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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 02/09/23 in tutte le aree

  1. Ciao a tutti oggi vi posto un sesterzio di Filippo I con patina verde oliva, provenienza: Numismatica Katane. Sesterzio Filippo I 244-249 d.C Zecca di Roma 244 a.C. D/ IMP M IVL PHILIPPVS AVG - R/LAET FVNDATA S C 19,2 gr. - 31 mm. R.I.C. 175a
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  2. https://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-AM8CO/11 si tratta del primo tipo : https://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-AM8CO/12
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  3. toggle menuIIIstruzioni per l’Aldilà: i misteri e gli studi sulla Laminetta aurea dell’antica Hipponion Laminetta orfica custodita a Vibo, foto della docente Barbuto Venne alla luce 54 anni fa e ancora oggi porta con sé tutto il fascino di una storia antichissima, tutta da decifrare. Il Museo archeologico “Capialbi” di Vibo Valentia conserva un reperto di inestimabile valore, “la laminetta orfica di Hipponion”. Studi su studi -dal 1969, anno del suo rinvenimento - si sono susseguiti per cercare di carpirne i significati più profondi. Del “gioiellino” vibonese, datato fine V-inzio IV secolo - ne abbiamo parlato con Giuliana Barbuto, studiosa locale. La docente di Lettere classiche ha conseguito presso l’Università della Calabria, la laurea magistrale in Scienze dell'Antichità proprio con una tesi in “Epigrafia greca” dal titolo “La laminetta aurea di Hipponion. Analisi epigrafica e commento storico- linguistico”. La laminetta orfica, gli scavi della necropoli Hipponion Ma cos’è la laminetta di Hipponion? Si tratta di un prezioso reperto costituito da un sottile foglio d’oro sul quale, in greco, vi è uno scritto su sedici righe. È venuto alla luce a fine anni Sessanta, durante i lavori all’ex palazzo Inam da parte dell’archeologo Ermanno Arslan: «La zona corrisponde all’area della necropoli occidentale della antica Hipponion. Nella tomba numero 19 venne trovata la laminetta, ripiegata 4 volte su sé stessa ed era posta all’altezza dello sterno dell’inumato conservato nel sepolcro, una donna. Era piegata – spiega la docente Barbuto – probabilmente per una funzione rituale. Doveva sottrarre agli occhi dei profani il contenuto del testo, riservato ai soli “mystai”, gli iniziati ad una dottrina misterica. Per alcuni orfica, per altri dionisiaca, per altri ancora orfica-pitagorica. L’ipotesi più accreditata è che si tratti di dottrina orfica. Non tutti sono d’accordo». La laminetta posta sul cuore della defunta La laminetta e i reperti contenuti nella tomba numero 19, foto Ministero della cultura La laminetta è stata trovata sul corpo della defunta: «Era posta sul cuore, a rimarcare il valore sacrale. Ma c’è chi sostiene che inizialmente era stata collocata sul capo dell’inumata oppure nella bocca. Poi, col deterioramento del corpo, si sia posizionata all’altezza dello sterno. Le teorie sono diversificate». Nella tomba vennero rinvenuti altri elementi di corredo della sepoltura, tra cui vasi a vernice nera (due bolsal, due skyphoi, due lekytho) ed alcuni acromi (un'olpetta ed un'idria), insieme a due lucerne, alcuni oggetti di ornamento e un anello d'oro nell'anulare sinistro. Tutto il materiale risale al V-IV sec. aC. Il viaggio nell’Oltretomba verso la perenne beatitudine La funzione della laminetta era chiaro: «Il testo -evidenzia la docente Barbuto - Contiene infatti le istruzioni che l’anima doveva seguire per raggiungere uno stato di perenne beatitudine, promesso con l’iniziazione alla dottrina misterica. Seppur molto lontanamente, lo possiamo paragonare al nostro concetto di paradiso». Il reperto testimonia la presenza del culto orfico ad Hipponion. Si inserisce a pieno titolo tra le testimonianze epigrafiche più rilevanti del mondo greco. In Calabria sono rappresentate da sette esemplari, di cui cinque rinvenute a Thurii ed una a Petelia. Ma c’è un dettaglio degno di nota: «È la più antica delle laminette finora conosciute e anche la più lunga. Si trova in uno stato di buona conservazione e le lacune presenti non interferiscono con l’iscrizione». Esistono altre lamine d’oro, circa una quarantina nel Mediterraneo (non orfiche), ma nessuna conserva il testo completo, solo quella trovata a Vibo. Tutto questo rende il reperto vibonese unico. Le istruzioni per l’Aldilà, il testo Disegni della posizione della laminetta sul corpo della defunta, immagine Ministero cultura “A Mnemosyne è sacro questo (dettato): (per il mystes) quando sia sul punto di morire. Andrai alle case ben costrutte di Ade: v'è sulla destra una fonte accanto ad essa si erge un bianco cipresso; lì discendono le anime dei morti per avere rifrigerio. A questa fonte non accostarti neppure ma più avanti troverai la fredda acqua che scorre dal lago di Mnemosyne: vi stanno innanzi custodi ed essi ti chiederanno, in sicuro discernimento, che mai cerchi attraverso la tenebra dell'Ade caliginoso. Dì: "(Son) figlio della Greve ed del Cielo stellato di sete son arso e vengo meno... ma datemi presto da bere la fredda acqua che viene dal Lago di Mnemosyne". Ed essi son misericordiosi per volere del sovrano degli Inferi e ti daranno da bere (l'acqua) del Lago di Mnemosyne; e tu quando avrai bevuto percorrerai la sacra via su cui anche gli altri mystai e bacchoi procedono gloriosi”. Le istruzioni per l’anima della defunta erano chiare: «Ricordava di non fermarsi alla fonte sita presso un cipresso bianco (probabilmente la fonte dell’oblio) poiché bevendo quell’acqua avrebbe dimenticato la vita passata e sarebbe rinata in un nuovo corpo. Gli orfici credevano infatti nella metempsicosi, la reincarnazione delle anime. Il defunto doveva quindi proseguire fino alla “fredda acqua che scorre dal lago di Mnemosyne”, la memoria. I custodi chiederanno all’anima cosa cerca e la stessa dovrà fornire una precisa risposta, “Sono figlio della terra e del cielo stellato”, che consentirà il passaggio e l’arrivo nel luogo di beatitudine per ricongiungersi con la divinità». Laminetta orfica, foto del Museo di Vibo (Fb) «Sono figlio della terra e del cielo stellato». Una frase ricchissima di fascino che racchiude l’intera cosmogonia orfica: «Gli orfici avevano un mito sull’origine del mondo assai particolare. Credevano che gli uomini fossero nati dalle ceneri dei Titani che avevano divorato la piccola divinità Dioniso Zagreo. Per punizione, Zeus fulminò i titani dalle cui fiamme e ceneri nacquero i primi uomini. Per questo conservano sia una natura peccaminosa che divina». A distanza di 54 anni dalla sua scoperta, il reperto vibonese continua ad essere al centro degli interessi della comunità scientifica: «Basta una diversa interpretazione di una parola e il significato varia. La laminetta non si lascia decifrare con facilità e questo alimenta il suo mistero», conclude la studiosa. https://www.lacnews24.it/cultura/storia-laminetta-orfica-hipponion-vibo_166536/
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  4. Buonasera a tutti, Filippo II Due Cavalli
    3 punti
  5. 3 punti
  6. Buonasera a tutti. Ci provavano e riprovavano finché il risultato era simile all'originale, questo falsario e la sua "creazione" della Piastra del 1838 ci ha provato prima coniando su dei tondelli realizzati con leghe di ottone successivamente ricoperti con l'argentatura e poi con tondelli in leghe "bianche" di cui ho il piacere di condividerne un esemplare.
