Classifica
Contenuti più popolari
Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 06/19/25 in tutte le aree
-
Buonasera a Tutti i Filatelici, condivido con Voi questo bel esemplare di Napoli come Regno delle due Sicilie. Si tratta di un francobollo rosa-brunastro con annullo, prime emissioni del 1858, valore 10 grana. Presenta uno stemma diviso in tre campi : il cavallo sfrenato che rappresentava Napoli, la Trinacria che rappresentava la Sicilia ed i tre gigli simbolo dei Borbone. Cat. Sassone 10. Questa affrancatura ha una simpatica particolarità : emissione prima tavola, ovvero a destra della cifra 10, nello spazio bianco tra la linea di contorno e il disegno c'è una piccolissima lettera " I " dell'incisore G. MAS I NI. Un segno segreto pare per evitare le frodi. Ho appreso questo, dai cataloghi e quindi come già discusso nei precedenti posts, servono ! Servono soprattutto per studiare gli esemplari ed apprendere in merito. Grazie dell'attenzione.4 punti
-
Il primo deposito d'oro sotto la nuova autorità venne ricevuto dalla Zecca di Charlotte il 1° maggio 1861: l'ultimo appena tre settimane dopo, il 21 maggio. Non è chiaro se furono i depositanti a smettere di portare il loro oro alla Zecca o Caldwell a rifiutarsi di riceverne altro. In ogni caso, quasi tutti i depositanti furono pagati, in monete d'oro, entro la fine del mese. Monete come questa half eagle, una delle 6.879 coniate nell'ultimo anno di attività della Zecca. (foto da Heritage Auctions) Alla chiusura dell'anno fiscale, il 30 giugno, la Zecca aveva in cassa poco più di 4.000 dollari in monete d'oro, una riserva da utilizzare per i salari degli impiegati e rimborsare i pochi depositanti rimanenti. La Zecca era passata sotto la Confederazione tre giorni prima, e il 24 agosto veniva riclassificata come assay office, ufficio di analisi. Gli impiegati furono pagati per tre quarti di quell'anno 1861, dopodichè la Zecca cessò ufficialmente di esistere come tale... il marchio C non comparirà più sulle monete degli Stati Uniti Il 12 ottobre, il Segretario al Tesoro della Confederazione, Christopher Memminger, ordinò a Caldwell di consegnare tutti i beni in oro e argento dell'ex Zecca di Charlotte all'Assistente Tesoriere a Charleston. Dopodichè, anche il ruolo di assay office perse di significato, non essendoci più niente da analizzare. La struttura venne utilizzata nei primi tempi della guerra civile per laminare fogli di rame per la fabbricazione delle capsule a percussione, e il seminterrato e gli annessi furono trasformati in magazzini per le forniture navali arrivate da Norfolk, Virginia. I cittadini di Charlotte la usarono anche per varie funzioni sociali, essendo uno degli edifici più grandi della città. Ma il sovrintendente Caldwell, coadiuvato da pochi impiegati, continuò a occuparsi in qualche modo di essa fino alla sua morte, il 10 luglio 1864. petronius4 punti
-
LA GUERRA CONTRO TARANTO E CONTRO CARTAGINE L’allargamento del dominio romano verso l’Apulia, realizzato proprio con la deduzione della colonia di Luceria, impensierì la più potente città magno-greca, Taranto, unica colonia fondata da Sparta fuori dal Peloponneso. Dopo un primo limitato scontro Roma inviò propri ambasciatori, chiedendo la pace, ma furono apertamente scherniti dalla popolazione; il Senato dichiarò allora guerra e nel 281 a.C. un esercito romano strinse d’assedio la città nemica. Rimasta senza alleati in Italia (Neapolis aveva stretto il foedus di alleanza con Roma, i Sanniti erano stati sconfitti), Taranto chiese l’aiuto di Pirro, re dell’Epiro, cugino di Alessandro Magno (più esattamente, erano cugini i loro genitori) e famoso generale che aveva già, al suo attivo, numerose vittorie. Pirro sbarcò in Italia 280 a.C. con oltre 30.000 soldati (compresi i rinforzi ricevuti dalla Magna Grecia) e 20 elefanti da guerra, convinto che avrebbe emulato, contro i “barbari” dell’occidente, le epiche gesta con cui suo cugino aveva sottomesso i popoli dell’Asia. Roma, che nel medesimo periodo conduceva anche un’altra guerra contro gli Etruschi, mobilitò circa 72.000 soldati (8 legioni e altrettanti socii), ma solo 18.000 di essi poterono essere mandati contro Pirro. Nel primo scontro, a Eraclea, gli elefanti impaurirono i Romani che subirono così una sconfitta; l’esercito nemico lasciò tuttavia sul campo ben 4.000 morti, talché Pirro commentò amaramente “Un'altra vittoria come questa e sono rovinato”. Il re inviò allora ambasciatori al Senato, proponendo una tregua, ma l’ormai anziano Appio Claudio Cieco convinse i compatrioti a non accettare. Rimasto in gravi difficoltà logistiche, Pirro si spostò in Sicilia, deciso a cacciare dall’isola i Cartaginesi, che tuttavia si arroccarono a Lilybaeum (odierna Marsala); tornò in Italia per aiutare Taranto, nuovamente posta sotto assedio dalle legioni, ma fu pesantemente sconfitto nel 275 a.C. a Maleventum (da allora ribattezzata Beneventum) e decise di tornare in Epiro. All’improvviso, in tutto il Mediterraneo si diffuse la fama di questa remota città “barbara” che aveva sconfitto e umiliato il cugino di Alessandro Magno; nel 273 giunsero a Roma gli ambasciatori di Tolomeo Filadelfo, re d’Egitto e figlio del diadoco, che chiesero e ottennero di stipulare un trattato di amicizia. Taranto fu conquistata nel 272 a.C., dopo tre anni d’assedio; Rhegium (odierna Reggio Calabria), ultima città magno-greca indipendente, nel 271. Roma era padrona dell’Italia. ____________________ Nel 265 a.C. i Mamertini (un gruppo di mercenarî campani impadronitisi del governo di Messana, odierna Messina), minacciati da entrambe le due potenze che si spartivano il governo dell’isola, Cartagine e Siracusa, chiesero l’aiuto di Roma. Il Senato rimise la decisione ai comizî, e il popolo decise di intervenire; nel 264 a.C. le legioni sbarcavano a Messina. Era iniziata la prima guerra punica. Nel 263 a.C. Siracusa, posta sotto assedio, decise di capitolare e firmò un trattato di alleanza con Roma; ne nacque un’amicizia salda e duratura. L’esercito cartaginese, invece, si ritirò sino ad Akragas (odierna Agrigento), che pure fu posta sotto assedio ed espugnata con la forza nel 261 a.C. Una moneta romana, oggi rarissima, è testimone di questi epici avvenimenti: la didracma RRC 22/1 che reca al dritto (forse, per la prima volta nella storia romana) la personificazione di Roma e al rovescio, invece, la Vittoria che offre un ramo di palma. Sappiamo da Livio che l’uso di offrire rami di palma ai vincitori di gare atletiche (come oggi si fa con le coppe) fu introdotto in occasione dei Ludi Romani del 293, per cui possiamo dedurre che questa moneta celebri una grande vittoria di Roma, successiva a tale data, ma ci si domanda quale. Per Breglia essa celebra la vittoria del lago di Sentino; per Amisano, la conquista di Akragas. Per Crawford, che la data al 265-242 a.C., è invece un messaggio propagandistico nell’ambito della Prima Guerra Punica, con il significato di “Roma trionferà!”