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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 07/11/25 in tutte le aree
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Martedì è arrivato il via libero definitivo dell'ECOFIN. Il cambio lev - euro è lo stesso fin qui adottato di 1,95583 (ovvero di fatto 1,96 lev per euro / 0,51 euro per lev), e sul sito d'informazione https://evroto.bg/ è anche comparsa la relativa calcolatrice automatica. A questo punto è improbabile che l'accozzaglia nazionalista-filorussa riesca a far deragliare il processo, anche se da qui al 2026 non mancherà di seminare più confusione e balle possibili, per sfruttare i diffusi timori della speculazione sul cambio (o crearne ad hoc, come ha sempre fatto fin'ora) e comunque per cercare di aumentare il consenso politico. Nonostante in Bulgaria l'euro sia molto noto e utilizzato, come ben sappiamo se si verificheranno aumenti dei prezzi i nostri impavidi eroi non mancheranno di urlare maledizioni contro l'euro in quanto tale, secondo il solito schema adottato dai loro colleghi negli altri Stati. L'adozione della moneta unica è una questione molto importante per la Bulgaria, a cui purtroppo tocca affrontarla con questo pesante fardello. A mio personale avviso non resta che incrociare le dita e tifare per "il paese più povero dell'UE" che pur ostacolato dalla feccia nazionalista fa di tutto per rimanere a galla e ancorato al resto dell'UE, dimostrando un orgoglio e una resistenza encomiabili.4 punti
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Il rumore di fondo dei complottisti, degli pseudocosi, dei laureati all'università della vita, supportato dagli echi degli ignoranti (in contrapposizione di esperto e studioso) della materia la fa solitamente da padrona sui social. Ecco qui lo studio pubblicato su una delle principali riviste con vera peer review (qui: https://static-content.springer.com/esm/art%3A10.1038%2Fs41586-025-09195-5/MediaObjects/41586_2025_9195_MOESM3_ESM.pdf) https://www.nature.com/articles/s41586-025-09195-5 il metodo vuole che chi dice la propria porti tesi e dati misurabili e o replicabili a confutazione dell'articolo che, essendo SCIENTIFICO, viene pubblicato proprio perché divenga materiale di confronto e crescita per la comunità scientifica -------------------------------------------------------------------------------- Qui, invece, l'articolo divulgativo pubblicato su Nat Geo https://www.nationalgeographic.it/come-e-stato-ricostruito-il-volto-di-un-antico-egizio-vissuto-oltre-4500-anni-fa-?utm_source=firefox-newtab-it-it Come è stato ricostruito il volto di un antico egizio vissuto oltre 4.500 anni fa Gli scienziati hanno sequenziato il primo genoma completo di un antico egizio dal DNA intatto estratto dai suoi denti restituendo così un volto a un uomo dell'Antico Regno DI Nicholas St. Fleur pubblicato 07-07-2025 Sigillato in un vaso funerario di ceramica, con le ginocchia piegate verso il mento, lo scheletro di un uomo egizio è rimasto indisturbato per migliaia di anni. Nel 1902, alcuni archeologi britannici lo dissotterrarono dalla sua tomba scavata in una collina calcarea nella necropoli di Nuwayrat (Nuerat), oltre 240 chilometri a sud del Cairo. Mentre i faraoni del tempo del defunto costruivano monumenti colossali come la Grande Piramide di Giza, quest'uomo, probabilmente un vasaio vissuto tra i 4.500 e i 4.800 anni fa, ha lasciato dietro di sé un'eredità di tipo diverso: il suo DNA eccezionalmente ben conservato. In qualche modo, i suoi resti hanno resistito a secoli di caldo torrido egiziano e persino ai bombardamenti nazisti mentre si trovavano a Liverpool, in Inghilterra, durante la Seconda guerra mondiale. Ora gli scienziati hanno sequenziato il primo genoma completo di un antico egizio a partire dal DNA intatto estratto dai suoi denti. Lo studio, pubblicato il 2 luglio su Nature, descrive il più antico DNA mai recuperato in Egitto, datato al radiocarbonio tra il 2855 e il 2570 a.C. Questo intervallo si colloca tra la fine del Periodo Protodinastico e l'inizio dell'Antico Regno, quando i governanti egizi consolidarono il potere e diedero inizio all'"Età delle piramidi". "Ci sono centinaia, se non migliaia, di genomi antichi provenienti da tutto il mondo", afferma Linus Girdland-Flink, archeologo biomolecolare dell'Università di Aberdeen in Scozia e coautore dello studio. Ad oggi, gli scienziati hanno raccolto DNA antico da Neanderthal, Denisova e Homo sapiens di 45.000 anni fa. "Eppure, l'Egitto era rimasto una sorta di tessera mancante in questo grande puzzle dell'ascendenza genetica umana". Prima di questo studio, il DNA più antico recuperato dall'antico Egitto proveniva da tre mummie sepolte nella necropoli di Abusir el-Meleq e datate tra il 787 e il 23 a.C. Ma quelle sequenze rappresentavano solo genomi parziali. Il nuovo genoma è completo e proviene da un individuo vissuto circa 1.500 anni prima. Il contenitore “bara” di terracotta e i resti dell'uomo di Nuwayrat scoperti nel 1902. FOTOGRAFIA DI GARSTANG MUSEUM, UNIVERSITÀ DI LIVERPOOL (PER GENTILE CONCESSIONE) "Questo genoma ci permette, per la prima volta, di conoscere l'ascendenza genetica di un individuo egizio vissuto nel periodo dell'Antico Regno", ha dichiarato nel corso di un briefing con la stampa Adeline Morez Jacobs, un'antropologa fisica che ha condotto la ricerca durante il suo dottorato alla Liverpool John Moores University. Inoltre, ha permesso agli scienziati di ricostruire parzialmente l'aspetto del volto della persona. Daniel Antoine, capo del dipartimento Egitto e Sudan del British Museum di Londra, che ha revisionato lo studio, ha elogiato il lavoro. "Anche se si basa su resti di un solo individuo, la scoperta è molto significativa perché il DNA antico sopravvive raramente nella valle del Nilo", ha dichiarato. Con esso, gli scienziati possono iniziare a svelare gli indizi genetici di come diverse popolazioni di persone interagissero nell'antico Egitto. Svelata l'antica ascendenza genetica Con il sequenziamento del DNA, gli scienziati possono iniziare a porsi domande su questo antico individuo, a partire da una domanda fondamentale: chi erano i suoi antenati? Sebbene si tratti del lignaggio di una sola persona, potrebbe aiutare gli storici a capire come le persone migravano e si mescolavano nell'antico Egitto. Circa l'80% dell'ascendenza dell'uomo risale alle popolazioni neolitiche del Nord Africa. Il restante 20% è legato a popolazioni antiche dell'Asia occidentale, tra cui la Mezzaluna Fertile orientale (Mesopotamia), che comprende l'attuale Iraq, l'Iran occidentale, parti della Siria e l'estremo sud-est della Turchia, spiega Morez Jacobs. Nell'individuo di Nuwayrat non sono state trovate prove di ascendenza dall'Africa orientale o sub-sahariana. Il contenitore-urna di terracotta in cui è stato scoperto l'individuo di Nuwayrat. FOTOGRAFIA DI MUSEO GARSTANG, UNIVERSITÀ DI LIVERPOOL (PER GENTILE CONCESSIONE) Le tombe rupestri di Nuwayrat che racchiudevano il vaso di terracotta contenente la sepoltura. FOTOGRAFIA DI GARSTANG MUSEUM, UNIVERSITÀ DI LIVERPOOL (PER GENTILE CONCESSIONE) I ricercatori non sanno quando queste due popolazioni si siano mescolate nel lignaggio dell'uomo di Nuwayrat, ma affermano che probabilmente la mescolanza si è verificata nell'arco di centinaia o addirittura migliaia di anni nell'ascendenza dell'uomo, e forse più volte. Questi dati genetici sono in linea con le prove archeologiche, le quali suggeriscono che, oltre allo scambio di beni come i raccolti o gli animali e allo scambio culturale (come i sistemi di scrittura e il tornio da vasaio), le persone stesse si spostavano e si mescolavano tra le regioni. "Il documento costituisce una pietra miliare nel campo della genomica dell'antico Egitto", afferma Yehia Gad, supervisore scientifico del laboratorio del DNA antico presso il Museo Nazionale della Civiltà Egizia del Cairo, che non è stato coinvolto nello studio. Secondo Gad, la nuova scoperta "rafforza lo status dell'antico Egitto come fulcro e crogiolo del mondo antico". I prossimi passi del team, dice Girdland-Flink, saranno quelli di collaborare con gli scienziati egiziani per decifrare ulteriormente il passato dell'Egitto. Gad, che contribuisce alla guida del progetto nazionale egiziano sul genoma, che mira a sequenziare i genomi di 100.000 adulti egiziani e di 200 antiche mummie egizie, afferma di essere favorevole all'idea. "Possiamo tutti servire e lavorare insieme per tracciare un quadro migliore di questa affascinante civiltà antica, che costituisce una tappa importante nel cammino dell'umanità", afferma. Ricostruzione facciale (e potenziali controversie) Oltre al sequenziamento del genoma dell'uomo di Nuwayrat, i ricercatori hanno anche presentato una ricostruzione facciale realizzata dall'antropologa forense Caroline Wilkinson. Wilkinson, che dirige il Face Lab della Liverpool John Moores University, ha già ricreato i volti di personaggi come Ramesse II e Arsinoe IV, sorella di Cleopatra. Partendo da una scansione 3D del suo cranio, ha costruito i suoi tratti facciali come la linea mandibolare, il naso e gli occhi, parti del corpo relativamente facili da prevedere dalla sola struttura ossea. Orecchie e bocca, invece, sono più difficili [da ricostruire]. L'analisi genetica ha suggerito che l'uomo avesse probabilmente gli occhi marroni, i capelli castani e una pigmentazione della pelle "che andava dalla pelle scura a quella nera", in base alle previsioni di uno strumento chiamato sistema HirisPlexS. Ma gli autori avvertono che queste previsioni sono caratterizzate da incertezza, data la scarsità di dati genetici provenienti da popolazioni antiche comparabili. Per evitare speculazioni su caratteristiche che non potevano essere determinate in modo definitivo, Wilkinson afferma che lei e il suo team hanno reso la ricostruzione in scala di grigi, senza capelli o tonalità della pelle. Wilkinson ha aggiunto che si aspetta che l'immagine susciti qualche polemica, come hanno fatto in passato le rappresentazioni di altri antichi egizi, spesso criticate per il loro aspetto "troppo europeo" o "troppo africano". Utilizzando una scansione 3D, gli antropologi forensi hanno ricostruito il volto dell'uomo di Nuwayrat partendo dall'analisi del suo cranio. ILLUSTRAZIONE DI CAROLINE WILKINSON, LIVERPOOL JOHN MOORES UNIVERSITY/MOREZ, A. (2025), NATURE Ma Wilkinson sottolinea che il volto è solo l'aspetto di una persona dell'antichità. "Questo individuo non è rappresentativo di tutti gli individui dello stesso periodo e di questa stessa parte del mondo, così come io non sono rappresentativa di tutti gli europei di oggi". Per capire meglio chi fosse questa persona e la vita che conduceva, gli scienziati dovevano guardare oltre il suo volto. I suoi denti consumati suggeriscono che avesse tra i 44 e i 64 anni, o forse probabilmente più anziano. Il suo scheletro mostra segni di artrite dovuta all'età, articolazioni e vertebre usurate e affaticamento muscolare dovuto al frequente accovacciarsi e appoggiarsi, come conseguenza di postura da lavorazione di argilla e ceramica, occupazione fisicamente impegnativa, afferma Joel Irish, bioarcheologo della Liverpool John Moores University e coautore dello studio. "Durante la sua vita guardava spesso verso il basso, come oggi gli adolescenti guardano i loro cellulari", afferma Irish. Da questi indizi e dallo studio dei geroglifici dei laboratori di ceramica, il team ha concluso che l'uomo era probabilmente un vasaio piuttosto che un fornaio, un agricoltore, un muratore o un soldato. Tuttavia, non si può escludere che fosse un tessitore. Il team ha ipotizzato che se fosse stato un vasaio, forse ci sarebbe stato un legame tra la sua professione e il motivo per cui era stato sepolto in un vaso di terracotta. Ma hanno anche aggiunto che questa pratica non era esclusiva dei vasai, di questo periodo o di Nuwayrat. E se invece fosse stato un costruttore di piramidi? L'uomo di Nuwayrat poteva aver trasportato enormi pietre nella piana di Giza? (Ma a oltre 160 chilometri di distanza dal luogo in cui fu sepolto). Si tratta di "pura speculazione", afferma l’archeogenetista Girdland-Flink. Inoltre, mette in guardia dal trarre conclusioni sulle persone che davvero hanno costruito le piramidi sulla base di questo antico genoma egiziano. “Per sapere chi ha costruito le piramidi", conclude Girdland-Flink, "è necessario disporre dei genomi di chi con certezza vi ha lavorato ".3 punti
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Buongiorno, prometto che per un po' vi lascio stare ☺️ ma ora vi mostro questa busta che suppongo sia solo commemorativa,visto l' erinnofilo il timbro del volo una firma di chissà chi e quindi non só se effettivamente poteva essere sul dirigibile della sorvolata! Grazie3 punti