    3 punti
  7. E' molto usurata e chissà quante ne ha passate poverina.... ma forse non hai ben presente cosa può essere un vero horror
    3 punti
  8. Buongiorno amici, ho iniziato da poco l'avventura nel rame di Carlo di Borbone per la Sicilia....monete difficili da trovare in buona conservazione e spesso rare se non rarissime penso ai 5 grani e ai 3 grani...qui non abbiamo una rarità assoluta ma una moneta Rara (non son d'accordo con il gigante che la giudica NC) e in ottima conservazione...esistono due varianti per questo millesimo al rovescio in cartella possiamo trovare sia DIVS sia DVIS...esiste anche il millesimo 1738. Eccovi la moneta, graditi i pareri Un caro saluto. Cristiano. Dritto: I . CAR . D . G .SIC . REX . H sotto F N Rovescio: VT/ COMMO/ DIVS e sotto la data 1737
    2 punti
  9. Segnalo agli appassionati di monetazione marchigiana e a tutti gli appassionati e curiosi numismatici la recentissima pubblicazione da parte di Nomisma della monografia sulla zecca di Recanati. Nell'opera, curata da Lorenzo Bellesia, viene rianalizzata l'intera monetazione di Recanati e la relativa documentazione disponibile. Allego immagine della copertina ed estratto descrittivo. A distanza di quasi un secolo dalla pubblicazione del CNI XIII, Marche, e di due secoli dallo studio di Monaldo Leopardi, sarà sicuramente molto interessante leggere le considerazioni e le conclusioni dell'autore con cui voglio complimentarmi. Estratto dalla presentazione: 80 pagine, completamente a colori Formato 21 x 29,7 cm (A4) Copertina rigida Nomisma Editore - Gennaio 2023 Le monete di Recanati furono classificate per la prima volta nel 1822 da Monaldo Leopardi, il padre del celebre poeta Giacomo. Ora appare un’opera che riconsidera l’intera monetazione recanatese ordinandola cronologicamente dalla prima emissione da collocarsi con precisione, grazie ai documenti, al 1450, per proseguire sporadicamente per il resto del secolo. La monetazione di Recanati si colloca quindi nel contesto della ricchissima monetazione marchigiana del XV secolo insieme ad Ancona, Camerino, Fermo, Macerata ed Ascoli. L’opera di Lorenzo Bellesia riconsidera l’intera materia ripercorrendo anche tutta la precedente letteratura. Buona lettura Mario
    2 punti
  10. Prima di Photoshop , per i ritrattisti, c’era il Colosseo se sbagliavi a ritrarre l’imperatore.
    2 punti
  11. Ciao, ho solo una semplice DIVS, per me è quasi impossibile poter possedere una variante od una rarità.
    2 punti
  12. Buongiorno a tutti Eccola una…purtroppo salvate troppo tardi 😕… se si può dire “salvate” date lo condizioni… Un po’ mi dispiace anche se di poco valore e comuni, meno male hanno trovato il loro posto nel museo!
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  13. L'anno prossimo voglio la moneta italiana "bacio di dama" 🍽️
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  14. Mi sono proprio divertito! Non conoscendo assolutamente questa moneta, ho cercato di interpretare le legenda, scritte con belle lettere gotiche che a prima vista sembrano facili, ma me ne sfuggiva sempre il senso compiuto. Ma ci sono arrivato. E credo si tratti decisamente di una moneta molto rara. Zecca di Foligno. + ° CO ° D ° FVLCI ° N ° E ° O sul campo. intorno a punto. ° S ° FELITIAN ...
    2 punti
  15. Anche secondo me i capelli non hanno subito interventi, l'ultima foto è molto chiara. La pettinatura nelle consecratio di Pio mostra spesso uno stile particolare, quasi barocco, lontano dallo stile classico dei ritratti da vivente.
    2 punti
  16. Apeiron, accompagno alla tua 1805 capelli ricci con 1 speculare al dritto la mia 1805. Ma la tua è più bella... Un caro saluto.
    2 punti
  17. Ruotando il d/ https://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-CAIIID/4
    2 punti
  18. La storia di Cartagine e’ stata da sempre legata a quella di Roma, a partire dalle guerre puniche, durante le quali si era assistito all’apogeo e poi alla disfatta di questa città. Dopo la sua distruzione ad opera di Scipione Emiliano nel 146 a.C. , la città fu poi ricostruita, diventando progressivamente uno dei centri più importanti e prospere dell’impero romano. E tale era anche durante la prima tetrarchia, quando fu coinvolta in un evento bellico che ne minacciò seriamente la sopravvivenza come centro nevralgico del nord Africa romano, soprattutto dal punto di vista economico. Con la nascita della prima tetrarchia, l’impero romano era stato diviso in due parti: l’Oriente (con Diocleziano come augusto e Galerio come cesare) e l’Occidente (affidato all’augusto Massimiano ed al suo cesare, Costanzo Cloro): Ci soffermeremo ora proprio sull’Africa occidentale che allora era sotto il controllo di Massimiano e di Costanzo Cloro. Con l’eliminazione della usurpazione britannica grazie soprattutto all’opera del suo Cesare Costanzo Cloro, Massimiano potè dedicarsi ad una grave minaccia che incombeva in Mauretania, nell’Africa nord-occidentale. La riforma di Diocleziano aveva ridisegnato le province africane per cui la Mauretania Tingitana (MT sulla cartina) era finita della Diocesi delle Spagne, mentre la Mauretania Cesariensis (MC) e Sitifensis (MS) erano rimaste sotto la Diocesi d’Africa. La Mauretania Sitifensis confinava con la Numidia (N) che a sua volta era adiacente all’Africa Proconsolare (AP) dove era ubicata la città di Cartagine. La Diocesi d’Africa come quella delle Spagne faceva parte della parte occidentale dell’impero che all’epoca, dopo la nascita della Tetrarchia nel 293, era divisa tra Massimiano (Augusto) e Costanzo Cloro (Cesare). La città di Cartagine godeva allora di una certa prosperità economica caratterizzata da vivacità commerciale e da una intensa attività di edilizia pubblica e privata. A Cartagine vi era anche un certo fermento religioso; infatti, oltre alla presenza di importante comunità ebraica, era assai radicato il cristianesimo Questo era l’assetto dell’impero all’epoca del conflitto africano che coinvolse Massimiano probabilmente già verso la fine del 296 d.C. Con l'indebolimento dell'autorità romana durante il III secolo, i Quinquegentiani (una confederazioni di varie tribù berbere, cinque per la precisione, come indicherebbe il nome), già a partire dal 293 (ma secondo alcuni anche prima, ovvero dal 289), avevano iniziato a razziare con frequenti ondate gli insediamenti imperiali di tutta la regione con conseguenze sempre più gravi. I Quinquegentiani hanno una piccola menzione in Eutropio che dice: “Anche Massimiano