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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 12/10/23 in tutte le aree
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Ciao. In realtà non si tratta di una moneta ma di una tessera plumbea romana, categoria di oggetti che ho sempre trovato affascinanti e misteriosi. Se fino ad un paio di anni fa era possibile portarsi a casa ad un costo contenuto in aste internazionali diverse tessere molto belle, interessanti o anche di tipologie pubblicate, da un po' di tempo ci sono compratori (stranieri?) che fanno man bassa dei pezzi migliori, per non dire di tutto il disponibile raggiungendo anche cifre alte (e 100-150 euro erano offerte altissime per le tessere fino ad un paio di anni fa. questi hanno "sbragato" il mercato). Così è capitato nell'ultima ARTEMIDE eLive 30 che avessi adocchiato il lotto nr 849 assolutamente affascinato dalla raffigurazione del rovescio (?): un bambino seduto a destra, con le braccia e il mento appoggiati sulle ginocchia. La bellezza di questa piccola raffigurazione rasenta l'opera d'arte. Più liberi di esprimersi che sulle monete ufficiali, gli incisori (quelli almeno di qualità) che lavoravano sulle tessere potevano esprimersi su temi del tutto non canonici e potevano trarre dei piccoli quadri di vita quotidiana assolutamente vivi, ed efficaci. Guardate la resa generale del corpo, le masse muscolari del bambino pur forti colte in un attimo di riposo ed in un momento di contemplazione di qualcosa che va al di là del bordo del tondello. Una resa di grandissima espressività e naturalezza, un bozzetto degno della più alta statuaria privata ed affatto differente dalla resa della pittura compendiaria di origine alessandrina in gran voga presso gli artisti romani a partire dalla tarda repubblica. "The Roman Empire. PB Tessera, 1st century BC-1st century AD. D/ Male head right, bearded. R/ Child seated right, arms and chin resting on the knees. PB. 2.28 g. 14.00 mm. About VF."4 punti
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A prescindere dal fatto che il loro valore sia solo il nominale, è opportuno ricordare che quando si chiede un parere, una valutazione o una identificazione, sarebbe buona creanza : 1) Salutare 2) Magari chiedere "per favore" (parole impegnative ma necessarie) 3) Ringraziare Chi risponde alle richieste (qualunque essa sia) lo fa per cortesia ... quindi merita di essere trattato con rispetto.3 punti
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L’omaggio di Maometto all’Immacolata Nella chiesa del santuario di Sant’Antonio a Split (Spalato), in Croazia, oltre a un grande trittico di alto valore artistico vi è un quadro che sorprende per vari aspetti. È l’opera del pittore barocco Miholvil Luposignoli, dell’inizio del 1700, certamente sotto la guida dei francescani che dal 1400 avevano assunto l’animazione di quel monastero, prima appartenente ai monaci benedettini. Il quadro Nella pittura si vede, in alto, Maria santissima, con le braccia incrociate, la luna sotto i piedi ed è circondata da 38 teologi, con cartigli di riconoscimento e, tra essi, appare – e qui è l’unicità di tale pittura – Maometto, il profeta dell’Islam. Va detto che, fin dai primi secoli, vi sono state due interpretazioni della dottrina religiosa da lui (Maometto) proclamata, giudicandola alcuni come una corrente fondamentalmente cristiana, pur con vari limiti (dati anche i molti riferimenti agli eventi biblici e a Gesù), altri invece la considerano una dottrina religiosa totalmente diversa. Questa differenza di giudizio riguardo all’Islam si ripresentò con i grandi “Ordini mendicanti” dei secoli XII e XIV ed è presente anche oggi nel dialogo interreligioso. Una testimonianza di attenzione rispettosa e di apprezzamento in un quadro di chiesa è tuttavia un fatto straordinario. Fu certamente commissionato dai frati Francescani che, assieme ad altri ordini religiosi, sostenevano l’Immacolata Concezione. La meraviglia nasce anche per il fatto che la prima riflessione moderna di un cristiano sul ruolo di Maria madre e vergine nel Corano risale al 1845 e fu elaborata da Antonio Rosmini, noto filosofo e teologo, ora beato. Ma quello studio rimase isolato e soltanto dalla metà del 1900 nel mondo cristiano si pose attenzione, con successive pubblicazioni, all’importanza che il Corano attribuisce a Maria, come ricorda lo stesso Concilio Vaticano II. Gli studiosi musulmani riconoscono in Maria diverse virtù come la castità, l’obbedienza, la veridicità, l’essere purificata da Dio, l’essere scelta da Dio tra tutte le donne, essere guidata dagli Angeli, ricevere cibo da Dio, portare il Messia, ma qui citerò solo i testi sull’esenzione da ogni forma di peccato, tralasciando quindi il molto spazio che è dato all’Annunciazione e al concepimento verginale di Gesù. Nel Corano non si parla della visita a Elisabetta, del Magnificat, della presentazione di Gesù al tempio, del suo intervento alle nozze di Cana, e quindi del messaggio sociale contenuto in tali eventi, così come non si parla di Maria nel Cenacolo o sul Calvario. Non per questo mancano solidi punti di contatto con la devozione mariana dei battezzati. Rosmini scriveva nel 1848: «Ciò non pregiudica al luminoso testimonio che [Maometto] a lei rende». Maria nel Corano Nel libro sacro dell’Islam Maryam è menzionata 34 volte; talora brevemente come madre di Gesù, ma anche tale riferimento è segno distintivo. Sappiamo che la cultura semitica attribuisce una grande importanza al padre di una persona e notiamo che ancora oggi [in arabo] il nome proprio appare con bin o con ibn, che significano «figlio», e quindi si riporta il nome del padre. Il Corano parla spesso di Gesù come «ibn Maryam », figlio di Maria [una donna!]: questo è un grande onore per lei! I testi più ampi su Maria sono nelle sure 3 e 19, attribuite entrambe a un’epoca pre-Egira e troviamo brevi frasi su Maria nelle sure 4, 5, 21, come anche nelle sure 23 e 66. Il Corano conferisce un onore speciale a due mogli di Muhammad e a Fatima, la sua amata figlia, ma Maria (Maryam) è l’unica donna menzionata per nome. La sura (capitolo) 19 porta il titolo di «Maryam» (anche se poi molti versetti non trattano di lei, ma di altri personaggi presenti nella Bibbia). Considerando i suoi privilegi, gli autori musulmani disputano se ella possieda le qualità di «profeta»: alcuni sono favorevoli, altri non giungono così lontano. La famiglia, la nascita, la presentazione