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Buongiorno. In questo contributo che presentai sul forum qualche anno fa puoi trovare un catalogo preliminare delle monete con gli etnici di Crotone e Pandosia. Colgo l'occasione per annunciare che ho in corso lo studio sistematico delle monete di Pandosia (comprese quelle a legenda Cro-Pando) finalizzato all'edizione del corpus. Ho consegnato da poco ad una nota rivista di numismatica un saggio preliminare di questo studio che dovrebbe essere pubblicato (salvo imprevisti) entro il prossimo anno. Vi terrò aggiornati.3 punti
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LA PRIMA GUERRA MITRIDATICA L’area settentrionale della penisola anatolica era sede di un altro ricco e potente regno ellenistico, il Ponto, retto dal 111 a.C. da un uomo risoluto e determinato, Mitridate VI Eupatore. Questi, sebbene mantenesse rapporti diplomatici amichevoli con la Repubblica, mal ne sopportava le ingerenze: desiderava infatti espandere il proprio dominio assorbendo i deboli regni contigui, a cominciare da Bitinia e Cappadocia, che però erano protetti da Roma. Uno storico romano[1] riferisce che “insuperbito da un'enorme ambizione, ardeva dal desiderio di occupare l'intera Asia e se poteva anche l'Europa. Gli davano speranza i nostri problemi: credeva che fosse il momento favorevole, poiché eravamo distratti dalle guerre civili e in lontananza Mario, Silla, Sertorio che mostravano indifeso il fianco del dominio [romano]”. Nell’89 a.C. Mitridate detronizzò, per la terza volta, i regnanti di Bitinia e Cappadocia, sostituendoli con proprî adepti. Se nelle due occasioni precedenti Roma aveva avviato trattive diplomatiche per giungere a un accordo, questa volta gli dichiarò guerra; poiché tuttavia, impegnata nel bellum sociale, potè inviare solo truppe alleate, i primi scontri furono vinti dal re del Ponto che rapidamente, nel corso dell’88, riuscì a occupare quasi tutta la penisola anatolica, compresa la provincia d’Asia ove fece uccidere tutti gli Italici presenti, compresi almeno 80.000 Romani (Plutarco dice, addirittura, 150.000). L’esercito pontico passò allora in Grecia (che nel frattempo era stata riorganizzata come provincia separata, con il nome di Acaia) e, nel corso dell’87, ne prese il controllo: alcune città, a cominciare da Atene, gli si consegnarono spontaneamente, tradendo Roma. _________________ A Roma fu eletto console, per l’88 a.C., Lucio Cornelio Silla, che per il suo nobilissimo lignaggio era divenuto il campione degli optimates, la fazione che voleva conservare i privilegi tradizionali dell’aristocrazia opponendosi ai populares, ben rappresentati dall’altro eroe di guerra, Mario, i quali invece perseguivano riforme a favore delle classi sociali più povere. Il Senato incaricò Silla di condurre la guerra contro Mitridate e il console riuscì, malgrado il perdurante bellum sociale, ad arruolare ed equipaggiare 5 legioni (circa 20.000 uomini, cui nei Balcani si sarebbero aggiunti altrettanti alleati), accampate in Campania. Tuttavia un tribuno della plebe di parte mariana, Publio Sulpicio Rufo, occupò il Foro con seicento suoi scagnozzi, minacciò Silla (che, per aver salva la vita, fuggì presso il suo esercito) e fece approvare una legge per togliergli la conduzione della guerra e affidarla a Mario. Silla, allora, assunse un’iniziativa sino ad allora inconcepibile: chiese ai suoi soldati se fossero disposti a marciare contro Roma. Nessun uomo in armi poteva varcare il pomerium, sacro confine di Roma; nessun soldato aveva mai calpestato il sacro suolo dell’Urbe[2]; i proconsoli perdevano addirittura l’imperium, se entravano in città, mentre i consoli potevano permanerci (per esercitare il governo) ma dovevano far rimuovere le asce dai fasci portati dai littori. Fra gli ufficiali solo un questore fu disposto a seguirlo, il trentenne Lucio Licinio Lucullo, di cui Silla apprezzava le doti di mitezza, coraggio, rettitudine morale e sagacia, avendolo avuto come tribuno militare durante il bellum sociale; i soldati, invece, accettarono di mettersi in marcia. Fu così che il console compì il sacrilegio: entrò in armi a Roma, alla testa dei suoi soldati, fece uccidere Rufo (mentre Mario scappava dalla città) e si fece riconfermare come comandante della campagna contro Mitridate. Presiedette poi all’elezione dei nuovi consoli, che risultarono due persone neutrali, una delle quali era Lucio Cornelio Cinna. Così ristabilito l’ordine in patria, nell’87 a.C. Silla partì per la guerra. _________________ Sappiamo dalle fonti che Lucullo fu incaricato da Silla di emettere monete per finanziare la campagna militare, monete che i contemporanei definirono “luculliani”; non sappiamo tuttavia quali fossero. Una prima ipotesi è che i “luculliani” siano i denarî dell’emissione RRC 375/2, che Crawford data all’81 a.C. ma, secondo Pedroni[3], potrebbe essere anticipata all’87 e attribuita a Lucullo. Si tratta di monete molto belle, la cui iconografia presenta tre caratteristiche interessanti: la legenda Q (che indica che furono emesse da un questore, quale appunto Lucullo era); il ritratto di Venere, che Silla invocava come propria protettrice (ritratto che compare qui per la prima volta[4], ma diventerà poi un simbolo diffuso di fortuna, potere e legittimazione); soprattutto, due cornucopie affiancate. Queste sono una peculiarità, dato che una sola cornucopia, simbolo di prosperità, è presente anche su altre monete ma la rappresentazione di una coppia è tipica dell’Egitto. Tale stranezza si potrebbe spiegare ricordando che un Tolomeo Alessandro nominò suo erede[5] il popolo di Roma ove, quindi, arrivarono ingenti quantità di metallo prezioso; se si trattasse di Tolomeo X, deceduto nell’88, la tempistica sarebbe compatibile con l’impiego di questo stesso metallo per emettere i denarî in esame[6], coniati a Roma nei primi mesi dell’87 (prima, cioè, che Lucullo partisse per la guerra) oppure in Grecia, nei mesi successivi. In alternativa, i “luculliani” potrebbero essere stati emessi in Grecia come monetazione provinciale e si identificherebbero, allora, in alcune tetradracme che ripetono l’iconografia tradizionale di Atene (Atena al dritto e una civetta su un’anfora con “A” al rovescio) ma presentano due strani monogrammi, composti uno dalle lettere ΑΡΜ, l’altro da ΜΤΑ. Una possibile interpretazione, infatti, è che siano lettere greche (talché P si legge R) e significhino la prima Marci, la seconda tamiou, “del questore”; infatti il tesoriere di Lucio Licinio Lucullo in Grecia era suo fratello[7], Marco Terenzio Varrone Lucullo. _________________ Silla sbarcò in Epiro e, di là, mosse direttamente contro Atene: il suo primo obiettivo era infatti punire la polis che aveva tradito Roma e si era consegnata al nemico. Atene cadde nei primi