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  1. Alan Sinclair

    Alan Sinclair

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  4. L. Licinio Lucullo

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Contenuti più popolari

Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 06/25/25 in tutte le aree

  1. Buon caldo Pomeriggio Amici della Filatelia, piccola nota storica : tra Bologna e Imola, lungo la via Emilia che dal capoluogo va verso est, scorre il confine storico tra l'Emilia e la Romagna. Prima dell'unità nazionale, invece, il termine Emilia era riservato ai Ducati padani di Parma e Modena, mentre con Romagne si identificava il territorio soggetto allo stato pontificio, che comprendeva quindi anche Bologna. In seguito agli sviluppi della Seconda Guerra d'Indipendenza ( dal 27/4 al 12/7/1859 ), le Romagne riuscirono a liberarsi dal dominio del Papa e formarono un governo provvisorio in attesa di riunirsi al Regno di Vittorio Emanuele II°. Una delle azioni che sancì l'indipendenza di queste provincie fu l'emissione di una serie di francobolli che andavano a sostituire quelli emessi dallo Stato Pontificio : un atto fortemente simbolico in virtù dell'importanza che questi avevano per le comunicazione dell'epoca. Oggi condivido questo francobollo di colore giallo paglia da 2 bajocchi del 01.09.1859 - catalogo Sassone 3, non annullato, siglato sul retro dal perito filatelico Paolo Vaccari, classificato qualità A . Stampa tipografica in nero su carta a macchina colorata, fogli da 120 esemplari. Grazie dell'attenzione. SEGUIRA' PROSSIMO STATO PREUNITARIO ...
    5 punti
  2. Buonasera Gapox, di seguito posto la pagina introduttiva della mia collezione di Tessere di Riconoscimento Postale, se poi ti fa piacere a te o a qualche altro amico di vederne qualcuna le posto, sono tante pertanto ad eventuale richiesta, saluti Posto questa tessera che è probabilmente unica,
    4 punti
  3. Ho trovato questa busta commemorativa sul viaggio del 1978 tra i vari porti italiani...
    3 punti
  4. Le due tessere postate sono postali e la stessa posta usava i francobolli come segnatasse? Non so se sia il termine giusto ma hanno il loro fascino applicati su documenti aziendali...
    2 punti
  5. Buonasera a tutti, la mia Napoletana di Oggi è uno schieramento di granate di Rame Borbonico. Messi insieme fanno la loro sporca figura, conservazione non proprio il top ma sono comunque il frutto di anni di collezionismo. A me piacciono così come sono, sicuramente avrei potuto comprarne di meno, spendendo gli stessi stessi soldi e avendo dei pezzi migliori. Ormai è andata così, facciamo progetti per il futuro. Vediamoli. Saluti Alberto
    2 punti
  6. Le terre della Georgia in cui era stato scoperto l'oro, appartenevano alla nazione Cherokee, sulla base di un trattato con il governo degli Stati Uniti. I Cherokee naturalmente non gradivano molto queste intrusioni nel loro territorio, e non mancarono di farlo presente: così uno scrittore sul Cherokee Phoenix: "I nostri vicini che non rispettano la legge e non hanno rispetto per le leggi dell'umanità stanno ora mietendo un raccolto abbondante... Siamo un popolo abusato." Ma sembrava che più i Cherokee protestavano, più i minatori arrivavano con entusiasmo: di come andò a finire, abbiamo parlato qui Anche in Georgia, così come in North Carolina, si presentò ben presto il problema di cosa farne dell'oro raccolto. Inviarlo presso la Zecca di Philadelphia era, come abbiamo visto, difficile e rischioso. Così, in attesa delle decisioni del governo federale, un intraprendente artigiano pensò bene di aprire in loco una sua propria Zecca. Si chiamava Templeton Reid, e anche di lui abbiamo già parlato. Qui, possiamo solo aggiungere l'immancabile historical marker , sul luogo in cui sorgeva la Zecca di Templeton Reid. petronius
    2 punti
  7. No, per carità ! Mi interessavano solo le prime emissioni preunitarie, il Regno Unito ed alcuni Stati europei, altrimenti trascuro le mie monete e si ingelosiscono 🤣 Poi sai, mai dire mai .... 🙂
    2 punti
  8. in un insolito mercatino del mercoledì mattina, ben 1 euro per 5 monete in totale. 50 e 100 lire 1974, 20 lire 1979, 200 lire 1985 tutte di San Marino e 1 lira 1941, che il Gigante mi dice di essere anche NC (che per 20 centesimi, anche se già la avevo, non la ho lasciata, visto che forse è in condizioni migliori di quella pagata ben 2 euro).
    2 punti
  9. @Litra68 con piacere. Apriró una discussione in settimana e lo mostrerò senz’altro.
    2 punti
  10. LA RIFORMA DENARIALE A causa delle ripetute sconfitte subite da Annibale, Roma - dovendo finanziare lo sforzo bellico, in una situazione di crescente carenza di risorse economiche - continuò a svalutare le sue monete. Questo portò sicuramente a una forte inflazione (crescita dei prezzi), tanto che fu avvertita l’esigenza di poter disporre di monete da 10 assi: in effetti, con una delle ultime due serie di aes grave (RRC 41) fu emesso (oltre a dupondium, tressis e quincussis) il decussis, di cui oggi esistono solo più 4 esemplari (più un quinto, oggi disperso). Si trattava tuttavia, con ogni evidenza, di monete ingombranti, con un diametro di circa 11 cm e un peso iniziale di 1 kg (anche se poi furono svalutate, arrivando a pesare “solo” 650 g). Occorreva qualcosa di più pratico. Fu in questo contesto, probabilmente, che Roma adottò la sua più grande riforma monetaria, sviluppata attraverso tre passi: adozione dello “standard sestantale” per le monete di bronzo; creazione di nuove monete d’argento e d’oro, svincolate dai sistemi monetari magno-greci; “aggancio” delle monete in bronzo, articolate su base duodecimale, a quelle d’argento e d’oro, articolate su base decimale. Nacqui così il denario, la moneta che per secoli fu simbolo della potenza - anche economica - di Roma, emesso sino al III secolo d.C. Il primo passo, come detto, fu quello di fissare uno “standard sestantale”, ossia di determinare in due once (da intendere, qui, come misura di peso) il peso dell’asse (ancorché rimanesse suddiviso in dodici once, da intendere invece, in questo caso, come misura di valore). Ciò significa, ovviamente, che l’asse avrebbe dovuto pesare 54,5 g (ossia, un sesto di 327); in effetti ci sono pervenuti alcuni assi di circa 60 g, in particolare RRC 59/2 e RRC 60/2, ma sono decisamente pochi. La stragrande maggioranza degli assi di quel periodo, in realtà, presenta un grande variabilità, tra 16,5 e 66 g, con prevalenza di quelli da 35-40 g. Come conseguenza ovvia, anche i sottomultipli hanno pesi variabili e, normalmente, più bassi della teoria, soprattutto semissi (10,5-31 g) e trienti (3,5-17,3 g). Questo fenomeno è stato spiegato supponendo che le pressanti esigenze belliche abbiano portato a svalutare subito, sebbene appena creato, l’asse di standard sestantale; in altri termini, non sapendo in che altro modo finanziare la guerra, Roma dichiarava di