. Pedroni e Coarelli ritengono invece che essa celebri i due avvenimenti che avevano sancito l’ascesa di Roma a potenza mediterranea, l’accordo d’amicizia con l’Egitto e la presa di Taranto; sarebbero infatti state coniate ad Alessandria, in attuazione di clausole contenute nel trattato, con l’argento depredato alla città Magno-Greca nel 272[1]. ____________________ Vinte le battaglie su terra, la Repubblica doveva riuscire a contrastare il dominio cartaginese sul mare. Accortasi che le quinqueremi puniche erano molto superiori alle proprie, poche navi da guerra, Roma ne individuò una affondata a la recuperò dal fondo del mare, per studiarne la fattura; dopodiché avviò la costruzione delle proprie quinqueremi, mentre in contemporanea addestrava 30.000 futuri rematori (in massima parte contadini non avvezzi al mare) su finte navi realizzate sulla spiaggia. Il primo scontro navale, nel 260 alle isole Lipari, fu un disastro, ma subito dopo Roma prevalse sconfiggendo duramente la flotta cartaginese al largo di Mylae (odierna Milazzo). Fu un evento incredibile: l’Urbe aveva inventato una flotta da guerra praticamente dal nulla, e aveva sopraffatto la più grande potenza navale dell’epoca. Rinvigoriti dai successi, i Romani decisero di attaccare direttamente Cartagine e nel 256 a.C. un esercito di circa 10.000 uomini, al comando di Attilio Regolo, dopo aver forzato il blocco navale cartaginese (vincendo la più grande battaglia sul mare dell’antichità presso Capo Ecnomo, ove si scontrarono oltre 700 navi) sbarcò in Africa. Possiamo solo immaginare lo stato d’animo dei Romani: poco più di 100 anni prima i loro avi combattevano per la sopravvivenza della propria stessa città nella battaglia dell’Aniene, praticamente quindi alle porte di casa; ora essi, conquistata tutta la penisola e la Sicilia, si trovavano sulla spiaggia di un altro continente, decisi ad affrontare un nemico feroce e temuto. Inizialmente la campagna volse a favore delle legioni, che sconfissero i difensori e occuparono Tunisi. A questo punto, la Fortuna voltò le spalle ai Romani: il Senato, convinto che la fine della guerra fosse a portata di mano, fece tornare in Italia parte dell’esercito; Cartagine, dal canto suo, ottenne l’aiuto di Santippo, generale spartano, che prese la guida delle truppe puniche; Regolo, infine, fu precipitoso nello scendere a battaglia, nel timore che un altro generale sarebbe arrivato da Roma a rubargli una vittoria che riteneva ormai prossima. Fu una pesante sconfitta per le legioni, distrutte dai nemici; Attilio Regolo fu fatto prigioniero. Nel frattempo la guerra continuava in Sicilia: non solo i Cartaginesi, guidati da un nuovo e valente generale, Amilcare Barca (futuro padre di Annibale), ottennero numerosi successi, ma Roma perse anche centinaia di navi da guerra in due disastrose tempeste (nel 253 e nel 249). Nel 243 a.C., dopo oltre 20 anni di guerra, le due città erano allo stremo, prive di navi e di risorse. Fu allora che giunse in patria Attilio Regolo, inviato da Cartagine affinché convincesse i compatrioti a pattuire una tregua: davanti al Senato, tuttavia, egli rivelò che le condizioni economiche del nemico erano disperate e consigliò di trovare un modo per proseguire la guerra e abbatterlo; dopo di che, da vero Romano, tornò spontaneamente a Cartagine, affinché lo mettessero a morte per aver violato l’impego di chiedere la pace. Il Senato tentò una mossa disperata: chiese ai cittadini romani di prestare tutte le loro ricchezze per la costruzione di una nuova flotta. I Romani risposero all’appello: si narra di ricchi possidenti che offrivano il loro denaro trasportandolo addirittura con i carri (riferimento implicito, ma chiaro, al fatto che si trattava di aes grave); furono così allestite 219 nuove quinqueremi. Colti di sorpresa da questo ennesimo, incredibile atto di resilienza i cartaginesi furono duramente sconfitti nel 241 a.C. nella battaglia navale delle isole Egadi e si arresero. Ancora oggi, gli archeologi subacquei recuperano rostri di navi puniche e armi cartaginesi dal fondale marino di quelle isole. ____________________ Una delle serie di monete più belle e più rappresentative della storia repubblicana è costituita dall’aes grave con la prora navis al rovescio, RRC 35. Si tratta di una serie di monete che recano tutte, al rovescio, la raffigurazione di una prua di nave da guerra; al dritto, invece, c’è una testa di divinità: Giano (asse), Saturno (semisse), Minerva (triente), Ercole (quadrante), Mercurio (sestante) o Roma (oncia). Esiste anche un unico quincusse, di dubbia autenticità, che reca anch’esso la raffigurazione di Giano. L’impatto culturale di queste monete fu sicuramente enorme: infatti, mentre l’iconografia degli argenti, come già detto, dopo una certa data cominciò a cambiare ogni anno, quella dei bronzi rimase quasi immutata sino alla fine della Repubblica (l’asse RRC 479/1, datato 45 a.C., reca ancora una testa gianiforme al dritto e una prora navis al rovescio). Addirittura, nel V secolo d.C. Macrobio, nei Saturnalia narra ancora che “pueri denarios in sublime iactantes capita aut navia lusu teste vetustatis exclamant” (“i fanciulli, gettando in aria le monete, gridano «teste o nave», essendo il gioco una prova di antichità”). Ma cosa aveva di tanto speciale questa iconografia, per imprimersi tanto nella tradizione romana? Per quanto riguarda il dritto, è probabile la sequenza con cui compaiono gli dei non fosse casuale: non solo Ianus e Saturnus iniziano con la stessa lettera che è simbolo del valore delle rispettive monete, ma esiste forse anche un collegamento con la più antica mitologia romana, secondo la quale i colli del Tevere furono abitati all’origine dei tempi da Giano; in seguito vi avevano vissuto Saturno e, dopo, Ercole (che aveva ucciso, un mostro malvagio là insediatosi, Caco); ultima, era arrivata Roma. Ben più interessante è il rovescio. Perché una potenza terrestre come Roma decise di riportare, su tutti i suoi bronzi, il disegno stilizzato di una prua di nave da guerra? Viene naturale pensare che la Repubblica celebrasse, così, un’importante vittoria sul mare, un evento in seguito al quale la prora navis era divenuta simbolo della consapevolezza che il potere marittimo avrebbe aperto a Roma nuovi orizzonti di conquista e di consolidamento del potere. Tre eventi antichi rispondono a questo requisito e, per conseguenza, tre date si possono proporre per l’adozione di queste monete: battaglia di Anzio del 338 a.C., la battaglia di Mylae del 260 oppure quella delle Egadi del 240[2]. L’ipotesi più probabile sembra essere la battaglia di Mylae, che deve essere sembrata un evento prodigioso: infatti, si scontrarono una potenza marittima contro una terrestre, le migliori navi esistenti contro le