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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 02/15/23 in tutte le aree

  1. Salve a tutti!! A questo punto viste le nuove foto di @Denarivs credo che da parte mia sia doveroso un intervento anche se ad essere sincero avevo già capito,anche se brutte, dalle foto dei bordi. Innanzitutto ringrazio @littleEvil @Vietmimin @Giov60 e tutti quelli che sono intervenuti per il loro contributo che hanno dato a questa bella discussione che ha fatto conoscere questo falso a molti utenti del forum e come già detto in precedenza, nel bene o nel male si deve sempre essere responsabili. Come potete vedere dall'allegato, ci troviamo di fronte ad un caso di clonatura, una delle monete è stata venduta anche da una nota casa d'asta... riconosco di essere stato un pò precipitoso nel mio giudizio e di non avere fatto le doverose ricerche,difatti questa moneta sembra essere un falso conosciuto ma purtroppo è impossibile seguire e documentarsi su tutte le tipologie. Forse, con il senno di poi,come detto dall'amico vietmimin tutti i passaggi di tentata vendita della moneta avrebbero consigliato maggior prudenza nell'esprimere un giudizio ma purtroppo, come detto sopra, non essendo a conoscenza che si trattava di un clone conosciuto mi sono fidato delle foto che mi hanno indirizzato sulla strada sbagliata. Con la successione dei vari interventi,avevo cominciato a prendere in considerazione la clonatura ed avevo lasciato al nostro amico un lumicino di speranza con l' ipotesi che la sua potesse essere la moneta di base per la clonatura ma, da queste foto mi sento di escluderlo. Pertanto considero chiusi i miei interventi in questa discussione e credo che il nostro amico ormai abbia dati a sufficienza per poter tirare le giuste conclusioni.
    6 punti
  2. Ciao @passionumismaticle limature si trovano su tutto il bordo perché la maggior parte venivano prodotte in stampi multipli dove veniva colato il metallo fuso da un imbocco principale e tramite canali comunicanti si riempivano i vari calchi. Quindi non c'era un solo codolo, ma più di uno. Posto foto che rende l'idea 🙂 ANTONIO
    5 punti
  3. Ciao, io ho sempre evitato di toccare le monete, non ne sono capace. Così è' arrivata dall'asta Gadoury del 2012 e così' ho intenzione di lasciarla, conoscendomi farei danni, meglio evitare.
    4 punti
  4. Buongiorno con questa bellezza... 9 cavalli 1791...direi poco circolato!
    4 punti
  5. sabato 18 febbraio 2023 convegno numismatico presso il Sydney hotel, VIA MICHELINO 73 - Bologna uscita Bologna Fiera dalla stazione autobus 35 fermata fiera - Viale Aldo Moro a 600/700 mt dal Sydney hotel ingresso libero info Walter Nasi 3386787776 [email protected] www.bancostema.it
    3 punti
  6. Ciao a tutti! Oggi scrivo del mio nuovo aquisto, per 14 € che trovo spesi molto bene. Quando si parla di denaro metallico, io pensavo ai popoli asiatici presi ad infliare le monete per trasportarle (e forse anche i norvegesi moderni...) e pure ai romani, che mettevano tutto in un bel sacchetto: noi - si sa - siamo abituati ad un portamonete Ma qualcuno ha mai pensato di farne un fascio?!? Sì! Perchè questi non sono oggetti ma sono MONETE! Questo è un Kissi penny: un manufatto di ferro pre-monetario che prende il nome dal popolo dei Kissi stanziato nelle aree ricche di minerali di ferro nell'entroterra dell'Africa occidentale (Guinea francese, Sierra Leone e Liberia). Il denaro, chiamato anche gizzi penny, è costituito da aste di ferro attorcigliate dello spessore di qualche millimetro, a forma di T a un'estremità e piatte all'altra. I fabbri locali fabbricavano queste monete sotto la direzione del capo villaggio, tipo l'organo di emissione. Si trattava di pezzi di ferro battuto, comunemente di lunghezza variabile da circa 15 a 40 cm, anche se per lo più da 20-30 cm (ma anche varianti molto più lunghe). Il mio qui sopra è ca. 24 x 3,5 cm. Vediamo un po' cosa se ne poteva fare: con due di queste monete si potevano acquistare 20 arance o un mucchietto di banane. Per le transazioni più importanti, venivano