al Tempio Consideriamo alcuni testi. Nella terza sura (che porta il titolo di “Al-Imrân”) si parla della sua nascita in una famiglia distinta: «In verità Dio ha eletto Adamo e Noè e la famiglia di Abramo e la famiglia di Imrân al di sopra degli altri uomini» (sura 3,33). Sua madre, sposata con ‘Imrân, sperava, nonostante l’età avanzata, di avere un figlio maschio. Era una famiglia eletta da Dio. Gli studiosi musulmani del periodo classico accettano unanimemente che Imrān appartenesse alla linea genealogica del re Davide; era sposato con Anna (il suo nome non è nel Corano, ma in hadith: Hannah). Dopo un’intensa preghiera, la coppia ricevette la gioia di una bambina, e Anna invocò Allāh affidandola a lui: «O Signore, ecco che ho partorito una femmina (Dio sapeva meglio di lei quello che aveva partorito). Il maschio non è come la femmina! L’ho chiamata Maria e pongo lei sotto la tua protezione, lei e la sua progenie, contro Satana il reietto!» (3,36). Per assicurarsi che ricevesse un’educazione appropriata, Maria venne affidata a Zaccaria (Corano 3,44), padre di Giovanni [il Battista], poiché Zaccaria era stato scelto, con un sorteggio tra numerosi contendenti, per questa missione nei confronti di Maria. Fu Zaccaria a portare Maryam nel santuario. Secondo la tradizione, già all’arrivo, accompagnata dai genitori, mostrò immediatamente le sue eccezionali qualità: mentre di solito le postulanti procedevano lentamente per tutti i (sette o più) gradini fino alla cima delle scale, Maria con un solo balzo raggiunse l’ultimo, dove il sommo sacerdote la aspettava. «E il Signore l’accolse di accoglienza bella e la fece germogliare del miglior germoglio» (3,37). Sorprendeva il fatto che ogni volta che Zaccaria andava a trovarla, poteva vedere che era ben fornita di cibo. Ovviamente questo veniva dal Cielo: «E ogni volta che Zaccaria entrava da lei nel santuario vi trovava del cibo e le diceva: “O Maria, donde ti viene questo?”. Ed essa rispondeva: “Mi viene da Dio, perché Dio dà della sua provvidenza a chi vuole, senza conto”» (3,37). La prima parte di questo versetto spesso è incisa con un’accurata calligrafia araba nella cornice del mirhab, la piccola nicchia posta all’interno di ogni moschea che indica la direzione della preghiera verso La Mecca. Ne consegue che tutti i musulmani che vanno in moschea vi possono trovare menzionata Maria, ovunque nel mondo, sia pure tramite il suo pronome. Santità unica di Maria, la purissima fra le donne Secondo il Corano (come per il Vangelo), Maria è sempre stata fedele alla parola ricevuta da Dio. La sua fede è confermata come modello per tutti i credenti e Maria è presentata come esemplare per tutte le donne nell’Islam. Dopo tutto, la parola Islam significa abbandono fiducioso (in Dio). Infatti, due versetti della terza sura riferiscono le parole dall’angelo al momento dell’Annunciazione: «In verità, o Maria, Dio ti ha purificata ed eletta fra tutte le donne del mondo. O Maria, sii devota al tuo Signore, prostrati e adora con chi adora!» (3,42-43). Nella sura 19, dove si riprende il racconto dell’Annunciazione, Maria stessa dichiara: «Non sono una donna cattiva», cioè di mal costume (v. 20). E nella sura 21 è scritto: «E rammenta ancora colei che custodì la sua verginità, sì che Noi alitammo in lei del Nostro Spirito e rendemmo lei e suo Figlio un Segno per le creature» (21,91). E nella sura 66 leggiamo: «Noi insufflammo in lei del Nostro Spirito, e credette alle parole del suo Signore e nei Suoi Libri, e fu una delle donne devote» (66,12). Il libro sacro dell’Islam dice che Dio stesso invitò Gesù a lodare sua madre. Nella quinta sura leggiamo: «E quando Iddio disse: «O Gesù, figlio di Maria, ricorda il mio favore verso di te e verso la madre tua» (5,110) o, secondo altra traduzione: «O Gesù, figlio di Maria, ricorda la mia grazia su di te e verso tua madre quando ti confermai con lo Spirito di Santità». In un altro versetto coranico si dichiara decisamente: «Sua madre [di Gesù] era una santa» (5,75). La tradizione afferma che non fu toccata da Satana, il quale da parte sua si rammaricava che vi fossero due persone a cui non aveva mai potuto avvicinarsi: Gesù e Maria (un riferimento a ciò appare nella sura 23,50), ma soprattutto si deduce dall’accostamento di alcuni testi coranici. La teologia islamica non conosce il concetto di «peccato originale» come eredità comune, tranne che da parte di qualche autore (gli esperti citano: Ibn Adhem, Bistami e al-Allaj); ma nei versetti 115-124 della sura quinta si mostra la disobbedienza di Adamo ed Eva (anche se il nome di Eva non appare) e nella sura 38, ai versetti 71-85 si parla della concessione di Dio a Iblis (shaitan = satana, demonio) di poter tentare fino al giorno della risurrezione della carne «tutti, salvo quelli che tra loro sono i tuoi servi puri». Lo stesso testo si trova nella sura 15,32-36, dove Dio tollera che il demonio tenti tutti «fino al giorno del giudizio, … eccetto i tuoi servi purificati». Il diavolo non può avvicinarsi Ora, ascoltando quanto il Corano dice circa Maria e suo Figlio, è chiaro che loro due eccellono tra i giusti e quindi il diavolo non può avvicinarsi a loro e provare a trarli in inganno. In alcune miniature di mano musulmana dedicate a Maria con il Bambino Gesù si vede appunto Iblis sullo sfondo dietro una montagnola, col volto corrucciato perché non può avvicinarsi. È un modo per esprimere che in quella madre e in quel pargolo non ci fosse ombra di male. In questo contesto, si comprende meglio il cartiglio che Maometto mostra nel quadro di Split: «Nulla est ex Adam quam non tenuerit Satan praeter Mariam et Filium eius» (non c’è discendenza di Adam che Satana non abbia raggiunto, tranne Maria e il Figlio suo). Nel cartiglio stesso poi si legge: «Mahometo, in libro V Corani». Come notavo, non è la traduzione di un versetto, ma il sunto di alcune sentenze che effettivamente appaiono nella quinta sura. (Qualcuno sospetta che circolasse una versione del Corano un po’ diversa dall’attuale, dato che si arrivò al 1900 per determinare il testo tipico). Rosmini commentava che, mentre nel secolo XI, si iniziò in Occidente a disputare sull’Immacolata concezione di Maria, gli arabi del settimo secolo la credevano senza contrasto e il loro profeta «la inseriva, come articolo della sua fede, nel Corano». Citava quindi alcuni autori che affermavano che il demonio mai poté raggiungere Maria e Gesù, ma senza riferirsi a un versetto