Augusto pose fine alla guerra in Africa schiacciando i Quinquegentiani e costringendoli a fare la pace”. La questione era molto delicata in quanto il nord Africa era uno dei granai dell’impero ed una delle zone più ricche. I berberi erano popolazioni nomadi che abitavano la zona della catena montuosa dell’odierno Atlante da cui partivano in forma di bande di guerriglieri per profonde scorrerie in territorio imperiale alla ricerca di ricchezze. Erano, pertanto, popolazioni “barbare” ai confini meridionali dell’impero (non sfuggirà l’assonanza tra “barbaro” e “berbero”). Probabilmente verso la fine del 296 ed i primi mesi del 297 Massimiano diede inizio ad una grande offensiva contro i Quinquegentiani i quali, partendo dalla Mauretania Tingitana, si erano spinti anche oltre lo stretto di Gibilterra, attaccando la parte meridionale della penisola iberica. La campagna africana fu lunga ed impegnativa (anche perchè combattuta contro soldati irregolari che facevano delle incursioni e della guerriglia il loro modus operandi). La stessa città di Cartagine, che era il centro più importante di quella regione, fu messa in serio pericolo. E proprio a Cartagine Massimiano si era acquartierato per organizzare le operazioni, aprendovi una zecca soprattutto per la necessità di moneta per sostenere le spese militari e (puntualmente) le paghe dei soldati. Dopo una serie di successi che gli consentirono di ricacciare i berberi oltre i confini dell’impero, Massimiano si avventurò in profondità nel territorio nemico con l’obiettivo di eliminare alla radice il problema nel timore di nuove incursioni. Malgrado le difficoltà legate al territorio ostile e l'abilità dei berberi di mettere in atto tattiche di guerriglia, Massimiano non desistette dal suo fermo proposito e, con una efficace azione militare, ebbe la meglio. La campagna si concluse nella primavera del 298. Il 10 marzo di quell’anno Massimiano potè fare il proprio ingresso trionfale a Cartagine. La popolazione gli fu grata e Massimiano fu appellato chiamato redditor lucis aeternae. La zecca di Cartagine fu dunque aperta in quanto la campagna militare contro i Quinquagentiani aveva bisogno di essere finanziata e rapidamente. A questo scopo Massimiano trasferì da Roma maestranze ed attrezzature (forse anche conii). Ciò spiegherebbe lo stile, per così dire, “romano” di queste coniazioni cartaginesi. Tuttavia, al di là dello stile, le emissioni di Cartagine si distinguono da quelle di Roma soprattutto per l’originalità dei suoi rovesci in tutti e tre i metalli (non coniò, per esempio, Genio populi romani, all’epoca il rovescio più comune in tutto l’impero). La zecca di Cartagine, tra l’altro, ebbe una particolare organizzazione, con l’ utilizzo delle officine in base all’anzianità dei sovrani; troviamo, quindi, la prima officina per Diocleziano, la seconda per Massimiano, e così via fino alla quarta officina con i diversi sovrani (augusti e cesari) succedutesi nel periodo di apertura della zecca. A proposito di rovesci particolari, oggi vorrei soffermarmi proprio su quello che ricorda in maniera specifica l’inizio della campagna africana di Massimiano (culminata poi con il suo ingresso trionfale a Cartagine) ovvero il FELIX ADVENT AVGG NN . E’ l’abbreviazione di Felix adventus augustorum nostrorum. Potremmo tradurlo con “Il felice (o fortunato, per i cartaginesi) arrivo in città dei nostri augusti”, la commemorazione solenne dell’arrivo di Massimiano e quindi, indirettamente, l’acclamazione di ringraziamento e riconoscenza verso il sovrano da parte dei cittadini di Cartagine per un evento assai importante per la salvezza e la sicurezza della città. Da notare che si parla al plurale, ovvero di “augusti”, nonostante che l’evento ricordato riguardi, all’atto pratico, il solo Massimiano. E’ una cosa che si ritrova spesso nelle monete. Qui, probabilmente, si vuole ribadire la solidità dell’impianto tetrarchico e l’unità di intenti dei sovrani, ma non è improbabile che si voglia anche solo indicare, in generale, una rinnovato interesse imperiale per le questioni africane, di Cartagine in particolare. Del resto, il rovescio è stato coniato non solo per Massimiano, ma anche per l’altro augusto Diocleziano e per i due cesari della prima tetrarchia, ovvero Costanzo Cloro e Galerio. Si tratta di coniazioni avvenute proprio in contemporanea con la spedizione di Massimiano in Africa e che quindi rientrano nella prima emissione della zecca di Cartagine. ADVENTVS significa proprio “arrivo” e l’arrivo in una città dell’imperatore era un evento speciale, degno di celebrazioni e commemorazioni (anche perché non era un evento frequente). Secondo alcuni si tratterebbe, invece, della celebrazione dell’ingresso in città dopo la vittoria finale sui Quinquegentiani, ma queste coniazioni (in base al RIC) iniziano nel 296 fino ad arrivare al 298, nel pieno della campana africana, con riferimento quindi all’arrivo in città di Massimiano per le operazioni militari, piuttosto che all’ingresso vittorioso a Cartagine ad operazioni concluse (avvenuto, come detto, nella primavera del 298). Andiamo a vederlo questo rovescio, partendo dalla moneta d’argento. Gli argentei con la legenda classica (lunga) li troviamo solo a nome di Diocleziano. Per Massimiano ne troviamo con la legenda abbreviata FEL ADVENT AVGG NN e F ADVENT AVGG NN. Ecco due esempi: Vi è la personificazione dell’Africa avvolta in un ampio panneggio, con un copricapo di pelle di elefante, recante uno stendardo nella mano destra ed una zanna di elefante nella mano sinistra. Ai piedi, a sinistra, un leone che ha appena catturato un toro. Davvero una effigie affascinante che ci richiama in tutto l’Africa Questa che ho scritto è la descrizione del RIC. Circa il copricapo di pelle di elefante, onestamente non capisco bene. Lo stesso per quanto riguarda l’animale con le lunghe corna ai piedi dell’Africa: sarà davvero un toro? Io penserei di più ad uno gnu o ad una antilope, considerato il contesto “africano”. Ma questa è solo una mia ipotesi. Interessante poi, al di là di tutto, la scelta del soggetto. Infatti, solitamente, le monete con l’adventus rappresentano l’imperatore a cavallo nell’atto di entrare in città, magari accompagnato dai soldati e con qualche prigioniero. Qui abbiamo una effigie del tutto diversa, tipica della zecca di Cartagine che, come detto, si distingue dalle altre zecche proprio per alcuni suoi particolari rovesci. E ora i “bronzi” che hanno tutti legenda lunga FELIX ADVENT AVGG NN. Questa