copie di un relitto recuperato dal fondo del mare, i marinai più esperti contro contadini addestratisi facendo finta di remare sulla spiaggia; eppure, vinse Roma. Per quella vittoria fu concesso il trionfo a Gaio Duilio, che lo celebrò nel 258 a.C.; nell’occasione (come sappiamo dal suo elogio funebre, che ci è pervenuto), “praedad popolom [donavit]” (“distribuì la preda bellica al popolo”, in Latino arcaico), probabilmente come parziale risarcimento delle ingenti tasse (tributa) che erano state imposte per finanziare la guerra. È probabile che egli abbia distribuito proprio queste monete, fuse (per l’appunto, tra il 260 e il 258) con il bronzo sottratto ai Cartaginesi sconfitti. NOTE [1] Infatti, la didracma presenta che un sistema di simboli di controllo che risultano del tutto identici a quelli adottati, ad Alessandria, per coniare monete dedicate ad Arsinoe II, figlia e sorella di Tolomeo II Filadelfo, che vengono datate proprio al 272 a.C. I simboli di controllo sono piccoli disegni che venivano talvolta inseriti nelle monete, in aggiunta alla loro iconografia standard; si ritiene che fossero diversi per ogni conio e servissero, quindi, a controllare quanti pezzi potevano esser prodotti con ognuno di essi. [2] Propendono per il 338 Hill, Cesano, Breglia, Alteri, Panvini Rosati (Forzoni ritiene che siano addirittura più antiche). Alteri, in particolare, spiega il basso peso medio (circa 273 g per l’asse) ipotizzando che la libra osco-latina da 240 scrupoli sia stata la più antica, introdotta in Campania dai Focesi e utilizzata prima che i Romani “inventassero” quella da 288 scrupoli (che, quindi, Varrone definisce “noster”. Propendono invece per il 260-258 Mattingly, Thomsen, Zehnacker, Pedroni e Coarelli, per il 240 Thurlow e Vecchi. Crawford, convinto che l’aes grave sia più recente, propone la data (che non sembra realistica) del 225 a.C. ILLUSTRAZIONI La didracma RRC 22/1 Rostro punico recuperato alle Egadi nel 2022 L'asse RRC 35/13 punti
-
sotto ladescrizione che fa la casa d'aste di questa dracma che alcuni di voi avranno visto in vendita in questi giorni: Celtic World. Cisalpine Gaul, the Veneti. AR Drachm, c. 2nd century BC. Obv. Female head right. Rev. Stylized lion left; pseudo legend above. Cf. Pautasso pl. XCV, 480. AR. 2.03 g. 16.5 mm. RR. Very rare type with lion facing left. Rough surfaces. VF. ruotando leggermente il tondello a sinistra si capisce meglio la disposizione del rovescio di questa moneta: evidenziato dalla freccia azzurra si vede il muso del leone che é a destra, la freccia nera indica il posteriore senza coda del leone a sinistra, e con il giallo ho indicato quel che resta della scritta "MASSA", mal interpretata nella legenda della casa d'aste3 punti
-
Ho ritrovato la cartolina della attuale A. Vespucci, è certamente una signora Nave3 punti
-
La Zecca va alla guerra Dopo l'elezione di Lincoln alla presidenza, per un po' di tempo le cose continuarono senza scossoni alla Zecca di Charlotte. I conii per le monete del 1861 vennero spediti da Philadelphia il 13 dicembre 1860, e il Sovrintendente Caldwell continuò a compilare i suoi rapporti mensili. I fondi per le operazioni della Zecca furono inviati fino al marzo 1861, dopodiché ogni comunicazione formale con Philadelphia cessò. Allo scoppio della guerra, il 12 aprile, fu chiaro che era solo questione di tempo prima che la Zecca di Charlotte cadesse in mano Confederata. Il North Carolina aderì alla secessione il 20 maggio, ma fin da prima c'erano pochi dubbi sulla parte che avrebbe scelto. Infatti, già il 20 aprile, un distaccamento della milizia del North Carolina si presentò presso la Zecca, con l'ordine del Governatore John Ellis di consegnare la Zecca e tutti i suoi beni e depositi allo Stato del North Carolina. Ma, a dispetto del loro supporto alla causa sudista, gli uomini d'affari e le banche del North Carolina, chiesero al Governatore di consentire al personale qualificato della Zecca di continuare le operazioni. Con loro era d'accordo il Sovrintendente Caldwell, che avvisò il Governatore Ellis che la gran parte dell'oro della Zecca non era nello stato di metallo raffinato, e avrebbe potuto essere perso se maneggiato da personale non qualificato. Il Governatore capì le ragioni di Caldwell, e consapevole dell'importanza della Zecca per la comunità, rispose: "Riponendo piena fiducia nella vostra ben nota devozione alla causa del Sud, e agli interessi del North Carolina, vi chiedo di assumere la direzione della Zecca di Charlotte." E così, sebbene alcuni soldati del North Carolina fossero stati messi di guardia, la Zecca riprese le sue normali operazioni. Che, per il 1861, consistettero nella coniazione di sole half eagles, essendo terminata l'anno precedente quella delle quarter eagles, con 7.469 esemplari. (foto da Heritage Auctions) Continua...3 punti
-
Aggiungo una sola curiosità, che sono riuscito ad insegnare a mia figlia già dai due anni e mezzo circa (passando spesso davanti alla sua statua equestre): il suo cavallo preferito si chiamava Marsala, sepolto sull'isola di Caprera.2 punti
-
Avresti fatto meglio a spenderla, con 200 lire nel '96 ci compravi più di quello che compreresti oggi col ricavato di un'eventuale vendita petronius2 punti
-
LA PRIMA GUERRA SANNITICA E LA MONETAZIONE ROMANO-CAMPANA La monetazione romano-campana nasce da un fatto straordinario: la deditio di Capua. A metà del IV secolo a.C. Roma era una potenza regionale, che controllava a fatica il Lazio, dopo aver inferto una dura sconfitta ai Galli nella battaglia dell’Aniene (360 a.C.). La più popolosa città italica era invece, probabilmente, la ricchissima Capua, fondata dagli Etruschi quando i loro possedimenti si estendevano a sud fino alla Campania. Nel 343 a.C. gli ambasciatori di Capua si presentarono al Senato, chiedendo la protezione di Roma contro le pressioni di un bellicoso popolo che la minacciava, i Sanniti. Il Senato negò questa protezione, in quanto aveva precedentemente stipulato un patto di non aggressione con i Sanniti, e allora accadde l’incredibile: gli ambasciatori “regalarono” Capua - con tutti i suoi beni, i suoi edifici e i suoi cittadini - a Roma, che ne facesse ciò che voleva. Tanta era l’autorità dell’Urbe, che i cittadini della più grande città italica preferirono rischiare di essere fatti schiavi, pur di entrare sotto la sua egida; questa fu la deditio di Capua. Costretti da questa mossa, i Romani entrarono in guerra contro i Sanniti per proteggere la città campana divenuta loro proprietà, e li sconfissero nel 341 a.C. I Latini, erroneamente convinti che la guerra sannitica avesse prostrato Roma, approfittarono per tradirla e nel 340 a.C., alleatisi con i Volsci, la attaccarono; ripetutamente sconfitti, furono debellati nel 338 a.C. Nell’occasione, i Romani vinsero il primo grande scontro navale della loro storia, la battaglia di Anzio (in