19 giugno 1836: con essa si concedeva all'ingegnere francese Armando Giuseppe Bayard de la Vingtrie la concessione per la costruzione in quattro anni di una linea ferroviaria da Napoli a Nocera Inferiore con un ramo per Castellammare. L'anno seguente venne costituita a Parigi la società Bayard & De Vergès, per la costruzione e la gestione della ferrovia. I successivi tagli del nastro Quella prima linea era solo parte di un progetto più vasto: il 1º agosto 1842 venne inaugurato il tratto fino a Castellammare e due anni dopo, nel 1844, la prosecuzione per Pompei, Angri, Pagani e Nocera Inferiore. Nel 1846 l'ingegnere Bayard ottenne la concessione anche per il prolungamento ad Avellino. Tecnologia e prodotti importati L'Italia che fino a quel momento non aveva utilizzato linee ferroviarie, per la realizzazione dovette rivolgersi all'industria straniera: la progettazione, così come il capitale investito, era francese; le locomotive giunsero dall'Inghilterra ed erano costruite sul modello delle prime, progettate da George e Robert Stephenson, nelle officine Londridge e Starbuk di Newcastle. Il resto dei materiali rotabili era stato invece costruito nel Regno delle Due Sicilie. Il ferro delle rotaie proveniva dalle miniere della Vallata dello Stilaro e fu lavorato nel Polo siderurgico di Mongiana, in Calabria. Nasce anche l'industria ferroviaria Effetto indotto dalla realizzazione della prima linea ferroviaria italiana fu la conversione alla produzione ferroviaria, nel 1842, di un grande stabilimento dapprima adibito a fabbrica di cannoni e proiettili d'artiglieria. Si tratta delle Officine di Pietrarsa che vennero adibite alla costruzione di locomotive e all'assemblaggio del materiale rotabile (con decreto reale del 22 maggio 1843). Nel 1860 Pietrarsa contava una forza lavoro di circa 1200 unità. La fabbrica di oltre 13.500 metri quadrati oggi è diventata il Museo nazionale ferroviario di Pietrarsa. Lo studioso: Alfredo Buccaro Quello della ferrovia è un autentico primato napoletano in Italia, che si aggiunge ad altri primati. «Ricordo che i primi ponti di ferro realizzati in Italia - segnala Alfredo Buccaro, docente di storia dell'architettura alla Federico II - sono quelli realizzati nel 32 sui fiumi Garigliano e nel 35 sul Calore». E ancora, «sempre in quegli anni comincia a produrre materiale ferroviario l'opificio di Pietrarsa: prima industria metalmeccanica in Italia». E il primo impianto di illuminazione a gas viene acceso a Napoli nel 32. Per Alfredo Buccaro «il Re Ferdinando II di Borbone, che regnò dal 30 al 59, diede una grande spinta alla costruzione di infrastrutture soprattutto nella Capitale del Regno delle Due Sicilie». Napoli in quegli anni diventa la terza città europea dopo Londra e Parigi. Una vera “rivoluzione” E' facile immaginare quale impatto potè avere la ferrovia nel 1839. Dapprima venne riservata quasi esclusivamente alla famiglia e all'entourage reale. Ma quando i binari arrivarono a Castellammare cominciarono a utilizzarli anche cittadini e imprese. «Cambiò insomma, l'immagine del territorio - osserva il professore Buccaro - se pensiamo che ci si spostava solo con carrozze, accessibili a pochi, o a piedi. Il tram a cavallo compare dopo l'unità d'Italia». A titolo di ulteriore contributo, riporto quanto presente nella descrizione di analogo esemplare esitato in asta Nomisma 62 settembre-2020 lotto 858: “…Armando Joseph Bayard de la Vingtrie, un ingegnere francese, nel mese di gennaio del 1836 espose un suo progetto ferroviario al marchese Nicola Santangelo, ministro di Ferdinando II di