non ha lettere nei campi: Questa che segue ha la lettera B, marchio delle seconda officina, quella dedicata a coniare per Massimiano (la sigla PKS in esergo dovrebbe stare per PERCVSSA KARTHAGO SECVNDA): Sulle due monete che seguono si può notare nei campi del del rovescio la lettera H. E’ la prima lettera della parola Hercules da cui sosteneva di discendere Massimiano, donde il soprannome di Erculio (sulle monete di Diocleziano si troverà la lettera I da Iuppiter, da cui poi Giovio; la stessa distinzione H/I avverrà per i rispettivi cesari e le loro monete): E l’oro? Secondo il RIC questa tipologia, in oro, sarebbe conosciuta solo per Diocleziano, Costanzo Cloro e Galerio.Ecco cosa dice espressamente il RIC: “…..it is inconceivable that it was not also struck for Herculius himself”. E’ “inconceivable”, incredibile, che non sia stato coniato per Massimiano, vero protagonista della vicenda.Questo tanto, tanto per intenderci, e’ un aureo di Diocleziano: Tuttavia, nel 2016, vi è stata questa asta: Si tratta di un aureo di Massimiano che mi pare condivida lo stesso conio di rovescio con l’aureo di Diocleziano. Tornando al significato del rovescio, e’ interessante anche notare come FELIX ADVENTVS AVGG NN sfoci, già nel 298, nelle SALVIS AVGG ET CAESS FEL (AVCTA) KART (coniate poi fino al 306) a sottolineare proprio l’attuale benessere della città dovuto alla vittoria sui nemici ed al rinnovato interesse imperiale per la città, magari anche con la costruzione di nuovi edifici. Ma non solo: SALVIS AVGG ET CAESS e’ un ablativo assoluto, ad indicare anche che Cartagine potrà continuare a godere di grandi benefici solo se verrà garantita e tutelata la salute e la sicurezza dei sovrani. Ecco un esemplare con FEL: Ed uno con AVCTA: Su questa tipologia non mi soffermerò oltre, se ne e’ già parlato sul forum per la particolarità degli oggetti tenuti in mano da Cartagine: https://www.lamoneta.it/topic/188484-tutti-uguali-sti-follis/#comment-2094055 Il legame di Massimiano con Cartagine emergerà anche negli anni a venire. Ecco una moneta fatta coniare da Massenzio nel 307 dove Massimiano (allora senior augustus) viene accostato al figlio, entrambi acclamatisi ed acclamati (per la verità insieme anche a Costantino, allora ancora cesare nelle frenetiche lotte di potere di quegli anni) quali “CONSERVATORES” della città di Cartagine: Ritorna uno schema noto per Massenzio, ma Cartagine al centro del tempio con la stessa iconografia vista nella SALVIS. Qui chiudo la discussione, sperando che abbia suscitato un po' del vostro interesse. Per me, certamente una occasione per studiare ed imparare cose nuove. Per chi volesse approfondire il discorso sui folles della prima Tetrarchia: https://www.lamoneta.it/topic/188484-tutti-uguali-sti-follis Per chi invece volesse approfondire il discorso sulla zecca di Cartagine: https://www.lamoneta.it/topic/177949-appunti-cartaginesi Fonti: oltre alle citate discussioni: - RIC Vol VI - http://www.constantinethegreatcoins.com/ - http://augustuscoins.com/ - https://notinric.lechstepniewski.info/ - http://www.wildwinds.com/coins/ric/i.html Sempre disponibile a correzioni, integrazioni, suggerimenti. Ciao da Stilicho
    1 punto
  19. Ciao a tutti! Oggi scrivo del mio nuovo aquisto, per 14 € che trovo spesi molto bene. Quando si parla di denaro metallico, io pensavo ai popoli asiatici presi ad infliare le monete per trasportarle (e forse anche i norvegesi moderni...) e pure ai romani, che mettevano tutto in un bel sacchetto: noi - si sa - siamo abituati ad un portamonete Ma qualcuno ha mai pensato di farne un fascio?!? Sì! Perchè questi non sono oggetti ma sono MONETE! Questo è un Kissi penny: un manufatto di ferro pre-monetario che prende il nome dal popolo dei Kissi stanziato nelle aree ricche di minerali di ferro nell'entroterra dell'Africa occidentale (Guinea francese, Sierra Leone e Liberia). Il denaro, chiamato anche gizzi penny, è costituito da aste di ferro attorcigliate dello spessore di qualche millimetro, a forma di T a un'estremità e piatte all'altra. I fabbri locali fabbricavano queste monete sotto la direzione del capo villaggio, tipo l'organo di emissione. Si trattava di pezzi di ferro battuto, comunemente di lunghezza variabile da circa 15 a 40 cm, anche se per lo più da 20-30 cm (ma anche varianti molto più lunghe). Il mio qui sopra è ca. 24 x 3,5 cm. Vediamo un po' cosa se ne poteva fare: con due di queste monete si potevano acquistare 20 arance o un mucchietto di banane. Per le transazioni più importanti, venivano per lo più confezionate in mazzette da 20 pezzi. (grazie al museo di Brooklyn per l'immagine) All'inizio del XX secolo, i registri indicano che una mucca poteva essere acquistata per 100 mazzi (2.000 Kissi Pennies), una sposa per 200/240 mazzi e gli schiavi per ben 300 mazzi (sì, avete letto bene, nel ventesimo secolo in Africa si trafficava ancora con gli schiavi). Ma non basta: una volta che i penny Kissi smisero di circolare come denaro, mantennero ancora valore per l'uso nelle cerimonie religiose. Si riteneva che queste monete avessero un'anima - "soul money" - e dei pezzi rotti venivano deposti presso i defunti affinché la loro anima potesse fuggire, invece se un soldo veniva rotto accidentalmente doveva essere ripristinato da un mago per salvare l'anima del suo proprietario. Spero nella clemenza di @petronius arbiter (che nel lontano 2014 aveva già trattato questo argomento) che non mi timbri di plagiatore, ma vediamo di non "fare di tutte le monete un fascio" 😁 Alla prossima, Njk ======================= PS: dimenticavo... per ammirare l'immagine di sopra in tutta la sua bellezza, cliccateci sopra e - per chi non è al telefonino - consiglio di girare il monitor di 90°
    1 punto
  20. D/ EN 1793 LE DOCTEUR PHILIPPE PINEL LIBÉRAIT LES ALIÉNÉS DE LEURS CHAÎNES - In basso a sinistra FLEURY T•R (PINX•) / LA SALPÊTRIÈRE R/ EN 1950 LE LARGACTIL 4560 RP CHLORPROMAZINE LIBÉRAIT LES MALADES DE LEUR PSYCHOSE - Nel riquadro HOMMAGE DE / SPECIA Traduzione D/ Lo psichiatra Philippe Pinel libera i pazzi dalle catene - Tony Robert-Fleury (Dipinto) / La Salpêtrière R/ Nel 1950 il Largactil 4560 RP Clorpromazina ha liberato i pazienti dalla psicosi – Omaggio di Specia Bronzo: diametro 67 mm; provenienza asta Elsen 153. apollonia
    1 punto
  21. Ormai Aeronautica e Tutela ambiente risultano esaurite anche sul sito che ho proposto a molti di voi. Per chi si è prenotato in tempo non dovrebbero esserci brutte sorprese. Attendiamo fiduciosi!