emettere assi del peso di 54,5 g, ma in realtà li emetteva di peso molto inferiore. Questo “taglio” incideva di più sui nominali più grossi perché erano quelli su cui si poteva risparmiare più metallo. Di questi bronzi furono emessi tutti i nominali, dal dupondio alla semioncia; a eccezione del primo (di cui sono noti solo 16 esemplari, peraltro tutti provenienti dagli stessi 2 ripostigli), tutti gli altri sono molto comuni. Sono stati raccolti da Crawford nella serie RRC 56, ma molti studiosi sono ormai convinti che siano esistite varie emissioni, differenti per stile, tempo e peso, che oggi sono per noi difficili da distinguere (in altri termini, la serie RRC 56 non è omogena, ma è un “raccoglitore” di monete che è difficile, per noi, catalogare in modo più esatto). Il secondo passo fu quello di creare nuove monete d’argento che, per la prima volta nella storia di Roma, fossero del tutto slegate dai sistemi in uso presso i popoli magno-greci. Come s’è visto, la tipica moneta delle città italiote era la didracma che a Roma, nel terzo secolo, pesava 6 scrupoli (il cosiddetto quadrigato). Roma emetteva inoltre la dracma, di 3 scrupoli. Con la riforma, l’Urbe decise di introdurre una propria, nuova moneta d’argento e ne fissò il peso il 4 scrupoli (circa 4,55 g). Furono adottati anche due sottomultipli, rispettivamente da 2 scrupoli (2,27 g) e 1 scrupolo (1,14 g). Nella realtà anche in questi casi (come in quelli delle monete di bronzo, seppur in modo meno marcato) si registrarono pesi più bassi, sicuramente per le stesse esigenze di finanziamento bellico. Per l’iconografia, furono scelte immagini fortemente evocative della città. Su tutte e tre le monete, infatti, fu raffigurata, al dritto, la testa della dea Roma, rivolta a destra, con elmo attico alato; al rovescio, invece, vennero rappresentanti i Dioscuri, con le lance in mano in sella a cavalli rampanti (chiaro riferimento alla carica del lago Regillo) e, in esergo (ossia, nella parte bassa della moneta), la legenda ROMA. Oltre alle monete d’argento furono prodotte anche nuove monete d’oro, definite genericamente “aurei”, anch’esse nella misura di 4, 2 e 1 scrupolo; in questo caso (visto il valore dell’oro), i pesi teorici risultano rispettati con grande precisione. L’iconografia, anche per esse, è identica per tutti e tre i nominali: la testa di Marte con elmo corinzio al dritto, l’aquila che porta un fulmine fra le zampe (simbolo di Zeus e delle legioni) al rovescio, con legenda ROMA in esergo. Il terzo passo, come detto, consistette nell’ “agganciare” il valore delle monete di bronzo di quello delle monete d’argento e d’oro (tecnicamente, si dice “definire il rapporto di parità” tra i differenti metalli). L’argento da 4 scrupoli fu tariffato 10 assi, e quindi chiamato denario[1]; i sottomultipli furono quindi chiamati quinario e sesterzio[2]. Gli aurei invece vennero tariffati, rispettivamente, 60, 40 e 20 assi. Questi valori furono scritti sulle monete: X, V e SII (ossia, un semisse più due assi) sugli argenti; LX (con grafia arcaica della “L”, costituita da una freccia rovesciata), XXXX e XX sugli aurei. Si trattava quindi di un sistema in parte duodecimale (gli assi restarono divisi in 12 once), in parte decimale. È interessare notare come la moneta principale fosse il denario; molti prezzi tuttavia, come sappiamo dalle fonti letterarie, cominciarono a essere definiti in sesterzî. Contemporaneamente, tuttavia, Roma continuò a emettere anche la moneta da 3 scrupoli, ossia la dracma. Essa presentava al dritto la testa di Giove e al rovescio la Vittoria che pone una corona sopra a un trofeo d'armi con, in esergo, la legenda ROMA; fu pertanto chiamata vittoriato. Il vittoriato era palesemente avulso dal sistema duo-decimale del denario, come dimostra il fatto che non aveva il simbolo del valore in assi; inoltre fu realizzato con argento misto a una percentuale rilevante di rame, a differenza dei denarî che presentano argento in un elevato grado di purezza. È probabile (ma non sicuro) che fu emesso per i pagamenti a favore dei popoli stranieri abituati a usare la dracma, con il vantaggio ulteriore di rifilare loro un metallo “non così buono” come quello usato per denarî, quinarî e sesterzi. ________________________ Per completare questa sintetica illustrazione della riforma denariale, resta da chiarire quando essa sia avvenuta. Questa è la questione maggiormente discussa fra gli studiosi di numismatica romana repubblicana; dalla datazione del denario discende, a cascata, quella di gran parte delle altre monete dell’epoca, con l’effetto talvolta di cambiarne anche l’interpretazione. Un punto fermo è stato messo negli anni ’60 del secolo scorso, quando un denario, un aureo da XX assi e molti quinarî e sesterzi sono stati rinvenuti durante gli scavi archeologici di Morgantina (odierna Serra Orlando), in uno strato sigillato databile al 211 a.C. (anno in cui Roma riconquistò la città e la rase al suolo); la riforma denariale non può, quindi, essere successiva a questa data. In passato era opinione diffusa, soprattutto tra gli studiosi italiani, che essa andasse datata al 269, sulla base del noto passo di Plinio (e quindi sarebbe il denario, non le didracme a legenda ROMA o il quadrigato, l’argentum che fu signatum quando la zecca di Roma iniziò la sua attività). A sostegno di questa teoria, si osserva che le produzioni di didracme (quadrigati compresi) sembrano oggi troppo ridotte, per ammettere che con esse Roma abbia finanziato l’immane sforzo bellico della Prima Guerra Punica. Inoltre, un altro denario è stato rinvenuto durante gli scavi archeologici di Adranon (odierno Monte Adranone), cittadina assediata nel 262 a.C.[3]; lo strato, tuttavia, non era sigillato, per cui il denario può essere stato perso lì, in seguito[4]. Oggi, tuttavia, la maggior parte dei numismatici ritiene che il denario sia stato introdotto proprio nel 211 a.C., o al massimo 1 o 2 anni prima (fra l’altro, l’esemplare ritrovato a Morgantina era palesemente nuovissimo). L’argomentazione più forte a favore di questa ipotesi deriva da un esame comparato dell’andamento dei pesi delle monete in Italia e Sicilia: in epoche più antiche, infatti, sarebbero risultate anomale sia la fissazione dello standard sestantale per il bronzo, sia quella di un rapporto di parità di 1:120 con l’argento[5]. NOTE [1] Che significa “composto da 10 parti”; in Italiano restano in uso, in questo senso, gli aggettivi “binario” e “ternario”. [2] Sestertium deriva da semi-tertium, ossia “composto da (due parti e) metà della terza parte”. [3] De Miro e Fiorentini, Monte Adranone, in “Kokalos”, 1972-1973, pp. 241-244. [4] La stessa Fiorentini non esclude che il sito sia stato sporadicamente frequentato da guarnigioni romane anche durante la Seconda Guerra Punica. [5] Il denario da 4 scrupoli d’argento valeva, infatti, 10 assi di bronzo, ciascuno dei quali pesante 2 once di 24 scrupoli; se ne ricava un rapporto 4:480, riducibile a 1:120. ILLUSTRAZIONI Il decussis RRC 41/1 Un asse coniato di circa 60 g., RRC 60/2 Un asse sestantale "tipico", RRC 56/2, di circa 45 g. Aureo da XXXX assi, RRC 44/3 Denario anonimo, RRC 44/5. I denarî e le altre monete di questo periodo sono definiti “anonimi” perché (a differenza dei successivi) non sono contraddistinti da alcun simbolo né dal nome del monetiere. Essi sono stati suddivisi da Crawford in differenti categorie, sulla base di piccole differenze nel disegno (ad esempio: la visiera dell’elmo di Roma, le zampe dei cavalli, i riccioli di Giove, il gonnellino del trofeo); per questa ragione, le monete qui rappresentate non hanno tutte la stessa classificazione RRC. Viene naturale supporre che alcune serie siano più antiche di altre, ma la datazione esatta è ormai difficile. Vittoriato RRC 53/1
