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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 11/26/24 in tutte le aree
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Chiedo perdono se apro un'apposita discussione, ben sapendo che ne esiste un'altra, ma, data l'importanza dell'argomento, non ho potuto fare altrimenti. Il 22 novembre del 1773 Bernardo Perger - avendo ricevuto l'ordine dal Re di "esporre tutto quello che bisogna per il miglioramento della Real Zecca" - scrive al presidente della Regia Camera della Sommaria, nonché delegato della Regia Zecca, informandolo sullo stato attuale dell'officina monetaria. La zecca, stando alla rapporto del Perger, versava in uno stato miserevole in particolare per i macchinari obsoleti e logorati dall'uso che non permettevano un'alta qualità della monetazione. In questo importante e inedito documento (ASNA, Ministero delle finanze, fascio 299) si epongono le ragioni dei graffi sulle monete napoletane, almeno per il periodo precende al 1774 e forse anche successivo, visto che non si hanno finora notizie se i nuovi macchinari vennero adottati in zecca. Le carte rivelano come i graffi siano attribuibili a una fase precisa del processo di coniazione, ovvero quello successivo alla trafilatura. I cilindri della trafile, essendo in ferro e non in acciaio, presentavano la superficie scabra impedendo così un corretto appiattimento delle lamine (piance) per raggiungere lo spessore (doppiezza) desiderato. Non essendo le trafile pefettamente funzionanti, le lamine prodotte non erano di giusto peso e si era costretti all'utilizzo della lima per riportarle al peso prescritto (documento n. 1). Nel documento successivo, datato 25 gennaio 1774, il regio ingegnere Giuseppe Astarita fa le medesime dichiarazioni del maestro dei coni (documento n. 2). documento n. 1 a firma di Bernardo Perger Documento n. 2 a firma di Giuseppe Astarita8 punti
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Buongiorno, oggi posto i francobolli di Gran Bretagna del 1847-54 con Effigie della Regina Vittoria in cornici diverse con stampa in rilievo, per il n.5 valore da 6 pence la carta era filigranata con lettere R V mentre per glia altri due valiri n.6-7 (1p pence e 1 sterlina) fu usata per la prima volta carta con 2 fili di seta . nel caso dei francobolli presentati, si trovano allo stato di usato, in alcuni casi si trovano usari con la cornice ritagliata, creando pertanto un francobollo ottagonale3 punti
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Buongiorno, Lorenzo. Dopo un'attenta analisi della moneta che hai condiviso, posso confermare che presenta caratteristiche tipiche di una 天保通宝 (Tenpō Tsūhō) emessa nel Dominio di Fukuoka (福岡藩), più precisamente nella variante Kurume (久留米版). Questo è supportato dalla lettura dei caratteri "天保通宝" presenti sulla faccia principale e dal sigillo 花押 (Kao) a forma di farfalla visibile sul retro. Un elemento distintivo da sottolineare è la presenza di un 印 (Shirushi) laterale, che appare poco visibile ma comunque riconoscibile attraverso un'analisi dei tratti. Come noto, si tratta di una coniazione cosiddetta "illegale" (非公式鋳造, Hikōshiki Chūzō), in quanto prodotta al di fuori della zecca ufficiale dello shogunato di Edo (江戸幕府) e autorizzata invece da uno dei domini secondari. Le dimensioni di queste monete possono variare leggermente, essendo realizzate con tecniche non standardizzate. Per procedere con una classificazione definitiva, avrei bisogno di ulteriori dati. Ti chiedo quindi di fornirmi gentilmente: Il peso esatto della moneta, possibilmente espresso in grammi (g). Il diametro del foro interno (穿孔, Senkō), dato cruciale per la conferma della variante specifica. Questi dettagli ci permetteranno di identificare con maggiore precisione la tua moneta e di confrontarla con altre emissioni simili dello stesso periodo. Premetto che differenze minime posso cambiare la valutazione. P.S anche io ero al VeronaFil e ne ho presi 4 di 100 mon a saperlo ti mandavo da un collezionista Russo che ne aveva una cinquantina in buone condizioni. Rimango a disposizione per ulteriori chiarimenti o per discutere eventuali dettagli aggiuntivi.3 punti
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Buongiorno a tutti, a grande richiesta torna per la seconda edizione il convegno Filatelico-Numismatico ANTIQUA: si terrà dal 20 al 21 dicembre dalle 9 alle 18 A Garlate (Lecco) presso il Museo della Seta Abegg.2 punti