coranico specifico (come fa invece in altri passi). Infatti, quel versetto non appare negli studi più recenti come proveniente dal libro sacro dei musulmani, ma è fermamente ritenuto come asserzione propria di Maometto. Nella 116ª sura si dice: «Allah ha proposto ai credenti l’esempio della moglie del Faraone… e di Maria figlia di Imran» (116, 11-12). La terza sura, sulla famiglia di Maria, afferma, come si notava sopra: «E quando gli angeli dissero a Maria: «O Maria! In verità Dio t’ha prescelta e t’ha purificata e t’ha eletta su tutte le donne del creato» (3,42). La purezza totale di Maria e la sua posizione unica tra le donne sono interpretate dagli studiosi come un’esenzione da ogni macchia di peccato, pur senza usare il termine «immacolata». I Francescani di Split hanno anticipato i tempi e offerto una testimonianza di dialogo, pur coscienti che non in tutto la figura di Maria del Corano corrisponde a quella del Vangelo. Addendum. Tra gli «immacolisti» del quadro di Split potrebbe esserci anche Martin Luther (forse il monaco in nero con cappuccio nell’angolo sinistro degli scanni?). In un sermone del 1522 (dunque anche dopo la rottura del 1517) egli asseriva che Maria «è piena di grazia e viene dichiarata senza peccato; è qualcosa di estremamente grande, poiché la grazia di Dio la riempie di ogni cosa buona e la rende priva di ogni male». In un altro discorso del 1527 era ancora più preciso dell’esprimere la sua fede nell’immacolata concezione, dichiarando che «l’infusione dell’anima di Maria fu effettuata senza peccato originale». Inoltre la madre lactans del quadro non sembra sia Maria, ma Anna, e il bimbo sarebbe Maria stessa (da notare i lunghi cappelli, e il ditino che mostra il cielo!), per dire che era santa fin dai primi istanti di vita e poi, glorificata, appare in alto nella stessa pittura. http://www.settimananews.it/religioni/omaggio-maometto-alla-immacolata/3 punti
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Particolare dell'arsenale di Napoli (n. 15) tratto da La città di Napoli gentile di Matteo Florimi (1540?-1613).3 punti
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E' lei! Anche se la mia è un 4 fils e non un 10 fils (moneta del link), condividono la stessa identica immagine del sovrano Faisal II°, nipote di Faisal I° e figlio di Gazi I°. La moneta che avevi identificato del nonno (50 fils di Faisal I° del 1931) si trovava nel settore 'monete estere' e non nel settore identificazioni. Ce l'abbiamo fatta! 4 fils del 1953 Se in una manciata di anni sulle monete compaiono nonno, figlio e nipote è perchè Gazi I regna per soli sei anni morendo all'età di 27 anni, il figlio Faisal II° fu assassinato a soli 23 anni.3 punti
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Proverei con una moneta irachena di re Faisal ii: https://en.numista.com/catalogue/pieces7502.html Mi sa che potrebbe essere lui... effettivamente ricordo di aver identificato una moneta del nonno di questo sovrano, una moneta degli anni trenta dell' Iraq Mi sa che ci siamo! La cartina mi aveva un po' ingannato perché pensavo fosse compresa solo la parte orientale dell' Asia 😄3 punti
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Ciao a tutti, vi presento questo testone della mia collezione. Sisto V (1585-1590), Roma, Testone (Munt 47, CNI 104). D/: stemma ovale in cornice con due piccole volute esterne in basso, cimasa gigliata, chiavi con impugnatura trilobata e doppi cordoni. * SIXTVS * V * _ * PON * MAX * R/ il Santo, nimbato, seduto, volto a sinistra, tiene nella destra protesa le chiavi oblique ed inverse e nella sinistra il libro contro il fianco. * S * PETRVS * _ * ALM * ROMA * All'esergo: * 15 - 88 * ai lati del segno di zecca di Girolamo Tronci, zecchiere. T/ liscio. Peso: 9.55 g. Si tratta di un testone piuttosto raro: questo esemplare in particolare risulta particolarmente ben conservato e con una gradevole patina di medagliere. Michele2 punti
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Buongiorno, Come indicato nel titolo posto una moneta di lecita provenienza per il significato che ha per me e considerata anche la tipologia che non è comune. L'asse, coniato sotto l'Imperatore Antonino Pio, porta evidenti segni del passato ed è vissuto. Ha un valore ponderale di 8,25 grammi e al rovescio raffigura la personificazione della HONOS da intendersi come l'onore militare che in un periodo caratterizzato da varie campagne militari ha un significato importante. La Moneta è stata coniata nel 145 d.C a Roma ed è classificabile come RIC 1271 b. Buona domenica Antonio2 punti
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Effettivamente la ricerca è un aspetto che mi dà del piacere e devo essere sincero a volte è capitato che una volta ottenuta la moneta non ho provato lo stesso piacere anzi.... Ma poi studiando le monete nell'insieme ho riprovato delle belle sensazioni.... Quindi può essere che possiamo provare del piacere nella ricerca o che questo possa poi affievolirsi, ma non credo che sia una cosa patologica è semplicemente la natura umana.... Leopardi forse non esaltava il sabato del villaggio a discapito della domenica ? Cioè non siamo più stimolati nell'attesa o nella ricerca che nel momento dell'ottenimento di qualcosa che bramiamo ? E poi l'attesa di un piacere non è forse anch'essa già un piacere ? Meditate gente...meditate.... PS: il collezionismo si basa su un aspetto emotivo (ricerca e attesa) e su un aspetto razionale (studio e classificazione), quindi non sarei così severo con noi stessi... E come disse un grande intellettuale inglese di epoca vittoriana: "posso resistere a tutto, fuorché alle tentazioni"....2 punti