per lo più confezionate in mazzette da 20 pezzi. (grazie al museo di Brooklyn per l'immagine) All'inizio del XX secolo, i registri indicano che una mucca poteva essere acquistata per 100 mazzi (2.000 Kissi Pennies), una sposa per 200/240 mazzi e gli schiavi per ben 300 mazzi (sì, avete letto bene, nel ventesimo secolo in Africa si trafficava ancora con gli schiavi). Ma non basta: una volta che i penny Kissi smisero di circolare come denaro, mantennero ancora valore per l'uso nelle cerimonie religiose. Si riteneva che queste monete avessero un'anima - "soul money" - e dei pezzi rotti venivano deposti presso i defunti affinché la loro anima potesse fuggire, invece se un soldo veniva rotto accidentalmente doveva essere ripristinato da un mago per salvare l'anima del suo proprietario. Spero nella clemenza di @petronius arbiter (che nel lontano 2014 aveva già trattato questo argomento) che non mi timbri di plagiatore, ma vediamo di non "fare di tutte le monete un fascio" 😁 Alla prossima, Njk ======================= PS: dimenticavo... per ammirare l'immagine di sopra in tutta la sua bellezza, cliccateci sopra e - per chi non è al telefonino - consiglio di girare il monitor di 90°
    3 punti
  7. Trovato un bel "monetiere" adatto al kissi penny Una cassetta portautensili in metallo!
    3 punti
  8. @Cremuzio la realtà dei fatti del periodo del suo regno non deve essere letta a mo'di cronaca nelle sue monete che chiaramente erano mera propaganda e in quanto tale dovevano passare un messaggio, una sorta di manifesto politico... Un programma politico nel senso moderno del termine se vogliamo. Non ci vedo nulla di diverso da quanto è stato fatto nei secoli dai vari governanti di turno partendo dal lontano impero romano fino alle pagine più buie della nostra storia contemporanea. Moneta come medium di propaganda, non certo come cronaca o inchiesta giornalistica. In questo senso è la lettura e interpretazione che Doyen (prima di me) e altri prima di lui hanno dato a questa singolare ripresa iconografica che giustamente, come hai notato, stride con la realtà oggettiva dei fatti. Ma poteva l'imperatore dire nelle sue monete che tutto stava andando allo sfascio?
    3 punti
  9. Ciao a tutti, oggi condivido con voi un sesterzio di Gordiano III patina azzurra chiara, intonsa, proveniente dall'Asta Gadoury Monaco 2012. Invio descrizione dell'asta: Gordianus III 238-244 AD - Sestertius, 239 AD, AE 14,34g. IMP CAES M ANT GORDIANVS AVG laur of Gordianus III dr. bust right. R/. PMTRPII COS PP SC. Gordian togate stg. left sacrificing over tripod altar and holding short sceptre. Sear 8724; C211; EF
    2 punti
  10. Luigi Strazzabosco nacque a Padova nel 1895. Nella città natale frequentò la Scuola d’Arte Pietro Selvatico e dopo la conclusione della prima guerra mondiale riprese gli studi all’Istituto Superiore d’Arte di Venezia sotto la guida dello scultore Carlo Lorenzetti. Nel 1922 si sposò con la padovana Antonietta Simeoni (1897-1975): da quel momento le loro vite furono dedite alla vita famigliare e alla passione per l’arte. Antonietta assecondò e appoggiò il marito in ogni sua scelta, anche quando, prima del secondo conflitto mondiale, decise di sciogliere la sua ditta di decorazioni a stucco, che a quel tempo aveva più di quaranta dipendenti e una certa notorietà, per dedicarsi completamente alla scultura. Nei momenti più difficili Antonietta sostenne la famiglia vendendo i propri beni e i preziosi, ricavandone introiti utili per fare le fusioni delle opere del marito. Luigi rivendicò sempre la sua libertà, anche se la committenza di quegli anni fu inevitabilmente legata al partito fascista. Era solito affermare: «Sono un uomo qualunque, che tiene alla sua libertà e alla sua arte. Non voglio etichette». L’attività artistica come scultore e disegnatore lo vide partecipare a esposizioni locali, tra cui la seconda mostra nella Sala della Ragione (Padova, 1923) e una mostra al Circolo Filarmonico. Tenne diverse personali a Venezia, Milano, Bologna e Padova, prendendo parte anche alle Biennali di Venezia e alle Quadriennali