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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 06/25/23 in tutte le aree
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Buon pomeriggio a tutti. La parola GRATIA (per esteso) compare per la prima volta nel 1825 sulla monetazione di Francesco I e nello specifico, su tutte le monete d'oro e d'argento coniate a Napoli tra il 1825 ed il 1831. La parola GRATIA è stata quindi punzonata in modo corretto su svariate decine o forse, su alcune centinaia di conii preparati per la suddetta monetazione. A seguire, dal 1831 al 1859, Ferdinando II fece coniare oltre 180 monete (tra oro e argento) che riportano in legenda la parola GRATIA. La parola GRATIA, compare anche nella legenda delle 3 monete d'argento di Francesco II. In conclusione, possiamo constatare che la parola GRATIA è stata eseguita in modo corretto - per quarant'anni consecutivi - su migliaia di conii utilizzati per la produzione di circa 200 diverse monete della Zecca di Napoli. Solo ed esclusivamente su alcune Piastre da 120 Grana datate 1834, si possono riscontrare alcune anomalie riguardanti la parola GRATIA. Di queste anomalie fa parte la rarissima variante GRTIA: Fino ad oggi, questa variante sulle Piastre da 120 Grana è stata riscontrata solo ed esclusivamente su TRE diversi conii datati 1834. Si conoscono TRE diversi conii 1834 che presentano la variante GRTIA. Sono almeno TRE i conii delle Piastre da 120 Grana 1834 in cui si può leggere la scritta GRTIA anziché la parola GRATIA. La inscripción GRTIA se encuentra - exclusivamente - en 3 cuños distintos útiles únicamente para la acuñación de monedas de plata de valor nominal 120 Grana y únicamente en las fechadas 1834. The inscription GRTIA is found - exclusively - on 3 different dies useful only for minting silver coins with a nominal value of 120 Grana and only in those dated 1834. L’inscription GRTIA se trouve - exclusivement - sur 3 matrices différentes utiles uniquement pour frapper des pièces d’argent d’une valeur nominale de 120 Grana et seulement dans celles datées de 1834.4 punti
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Ciao a Tutti, ecco la mia Cingranella 1838 di cui parlavo. Sembra mancante dei puntini eccetto che tra VTR e SIC. Buona Domenica.3 punti
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Ciao @Litra68, Lotto 223 Nomisma Aste odierna (E-Live 3). Appena entrato in collezione (ne sono sicuro!). Così descritto in catalogo con foto: NAPOLI Filippo IV d'Asburgo (1621-1665) Grano - Magl. 59 CU (g 10,22) RRRR Grading/Stato: qBB3 punti
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Il 5 Grana o Mezzo Carlino, detto “ Cingranella” nella locuzione popolare, come sapete è una moneta d'argento molto piccola ( diam. 16,5 mm Peso: 1,15 g. ) e per questo motivo, un vero piccolo capolavoro di arte incisoria. Coniata in poche date, 1836-38-44-45-46-47-49-51-53, è spesso poco considerata dai collezionisti di Monete Borboniche, forse perchè in collezione sparisce al confronto delle monete di grande modulo. Un piccolo tondello che però può dare delle soddisfazioni a livello di scoperte, come ribattiture della legenda e della data, mancanze, ed altre possibili variabili. Non ho trovato nel Forum una discussione “monografica” di questa tipologia ( mi scuso nel caso contrario ), pertanto il mio intendimento sarebbe la condivisione, con il vostro indispensabile aiuto, delle Cingranelle, al fine di riunire le nostre presenti in collezione. Tutte quante, normali, con errori e varianti. Inizierei con il primo millesimo: 1836 data molto comune, ma il criterio temporale non è assolutamente vincolante. Grazie a tutti e Saluti, Beppe Questa è quella della mia collezione2 punti
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E’ online il numero 9 del Gazzettino di Quelli del Cordusio a disposizione di tutti sul nostro sito di academia.edu, buona lettura e buon anno ! https://independent.academia.edu/QuellidelcordusioGazzettini2 punti
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A me ricorda, anche se risulta molto più "rozzo", alcune coniazioni bizantine (follis di Niceforo III) con il volto del Cristo. Andrea2 punti
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Oggi è il Patrono di Firenze e per ricordarlo nelle Zecche Moderne metterò qualche rovescio dove vi è raffigurato nelle monete mie dei Medici un saluto dal Mediceo1 punto
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Santo Patrono di Genova e Firenze, molto rappresentato nella monetazione di entrambe ma soprattutto di quest'ultima. Essendo a me caro per il nome che porto, vorrei ricordarlo invitando a postare qualche moneta che lo rappresenta. Nell'incertezza della scelta, mostro un mezzo giulio fiorentino relativo a Cosimo III, molto raro (R5) per la bassissima tiratura (qualche centinaio di pezzi), interessante per la rappresentazione di un S. Giovanni seduto e ancora giovinetto. D/ Stemma coronato R/ S. Giovanni seduto con lunga croce. CNI 98 MIR 339/2, Gal. XX, 3. Pucci, 8. CNI. 98. Ex asta Crono 7 (Crippa), ex asta Varesi 74.1 punto