Borbone. Per costruire la linea ferrata a proprie spese, in cambio della concessione della gestione per 99 anni. La strada ferrata avrebbe collegato Napoli con Nocera, con una diramazione per Castellammare. Il Re approvò la concessione con decreto del 19 giugno 1836, dietro versamento di una cauzione di 100.000 ducati. Seguirono altri due decreti, uno del 3 febbraio 1838, che rimodulava la durata della concessione ad 80 anni ed un altro definitivo del 19 aprile 1838 che sanciva il diritto di proprietà dello Stato dopo 80 anni di gestione. I lavori, diretti dall’ingegnere francese, incominciarono l’8 agosto 1838. Dopo tredici mesi il primo tratto giungeva al Granatello di Portici. I vagoni furono costruiti a Napoli, nello stabilimento di San Giovanni a Teduccio, le locomotive acquistate dalla società inglese Longridge Starbuck e Co. Il primo tratto della Ferrovia fu inaugurato il 3 ottobre del 1839 con grande solennità. Il re a Portici diede il segnale di partenza davanti a tutte le autorità, pronunziando un discorso in cui disse: "Questo cammino ferrato gioverà senza dubbio al commercio e considerando come tale nuova strada debba riuscire di utilità al mio popolo, assai più godo nel mio pensiero che, terminati i lavori fino a Nocera e Castellammare, io possa vederli tosto proseguiti per Avellino fino al lido del Mare Adriatico". In questo primo tronco, di ponti ne furono costruiti ben 33, con 2.958 metri di mura di sostegno e metri 541 di ringhiere di ferro. Nel 1840 la via ferrata arrivò a Torre del Greco, nel 1842 a Castellammare di Stabia. I lavori furono continuati per portare la Ferrovia fino a Nocera e terminarono il 18 maggio del 1844. La medaglia fu coniata solo in Francia, come si evidenzia: dal disegno ottagonale di chiara fattura francese, dalle scritte, l’incisore; tipici della zecca di Parigi. Le medaglie francesi, dal 1832, furono marcate sul taglio con identificazione del periodo di coniazione e del metallo utilizzato. La medaglia fu coniata, con i conii originali, dal 1840 per tutto il XIX secolo. (lampada 1832-1841: prora 1841-1842: ancora 1842-1845: mano 1845-1860: ape 1860-1879: corno dell’abbondanza 1880…). Descrizione dell’Incisore: Felix Benoist nacque il 15 aprile 1818 a Saumur in Francia e morì nel 1896 a Nantes. Fu pittore, disegnatore e litografo francese, oltre che medaglista incisore; autore di vedute di città, monumenti e paesaggi. Lavorò per Pierre Henri Charpentier, e in particolare per suo figlio, Henri-Désiré Charpentier negli stabilimenti H. Charpentier di Nantes, specializzati nell’edizione di litografie. Inoltre aprì anche un suo negozio a Parigi. Benoist, tra l’altro, partecipò alla straordinaria collezione parigina, contenente oltre 100 litografie, alcune delle quali da fotografie, tra cui vedute aeree, e circa 38 incisioni su legno. Il suo nome è spesso associato al famoso pittore francese François Hippolyte Lalaisse.…” Ulteriori notizie: http://www.clamfer.it/02_Ferrovie/TrenoNapoliPortici/TrenoNapoliPortici.htm (da cui posto le ulteriori immagini dei vagoni e del quadro già citato in discussione) Saluti, Domenico P.S.: Unico rimorso: coniazione fatta in Francia.
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  15. Vi presento l’ultimo acquisto, spero vi piaccia. Si tratta di un doppio filippo, coniato al piede milanese, per il territorio di Retegno, oggi nel lodigiano. Un bel modulo, dal peso di oltre 50 grammi, proveniente dall’ex Cronos 11 e che dopo qualche “giro” è giunto fino al mio vassoio. Domani qualche nota in più, per ora vi lascio con le foto (non mie). N.