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Le AI un giorno potranno usare in autonomia una stampante 3D e realizzarla veramente, a quel punto tutto sarà credibile, come questa moneta da 20 franchi 1932 TORINO quella giusta2 punti
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A naso sembra un articolo fatto con AI. Da li tutte le problematiche successive...2 punti
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Mi ricordavo di averli ma non dove li avevo messi, ne ho due tosati a forma di cornice, fanno un altro effetto..2 punti
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In Cassazione ci è già passato e gli hanno dato torto per la terza volta. Finchè non si leggono i documenti ufficiali sequestrati insieme al titolo, mi sembra molto difficile proseguire nella discussione. M.2 punti
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La zecca è Siracusa. Si riconosce per lo stile. In particolare per la perlinatura lineare ( in quelle di costantinopoli la perlinatura è costituita da vari punti) e per le A allungate verso destra. A questo si uniscono alcuni dettagli, come ad esempio nel rovescio in cui legge victoria augukv (o qualcosa del genere) dove le ultime lettere dovrebbero essere di controllo dell'emissione e sono caratteristiche di Siracusa. Bel pezzo.2 punti
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Conferenza estremamente stimolante complimenti a @Andrea Costa, esaustivo e precisissimo nonostante l'argomento difficile e direi scivoloso. Un sacco di spunti storici, artistici, economici e quanto altro. Sono rimasto davvero soddisfatto per una serata che, anche se a distanza, ho davvero apprezzato. In attesa di ulteriori scoperte. Quanto è bella la Numismatica!1 punto
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Non ho idea di che origine possa avere ma di una cosa sono certo: chi le ha fatte non finirà all'inferno.1 punto
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Per il bitter ho dovuto usare il traduttore! Grazie! almeno partecipo anch'io. Ok! aggiungo un particolare molto particolare! dopo di che lascio a te il resto. Non mi dire che ho sbagliato moneta!1 punto
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Ciao @nikita_ ogni tanto sono connesso. Quasi nulla, raramente ma si trovano in ciotola a pochi centesimi. Nella maggioranza dei casi è solo una curiosità, anche se abbastanza ricercata.1 punto
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Ciao, @SuxPazzo posso confermarti che la moneta in alto a sx è la variante co 0 grande. saluti1 punto
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Prova a vedere se trovi riscontri con questo trachy https://www.acsearch.info/search.html?id=31734551 punto
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La moneta esiste ma la zecca è di Parigi, bastava fare una piccola ricerca 20 francs Turin - France – Numista Su 20 coniate sembra ce ne sia una sola in circolo. All'inizio ho pensato che aveva sbagliato anno con il 20 Franc Napoleone ma 1832 non c'è al massimo arriva 1813 . Perchè scrive Turin Pierre ma poi diventa Torino zecca......credo sia davvero fatto da AI che vuol dire Artificiale Ignoranza.1 punto
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Credo si tratti di una moneta di siracusa di Gerone II. Attendi pareri più autorevoli.1 punto
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Indubbiamente, l'orientamento della Suprema Corte nella materia è improntato ad una "severità interpretativa" del concetto di titolo equiparabile al denaro contante, particolarmente rigorosa. In quest'altro caso simile (ma non identico) a quello di Loris e di alcuni mesi precedente, la Corte di Cassazione ha confermato la sanzione amministrativa per l'omessa dichiarazione in Dogana di una cambiale portante l'importo di 1.200.000 B.A.M. (Marchi convertibili bosniaci - neanche sapevo che esistesse questa valuta!) pari a 613.559,67 euro, che parrebbe addirittura falsa, tanto che il Tribunale di Como, giudice di primo grado, aveva accolto il ricorso dell'Opponente e annullato la sanzione. In seguito però, prima in appello e poi in Cassazione, la sanzione è stata confermata. E' interessante leggere le motivazioni della sentenza della Cassazione, che trovate qui sotto. La sezione e il Presidente sono gli stessi della sentenza di Loris. M. Cass. civ. sez.II Ord. n. 11894_2024.pdf1 punto