realtà avvenuta al largo di Astura, ove oggi si erge l’omonima torre); smontarono allora i rostri delle navi nemiche, li portarono nell’Urbe e - a perenne memoria di quello evento - li collocarono come ornamenti ai lati della tribuna del Foro, da cui i magistrati parlavano alla folla. Tale tribuna, da allora, fu chiamata per sineddoche “rostra”. Con l’annessione di Capua, Roma espanse il suo dominio in Campania; ne furono intimorite le altre due città che aspiravano a dominare quella regione, Nola (controllata dai Sanniti) e Taranto (il più importante centro della Magna Grecia). Nel 328 a.C. tutte e tre le città inviarono proprî ambasciatori nell’altro potente centro campano, la magno-greca Neapolis, chiedendone l’alleanza. Una fazione di Napoletani si schierò con i Sanniti, facendo entrare un loro esercito in città; accorsero allora le legioni e cinsero Neapolis d’assedio. Si ribellò la fazione favorevole a Roma e, con uno stratagemma, convinse i Sanniti ad allontanarsi. Fu così che nel 327 o 326 a.C. Roma e Neapolis strinsero un patto di alleanza, il foedus neapolitanum, che diede avvio a una stabile e duratura amicizia fra le due città. Per celebrare questo evento, quell’anno Neapolis emise una propria piccola moneta in bronzo, sostituendo la legenda NEAΠOΛITΩΝ con ΡΩΜΑΙΩΝ (in genitivo plurale); faceva così la sua comparsa una prima moneta coniata “dei Romani”, RRC 1/1, oggi estremamente rara. Pochi anni dopo i Romani sentirono il bisogno di collegare stabilmente i due più grandi centri urbani dello Stato, Roma stessa e Capua. Fu così che nel 312 a.C. il censore Appio Claudio Cieco avviò i lavori per la costruzione della prima strada al mondo, la via Appia, terminata nel 308; per pagare i lavori fu emessa la prima, vera moneta romana coniata, (tenuto conto che RRC 1/1 aveva forse una funzione meramente commemorativa): la RRC 13/1; portava anch’essa la legenda in genitivo plurale, ma in Latino arcaico, ROMANO. Dopo di allora, i Romani cominciarono a usare monete in argento e bronzo, che si ritiene che siano state coniate, per conto dell’Urbe, in zecche campane (molte, forse, proprio a Capua) e sono quindi definite “monete romano-campane”. La loro datazione è discussa, ma dovrebbe comunque risalire agli inizi del III secolo a.C. Queste emissioni assomigliavano a quelle magno-greche per lo stile dei disegni, per il valore nominale (in particolare, le monete in argento erano didracme, ossia valevano due dracme; il valore di quelle in bronzo è invece dubbio, perché anche in ambiente italiota ce n’era una grande varietà) e per l’adozione di una legenda al genitivo maschile plurale (ROMANO; le monete greche erano infatti monete “dei popoli”, non “delle città”). Per quanto riguarda l’iconografia, talvolta essa di chiara ispirazione magno-greca (un bronzo copia, addirittura, una moneta dell’Egitto), ma non mancano tipi prettamente romani, come la lupa che allatta i gemelli sulla didracma RRC 20/1. Particolarmente curioso è, in questo periodo, il bronzo di cui ci sono pervenute le quantità più grandi, RRC 17/1. Anch’esso reca la legenda ROMANO, ma esiste una grande varietà di errori ortografici (ROMAO, ROMAAO, ROMAAC, ROMAAOC, ROMNAO, ROMANC, ROMAAN, etc.); in alcuni casi le lettere latine sono frammiste a quelle greche (ROMΛΛC, ROΛNWO). Questo testimonia che gli incisori non conoscevano bene l’alfabeto latino essendo, probabilmente, di cultura greca; ma forse testimonia anche che, in un’epoca così antica, la scrittura era talmente poco diffusa che il Governo romano non aveva problemi a immettere in circolazione anche le monete “sbagliate”. ILLUSTRAZIONI La moneta di bronzo RRC 1/1, con legenda in Greco. La didracma RRC 13/1. Di questa moneta sono noti 15 conî al dritto e 20 al rovescio; fu quindi, probabilmente, un'emissione abbondante. Babelon e Grueber la datano al 335 a.C., Coarelli al 326-312, Breglia al 320, Pedroni al 275, Crawford inizialmente (nel RRC) al 280 ma poi (in Coinage & Money under the Roman Republic, 1985) al 310, collegandola appunto ai lavori per l’Appia. Sembra quindi realistico datarla a fine IV secolo. È discusso il significato dell’iconografia; potrebbe essere una copia di tipi magno-greci, ma alcuni autori credono che si tratti di una precisa scelta legata alla tradizione di Roma: secondo Coarelli, infatti, la moneta richiama, al dritto, l’immagine dell’ara Martis e rinvia, quindi, al lustrum che concludeva la censura, mentre al rovescio allude la cavalleria e la Campania; complessivamente sarebbe quindi un’allusione a una recognitio equitum (censimento di cavalieri) campani che potrebbe essere avvenuta a seguito della concessione della cittadinanza optimo iure ai Capuani (avvenuta dopo il 338-334). Pedroni ritiene invece che la moneta alluda alla cerimonia, tipicamente romana, dell’October equus. Il bronzo RRC 16/1 La didracma RRC 20/1 Esemplari di RRC 17/1 con differenti legende (corretta la prima, errate le altre)2 punti
-
Ciao, oggi condivido un denario di Adriano, figlio adottivo di Traiano e suo successore nel 117 d. C, recante al rovescio la personificazione della Virtù (o Virtus) coniato a Roma nel 124/128 d. C (RIC 160). Nella Virtù erano racchiuse tutte le qualità positive di un uomo (Vir), messe poi in pratica nell'operato quotidiano (principalmente nel campo di competenza) e che mettevano in evidenza il suo reale valore. Questo a partire dal 1 secolo d. C, nella Roma imperiale, è più precisamente con l'imperatore Ottaviano Augusto perché nella Roma repubblicana la Virtù era considerata più come un fatto privato ed appannaggio quasi esclusivo delle classi più agiate. Nella Roma imperiale invece inizio' ad avere una importanza più pratica e quindi ad essere riconosciuta come un merito concreto a quanti operavano con virtù nell'esercizio politico, cioè nella vita di tutti i giorni. Sul mio denario è rappresentata in piedi, volta a destra, con lancia e parazonio (che era una spada decorativa, segno distintivo per chi la portava e che veniva decorata ed abbellita in base ai gusti ed all'importanza del proprietario, si potrebbe definire più un oggetto di rappresentanza che una vera arma) e piede sinistro appoggiato su di un elmo (in segno di riposo?). Interventi sull'argomento sono sempre molto graditi. Il denario, in mio possesso da parecchio, da attento esame diretto risulta coniato, con evidenti segni di consunzione dovuti a circolazione. Con modulo importante, ben centrato, buon ritratto di Adriano ed usura regolare sia delle figure che delle legende che lo lasciano tuttavia, nel suo insieme, ancora abbastanza gradevole (almeno per me 🙂). Grazie ed alle prossime ANTONIO MM 20,50 G 3,24 RIC 1602 punti
-
Ciao,bronzo seleucide di Antioco III zecca di Antiochia ad Orontem in Siria https://www.acsearch.info/search.html?term=+ae+"apollo+standing"+antiochos+III+antioch&category=1-2&lot=&date_from=&date_to=&thesaurus=1&images=1&en=1&de=1&fr=1&it=1&es=1&ot=1¤cy=usd&order=02 punti