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NAC: Asta 85 24 maggio 2015 “Signorie e Principati: La Collezione Ravegnani Morosini di Monete di Zecche Italiane” Lotto 210 QUERINI, Elisabetta. – Nacque a Venezia il 12 novembre del 1628, dal patrizio e procuratore di S. Marco Polo Querini del prestigioso ramo degli Stampalia di S. Maria Formosa. Il padre, nato il 24 dicembre 1602, si era sposato nel 1626 con Bianca Ruzzini di Domenico. Elisabetta fu la primogenita della coppia, seguita da Gianfrancesco, venuto alla luce il 9 settembre 1630. Fu registrata come Isabetta e come secondo nome le venne assegnato Paolina, anche se familiarmente fu chiamata Betta. Avevano voluto conferirle quel nome per ricordare la bella e colta antenata, amica di Pietro Bembo, di Tiziano, di Giovanni Della Casa, sposa di Lorenzo Massolo. Dopo l’educazione in monastero, fu destinata al matrimonio con un patrizio che consentisse di ampliare le relazioni dei Querini. La scelta non dovette essere facile, come traspare dall’età di Elisabetta: al momento delle nozze avvenute l’8 luglio 1649 aveva già superato i vent’anni mentre lo sposo era più giovane di due. Silvestro Valier era nato, infatti, il 28 marzo 1630, discendente dall’antica famiglia patrizia del ramo con palazzo in Cannaregio prima di proprietà della famiglia Gonella, ubicato sulla riva opposta a S. Giobbe, di fronte al ponte dei Tre archi. Elisabetta era conosciuta per la sua virtù e «il vivacissimo suo spirito» (Rovere, 1704, p. 95) che compensavano un’avvenenza forse modesta. Portò in dote la considerevole cifra di 45.000 ducati. Il matrimonio venne celebrato nel palazzo dei Querini a S. Maria Formosa. Silvestro, figlio di Bertucci e di Benedetta Pisani, mentre la nonna paterna era Bianca Priuli discendente dei dogi Lorenzo e Girolamo, dopo la morte in giovane età del fratello Massimo, rimase l’unico figlio maschio, mentre la sorella Chiara sposò Alvise I Mocenigo. Il padre di Silvestro, colto, letterato, molto ricco e munifico, rivestì cariche importanti, tuttavia non venne mai eletto procuratore di S. Marco, così che diede la possibilità al figlio, l’anno stesso del matrimonio con Elisabetta, di accedere alla carica di procuratore di S. Marco de supra, dietro l’esborso di 25.000 ducati, offerti per le spese della guerra di Candia. Alla coppia nacque subito un figlio, battezzato a nome Bertucci, che tuttavia morì a soli quattro mesi d’età. Pochi anni dopo, il 15 giugno del 1656, Bertucci padre saliva al soglio ducale e sotto il suo dogato la Repubblica conseguiva un’importante vittoria contro i turchi. Di salute cagionevole, morì due anni dopo, il 29 marzo 1658. Silvestro proseguì il suo cursus honorum, divenendo deputato al magistrato contro la Bestemmia e soprattutto sopraprovveditore all’Arsenale e alle Artiglierie, cariche importanti in tempo di guerra; venne nominato ambasciatore sia straordinario sia ordinario, ottenendo per i suoi meriti il cavalierato, poi fu riformatore dello Studio di Padova e bibliotecario della Libreria Marciana e mecenate e protettore delle accademie padovane Delia e dei Ricovrati. Nel frattempo i coniugi si facevano conoscere per la loro prodigalità verso i poveri, gli ospedali e i luoghi pii ed Elisabetta iniziava a presiedere ospizi e altri istituti d’assistenza, consolidando la fama di dama virtuosa e caritatevole. Il 25 febbraio 1694 il marito veniva eletto doge e per Elisabetta, nonostante il divieto in vigore dal 10 gennaio 1645 che proibiva l’incoronazione delle dogaresse, a seguito dei tributi sfarzosi realizzati il 4 maggio 1597 a Morosina Morosini, moglie del doge Marino Grimani, venne ripristinato l’antico cerimoniale previsto per le ‘ducisse’: il 4 marzo fu prelevata dal Bucintoro in cui salì abbigliata con una veste d’oro ornata di zibellini, il velo bianco, il corno ingioiellato e sul petto sfoggiava una collana con una croce di diamanti, così come fu poi ritratta da Niccolò Cassana. Giunta in palazzo ducale, circondata da numerose gentildonne, ricevette sul trono le autorità pubbliche. In suo onore venne coniata un’osella che la raffigurava, incisa da Johann Franz Neidinger. Fu l’ultima dogaressa a essere incoronata: nel 1700 fu ribadito il divieto di incoronazione specificando inoltre la proibizione al ricevimento di visite ufficiali di ambasciatori, principi stranieri e magistrati veneziani e negando l’uso del cornetto dogale. Gli accademici Ricovrati di Padova pubblicarono per la doppia incoronazione di doge e dogaressa due volumi di rime e prose, il primo rivolto a Elisabetta, con composizioni in onore del marito, mentre il secondo indirizzato a Silvestro Valier conteneva dei panegirici delle qualità femminili, dei quesiti sui ruoli più pertinenti al genio muliebre e delle rime sull’amore coniugale. Ben tre interventi erano scritti da Michele Viero, Lodovico Camposanpiero e Alvise Mussato sul tema della sterilità in lode della dogaressa: stupefacente tributo a una donna e a una coppia priva di discendenza. Il biografo di Valier annotava che dopo aver perso «la speranza di avere ancora prole» il doge «adottò come propri figli gli sudditi» (Rovere, 1704, p. 44). La fama e l’autorevolezza conquistate da Elisabetta fecero sì che ebbe omaggi piuttosto inconsueti al tempo: ricevette dopo l’incoronazione il nunzio apostolico Giuseppe Archinto, l’ambasciatore di Francia, il patriarca di Venezia Giovanni Alberto Badoer, il vescovo di Padova Gregorio Barbarigo e il patriarca di Aquileia Giovanni Dolfin. Nel maggio del 1696 fu la volta del nuovo ambasciatore di Spagna, il duca di Parete Francesco Moles, che rivide l’anno successivo in occasione della partecipazione alla morte della regina madre Marianna d’Austria. Anche il legato straordinario di Polonia, l’abate Giovanni Bokum, si recò in visita formale. Era già patrona di varie istituzioni pie così che appena eletta le fu offerto da parte dell’ospedale degli Incurabili un oratorio; nel 1696 il somasco Francesco Caro le indirizzava come governatrice dell’ospedaletto dei Derelitti l’opuscolo Il fuoco dell’ospitaletto, che ricordava l’incendio che nel 1686 aveva danneggiato l’istituto e tutta la zona vicino a Ss. Giovanni e Paolo. L’anno seguente il veronese Marco Antonio Rimena le destinava un racconto sacro ricordando «la vostra magnanima e religiosa munificenza […] i luoghi pii restaurati, i santuarii costrutti, i chiostri beneficati, le vergini protette, gl’altari arrichiti, gl’hospitali ampliati» (La madre addolorata, 1697, pp. 7 s.). Dovette dar prova di un carattere deciso tale da varcare i limiti in cui era circoscritto il ruolo della dogaressa e da suscitare voci sulla sua influenza sul marito in merito all’attribuzione di alcune cariche dello Stato (Da Mosto, 1977, pp. 444 s.). Silvestro Valier, di malferma salute, morì il 7 luglio 1700 e, oltre a lasciare ingenti somme di denaro per istituti pii, poveri, chiese, monasteri, parenti e amici, per la Biblioteca e la stessa Repubblica, destinò 50.000 ducati per l’erezione del monumento sepolcrale che avrebbe dovuto accogliere anche le spoglie della moglie, nonché del padre Bertucci, all’interno della chiesa di Giovanni e Paolo affidandole l’esecuzione. Elisabetta ne incaricò l’architetto Andrea Tirali che realizzò un