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Questo gettone datato 1959 nella scheda di Paolo Pitotto era dato come premio ai vincitori del “Musichiere”, il gioco musicale televisivo a quiz condotto dall’attore romano Mario Riva, andato in onda sul Programma Nazionale dal dicembre 1957 al maggio 1960. apollonia1 punto
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Sì, ha qualche moneta romana e greca, più delle monete arabe antiche ... Poca roba, perché non si fida a comprare granché, dato che non abbiamo competenze per capirne il valore.1 punto
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Buongiorno. E' chiaro che si tratti di un segno dovuto a frattura/segnatura del conio e del 1989 ne esistono con la barretta più evidente (questa in questione è stata coniata all'inizio del problema del conio). Sui manuali non è riportato come non sono riportati tantissime altre barrette/segni di rotture del conio per il semplice motivo che segni poco evidenti o in posizioni poco significative non vengono presi in considerazione come errore in quanto non recano alcun interesse aggiuntivo alla moneta.1 punto
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Dipende cosa intende per "numismatica antica". Se, ad esempio, segue la monetazione romana, un buon libro potrebbe essere il "È falso il mio denario?" di Carlos Traver Fábrega. http://www.classicadiana.it/libreria/content/traver-fabrega-e-falso-il-mio-denario1 punto
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Buongiorno, libri di numismatica ce ne sono diversi. Sono proposti anche on line. Posto la foto di uno che potrebbe andare bene.1 punto
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Qui ci vuole l'ottimo @Xenon97!Anche se vedo che @Kojiki è già intervenuto quindi non so se c'è altro da aggiungere!😄 Per confronto posto anche la discussione dove era stato identificato il mio 100 mon qualche mese fa:1 punto
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Matteo, penso che la chiave interpretativa stia nei documenti ufficiali, che non conosciamo. Il titolo non è stato trattato come merce, bensì come un titolo finanziario al portatore, astrattamente idoneo, e suscettibile di essere negoziato per l'importo indicato nei documenti. Ripeto, se non conosciamo i documenti ufficiali che attribuisconoo al titolo un controvalore di 70 milioni di dollari, non capiamo appieno la vicenda. M. Si parla del processo civile di opposizione alla sanzione amministrativa. Il penale è altra cosa. M.1 punto
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no torto 3 volte....solo torto sul fatto che avessi dovuto dichiaralo.....tutti i processi penali li ho vinti1 punto
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Cartolina illustrata affrancata con un francobollo serie Democratica £.6 a coprire la perfetta tariffa cartolina illustrata il bollo piuttosto confuso, in foto non permette di stabilire il luogo di partenza, mentre la data è 28.12.19481 punto
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Questa è una cartolina prestampata e già compilata di indirizzo e comunicazioni, inoltre non doveva essere affrancata, in quanto godeva della franchigia, Art.2 della convenzione postale, come riportato in altro a dx nello spazio destinato al francobollo, in nquanto spedita a Sua Santità Pio XII come augurio per i 50 anni di sacerdozio1 punto
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Intanto l'introduzione di contanti/titoli di credito ecc. non sconta il dazio ma è solamente sottoposta alla dichiarazione valutaria. Devi, cioè, solo dichiarare in un apposito modulo, l'importo che stai introducendo in Italia, la provenienza dello stesso e un'altra serie di informazioni. Tutto ciò ai fini (essenzialmente) di impedire il riciclaggio di denaro. Quindi nel Tuo esempio al n. 1) non ci sarebbe stato alcun dazio da pagare ma, ci fosse stata allora la normativa attuale, avresti avuto solo un obbligo dichiarativo ove l'importo del titolo fosse stato sopra soglia. Sull'esempio n. 2), non stai introducendo valuta ma una "merce", in quanto la moneta da un centesimo pagata 1.700 euro non è considerata valuta ma "merce" e quindi ci dovrai pagare i diritti doganali. Esiste una franchigia di 300 franchi svizzeri (se non sbaglio) entro la quale l'oggetto acquistato in Svizzera e portato in Italia non sconta alcun diritto doganale. In allegato trovi il modello di dichiarazione doganale per l'introduzione sopra soglia di contanti e di titoli assimilati dalla Legge ai contanti. M. Modello di dichiarazione denaro al seguito.pdf1 punto