di Roma. Nella produzione giovanile si evidenzia la meditazione sulla statuaria antica interpretata con spirito libero e inquieto. Dopo la seconda guerra mondiale le sue sculture divengono una meditazione sul destino doloroso dell’umanità e dalla fine degli anni Sessanta, in una sorta di sintesi quasi astratta, evocano immagini-archetipiche di idoli e riti ancestrali, con figure misteriose rese con plastica possente. Punto fermo della sua visione artistica rimase la religiosità cristiana, chiave interpretativa di qualsiasi soggetto, anche pagano. La sua città gli dedicò nel 1980 una vasta antologica di sculture e disegni. Morì a Padova nel 1985. Dopo l’occupazione tedesca, Luigi, assieme agli amici Mario Zuanassi, noto antifascista, e a Menotti Danesin, fotografo ufficiale della Biennale d’Arte Triveneta, contribuì a salvare ebrei e partigiani facendo le copie dei timbri per la realizzazione di nuovi documenti. I coniugi Strazzabosco non si tirarono indietro quando, nell’ottobre del 1943, Anna Tartazski vedova Goldstein e le sue due figlie, Styra e Isabella, si rivolsero a loro per sottrarsi ai rastrellamenti nazisti. Le tre donne furono prontamente accolte e ospitate nell’abitazione padovana degli Strazzabosco. Più tardi, quando sfollarono a Bastia di Rovolon per evitare i bombardamenti sulla città, Luigi e Antonietta procurarono una casa anche per loro grazie al parroco di Bastia, che era consapevole di proteggere tre donne ebree. Qui la famiglia Goldstein visse fino al 28 aprile 1945, data della liberazione di Padova. Così scrivono Isabella e Styra Goldstein in una lettera datata Trieste 25 aprile 1995 e indirizzata alla famiglia Strazzabosco di Padova: «In occasione del 50° Anniversario della Liberazione sentiamo il dovere di ricordare con gratitudine e affetto la memoria di Luigi e Antonietta Strazzabosco, ai quali dobbiamo la salvezza di nostra madre Anna Tartazski ved. Goldstein e nostra. Nell’ottobre 1943, quando nell’Italia del Nord ebbe inizio la caccia all’ebreo, nostro cognato Dario de Tuoni ci indirizzò alla famiglia di Luigi Strazzabosco, al quale era legato da fraterna amicizia: essi ci ospitarono nella loro abitazione in via Sorio a Padova, nonostante il pericolo che questo comportava per loro e per i loro sei figli. […] Con la liberazione tornammo tutti a Padova e, ancora una volta, fummo da loro ospitate con la solita affettuosa generosità, fino a quando ci fu possibile rientrare a Trieste. Sono passati cinquanta anni da allora, nostra madre e i vostri genitori (o nonni) non ci sono più e abbiamo sentito il dovere di commemorare la loro testimonianza di solidarietà umana, al di sopra delle differenze di religione e delle stesse Leggi allora vigenti, che illuminò un periodo buio della nostra storia e delle nostre vite, perché ne resti il ricordo come esempio alle generazioni più giovani». Nel 1955, il Presidente del Comitato per le Celebrazioni del Decennale della Liberazione, Avv. Giuseppe Ottolenghi, a nome dell’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane fece avere a Luigi Strazzabosco un diploma con la scritta «Gli Ebrei d’Italia riconoscenti», che fu consegnato all’artista dall’allora Presidente della Comunità Israelitica di Padova, Michelangelo Romanin Jacur. Nel 2012 Luigi e Antonietta Strazzabosco sono stati inseriti nel Giardino dei Giusti del Mondo di Padova. https://www.padovanet.it/informazione/luigi-e-antonietta-strazzabosco
    2 punti
  11. Condivido in pieno. E aggiungo che le foto traggono in inganno. Personalmente faccio sempre più fatica a esprimermi sulla bontà o meno in base a una foto. Anch'io in questo caso pensavo che la moneta di @Denarivs fosse buona anche se con difetti. Arka Diligite iustitiam
    2 punti