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  11. L’ATTACCO DI ANNIBALE Dopo la sconfitta, Cartagine versava in uno stato di prostrazione economica. Amilcare Barca, il generale che aveva combattuto in Sicilia, propose di conquistare l’Hispania (attuale penisola iberica); sebbene non autorizzato, partì comunque di propria iniziativa con un gruppo di mercenari e il figlio Annibale (di 10 anni), percorse in marcia la costa africana, attraversò lo stretto di Gibilterra e, in pochi anni, conquistò gran parte della penisola. I Barca crearono così un nuovo Stato (seppur formalmente vassallo di Cartagine) e ne posero la capitale in una città fortificata da loro stessi fondata, Qart Hadasht (odierna Cartagena). Nel 221 il comando dei territori punici in Hispania fu assunto da Annibale, che aveva solo 26 anni. Prima di lasciare Cartagine il padre l’aveva condotto in un tempio e, al cospetto degli dei, gli aveva fatto giurare odio eterno contro i Romani: il giovane non aveva dimenticato quel giuramento e intendeva onorarlo. Attaccò e distrusse Sagunto, città alleata di Roma; iniziò così nel 219 a.C. la Seconda Guerra Punica. Annibale, con una manovra inaspettata e passata alla storia, aggirò le legioni inviate a combatterlo e, valicate le Alpi, si presentò nel 218 direttamente in Gallia Cisalpina, dove sconfisse l’esercito romano prima sulle sponde del Ticino, poi su quelle della Trebbia. Nel tentativo di tagliare le linee di rifornimento cartaginesi Roma, nel 218 e 217, inviò due eserciti in Hiberia (area settentrionale dell’Hispania), agli ordini di Gneo Cornelio Scipione e di suo fratello Publio. Nel frattempo, tuttavia, in Italia Annibale riportava un’altra grande vittoria, presso il lago Trasimeno. ___________________________ Roma reagì schierando una forza imponente per schiacciare l’invasore, 80.000 fanti contro 40.000. Lo scontro titanico fra i due eserciti avvenne nel 216 a.C., nella pianura di Canne. Fu, come noto, una disfatta totale: morirono 50.000 soldati, un console, due questori, ventinove tribuni e ottanta appartenenti alla classe senatoria; altri 15.000 furono fatti prigionieri. All’improvviso, Roma non aveva più un esercito, né una classe dirigente. Una parte dei sopravvissuti scortarono l’altro console a Roma; altri 10.000 legionarî, invece, si asserragliarono a Canosa. Qui un nobile li convinse dapprima che era necessario abbandonare la Repubblica, ormai condannata a soccombere, per cercare fortuna come mercenarî in Oriente; fu un tribuno, Publio Cornelio Scipione (figlio dell’omonimo[1] inviato a combattere in Hiberia), che aveva solo 20 anni ma aveva già combattuto sia al Ticino sia a Canne, a convincerli a non disertare. Il Senato tuttavia, saputo della loro seppur momentanea mancanza di lealtà, li condannò all’esilio: furono riorganizzati in due legioni (da allora denominate Cannenses) e inviati in Sicilia, dove avrebbero atteso sino alla fine della guerra. La capitolazione di Roma dovette sembrare prossima: negli anni successivi la tradirono molti alleati, fra cui Capua (216 a.C.) e Siracusa (215); entrò in guerra, al fianco di Annibale, anche Filippo V re di Macedonia (215); scoppiò una rivolta in Sardegna (215) e gli eserciti cartaginesi conquistarono Agrigento (213) e Taranto (212). In Hispania, infine, Asdrubale, fratello di Annibale, sconfisse e uccise i due Scipione (212): solo la strenua resistenza opposta dall’esercito romano sul fiume Baetis (odierno Guadalquivir) evitò una disfatta totale. ___________________________ In questi primi, concitati anni di guerra Roma continuò a finanziare lo sforzo bellico con le monete che già possedeva, il quadrigato e l’aes grave, che subirono un costante e accentuato fenomeno di svalutazione. Per quanto riguarda i bronzi, nel 217-215 a.C. Roma emise la serie semilibrale[2] RRC 38 che comprendeva tutti i nominali dall’asse alla quartoncia, ma presentava una particolarità: mentre asse, semisse, triente e quadrante furono realizzati per fusione e costituirono una delle ultime emissioni di aes grave, i nominali più piccoli furono realizzati per coniazione e costituirono, quindi, le prime monete coniate di valuta romana (espresse, cioè, in once). Per quanto riguarda l’iconografia, fu ripetuta la sequenza della serie RRC 35 (Giano, Saturno, Minerva, Ercole, Mercurio e Roma, con la prora navis al rovescio) ma furono aggiunti due nominali più piccoli, semioncia e quartoncia, riproponendo rispettivamente Mercurio e Roma. Peraltro, questa fu l’unica occasione in cui fu emessa la quartoncia. Ma successe anche un fatto peculiare: fu emessa, in contemporanea, un’altra serie interamente coniata, la serie collaterale[3] RRC 39, comprendente i soli nominali dal triente alla semioncia. La particolarità e la bellezza di questa serie consiste nelle iconografie: sul triente, una testa diademata femminile (forse Giunone) al dritto, Ercole che afferra per i capelli un centauro e impugna la clava al rovescio; sul quadrante, la testa di Ercole avvolta nella pelle leonina al dritto, il toro rampante sopra a un serpente al rovescio; sul sestante, la lupa che allatta Romolo e Remo al dritto, un’aquila o corvo con un oggetto nel becco (un fiore? cibo per i gemelli?) al rovescio; sull’oncia, la testa (con vista frontale) del Sole al dritto, il crescente della luna e due stelle al rovescio; sulla semioncia, infine, una testa turrita (forse Roma, oppure Cibele) al dritto, un cavaliere al galoppo con la frusta in mano al rovescio. Tutte portano la legenda “ROMA” al rovescio e tutte (eccetto la semioncia) il simbolo del valore su entrambe le facce. L’interpretazione di queste iconografie resta un mistero; fra l’altro, fu la prima volta in cui Giunone, il Centauro, l’aquila, il toro con il serpente, Cibele e il Sole vennero raffigurati su monete. Un’ipotesi è che le monete, lette in sequenza, narrino una storia mitologica, ma non si capisce quale[4]. Un’altra, è che si tratti simbologie slegate fra loro: “La serie colpisce per l’essere molto curata artisticamente e per la tematica, in parte estranea alla compassata