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https://books.google.it/books?id=HW4b2ZIC3xkC&pg=PA297&dq="ROMA+INTANGIBILE"&hl=it&newbks=1&newbks_redir=0&source=gb_mobile_search&ovdme=1&ov2=1&sa=X&ved=2ahUKEwjAgo6And__AhXFPOwKHSBtCZgQ6AF6BAgFEAM#v=onepage&q="ROMA INTANGIBILE"&f=false1 punto
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DE GREGE EPICURI Si legge al rovescio, attorno alla lira, ΑΠΟΛΛΟ -ΝΙΑΤΩΝ. Dovrebbe essere un bronzo di Apollonia Salbace, in Caria, 1° o 2° secolo a.C.1 punto
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Posso dire cosa non è. Né Ostrogoti Né Longobardi Né vandali ...io di altomedievali un po' ne ho viste... A me non dice nulla1 punto
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Al rovescio ci vedo una figura seduta con caduceo in mano?! Al dritto forse Geta ma potrebbe anche essere una provinciale….. se non lo fosse si tratterebbe di un asse visto anche il peso1 punto
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Il fatto è che l’ultima cifra non è ben chiara. Motivo per cui non l’hanno neanche riportata nella didascalia. Potrai, comunque, verificare bene quando ti arriverà la moneta. Ciao.1 punto
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LE NAVI DI NEMI LE NAVI ROMANE DI NEMI Le Navi di Nemi sono due navi imperiali romane attribuibili all'imperatore Caligola, affondate sul fondo del lago di Nemi, recuperate in una impresa archeologica condotta dal 1928 al 1932. Il recupero fornì uno dei contributi più importanti alla conoscenza della tecnica navale romana. Il lago di Nemi, detto "Lo specchio di Diana", si trova a circa 30 chilometri a sud di Roma, sui Colli Albani, abitata fin dalla preistoria. Qui in epoca romana qui sorgeva il Tempio di Diana Aricina, grande centro religioso. La leggenda dell'esistenza di due grandi navi sommerse sul fondo del lago, forse custodi di favolosi tesori, veniva tramandata dagli abitanti del luogo e supportata dai recuperi casuali dei pescatori. OPERAZIONI DI RECUPERO DI UNA NAVE ROMANA È noto quanto Caligola, il terzo imperatore di Roma, morto assassinato a 29 anni per mano dei suoi stessi pretoriani, e di cui nel 2012 è stato celebrato il bimillenario della nascita (12 a.c.), fosse legato al Santuario di Diana a Nemi, uno dei più importanti luoghi di culto dell'antichità. «Caligola ebbe un rapporto preferenziale con il Santuario - riflette la Ghini - le due famose navi ancorate nel lago, lunghe oltre settanta metri e larghe venti, avevano una doppia funzione: la prima era una nave palazzo, con cui dalla sua villa sul lago l'imperatore poteva raggiungere il Santuario, la seconda una nave cerimoniale, a bordo della quale sono stati rinvenuti oggetti di culto». Nel XV secolo, il Cardinale Prospero Colonna fece recuperare alcune fistole di piombo con iscritto il nome di Caligola che permisero la datazione delle navi. Nel 1535, il bolognese Francesco De Marchi fece un tentativo avvalendosi di una specie di campana. Fu riportato in superficie "tanto legname da caricarne due muli". ANCORA ROMANA Nel 1827, a opera del Cavalier Annesio Fusconi, si riprende l'esplorazione del fondo del lago con una campana di Halley. Vengono recuperate pezzi di pavimento in porfido e serpentino, smalti, mosaici, frammenti di colonne metalliche, chiodi, laterizi e tubi di terracotta. Nel 1895 un provetto palombaro per conto dei principi Orsini individua una delle navi e recupera una bellissima testa di leone in bronzo. Su indicazione dei pescatori, viene localizzata anche la seconda nave che fornisce altro abbondante materiale. La presenza dei reperti testimonia dell'adibizione del lago a sede di riti sacri, anche se sulle navi rinvenute si è congetturato un uso orgiastico, oggi si pensa fossero invece cultuali per le celebrazioni di Diana. Il recupero delle navi, attuato dal governo fascista, fu un'opera mastodontica che richiese, in un tempo di quasi 5 anni 1928 - 1932, l'abbassamento del livello del lago per mezzo di idrovore. A partire dal Rinascimento si prova a riportare alla luce le imbarcazioni con conseguenze drammatiche sugli scafi, perchè ne devastano le strutture, asportando reperti e legname. Le navi sono troppo grandi e pesanti per essere ripescate, ma di questo ci si renderà conto solo alla fine dell'Ottocento. TESTA DI LEONE IN BRONZO DELLA NAVE DI NEMI Il primo tentativo conosciuto risale al 1446, quando il cardinale Prospero Colonna, signore di Nemi, incarica del recupero l'architetto Leon Battista Alberti. Il resoconto dell'impresa è narrato da Flavio Biondo nella sua Italia illustrata: grazie ad alcuni esperti nuotatori genovesi, si esplora la nave più vicina a riva, determinandone distanza e profondità; poi se ne tenta vanamente il recupero con una piattaforma galleggiante munita di corde e uncini. ANCORA IN LEGNO CON CEPPO DI PIOMBO Nel 1535, il bolognese Francesco De Marchi compie una serie di immersioni, di cui dà conto nella sua opera Della Architettura Militare. Utilizzando una speciale campana di legno munita di oblò in vetro, che protegge la parte superiore del corpo lasciando libere gambe e braccia e permettendo la respirazione, De Marchi determina le dimensioni dello scafo più vicino a riva e il suo stato di conservazione. Passano tre secoli. Il 10 settembre 1827 il cavaliere Annesio Fusconi al cospetto di un folto