  12. La guerra del Tallero di Maria Teresa in Africa. La ‘grassa signora’ Un tallero di Maria Teresa del 1780, fonte Wikipedia 11.02.2023 – 07.01 – L’inaugurazione a Trieste del monumento dedicato a Maria Teresa, l’omonimo Tallero, offre un’opportunità per approfondire la storia di una moneta che travalica la biografia della sovrana, assumendo i contorni di una leggenda numismatica, una ‘gigantessa’ tra le monete. Una vicenda che, dalla zecca di Vienna prima e di Trieste poi, si allarga agli staterelli della Germania pre unificazione, giungendo all’Italia risorgimentale e approdando tra le sabbie incandescenti del Corno d’Africa. Il tallero di Maria Teresa fu la conseguenza della sua riforma monetaria che prevedeva, per l’appunto, il tallero d’argento come moneta principale, seguita da sei parti di tallero da 20 kreuzer, anch’essi in argento, erano questi i ‘pezzi’ che circolavano maggiormente. I primi talleri teresiani vennero coniati nel 1741 dalle zecche di Vienna e Kremnitz; raffiguravano il volto della sovrana, all’epoca giovane, e sul retro l’aquila austriaca. Col passare dei decenni il tallero fu coniato nelle zecche più importanti nell’Europa centro-orientale, cioè ad Hall, Praga, Graz, Gunzburg, Karlsburg, Nagybanya e Siebenburger. Furono prodotte, durante il periodo di regno di Maria Teresa, ventisei varianti che raffiguravano di volta in volta il volto dell’imperatrice; giovane, adulta, matura, anziana, velata di lutto. La storia del Tallero ripercorreva così l’ascesa dell’imperatrice, sino alla scomparsa nel 1780. Il tallero era all’epoca una moneta di riconosciuta validità per il contenuto di argento; la X (croce di Sant’Andrea) posta al rovescio dopo la data equivaleva al numero 10, cioè indicava il decimo del peso dell’unità di riferimento per l’argento, il cosiddetto ‘piede monetario‘. Verso la metà del settecento corrispondeva a 233,85 grammi di argento puro; da un singolo piede era allora possibile ricavare 10 talleri. La presenza della X pertanto certificava che quella moneta conteneva 23,385 grammi di argento. La moneta, per le sue caratteristiche di costruzione e per l’ascesa della sovrana dopo la fase delle guerre dinastiche, conobbe un immediato successo in tutta Europa; e presto travalicò i confini austriaci tanto a nord, quanto a sud. Nel caso della direttrice settentrionale, il tallero svolse un ruolo di collante tra gli stati e le città tedesche; dovunque vi fossero tedeschi, vi era il tallero, informalmente moneta accettata un po’ d’ovunque nell’Europa centrale. L’eccezione alla regola era la Prussia, la quale mantenne fino all’unificazione tedesca politiche monetarie discutibili, ‘inondando’ di monete prive di valore o scadenti i vicini teutonici. Nel caso invece della direttrice meridionale, i veneziani iniziarono a usare il tallero teresiano nei traffici delle colonie; e congiuntamente ai tentativi di espansione coloniale austriaca nel settecento, lo diffusero presto in India, nel medio oriente e soprattutto nell’Africa orientale. Perchè il tallero di Maria Teresa piacque sino a tal punto alle popolazioni dell’Africa? Giocò un ruolo cruciale l’alto contenuto in argento che permetteva di trasformare il Tallero, di lavorarlo in oggetti di artigianato, gioielli e ammennicoli di ogni sorta. La moneta non era solo una moneta, ma materia prima con la quale creare opere d’arte. Il ‘tallero della grassa signora‘, come veniva definita, divenne popolare nei bazar e nei luoghi di scambio del medio oriente e delle coste africane già nel XVIII secolo; e presto i singoli regnanti africani iniziarono ad apporre i propri marchi sul tallero austriaco. I veneziani, a propria volta, cercarono di limitarne la diffusione con un proprio tallero, quello veneziano; fu il primo di una lunga serie di imitazioni, destinate però al fallimento. Lontana dalla patria dove era ormai scomparsa, la ‘grassa signora’ continuava a dettare legge. Il tallero rimase legalmente valido fino al 1858; tuttavia, constatato il successo nei mercati medio-orientali e africani, l’Austria continuò a produrlo. Lo rese valido, nel 1811, per le isole Azzorre e a Sao Tomè e Principe, nel golfo di Guinea; nel 1854 a Madera, nel 1888 in Mozambico e a Macao, nel 1889 in alcuni Emirati del Protettorato inglese di Aden, nel 1895 a Lourenco Marques (Mozambico). Zanzibar usava i talleri teresiani come ‘base’, sulla quale incidere la parola ‘Pemba’ col disegno di una scimitarra; e