    1 punto
  22. Grazie per L informazione😅 ho dato un occhiata.Purtroppo ho solo questo…gli do il giusto tributo.
    1 punto
  23. Ci sono stati nel tempo evidenti casi di accaparranento di divisonali o monete in grande quantità da parte di commercianti all emissione. Ovviamente con immedoato rialzo dei prezzi di rivendita.. E poi come non citare la monete monegasche Prima dei click day se ricordate c'erano i moduli cartacei.. ai tempi si sapeva già che solo una piccola parte veniva messa in vendita al dettaglio ai collezionisti, ma ovviamente la gran parte veniva smerciata ai commercianti Mi sembra abbiano continuato di questo andazzo a Monaco. Mentre ad esempio vaticano assegna piu monete a chi compra di più (e continua a comprare, ovviamente...) Anche IPZS non fa la politica corretta secondo me. Al posti dei click day di questi tempi dovrebbe proporre abbonamenti annuali ai clienti fidelizzati. E per gli altri clienti non costanti mettere lo shop online col click day
    1 punto
  24. Il dritto del medaglione si ispira al dipinto di Tony Robert-Fleury (1837-1911), dal titolo “Lo psichiatra francese Philippe Pinel (1745-1826) libera i pazzi dalle catene nel manicomio della Salpêtrière a Parigi nel 1795.” apollonia
    1 punto
  25. È quel che ho scritto io
    1 punto
  26. Già che parliamo di bellezze da godere col popcorn, personalmente adoro le foto dei dettagli. Sfumature incisorie e di patina si apprezzano al meglio; con alti ingrandimenti poi (>50) si entra in un mondo sconosciuto ai sensi. Ovviamente non è il caso di questa immagine -già affascinante- scattata magari con la funzione macro. Ma per curiosità possiedi un microscopio digitale collegato al pc con cui scattare foto?
    1 punto
  27. In questa foto, purtroppo non molto a fuoco, ho provato a fotografare in primo piano il naso.
    1 punto
  28. Ti hanno dato la patente di menagramo ? Non comprare nulla, per favore per non attirarti le "benedizioni" di tutti quelli che qualche Kg lo hanno !
    1 punto
  29. Però mi sembra quantomeno anomalo non dare la precedenza ai moduli ed aprire lo shop, lasciando così in dubbio e in ansia chi attende il modulo, magari anche mettere un disclaimer sul sito no eh!?
    1 punto
  30. Il naso dritto si può riscontrare anche in altri esemplari https://www.acsearch.info/search.html?id=2733736
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  31. E' un paisa del Nepal ; https://en.numista.com/catalogue/pieces5459.html
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  32. Grazie per aver postato anche il tuo esemplare...in realtà non so se la variante DVIS sia più rara o quanto più rara...nel gigante danno questa con DIVS, la DVIS sempre del 37 e la 38 tutte con il grado di rarità NC....e come già detto non sono d'accordo, la 37 base per me è rara! Ne approfitto per postare la sorella maggiore, un 2 grani, ma del 38...passata da poco in asta, ho lottato fino all'ultimo, ma se l'è portata a casa qualcun altro...moneta lavata ma notevole! Peccato non sia finita in collezione Asclepia!
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  33. Sul vecchio cartellino di Baranowsky non c'è scritto, presumo vendita diretta in negozio, ma si parla di parecchi anni fa.
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  34. Non sono le medaglie di Mazio che valgono poco, è la medaglistica papale che non ha valenza economica, trovi opere d'arte al prezzo di una serata familiare in pizzeria. Esempio: nell'ultima asta Varesi mi sono aggiudicato una medaglia di pio xi del 1933 (la Porta Santa) del grande scultore e medaglista friulano Aurelio Mistruzzi al prezzo di 60 euro. Medaglia d'argento coniata in 2000 pezzi e in conservazione perfetta, FDC assoluto: mio nipote Lorenzo (di sei anni), prendendola in mano ha esclamato "è bellissima". Conclusione: questo attualmente è il mercato.
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  35. Quindi non si tratta di un gettone ma di una medaglia in bronzo patinato con testa di cavallo a destra, per gli auguri di Buon Anno Nuovo 2008 da parte di Maria Luisa Dupont. Il cavallo è stato scolpito da A. Devaert nel 1940 (il mio anno di nascita). Buona notte apollonia
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  36. 1 punto
  37. Ciao Gianfranco! Anche per me e' un bezzo o mezzo soldo del Gritti. Dalla parte del leone la sigla IN HOC S VINCIT
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  38. Probabilmente si tratta di questo grosso di Clemente XIV. https://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-CLXIVR/3
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  39. Sul mio grano del 1737 l'usura non si è accontentata di spennare l'aquila e farla a forno...,... se l'è pure mangiata!
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  40. l'articolo di Debernardi, Lippi, Campana è veramente molto interessante anche per chi come me si occupa di periodi molto diversi e lontani ne consiglio la lettura a tutti Alain
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  41. Ciao a tutti oggi condivido con voi un mio sesterzio di Antonino Pio proveniente da una vecchia collezione, Ex Crippa Numismatica, Ex Moruzzi numismatica. Impero Romano, ANTONINO PIO, (138-161 d.C.), SESTERZIO, emissione del 140-144 d.C., della zecca di Roma, con al dritto: ANTONINVS AVG PIVS P P TR P COS III, testa laureata a destra, ed al rovescio: ROMAE AETERNAE, S C, tempio decastilo, con frontone decorato con cinque bassorilievi; a ciascun angolo una figura con una cornucopia, è in bronzo, del peso di grammi 25,64 e diametro di millimetri 31,47. L'esemplare, raro (R), con riferimenti bibliografici R.I.C., 622a/S; Cohen, 699/Fr.12; Cayon, 318, Ex Crippa primavera 2005, n. 161.
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  42. Al solito, concordo 🙂 Aggiungo che di pezzi "insignificanti" il nostro Re Numismatico ne ha lasciati davvero pochi. Quello in esame, peraltro, c'invita a riflettere sull'attuale calo demografico.