-
Non mi sembra che la persona che ha chiuso la moneta sia un perito: non c'è numero di iscrizione ne alla CCIAA ne al Tribunale ne alla NIP. Ognuno può sigillare le monete ma NON sono una perizia.2 punti
-
2 punti
-
2 punti
-
Questa discussione è talmente bella, autorevole e di rilievo che andrebbe messa tra le importanti. Da parte mia per comodità di lettura l'ho trasferita in un file pdf, che riesco ad allegare in due parti. Storia di Roma e delle sue monete di L. Licinio Lucullo_Extract 1.pdf Storia di Roma e delle sue monete di L. Licinio Lucullo_Extract 2.pdf2 punti
-
Su una ricerca molto maldestra fatta sul motore di ricerca. Lo ammetto, sono molto ignorante in materia e, come in questo caso, commetto errori grossolani di valutazione. Ho fatto un'analisi completamente errata e non avrei nemmeno dovuto scrivere "Babilonese" nel titolo. Chiedo scusa a tutti e vi ringrazio ancora una volta per il supporto ricevuto!2 punti
-
Grazie @L. Licinio Lucullo dire che sono affascinato è riduttivo......2 punti
-
Perdonatemi una battuta: Da tutti i post che vedo su questi fantomatici errori di conio, mi viene da pensare che se tutte le ore perse dagli italiani a ricercarli fossero utilizzate a lavorare alzerebbero di due punti il PIL!2 punti
-
IL SIMBOLO DELLA POTENZA DI ROMA: L’AES GRAVE A Roma l'emissione di moneta arrivò seguendo due strade: la cosiddetta “monetazione romano-campana”, di cui si dirà oltre, e l’aes grave. Si definisce aes grave un sistema di monete di bronzo, fuse, a valore intrinseco (cioè, valevano tanto quanto il metallo che contenevano). In sostanza, la nascita della moneta a Roma è simile a quella avvenuta in Asia Minore, con la differenza che là i governanti decisero di garantire il peso dell'elettro, qui quello del bronzo; là fu adottata la punzonatura (che si può ritenere una forma arcaica di coniazione), qui la fusione. Le monete di aes grave sono quasi lingotti circolari: hanno infatti un peso ragguagliato all’unità di misura in uso a Roma, la libra, suddivisa in 12 once. Le monete principali, del peso e del valore di una libra, erano gli asses (“assi librali” in Italiano) nome probabilmente derivante da asser, “palo”, essendo il palo la rappresentazione visiva dell’unità (come per noi, oggi, l’indice alzato); il simbolo del valore impresso su di essi era infatti “I”. Furono inoltre emesse le frazioni dell’asse, ossia semisse (mezzo asse, simbolo “S”), triente (la terza parte dell’asse, ossia 4 once, simbolo “····”), quadrante (“···”), sestante ( “··”) e oncia (“·”). Più raramente fu emessa la semioncia (simbolo “S”) e, ancor più raramente, i multipli dell’asse, ossia dupondium (due assi, “II”), tressis (“III”) e quincussis (“V”); in un solo caso (la moneta RRC 41/1) fu emesso il decussis (“X”). Ma quanto pesava una libra (e, quindi, un asse)? Le monete, proprio per la loro fattura grezza, presentano una grande variabilità (ad esempio, gli esemplari dell’asse RRC 14/1 oggi noti vanno da 240 a 400 g). Tuttavia si ritiene che Roma abbia utilizzato, nel tempo, tre differenti valori di riferimento: la libra propriamente romana da 327 g, la libra italica da 341 g e quella osco-latina da 273 g[1]. Le monete di aes grave sono quindi massicci pezzi di metallo, di fattura grezza, con iconografie assolutamente essenziali: molta sostanza e poca forma. Il loro fascino è proprio quello di simboleggiare la più antica cultura romana, improntata a rusticità, praticità, sobrietà, ben lontana dalla raffinatezza e dal gusto del bello che connotavano, invece, la cultura magno-greca (e che traspaiono anche nell’iconografia della monetazione romano-campana). Scrisse Romolo Calciati nel 1978: “Raramente una moneta riesce a dare una tale impressione di potenza, di realismo, di aderenza storica del soggetto monetario alla realtà sociale e politica della nazione che intende rappresentare. Immaginiamo questo asse poderoso e ponderoso gettato sul piatto della bilancia dello scambio come una spada di Brenno: esso dava la sensazione precisa della potenza di Roma repubblicana. Diremmo, col linguaggio contemporaneo, che questo asse librale era un efficacissimo mezzo di comunicazione, il corrispettivo della stampa, della televisione, delle parate militari”. _____________________________ L’aes grave è sicuramente molto antico ma è difficile oggi, per noi, capire a quando risalga. Vista la fattura grezza e la natura di monete a valore intrinseco (quindi, concettualmente molto vicine al bronzo scambiato a peso), si potrebbe pensare che sia estremamente antico: in effetti, in passato gli studiosi ipotizzavano i Romani avessero iniziato a produrlo tra il VII e il V secolo a.C.[2]; del resto le leggi delle XII tavole, promulgate nel 451-450 a.C., parlano frequentemente di asses, per cui sembra logico che questa moneta dovesse esistere. Tuttavia i rinvenimenti archeologici fanno pensare che le monete di aes grave siano più recenti; fra i numismatici moderni solo Corradi[3] crede ancora in una datazione al V secolo a.C., mentre gli altri autori sono convinti che sia comparso nella seconda metà del III secolo a.C. (più precisamente tra il 338 e il 311 a.C.)[4] oppure addirittura agli inizî del III secolo a.C.[5]. La difficoltà di datare l’aes grave comporta tre problemi interpretativi. Primo problema: capire in che rapporti si pongano aes grave e monetazione romano-campana. Come si vedrà in seguito, le monete romano-campane sono diversissime e (almeno apparentemente) incompatibili l’aes grave: comprendono infatti, oltre al bronzo, anche argento e oro; sono coniate anziché fuse; presentano iconografie estremamente raffinate, anziché grezze; soprattutto, presentano anche quelle di bronzo pesi molto ridotti (fra 2 e 15 g, in un solo caso 19 g) e, quindi, non potevano avere un valore intrinseco. Eppure, sembra che i due sistemi monetarî siano stati in uso in contemporanea, tra la fine dei IV secolo e la metà del III. Per spiegare questa anomalia si è pensato che i Romani usassero l’aes grave per i commerci interni e per quelli con i popoli italici, le monete romano-campane invece per i commerci con i popoli magno-greci (culturalmente più evoluti e, quindi, abituati a monete meno grezze). Secondo problema: capire se l’aes grave sia un’invenzione romana, o meno. Infatti, monete di aes grave (oggi molto rare) furono emesse, oltre che dai Romani, anche da Etruschi e da numerosi altri popoli italici (Umbri, Osci, Apuli e popoli della costa adriatica), ma non si riesce a determinare quali di esse siano le più antiche. Inoltre, molte delle città che emisero aes grave furono assoggettate da Roma proprio tra la fine dei IV secolo e la metà del III, per cui non si riesce a capire se la loro monetazione sia iniziata prima della conquista romana o dopo. Per queste ragioni, alcuni storici