fastoso mausoleo, non del tutto completato alla sua morte, corredato da statue. Quella raffigurante la dogaressa fu opera di Giovanni Bonazza. Elisabetta morì il 19 gennaio 1709; il testamento olografo redatto l’11 aprile dell’anno precedente, con un codicillo aggiunto il seguente 1° gennaio, attesta sia la ricchezza dei suoi beni (che comprendevano dieci case, terre a livello, notevoli gioielli), sia un’oculata amministrazione. Con ferma e regolare scrittura enunciò le sue volontà, lasciando erede residuario il cugino «amorevolissimo e stimatissimo» Giovanni Antonio Ruzzini, a cui destinava anche il manto, la sottana, la dogalina e il corno ducale. Alle Zitelle, di cui era governatrice, lasciò la rilevante somma di 10.000 ducati oltre alle sue case di S. Maria Nuova con l’obbligo di disporre del suo funerale, di ricordarla ogni anno nel giorno della sua morte e di collocare il suo ritratto nella sala di riunione della congregazione. Istituì due mansionarie perpetue di 2000 ducati l’una a favore della chiesa dei carmelitani scalzi e di quella di S. Maria Formosa, elargì denari a molti monasteri anche fuori Venezia e a singole monache, beneficiò servitori e damigelle. Distribuì goielli e arredi preziosi alle parenti, mentre procurò di far ritornare in casa Querini alcuni beni e terre che facevano parte della sua dote. Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Notarile, b. 346, n. 33 testamento di E. Q.; Venezia, Archivio storico del Patriarcato, Parrocchia di S. Maria Formosa, Registri di battesimo, n.1; Biblioteca nazionale Marciana, G.A. Cappellari Vivaro, Campidoglio Veneto, Cod. It. VII, 17 (=8306), c. 266r., 18 (= 8307), c. 148r; Avogaria di Comun, Matrimoni con notizia di figli. Indice de la penitenza. Oratorio in onore di Santa Maria Maddalena, dedicato alla serenissima dogaressa E. Q. Valier, Venezia 1694; Alla serenissima E. Q. Valiera per l’esaltazione del serenissimo suo consorte gli Accademici Ricovrati, Bologna 1695; F. Caro, Il fuoco dell’hospitaletto dedicato alla serenissima E. Q. Valier dogaressa e governatrice del Pio Conservatorio, Venezia 1696; M.A. Rimena, La madre addolorata; racconto sacro. Dedicato all’eccelsa, ed esemplare pietà della serenissima E. Q. Valier gloriosissima dogaressa di Venetia, Verona 1697; F. Caro, Funera serenissimi principis Syluestri Valerij ducis Venetiarum, serenissimae ducissae uxori Elisabethae Quirinae Valeriae, Venezia 1700; S. Rovere, Vita del serenissimo prencipe Silvestro Valiero doge di Venetia, Venezia 1704; P. Molmenti, La dogaressa di Venezia, Torino 1884, pp. 318-328; A. Da Mosto, I dogi di Venezia nella vita pubblica e privata, Firenze 1977, pp. 440-451, 587; G. Scarabello, Le dogaresse, in I dogi, a cura di G. Benzoni, Milano 1982, p. 163; G. Werdnig, Le Oselle: monete - medaglie della Repubblica di Venezia, Trieste 1983, p. 166; O. Premoli Taiti, La dogaressa, in Il serenissimo doge, a cura di U. Franzoi, Treviso 1988, pp. 282 s.; S. Lunardon,Le Zitelle alla Giudecca: una storia lunga quattrocento anni, in Le Zitelle: architettura, arte e storia di un’istituzione veneziana, a cura di L. Puppi, Venezia 1992, pp. 34 s.; M. Casini, Cerimoniali, in Storia di Venezia, VII, La Venezia barocca, Roma 1997, p. 121; L’accademia in biblioteca: scienze lettere arti dai Ricovrati alla Galileiana, a cura di P. Maggiolo - L. Viganò, Padova 2004, pp. 106 s., 184 s., 248; Museo Querini Stampalia Venezia, a cura di B. Trevisan, Venezia 2010, p. 89; F. Molin, L’immagine della Dogaressa di Venezia tra arte e storia, in Ateneo Veneto, CC (2013), 12, 1, pp. 315 s. https://www.treccani.it/enciclopedia/elisabetta-querini_res-4f0f1593-eea2-11e6-b5f4-00271042e8d9_(Dizionario-Biografico)/ Foto da Wikipedia2 punti
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Gentile utente, è sempre consigliabile, quando si presenta una moneta per la valutazione, non accompagnarla con discorsi eccessivamente lunghi e prolissi, perché tutte queste circonlocuzioni e giri di parole ci fanno perdere di vista il messaggio principale, e le stesse foto della moneta si smarriscono nel mare di parole. Grazie comunque per le belle parole spese nei confronti del nostro forum e per la cortesia - seppure un po' affettata - della presentazione.2 punti
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Grazie @Archestrato. Hai ragione, questo terzo posto di reddito illecito potrebbe essere un « factoide ». Ho letto con grande interesse l’articolo. Ritengo la lezione di questi fatti ripresi pigramente dappertutto e che diventano col tempo delle pseudo verità. Ma poi quale conclusione trarne? E per quale scopo è stato scritto quest’articolo? Importantissima la sua conclusione che sicuramente condivideremo tutti : « L’idea che la gravità del crimine debba essere misurata in termini comparativi attraverso il valore monetario piuttosto che attraverso i danni alla società è sconvolgente. Le antichità e altri beni culturali sono componenti fondamentali del nostro patrimonio e della nostra identità. » Insomma, che sia il secondo o il quarto, o anche il decimo non importa, e non consente di valutarne il pregiudizio che è in qualche modo inestimabile per la sua stessa natura patrimoniale. « Se fondato »… Ma il collezionismo è il collezionismo, non è né buono ne cattivo, e non richiede di essere fondato su studio e ricerca. Magari questo collezionismo « illuminato » fosse quello più diffuso! Potremmo dire che il collezionismo ha anche contribuito alla perdita definitiva d’informazioni di tanti artefatti per permettere la loro immissione sul mercato, e che questa tendenza andrà probabilmente peggiorando. O che il collezionismo è all'origine di tantissime monete massacrate per compiacere una ricca clientela che preferisce lo sfarzo all'autenticità. Vabbene, rimane utile perché nei casi migliori porta ad interessarsi all’archeologia e alla storia. È utile alla numismatica? Beh, lo è almeno su un punto, e non è da poco, quello di vedere le monete venire alla luce. Perché una collezione in definitiva ha una durata che raramente supera una generazione e si ritrova presto o tardi sul mercato. @ExarKun Anch'io vorrei poter contare sulle autorità competenti. Ma senza nemmeno dover indagare, ci sono recenti fallimenti che non voglio ricordare qui, basta rileggere alcune discussioni sull’argomento, così palesi che possiamo dubitare della reale volontà di queste autorità di ripulire questo mercato . O della loro efficienza, dei loro mezzi o delle loro competenze, ciò che è lo stesso. E se si perde la fiducia in questa determinazione di facciata, è difficile sfuggire al problema della responsabilità individuale. Non ho scelto di pormi sul campo morale, ma se non lo facessi mi sembra che anch'io sarei colpevole in qualche modo di favorire questi traffici. Il paragone più esatto sarebbe per me, se posso permettermi di parafrasarti @Arka : « Può un uomo speculare sul commercio delle armi e andare tranquillamente in vacanza, quando a 1000 km c'è gente che muore sotto le bombe? » Poi non ve la prendete a male, trovavo che per questo argomento promettente , « demonizzare il collezionista », il diavolo era decisamente a corto di avvocati.2 punti