mesi dell’86 a.C., all’esito di un duro assedio; la vendetta di Silla fu spietata: la città fu saccheggiata e i suoi abitanti uccisi o venduti schiavi[8]. L’esercito pontico, benché tre volte più grande di quello romano (120.000 soldati contro 40.000), fuggì verso la Macedonia; arrivato tuttavia nei pressi della cittadina di Cheronea, fu bloccato per tre giorni dalla fiera e accanita resistenza di un piccolissimo contingente romano, comandato dal legato proquestore di quella provincia, Quintus Bruttius Sura. Egli infatti “affrontò Archelao [comandante dell’esercito pontico], che dilagava attraverso la Macedonia come un torrente in piena, con il massimo vigore. Disputarono tre battaglie nei pressi di Cheronea. Archelao fu sconfitto e costretto a ripiegare verso il mare. Poi [arrivò] Lucio Licinio Lucullo [che] ordinò [a Sura] di rientrare nella sua provincia, poiché stava giungendo Lucio Cornelio Silla”[9]. _________________ Il coraggioso Sura, che grazie alla sua capacità e determinazione salvò la Macedonia e diede a Silla il tempo di raggiungere il nemico, firmò le ultime emissioni provinciali con legenda ΜΑΚΕΔΟΝΩΝ[10]: si tratta di bellissime tetradracme e dracme che uniscono elementi locali e romani. Il dritto infatti riporta il ritratto di Alessandro Magno, che era tradizionale sulle tetradracme macedoni, con la legenda in alfabeto greco. Il rovescio, invece, propone un’iconografia tipicamente romana, ossia (attorno alla clava, simbolo di Ercole) gli strumenti dell’esazione delle tasse (compito dei questori), ossia la cesta, in cui veniva deposto il denaro raccolto, e la sella, su cui il magistrato sedeva durante la riscossione; inoltre, la legenda è in latino, SVVRA LEG. PRO Q. Ulteriore particolare d’interesse, al dritto a volte queste monete recano la sigla ΣΙ: si ritiene che sia un numerale, 16, e indichi il tasso di equivalenza (vigente all’epoca) tra una tetradracma e 16 sesterzî; costituisce quindi una prova aggiuntiva dell’integrazione della monetazione provinciale in quella “ufficiale” repubblicana e del fatto (già evidenziato) che stranamente, i valori e i prezzi venivano espressi in sesterzî, anziché in denarî. Oltre a queste ultime emissioni con legenda ΜΑΚΕΔΟΝΩΝ, continuarono a essere coniate monete, soprattutto in bronzo, con il nome della città emittente. Thessalonica, in particolare, proseguì a produrre gli assi con Giano e i centauri al rovescio, ma con un peso estremamente ribassato rispetto a quelli del secolo precedente. _________________ Silla, che stava inseguendo Archelao, lo raggiunse così a Cheronea e ivi lo affrontò in battaglia. Dapprima i Pontici lanciarono contro i nemici i loro terribili carri falcati[11], ma le disciplinatissime schiere romane furono pronte a scansarsi, facendoli passare senza danni, “per poi batter loro le mani, scoppiando a ridere e chiedendo un bis, come sono soliti fare alle corse nel circo”[12]. Si arrivò allora allo scontro di fanteria e i Pontici stavano per avere la meglio, grazie al loro numero preponderante, quando Silla diede nuova prova del suo genio: aveva infatti mantenuto da parte (forse, per la prima volta nella storia militare dell’Occidente) una riserva tattica e la fece intervenire al momento opportuno, rovesciando le sorti della battaglia. Di 120.000 soldati pontici, ne sopravvissero 10.000; di 40.000 romani, ne morirono 13. I legionarî, sull’onda dell’entusiasmo, acclamarono Silla imperator[13]; a perenne memoria della sua vittoria, egli fece erigere due grandi trofei d’armi sul campo di battaglia. Archelao e nemici superstiti fuggirono incontro a un altro esercito pontico, che stava sopraggiungendo in loro soccorso forte di altri 80.000 uomini; si accamparono in posizione favorevole a Orcomeno (distante solo 15 km da Cheronea). Ma quando giunsero le legioni, fu un’altra tremenda sconfitta. Silla progettò di passare in Asia, ma non disponeva di una flotta per contrastare quella pontica; incaricò allora Lucullo di trovargliene una. Lo zelante questore non esitò e, incurante del pericolo di essere catturato, viaggiò su piccole barche a vela recandosi presso gli alleati di Roma, Creta prima, poi Cirene, Alessandria, Cipro e infine Rodi e chiedendo loro di fornire alla Repubblica navi e marinai. _________________ A Roma il console Cinna abbandonò la sua posizione di neutralità schierandosi apertamente a favore dei mariani, intanto rientrati in città. Ci furono scontri, a seguito dei quali il Senato decretò la destituzione di Cinna; questa iniziativa fu tuttavia un errore, facendolo apparire una vittima e procurandogli molti seguaci. Si formarono così due opposti eserciti, prossimi a scontrarsi: quello dei mariani, comandati da Cinna, dallo stesso Mario e da un loro devoto collaboratore, Quinto Sertorio, cui si unirono gli ultimi ribelli sanniti e lucani; e quello del Senato, condotto da Gneo Pompeo Strabone e da Quinto Cecilio Metello Pio (figlio dell’omonimo che aveva iniziato la guerra contro Giugurta). La fortuna arrise ai mariani: Pompeo e molti suoi soldati morirono per una violenta epidemia, mentre i legionari di Metello si rifiutarono di combattere contro i concittadini. Cinna e Mario (che aveva ormai 70 anni e, secondo alcuni storici, soffriva probabilmente di una malattia mentale[14]) presero allora il controllo di Roma, fecero grande strage dei nemici e si auto nominarono consoli per l’86 a.C.; Mario tuttavia morì pochi giorni dopo e fu sostituito da Lucio Valerio Flacco. _________________ Una delle più gravi emergenze che Cinna dovette affrontare fu la crisi monetaria: dopo anni di bellum sociale e guerra civile, i Romani erano ormai oberati dai debiti e la fiducia dei creditori era compromessa dalla circolazione di una quantità esagerata di denarî suberati. Si definiscono “suberate”[15] monete realizzate da un tondello di bronzo, ricoperto con uno strato di argento fuso subito prima della coniazione; i due metalli aderiscono e il prodotto finale sembra d’argento massiccio[16] (anche se, a parità di dimensioni, pesa di meno). Per effetto della legge di Gresham[17] oggi abbiamo pochi suberati e, quindi, ci è difficile capire quando ne siano stati emessi di più; però è stato rilevato[18] che i segni di controllo[19] si concentrano sulle monete datate tra il 126 e il 63 a.C., facendoci dedurre che l'emissione di suberati si sia concentrata in quegli anni di grave crisi sociale. Possiamo immaginare lo sconforto che creava, nella gente, il costante dubbio di avere tra le mani monete "cattive", non tesaurizzabili. I consoli