pubblico, utilizzando una campana di Halley dotata di una pompa d'aria, raggiunge i relitti e asporta marmi, smalti, mosaici, frammenti di colonne metalliche, laterizi, chiodi. Il legname recuperato viene poi utilizzato per realizzare souvenir (sigh!). Il maltempo interrompe i lavori, il materiale recuperato viene depredato e il Fusconi abbandona l'impresa. Pubblica i risultati del suo lavoro in un volume dal curioso titolo Memoria archeologico-idraulica sulla nave dell'imperatore Tiberio, pubblicato a Roma nel 1839. L'ultima operazione prima dell'intervento dello Stato è quella condotta da Eliseo Borghi nel 1895, intervento condotto su incarico della famiglia Orsini e autorizzato dal Ministero della pubblica istruzione. Grazie al lavoro di un palombaro viene riportata alla luce la bellissima ghiera in bronzo di un timone, lavorata a rilievo con una testa di leone. Vengono riportati alla luce anche attrezzi e oggetti, pilastrini in bronzo, protome ferine, tegole in rame dorato, mosaici, lastre in porfido, laterizi ma anche rulli sferici e cilindrici, testimonianza delle conoscenze tecniche romane, che fanno ipotizzare la presenza sulle navi di piattaforme girevoli. RICOSTRUZIONE NAVE A La maggior parte del materiale recuperato viene acquistato dal Museo Nazionale Romano, ma molti altri reperti prendono la strada del mercato antiquario. Resosi conto dello scempio, il Ministero della pubblica Istruzione fa cessare i tentativi di recupero, che stavano demolendo gli scafi e, con la collaborazione del Ministero della Marina, inizia le ricerche scientifiche necessarie. L'incarico viene assegnato all'ingegnere Vittorio Malfatti, tenente colonnello del Genio Navale, che nel corso dell'anno 1895-96 identifica posizione e stato delle due navi, esegue il rilievo generale del lago ed esplora la parte accessibile dell'emissario. L'ANCORA A CEPPO Scarta intelligentemente il sollevamento diretto degli scafi, optando invece per un abbassamento del livello delle acque del lago, dato il canale di epoca romana già esistente all'uopo. La relazione ottiene consensi ma non se ne fa nulla. Nel 1926 viene istituita una nuova commissione incaricata dello studio del recupero: ne fanno parte periti, archeologi e ingegneri, sotto la guida dell'archeologo e senatore Corrado Ricci. La commissione approva l'opera di Malfatti e concorda sullo svuotamento parziale del lago fino a 22 metri di profondità per mezzo dell'emissario. Dovranno seguire poi le indagini archeologiche sulle navi emerse, l'esplorazione del fondo del lago alla ricerca di reperti, il sollevamento degli scafi e il loro ricovero in un museo da realizzarsi appositamente. Il 9 aprile 1927, in un discorso alla Reale Società Romana di Storia Patria, il Capo del Governo Benito Mussolini annuncia il piano di recupero delle navi sommerse. TIMONE ROMANO Il direttore generale della società ingegnere Guido Ucelli, Costruzioni Meccaniche Riva di Milano, specializzata nella produzione di pompe e turbine idrauliche, offre al governo mezzi e opera per il compimento dell'impresa. Così le società Costruzioni Meccaniche Riva, Elettricità e Gas di Roma, Laziale di Elettricità si riuniscono per costituire il Comitato Industriale per lo scoprimento delle Navi Nemorensi. Si impegnano con il governo per lo svuotamento del lago a mezzo di un impianto idrovoro che scarichi le acque attraverso l'emissario già utilizzato dagli antichi romani per regolare il livello delle acque, evitando così si sommergere il santuario di Diana. Si parte dallo scavo della vasca di scarico per le pompe e di un nuovo canale in Valle Ariccia per il deflusso delle acque al mare; il canale dell'emissario però è franato in più punti e ostruito dai materiali. Vengono impiantati due cantieri: il primo all'imbocco dell'emissario, il secondo in Valle Ariccia. In quattro mesi, da giugno a ottobre 1928, grazie all'impiego di 70 operai organizzati su tre turni di otto ore ciascuno, si asportano i detriti, si allarga la galleria, se ne rettifica il percorso, si livella la pavimentazione. Il 20 ottobre 1928 Mussolini avvia lo svuotamento del lago, mettendo in funzione l'impianto idrovoro. Sulla sponda del lago dove si trovano le tubazioni aspiranti ci sono degli spostamenti del terreno che richiedono il consolidamento della sponda mediante palafitte. LA LEGGENDA La leggenda delle due navi favolose in fondo al lago che custodivano tesori, venne accreditata ogni tanto dal ritrovamento di strani reperti da parte dei pescatori del lago. Le navi, fatte costruire dall'imperatore Caligola, vennero poi distrutte alla sua morte nel 41 d.c., per ordine del Senato di Roma che aveva avversato l'imperatore. LE NAVI ROMANE Sulla riva del lago, costruito negli anni ‘30 per proteggere gli antichi scafi, è il primo museo al mondo creato in funzione del contenuto. Il museo delle navi di Nemi è un doppio hangar di calcestruzzo delle dimensioni esatte per le due navi lunghe circa 70 metri. Il progetto fu realizzato dall'ottimo arch. L. Morpurgo, lo stesso che costruì la vecchia teca dell'Ara Pacis. Dopo il malaugurato incendio del ’44 rimase chiuso a lungo. Recentemente è stato ristrutturato in tutta la sua bellezza dalla Soprintendenza Archeologica del Lazio, ed