nelle Indie sotto dominio olandese il tallero teresiano aveva invece incisa la parola ‘Java’. E proprio con la zecca di Trieste e dallo scalo giuliano, i talleri viaggiavano alla volta di esotici mercati, arricchendo notevolmente il capoluogo già reso grande dalla sovrana. Tallero con marchio cinese, in uso nella Cina della guerra civile del 1920 Tallero con marchio del Sultanato di al-Qu’ayti, 1945 Verso i primi del novecento, l’Etiopia trasformò il tallero teresiano nella propria valuta ufficiale, riconoscendo una situazione informale. E qui la storia dell’austriaco tallero si mescola all’italiana lira, perché il neonato stato italiano, nei tentativi di avere delle colonie, aveva già incontrato il ‘conio’ austriaco. Il primo tentativo, ad esempio, di acquisto della Baia di Assab avvenne al prezzo, concordato coi capi locali, di seimila talleri di Maria Teresa. Gli italiani inizialmente tentarono di acquistare i terreni africani con sterline d’oro e rimasero sorpresi quando l’unica valuta accettata fu la vecchia moneta settecentesca. Ad onestà del vero nell’Africa orientale circolava una vasta gamma di monete che andavano dalle rupie indiane, alle piastre egiziane, a vecchio conio per gli acquisti spiccioli e alle (prime) lire italiane. Però il riferimento era sempre al tallero di Maria Teresa che lo stato italiano iniziò ad acquisire in quantità sempre maggiori. Verso il 1880, considerando le ingenti spese, si tentò di mediare con l’impero austro-ungarico, chiedendo di acquistare i diritti. Il tallero infatti si sarebbe potuto produrre anche in Italia, tramite i punzoni austriaci recuperati a Milano e Venezia. Tuttavia Vienna oppose un fermo rifiuto; il tallero raffigurava un’imperatrice e come tale non poteva essere venduto. Ci si limitò a offrire agli italiani uno sconto sull’acquisto dei talleri, prodotti a milioni nella zecca di Trieste. Si pensò allora, come avevano tentato i veneziani nel settecento, di sostituire la moneta con un simile conio. Fu l’inizio di una lunga storia di monete ‘simil teresiane’ che vennero però tutte rifiutate; si tentò ad esempio di introdurre un tallero d’argento, con l’effigie del sovrano con la corona (il capo scoperto non sarebbe stato apprezzato dai tribali) e un’aquila simile a quella asburgica, con la croce rimossa per non offendere i musulmani; e ad un certo punto si scelse anche di pagare con le banconote, le quali però si consumavano e disfacevano sotto il caldo sole africano. Intanto, per le spese delle guerre coloniali italiane, la zecca di Trieste vendeva talleri a milioni; servivano infatti agli italiani invasori per retribuire le truppe locali, l’amministrazione locale, gli informatori, i portatori e così via. Basti considerare che, solo tra novembre 1895 e marzo 1896, l’Italia spedì a Massaua 1 milione e 420mila talleri di Maria Teresa. Come se non bastasse, l’insuccesso delle monete ‘italiane’ era aggravato dalla speciale relazione del porto di Massaua con l’impero austro-ungarico; il traffico con l’Europa – il quale ammontava ad appena il 10%, il rimanente erano tutti commerci con l’India e l’oriente – avveniva solo con il porto di Trieste, grazie al servizio di linea del Lloyd Triestino. L’Austria, ad esempio, vendeva a Massaua non solo i talleri, ma anche prodotti specializzati come i fiammiferi. Nel primo dopoguerra la Repubblica Austriaca si rifiutò nuovamente di vendere il diritto di coniazione all’Italia; appena nel 1935, per diretto interessamento di Mussolini, il governo italiano comperò dalla zecca di Vienna i conii originali. L’Austria era all’epoca un regime autoritario, il cosiddetto austro-fascismo, che mirava a sfuggire all’inglobamento nella Germania nazista tramite un ri-avvicinamento al regime italiano. Concedere il vecchio tallero fu allora un’azione diplomatica, e il governo fascista, con spirito pragmatico, si mise a ristamparlo tale e quale quello settecentesco. Questo nuovo tallero – austriaco nell’effigie, italiano nell’anima – sovvenzionò allora l’invasione dell’Etiopia, permise di rinsaldare i legami con le tribù alleate. È uno dei