tradizione repubblicana. … Il centauro trova riscontro nelle monete di Larino, la testa del sole ed il crescente nelle monete di Venusia. Per contro la tipologia del sestante è tipicamente romana … . Il quadrante, con il toro cozzante, trova riscontro sia in una precedente tipologia dell’aes grave, che nella monetazione di Arpi, Posidonia e Thurii. Giunone, diademata e con scettro, era venerata a Roma come a Lanuvium. I tipi quindi non sono originali ma sembrano un misto di tipologie dei diversi stati centro italici (principalmente campani) gravitanti su Roma”[5]. Una terza ipotesi, suggestiva, è che questa serie sia stata emessa per stimolare nei Romani il desiderio di rivalsa, dopo la disfatta di Canne, auspicando la sconfitta di Cartagine sui nominali maggiori (dove la vittoria finale sarebbe simboleggiata da Ercole che uccide il centauro sul triente e dal toro che schiaccia il serpente sul quadrante) e parallelamente magnificando la grandezza di Roma su quelli minori; l’oncia, in particolare, potrebbe essere un’allusione alle tradizioni del mondo contadino, legato ai cicli del sole e della luna[6], e al mos maiorum. Per quanto riguarda la semioncia, qualora essa raffiguri Cibele e non Roma, la circostanza potrebbe essere collegato al fatto che anni dopo, nel 204 a.C., per scongiurare proprio il pericolo di Annibale (che ancora spaventava l’Urbe), secondo un consiglio tratto dai Libri Sibillini, una pietra nera, simulacro della dea, fu prelevata a Pessinunte e trasportata a Roma, dapprima nel Foro poi sul Palatino: è forse possibile quindi che un’invocazione alla medesima dea fosse già stata fatta anni prima, e questa moneta la richiami. Resta il grande fascino di questa serie, fascino alimentato anche proprio dal mistero che avvolge il significato celato nelle sue rappresentazioni. ___________________________ Anche se sembrava sull’orlo della disfatta, Roma non si arrese. Schiacciò la rivolta sarda (215 a.C.). Organizzò un nuovo esercito e lo inviò contro Filippo V (214). Assediò e conquistò Siracusa (214-212) e Capua (212-211). ___________________________ Nel 211 a.C. Annibale cominciò a capire che sarebbe stato difficile piegare Roma e decise di tentare una mossa disperata: marciò, a sorpresa, direttamente contro l’Urbe. La sua iniziativa provocò spavento e turbamento, ma i Romani non si persero d’animo; un esercito al comando del proconsole Fulvio Flacco, pur essendo dietro a quello cartaginese, riuscì a marce forzate a superarlo e giunse a Roma prima di esso, apprestandosi a difenderla. Annibale fece allora accampare i suoi soldati vicino alle mura di Roma; l’ostinata determinazione di Roma a non arrendersi doveva aver già provato il suo morale, quando giunse una notizia che, seppur banale, gli fece capire quanto poco i Romani lo temessero: dentro le mura dell’Urbe, il terreno su cui aveva posto il proprio accampamento era stato venduto, e il prezzo non era per nulla diminuito malgrado la sua presenza. Scoraggiato, si ritirò con il suo esercito in Campania. NOTE [1] I nobili romani avevano l’abitudine di dare, ai maschi primogeniti, il medesimo nome del padre. Questo crea a volte (non qui) incertezze sull’esatta identificazione di alcuni personaggi storici. [2] Così denominata perché l’asse aveva un peso teorico di mezzo asse librale (anche se, nella realtà, pesava spesso di meno: gli assi pervenutici vanno da 100 a 160 g circa). [3] Così chiamata perché emessa “a lato” della RRC 38. [4] Ercole e il centauro, ad esempio, sembrano alludere alla lotta fra il semi-dio e Nesso (centauro della Tessaglia), di cui non si conosce alcun collegamento con la leggenda della lupa che allatta i gemelli. [5] Salati e Bassi in “Cronaca Numismatica”, 5/6/2020. [6] Le due stelle potrebbero essere i Dioscuri, o Phosphorus ed Hesperus, rispettivamente stella del mattino e della sera. ILLUSTRAZIONI Asse fuso RRC 38/1 Quartoncia coniata RRC 38/8 Sestante della "serie collaterale" RRC 39/3 Sestante RRC 42/3. Questa moneta, oggi rarissima, fu emessa in Sicilia, forse a Katana (Catania), durante l’assedio di Siracusa; si pensi: era là, quando un legionario uccise, per errore, Archimede.
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  12. Secondo me non fila tanto Sono appena tornato da un viaggio di lavoro in Cina (province di Shanghai e Zhejiang), e in precedenza ero stato 8 anni fa. Sono rimasto incredibilmente sorpreso da come sono cambiate molte cose, tra queste la scomparsa di qualsiasi forma di pagamento "fisico", incluse anche le carte di credito di plastica che nessuno usa più. TUTTI e dico TUTTI usano per pagare solo ed esclusivamente app (Alipay e Wechat) con associata la carta di credito, generano un QR code che viene letto dal commerciante. Mi avevano avvisato e ho creato in Italia un account su Wechat e associata la carta aziendale, viceversa avrei avuto grossi problemi a pagare con la carta "fisica". Questo vale per le piccole cose, ma anche per comprare beni lussuosi nei centri commerciali. PERO' i cinesi sappiamo bene che collezionano eccome le monete, e sono disposti a pagarle fior di quattrini. La scomparsa delle "monete" fisiche personalmente non la legherei al numero di collezionisti
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  13. E sono 2 giá oggi. E sempre questo reindirizzamento,che tra l' altro é na truffa bella e buona con ABBONAMENTO. Credo a.questo punto che bisognerebbe prendere molto sul serio la cosa Gabriele @Reficul e @incuso Grazie 👌
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  14. Ciao piccolino. Così piccolo e sai già scrivere 🤗. Però attenzione, la "o" è voce del verbo avere, deve avere l'acca. Dovresti aprire una discussione dedicata nell'apposita sezione. Senza foto, inoltre, è ardua l'impresa. Bugi bugi sul guancino 😽
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  15. Buongiorno Amici Filatelici, ho letto che negli anni in cui furono introdotti i primi francobolli, San Marino adottò i francobolli pontifici, sardi e Regno d'Italia poi. Per la posta interna della Repubblica funzionava invece un servizio postiglione che riscuoteva direttamente la tassa ( in prevalenza dal destinatario ), senza quindi l'uso di francobolli o di segni postali sulla lettera. Dal 1852 al 1859 sono noti anche pochissimi casi di lettere partite da San Marino affrancate con tali francobolli, le poche lettere transitavano a Rimini dove l'affrancatura veniva annullata con i bolli in dotazione a questa città. Oggi condivido con voi un esemplare dentellato tra i 5 primi valori emessi nel 1877. Si tratta di un'affrancatura da 10 centesimi, senza annullo, colore "oltremare", come da catalogo Sassone 3 . Stemma della Repubblica : tre torri poste sul Monte Titano. Note e difetti : il colore dal vivo è leggermente più scuro e c'è un dentino più corto sottostante e corrispondente alla lettera E di "Postale". Grazie per l'attenzione. SEGUIRA' PROSSIMO STATO ...