ospita un tratto dell’antica Via Sacra, i modelli in scala 1:5 delle navi sulla base dei disegni, il materiale scampato all'incendio, reperti del Tempio di Diana e, davanti all’entrata, il profilo di una delle navi, recentemente ricostruita dai maestri d’ascia dei cantieri navali di Torre del Greco. Il 28 marzo 1929 affiorarono le strutture più alte della prima nave, ed emergono armi, monete, decorazioni, attrezzi, ami da pesca, chiavi. Ormai abbassato il livello delle acque di 22 metri, la prima nave è completamente emersa e a fine gennaio 1930 affiora la seconda. che viene recuperata alla fine del 1932. Successivamente viene costruito il Museo delle Navi romane, un capolavoro progettato dal grande architetto Vittorio Ballio Morpurgo. Nel 1935 viene ricoverata la prima nave e nel 1936 la seconda. Il museo viene inaugurato nella festa nazionale del Natale di Roma, il 21 aprile 1940. SCULTURA ROMANA CHE RIPRODUCE UNA NAVE ROMANA LA DESCRIZIONE Datate all'epoca dell'imperatore Caligola (37 - 41 d.c.), la bellezza delle imbarcazioni, delle loro decorazioni e degli arredi, e soprattutto la collocazione in un lago, le denotano come navi cerimoniali, per le feste religiose relative al sacro luogo di Nemi. Le navi erano realizzate legno di pino, di abete e di quercia. La carena all'esterno (la parte dello scafo che può essere immersa) era rivestita da un tessuto in lana imbevuto di pece e altro, poi ricoperta da fogli in piombo tenuti da una fitta chiodatura. Il primo scafo misurava 71 m in lunghezza e 20 in larghezza; il secondo 75 m in lunghezza e 29 in larghezza, caratterizzati dalla presenza di lunghi bagli (travi che uniscono le opposte murate di una nave) posti a distanze regolari, forse atti a portare fuori bordo le scalmiere (alloggi incavati dei remi). Sono state ritrovate due grandi ancore: una in legno con ceppo in piombo della lunghezza di 5 m e una del tipo detto ammiragliato, cioè a ceppo, fino a quel momento si credeva ideata dal capitano inglese Rodger nel 1851. ORNAMENTI DELLE NAVI DI NEMI LA DISTRUZIONE Un incendio scoppiato la notte dal 31 maggio e durato fino al 1 giugno del 1944 distrusse le due navi e gran parte dei reperti che erano custoditi con esse. L'incendio di origine quasi certamente dolosa fu ad opera, si disse subito, dei tedeschi che avevano piazzato una batteria di cannoni a 150 metri circa dal museo che conteneva le navi. Ma siccome il museo non fu preso a cannonate e siccome i tedeschi sottraevano quanti più beni potevano ma non distruggevano opere d'arte, la versione non convince. NAVE ROMANA RITROVATA NEL LAGO DI NEMI La commissione d'inchiesta concluse che fosse opera dei tedeschi, si disse pure che fosse un'azione determinata al recupero del bronzo, ma neppure questa è verosimile perchè il bronzo poteva venir recuperato solo dopo giorni di raffreddamento e di pulitura delle macerie. La versione più probabile è che si era alla fine della guerra e dell'era fascista, e la gente cominciava a cancellare le vestigia di un periodo che aveva portato guerra e morte. Le navi, come la passione dell'antico mondo romano, erano l'orgoglio del fascismo e come tali furono abbattute. Purtroppo in ogni epoca è avvenuta la distruzione di opere d'arte per cancellare un regime. Lo fecero anche i Romani quando volevano cancellare la memoria di un imperatore sgradito. L'arte e l'antichità, come oggi asserisce L'UNESCO, sono patrimoni dell'umanità che andrebbero conservati aldilà delle vicende storiche. Nella notte fra il 31 maggio e il 1º giugno 1944, un violento incendio devasta il museo, distruggendo le navi: si salva solo quanto già portato a Roma. Viene istituita una Commissione per accertare le cause del rogo. I custodi riferiscono che nei giorni precedenti una batteria tedesca di artiglieria di 4 cannoni si era posizionata nei pressi dell'edificio; i soldati si erano sistemati all'interno del museo, allontanando i custodi e le loro famiglie. Nei giorni seguenti, l'aviazione anglo-americana aveva bombardato la zona, provocando qualche danno alle strutture ma nessun incendio. I bombardamenti si erano ripetuti anche la mattina del 31 maggio ed in serata si era svolto un furioso cannoneggiamento della zona, terminato alle ore 20.15 circa. LE MANI DELLA DEA Un'ora più tardi il custode notava un lume vagare all'interno dell'edificio. Alle ventidue, quasi due ore dopo il termine del bombardamento, era divampato l'incendio, che divenne in breve devastante. Andarono distrutti gli scafi, le ancore, un timone e alcune imbarcazioni più piccole; si salvano i reperti artistici e tutto il materiale trasportabile, già portato al sicuro a Roma. I nazisti abbandonarono la loro postazione il 2 giugno, gli americani arrivarono due giorni dopo, tutto è già compiuto. Le due navi sono state riprodotte in scala 1/5, e questi modellini sono a tutt'oggi esposti in un'ala del museo. La Commissione esclude che l'incendio sia stato provocato da bombe di aviazione e da proiettili d'artiglieria e conclude per l'origine dolosa, considerati anche i danneggiamenti volontari inflitti dai soldati tedeschi al patrimonio archeologico del museo e il mancato utilizzo dei sistemi di spegnimento in dotazione. La civiltà finisce dove