intervennero con una serie di provvedimenti: sappiamo di una legge che permise ai debitori di pagare solo un quarto dei loro debiti; sembra inoltre che un’altra abbia vietato l’emissione dei suberati[20] e che sia stata creata una magistratura ad hoc, per ritirare i suberati dalla circolazione. Nell’85 a.C. un monetiere - tale Manio Fonteio - emise denarî, RRC 353/1 e 353/2, che presentano al dritto la sigla AP (in monogramma) oppure la legenda EX. A.P.: evidentemente, pur di far fronte alla necessità di immettere in circolazione grandi quantità di monete di buon argento, si fece di nuovo ricorso all’argentum publicum, forse alimentato dal lascito di Tolomeo Alessandro (essendo comunque difficile immaginare che fosse stato tutto utilizzato da Lucullo). È interessante, di queste monete, anche l’iconografia: al dritto è raffigurata una testa di Apollo con un fulmine, che si ritiene essere Apollo Vejove, a sua volta reinterpretazione tarda di un’antica divinità italica, Vejove appunto. Vejove era un dio infernale[21] e presiedeva alla potenza distruttrice della natura, alle paludi mortifere, agli eventi vulcanici, al fulmine distruttore: una scelta eloquente, in anni di guerra civile. Al rovescio è invece raffigurato un fanciullo (forse Cupido?) che cavalca una capra, con due pilei in cielo (berretti simbolo dei Dioscuri, assunti in cielo dopo la morte) e, in esergo, un tirso (bastone sacro, in uso ai seguaci di Dioniso): non si capisce bene a cosa queste figure alludano. _________________ Silla fu dichiarato hostis publicus e a fine 86 lo stesso Flacco partì, con due legioni, per andare a sollevarlo dal comando (e forse ucciderlo). Giunto nell’85 a Bisanzio, tuttavia, fu tradito e ucciso dal suo comandante della cavalleria, Gaio Flavio Fimbria, che condusse le truppe in Anatolia ove - malgrado le ridotte dimensioni del suo esercito (8.000 legionarî) - riuscì a mettere in fuga lo stesso Mitridate, ormai a corto di soldati, fino a bloccarlo nella cittadina costiera di Pitane. Fimbria chiese allora l’aiuto di Lucullo (che, nel frattempo, era tornato alla testa di un’imponente flotta alleata e aveva distrutto il grosso delle navi pontiche), per evitare che il re nemico fuggisse via mare, ma quegli rifiutò di aiutare un traditore e si riunì a Silla, nel Chersoneso. Braccato da Fimbria, Mitridate chiese che Silla lo raggiungesse in Asia Minore, per trattare la pace. Silla decise allora di rinunciare all’intenzione di debellarlo, perchè temeva che la sua posizione diventasse insostenibile dopo che era stato abbandonato dal governo di Roma, e accettò l’invito; passò in Anatolia e incontrò il re del Ponto ordinandogli di restituire tutti i territorî, le ricchezze e i prigionieri acquisiti con la guerra. Mitridate accettò e si ritirò nei confini del suo regno; si concludeva così, nell’85 a.C., la prima guerra mitridatica. Fimbria si suicidò; alle due legioni che lo avevano seguito, da allora denominate Fimbrianae, fu vietato di tornare in patria (come già era successo con le Cannensis). _________________ Rimasto senza i finanziamenti del Senato, Silla decise di emettere moneta imperatoriale per pagare le sue truppe; grazie a questa sua iniziativa abbiamo due delle più belle monete mai emesse dalla Repubblica, l’aureo RRC 359/1 e il denario RRC 359/2, assolutamente identici tra loro (tranne, ovviamente, il metallo). Occorre qui narrare un antefatto. Quando nel 479 a.C. l’esercito greco aveva sconfitto a Platea quello persiano di Serse, ne aveva saccheggiato l’accampamento traendone molto oro e argento; a titolo di ringraziamento verso gli dei, un decimo era stato inviato ai santuari di Olimpia e Delfi. Nell’86 Silla, dopo aver conquistato Atene, per dare dimostrazione del suo disprezzo verso il nemico (e financo verso i suoi dei) aveva fatto saccheggiare i due templi, sottraendone i lingotti. Nell’84, tornato in Grecia, diede ordine di usare quegli stessi lingotti per produrre denarî e, per la prima volta dopo oltre un secolo, aurei. Quando si prendono in mano queste monete, si rimira metallo che è giunto in Europa nel 480 a.C., al seguito di Serse; ha assistito alla disfatta dei Persiani; è rimasto nei più sacri templi greci mentre l’Ellade conosceva il massimo splendore; è passato nelle mani di Silla quando respingeva un nuovo invasore orientale, Mitridate; è stato infine ceduto ai suoi soldati, che torneranno in Italia per combattere la guerra civile. Quanta storia! Le monete in questione presentano al dritto Venere, la dea il cui favore aveva permesso a Silla di prevalere in tutte le sue battaglie, e Cupido, suo figlio, che le porge una palma, simbolo di vittoria; si tratta quindi di Venus Victrix, la versione “guerriera” della dea, piuttosto che quella “amorosa”. La legenda reca L. SVLLA. Al rovescio sono invece pubblicizzati i meriti guerreschi di Silla, con la rappresentazione dei due trofei eretti a Cheronea e la legenda, IMPER. ITERVM, “acclamato imperator due volte” (sembra infatti che Silla avesse già ricevuto un’acclamazione imperatoriale nel 96 a.C., durante una campagna in Cilicia). Fra l’altro, è la prima volta che il titolo di imperator compare su una moneta. In mezzo ai due trofei sono raffigurati la brocca e il lituum (bastone rituale) usati dagli àuguri; è probabile che con tali simboli Silla (che nell’84 non era augure) volesse riaffermare la legittimità del suo comando, a onta della dichiarazione di hostis publicus. Infatti, l’attribuzione dell’imperium veniva fatta con una lex curiata, cui dovevano appunto presiedere gli àuguri. Con queste monete Silla pagò i suoi legionari, prima di tornare in Italia. Afferma Plutarco, a proposito del suo ritorno: “Veniva Silla con ira gravissima”; l'iconografia scelta per questi aurei e denarî conferma questa frase. _________________ Cinna si auto proclamò console anche per l’85 e per l’84, ma nell’84, mentre si preparava a combattere Silla prossimo a rientrare in patria, fu ucciso dai suoi stessi soldati. L’anno successivo sua figlia Cornelia Cinna, che aveva solo 13 anni, andò in sposa al flamen dialis, sacerdote preposto al culto di Giove Capitolino, che di anni ne aveva 17. Era il nipote delle due sorelle Giulia che avevano sposato, rispettivamente, Mario e Silla; si chiamava, come il padre e come il nonno, Gaio Giulio Cesare. NOTE [1] Epitome a Tito Livio, I, 40.3-4. L’autore sarebbe tale Lucio Anneo Floro, uno storico vissuto forse a cavallo tra I e II secolo d.C. [2] Infatti la vicenda del centurione che nel 390 a.C. aveva intimato ai Romani di ricostruire