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  16. Bel Francobollo, ..anche con il dentino corto. Personalmente a me interessa poco non mi disturba, tra laltro credo che sia dovuto allo strappo naturale del Francobollo dal foglio. Ovviamente questo avrà un effetto a ribasso sul costo e valore.. soprattutto in Italia che ci tengono molto, all'estero molto meno. Quando sono antichi come il tuo sono benvenuti anche sdentati.. la filatelia è anche quella di scelte minori.. nessuno dice che deve essere solo la prima scelta. Se pagato il giusto ottimo acquisto.
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  17. Dalle 7:30 alle 12:00 sono 4 ore e mezza. Quindi 4/24 di 4 minuti (40 secondi) + 1/12 di 1 minuto (5 secondi). Totale 45 secondi. Errore mio, prima avevo considerato 1/8 di 1 minuto (7,5 secondi) Saluti
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  18. 20 Pence - Elizabeth II 2nd portrait, 1982 Copper-nickel (84% Cu, 16% Ni): 5,01 g, 21,4 mm. apollonia
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  19. oh oh cosa è arrivato?
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  20. Le banconote appaiono molto distorte, questa per esempio sembrerebbe un 20 dollari anni '80 della Jamaica Quale sarebbe la quarta?
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  21. Vedo con piacere che abbiamo interessi simili😀 Molto bello il 2BAI Romagne. È stato ritagliato in modo magistrale, centratura perfetta... Saluti
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  22. probabilmente avresti fatto prima con un poco di acetone da ferramenta
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  23. bel francobollo @Alan Sinclair e altrettanto bella ed interessante introduzione! stai portando avanti una bella serie di prime emissioni! bravo!
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  24. One pound 1984 U.K. Queen Elizabeth II°, a rovescio thistle coat of arms. ( Cardo scozzese ).
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  25. facciamola subito e chiamiamola threads memorabili o discussioni surreali o ridiamoci su, mi pare che abbiamo materiale in abbondanza, effettivamente una risata non farebbe male in questo sito, a volte bisognerebbe distendere, non trovate?
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  26. Prima di VS vedo una C e non una M. Quindi opterei per Tetrico come detto da @Antonino1951. E per me emissione ufficiale. Arka # slow numismatics
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  27. buongiorno @apollonia il risultato è dato dalla moltiplicazione: 1/2*2/3*3/4*4/5=1/5 ovvero, 20 centesimi. saluti e buona giornata Carlo
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  28. Eccola, confermo identico conio dritto e rovescio di quella che hai posto tu. Identica disposizione legenza al dr con R di rex ribattuta e P senza punto.
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  29. LA RISCOSSA DI ROMA In Italia, la guerra contro Annibale versava in situazione di stallo: i Romani pressavano i Cartaginesi, negando loro libertà di manovra, ma non trovavano l’occasione per sconfiggerli; i Cartaginesi riuscivano ancora a sconfiggere i Romani in battaglia, quando ne avevano l’occasione, ma per carenza di risorse umane non riuscivano a sfruttare il vantaggio. Serviva una svolta. _______________________ Alla fine del 211 a.C. il Senato decise di inviare un nuovo generale in Hispania (dove il territorio ancora controllato da Roma era limitato alla sola zona circostante Tarraco, odierna Tarragona) ma - non sapendo chi nominare - delegò la scelta al popolo. I comizî centuriati diedero allora una risposta unanime: Publio Cornelio Scipione, figlio dell’omonimo generale ucciso da Asdrubale. Alla fine del 210[1] il giovane (aveva solo 25 anni) si presentò a Tarraco con i poteri di proconsole; trascorse l’inverno a rincuorare i soldati demoralizzati e nella primavera del 209 si mosse per combattere i Cartaginesi. L’esercito cartaginese in Hispania poteva contare su forze tre volte superiori a quelle romane, ma proprio per questo aveva dovuto svernare diviso in tre accampamenti separati. Quando Scipione mise in marcia il suo esercito, non rivelò ad alcuno dove intendesse colpire; tutti però (gli amici, e le spie nemiche) immaginavano che avrebbe assalito l’accampamento punico più vicino. Egli invece si diresse a marce forzate verso sud, penetrò per oltre 500 km nel cuore del territorio nemico e portò il suo esercito direttamente di fronte alle mura di Qart Hadasht. Scipione infatti, come sua prima mossa, voleva riuscire là dove Annibale aveva fallito: espugnare la capitale nemica. La città era ritenuta inespugnabile, in quanto circondata su tre lati dal mare e da una laguna; il governatore schierò allora la sua guarnigione sulle possenti mura che difendevano il quarto lato, e attese che i tre eserciti punici convergessero a schiacciare i Romani. Ma i soldati Romani non attaccarono i bastioni difesi dalla guarnigione cartaginese: camminarono sull’acqua della laguna, guidati personalmente da Scipione, e scalarono le mura nel punto in cui erano prive di difesa, senza essere visti. A molti sembrò un prodigio divino; in realtà il proconsole - nei mesi invernali - aveva interrogato i pescatori e studiato i venti e le maree, scoprendo che periodicamente emergeva un guado. Qart Hadasht, l’imprendibile capitale dei Barca, fu conquistata in poche ore. Scipione si appropriò così dell’oro e delle derrate che vi erano immagazzinati; inoltre liberò i molti nobili ispanici là tenuti ostaggio, guadagnando l’amicizia delle rispettive tribù alla causa di Roma. La città fu ridenominata Nova Carthago. Nei tre anni successivi (208-206 a.C.) Scipione completò la conquista dell’Hispania, cacciandone definitivamente i Cartaginesi. _______________________ Durante il loro dominio in Hispania i Cartaginesi avevano coniato, nella zecca di Qart Hadasht, diverse monete in bronzo raffiguranti al dritto un dio barbuto (Melqart o Tanit). Su alcune di esse, tuttavia, il ritratto al dritto è privo di barba; di questi ritratti glabri esistono due stili differenti, uno chiaramente punico, l'altro invece romano. Un numismatico[2] ha ipotizzato che il primo sia un ritratto di Annibale (o comunque di un Barcide), mentre il secondo altri non possa essere che Scipione: probabilmente, per un breve periodo successivo alla conquista della città, la zecca sarebbe rimasta in funzione sotto il controllo romano e, in segno di omaggio, i monetieri locali emisero bronzi con il ritratto di Scipione, anziché di Annibale. Durante la Repubblica, i Romani avevano un tabù in campo numismatico: ritenevano assolutamente vietato rappresentare il ritratto di un essere umano ancora vivo sulle monete, perché questa era una prerogativa dei re (e, notoriamente, l’istituto della monarchia fu sempre aborrito dal popolo romano, dopo la cacciata dei Tarquini). Sino al 44 a.C. si verificheranno quindi solo due eccezioni a questa regola ferrea, rese possibili dal fatto che le relative emissioni avvenissero in terra straniera (si trattava, cioè, di monetazione “provinciale”[3]): questi bronzi e (alcuni