finisce, oltre al rispetto degli uomini, il rispetto della cultura. RICOSTRUZIONE DELLA NAVE IMPERIALE DI CALIGOLA I RITI In età imperiale, Caligola fece costruire sul lago, per trascorrervi i suoi otia o per celebrarvi riti e feste in onore di Diana, due gigantesche navi ricche di sovrastrutture murarie, di bronzi, mosaici, marmi ed altri materiali pregiati. Le due navi, a chiglia piatta, interamente conservate, misuravano una m 73 di lunghezza x 24 di larghezza e l'altra m 71 x 20, ambedue in robusto fasciame di pino, rivestite esternamente di lana catramata e di lamiere di piombo, fissate al fasciame con chiodini di rame. ALTRA RICOSTRUZIONE DELLA NAVE IMPERIALE DI CALIGOLA Le grandi tubazioni in piombo recuperate appartenevano ad un impianto idraulico che solo persone ricche e potenti si potevano permettere. Questi tubi erano ricavati da lastre rettangolari di piombo saldato longitudinalmente, su cui si stampigliava il nome del proprietario, spesso il nome del "liberto idraulico" e a volte il numero progressivo. Sulle navi Caligola fece erigere costruzioni analoghe alle ville patrizie, con terme e templi galleggianti coperti da tegole in terracotta o in rame dorato, ma pure colonne lavorate, pavimenti in mosaico, statue in marmo e in bronzo, protomi leonine, ghiere per timoni, erme bifronti sulla balaustra. Nel 1895, Orsini promosse una campagna di ricerche in cui emersero la ghiera di un timone, le famose "protomi ferine" dalla forma di teste di felino, che stringevano tra i denti un anello. E poi cerniere, pilastrini in bronzo, tubi di piombo, tegole di rame dorato, laterizi di varie forme e dimensioni, frammenti di mosaici decorati con pasta di vetro, lamine di rame ed altro. Fu poi individuata la seconda nave, dalla quale si recuperò altro materiale, fra cui una mano a decorazione del sostegno di uno dei quattro timoni, la testa di una Medusa, e una quantità enorme di legname, bellissime travi, in ottimo stato di conservazione. Per fortuna la maggior parte del materiale fu acquistato dal governo ma non si evitò il saccheggio di alcune delle parti più preziose delle navi, tra cui le tegole di rame dorato, frammenti di mosaico, lastre di marmo, tubature di piombo. Ciò nonostante, il Museo delle Navi Romane è ancora di estremo interesse per i numerosi pezzi archeologici che conserva. Delle navi sono esposti due fedeli modelli in scala 1:5 e molti elementi salvati dall'incendio: tra questi, i notissimi bronzi di rivestimento delle travi, con teste di leone, di lupo, di pantera, di gorgoni e con mani apotropaiche che dovevano tenere lontani gli spiriti maligni; molte ermette bifronti, una transenna bronzea, terrecotte ornamentali, un'ancora di ferro a ceppo mobile che porta inciso il peso (di 417 kg), un grande rubinetto di bronzo, pompe, piattaforme girevoli, ruote dentate, un timone, ecc. Il museo comprende anche una sezione documentaria sulla tecnica navale romana e sulle organizzazioni marinare. LE NAVI DI CALIGOLA IL SITO FANTASMA Pensare che accanto a un tempio di importanza laziale dove convergevano pellegrini da ogni dove non si formi un paesetto con botteghe, cibo, locande e souvenir, è come pensare che non esista un centro accanto a Lourdes. Tanto più che in zona c'era una villa imperiale e almeno un'altra ancora seppellita, e chissà quante ancora sconosciute. L'afflusso di devoti da Roma al tempio era tale che si costruì la via Virbia in diramazione dall'Appia, in parte ancora visibile lungo i bordi dell'attuale via di Diana che scende da Genzano e anche all'interno del Museo delle Navi. Il paese che ospita il castello Ruspoli a picco sul lago, presenta alcune caratteristiche: anzitutto il castello, in abbandono e non visitabile, si sa che accogliesse statue e frammenti architettonici romani. Sul giardino comunale che un tempo scendeva quasi fino al lago, ricavato sul costone prospicente il castello, c'erano tracce di tessere romane e altri frammenti. Tutto lascia pensare fosse la via delle processioni dal colle al lago dove, non dimentichiamolo, si celebravano i Lupercali, riti più misteriosi di quanto si pensino, dove le sacerdotesse si prostituivano facendo il verso del lupo e vestendo pelli di lupo, per poi tornare vergini immergendosi nello Specchio di Diana, cioè nel lago di Nemi. LA MEDUSA DI NEMI Tutto lascia presupporre che il castello sia sorto su qualche vestigia antica, forse romana, anche perchè la Diana del giardino sottostante al castello ha tutta l'aria di essere una copia della Diana Nemorense, visto che reca la cornucopia vuota. La cornucopia vuota era il simbolo della luna nera, e Diana era appunto Dea della luna, il che sta ad indicare la presenza di culti ctonii, riservati alle donne e assolutamente segreti. Sicuramente un sito abitato, sia pure piccolo, esisteva, si tratta di rintracciarlo. Ma se nemmeno si scava sul tempio di Diana che è citato all'inizio del Ramo d'oro di Frazer, il libro di antropologia più famoso al mondo, c'è qualche perplessità a sperare su altri scavi. LA DEA DELLE NAVI DI NEMI TROVATA LA TOMBA DI CALIGOLA? (Fonte) La tomba perduta di Caligola è stata trovata, secondo la polizia italiana, dopo l'arresto di un uomo che cercava di contrabbandare all'estero una statua