Roma nella sua naturale sede (vd. pag. 11) si era svolta nel Foro che ricadeva, all’epoca, all’esterno del pomerium (il quale, in origine, era limitato al solo colle Palatino). [3] L’eredità di Tolomeo e le monete di Silla, in “Pomoerivm 3”. [4] Per la precisione, un ritratto dubitativamente attribuito a lei compare anche sull’aes grave RRC 14/2; inoltre la sua figura in biga (non, quindi, il ritratto) è presente su un denario della gens Iulia (RRC 258/1), che vantava di discendere da essa. [5] Nel 30 a.C. Ottaviano userà questo testamento come pretesto per annettere l’Egitto. [6] L’alternativa è che si trattasse di suo figlio, Tolomeo XI Alessandro, ucciso dal suo stesso popolo nell’80 a.C., dopo pochi giorni di regno (fra l’88 e l’80 regnò invece Tolomeo IX, fratello di Tolomeo X). [7] Era infatti nato come Marco Licinio Lucullo e aveva mutato il nomen (nonché assunto un secondo cognomen) a seguito di adozione. [8] Silla, tuttavia, diede prova di quella che si sarebbe rivelata una peculiarità del suo agire: malgrado la sua ferocia, restava rispettoso della legge. Egli infatti perdonò coloro che, pur avendo combattuto per Atene, non potevano essere considerati responsabili di tradimento contro Roma perché non avevano avuto la cittadinanza romana né altri vincoli di fedeltà all’Urbe. [9] Plutarco, Vita di Silla, 11. [10] Giova precisare che monete identiche a quelle di Sura (cambia solo la legenda al rovescio, AESILLAS Q.) furono firmate anche, negli stessi anni, da un altro magistrato in servizio nella stessa provincia, il questore Aesillas. [11] Carri da guerra muniti, davanti e ai lati, di lunghe lame. [12] Plutarco, Vita di Silla, 18. [13] Imperator, che letteralmente significa “colui che esercita [sottinteso: in modo corretto] il comando militare [ossia, l’imperium]”, era in quest’epoca un titolo solo onorifico, ma molto ambìto; gli eserciti, infatti, lo tributavano spontaneamente al loro comandante se dimostrava di meritarlo grazie una vittoria eclatante. L’acclamazione dava poi diritto all’imperator di celebrare il trionfo (altro onore estremamente ambìto dai Romani) al termine della guerra, previo però nulla osta del Senato. [14] Fra l’altro, anziché rientrare a casa propria, si accampò con una tenda militare nel Foro. [15] Da “sub aes”, “sotto [c’è] il bronzo”. [16] A distanza di secoli, tuttavia, i metalli possono separarsi e tendere a staccarsi. Questo è il motivo per cui, oggi, abbiamo alcuni suberati che si “sfogliano”, perdendo pezzetti di argento. Al giorno d'oggi, grazie anche al basso costo dell'argento, la suberazione (operazione più complessa della mera argentatura) è più costosa della produzione di monete d’argento; ne consegue che, paradossalmente, oggi un suberato offre più garanzie di essere una moneta autentica (nel senso che esiste effettivamente da 2.000 anni). [17] Trattasi di un fenomeno sociale (osservato e teorizzato nel XVI secolo dal banchiere Grescham) per il quale, quando circolano due monete che presentano il medesimo valore nominale, ma una ha un valore intrinseco superiore, quest'ultima (cosiddetta moneta “buona”) viene tesaurizzata mentre l'altra (“cattiva”) diviene il principale strumento di spesa (perché tutti preferiscono darla via non appena qualcuno è disponibile ad accettarla). Ciò comporta che la moneta “cattiva” circola fino a usurarsi del tutto ed essere buttata via, mentre quella “buona” viene raccolta in tesoretti. Gli effetti pratici sono due: sul momento, circola prevalentemente la moneta “cattiva” (come se la “buona” non esistesse); ai posteri, invece, perviene soprattutto la “buona”, grazie al ritrovamento dei ripostigli. [18] Witschonke, The use of die marks on Roman Republican coinage, in “Revue Belge Numismatique”, 2012. [19] Piccole incisioni che i nummularii (ossia i banchieri) facevano sulla superficie delle monete, per verificare l’eventuale presenza di bronzo sottostante e scegliere, così, le monete “buone” da tesaurizzare. [20] Si discute, oggi, se i suberati fossero all’epoca monete false (come ritiene Crawford), magari realizzate dagli stessi operai della zecca (che, così, potevano portarsi via l’argento avanzato), oppure venissero realizzati, almeno in parte, dallo stesso governo, per sopperire alla carenza di argento (Debernardi, Plated coins, false coins?, in “Revue Numismatique” 2010, è favorevole a questa ipotesi). Sembra che siano state emanate numerose leggi per vietarli (oltre che da Cinna, da Silla e da Cesare), peraltro senza successo (come dimostrano i pur pochi che ci sono giunti), ma forse proprio queste leggi dimostrano che era una prassi normale. [21] Il prefisso *ve- è attestato in antichissime parole italiche per indicare la versione ostile del sostantivo che segue (come nel nome del Vesuvio), talché Ve-Jove va interpretato come il “Giove cattivo” la cui ira è necessario cercare di placare. ILLUSTRAZIONI Denario RRC 375/2 Tetradracma di Marcus Lucullus Tetradracma di Sura Asse Giano/centauri di Thessalonica, del peso di 4,7 g Denario RRC 353/1 Denario RRC 359/22 punti
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2 euro Commemorativo della Croazia 2025, disponibile da 8 settembre per l'acquisto: 1100° anniversario del Regno di Croazia e dell'incoronazione di Re Tomislav2 punti
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In tariffa cartolina illustrata cinque parole per l'interno, con 20c bruno arancio del 3.1925.. (il Francobollo è quotato sui 5/7€).. .... annullo di partenza di ALBERA LIGURE (ALESSANDRIA) credo del 11.8.1928. L' immagine e' un meraviglioso quadro del pittore decoratore toscano Augusto Burchi. (Sembra un Monet) Questo signore qui:2 punti
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Interessante. A maggior ragione mi chiedo perchè c'è chi vuole l'abolizione del contante. 🤔 Arka # diligite iustitiam2 punti
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Salve,le lettere, la barba,occhio,fondi,si è fatto il lifting?😀 Anche fresco di parrucchiere,Antinoo sarà contento2 punti
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Io non ho monete dello Stato Pontificio, ma posso contribuire con una medaglia della mia collezione.2 punti
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Ma cosa dici! Possiedi un museo e tutto periziato in alta conservazione! 😉 Ps: complimenti ad @alessandro2960 per l'individuazione della variante!1 punto