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  16. Ciao ragazzi l’ho trovata! ? la cercavo fin da quando ero bambino (ovvero pochi anni dopo la sua emissione ??): archetipo iconico della serie degli scudi battuti in Italia sotto Napoleone, ricercata, inafferrabile, posta nell’empireo della grandi rarità (addirittura R5 per Montenegro, più verosimilmente R4 per gli altri). Assolutamente sconosciuta sopra il BB+ di conservazione, mi ero sempre fermato davanti ai dieci-dodicimila cucuzze per un BB, ora ho avuto il colpo di fortuna, un rapporto prezzo/qualità veramente non ripetibile.? Questo esemplare presenta una bella usura decisa al centro del R, più sfumata, uniforme, vissuta sul resto del rovescio e al diritto, è priva di colpi e offre una intrigante patina omogenea, senza graffi. Insomma ho chiuso un buco difficile da riempire con un pezzo mancante nelle collezioni principali, anche specializzate, conosciuto in quindici, forse massimo venti esemplari al mondo nonostante i quasi diecimila pezzi coniati, e quindi per un momento ho abdicato dalla ricerca e selezione solo di monete in alta conservazione, vinto dalla tentazione irresistibile di acquisire un RRRR che quasi nessuno possiede e che in mano da’ sensazioni davvero da brividi. ? Sono stato un po’ barocco e ampolloso, e non me ne vorrete lo so, ?ma l’Epoca romantica di appartenenza di questa superba vecchia signora torinese, primo 5 lire italiano del grande Corso, lo ha imposto! ?. E se vi siete annoiati….Credete che non s’e fatto apposta ?
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  17. Ciao, non si tratta di degnarsi o non degnarsi di rispondere ad un thread, si tratta solo di farlo cercando di rispondere il più possibile in maniera corretta e documentata. La A e la T (ma esiste anche la O) stanno ad indicare le sigle di zecchieri che al momento non risultano identificati e che lavorarono nella zecca di Carpentras: nel 1594 gli zecchieri che siglarono le monete con A e T e dal 1594 al 1596 lo zecchieri con la lettera O. In merito alla "cattività avignonese", questa ai tempi di Clemente VIII era già terminata da alcuni secoli. https://it.m.wikipedia.org/wiki/Cattività_avignonese @alainrib Michele
    1 punto
  18. Proverei con questo 50 Centavos dell'Angola! https://en.numista.com/catalogue/pieces11916.html
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  19. 1 punto
  20. A differenza dei francobolli dove attraverso amministrazioni postali poligrafici statali ecc.. i numeri esatti delle emissioni sono noti, .. con gli erinnofili e tutt'altra cosa .. infatti essendo delle emissioni private, di enti, associazioni o compagnie, per il 90% degli erinnofili non si conosce la quantità emessa, ...possiamo avere a che fare con esemplari di cui esisterebbero forse poche unità degli stessi al giorno d'oggi. Questo secondo me rende queste piccole vignette ancora più interessanti, il collezionismo erinnofilo è sottovalutato come quello delle marche da bollo. Veramente belli quelli postati sopra, complimenti.
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  21. Decisamente un pezzo importante... ma soprattutto rarissimo! Emozionante avere un pezzo del genere, di assoluta rarità. Complimenti Scudo! N.
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  22. Nulla di nuovo sotto il sole, anche se rasenta la pagliacciata. Qualche tempo fa una nota casa d'aste propose e ripropose un comune denaro scodellato milanese a nome di Enrico imperatore come "obolo", ossia una rarissima moneta dello stesso periodo e frazione del denaro. Era esattamente la medesima situazione: un denaro comune rifilato in modo grossolano della parte esterna fatto passare per la ben più rara e costosa frazione. La cosa assurda è che l'obolo ha una raffigurazione simile, ma il conio è completo anche se chiaramente ridotto per poter essere centrato nel diametro più piccolo. Il prezzo era chiaramente "tarato" sul raro obolo.
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  23. Grazie dei tuoi consigli , attendo , se arriveranno , i pareri dei tuoi colleghi , poi decidero' se intraprendere questa ricerca che prevedo interessantissima ma dai risultati che potrebbero essere imperscrutabili .
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  24. Ciao Premesso che in realtà non avrei un'idea precisa, riguardo il significato esatto, provo comunque a risponderti visto che nessuno si è degnato di farlo. Per me la A è l'abbreviativo di Avignone che, essendo tra l'altro all'interno dello stemma, sta a rimarcare la "cattività avignonese" che era appunto costretto a subire lo stesso Clemente VIII.