dell'imperatore romano famigerato recuperata dal sito. Con molti dei monumenti di Caligola distrutti dopo essere stato ucciso dai suoi pretoriani a 28 anni, gli archeologi sono desiderosi di scavare alla ricerca dei suoi resti. I funzionari della squadra archeologica italiana di polizia fiscale la scorsa settimana hanno arrestato un uomo vicino al lago di Nemi, a sud di Roma, mentre aveva caricato su un camion parte di una statua alta 2, 5 metri. L'imperatore aveva una villa su quel lago, come pure un tempio galleggiante e un palazzo galleggiante, alcuni dei loro manufatti erano stati recuperati al tempo di Mussolini, ma distrutti successivamente nella guerra. La polizia ha detto che la statua aveva un paio di "caligae", gli stivali militari favoriti dall'imperatore. La statua è stimata a un valore di 1 milione di euro. Il suo raro marmo greco, il trono di Dio e vesti ha convinto la polizia che potesse provenire dalla tomba dell'imperatore. Sotto interrogatorio, il tombarolo, di cui non è stata fornite le generalità, li ha condotti sul luogo, dove inizieranno gli scavi oggi. Nemi è il comune più piccolo dell'area dei Castelli Romani, sopra al Lago di Nemi, dove nel 1927-1932 furono rinvenute nel lago due navi celebrative romane dell'imperatore Caligola, conservate nel Museo delle Navi Romane fino alla loro distruzione nel 1944. Il territorio apparteneva in età antica alla città latina di Aricia, dove sorgeva il tempio di Diana Aricina o Nemorense, divinità tutelare dei boschi e della fertilità del suoli, degli animali e delle donne, il cui santuario giace ancora sulla sponda nord del lago. Il tempio era un appuntamento fisso tutti gli anni, il 13 di agosto, le cosiddette Idus nemorenses da cui derivano le feriae augustae d'epoca romana e quindi il nostro Ferragosto, festa che si protrarrà a Roma in epoca imperiale. https://www.romanoimpero.com/2020/06/le-navi-romane-ritrovate.html?hl=en&m=1 Il video della testa ritrovata1 punto
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Complimenti @Rocco68 per le bellissime monete. Alcune considerazioni: per il millesimo 1836, come da te evidenziato, l'unica Variante censita è la mancanza dei segni di interpunzione e del puntino sotto il collo. Nessuna variante censita per il 1838 ( coniato in numerosi esemplari tanto da essere considerato il più comune della serie ). A questo proposito bisogna dire che si potrebbe discutere sulla mancanza completa o parziale dei segni di interpunzione presente in alcuni esemplari. Argomento non facile, considerando le dimensioni della moneta e le foto non sempre molto dettagliate. Potrebbe essere dovuto a "conio sporco". In collezione ho una 1838 che sembra priva parzialmente dei puntini nella legenda, ma mi riservo di rifotografarla in quanto le foto originali non sono molto dettagliate. Saluti a Tutti e condividete.1 punto
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Ti ringrazio per la gradita risposta. Infatti non mi compariva la tua risposta. Per quanto riguarda i denari anconetani, grazie al tuo chiarissimo lavoro, mi sono diventati immediatamente molto interessanti. Grazie ancora1 punto
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E sporca? Sì! con Ci? Sì! ESPOR CASI CONCISI Buona domenica. Stilicho1 punto
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Ad ogni buon conto, si tratta del Lotto n. 7 dell’asta NBS Auctions B.V. (Web Auction 18) tenutasi ieri, con prezzo di partenza pari a 1 euro e un risultato di 26 euro. L’asta ha proposto 12 esemplari similari, tutti aggiudicati. Tutti con partenza 1 euro. Massimo risultato: euro 55. https://www.biddr.com/auctions/nbsauctions/browse?a=3630&l=4205246 Domenico1 punto
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No è stato un incontro diciamo di "paese" dove venivano illustrate le curiosità,ritrovamenti e conformità del territorio.1 punto
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No. Che io sappia sono due mercati molto diversi e non complementari. Le gallerie che vendono opere d’arte si dedicano essenzialmente a opere di arte moderna e contemporanea - ed hanno poco o nulla a che fare con monete e medaglie. Quelle di arte antica - che comprendono gli antiquari possono avere maggiori chance di avere nei loro stock qualche medaglia, raramente vi ho visto qualche moneta che normalmente l’antiquario conosce poco, ha zero referenze cui rifarsi ( se non il classico amico ‘numismatico’) e per le quali non e’ raro chieda prezzi fuori mercato non essendo appunto la sua specializzazione. Sono comunque casi isolati , per il 90% si tratta di paccottiglia, maggior fortuna si ha con le medaglie ove il lato artistico - e non quello numismatico - e’ quello che fa premio1 punto