rari casi nella storia dove, a distanza di un secolo e mezzo, una moneta viene ristampata tale e quale. Il tallero poi sopravvisse alla dominazione italiana e alla seconda guerra mondiale, ‘resistendo’ ai tentativi della stessa Etiopia di introdurre un sistema monetario ‘moderno’ (1948). Solo negli anni Sessanta del novecento la moneta iniziò a perdere valore, a non essere più conio diffuso tra le popolazioni africane. Oggigiorno il tallero di Maria Teresa è la moneta più contromarcata al mondo e rimane una delle monete più popolari coi suoi quasi 400 milioni di pezzi battuti, pari a oltre 9000 tonnellate d’argento. Niente male per una ‘grassa signora’. Fonti: Alessandro De Cola, Il problema monetario nella Colonia Eritrea: il tallero di Maria Teresa nella letteratura coloniale (1857-1941) in Pallaver, Karin (Ed.); Podestà, Gian Luca (Ed.) (2021): Una moneta per l’impero: Pratiche monetarie, economia e società nell’Africa Orientale Italiana, Economia –Teoria economica – Pensiero economico, ISBN 978-88-351-1445-1, FrancoAngeli, Milano Sito GranDoblone, Il Tallero di Maria Teresa d’Austria
    2 punti
  13. No, sarebbe e minuscola e addirittura così con l'accento grave: ème (numero ordinale, questa è la regola del francese) . Il numero cardinale si usa solo per i regnanti e i Papi.
    2 punti
  14. Navigando sul catalogo del forum mi sono imbattuto in questa variante che non conoscevo: https://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-FIV2/8 La scheda cita tre riferimenti: il CNI, il Pannuti-Riccio e il MIR. È da precisare che il Pannuti-Riccio non riporta tale variante, nonostante faccia riferimento all'esemplare trascritto dal CNI. Il D'Incerti e il Gigante 2022 la censiscono. Invece, non vi è traccia nel Cagiati, De Sopo, Magliocca, Nomisma, e altri cataloghi d'asta e collezioni che ho consultato. Esiste un'immagine di questa variante? Che il re abbia trascritto erroneamente la scheda, e che, da lì in poi, tutti l'abbiano scopiazzata? Una soluzione sarebbe poter visionare, tramite immagine, l'esemplare della ex collezione reale.
    1 punto
  15. Salve. Considerando il clamoroso flop del mio recente topic riguardante la piastra 120 grana 1795 con doppio punto in verticale dopo " SICILIAR ", mi sarei dovuto astenere dal pubblicare questo tornese con... doppio punto in orizzontale dopo " SIC ". Il fatto è che la variante dei due punti non me la sono inventata io. Risulta catalogata e spesso ottimamente considerata su tutti i testi di numismatica e quindi, secondo me, se la si immagina evanescente ed insignificante, non degna della minima attenzione, bisognerebbe farlo presente a chi di numismatica si interessa da sempre, ad alto livello, mandando alla stampe testi importanti e di riferimento, frutto di un lavoro lungo ed approfondito. Io, molto modestamente, non faccio altro che portare delle testimonianze di questa variante, nella convinzione personale che, se crediamo alla " segnatura " delle monete per il riconoscimento e l'attribuzione delle stesse, l'utilizzo dei "punti" sia stato sicuramente un sistema praticato dagli incisori, per gli ovvii motivi già delineati in altre circostanze. Questo, naturalmente, non comporta che tutte le altre varianti vadano depennate, debbano non esistere più: i "due punti" costituiscono solo una delle modalità adottate, insieme a parecchie altre, per il riconoscimento di una moneta. Superfluo precisarlo, ma meglio essere chiari! In questa occasione, condivido un tornese 1849 con doppio punto in orizzontale dopo "SIC". Potrebbe essere inedito. Più esattamente, io non ne ho rintracciati altri con le stesse caratteristiche. Le foto non sono eccezionali, ma, se lo ritenete necessario, posso anche provare a farne delle migliori. Comunque, avendo la moneta in mano, posso assicurare che i due punti li vedo belli, chiari e ben sistemati, come, d'altra parte, avveniva nella piastra del 1795 (...e le foto, non sono forse ugualmente convincenti?). Io ho portato delle argomentazioni. A tutti voi le riflessioni, i rilievi e le osservazioni su quanto esposto. Un caro saluto.