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Buongiono, io ti posso aiutare postalmente, il documento postato è un piego tra enti, in questo caso tra il Comune di Ugento (Lecce) e la Pretura di Gallipoli, gli enti godevano in alcuni casi della totale franchigia in altri della riduzione del 50% della tariffa, in questo specifico caso adottata perfettamente, affrancado il piego con 25 cent. anzichè 50 cent. e usando un francobollo della serie Imperiale, il bollo in viola ovale con R.R.Poste ecc. rappresenta a tutti gli effetti, il diritto alla riduzione1 punto
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I rilievi non sono male; in questo tipo di monete, pure difficili da trovare e ancor di più in alta conservazione, bisogna essere più tolleranti della norma, direi un BB- ( per il bordo maltrattato). Comunque una moneta da conservare.1 punto
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si dovrebbe essere un bottone vandeano, se può esserti utile: https://detectormania.com/bottoni-vandeani-cosa-sono-e-storia/1 punto
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Anche io ho un piccolo gruzzolo di dollari canadesi, dovrebbero essere spendibili in Canada ma le banche qui non li ritirano.1 punto
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Non ne ho mai tenuta una così a lungo 🙂. La assaggerò ... se è buona la ritappo altrimenti ne preparerò un'altra.1 punto
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Stato degli elettrotipi. Ci sono due aree di fabbricazione di elettrotipi, una delle quali può essere considerata di stato discutibile. Nessuno contesterebbe la realizzazione di elettrotipi da nuovi modelli e modelli come opere d'arte originali. L'area discutibile è la replica di monete e medaglie esistenti. Utilizzando una moneta o una medaglia come modello, se ne può ricavare uno stampo e questo stampo utilizzato come modello per un elettrotipo. I collezionisti lo considerano un "contraffatto" e lo eviteranno. Tecnicamente, tuttavia, un elettrotipo realizzato da una moneta o una medaglia è una copia personalizzata. Diversi musei hanno offerto questo come servizio per replicare esemplari nelle loro collezioni. (Il British Museum lo ha fatto per quasi quarant'anni.) Quindi i numismatici esperti riconoscono gli elettrotipi come opere d'arte originali o repliche per una ricerca o uno studio legittimi.1 punto
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Non fatevi ingannare dal fumo negli occhi gettato da Pedroni, che si dimostra maestro nell'arte di scegliere cosa dire e come dirlo. Innanzitutto, non è vero che non ci sia accordo sulla data di istituzione dei IIIviri monetales e sulla durata della carriera: da Crawford a Belloni, Mommsen e persino Pedroni stesso (1993) concordano su tali aspetti. In secondo luogo, non è vero che ci sia pervenuto un solo nome di monetale dalle fonti, Marco Fonteio è un esempio, ma Cicerone ne cita altri, uno fra tutti, Vettieno (Cic. ad att. XV, 13, 1). Proseguendo, l'argomento delle leges repetundarum e tabulae bantinae non può portare a concludere altro se non che, semplicemente, i monetalis non fossero incardinati nel cursus honorum (Hamilton 1969) come invece sarà da Augusto in poi (12 a.C., lex Iulia de magistratibus, Rotondi 1912, p. 452). Neppure l'argomento per cui appare assurdo che il senato permettesse la propaganda monetaria, dato che i monetales erano rampolli di 27 anni delle famiglie senatorie (Belloni 2002), dunque le stesse che sedevano nella curia ed anzi, non si vede perchè avrebbero dovuto impedire che i propri ragazzi pubblicizzassero le famiglie, facendo ottenere loro più onore. Ancira, le opposizioni di Belloni all'importanza di tale propaganda, sono altre, non quelle citate da Pedroni. Nel suo libro più importante (Belloni 2002) argomenta in modo totalmente diverso, sostenendo che solo poche famiglie avevano effettivamente antenati da vantare, ma ammette anche che fosse uso comune delle gentes romane, inventarsi una discendenza (basti per tutte, la gens Iulia). Sul percorso che ha