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grazie, ero fuso (ho anche davanti il Crippa) ma mi ero arenato ora trovato e cerco la variante ringrazio infinitamente AK72 e miroita2 punti
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ultima pescata ,la migliore secondo me. Quarto di dollaro 1965 , preso solo per fare cifra tonda. 50 centesimi del vaticano 1933-34 in buona conservazione e ben 2 monete d'argento 5 lire 1930 e 1932 ,anche queste in discreta conservazione . Spesa totale 2 euro 😁 Questa ciotola o meglio, barattolo è stato molto fortunato 🤞2 punti
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Salve condivido foto di una cartolina viaggiata Tripoli e chiedo maggiori informazioni ai più esperti. Ringrazio in anticipo2 punti
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Prima pescata domenicale da ciotola , 10 centesimi di napoleone del 1808 e 1/2 franco svizzero d'argento 1920 . Totale 2€2 punti
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Sicuramente @Ale75 ha ragione e aggiungerei la zecca di Aquileia. Arka Diligite iustitiam2 punti
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Penso che sia inutile ragionare del sesso degli angeli. Non ci sarà mai un cambio di tendenza. La mentalità e l'approccio sono troppo diversi. In Inghilterra sono liberisti. in Italia no, siamo figli della burocrazia che tutto vuol controllare e regolamentare. A torto o a ragione non sta a me dire. Ed in UK hanno il senso dello stato. in Italia no. Quindi in Italia c'è chiusura e repressione là dove ci sarebbe dispersione per motivi economici dell'enorme patrimonio culturale. In UK si lascia alla buona volontà ed al senso civico generalemnete presente nella popolazione. E riescono a gestire una marea di informazioni che qui da noi si ottengono solo col lavoro (costoso) di archeologi ed affini.2 punti
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“In qualunque modo venga raccontata, la leggenda di San Martino ci mostra un esempio di grande altruismo, generosità e misericordia.”2 punti
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@Oppiano complimenti, conservazione incredibile. Non capisco perché "q" fdc, forse perché l'elmo di San Martino (inizialmente avevo scritto "del soldato") non è venuto stampato bene??? Io avrei messo "fdc, conio non perfetto", anche se in confronto alle monete "normali" questa è spaziale... Ma a Lucca non le sapevano fare, le monete perfette!!! Comunque questa del Pezzini più che una collezione sembra un catalogo... A partire dalla prima, un conio di Carlo Magno... Buona domenica, L Spinto dal mio errore iniziale, ho trovato una pagina che credo vi farà piacere, come lettura domenicale: che questo ispiri gente altrove è il mio augurio, ispirato dai vostri bellissimi scudi. "Martino di Tours era nato nell’attuale Ungheria, nel IV secolo dopo Cristo. Prima di essere un vescovo e successivamente essere proclamato Santo, Martino era un soldato romano e prestava servizio nella guardia imperiale. La leggenda di San Martino racconta di come una sera, durante una delle ronde di sorveglianza che era tenuto a eseguire, Martino incontrò un mendicante infreddolito, coperto solo da pochi stracci. La notte era davvero fredda, il cielo grondava pioggia, e il soldato fu impietosito da quel miserabile che tremava e che sicuramente sarebbe morto prima dell’alba. Così, senza esitare, si sfilò il mantello bianco che simboleggiava la sua appartenenza alla guardia imperiale, e con la spada lo tagliò a metà, consegnandone una parte al poveretto. In quel momento la pioggia smise di cadere, le nubi si aprirono, e un tepore innaturale si sprigionò tutt’intorno, come se il cielo gioisse per la pietà e la generosità di quel giovane soldato." [trova qui il link]2 punti
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buon giorno amici rinfresco un pochino questo bel post per condividere con voi il mio primo ramino vicereale. si tratta di un grano di Filippo IIII, datato 1648. è la variante con lo stemma a punta. questa moneta viene classificata dal Magliocca come R2, però nella variante con lo stemma rettangolare, specificando che alcuni esemplari hanno lo stemma a forma curvilinea, come il mio. secondo voi lo si può considerare ancora più raro?2 punti
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Cerco anch'io materiale simile. Sull'autenticità faccio fatica a esprimermi: è sotto vetro, non ci sono foto di dettaglio e non c'è neanche un certificato di accompagnamento. Vale come per le monete. Come facciamo a giudicare una moneta fotografata con tutta la capsula? Come facciamo a valutare la foto sfocata di una moneta? Come faccio a fare valutazioni senza dati metrico-ponderali? Posso solo dire che poster del genere esistevano. Bisognerebbe osservare da vicino la carta per capirne di più. In caso di autenticità il prezzo mi sembra congruo. Si può provare a spuntare qualche sconto chiedendo solo il manifesto senza vetro e cornice. Ma la vedo difficile.2 punti
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Si tratta di una AE2 con rovescio SALVS REI-PVBLICAE. La Vittoria e' rappresentata seduta mentre sta inscrivendo un chi/rho sullo scudo. Si intravvede, mi sembra, proprio l'occhiello della lettera rho. Ma dove e' seduta la Vittoria? Il RIC dice su un trono, ma guardando alcune immagini sembra possa essere seduta anche su una colonna. Qui sembra su un trono: Ae2 Aelia Flacilla (nummus-bible-database.com) Qui sembra su una colonna: Ae2 Aelia Flacilla (nummus-bible-database.com) Qui un riepilogo del rovescio: Type 131 (tesorillo.com) Buona notte. Stilicho2 punti