anni dopo) lo statere emesso per Tito Quinto Flaminino. _______________________ Un esercito punico, forte di 20.000 soldati più 10.000 mercenari galli, riuscì a sfuggire dall’Hispania e, agli ordini di Asdrubale (fratello di Annibale), si diresse verso l’Italia. Qui la situazione di Annibale si era fatta difficile: dopo che Roma aveva riconquistato Agrigento (nel 210 a.C.) e Taranto (nel 209), egli aveva disperato bisogno di rinforzi. Nel 207 a.C., pertanto, il generale cartaginese si asserragliò a Canosa, attendendo di potersi ricongiungere con il fratello e le sue truppe. Quell’anno, quindi, i due consoli romani furono destinati uno, Claudio Nerone, a tenere a bada Annibale, l’altro, Marco Livio Salinatore, a cercare di intercettare e fermare Asdrubale. Fu in questo contesto che i Romani portarono a termine un’altra incredibile manovra tattica, culminata nella battaglia del Metauro. Successe che i soldati di Nerone catturarono una staffetta cartaginese, che portava un messaggio con cui Asdrubale voleva invitare il fratello a ricongiungere i loro due eserciti a Fano, ove egli si stava dirigendo. Il console, intuito il pericolo e l’urgenza di reagire, prese una decisione coraggiosa: lasciò un piccolo contingente a fronteggiare Annibale, con l’ordine di eseguire manovre giornaliere (per fare finta di essere ancora molto numerosi), e con il resto dell’esercito marciò da Teanum Apulum (città non più esistente, vicino Foggia) a Sena Gallica (attuale Senigallia). Fu una marcia incredibile, eseguita solo col buio (per sfuggire alle spie cartaginesi): in otto notti i legionarî coprirono circa 500 km, con una media di oltre 60 km a notte[4]. A Sena Gallica le legioni dei due consoli si riunirono e riuscirono a schiacciare l’esercito di Asdrubale, presso il fiume Metauro; dopodiché Nerone, con la stessa velocità con cui era giunto, tornò a Canosa, ove fece informare Annibale (che non si era neanche accorto della sua assenza) che suo fratello Asdrubale era finalmente arrivato, consegnandogliene la testa. _______________________ Nel 204 a.C. Scipione prese un’altra decisione strategica rivoluzionaria: portare la guerra direttamente a Cartagine, come mezzo secolo prima aveva cercato di fare Attilio Regolo. Questa impresa fu ancora più straordinaria, per il fatto che egli volle compierla insieme ai reietti; si fece infatti assegnare il comando delle legiones Cannenses, ancora stanziate in Sicilia: sarebbero stati loro, i soldati umiliati da Annibale e scampati al massacro di Canne, che proprio Scipione stesso aveva convinto 12 anni prima a non tradire Roma, a lavare l’onore della patria debellando la città nemica. Scipione e le legiones Cannenses sbarcarono in terra d’Africa e sconfissero ripetutamente i Cartaginesi. Il senato punico, terrorizzato, ordinò che Annibale lasciasse l’Italia, dove per oltre 15 anni aveva seminato morte e distruzione, e accorresse a difendere la capitale. Così fu: i due condottieri si incontrarono di persona nel 202, da soli, su una collina presso Zama; dopo essersi parlati tornarono nei ranghi dei rispettivi eserciti e si scontrarono in una delle battaglie decisive per le sorti della storia dell’Occidente. Com’è noto, vinse Scipione, e fu quindi soprannominato “l’Africano”. La guerra era finita; Annibale fuggì in esilio, mettendosi al servizio dei reami del Vicino Oriente. Scipione combatté in seguito un’altra guerra vittoriosa, contro il regno di Siria. Accusato dai suoi avversari politici di essersi appropriato di parte del bottino di guerra, abbandonò sdegnosamente Roma in volontario esilio; morì di malattia nel 183 a.C. a Liternum (odierna Villa Literno). Sembra che il suo grande avversario, Annibale, sia morto suicida quello stesso anno, in Bitinia (nella penisola anatolica). Publio Cornelio Scipione l’Africano non fu mai sconfitto, in battaglia. Anni dopo la sua morte un’altra moneta, questa volta un denario ufficiale della Repubblica, riproporrà il suo ritratto. NOTE [1] Non è chiaro, nelle fonti, se la nomina di Scipione a proconsole sia avvenuta già a fine 211 o (come sembra più probabile) nel 210; di conseguenza, non è chiaro se egli abbia iniziato le operazioni militari nel 210 o nel 209. [2] Robinson, Essays in Roman Coinage Presented to Harold Mattingly. [3] In realtà, le monete d’oro di Flaminino sono censite nel RRC (RRC 548/1); Crawford tuttavia le elenca alla fine del suo catalogo, anziché collocarle in ordine cronologico, proprio perché egli stesso dubita che possano considerarsi repubblicane “ufficiali” anziché “provinciali”. [4] Questa velocità fu resa possibile dal fatto che i Romani non si portarono al seguito le salmerie, in quanto ottennero cibo e acqua dalle popolazioni che attraversavano (le quali, secondo le fonti, li accorsero esultanti, stufe delle razzie di Annibale). Nondimeno, questa resta una delle marce a piedi più veloci di tutta la storia militare. ILLUSTRAZIONI Ricostruzione pittorica di Qart Hadasht Bronzi con il presunto ritratto di Scipione: sopra, moneta del valore di 1 calco (SNG BM Spain 127 e 128); sotto, moneta da 1/5 di calco (SNG BM Spain 127 e 129)
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  30. Chiedo venia per il tardivo ringraziamento! Grazie mille! In realtà confesso che poi ci ero arrivato da solo, e forse ho fatto una domanda poco intelligente Tuttavia, come detto, grazie ancora della conferma e quanto meno della disponibilità! PS: belle le piastre che ha poi postato!
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  31. Salve,il peso è molto variabile,da quelli più pesanti fusi fino a quelli familiari fine repubblica,infatti ho indicato in assenza di segni identificativi una data sui generis in quanto il range va dal terzo al primo secolo.bronzo,ma non c'è niente da pulire in quanto già arrivata.quel verde che vedi è la patina naturale e non va mai rimossa a meno che infiicia gravemente la leggibilità,ma sempre fatto da specialisti P.S. valore venale modesto,purtroppo queste monete,forse per la facile reperibilità non raggiungono quotazioni elevate a meno che di grande qualità o simboli non comuni
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  32. Buongiorno,la moneta per me è buona e il foro sembra otturato... La diversa disposizione e la mancanza totale o parziale della punteggiatura in legenda è tipica della monetazione napoletana...
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  33. Bravissimo, con pochi documenti è difficilissimo centrare il bersaglio!
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  34. Buonasera a tutti, Curiosando tra i lotti di un'asta ho osservato questo 2 lire quadriga veloce 1908, che mi ha lasciato perplesso per la perlinatura. Voi cosa ne pensate? Carlo.
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  35. E' un problema comune a tutti, e va anche detto che le tecniche d'infinocchiamento sono molto evolute rispetto ai decenni passati, anche perchè oggi si avvalgono di strumenti preziosi come gli stramaledetti social network. Del resto siamo noi stessi (intendo in generale) a non voler rinunciare a queste porcherie pur essendo ormai nota la loro pericolosità.