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Dal 2014, quando una capsula della spezieria Al Cedro Imperiale è entrata nella mia collezione (post # 234), ho parlato in più occasioni della doppia insegna di forma ovale in cui compare questa farmacia accanto alla farmacia "All'Insegna della Vecchia", che si trova all’esterno, sulla colonna di destra dell’ingresso La fusione tra le due insegne in una sola farmacia per diritti di proprietà acquistati nel maggio del 1822 è certificata dai documenti. Una spiegazione meno burocratica e più ‘romantica’ dell’accaduto si trova nelle cronache del 10 gennaio 1755, la data del funerale della moglie del console di Gran Bretagna. La defunta era vestita d’un abito bianco di seta e teneva in mano un cedro come geroglifico dell’Eternità. In memoria di questa signora il farmacista dell’epoca, che secondo i pettegoli era legato da ‘affettuosa amicizia’ alla defunta, decise di modificare l’insegna ‘Alla Vecchia’ consegnandola ai posteri com’è oggi. apollonia1 punto
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impossibile fare concorrenza a fofo.. comunque buon San Giovanni1 punto
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Bellissima moneta complimenti Aggiungo un mezzo giulio anche io, questa volta di Ferdinando I con un San Giovanni michelangiolesco saluti1 punto
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Ma io non voglio che lo condivida nessuno, ho sottolineato che è un mio pensiero ! Io mi faccio delle domande e provo a darmi delle risposte, non me ne esco sempre con la solita solfa dell'errore, quando le monete ci dicono che gli errori, quelli veri, nelle legende sono stati corretti. Ok d'accordissimo con te, non abbiamo documenti si va per ipotesi e idee, io almeno ci provo ad andare oltre,vorrei però leggere anche altre ipotesi che vadano oltre "l'errore ". Se guardo le piastre dal 1831 fino al 1859 vedo solo 3 date con legende che storpiano il motto e sono :la GRTIA, la GRAITA la REGN per il 34,la REGN I cn la I in incuso nel 35 qui però si sono presi la briga di correggere direttamente sulla moneta, e la 56 TVR...perché solo in questi anni? Se in zecca operava gente che faceva errori non pensate che si sarebbero distribuiti anche in altre date? Ve lo siete mai chiesti? Oppure solo per il 34 e il 56 hanno lavorato operatori che non sapevano ne leggere e ne scrivere?1 punto
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Non mi sembra la sezione giusta perchè non si tratta proprio di monete, euro o non euro, ma di gadjet somiglianti a una moneta.1 punto
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Rientro ora dal Cerrofil. Location interessante e piacevole in mezzo al parco sotto agli alberi, con lo stand del cibo lì vicino. Buona la presenza di commercianti, direi in totale una ventina di banchi di monete, una metà di livello (professionisti come Felsinea, Valente, Anzilotti e altri) e una metà più amatoriali. Trovato pure qualche chicca interessante. Tornato come di consueto povero ma felice 😂1 punto
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Non divaghiamo. Penso che @Pinoct61 sia soddisfatto dei riscontri ricevuti. Qualora volesse avere più informazioni, il Forum -come sempre- si rende disponibile. Grazie e buona giornata a tutti. Domenico1 punto
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Al momento non he ho presenti... però in effetti si tratta di un tema gustoso 😊 Ho trovato qualche link che potrebbe essere interessante, anche a livello bibliografico: https://www.ilcalicediebe.com/2018/09/05/la-vite-il-vino-e-le-monete/ https://www.veronaeconomia.it/2020/11/24/leggi-notizia/argomenti/annunci-e-varie/articolo/una-collezione-dal-titolo-conio-duva-la-vite-e-il-vino-nella-numismatica-antica-quaran.html http://www.numismaticarinaldi.it/collezione--conio-d--uva-.html https://www.ilgiornaledellanumismatica.it/una-vita-una-collezione-un-libro-alfio-rinaldi-e-conio-duva/1 punto
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27 articoli, tante briciole, 180 pagine, una trentina di collaboratori in questo supernumero, è’ una grande soddisfazione rileggerlo man mano e vedere quanta varietà, quanti giovani autori e 3 ragazze che, magari sbaglierò forse è’ un record, tante passioni, tante competenze, tanti volersi mettere in gioco, in fondo tutto parti’ da qui, dal fare una numismatica di tanti per tanti…1 punto
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Salve a tutti, in una vecchia scatola di famiglia ho ritrovato un vecchio gioco che mi ha riportato a quando ero un bambino! Domino filatelico, regalatomi da mio nonno, ovviamente abbonato di cronaca filatelica.. vi mando una foto, volevo condividere con voi! Ho anche trovato sul web un ritaglio delle regole1 punto
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Buonasera, ritorno sull'argomento delle riforme monetarie siciliane del 1490 e 1513 e delle relazioni carlino/aquila/tarì. Leggendo un altro libro del Trasselli (Da Ferdinando il Cattolico a Carlo V, vol. I, 1982) ho trovato alcune interessanti pagine sull'argomento che temo però facciano traballare quelle timide certezze che pensavo di aver raggiunto. A p.35 dice: "Fra le troppe componenti della fin de siècle [XV], non si dimentichi la riforma monetaria del 1490. In Sicilia circolavano ... monete d'argento napoletane di vecchio conio, gigliati e coronati; i gigliati avevano avuto corso al cambio di banco di un tarì ciascuno ed i coronati di un tari e 2 grani." Questo vuol dire che già prima del 1490 i carlini napoletani, che siano gigliati o coronati, comunque da 10 grani a Napoli, venivano cambiati con un tarì (da 20 grani) o più in Sicilia? E poi quella differenza del cambio tra gigliato (20 grani) e coronato (22 grani), che immagino dipenda dal rispettivo peso di 80 e 90 acini, è stranamente uguale al "cambio variabile" delle aquile coniate nel 1490 valutate appunto 1 tarì se cambiate in altro argento (es. mezzanini) e 1.2 tarì ovvero 22 grani se cambiate con piccioli. E' una coincidenza? Poi alle pp. 48-52 parla ampiamente della riforma del 1513 e della raggiunta parità tra carlino e tarì, che tra le altre cose favorisce il commercio tra Calabria e Messina, per il facile cambio tra le due monete. Ritorna anche sul cambio varibile dell'aquila del 1513, e cita la successiva riforma del 1531. Per chi fosse interessato: https://www.storiamediterranea.it/wp-content/uploads/2019/09/C.