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  43. Ripulitore di spiagge: "Vorrei denunciare il ritrovamento di un oggetto archeologico, come previsto dalla normativa vigente" Carabiniere: "Oh, che ha trovato? Una statuetta di bronzo? Un vaso di 2000 anni fa?" RS: "Una moneta da 100 lire del 1957" C: "Congratulazioni, in confronto a lei Indiana Jones era un pezzente pantofolaio dedito alle scommesse ippiche clandestine. Inoltre le comunico che lei ha diritto a un compenso di 1/3 del valore del ritrovamento, che in questo caso ammonta a mezzo centesimo. Purtroppo non abbiamo in corso monete di taglio così basso ma si rimedierà con un assegno o un'elargizione elettronica. Prego, compili questo modulo" Dopo la compilazione il carabiniere lo legge. C :"Tutto in regola, ma noto con immenso disappunto che l'oggetto è stato rinvenuto due giorni fa" RS: "Sì, era questo sabato. Avevo in mente di denunziarlo domenica mattina dopo la messa, ma purtroppo sabato notte sono andato in discoteca e mi sono ubriacato (però ho rispettato il divieto assoluto di guidare in stato di ebbrezza facendomi accompagnare a casa dall'unico membro sobrio della compagnia), così dato che il giorno dopo avevo un lancinante mal di testa ho dovuto aspettare oggi" C :"Comprendo il suo sforzo di essere un cittadino esemplare, ma debbo comunicarle una brutta notizia: lei ha violato la norma che prevede l'obbligo di denunzia dei ritrovamenti entro le 24 ore successive, fuso orario Central European Time" RS: "Accidenti, non lo sapevo! E adesso?" C :"Per quanto personalmente ciò mi dolga è mio dovere di membro delle forze dell'ordine denunziarla a piede libero. In seguito le autorità competenti si occuperanno del suo caso" RS: "Me tapino! Me fallito! Volevo essere un cittadino modello della repubblica e invece eccomi qua in disgrazia. Padre mio defunto, perdonami: ho disonorato la nostra famiglia!" C :"No, non faccia così. Lei rischia al massimo una multa per l'abbietto errore che ha commesso" RS: "Ciò mi conforta, ma ormai quel che è fatto è fatto" Ragazzino: "Salve, la disturbo per chiedere l'autorizzazione ad usufruire del suo podere per ricerche archeologiche legali" Qualcuno: "E' indubbiamente lodevole per un ragazzino della tua età interessarsi a cose simili, ma temo di non poterti accontentare: è risaputo che le leggi del nostro stato vietano attività simili nelle zone non consentite" R: "No, non deve preoccuparsi: ho passato gli ultimi mesi a studiare tutte le vigenti leggi in materia e ho memorizzato una mappa con tutte le zone da rispettare, centimetro per centimetro compresi i confini amministrativi di frazioni e quartieri" Q: "Allora posso stare tranquillo?" R: "Garantisco che nonostante la mia giovane età mai e poi mai oserei cadere nella tentazione di violare le leggi della nostra gloriosa repubblica di cui sono fiero cittadino, nè tantomeno le norme comunitarie, e tenermi quanto rinvenuto nel suo terreno" Q: "Ragazzino, per me ormai sei un uomo!" R: La ringrazio. Ovviamente in cambio della sua gentilezza spartiremo a metà i compensi dovuti per legge a chi ritrova pregiati reperti archeologici, tipo anelli di ferro arrugginiti di dubbia identificazione o monete di cinquant'anni fa" Poliziotto: "Ma si rende conto di quello che ha fatto? Lei ha osato transitare con un metal detector in questa zona, che per comodità denomineremo da qui in avanti zona B, dove le vigenti normative ne rendono illecito l'utilizzo" Persona munita di metal detector: "No, le assicuro che non volevo fermarmi lì a utilizzare il metal detector, ma stavo transitando dalla mia zona di provenienza, che chiamerò zona A, fino a quella ad uso consentito, zona C" P: "Lei mente. Si stava con tutta evidenza preparando all'utilizzo, ma qui ci troviamo pressappoco al centro geografico della zona B" PMD: "Le assicuro che giammai oserei prendermi gioco di un membro delle forze dell'ordine che ogni giorno rischia la vita anche per me. In realtà qui siamo in zona C, perchè l'area in cui ci troviamo è un'exclave di C dentro B" P: "Ma... a me non mi risulta" PMD: "Le garantisco che è così. Si rechi pure in municipio e si procuri una mappa dettagliata di questo comune: vedrà che è come le dico" P: "In quanto membro delle forze dell'ordine è mio dovere accertarmi che le cose stiano effettivamente così. Intanto sono costretto a sequestrare e custodire temporaneamente quello strumento del demonio, che le sarà restituito non appena verificheremo che non è stato commesso alcun illecito. Mi dispiace" PMD: "Ma certo, nessun problema, lei sta solo facendo il suo dovere"
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  44. Buongiorno, gran bella moneta, mi piace davvero molto. Sono d'accordo con @Scudo1901 che ancora la patina non è omogenea. Diciamo che è in "lavorazione".
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  45. Un bell’esemplare complimenti con gradevole patina ancorché non del tutto omogenea e con qualche macchietta nera sul contorno a quanto è dato vedere. Una moneta il cui significato iconografico-allegorico, rappresentato pochissimi anni prima della catastrofe che ci avrebbe colpito, trascende quello storico ed anche estetico, anche se il rovescio, come molti dei pezzi del Re Numismatico, secondo me è tutt’altro che insignificante.