portato le monete dall'essere anonime e fisse nell'iconografia, a mutare costantemente in un crogiolo di forme e slogan, si rimanda all'excursus fatto da Bernareggi che, personalmente, ho trovato quasi poetico (Bernareggi 1963). Per quanto concerne le emissioni speciali, curate da magistrati non monetari, queste avvenivano per senatoconsulto e sono la prova più consistente che frantuma l'argomentazione della casta monetale. Tutti, se autorizzati dal senato, potevano battere moneta, i monetales erano semplicemente la magistratura preposta specificamente a curare il conio, ma batterono moneta consoli, questori, pretori e pure privati cittadini meritevoli ed autorizzati per S.C. (Crawford 1974, Mattingly 1928). Insomma, si potrebbe andare avanti un'ora, io ho riempito un capitolo della tesi di laurea, smontando questo articolo. L'argomentazione più importante resta comunque quella per cui è assolutamente insostenibile ritenere che le famiglie di Roma provvedessero all'approvvigionamento del metallo da coniare; semplicemente non è possibile. La gens Iulia ha monetato decine e decine di serie, per migliaia di pezzi, e tutti possono contatare che fosse una gens decaduta e costretta a vivere nella suburra. I Fontei hanno monetato almeno 4 serie, se non 5, ed erano nobiltà plebea, non certo tanto ricca da permettersi questo lusso. La verità è che questa teoria fa acqua da tutte le parti e gioca sull'impossibilità di essere confutata da prove materiali, semplicemente perchè non esiste un trattato antico sulla monetazione. Grazie e scusate la lunghezza del commento.1 punto
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Credo, però, che la moneta in questione sia la RIC V 360 in quanto la 359 avrebbe come legenda di dritto IMP MAXIMIANVS P AVG (mentre qui si legge IMP MAXIMIANVS AVG): Online Coins of the Roman Empire: RIC V Diocletian 360 Buona notte. Stilicho1 punto
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Qualche info sull'oro commestibile. "...Quella che sembra avere tutti i crismi di una moda recente ed effimera, per la verità, ha radici storiche, risalenti perlomeno all’antica Cina e all’Egitto, dove per i faraoni si preparavano pani con polvere d’oro nell’impasto. Per gli imperatori romani, invece, si servivano torte decorate con foglie sottili del metallo raro per eccellenza, e usi analoghi si praticavano in Giappone, dove si impreziosivano allo stesso modo liquori e piatti speciali. Nel corso del Medioevo e del Rinascimento, nei banchetti delle corti reali europee la polvere e la foglia d’oro e d’argento si utilizzano per guarnire le portate più scenografiche, per impressionare gli ospiti. Mangiare il più prezioso dei metalli, in quel periodo, era anche ritenuto utile per la prevenzione delle malattie cardiache. Inoltre, pare che il detto “indorare la pillola” derivi dall’abitudine dei medici di aggiungere piccole quantità d’oro alla preparazioni farmaceutiche. L’alta cucina riscopre il metallo prezioso negli anni Ottanta del secolo scorso, e soprattutto a partire dal 1981, quando Gualtiero Marchesi propone il suo risotto oro e zafferano, una variante di lusso del celebre risotto alla milanese. L’interesse internazionale per il piatto e il suo successo nel mondo della gastronomia più esclusiva spingono la diffusione di questo particolare ingrediente, e con esso il mercato per le aziende specializzate nel trattarlo e commercializzarlo. Inizialmente, è soprattutto la liquoristica la principale destinazione d’uso dell’oro commestibile, che in seguito conosce nuove applicazioni, favorite dalla resilienza e dalla crescita del mercato del lusso, che come noto non conosce crisi. Negli ultimi vent’anni l’alta pasticceria si è avvalsa sempre di questo nobile ingrediente, in cerca di soluzioni estetiche originali e d’impatto. Al pari di altri ingredienti, come ad esempio gli aromi, anche l’impiego gastronomico dell’oro e dell’argento è normato. Secondo la direttiva europea 94/36/CE, infatti, questi due metalli sono identificati come coloranti alimentari, rispettivamente con le sigle E175 ed E174. Nella sua forma edibile, l’oro è utilizzato puro (23-24 carati), e lo stesso vale per l‘argento (999-1000 millesimi). Al netto delle antiche credenze, che attribuivano all’oro poteri curativi, è lecito chiedersi se mangiare questi metalli preziosi abbia ripercussioni sulla salute, come può averne