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A me risultano queste pubblicazioni, @Adelchi66 https://publicatt.unicatt.it/handle/10807/231892 https://publicatt.unicatt.it/handle/10807/232065?mode=simple https://publicatt.unicatt.it/handle/10807/147230 https://www.academia.edu/98042126/Goti_a_Frascaro https://www.academia.edu/40901415/The_Gothic_settlement_of_Frascaro_Piedmont_prov_of_Alessandria_2 punti
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Buongiorno lamonetiani... Oggi questa piastra commemorativa del 1791 ...moneta NC ma in buona conservazione, un pezzo che non credo sostituirò...in linea con la conservazione media dei miei tondelli. 《La rappresentazione iconografica di questa moneta allude al ritorno di Ferdinando IV di Borbone e della regina Maria Carolina a Napoli nel 1791, dopo il lungo soggiorno a Vienna per il matrimonio delle figlie Maria Teresa e Maria Luisa Amalia con gli arciduchi d'Austria Francesco e Ferdinando. I segni dello zodiaco, come si può notare nella fascia del rovescio, si riferiscono ai mesi immediatamente successivi la loro partenza, come se la popolazione, orfana dei sovrani, volesse contare i giorni mancanti al rientro dei reali a Napoli. L'idea di questa piastra si deve all'avvocato d'Urso, che propose la legenda SOLI REDUCI (Al sole che ritorna) insieme all'impronta del "sole che torna ridente dal Tropico e coi più vicini e ravvivanti suoi raggi ferisce la terra".》 Un saluto.2 punti
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C'è un recente catalogo sull'argomento e per giunta in due volumi: Coinage and money in medieval Greece 1200-1430 / by Julian Baker2 punti
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Condivido volentieri il Lotto 948 dell’asta Nomisma Aste 5 dell’11-12/11/2023, così descritto in Catalogo: VENEZIA Elisabetta Querini (moglie del doge Silvestro Valier) (1694-1700) Osella o medaglia 1694- Pao. 286 AG (g. 9,43) RRR Esemplare fotografato sul Ravegnani Morosini II. Proveniente dall'asta Nac, lotto 210, dichiarato qSPL e con la nota "Acquistata privatamente da Carlo Crippa nel febbraio 1980". Era un po’ che la cercavo…1 punto
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Buonasera a tutti, desidero condividere con voi questo mio sesterzio di Faustina II con al rovescio la Laetitia. Rispetto al RIC 1654, al rovescio la Laetitia risulta girata in direzione contraria, ovvero verso destra e non verso sinistra. Pur essendo la moneta in condizioni certamente non perfette e spatinata, si tratta di una variante piuttosto rara, non catalogata né nel RIC né nella collezione del British Museum. Inserisco l'immagine scattata dal venditore che rende abbastanza bene l'aspetto reale di questo sesterzio.1 punto
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Vietmim temo ci sia qualche lacuna storiografica. Temo che una ‘storia dei Musei e della Museologua’ non venga insegnata adeguatamente nei nostri atenei. All’origine dei musei pubblici - apparsi abbastanza tardi sulla scena / vi sono i musei privati, le raccolte private i cui mecenati finanziavano anche gli studi. Se oggi possiamo ammirare raccolte di statuaria e glittica di eccezionale importanza nei mistri musei lo dobbiamo alle raccolte dj statuaria messe insieme da famiglie nobili quali i Mattei, i Cesi, i Boncompagni, i Ludovisi , il card Altemps e anche istituzioni religiose come i Gesuiti che con oadre Athanasius Kirker fondarono il musto Kirkeriano le cui collezioni andarono a costituire il nucleo di musei quali il Museo Nazionale Romano e il museo Pio Clementino in Vaticano . conosciamo la storia prima di criticare/demonizzare il collezionismo . Senza il collezionismo - autore tra l’altro dei primi studi sui beni archeologici, sulla statuaria e sulle monete in un contesto ove il committente pubblico era all’epoca inesistente / oggi non potremmo ammirare quello che troviamo nei musei.1 punto
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questa la propongo all' IPZS 🤣 ed adesso che conosco i vostro tallone d'Achille vado a vedere cosa trovo nel cassetto!1 punto
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DE GREGE EPICURI L'Armenia antica aveva dimensioni molto superiori al paese che oggi designamo con questo nome. Si parlava di una Armenia Maior (o semplicemente Armenia), che era la zona ad est dell'alto Eufrate, fino al Mar Caspio; e di Armenia Minor, ad ovest dell'Eufate, confinante col Ponto e la Cappadocia. La prima comprendeva le zone dei grandi laghi Van, Sevan e Urmia. Nel periodo ellenistico era controllata dal Regno Seleucide, poi ebbe periodi di indipendenza ed altri in cui fu soggetta ai persiani. I romani giunsero in Armenia già con Lucullo (69 a.C.) e successivamente il paese funzionò da "cuscinetto" fra Roma e i Parti: di qui la sua storia così complicata e turbolenta. Fu provincia romana in senso stretto solo sotto Traiano, ma in genere Roma preferì averla come stato-vassallo semi-indipendente. Sotto il regno di M.Aurelio e Lucio Vero i Parti, approfittando di una rivolta in Britannia e di ostilità in Germania, invasero l'Armenia e si portarono fino in Siria. Roma dovette organizzare una controffensiva, che fu affidata a Lucio Vero (163-165): egli ebbe successo, conquistò rapidamente la capitale Artaxata e la distrusse; successivamente, i Parti chiesero la pace. Dal 163, Lucio Vero ebbe il titolo di Armeniacus. Tutto questo è ben illustrato da un asse che ho posseduto diversi anni fa (pesa ben 12, 95 g. e misura 27 mm). Al D attorno al busto di Vero campeggia il titolo ARMENIACUS. Al Rovescio, l'Armenia è a terra volta a sinistra, sotto un trofeo, circondata da uno scudo, un vessillo e armi varie; in esergo ARMEN. Nel giro invece gli altri titoli di Vero: TRP IIII, IMP II, COS II. Dovrebbe essere il RIC 1364. Sarebbe interessante anche approfondire il tentativo di "impero collegiale" di M.Aurelio e Lucio Vero, che fallì e non fu più ripetuto; ma il discorso è lungo e andrebbe sviluppato con calma e separatamente.1 punto
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Le tessere sono una classe di materiale negletto e pochissimo studiato anche perché snobbato dagli archeologi e dai numismatici a favoro delle monete che sono oggetti datanti, ben documentati e ben databili (con i dovuti distinguo). Mi sarebbe piaciuto molto analizzarla anche al diritto per capire qualcosa della figura barbuta e di quel lacerto di Legenda per provare a capirci qualcosa di più e magari attribuirla ma mi devo accontentare della foto.1 punto