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Non so se gli attuali prezzari l'abbiano inserita...l'articolo è apparso su PN numero 398 dei ottobre 2023. Si ,era sconosciuta,gli stessi periti di lungo corso a cui la feci esaminare non l'avevano mai vista. è sicuramente Rara o molto rara,sono pochi gli esamplari con questa particolarità.1 punto
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Salve E' la variante di cui scrissi un articolo su Panorama Numismatico (Variante inedita del 5 lire 1871 Milano) non molto tempo fa... Con E di Emanuele corretta dall'incisore,che per sbaglio aveva inizialmente inciso una R...se non si fosse accorto in tempo dell'errore avremo avuto Rmanuele. distinguibile anche per il secondo 1 della data che è privo della base a destra. L'alta conservazione non lascia dubbi e i pezzi con questo errore sono molto pochi.1 punto
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Credo sia un fraintendimento. Nello Spahr, testo di riferimento per questa motivazione, probabilmente per mero errore dell'autore, il denaro non è segnalato, sebbene sia comune. Quando ne trovai un esemplare in un lotto, messo molto peggio del tuo una quindicina di anni fa, ero convinto di avere una moneta unica (Beata gioventù). Poi mi sono reso conto che il mondo ne era pieno e probabilmente Spahr dimenticò di inserirla, o per qualche motivo non gli venne segnalata all'epoca della pubblicazione del suo testo. E' invece segnalato il multiplo di denaro, che è effettivamente R4 (oggi sappiamo che i multipli non sono altro che piedfort). Nel tempo si è consolidata da parte di alcune case d'aste (non tutte) l'abitudine di dare al denaro (comune ma non descritto nello Spahr) la rarità del multiplo. Ed ecco spiegato perchè una moneta comune viene descritta come R4. In ogni caso ci tengo a sottolineare che la moneta è sì comune, ma non ne ho mai visto un esemplare con legenda completa e in alta conservazione.1 punto
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E poi... E poi, rispondendo ai continui appelli dei residenti del nord della Georgia, il governo Confederato finalmente approvò l'apertura di un assay office nell'edificio dell'ormai ex-Zecca, che entrò in funzione il 24 agosto 1861. L'ufficio rimase attivo almeno fino al primo quarto del 1864, tutta la documentazione successiva è andata persa. Riguardo la data ufficiale di chiusura, è probabile che il collasso dell'economia del Sud abbia comunque portato alla cessazione dei depositi di oro nello stesso periodo. Alla fine della guerra, nel 1865, c'era un grande desiderio tra i georgiani di vedere la Zecca riaperta. Nella loro convenzione istituzionale di quell'anno, un passo necessario per la riammissione della Georgia nell'Unione, una delle mozioni chiedeva proprio la ripresa delle coniazioni a Dahlonega. Ma il Congresso degli Stati Uniti non se ne diede per inteso, e respinse anche la richiesta di riaprire, almeno, un assay office. Per il governo, la vecchia Zecca sembrava non avere più alcuna utilità, e così la struttura e i suoi 10 acri di terreno vennero ceduti al North Georgia Agricultural College. E fu durante l'utilizzo come collegio che venne scattata, probabilmente tra il gennaio 1877 e il dicembre 1878, l'unica foto esistente dell'edificio originale della Zecca di Dahlonega. Non ce ne sono altre, e la cosa è assai strana, specie se si pensa che l'apertura della Zecca (1838) coincise quasi con l'invenzione della fotografia (1839). E questa foto, che mostra il lato frontale della Zecca, e un gruppo di allievi del college, è stata scoperta solo nel 1997, in una cartella denominata Old Photographs, nell'ufficio del presidente del North Georgia College and State University, come si chiama oggi quello che all'epoca era il Collegio per l'Agricoltura. L'edificio che vediamo, nella notte tra il 19 e il 20 dicembre 1878, fu distrutto completamente da un incendio e al suo posto venne eretta una nuova costruzione, che continuò a funzionare come college. petronius1 punto
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Ciao Pino,penso sia un follis anonimo o attribuito a Basilio II e Costantino VIII https://www.acsearch.info/search.html?id=4485876 O questo attribuito a Romano III https://www.acsearch.info/search.html?id=102428021 punto
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Salve ALe,forse hai visto un decanummo,ma K sta per pentanummo e se non lo ha riconosciuto Marco come follis non so1 punto
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Salve,cercando ho notato che potrebbe essere bizantina. Un 10 nummi con la I in mezzo a due crocette o in mezzo a crocetta e K,solo che sono tutte mezzo busto,qui mi sembra di vedere uno "standing". Volevo chiedere a @Poemenius se potrebbe essere plausibile questa ipotesi 🙂1 punto
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E’ una grandissima occasione per l’economia bulgara . Mi auguro sappiano coglierla davvero nel modo migliore. Lascino stare le propagande di dx o , peggio, di sx. Pensino al Dio denaro come e’ giusto che sia❤️ Da programma credo entro pochi giorni inizino le coniazioni delle monete, per le banconote non ho informazioni ma suppongo si appoggino a quelle di atri stati almeno in un primo momento1 punto
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Buongiorno a tutti, oggi vi chiedo un parere circa la conservazione di questo 2 lire 1905, moneta che conosco poco in quanto è la mia prima aquila sabauda in modulo da 2 lire. grazie anticipatamente Carlo.1 punto
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Grazie per la foto più chiara, confermo quello che ho visto nella prima foto… il problema non era nelle immagini, gli interrogativi restavano sulla mia capacità di interpretare!😅 Gli “apicini” alla base della porta urbica continuo a vederli, in ogni caso l’assenza di interpunzioni nella legenda del rovescio (cioè nel “CVNRAD1REX”) e l’assenza di cunei/spine nei campi della croce sulla stessa faccia ti garantisce la datazione a prima del 1190-1194… La mia ipotesi di datazione al 1160-1170 è data dalla porta urbica (che a me sembra piuttosto quadrata) e dalla “R” (che a me pare composta con un unico punzone)… potrei però sbagliarmi dalla foto, perché invece gli “apicini” e il peso (<0,8 g) mi fanno pensare ad una datazione 1170-1190 (gruppo I/1.IIb), che forse è quella per cui alla fine propenderei nel complesso.1 punto
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Le tirature sono scritte nei vari moduli con la descrizione del bozzetto ... sono attorno ai 75mila unità per cui in linea con le emissioni precedenti1 punto