l’alluminio in senso negativo. Tranquillizzerà chi può permettersi di portarli in tavola come ingredienti sapere che entrambi non presentano controindicazioni per l’organismo, e sono considerati innocui, inerti, nonché privi di significative proprietà benefiche. Tuttavia, l’oro trova anche una particolare applicazione medica: l’aurotiomaleato di disodio, infatti, è un farmaco per combattere l’artrite reumatoide. Come abbiamo visto, l’oro alimentare non fa male e il suo uso è riconosciuto e regolamentato. A questo punto è naturale domandarsi che sapore ha, se ne ha uno. La risposta è semplice, perché questo metallo – così come l’argento – risulta del tutto neutro al palato, pertanto non provoca alterazioni sensoriali ai piatti nei quali è inserito come ingrediente. Sul piano della consistenza materica il discorso è simile, in quanto le foglie e le pagliuzze utilizzate in gastronomia hanno spessori estremamente fini, tali da rivelarsi appena percettibili. Parlando dei formati impiegati per fini alimentari, per l’appunto, oro e argento vengono commercializzati in: fogli e lamine, in genere di forma quadrata, modificabili e adatti per risotti, dolci e parti esterne delle portate, specialmente quando le superfici sono piatte e regolari; polvere, estremamente fine, indicata per liquori, cocktail e bevande in genere, all’interno delle quali può restare in sospensione, risultando più visibile; briciole, di diametro leggermente superiore, versatili per guarnizioni di vario tipo; fiocchi, più grandi e luminosi, per gli usi di superficie di grande effetto; spirali e bastoncini, forme elaborate che si prestano bene per abbellire anche i piatti dalle linee irregolari. Come si accennava, gli utilizzi oggi sono molto vari, anche se è la pasticceria di lusso la destinazione prevalente per la versione alimentare dei metalli preziosi, in particolare quando si tratta di coperture e decorazioni esterne di dessert e cioccolatini. Ad ogni modo, è chiaro che i materiali in questione – specialmente sotto forma di fogli – richiedono una certa pratica prima di poter essere utilizzati e dosati nei piatti, per evitare sprechi che potrebbero rivelarsi molto dispendiosi. Come abbiamo visto, oro e argento edibili si caratterizzano anche per l’assenza di gusto, un aspetto che però sembra essere superato dalle più recenti innovazioni di settore. Questi ingredienti esclusivi, infatti, possono essere arricchiti con particolari aromatizzazioni, che quindi possono cambiarne l’impatto sui piatti, non più limitato al solo valore estetico, ma da intendere come un vero e proprio condimento. Dopo un anteprima all’Expo 2015 di Milano, infatti, l’azienda Giusto Manetti Battiloro, in collaborazione con Giotti, ha brevettato una linea di oro e argento con aromi naturali di tartufo, lime e vaniglia, offrendo ai clienti anche la possibilità di ottenere gusti su richiesta. Ora che il quadro sull’uso alimentare dei metalli preziosi è più chiaro, non resta che la nota dolente sulla quale fare luce, ovvero i costi di questi esclusivi ingredienti. Si potrebbe pensare di trovare l’oro alimentare in vendita solo nelle boutique di lusso, ma è possibile acquistarlo nelle principali piattaforme di commercio online. I prezzi variano a seconda del livello di purezza – espresso in carati per l’oro e in millesimi per l’argento, come avviene per i gioielli – fondamentale anche per garantire la sicurezza alimentare, che non contempla contaminazioni significative di altri metalli. Indicativamente, le cifre al grammo si attestano intorno ai 150 euro per l’oro, mentre per l’argento ne “bastano” 90. In pratica, per una confezione da 20 fogli d’oro quadrati a 24 carati, da 44 millimetri di lato e dello spessore di 2 micron, si spendono circa 15 euro. A dispetto delle premesse iniziali, quindi, un piatto decorato o condito con questi metalli preziosi non è del tutto inavvicinabile, e si stima che una guarnizione d’oro per una torta da matrimonio ne incrementi il prezzo di circa il 25%. Se i costi non sono proibitivi, allora, ai consumatori il giudizio finale. " fonte: https://www.ilgiornaledelcibo.it/oro-alimentare/1 punto