    1 punto
  16. E' una moneta afgana del XVIII secolo, a quanto pare l'animale raffigurato è un topo Qualche falus similare in questo link: https://www.zeno.ru/showgallery.php?cat=6194
    1 punto
  17. Come non ricordarlo, acquistava monete da ciotola nei mercatini inglesi 😀
    1 punto
  18. Per le ciofeche il primato lo posseggo io! 🤣.. ai tempi c'era l'utente Rick, gli utenti registrati al forum da anni lo ricorderanno.. 🤣
    1 punto
  19. Purtroppo la scritta appare confusa e consumata , posso dirti che a volte sono parziali o abbreviate, ma in questo caso quello che mi ha permesso l'identificazione è il ritratto del Santo, ti saluto cordialmente, Borgho.
    1 punto
  20. Buona sera, si tratta di comuni monete estere e italiane, da circolazione. Nessun interesse commerciale né collezionistico, poiché si trovano normalmente in ciotola a 50 centesimi l'una o negli accumuli comprati a peso. saluti
    1 punto
  21. Occhio alle macchioline verde chiaro, sono focolai di cancro del bronzo, la moneta va trattata da esperti, tienila lontano da altre monete
    1 punto
  22. Bisogna inserire sempre entrambi i lati e dati ponderali (soprattutto in questo caso)! 😀
    1 punto
  23. ti suggerisco di dare uno sguardo a questo interessante scritto che tratta dei denari di Lucca I denari enriciani di Lucca, monete di grande successo e ostiche
    1 punto
  24. Grazie per la segnalazione dell'articolo! Ma una curiosità... l'altra faccia della "moneta-monumento" com'è?🤔😂
    1 punto
  25. con una patina cosi delicata, se lo tocchi con uno stuzzicadenti gli fai un buco ..
    1 punto
  26. È un altro livello. Trasmette emozione👍
    1 punto
  27. 9 cavalli scalpitanti … complimenti @Asclepia!
    1 punto
  28. Ciao! se n'è scritto più volte; qualche accenno lo trovii anche qui https://www.academia.edu/779264/C_CRISAFULLI_Uomini_e_tecnologie_monetarie_la_visita_di_Du_Bois_alla_zecca_di_Venezia_in_Inspecto_nummo_Scritti_di_numismatica_medaglistica_e_sfragistica_offerti_dagli_allievi_a_Giovanni_Gorini_a_cura_di_A_Saccocci_Padova_2001_pp_165_181 saluti luciano
    1 punto
  29. Salve è un normalissimo 2 euro dell'Irlanda, coniato nel 2002 in oltre 90 milioni di esemplarinon ha nessun valore diverso da quello facciale (2€)
    1 punto
  30. Da un vecchio ( 1970 ) libro di numismatica dedicato ai ritratti monetati de " I cesari " , le note degli Autori su Gallieno ed un suo incisivo ritratto da un aureo RIC 38, fotografato in banco-nero .
    1 punto
  31. Quindi sareste capitati nelle grinfie di un commerciante molto insistente ?
    1 punto
  32. Dal convegno di Salerno questo bel 6 ducati di Carlo
    1 punto
  33. DE GREGE EPICURI Oggi vi mostro la Lira (detta anche "mocenigo") di Andrea Gritti; purtroppo ha due bei fori, simmetrici (per appenderla meglio!) Pesa 5,39 g e misura 31 mm. AL diritto: SM VENET -DUX ANDREAS GRITI. Al rovescio: GLORIA TIBI SOLI. In esergo, sul piedestallo, le iniziali dello zecchiere ( o del massaro?): BK o RK o PK, su questo mi dovreste aiutare.
    1 punto
  34. Anche per San Valentino Banksy, alla sua maniera, torna a far parlare di sé e dedica il giorno degli inamorati alle donne vittime della violenza domestica. Che dire... geniale.