pensano che l’aes grave sia stato inventato dai Romani ed essi abbiano esportato tale idea nelle altre città italiche; altri invece ritengono che sia nato in Etruria e poi copiato dai Romani; altri ancora che sia comparso in modo spontaneo e indipendente fra popolazioni differenti, a causa di circostanze economiche comuni. Terzo problema: capire quali siano le emissioni di aes grave più antiche, fra quelle stesse romane. Qui serve un’ulteriore precisazione: nei secoli, il peso medio delle monete romane (soprattutto quelle di bronzo, più limitatamente quelle d’argento) calò progressivamente. Questo successe perché lo Stato, quando non aveva abbastanza metallo prezioso da monetare ma doveva comunque pagare i debiti, cominciava a emettere monete un po’ meno pesanti. È evidente che queste iniziative spingevano i venditori ad alzare i prezzi delle loro merci (per ricevere una stessa quantità di metallo prezioso) e, per questo, tale meccanismo è oggi definito come “svalutazione” (di monete a valore intrinseco), un fenomeno ben conosciuto e che si è manifestato anche in altre culture antiche. Tanto premesso, si è visto che Roma emise assi librali di pesi medi differenti, 341 g, 327 g e 273 g; tuttavia, siccome Varrone afferma che “habet iugerum scripula CCLXXXVIII, quantum as antiquus noster ante bellum Punicum pendebat” (“lo iugero comprende 288 scrupoli[6], tanto quanto pesava il nostro asse prima della Guerra Punica”) molti studiosi[7] ritengono che l’emissione più antica non sia la più pesante, ma quella da 327 g. Le serie di aes grave più antica sarebbe allora la RRC 14 e sarebbe, secondo la testimonianza di Varrone, precedente alla prima della Prima Guerra Punica (“ante bellum Punicum”). Successivamente, l’Urbe sarebbe passata a emettere assi più pesanti, da 341 g, probabilmente perché, ampliando la sua sfera di influenza, avvertiva il bisogno di commerciare non solo con i Romani stessi, ma anche con altre popolazioni italiche (la libra da 341,1 g è infatti ritenuta lo standard italico). Appartengono a questa categoria di peso le serie RRC 18 e RRC 19. Dopo queste due serie, Roma sarebbe passata a emettere aes grave basato su un asse di 273 g. Al riguardo, ci sono due opinioni fra gli studiosi: o fu adottato (sempre per ragioni commerciali) lo standard della libra osco-latina, oppure si era tornati alla libra romana ma ne era stata effettuata la prima svalutazione (è significativo, infatti, che 273 sia i 10/12 di 327: lo Stato, forse, aveva cominciato a produrre assi contenenti solo 10 “once-peso” di metallo, sebbene continuassero essere suddivisi in 12 “once-moneta”). Fra le serie di questo periodo la più interessante è RRC 24, che presenta in tutti i nominali, al rovescio, una ruota a sei raggi: alcuni studiosi ritengono che, per tale ragione, anche queste monete fuse (come la didracma RRC 14/3, di cui si dirà in seguito) siano state emesse in occasione della costruzione della via Appia (312-308 a.C.; Crawford invece data questa serie al periodo tra il 265 e il 242 a.C.). ___________________________________________ Come detto, esistono monete di aes grave anche presso altre popolazioni italiche, oggi abbastanza rare (a testimonianza del fatto che ne furono emesse relativamente poche). Esiste però un gruppo di monete fuse che presenta interessanti peculiarità: la cosiddetta serie ovale, i cui nominali presentano tutti su una faccia una clava (attributo di Ercole), sull’altra il simbolo del valore (“I” per l’asse, “C” - ossia sigma uncinato - per il semisse e i pallini per gli altri nominali, sino all’oncia). Lo standard ponderale di riferimento dell’asse sembrerebbe di circa 151 g (ma non è certo). Le caratteristiche di questa serie sono: - la forma, che non è tonda (unico caso nella penisola) ma ovale e, peraltro, con una grande variabilità (ovali perfetti, rettangoli arrotondati, tronchi di cono, etc.); - la grande distribuzione del sestante, di cui sono stati rinvenuti molti esemplari da Trento a Termoli; - l’estrema variabilità del peso; in particolare, sebbene in teoria i sestanti dovessero pesare 25,17 g, in realtà gli esemplari rimasti vanno da 9 a 51 g. Gli studiosi ritengono, sulla base dei ritrovamenti, che queste monete possano essere state emesse da Tuder (odierna Todi, città umbra), Tarquinia o Velzna (città etrusche; la seconda, ridenominata “Volsinii” in epoca romana, oggi non esiste più). Per la data, tenuto conto del peso, si propone la fine del IV secolo (circa 320 a.C., epoca in cui gli etruschi usavano una libra di circa 150 g, detta appunto “etrusco leggera”) oppure la metà del III (epoca in cui i romani, a seguito di una forte svalutazione, cominciarono a emettere aes grave - cosiddetto “semilibrale” - con un asse di metà libra romana, quindi circa 163 g). Sussiste però, nella mia opinione, un’altra possibilità di interpretazione. Esiste infatti un rarissimo lingotto di aes signatum, coevo o poco più recente del “ramo secco”, che presenta il disegno della clava; è stato quindi ipotizzato un collegamento tra questo lingotto e l’aes grave ovale[8]. Allargando il discorso, potrebbe darsi che le monete ovali siano proprio un elemento di passaggio tra l’aes signatum più antico, con disegni di “ramo secco”, “lisca di pesce” e clava, e le monete tonde; in altri termini potrebbero essere una specie di “lingottini” e ciò spiegherebbe sia la forma (a metà tra il parallelogramma dei lingotti e il disco delle monete) sia la grande variabilità della forma stessa (derivante dal fatto che si trattava, appunto, di un primo tentativo di trasformare i lingotti in monete) e del peso (come appunto i lingotti con “ramo secco” e “lisca di pesce” che, appunto, avevano un peso abbastanza variabile). Infine, credo che dovrebbe essere presa in considerazione la possibilità che queste monete siano riconducibili a Roma, quanto meno sotto forma di monete “coloniali”: infatti, questa è l’unica serie di aes grave (a parte, ovviamente, quelle romane) ad aver avuto una diffusione così ampia, che si spiegherebbe solo se fosse la moneta di una città capace di intrattenere commercî dal Trentino al Molise, come alla fine del IV secolo poteva essere Roma. Inoltre queste monete sono state rinvenute, nei ripostigli, insieme all’aes grave romano (ma questo accade anche per altri aera grava italici). Del resto, delle tre città proposte come sede della zecca, sappiamo che Velzna fu resa tributaria da Roma dal 294 a.C. e soggiogata nel 280, Tarquinia fu conquistata nel 295 e anche Tuder fu in qualche modo assorbita da Roma nel III secolo. Se la serie ovale fosse attribuita alla Roma arcaica, tuttavia, andrebbe chiarito il problema del peso, troppo leggero per gli standard romani arcaici[9]. NOTE [1] La più piccola unità di misura del peso usata a Roma era lo scrupolo, corrispondente (secondo l’opinione prevalente - non è sicuro) a 1,137 g. Sappiamo, da