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  25. Perfettamente d'accordo. Da noi sogno un bel camion di puzzolente letame davanti alle sedi dei ministeri, compreso il "nostro". Ma in quale paese del mondo si è mai visto il ribaltamento della prova? Il cittadino, onesto o disonesto che sia, deve dimostrare la legittimità del possesso di una moneta o di un oggetto e non il contrario. Quando provo a raccontarlo, le volte in cui mi chiedono della mia passione per la numismatica, mi prendono letteralmente per scemo. Nessuno mi crede, te lo giuro. Tornando ai periti di parte (pubblica), cui ho accennato sopra, racconto un recente racconto ascoltato al convegno di Verona. Uno di quelli incriminati in una famosa e pompata operazione di qualche anno fa, che finirà probabilmente in una bolla di sapone (ma nessuno ne saprà niente), raccontava in un capannello di persone di essere stato scagionato da tutte le accuse, tranne la ricettazione (finora). A fronte di fatture presentate moneta per moneta, il solerte perito avrebbe scritto che le monete provengono dal sottosuolo e appartengono lo stesso allo stato perché le uscite ed i successivi passaggi in asta, anche di decenni indietro, sarebbero fittizi per trovare una traccia di legalità, che non esiste invece. Avete mai sentito una roba simile? Inoltre, lo stesso avrebbe "liberato" parecchie monete moderne di non interesse culturale o false. Fra i falsi, ci sarebbe una moneta pubblicata addirittura nella copertina di uno studio specialistico su una zecca pontificia. Questa gente la pagano anche con i nostri soldi. Il letame, le uova marce o gli ortaggi puzzolenti in altri paesi sarebbero il minimo sindacale.
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  26. 1 punto
  27. Troppi partecipanti... e quindi? Ho pensato che il simbolo prendeva più spazio sulla moneta e non riuscivo a focalizzarla bene, anche perchè mi manca è un 50 centu lituano del 1925
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  28. Unico consiglio che ti posso dare, considera anche se la moneta restituita fosse, o meno, "amata dall'opinione pubblica" o meno (per quel che possiamo ricostruire, ovviamente)
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  29. Ti ringrazio per avermi citato. Purtroppo sono del tutto ignorante della storia e della numismatica dell'Impero, quindi non so dirti se i tuoi sforzi abbiano speranze di successo. Certo che sarebbe una ricerca interessante!
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  30. Condivido il mio 5 tornesi 59 da poco entrato in collezione Buona domenica!
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  31. Fino ad ora sono rimasto sulla strada ben tracciata della mia collezione che mi appaga molto e di conseguenza senza fare grandi sforzi, stoicismi o rinuncie. Se dovessi però scegliere una moneta per la quale varrebbe la pena di prendere la "sbandata", tra le tantissime possibili probabilmente sceglierei questa:
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  32. Mi è capitato con la monetazione canadese moderna.
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  33. ciao Simone e Bavastro, Piuttosto Licinio I per la zecca di Cizico (SMK in esergo), 6a officina. https://www.nummus-bible-database.com/monnaie-88706.htm
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  34. Da un accattivante, piccolo bronzo di Mesembria di Tracia, 2 importanti accessori per guerrieri : un elmo ed uno scudo ovale, questo rappresentato nella vista da interno . L' esemplare sarà il 12 Giugno in asta Nomos-Obolos 23 al n. 216 .
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  35. Ciao a tutti, non potevo mancare di inserire la mia moneta da 500 lire commemorativa del 'Centenario della Banca d'Italia', quasi identica al logo di questa nuova sezione L'ho estratta da un rotolino intonso della zecca nel lontano 1993, lo ritengo il più bell'errore che posseggo.
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  36. .....e questa é la mia. Ma quante ce ne sono ? Che sia una moneta comune ? ???