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  36. Buonasera , intanto mi complimento con tutti per i vostri interventi, per i vari punti di vista. Io sono innamorato di tutte le Auguste ma Plautilla mi aggrada più delle altre, quindi ti toccherà mostrare il tuo esemplare 😁. Saluti Alberto
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  37. Secondo me bisognerebbe creare una nuova sezione dedicata da aggiugere alle esistenti dove andranno a confluire le discussioni come questa in corso, almeno così ogni tanto si vanno a rileggere per allentare la tensione Una sezione tipo:
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  38. Sono d'accordo... fatto petronius
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  39. E' ben di più di un trattato di numismatica: è un manuale di storia romana raccontata attaraverso le monete, particolarmente completo nella sua sinteticità; ed è un manuale di numismatica con gli indispensabili collegamenti storici. Io stavo cercando di fare altrettanto per cercare di capire sia la storia che le monete, in quanto i libri che leggevo erano sempre insoddisfacenti (spesso perché incompleti per chi, partendo da quasi zero, aveva neecessità di integrarli con altri libri); ma non avevo ancora le necessarie competenze. Ora mi trovo, senza sforzo, il lavoro fatto. Certamente un lavoro che con le dovute integrazioni meriterebbe di essere pubblicato.
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  40. LA NUOVA ZECCA DI ROMA E IL QUADRIGATO Nel 269 a.C., durante il periodo intercorso fra la fine della guerra contro Taranto e l’inizio di quella contro Cartagine, a Roma furono adottate due iniziative di politica monetaria. In primo luogo fu creata una zecca, all’interno o nei pressi del tempio capitolino di Giunone “Moneta” (cioè “Ammonitrice”; proprio per questa collocazione della zecca il termine passò a significare, per metonimia, la moneta stessa). Sappiamo da Zonara (storico di epoca bizantina) che questa innovazione fu resa necessaria a seguito dell’afflusso a Roma di ingenti quantità di metallo prezioso da monetare; si ritiene che esse siano quelle depredate due anni prima a Rhegium, delle quali ci narra un altro storico, Dionigi di Alicarnasso. In realtà, la magistratura preposta a controllare l’emissione di moneta, i tresviri aere argento auro flando feriundo, esisteva a Roma già da 20 anni[1]; si ritiene tuttavia che la zecca sia stata istituita solo in seguito perché inizialmente l’aes signatum e grave poteva essere fuso in officine estemporanee, mentre la produzione di monete coniate veniva appaltata a Capua o altre zecche campane. La seconda innovazione è quella di cui riferisce Plinio, quando afferma che quell’anno fu “segnato” l’argento; sembra doversi intendere che, in occasione dell’apertura della zecca capitolina, Roma emise una moneta d’argento in qualche modo innovativa e resta da capire quale essa fosse. Sappiamo che nel corso del secolo si succedettero tre tipi di monte d’argento in qualche misura innovative, ossia (in ordine cronologico) didracme romano-campane con legenda “ROMA”, quadrigati (che sono anch’essi didracme, ma abbastanza innovative) e denarî; collocare una di tali monete al 269 a.C. fa slittare, avanti o indietro nel tempo, le altre, modificando di conseguenza tutta la cronologia della monetazione repubblicana. In passato molti numismatici ritenevano che nel 269 fosse stato introdotto il denario, ma occorre specificare che oggigiorno questa teoria ha pochissimi sostenitori. Nella neonata zecca di Roma potrebbero allora essere state emesse, per prime, le monete romano-campane con legenda “ROMA”. Infatti, a un certo punto della loro storia i Romani cambiarono la legenda delle proprie monete coniate (non solo quelle d’argento, ma anche quelle di bronzo) dal genitivo plurale “ROMANO” al nominativo singolare “ROMA”; sembrerebbe ovvio pensare che questa modifica significhi che venivano coniate “all’interno della città” e non solo “per conto dei suoi abitanti”. Questa ipotesi sembra avvalorata dal fatto che la legenda “ROMA” compare anche su un unico pezzo di aes grave, un asse che molti autori datano al 263 a.C.[2] Successivamente, Roma introdusse un’altra, importante riforma della monetazione romane-campana, che consistette nel terminare la produzione di monete (proseguì invece quella di aes grave, seppure di peso progressivamente ribassato per effetto della svalutazione), nel modificare la didracma e nell’introdurre, accanto a essa, anche la dracma (sempre d’argento) e due monete d’oro, che valevano rispettivamente uno statere e mezzo statere (anche lo statere, come la dracma, era un valore in uso nella Magna Grecia). Soprattutto, le nuove didracme si distinsero da quelle precedenti perché presentavano un’iconografia decisamente romana, perché mantennero inalterata tale iconografia per decenni (le didracme più antiche, invece, presentavano differenze a ogni nuova emissione) e perché ne vennero coniate in grandissimo numero, come dimostra lo studio dei conî. Le nuove didracme presentavano al dritto una testa gianiforme imberbe, al rovescio Giove, raffigurato su una quadriga volta a destra mentre tiene lo scettro colla sinistra e sta per scagliare il fulmine colla destra; dietro di lui, una piccola Vittoria regge le redini della quadriga; sotto, compare la legenda ROMA. La figura gianiforme presenta difficoltà di interpretazione: per alcuni studiosi si tratta di Giano, ma questa ipotesi sembra contraddetta dal fatto che tale dio era sempre raffigurato anziano e barbuto. Per altri autori potrebbero essere i Dioscuri (così, in particolare, pensa Crawford), o i Penati Publici, o infine Fons o Fontus, figlio di Giano e Giuturna. La quadriga invece potrebbe ispirarsi alle numerose analoghe statue che ornavano molti templi, comprese quelle presenti nel tempio di Giove Capitolino fin dall'età dei Tarquini (fittili in origine, poi sostituite nel 298 con quadrighe di bronzo); proprio per la sua presenza queste monete furono definite “quadrigati” (talché la dracma è oggi definita “mezzo quadrigato”). Sebbene siano tutte catalogati da Crawford in poche categorie (soprattutto RRC 28/3), in realtà i quadrigati si differenziavano molto fra loro; in prima approssimazione (l’evoluzione effettiva fu più complessa e articolata), può dirsi che ne furono emessi due generi distinti: quadrigati con legenda in incuso su tavoletta, più antichi, costituiti da buon argento, con diametro largo e peso medio di 6 scrupoli (circa 6,8 g); quadrigati con legenda in rilievo entro una cornice, sicuramente posteriori, spesso fatti di argento mischiato a rame, con diametro più piccolo e peso inferiore a quello teorico (anche addirittura, di soli 2,5 g). Per la datazione di queste monete, sappiamo da Livio[3] che circolavano ancora dopo la battaglia di Canne (216 a.C.) e da Zonara che la decisione di mischiare il rame all’argento fu adottata dopo la sconfitta subita al lago Trasimeno (217 a.C.). Possiamo dedurne che i quadrigati furono emessi in grandi quantità per sostenere esigenze di guerra, svalutati (aggiungendo rame) nel 217 a.C. e coniati almeno fino al 216; ma quando iniziò la loro emissione? Coarelli[4] sostiene che siano proprio essi la moneta che, secondo Livio, fu emessa dalla nuova zecca di Roma nel 269 a.C.; la loro emissione sarebbe allora iniziata monetando l’argento