Varrone, che la libra romana pesava 288 scrupoli (cioè, 12 once da 24 scrupoli ciascuna), quindi appunto 327,45 g. La libra italica doveva pesare 300 scrupoli (341,10 g), quella osco-latina 240 (272,87 g). [2] Nel 630 a.C., secondo Marchi e Tessieri (1839); nel 539, secondo Eckhel (1792); nel 450, secondo Mommsen (1860). [3] Dissertazione sull'aes grave fuso e coniato di Roma e relative riduzioni, in “Nummus et Historia” VII, Formia 2003. [4] Secondo Hill, Cesano, Breglia, Alteri, Panvini Rosati, Babelon, Soutzo, Grueber, Haeberlin, Millingen, Sear. [5] Crawford, in particolare, propone il 280 a.C. [6] I Romani suddividevano in 288 scrupoli sia la libra (12 once da 24 scrupoli), sia il giorno e la notte (12 ore da 24 scrupoli), sia lo iugero; si chiamava quindi allo stesso modo (scrupulum, letteralmente “sassolino”) la più piccola unità di misura sia del peso, sia del tempo, sia della superficie. [7] Sono di questa opinione Thomsen, Crawford e Coarelli. [8] Ambrosini, Le monete della cosiddetta serie ‘ovale’ con il tipo della clava, in “Studi Etruschi”, 1987. [9] Roma, a seguito delle svalutazioni, arrivò a emettere aera grava con assi del peso di mezza libra (detti, perciò, “assi semilibrali”) ma solo alla fine del III secolo. Se le monete ovali fossero così recenti, non potrebbero rappresentare una forma di passaggio fra lingotti e monete tonde. In alternativa si potrebbe pensare che siano monete coloniali, commisurate alla libra etrusca leggera. ILLUSTRAZIONI Asse RRC 14/1 Asse RRC 24/3 Sestanti della serie ovale Pezzi di aes grave esposti nei musei italiani2 punti
-
Buonasera, ecco uno dei miei ultimi acquisti in asta, un bel BB Buona serata.1 punto
-
DE GREGE EPICURI Esistono, e persino di più piccoli; anni fa ne ho postati un paio. Notare che il segno dell'unità, sopra Giano bifronte, è orizzontale. Non ricordo molto delle mie ricerche di anni or sono, ma non mi pare siano produzioni del Barbaricum. Sentiamo @legionario?1 punto
-
La moneta è periziata c'è il numero in alto , è chiusa con sigilli con nome ed è un perito e numismatico conosciuto. Personalmente non è di quelli che mi "fido" COSA PERSONALE e ripeto come perito, ormai sono io il perito di me stesso. E' una perizia. Non buttate le cose cosi a caso io sto da quasi trent'anni in Numismatica ed ancora in foto specialmente, mi sbaglio e se non si è sicuri ma anche sicuri meglio non fare nomi potrebbero rivalersi sul forum e non è che c'è molto in Numismatica. Da quel che vedo sembra un originale molto usurata infatti è chiusa MB/qBB....esistono anche perizie false ed allora basta prendere il numero della perizia e chiamare il Perito. PRR00531 Ho sbagliato con Fabio Perr. scusate ora cerco l'altro Credo siano fratelli....non riesco a capire....... Perroni Fabio è Perito Numismatico ma Davide? A me Vit.EM.III non piace e non è mai piaciuto anche se apprezzo alcune monete di quel periodo,vedo alcune differenze ma le monete non sono tutte identiche usura conio stanco metallo in bassa lega difettoso........ Ho visto anche altre sue aste......... se qualche appassionato della tipologia del Forum gli da un'occhiata. Ci sono qui chi sa riconoscerle subito.........almeno se non sono tutti scappati...........1 punto
-
Quanto rarismo, quanta raritudine, quanta rarefazione nell'aria. Grazie1 punto
-
Buonasera, questa è una FDC della serie completa Antonio Canova, emessa appunto il 15.7.1957 viaggiata per raccomandata ma in tariffa in eccesso( si è volutamente affrancare con la serie completa) bollo di arrivo del giorno dopo 161 punto
-
Buon pomeriggio, avere dubbi è legittimo in ogni situazione. Nel caso in oggetto, è difficile dipanarli pienamente. In siffati casi, a mio avviso, visto non da ultimo lo stato di conservazione (che in talune occasioni viene peggiorato ad hoc dai falsari per mascherare talune incongruità), io passerei oltre senza perderci ulteriore tempo. Ossequi.1 punto
-
Medaglia devozionale lauretana, ottagonale, bronzo/ottone del XVII sec. , (seconda metà).probabile produzione romana o marchigiana. - D/ Volto a DX di Gesù con il capo raggiato e sormontato da corona di spine, "Salvator Mundi".- R/ Madonna di Loreto Con ricca dalmatica coronata di triregno, raggiata con Gesù Bambino a DX, la scritta non lascia dubbi! S. MARIA- LAVRE[TA]. O.P.N. o ORA.I? (interessante variante del finale della scritta? O forse un errore. Peccato per l'orrenda ferita sul volto di Gesù altrimenti!!, non comune.- Ciao Borgho1 punto
-
Sei un passo avanti @Carlo., a me ancora è confermato. Probabilmente stanno cercando di capire quando andrò in vacanza per organizzare la spedizione 😎1 punto
-
il solo incipit del racconto mi ha fatto paura! per il cancro del bronzo di dice @caravelle82, stimatissimo chirurgo numismatico1 punto
-
1 punto
-
Allo Ajax,I think that you must make visible the letters around the head.in the other side I see BASILEUS.you know the person we have to wait for.ciao ,Nino1 punto
-
Salve.Salvator Mundi volto di Cristo e al rovescio Madonna di Loreto,credo fine 1800 per l'appiccagnolo e non penso attribuibile a un luogo specifico.gli specialisti saranno più precisi1 punto
-
Moneta della zecca di Aquileia, assolutamente genuina. Rif. RIC VI, 39a e Paolucci-Zub 19. Arka # slow numismatics1 punto
-
1 punto
-
Non si nasce imparati, hai acquistato comunque delle missive antiche e sei mosso da curiosità.. cio' non e' poco,.. se si vuole approfondire questo campo piano piano ci si informa e si impara a leggere questi documenti e collezionarli. Il tuo piego anche se fosse un falso e' comunque interessante, ed interessante sviscerarne la storia anche per noi. Tranquillo sei avanti !1 punto
-
Però così coi cerchi non vuol dire niente. Consiglio di mettere due immagini a confronto se vuoi fare vedere delle differenze che vedi Altrimenti si parla del nulla...1 punto
-
La moneta è autentica e Marco Perrone non chiuderebbe un falso per autentico. Il prezzo è sicuramente al di sopra del suo valore. A mio parere sembra sia stata "spazzolata" il che ha reso tutto piatto e per me non collezionabile, in quanto non suscita niente, non mi dà nessuna emozione; a differenza di uno spl o fdc. Inoltre come consigliato da @torpedo è meglio farsi un bagaglio di esperienza studiando sui libri e confrontando monete "sicuramente" false con gli originali.1 punto
-
Buongiorno, la mia espressione "non è Roma...." è una battuta per dire che non mi piace, logicamente è TOULOSE, ma ritengo sia un annullo falso, questo a mio parere e tramite foto1 punto
-