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  37. Il rovescio di questa magnifica emissione era stato finora interpretato come raffigurante l'imperatore e Apollo (si veda anche la nota relativa all'ultima volta che abbiamo proposto questa moneta in Leu 7 (2020), 1474). Tuttavia, il piccolo animale reclinato a sinistra è la chiave per l'interpretazione della scena, poiché è apparso chiaro a questo catalogatore che l'oggetto tenuto in bocca dall'animale non è un ramo, ma in realtà una mano umana! Simili raffigurazioni sono note a Laranda in Licaonia, dove un lupo che cammina verso sinistra con una mano umana in bocca compare su monete di Filippo II (SNG von Aulock 5401. Per una discussione più approfondita, si veda Peter Weiss: Mythen, Dichter und Münzen von Lykaonien, in: Chiron 20 (1990), pp. 222-235), il cui significato è rivelato dall'autore bizantino Eustathius di Tessalonica (circa 1115-1195/6), che afferma: "I Licaoni prendono il nome da un certo Licaone, un arcadico, che, secondo un oracolo, fondò una città nel luogo in cui apparve un lupo inquieto, che teneva una mano umana nelle sue grinfie - questo era ciò che Apollo aveva predetto". (Eustath. comm. Dion. Per. 857). Con questa reinterpretazione diventa ora chiaro che la moneta mostra esattamente il mito di Licaone, che appare a sinistra in abbigliamento militare, ricevendo la profezia da Apollo a destra, con in mezzo il lupo che tiene una mano umana tra le fauci. Inoltre, un'attenta analisi del lotto 201 rivela che lo stesso lupo appare anche ai piedi della dea-città su quella moneta, un dettaglio trascurato in tutte le discussioni sulla monetazione di Isaura fino ad oggi. Isaura trae quindi le sue origini dal mitico Licaone, eponimo della Licaonia. A questo proposito vale la pena notare che la convenzione numismatica di assegnare le città greche a province specifiche e invariabili come la Lidia, la Frigia o la Cilicia non fornisce un quadro accurato della realtà storica, poiché i confini delle regioni geografiche dell'Asia Minore spesso non erano chiaramente definiti e i confini delle province romane erano soggetti a numerosi cambiamenti nel corso dei secoli. Pertanto, il fatto che oggi assegniamo Isaura alla Cilicia non esclude che i suoi cittadini si sentissero licaoni ai loro tempi. L'identità, dopo tutto, è autodeterminata e autodefinita a prescindere dalle attribuzioni esterne. apollonia
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  38. Buonasera a tutti i "cavallo-dipendenti". Mi rendo pienamente conto che da tanto non posto più una moneta qui sul forum ed in particolare in questa discussione che racchiude una parte importante della mia passione Numismatica. Ho deciso di riparare postando un cavallo battuto a nome di Pietro Giovanni Paolo Cantelmo duca di Sora e di Alvito. Al D/ :KROLVS°D°G°R°FR°SIC°IE, l'arme di Francia con i tre gigli liberi nel campo sormontati da corona; Al R/ :PE°I°PA°CAN°SO°AL°DVX, croce ancorata. La moneta, ex Hatria Numismatica, ha un diametro di 18 mm ed un peso di 2.45 gr. Una discreta conservazione per la tipologia che permette una quasi totale lettura della legenda e dell'iconografia. Che ne pensate?
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  39. Buongiorno a tutti, continuiamo questo viaggio con la speranza possa essere di vostro interesse. Il denaro riflette, non soltanto economicamente, ma anche da un punto di vista storico, culturale, politico e sociale, l’intero sviluppo della civiltà. Inoltre contiene informazioni visive uniche dei propri governanti e degli individui del passato, degli eventi storici e culturali. Racconta antiche leggende e tradizioni o cambiamenti politici del paese ed è indubbiamente parte integrante della cultura. Il sistema monetario sviluppatosi in Lettonia è stato sconvolto dalla Prima Guerra Mondiale e dalla successiva rivoluzione entrando in una fase di caos. Alla fine del 1918, il nuovo stato lettone ha ereditato questo caos di denaro: circolavano rubli zaristi, kerenkas, marchi tedeschi, ostmark ognuno con il proprio potere di acquisto. Si rese necessaria una riforma monetaria che fu intrapresa il 22 marzo 1919 con l’emissione di buoni del tesoro in rubli lettoni, stampati presso la litografia G. Meijer, che, con decisione del Consiglio popolare del 18 marzo 1920, furono designati come unico mezzo di pagamento e rimasero in circolazione fino al 1925. Ormai si sentiva il bisogno di avere una moneta che avesse una vera identità lettone in cui il popolo si potesse riconoscere ed infatti nell'estate del 1919, il governo provvisorio guidato da Kārlis Ulmanis elaborò un primo disegno di legge che prevedeva il lats come unità monetaria, ma il Consiglio