depredato a Rhegium e continuata, con numeri elevati, inizialmente per sostenere lo sforzo bellico della Prima Guerra Punica (salvo proseguire sino alla seconda). A conferma di questa ipotesi c’è il ritrovamento di quadrigati a Kerkouane e a Selinunte, sebbene non ci sia certezza che siano stati interrati prima della distruzione delle due città (avvenuta la prima, a opera di Attilio Regolo, nel 256 a.C., la seconda nel 250). Se così fosse, il rovescio potrebbe alludere alla recente sconfitta di Pirro (Giove era il protettore delle legioni, Vittoria ovviamente era simbolo di vittoria). Per altri autori, invece, l’emissione del quadrigato è successiva alla fine della Prima Guerra Punica (241 a.C.); fra l’altro, il dritto - se effettivamente raffigurasse Giano - potrebbe alludere alla chiusura delle porte del tempio del dio, avvenuta nel 235 a.C. al termine della conquista della Sardegna. Infine, Crawford colloca addirittura la data di inizio emissione al 225, collegando l’intera produzione di quadrigati al finanziamento della sola Seconda Guerra Punica[5]. Insieme al quadrigato, come detto, furono introdotte le prime monete romane d’oro, gli stateri, del peso di 6 scrupoli (e i mezzi stateri, di 3 scrupoli). Plinio riferisce che la prima emissione d’oro avvenne 51 anni dopo quella dell’argentum signatum e, quindi, nel 218 a.C.; questa data sembra abbastanza attendibile e dovrebbe riferirsi proprio agli stateri. Al dritto, essi raffigurano la stessa testa gianiforme presente sul quadrigato. Molto più interessante invece è l’iconografia del rovescio: viene infatti raffigurato un giuramento militare (da cui il nome moderno dato a queste monete, “stateri del giuramento”), con due guerrieri di fronte che puntano le spade verso un porcellino tenuto in braccio da un terzo guerriero in ginocchio. Il guerriero di sinistra, forse italico o greco, è barbato, indossa un'armatura cinta al busto e colla sinistra si appoggia a una lancia; il guerriero di destra, chiaramente romano, è imberbe, porta una corazza e, colla sinistra regge il fodero della spada e la lancia (rivolta in basso). Le ipotesi per interpretare questa scena sono tante e tutte suggestive: il giuramento di alleanza tra Romolo e Tito Tazio (750 a.C.); la concessione del diritto di cittadinanza romana ai Campani e a parte dei Sanniti (334); la riappacificazione tra Romani e Sanniti, dopo la resa di questi ultimi (290); il trattato di alleanza tra Roma e Siracusa (263); la “leva tumultuaria” con cui Roma, per intimidire i Cartaginesi, ordinò a tutti gli alleati di contare il numero massimo di combattenti che erano in grado di mobilitare (225); il giuramento con cui Romani e Latini rinnovarono l’impegno a combattere assieme, dopo il disastro di Canne (216). NOTE [1] Pomponio infatti riferisce che la loro istituzione fu contemporanea a quella dei tresviri capitales e Livio pone questi ultimi in connessione con la fondazione delle colonie Castrum, Sena Gallica e Hatria, rispettivamente datate 289, 284/283 e 289 a.C. Si noti che, anche se l’istituzione dei tresviri risale verosimilmente al 289 a.C., il loro nome deve essere stato modificato in seguito perché a quell’epoca Roma non aveva monete d’oro. [2] Si tratta dell’asse RRC 37/1, che per la sua iconografia viene interpretato come una celebrazione della raggiunta alleanza anti cartaginese tra Roma (il cui nome, come detto, compare in legenda), Siracusa (simboleggiata al dritto dal ritratto di Minerva, analogo a quella di alcune monete della città siceliota) e i Mamertini (simboleggiati al rovescio dal toro, rappresentazione dell’Italia - nome che deriva dall’osco ϝίτλυ -, da cui essi provenivano). [3] Livio, XXII, 52, 3; 54, 3; 54, 1; 58, 4. [4] Coarelli, Argentum signatum, Roma 2013. [5] Bernard (The Quadrigatus and Rome's Monetary Economy in the Third Century, in “Numismatic Chronicle 177”, 2017) osserva che gli studi metalloscopici dimostrano la provenienza dell’argento di moti quadrigati dalle miniere spagnole, conquistate da Roma con la Seconda Guerra Punica. Inoltre, molti tesoretti di quadrigati siano stati rinvenuti proprio in Spagna, teatro di combattimenti durante la Seconda Guerra Punica, non la prima. ILLUSTRAZIONI Le rovine del tempio di Giunone Moneta, sul Campidoglio alle spalle dell’Ara Coeli. Molte delle monete repubblicane provengono fisicamente da qui. Didracma RRC 26/1, con legenda "ROMA" Quadrigati RRC 28/3, il primo con legenda in incuso su tavoletta e il secondo con legenda in rilievo entro cornice. Si noti la grafia arcaica della "A". Asse RRC 37/1 con legenda ROMA Statere "del giuramento" RRC 28/1
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  41. Libro non firmato, ne numerato. Quindi possibile tiratura infinita. Carta troppo spessa, che si stropiccia solo a guardarla, magari usando carta normale e copertina non rigida, poteva farlo costare molto meno ed essere accessibile a più persone! Comunque bel libro.
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  42. A volte invece é da usare a mio avviso. C' é sempre il "dipende" secondo me. In generale, ti posso dire che ho trovato certe info assurde,piú facilmente fruibili. Il problema peró ripeto é che devi poi capire l' atrendibilità delle info. Devi porre dei trabocchetti, delle contro prove,devi prenderla un pó in giro. Allora dalle risposte che ti dará si intenderanno molte cose.
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  43. Ciao caro Fabio 😁 Le caravelle sono un dolce ricordo della zia di mio padre ( che poi dopo tantissimi anni,mio padre mi ha passato a sua volta, perché sa che ne sono particolarmente affezionato a quelle). Con lei giocavo a rovistare le lire nei contenitori. Le caravelle le ricordavoin particolar modo. Mi conducono a lei insomma. Poi dopo anni e anni, grazie anche ai cromosomi numismatici di papá, anche io sono stato contagiato. Bene,fatta questa intro, le bandiere andavano controvento nella versione prova. Poi cambiate dal 1958 in poi 😁 Io nella figura peró bandiere non ne vedo😅
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  44. Ciao a tutti proseguendo con le condivisioni di monete che presentano a mio modesto parere una soddisfacente patinatura, vi ri-presento un esemplare già in precedenza pubblicato, ma che nel tempo ha acquisito una colorazione che giudico tra le migliori della collezione, tra l'altro su rilievi intatti, infatti la Casa d'Aste da cui proviene l'ha classificata FDC (MS64, non sopra per via di alcuni graffietti). Si tratta di un collo lungo zecca di Genova del 1859, millesimo non particolarmente raro, certamente meno della cugina torinese, tuttora mancante perché la cerco in analoga conservazione. La patina è chiaramente da moneta "riposata" in monetiere, e la sua permanenza sul velluto dei miei raccoglitori, anche se chiusi in cassetta di sicurezza, le ha conferito un aspetto complessivo che definirei elegante. Come molti sanno il mio sogno è di raccogliere tutti e 19 i millesimi dei 5 lire di Vittorio Emanuele II Re di Sardegna nelle massime conservazioni possibili. L'impresa è letteralmente titanica anche perché alcuni non sono mai apparsi in FDC, per cui la scelta, in questi casi, non può che orientarsi sugli SPL. Per ora sono a 7 esemplari in FDC e 10 compresi tra BB+ e SPL+, mentre due date mancano. Buona giornata
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