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  46. Ma senti, sempre di Toscana si parla ma non di Granducato, bensì di Regno d'Etruria! Ecco perchè il simbolo era simile ma non uguale! Grazie mille e complimenti
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  47. Stasera vi presento una banconota che è opportuno confrontarla con il 100 Mark del 1910 postato in questa discussione. Pochi giorni fa mi è arrivato il 5 Mark del 1904 dell'Impero germanico, periodo che va dal conseguimento di una piena unità nazionale il 18 Gennaio 1871 fino all'abdicazione del Kaiser Guglielmo II il 9 Novembre 1918. Le Reichskassenscheine erano banconote che circolarono nel Reich tedesco dal 1874 al 1923 e furono emesse dalla "Reich Debt Administration". Quindi le banconote della Reichskasse erano cartamoneta statale con l'obiettivo di sostituire le diverse banconote federali che circolavano in quel periodo negli stati indipendenti tedeschi fino al 1871. Questo diede la possibilità di riordinare ma soprattutto unificare la cartamoneta nel Reich. La loro emissione fu regolata per la prima volta il 30 aprile 1874 dalla legge sull'emissione di titoli del tesoro del Reich, compresi i tagli da 5, 20 e 50 marchi. Nel corso della crisi di liquidità, il 6 Ottobre 1906 il loro valore massimo fu limitato a 10 marchi. Durante il periodo di inflazione, queste banconote persero completamente il loro valore fino al 1923, insieme alle banconote del Reich, del registro dei prestiti, a quelle private e alle varie emissioni di emergenza. Questa banconota da 5 Mark del 1906 fa da contraltare al 100 Mark del 1910 "Flottenhunder": infatti mentre nel 100 Mark viene raffigurata una Germania bellicosa nel 5 Mark del 1906 né abbiamo una visione più pacifica. Storicamente siamo negli anni della guerra russo-giapponese (8 febbraio 1904 — 5 settembre 1905) che oppose le ambizioni imperialistiche dell'Impero Russo e dell'Impero Giapponese per il controllo della Manciuria e della Corea. Va ricordato che tale conflitto fu favorito dalla Germania, interessata a indebolire l’alleanza franco-russa, e dalla Gran Bretagna, in contrasto con la Russia in India e perciò disposta a finanziare l’impresa giapponese. Il fronte della banconota sembra raffigurare lo status assolutamente pacifico dell'Impero germanico dei primi del '900 ed infatti l'oceano si estende fino all'orizzonte senza una sola nave da guerra in vista. Sulla riva però, oltre ai simboli dei vari mestieri (l'agricoltura, l'industria, il commercio e la navigazione), si intravede la prua di una nave vichinga, che probabilmente vuole riaffermare le origini di un popolo esploratore, conquistatore e dedito al commercio. La "Germania incoronata", invece, è raffigurata senza la spada e con lo scudo (con l'aquila prussiana, riconoscibile dallo scudo bianco e nero) messo da parte; la punta della lancia che porta sulla spalla è velata da uno stendardo. L'attenzione dello spettatore cade al centro dell'immagine dove una colomba con il ramo d'ulivo nel becco vola via dalla mano di un bambino nudo seduto vicino alla Germania, con messaggio molto chiaro per tutti i paesi: il Reich tedesco offre la pace al mondo! Nel rovescio della banconota c'è la conferma di tale messaggio ed infatti il temibile drago Fafner della saga dei Nibelunghi ha reso omaggio al motto “Io giaccio e posseggo” (Ich lieg’ und besitz’; R. Wagner-La saga dei Nibelunghi), in senso difensivo, ma solo difensore dello status quo. Quindi il degno rappresentante di una nazione che vuole godersi in pace i frutti del proprio guadagno. Voglio continuare ad annoiarvi perché è più forte di me...quindi chi è curioso e vuole conoscere la storia di Fafner (o Fafnir) può continuare la lettura... --------------------------------------------------- IL MITO DI FAFNIR, SIGFRIDO E IL TESORO MALEDETTO ---------------------------------------------------- Fafnir ("Quello che abbraccia") è il drago che custodisce il tesoro nella saga dei Voslunghi e nella saga dei Nibelunghi. Incarna il peggiore difetto dei draghi, l’avidità. Non è particolarmente molesto, si limita ad appestare l’aria per scoraggiare le visite dei curiosi e proteggere il suo tesoro. La storia inizia con il trio divino formato da Odino, Loki e Hoenir, inseparabili compagni d'avventura che, annoiati dalla beatitudine celeste, scendevano sulla terra, esplorando il mondo intero. In una di queste loro peregrinazioni, gli dèi giunsero nei pressi di un fiume e, per diletto, ne seguirono il corso fino ad una cascata. Qui, seminascosta dalla vegetazione lussureggiante, scorsero una lontra che stava mangiando avidamente un salmone appena pescato nelle acque gelide della cascata. Il perfido Loki, approfittando di quel momento, raccolse una pietra dal greto del fiume e la scagliò con forza contro l'ignaro animale, uccidendolo all'istante. Vantandosi di aver preso due prede con un sol colpo, Loki mostrò la lontra ed il salmone ai suoi compagni: avevano fame e quello era proprio il cibo che preferivano. Senza perdere tempo, si diressero verso una fattoria lì vicino e chiesero ospitalità. Era la dimora di Hreidhmarr, un contadino esperto di arti magiche, un uomo molto potente. Egli si mostrò entusiasta dell'offerta divina invitandoli ad entrare. Ma non appena scorse la lontra nelle mani di Loki, chiamò con un urlo bestiale i suoi figli, Fafnir e Reginn. Con mossa fulminea, padre e figli immobilizzarono gli Asi, cogliendoli di sorpresa. Poi il contadino disse che avevano ucciso suo figlio Otr il quale, trasformatosi in una lontra grazie ad uno dei suoi incantesimi, era andato a pescare. Il terzetto divino disse d'essere disposto a pagare qualsiasi quantità d'oro per ripagarlo della perdita del figlio. Allora il contadino scuoiò la lontra e ne prese la pelle, facendone un involucro: mostrandolo agli dèi, disse che dovevano portarglielo ricolmo d'oro massiccio e di gioielli. Odino inviò Loki, l'unico adatto a tal genere di missioni, nei territori degli Elfi neri: solo essi, infatti, possedevano simili tesori. Loki inoltre conosceva bene le vie tortuose del sottosuolo e, forte della sua esperienza di «tessitore d'inganni», sapeva come catturare Andvari, un nano famoso per i tesori che custodiva. Andvari ogni giorno si trasformava in pesce ed andava a tuffarsi nelle acque di un lago: Loki non fece altro che catturarlo mentre si trovava in acqua e, minacciandolo di morte, si fece condurre nella caverna dove era nascosto l'oro. Il nano gli consegnò il suo immenso tesoro: una miriade di monili in oro e gemme preziose. Andvari, pensando di sfuggire all'occhio vigile di Loki, tentò di trattenersi un anello d'oro che concedeva a chi lo indossava il potere di trovare altro oro. Ma Loki fu lesto: si impadronì anche dell'anello. E fu allora che Andvari lanciò la sua maledizione: chiunque avesse posseduto quell'anello sarebbe stato travolto da un mare di guai. Loki ascoltò le parole del nano e, dando il suo assenso, replicò che lui stesso avrebbe fatto conoscere la profezia ai futuri padroni dell'anello. Carico d'oro, Loki fece ritorno alla casa di