Nazionale ne rinviò l'adozione e l'idea fu attuata solo diversi anni dopo. Il 14 giugno 1921, l'Assemblea Costituzionale esaminò la questione di come poter chiamare la valuta lettone: furono prese in considerazione varie proposte come "ozols" (quercia), "zīle" (ghianda), "saule" (sole), "austra" (alba), "daile" (bellezza), "dižā" (grande), sīkā" (minuscolo), nonchè latva. Il termine "lats" fu molto criticato perché presumibilmente era associato alla parola legno su cui c'era molta speculazione a quel tempo. Tra i sostenitori del “lats” c'era anche il rappresentante del Partito Popolare, il poeta Kārlis Skalbe, che spingeva perché si identificasse la moneta con un nome lettone semplice e chiaro per favorire la conoscenza della Lettonia nel mondo e facilitare allo stesso tempo il popolo nel suo uso quotidiano. Il Gabinetto dei Ministri guidato da Zigfrīds Meierovics il 3 agosto 1922 decise che il nuovo sistema di valuta doveva essere il lats e santim (dove 100 santim equivalevano a 1 lat). Per vedere il design dell'iconica fanciulla popolare lettone sulla moneta da 5 lats bisognerà attendere fino al 1929: infatti il Ministero delle Finanze dichiarò che il disegno per decorare il denaro doveva essere il "volto di una Vergine", la donna del popolo (tautameita) che simboleggiasse la Repubblica di Lettonia, la libertà e l'amore. L'Academy of Arts, dunque, indisse un concorso in cui era necessario ritrovare l'immagine della "vergine" che fu vinto da Karlis Zemdega ma il suo bozzetto non fu mai utilizzato perché criticato dal ministero delle Finanze, affermando che: "la tautumeita deve essere non solo ben disegnata dal punto di vista tecnico, ma deve simboleggiare anche l'immagine nazionale lettone". Non rappresentava, dunque, il "carattere lettone distintivo" ricercato. Questa esigenza fu soddisfatta dall'importante artista lettone Rihards Zariņš (1869-1939): tornato in Lettonia nel 1919 dopo l'indipendenza. Nato a Vidzeme iniziò a studiare presso la Stiglitz Central School of Technical Drawing nel 1888 a San Pietroburgo, diplomandosi nel 1895. Lì si specializzò in xilografia e successivamente in tecnica dell'acquaforte con Vasily Matthew, noto grafico russo. La sua formazione di giovane artista continuò a Berlino, Monaco, Vienna e Parigi. Dal 1899, Rihards Zariņš lavorò presso la Stamperia statale della carta a San Pietroburgo con una carriera di grande successo dove disegnò dei veri capolavori di arte grafica e creatività sulle banconote della Russia zarista: - 100 rubli 1909 - 500 rubli 1912 senza dimenticare la serie di francobolli russi “Per i soldati e loro famiglie” disegnati all’inizio della Prima Guerra Mondiale con il bellissimo “San Giorgio”, probabilmente uno dei più belli della filatelia russa: Trasferitosi nella sua terra natale divenne fondatore e manager della Stamperia Statale Lettone e fondatore della Scuola nazionale di grafica lettone nonché sviluppatore e divulgatore di apparecchiature per incisione. Questo gli permise di ricevere numerosi incarichi di rilevanza nazionale: nel 1921, insieme all'artista grafico Vilhelms Krūmiņš, disegnò lo stemma araldico della Lettonia (che troveremo sul rovescio del 5 Lati) che andò ad unire i simboli patriottici utilizzati singolarmente in passato: Lo stemma fu adottato ufficialmente il 16 Giugno del 1921 e raccoglie i simboli dei quartieri storici lettoni. Il sole nascente (simbolo dei soldati lettoni durante la Grande Guerra sotto il giogo russo) rappresenta la statualità lettone; le tre stelle sopra lo stemma rappresentano l’unità della Lettonia, ogni stella indica una regione storica (Vidzeme, Latgale, Courland-Semigallia); Il leone rosso dello stemma rappresenta Curlandia-Semigallia, mentre il grifone d'argento rappresenta Vidzeme e Latgale. Il talento di Rihards Zariņš è esemplificato dalla scrupolosa precisione sia dei suoi progetti in bozza che di quelli effettivamente prodotti. La sua massima espressione artistica la ritroviamo nella creazione del design della moneta d'argento da cinque lats, la cui composizione presenta la figura della fanciulla popolare, diventata un simbolo idiosincratico della Lettonia indipendente e libera. Ma di questo suo progetto parleremo nel prossimo post Grazie a tutti numys Il viaggio continua “La storia è madre della verità, emula del tempo, depositaria delle azioni, testimone del passato, esempio e annuncio del presente, avvertimento per il futuro.” (M. De Cervantes)
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  40. Santa Casa di Loreto, con sopra la Madonna con Bambino, sorretta da due angeli. I Santi Apostoli Pietro e Paolo. In esergo, in entrambe le facce, ROMA. Combinazione inconsueta per una lauretana.