Gli attacchi israeliani continuano a concentrarsi anche sulla degradazione delle capacità antiaeree iraniane e sui lanciatori di missili balistici. Sono stati eliminati più di 1/3 dei lanciatori, il che ha ridotto la capacità di lancio al massimo a 15 missili in 2 salve, soprattutto i balistici a medio raggio Emad 3 o Emad 4 e i Fattah-1 (*). Dato che lo spazio aereo iraniano dell'ovest è sotto il completo controllo israeliano il grosso dei lanci avviene dalla zona di Esfahan, quindi da posizioni che richiedono una gittata di almeno 1600 km. La forza aerea iraniana è inattiva. In Israele sono state colpite strutture del Mossad e dei servizi segreti militari, come il complesso di Gilot a Tel Aviv, le basi aeree di Tel Nov e Nevatim, la raffineria e la centrale elettrica di Haifa e i siti missilistici a difesa di queste strutture. In Iran proseguono gli sforzi per individuare le squadre del Mossad che utilizzano droni e missili anticarro e per smantellare i laboratori clandestini per la produzione di droni, almeno tre dei quali scoperti a Esfahan, Shiraz e Mashhad. Sarebbero stati catturati alcuni membri iraniani e afghani del MEK, gruppo terroristico iraniano con sede in Iraq nato per sostenere l'Iraq durante la guerra degli anni '80, passato nel 2023 sotto controllo statunitense. (*) il Fattah-1 è il più potente dell'arsenale iraniano, un missile balistico ipersonico a testata manovrante con una velocità di circa mach 14, sviluppato dall'Iran.1 punto
-
Essendo uscito il mio ultimo lavoro tra le diverse "novità" presenti vorrei segnalare questo Bezzo da 6 l'esemplare, fino ad oggi non segnalato (al momento sono censiti 3 esemplari*) di questo bezzo da sei bagattini presenta S. Marco in piedi e la legenda ✿ S • MΛRCVS ✿ ✿ VENETVS ✿1 punto
-
con un francobollo del 1939 è un paragone un pò difficile , sono due carte e due colle differenti, se ce l'gai prova con un 2 grana di Napoli allo stato di nuovo alcuni sono comuni, soprattutto se di II o III scelta, con quello hai una buona base, comunque il tuo 2 grana , da come ha marcato molto le due firme, è sicuramente senza gomma o quasi tutto1 punto
-
Ma infatti! La consegna a mano in questi casi dovrebbe essere d'obbligo! E poi crea un buon rapporto venditore-cliente, con la possibilità di conoscersi di persona e poter fare di nuovo affari insieme!1 punto
-
Io non metto in una busta da lettere 5000 euro. Come minimo deve essere assicurata per il suo valore ma, preferibilmente, spenderei i soldi per il viaggio ed, eventualmente, anche il pernotto. Sia se compro, sia se vendo. Ormai parliamo di pezzi rari, di valore storico.1 punto
-
Avrà visto qualcosa di simile: Ma passi il prezzo di vendita! Il costo della spedizione però è inaccettabile!1 punto
-
Segnalo l'uscita de: Le monete anonime della Serenissima di Andrea Keber La monetazione anonima, ovvero priva del nome del Doge in carica, emessa dalla zecca veneziana: Il testo tratta le emissioni sia per i domini della terraferma che quelli "de mar": Dalmazia, Isole ed Armata, Isole del Levante (Corfu, Cefalonia e Zante), Candia, Cipro, Antivari, Lesina, Ravenna, Rovigo, Sebenico, Spalato, Traù, Treviso, Zara, la zecca di Cattaro e Scutari. 136 pagine.1 punto
-
ex Kruso, ex Varesi, ex Ratto 1965… chissà dove prima! N.1 punto
-
1 punto
-
Quando Lincoln si insediò alla presidenza, il 4 marzo 1861, c'era la diffusa convinzione che non sarebbe stato all'altezza della crisi. La sua mancanza di esperienza politica in campo nazionale, il suo imbarazzo in società, perfino il suo aspetto, non ispiravano fiducia. Si dava per scontato che sarebbe stato una nullità e che il capo effettivo del nuovo governo sarebbe stato il Segretario di Stato, William H. Seward. Ma Lincoln impose rapidamente la propria autorità. Nel suo discorso d'insediamento sostenne che l'Unione era perpetua, che nessuno Stato poteva staccarsene di propria semplice iniziativa, che le ordinanze di secessione erano giuridicamente inefficaci e che le due parti erano tanto strettamente legate da rendere impossibile una separazione pacifica. Ribadì che avrebbe fatto rispettare le leggi in tutti gli Stati, ma questo non comportava necessariamente spargimento di sangue o violenza, a meno che "non fossero stati imposti con la forza all'autorità nazionale." Aggiunse infine che non aveva alcuna intenzione di interferire con lo schiavismo là dove esso già esisteva. Era un discorso che mirava a prendere tempo, ma il tempo gli fu negato, poichè giunse quasi immediatamente la notizia che la guarnigione federale di Fort Sumter, nel porto di Charleston, comandata dal maggiore Robert Anderson, era a corto di rifornimenti e avrebbe dovuto ben presto arrendersi se non ne avesse ricevuti. Fort Sumter era, insieme a Fort Pickens, l'unico avamposto federale rimasto nel Sud secessionista, cederlo voleva dire riconoscere la Confederazione, ma cercare di difenderlo avrebbe potuto scatenare un conflitto. Per un mese Lincon esitò, ma infine, il 6 aprile, ordinò l'invio di una spedizione di soccorso, con la consegna di rifornire pacificamente il forte, e di ricorrere alla forza soltanto se attaccata. Toccava ora a Jefferson Davis la decisione: piegarsi all'autorità federale, consentendo il rifornimento di Fort Sumter, o sparare il primo colpo. Il Sud scelse la seconda opzione: il 12 aprile 1861, di fronte al rifiuto del maggiore Anderson di sgomberare il forte, i cannoni confederati aprirono il fuoco e, dopo due giorni di bombardamenti, Fort Sumter capitolò... era l'inizio della guerra civile Della quale, naturalmente, non ci occuperemo oltre, se non per quanto riguarda i suoi effetti sull'attività delle Zecche in territorio Confederato, ma una breve introduzione era necessaria per un, sia pur sintetico, inquadramento storico. Introduzione che concludiamo mostrando due dipinti sull'attacco a Fort Sumter, oggi monumento nazionale. petronius1 punto
-
Ma che negozi hai frequentato? Sono un Numismatico Italiano Professionista. Garantisco l'autenticità anche per iscritto visto che rilascio l'attestato di autenticità, sul quale segnalo anche eventuali difetti. E lo fanno tutti i Numismatici Professionisti, perchè fa parte della correttezza professionale, indispensabile per far parte dell'associazione. Quindi per favore non generalizziamo. Arka # slow numismatics1 punto
-
Buonasera In questi giorni ho aggiunto l'ultimo tassello per completare il periodo comunale della zecca modenese....quindi fine XIII secolo inizio XIV. Si tratta di un denaro comunale con la A. Moneta in mistura di 15mm di diametro e 0, 31g di peso. Moneta che, per quanto ne dicano i cataloghi di riferimento, è estremamente rara a reperirsi. Questa oltretutto è ben leggibile. Un saluto1 punto
-
Fu il mio primo Marengo, acquistato nel 1995 ad esattamente un quarto del prezzo attuale. Tornando indietro ne comprerei a kili per rivenderli oggi al quadruplo del prezzo. Fu per me un ottimo, anche se piccolo, investimento.1 punto
Questa classifica è impostata su Roma/GMT+02:00
Lamoneta.it
La più grande comunità online di numismatica e monete. Studiosi, collezionisti e semplici appassionati si scambiano informazioni e consigli sul fantastico mondo della numismatica.
Il network
Hai bisogno di aiuto?