-Trasselli-Da-Ferdinando-il-Cattolico-a-Carlo-V-Volume-I.pdf1 punto
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Può essere benissimo che io abbia invece interpretato malamente i desiderata del signore, chissà...1 punto
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Caro @aemilianus253 : avevo perfettamente capito cosa intendeva il signore con la sua richiesta e apprezzo il tuo buon animo nel perorare la sua causa ma l'italiano è una lingua ben codificata e ottimamente sedimentata per cui se ci si impegna è difficile suscitare dei qui pro quo ,se tu mi chiedi un "valore numismatico " io ti do una valutazione dal punto di vista della numismatica che è la scienza che studia le monete,per dirla in parole povere.. se si vuole essere aiutati da qualcuno bisognerebbe metterlo nelle condizioni di farlo ,basterebbe un po' di impegno.1 punto
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Sì. Prima della scienza moderna. Isaac Newton era un alchimista. L'alchimia era una disciplina, una scienza esoterica da cui discende parte della scienza moderna. Quindi, gli alchimisti, visti con gli occhi del passato e non con gli occhi moderni, possono essere considerati degli scienziati1 punto
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Posso ritenermi fortunato... Rispetto ad altre FdC da rotolino che ho ricevuto, queste sono pressoché immacolate.. poi chissà, forse con un microscopio si trovano difetti 😜, ma vanno benissimo così! Potrei supporre che la commessa che ha maneggiato le monete, in quanto dipendente dell'ufficio filatelico numismatico, sapeva il fatto suo e soprattutto dei suoi abituali clienti... BRAVA COMMESSA! 🤩1 punto
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Ritengo, mia personale opinione, che ad oggi la principale minaccia per la numismatica sia la moneta elettronica. Se soppianterà del tutto il contante, potrebbe essere che le generazioni che non avranno mai usato una moneta nella vita quotidiana non subiscano il fascino delle monete. Son d’accordo, anche io ho “sospeso” la numismatica dai 16 ai 35..1 punto
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Comunque è contro chi fa queste porcherie che dovrebbe attivarsi la magistratura, invece di perdere tempo a mandare i carabinieri a buttar giù dal letto alle 6 di mattina il ragazzino che ha comprato un AE3 di Costanzo II su ebay... è questo il vero danneggiamento del patrimonio culturale.1 punto
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Ciao, immagini troppo piccole e sfondo gigantesco, ma fortunatamente ritagliandole, ingrandendole e schiarendole non perdono molto e la data (riquadro bianco) è visibile. Nepal - 5 paisa del V.S 1986 (nostro 1929) molto comune. Altri caratteri numerici nepalesi corrispondenti:1 punto
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Si certo, infatti i realizzi Nomos dell asta 26, sono proprio in questa direzione. 🙂1 punto
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Vedi Etrusco io non credo che se la moneta in questione avesse avuto un peso di 500 gr il prezzo sarebbe potuto essere piu giustificabile. non credo sia l’approccio piu’ giusto per la questione. Il volto della ninfa riprodotta nel bronzetto e’ piu’ bello di quello di alcune emissioni in oro. Quello che il mercato ha prezzato non e’ un peso specifico o un metallo prezioso , ne’ una rarità unica , quello che e’ stato valutato cosi tanto dal Mercato e’ stata semplicemente la bellezza - sublime - del pezzo. Che poi pesi 2gr o 2kg e’ poco o nulla rilevante. E’ qualcosa che altri pezzi/monete/manufatti non hanno o hanno in misura minire. Quando si trova il mercato - ahime’ - la riconosce e non se la lascia scappare per poco …1 punto
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Alcuni articoli sono già arrivati per il 10 …altri arriveranno, non c’è fretta ma più voci ci saranno e meglio sarà, chi ha qualche idea lo aspettiamo volentieri !1 punto
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Ciao Mario A parte l' esser fiero e onorato di collaborare a questo meraviglioso progetto, devo dire e sottolineare,che sei stato capace di accendere e MANTENERE il fuoco della passione per la numismatica,coinvolgendo giovani e meno! Tutto ciò, posso dire di averlo potuto appurare dal vivo a Verona,vedendo e sentendo chiunque quando si fermava allo stand. Complimenti e grazie per tutto Mario,non mi stancherò mai di dirtelo. Vai freccia del Nord😁👍1 punto
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