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  41. Buonasera a tutti, riprendiamo questo viaggio storico-numismatico del 5 Lati. Uno dei maggiori artefici della rinascita lettone fu Zigfrīds Anna Meierovics, il quale si recò in Inghilterra per provare ad ottenere l’appoggio delle forze dell’Intesa per la fondazione del nuovo Stato: Sulla carta sembrava una montagna troppo ardua da scalare, invece Meierovics mostrò di avere una sopraffina arte diplomatica e ottenne l’approvazione scritta tramite una lettera firmata dal ministro degli Esteri inglese Lord Balfour: Meierovics era partito da Pietrogrado con in tasca la lettera che gli dava pieni poteri di rappresentanza degli interessi lettoni all’estero. Nella lettera in realtà non c’era solo la delega a Meierovics, ma vi si trovavano descritti i contenuti principali della missione diplomatica lettone. Il Consiglio Nazionale lettone si proponeva come organismo in grado di prendere il controllo politico e amministrativo del territorio lettone, garantendo la libera navigazione del mar Baltico e l’accesso ai principali porti lettoni. Uno stato lettone indipendente avrebbe assicurato la libera circolazione di persone e merci dall’Europa occidentale verso la Russia e il libero accesso ai porti del mar Baltico, questioni che stavano particolarmente a cuore alle potenze dell’Intesa, specie al Regno Unito. Sul sostegno di Regno Unito e Francia i lettoni contavano molto per la formazione del loro nuovo stato, in contrapposizione alle mire espansionistiche tedesche e come argine da opporre al nascente stato bolscevico in Russia. L’11 novembre 1918, dopo aver ricevuto la missiva, il brillante politico lettone poté gettare le basi per arrivare all’agognata libertà del territorio di Riga. Il 17 novembre 1918 fu costituito il Tautas Padome, il Consiglio nazionale lettone. Ovviamente, siccome non c’erano le basi e nemmeno il tempo per indire delle elezioni, non si trattò di un organismo scelto dal popolo, ma formatosi dall’unione delle due principali forze politiche del periodo: Latviešu Pagaidu Nacionālā Padome (Consiglio lettone nazionale temporaneo) e Demokrātiskais Bloks (Blocco Democratico) che raccoglieva diversi movimenti ma non formava una realtà politica unitaria e autonoma. Lo storico evento del 18 novembre si tenne alla presenza di appena 34 deputati. In molti, infatti, non riuscirono a raggiungere in tempo Riga perché il Paese era ancora in regime di guerra, con diversi territori occupati da tedeschi e russi. Il Latviešu Zemnieku Savienība, il partito dei contadini guidato da Kārlis Ulmanis, fu quello che riuscì a presenziare con il numero più alto di esponenti. Il palco ormai era sovrastato dalle bandiere della nuova Lettonia, due bande orizzontali rosso scuro divise da una banda bianca: questi colori erano stati usati la prima volta nel 1873, in occasione del I Dziesmu Svētki, il festival delle canzoni popolari. In quell’occasione nel 1873 fu cantato per la prima volta anche “Dievs svēti Latviju” (Dio benedica la Lettonia), che quella sera del 18 novembre 1918 sarebbe diventato l’inno ufficiale della Lettonia. Uno dei tanti paradossi di quel giorno fu che il presidente eletto, Jānis Čakste, trovandosi fuori città, non ricevette in tempo il telegramma di convocazione ed allora fu il vice presidente, Gustavs Zemgals (Partito Radicaldemocratico) a prendere la parola, per proclamare la nascita della Repubblica di Lettonia. A seguire Kārlis Ulmanis, nominato il giorno prima dal Tautas Padome capo del governo provvisorio lettone, nel suo discorso affermò che l’obiettivo del governo era quello di rafforzare la Lettonia sia all’interno del suo territorio, che all’esterno