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Ciao, si tratta di evidente "oro commestibile", prodotto secondo norme fabbricazione alimentare GMP, biologicamente inerte, insapore e impercettibile al palato e che non contiene allergeni, prodotti coadiuvanti e/o materiali di origine animale. Del resto, in "cucina" è già presente l'uso dell'oro. Celebre il risotto oro e zafferano del Maestro Marchesi: https://reportergourmet.com/it/ricette-degli-chef/41-risotto-oro-e-zafferano-gualtiero-marchesi A questo punto, perché non abbinarci il Luxor Pure Gold 24K ?1 punto
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Scusa se rispondo solo adesso e se ti do del tu, non conformemente a questa discussione... ma darsi del lei fra lamonetiani mi sa troppo di antiquariato, da tempi della legge delle guarentigie. A mio avviso le cose stanno nei seguenti termini. E' vero che capo di Stato e governo pontificio hanno continuato ad esistere e operare, svolgendo quasi tutte le principali funzioni dello Stato, ma questo elemento da solo non basta: ciò che a mio avviso non torna nel tuo ragionamento è il territorio. Se è vero che lo Stato Pontificio continuò ad esistere non può dirsi la stessa cosa per il territorio, che non è l'unico elemento di uno Stato ma ad ogni modo uno di quelli indispensabili per definire una vera nazione: qui non ci fu una continuità reale, in quanto il governo pontificio si trovò ad operare su territorio italiano annesso l'8 ottobre 1870 con regio decreto, cosa che non si poteva più cercare d'impedire con la forza militare. Questa era la situazione reale, qualunque fosse la posizione degli altri paesi continuando a riconoscere o meno il governo pontificio o tutto lo Stato. Se il pontefice e il suo seguito non furono toccati e vennero lasciati dove si trovavano ad operare fu una scelta del governo italiano, ormai proprietario di fatto (e nella sua dimensione anche di diritto) del territorio ex-pontificio. Del resto la legge delle guarentigie non era un trattato internazionale ma una disposizione italiana che stabiliva unilateralmente alcuni concetti e fatti, non accettata dal pontefice stesso, arroccato "in esilio" in una zona annessa dove considerava sé stesso prigioniero politico e non poteva esercitare quelle prerogative di Stato sovrano se non dietro tolleranza italiana prima e concessione italiana poi. Fra l'altro l'articolo 3 della legge recita che: "Il Governo italiano rende al Sommo Pontefice, nel territorio del Regno, gli onori Sovrani, e gli mantiene le preminenze d’onore riconosciutegli dai Sovrani cattolici." In sostanza era la stessa condizione dello SMOM di oggi, che nessuno considera un paese: è un'entità sovrana con un governo che ha sede in una zona extraterritoriale italiana e tutte le prerogative di uno Stato, comprese emissioni di monete ufficiali e di francobolli utilizzabili, nonché le ambasciate. La legge delle guarentigie, emanata nello Stato di fatto sovrano sul territorio in questione, non parla né di esistenza né di continuità del vecchio Stato Pontificio, che naturalmente si considerava estinto. Del resto l'articolo 3 dei Patti lateranensi dice che: "L’Italia riconosce alla Santa Sede la piena proprietà e la esclusiva ed assoluta potestà e giurisdizione sovrana sul Vaticano, com’è attualmente costituito, con tutte le sue pertinenze e dotazioni, creandosi per tal modo la Città del Vaticano per gli speciali fini e con le modalità di cui al presente Trattato." I Patti (stavolta accettati da entrambe le parti) non riconoscono nessuna continuità ma vanno a creare ex-novo lo Stato della Città del Vaticano. Nel caso dello Stato Pontificio al 1870 si potrebbe anche contestare il criterio della popolazione, dato che un paese vero non può essere popolato solo da capo di Stato, funzionari governativi e soldati, ma questo è un discorso un po' troppo soggettivo. In conclusione, secondo me siamo davanti a un caso particolare con una via di mezzo in cui non si può parlare di debellatio dello Stato Pontificio ma neanche di continuità dello stesso, perchè quella continuità nella sostanza dei fatti di una nazione reale non c'era. Se volessimo venirci incontro potremmo definirla una "debellatio parziale" o una "continuità parziale" o magari ideare un termine ad hoc...1 punto
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Condivido volentieri questo esemplare: Vittorio Emanuele III (1900-1946) 20 Lire 1906 Progetto Johnson - Luppino PPSJ35; Pagani PP 178 MD (g 3,57) RRR “diligente lavora in pace” (in latino “sedula in pace laborat”).1 punto
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