    1 punto
  35. Io sono peggio di te, praticamente un disastro!
    1 punto
  36. Io ho sentito l'intervento. Ha detto una realtà lapalissiana: ossia che noi del passato conosciamo solo ciò che le fonti ci trasmettono, e quindi una parte minima di ciò che è avvenuto. Ciò non toglie che siamo comunque perfettamente in grado di ricostruire le dinamiche di lungo periodo e, per i periodi più fortunati, anche cospicue fette di microstoria. I complottisti ovviamente non perdono occasione per esibire la propria stupidità e ignoranza, riuscendo a fraintendere perfino un divulgatore cristallino come Barbero.
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  37. Grazie @VALTERI per aver menzionato questa moneta, che offre alcuni spunti di riflessione. Si tratta infatti della moneta censita al n. 532 del famoso Randazzo hoard, ritrovato nel 1980 in Sicilia e ricostruito magistralmente dalla Arnold Biucchi. Questo esemplare era già stato già venduto in asta diverse volte dal 1981 (Bowers & Ruddy, Leu, Genevensis, Nomos). Dal punto di vista numismatico è un tetradramma interessante - artisticamente ad alcuni può non piacere - perché si tratta di una tipologia con il simbolo del “ketos” attribuita al post Demareteion, e quindi al periodo appena dopo la caduta dei Dinomenidi nel 466, quando a Siracusa si restaurava la democrazia. Coerentemente, è una delle ultime monete del ripostiglio, la cui chiusura è attribuita al 450 a. C., e l’elevata conservazione lo dimostra. Una riflessione a margine. Quanto sia opportuno per un collezionista EU (e italiano in particolare) acquistare una moneta ex ripostiglio del 1980 è un altro paio di maniche, e non escludo che questo aspetto possa aver contribuito alla disattenzione di Kuenker nel non rappresentare la prima provenienza della moneta…
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  38. Certo, vedendo le foto successive, mi devo ricredere. Esistono evidentemente dei cloni, che per essere resi maggiormente credibili saranno forse stati acidati. Credo non si finisca mai di imparare e questo è il bello della vita ed anche della numismatica. Grazie per l'interessante discussione, che continuo a seguire con interesse.
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  39. Aggiungo questa rarissima Pubblica del 1779, che a giudicare dell'usura sui rilievi, ha circolato.
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  40. Ciao carissimo. Ti confermo che si tratta proprio di Andrea Gritti, bezzo piccolo in argento. Al R si vede chiaramente in HOC SIGNO VINCIT
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  41. Se ci fossero problemi si informa Biddr che aiuta a risolverli.
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  42. Ciao Gianfranco! Anche per me e' un bezzo o mezzo soldo del Gritti. Dalla parte del leone la sigla IN HOC S VINCIT
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  43. Su un lato San Giuseppe con il Bambino e legenda S.IO_SEPH e sull'altro il Beato PIO V in legenda B.PIVS V_PON.MAX Pio V su beatificato nel 1672 da papa Clemente X . Medaglietta del XVII secolo
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  44. Salve a tutti, Sono nuovo ed è la prima volta che posto. Ho un dubbio da chiarire per identificare questa moneta. Secondo me si tratta di: Denaro (Ludovico Maria Sforza, VII Duca di Milano 1494-1500) D/Croce R/Biscia CNI 32-33 Cr.4 gr 0,37 / 0,45 Mi Ora il catalogo in mio possesso non riporta cioò che è esattamente scritto sulla mnoneta, quindi si rende difficile l'identificazione. Cmq mi sento di escludere altre monete simili cioè : Bissolo di Gian Carlo Visconti // Bissolo di Gian Carlo ed Estore Visconti-Filippo Maria Visconti xchè sembrano di diametro + grandi) Allego l'immagine (dal vero la moneta è molto meglio, ma in foto essendo piccola viene non molto bene) e vi chiedo una vostra IDENTIFICAZIONE. Sarebbe anche utile sapere cosa c'è scritto sul DENARO di Ludovico Maria Sforza. DATI MONETA (in mio possesso) Dimetro: deducibile da foto Peso: 0,4 gr. Metallo: Mi Scritte: D/ ...A... R/ ....(N?) D(B?)ERTVR (S?) (VII?) Che ne dite può essere un bel R5? Grazie, Saluti
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  45. Si tratta di un 1/6 di Tallero in argento del 1693 del Ducato di Bernburg Braunschweig-Lünebugrg ....ho vinto? :D Dovrebbe essere + o - giusto
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