Hreidhmarr e mostrò il suo bottino ad Odino. Il padre degli dèi, inspiegabilmente, prelevò dalla massa aurea l'anello maledetto e lo nascose. Fu chiamato il contadino per procedere al pagamento del riscatto: la pelle di lontra, sicuramente per virtù di qualche magia, si gonfiava a dismisura, accogliendo con voracità intere montagne d'oro e preziosi. Ma, alla fine, il budello si riempì, colmo del tesoro di Andvari: mancava solo l'anello sottratto da Odino. Scaltro ed ingordo fino all'inverosimile, Hreidhmarr indicò un minuscolo spazio della pelle rimasto vuoto: bisognava riempirlo altrimenti non avrebbe rispettato i patti. Allora Odino fu costretto a riempire quel vuoto con l'anello che aveva sottratto di nascosto. Solo allora l'astuto contadino liberò gli dèi. Appena fuori dalla casa, quando non c'era più nulla da temere, Loki raccontò della maledizione di Andvari e, con la dovuta solennità, pronunziò le formule magiche che l'avrebbero attivata: quell'oro sarebbe stato la rovina di chiunque lo avesse posseduto. Gli influssi malefici dei tesoro non tardarono a manifestarsi: nella dimora di Hreidhinarr scoppiò un furioso litigio. I due figli contestavano al padre il possesso dell'oro: anch'essi, fratelli di Otr, fonte di quell'improvvisa ricchezza, avevano diritto ad una parte del riscatto. Hreidhimarr rifiutò con sdegno di consegnare anche un solo pezzo del «metallo del litigio» a Reginn e Fafnir. E un giorno, con l'animo ormai annebbiato dai sogni di ricchezza, i due fratelli uccisero il padre: l'oro maledetto aveva fatto la sua prima vittima. Subito dopo Fafnir, che era il più violento dei due, ebbe la meglio e, senza pietà, cacciò di casa il fratello. Fafnir prese l'elmo fatato usato dal padre per le sue magie e la spada, l'invincibile Hrotti e, portando con sé la pesantissima pelle di lontra, si rifugiò nelle oscure contrade di Gnita. Qui, con circospezione, si scavò una tana profonda nella roccia e, recitando arcane formule, si trasformò in un drago, una bestia mostruosa che lanciava lingue di fuoco dalle narici e dalle fauci. Da quel momento, accovacciato sulla pelle di lontra, Fafnir non si allontanò mai dal tesoro, tenendo alla larga chiunque osasse passare per quelle terre. Intanto Reginn aveva iniziato a peregrinare per il mondo, finché un giorno arrivò alla corte del re Hiaìprekr di Thiodhi, divenendo il suo fabbro di fiducia. L'abilità di Reginn nel forgiare armi ed utensili, furono conosciute anche nel regno di Sigmund della stirpe dei Volsunghi, che, come allora si usava, decise di affidargli l'educazione di suo figlio Sigfrido. Seguendo gli insegnamenti del suo tutore, questi divenne in breve tempo un nobile condottiero, famoso per la sua maestria nel maneggiare armi e per il coraggio. Quando Reginn ritenne che il suo protetto fosse pronto per l'impresa eroica, gli raccontò del tesoro custodito dal drago e lo convinse a partire per conquistare quelle immense ricchezze. Le mani di Sigfrido brandivano la spada chiamata Gramr, forgiata da Reginn: essa aveva una lama talmente affilata che l'eroe riusciva a tagliare in due un filo di lana trascinato dalla corrente di un fiume. Reginn accompagnò Sigfrido a Gnita e gli mostrò la tana del drago Fafnir: insieme studiarono le mosse del mostruoso custode. Solo una volta al giorno il drago abbandonava la sua caverna, ma sempre con il tesoro ben stretto nelle sue grinfie, per andarsi a rinfrescare nelle acque di un fiume lì vicino. Allora l'eroe scavò una buca lungo il percorso abituale di Fafnir e, senza farsi scorgere dal drago, si calò dentro. Quando, come ogni giorno, Fafnir si mosse, fu costretto a strisciare sulla fossa: con tutta la sua energia Sigfrido gli conficcò, dal basso, la spada nel ventre, dilaniandolo a morte. Sigfrido si lavò dunque nel sangue di Fáfnir, che lo rese invulnerabile, tranne che per un punto della spalla dove si era posata una foglia. Prima di morire Fáfnir ammonì Sigfrido che l'anello sarebbe stata la sua rovina, senza però essere ascoltato. Solo dopo l'uccisione del drago rispuntò Reginn, che era rimasto nascosto ordinandogli di estrarre il cuore del drago e di arrostirlo: voleva mangiarlo per acquisire i poteri magici del padre. Sigfrido, fedele agli ordini del suo tutore, aveva estratto il cuore di Fafnir e, conficcatolo su uno spiedo, lo stava arrostendo. Sigfrido, casualmente, assaggiò il sangue di Fáfnir e si rese conto d'essere in grado di comprendere il linguaggio degli uccelli che gli permise di scoprire i piani del perfido patrigno. Decise così di uccidere Regin decapitandolo con la sua spada. Poi stipò tutto l'oro appartenuto al nano Andvari nelle borse laterali che portava appese alla sella del cavallo e lo nascose in un posto sicuro lungo il corso del Reno. Sigfrido, che si guadagnò il nome di Fáfnisbani" ("Uccisore di Fáfnir"), apprese da un falco che Brunilde, una delle più belle Valchirie, era stata relegata da Odino sulla vetta di un monte circondato di fiamme. Sigfrido riuscì a liberarla e si innamorò perdutamente di lei; anche Brunilde era profondamente innamorata del bellissimo eroe e i due decisero di sposarsi e l'anello maledetto suggellò il loro fidanzamento. Per la bella Valchiria, però, ardeva d'amore anche Gunther, Re dei Burgundi, un popolo guerriero di stirpe Vichinga, il quale invitò l'eroe a corte per una partita di caccia. Gunther, però, mirava anche ad impadronirsi del tesoro nascosto e chiese al mago Hagen di aiutarlo nell'impresa. Il mago preparò un filtro magico che fece accendere d'amore il cuore di Sigfrido per la bella Crimilde, sorella di Gunther. Sigfrido abbandonò Brunilde e le rubò l’anello e lo regalò alla sua nuova moglie, Crimilde. La bella Valchiria, però, umiliata e tradita, mise ben presto in atto la sua vendetta: rivelò al mago Hagen il punto vulnerabile dell'eroe e questi durante una partita di caccia lo colpì a morte. Venuta a conoscenza della verità, Brunilde, sopraffatta dal dolore e dal rimorso, si gettò sulla pira che Crimilde aveva fatto preparare per Sigfrido. Metà del tesoro venne bruciato sulla sua pira funebre, affinché potesse goderne nell’aldilà. Spietata, invece, fu la vendetta di Crimilde nei confronti degli assassini dell'amatissimo marito. Diventata la sposa di Attila, re degli Unni, Crimilde invitò ad un banchetto suo fratello e il suo seguito e anche il mago Hagen poi chiese ad Attila, il quale non aspettava altro, di farne strage per impossessarsi del tesoro ma il fratello di Crimilde morì senza rivelarne il nascondiglio. Nel frattempo, l’immortale nano Andvari continuò a cercare di recuperare il suo tesoro. Non usò incantesimi e non radunò eserciti. Lo fece da vero nano, sfruttando le sue competenze geologiche perché sapeva che il posto migliore per nascondere un tesoro e poterlo recuperare era in una grotta lontano dalla gente. Le grotte si formano solo in certi tipi di rocce e, cercando nei posti giusti, Andvari ritrovò il suo oro ma l'anello maledetto fu perso per sempre. Se siete arrivati fin qui meritate un grazie all'infinito?
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