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Annulli di partenza non proprio nitidi di Macallè ERITREA, quasi sicuramente dell' 8 agosto 1939 (l'anno e' stabilito dall'Era Fascista XVII), il giorno e il mese dallo scritto. Affrancata con coppia di francobolli Colonie Italiane Eritrea 10c bruno della serie Pittorica del 1933. Per la colonia Etiopia non furono mai approntate emissioni dedicate a parte una serie celebrativa con l' effigie di Vittorio Emanuele III, infatti furono usati per la posta ordinaria i francobolli della colonia Somalia ed Eritrea, ed anche negli annulli fu accorpata all' Eritrea, forse nel nostro caso per la breve distanza tra Macallè e il confine eritreo..??! Dal lato postale un pezzo veramente interessante. L' immagine e' incantevole, fa un po' sorridere la parola "costumi".1 punto
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Seconda pescata da altra ciotola , 10 shelling d'argento e 2 qindar ar 1935 . Spesa totale 1 € 😎1 punto
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Salve , solo da una ricerca online a me sembrebbe un follis VOT XX di Costantino I. Parola agli esperti però.1 punto
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Io cerco di trovare sempre un nesso nella collezione; un legame che mi permetta in qualche modo di fare un “viaggio” storico e rappresentarlo ad un ipotetico pubblico.1 punto
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MI sembrerebbe più un AE di restituzione di Costantino per Claudio II. Mi sembra di leggere al dritto DIVO CLAVDIO OPTIMO IMP, al rovescio l'Imperatore anche se dalla foto non riesco a leggere mi sembra legenda lunga quindi più probabile zecca di Siscia o Thessalonica piuttosto che Roma. Trier escluderei perchè la legenda del dritto è corta. Dovresti riuscire a leggere sotto l'Imperatore i simboli di zecca.1 punto
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Annullo di partenza nitido doppio cerchio piccolo con svolazzo, da Tripoli (Libia) del 6 III 1940 (XVIII anno E.F.) su francobollo da 20c verde emissione del 1926-29 ''Sibilla Libica'' . Solo il francobollo viaggiato su busta o cartolina è quotato sui 15 euro. La cartolina fu scritta in località 'Suk El Giuma' in arabo letteralmente mercato del venerdi a circa 5km da tripoli.(Wikipedia) ....giusto per aggiungere un'altra visione dell'insieme ....visto che abbiamo questa informazione. L'immagine è incantevole, ci si può aggiungere mentalmente una colonna sonora. BELLA, non rara ma neanche comune.1 punto
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E se invece fossero piu’ intelligenti? 😌 non e’ questione d’intelligenza bensi di saper gestire il proprio patrimonio culturale badando da un lato alla salvaguardia d’altro stando attenti a non ledere gli interessi del singolo, del cittadino i cui diritti in UK vengono riconosciuti e tutelati1 punto
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Speriamo l'abbia fatto qualche amico del forum e non sia volata in USA o in qualche emirato.1 punto
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DE GREGE EPICURI Non solo bravo, ma anche rapidissimo! Mi sento un po' umiliato: indovinello risolto in due ore...avevo detto però che non era difficilissimo. L'ho mostrato perchè mi è sempre piaciuta questa moneta con spighe e papaveri. E non erano papaveri rossi di campo, ma papaveri da oppio, ben noti ai romani e utilzzati nell'antichità (teriaca insegna...)1 punto
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Riprendo questa vecchia discussione sui primi talleri in merito alla dicitura VZOREC o SPECIMEN. Le banconote con numeratore azzerato hanno la dicitura SPECIMEN su entrambi i lati. Penso ad intuito che siano le vere prove di stampa (allego foto). Mentre le banconote con la dicitura VZOREC non hanno il numeratore azzerato, quindi potrebbero essere state pensate per i collezionisti. Sono anch'esse emesse dalla banca Slovena ma come tiratura per collezionisti. Smentitemi pure, è solo un mio ragionamento, mi piacerebbe che qualcuno continuasse questa discussione1 punto
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Ciao a tutti, ne aggiungo una che reputo di ottima conservazione. Non trovo il peso però.1 punto
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Ciao, La foto non mi da impressione di alcuna lucidatura. Probabilmente hai questa impressione per via della luce che viene riflessa maggiormente sui rilievi del busto, e, complice anche un po di usura e di debolezze da conio, potrebbe darti questa impressione per via dei rilievi che hanno meno patinatura. Comunque dato che l’impressione fotografica non è MAI precisa, ti consiglio caldamente di contattare numismatica picena nella persona di Cesare Costantini, sempre molto preciso e gentile. Telefona e chiedi direttamente a lui, sarà certamente a tua disposizione nel darti tutte le più chiarificatrici informazioni al riguardo.1 punto
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Regalatevi la Rivista "Monete Antiche" ed anche"Panorama Numismatico"."in un anno ne leggerete delle belle". E se già ve le state regalando queste riviste, potrete fare un ulteriore regalo ai Vostri amici numismatici regalando loro, rispettivamente, la quota associativa e l'abbonamento. odjob1 punto
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DE GREGE EPICURI Oggi vi mostro questa tetradramma alessandrina di Alessandro Severo, abbastanza pesante (ben 14,50 g mentre la media è 12,60). Dal ritratto, che è molto infantile, non credo lo avrei riconosciuto; al D c'è una iscrizione molto lunga, una delle tante varianti. Al rov., Dikaiosyne (la Giustizia, o anche l'Equità, è lo stesso) con la sua bilancia ed una cornucopia. La scritta LB indica il secondo anno di regno. La conservazione mi sembra accettabile. Dovrebbe essere il n. 4291/231 del Dattari-Savio. E' presente nel volume di Figari-Mosconi al n.1151.1 punto
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Buonasera a tutti, posto la mia piastra 120 grana Ferdinando II 1856 Vtr.. Punto su S di FERDINANDVS Come le altre dei post precedenti. La mia è quella del link al post 18 di @Raff82 https://bid.nomisma-aste.it/en/lot/10230/napoli-ferdinando-ii-di-borbone-1830-1859-/ Saluti Alberto1 punto
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DE GREGE EPICURI Oltre al Marocco, anche Tripoli di Libia (Tarabulus gharb) ha coniato monete con l'esagramma, da Ahmad 1° a Muhammad IV.1 punto
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