attraverso il grande lavoro diplomatico di Meierovics. Ulmanis non nascose la gravità della situazione in cui versava il paese ma per il processo di ricostruzione fece leva sullo spirito nazionale lettone, sulla volontà di tutto un popolo di liberarsi da secoli di schiavitù e oppressione. C’era un fotografo in sala, Vilis Rīdzenieks che immortalò in una foto leggendaria, l’unica foto che ritraeva il palco di quella straordinaria serata: Da quel giorno in realtà passerà ancora un anno di guerra e grandi tribolazioni prima che la Lettonia possa considerarsi davvero uno stato libero e indipendente in buona parte del suo territorio. La ricostruzione del nuovo Stato della Lettonia libero ed indipendente non poteva prescindere da un elemento di fondamentale importanza: una nuova unità monetaria identitaria. ....ma di questo parleremo nel prossimo post Grazie a tutti numys Il viaggio continua “La storia è madre della verità, emula del tempo, depositaria delle azioni, testimone del passato, esempio e annuncio del presente, avvertimento per il futuro.” (M. De Cervantes)
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  42. Complimenti al Carissimo Alberto D' Andrea e ai coautori che hanno realizzato un'altra grande opera
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  43. Saluti a tutti. Posto una nuova entrata nella collezione: 120 GRANA 1816 A mio parere, le Piastre di questi anni, sono le più belle esteticamente, sia per il ritratto con il “parruccone” che rimanda a periodi pre-napoleonici che non ritorneranno più, sia per lo stemma borbonico chè è particolarmente accurato nell'incisione. Accurato non vuol dire “preciso” e ci saranno molti amici che potrebbero spiegarci come, nel senso araldico, sia semplificato e contenga degli errori. Ma quello che mi preme sottolineare è il tentativo dell'incisore di trasporre il colore su una moneta che non ne ha. E' doveroso fare un passo indietro negli anni, perchè fin dall'inizio la domanda era proprio questa: “ Come riuscire a rendere il colore in manoscritti non dipinti, in anelli, in monete e medaglie? “ Dopo alcuni tentativi piuttosto velleitari provati in Inghilterra, nel 1637 l'Araldista Gesuita Silvestro da Pietrasanta adottò un metodo che utilizzava un sistema di punti e linee esso fu accettato da (quasi ) tutti. Il 21 Dicembre 1816 con Regio Decreto si approvò lo Stemma ufficiale del Regno delle Due Sicilie. Come si può notare lo Stemma sulla moneta è semplificato ( quello Borbonico è considerato uno dei più complicati in Araldica e per un incisore sarebbe stata un'impresa improba trasferirlo fedelmente su una moneta) e presenta degli errori. Però i colori (o meglio smalti ) dei campi sono abbastanza fedeli. Giallo o meglio Oro= Medici Azzurro = Portogallo, Borbone, Borgogna Rosso= Asburgo/Austria Certamente qualcuno non corrisponde, però bisogna dare atto all'incisore di aver creato un bello Stemma e, con i mezzi piuttosto limitati dell'epoca, piuttosto vicino all'originale. Buona Giornata,
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  44. Tempo fa ho preso questo bel grosso attirato dalla conservazione più che splendida. VENEZIA, Pietro Gradenigo (1289-1311), Grosso Ag; 2,11 gr; 21 mm D/ . PE . GRADONICO . DVX . S . M . VENETI a sin. il Doge stante frontale che regge il vessillo; a destra San Marco stante frontale che regge il Vangelo R/ Cristo seduto in trono frontalmente; sopra IC-XC Rif: CNI VII 10 var.; Papadopoli 2, tipo 6 Ma oltre i dettagli "tecnici", cosa ci racconta una moneta ? Se avete tempo e pazienza... ecco una storia basata su fatti veri di cui ho rimaneggiato qualche dettaglio...
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