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Grazie @Meleto, condivido quanto scrivi. Mi era noto non fosse in alta conservazione, cosa che per me come è noto non costituisce un problema, del resto la ho pagata di conseguenza. Mi dà soddisfazione, e questo è ciò che conta! 😀1 punto
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Bella moneta carica di fascino, il ritratto di Cesare è sempre difficile da trovare a cifre accettabili..1 punto
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Saluti, condivido questo pezzo per aver maggiori info per cortesia. Grazie Da un quadro del pittore,scrittore Bucci.1 punto
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Trovo curioso un denaretto lucchese così “malfatto” da trovarsi, al diritto, la “H” del monogramma in gran parte fuori dal tondello e, al rovescio, la dicitura “LVCA” completamente fuori tondello… certo, l’aspetto è quello di un esemplare molto “tardo” (fine XII secolo?), ma ero abituato a tondelli in cui, per quanto la legenda risultasse completamente illeggibile, almeno si era cercato di rendere riconoscibili i due principali “lasciapassare” per far accettare la moneta sul mercato… e questo mi farebbe propendere più per una moneta che “vuol suggerire” in un gioco di “vedo-non-vedo”… forse proprio ciò a cui erano abituate le pisane…?1 punto
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buongiorno @Gapox, di tecnico non so dire nulla, tuttavia è molto affascinante questa busta!1 punto
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Hai una scala tutta tua? 🙄 Il "+" è un quarto di punto. Quindi: bb, bb+, bb-spl, qSpl, SPL. Facile e condiviso Buona giornata1 punto
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In tariffa cinque parole per l'interno con 15c grigio sempre bello Leoni, .. annullo di partenza con lunette barrate di SALIZZOLE (VERONA) del 1?.1.1925. Fai ricerche sul destinatario, sicuramente il collegio Bertani era famoso a Verona. Bella cartolina fresca alla genziana. Oggi neanche su ordinazione le fanno così belle.1 punto
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Buongiorno Pino,da quel poco che si vede per me è un Ae2 o 3 FEL TEMP REPARATIO di Costanzo II. Non leggo la zecca. https://www.acsearch.info/search.html?id=68847021 punto
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Modesta tesi di letteratura latina Buona notte, Valerio1 punto
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Fosse F,dovrebbe riferirsi a Pisa(Federico l se non erro). A memoria ricordo che vennero distinti i pisani dai lucchesi proprio da questa lettera, dopo averli imitati alla perfezione con la H. Vediamo.1 punto
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Buonasera @Ulpianensis, intanto grazie per le indicazioni, è una monetazione per me sconosciuta, ma desideravo in collezione una moneta di Zena, e questa mi pareva gradevole. Aggiungo le foto dell'asta, che sono piuttosto schiarite, ma forse più nitide di quelle fatte da me, se possono essere utili a rimuovere i punti interrogativi.1 punto
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Un dollaro per la Confederazione La Zecca di Dahlonega coniò i dollari d'oro fin dal 1849, anno della loro istituzione. Quell'anno furono 21.588, una quantità mai più raggiunta in seguito (e nemmeno avvicinata, ci si mantenne sempre abbondantemente sotto i 10.000), e continuò a coniarli ininterrottamente fino al 1861. E proprio a quell'anno appartiene la più grande rarità della Zecca della Georgia, seconda solo, tra le monete da 1 dollaro d'oro, al 1849-C che abbiamo visto in precedenza. Perché quella fu l'unica emissione regolare di Dahlonega interamente gestita dalla Confederazione. Dopo che Kellogg, alla fine di aprile, aveva formalmente rimesso il suo mandato di Sovrintendente, nel mese di maggio la Confederazione ordinò a nuovi coniatori di sua fiducia di produrre un certo numero di dollari d'oro utilizzando le limitate scorte di lingotti disponibili. Il risultato fu che questi dollari, coniati da mani inesperte, non riuscirono della migliore qualità, presentando quasi sempre evidenti debolezze di conio, specie al dritto... e questo, in fondo, contribuisce ad aumentare il loro fascino Quanto al loro numero, nessuno lo ha mai saputo con esattezza. Alcune fonti parlano di 500/1000 esemplari, altre si spingono fino a 1500: i cataloghi indicano, salomonicamente, 1250: si stima che oggi ne siano sopravvissuti non più di 50/60. La cosa strana è che molti di questi sono in una conservazione più alta di quanto ci si potrebbe aspettare, addirittura, almeno una dozzina, in mint state, il nostro FDC. Si ipotizza che alcune monete possano essere state "conservate come souvenir". Qualche ufficiale confederato, o qualcuno coinvolto nella produzione, avrebbe conservato una manciata di esemplari di quella che deve essere stata un'occasione memorabile per i coinvolti: una testimonianza tangibile, in metallo dorato, della frattura che stava dividendo il tessuto di una nazione. L'esemplare che presentiamo, dall'asta Heritage del 17 settembre 2020, è ritenuto essere il più bello tra quelli conosciuti, stimato da PCGS in conservazione MS64+, sebbene anch'esso presenti le già citate debolezze di conio al dritto. La sigla UN in UNITED è debole, anche se in realtà più evidente del solito. Anche la sigla IC in AMERICA è incompleta, ma, ancora una volta, più definita rispetto a quasi tutti gli altri esemplari di dollaro d'oro 1861-D. Vi è una certa debolezza sul lato sinistro dei dentelli, indicativa dell'emissione. Il notevole rovescio presenta invece, probabilmente, la coniazione più completa su un 1861-D. Questo esemplare, nell'asta citata, ha realizzato 180.000 dollari. petronius1 punto
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Purtroppo @Amen123 sono lontano dalla mia, peraltro non cospicua, documentazione ed a memoria non so risponderti . Prova una ricerca sul sito acsearch . A Te buon pomeriggio1 punto
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Small traces e minimal signs, togli small e minimal e poi ne riparliamo....1 punto
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Tralasciando (spero!) le referenze dove Napoli compare come luogo di stampa della bibliografia citata - mi auguro non si possa basare sulle rimanenti due citazioni ( monete di napoli rinvenute in ripostigli!) l’idea xhe Stahl possa sostenere un’emissione di moneta veneziana nella zecca di Napoli. O si citano evidenze solide e serie o siamo alla fantanumismatica?1 punto
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Noto che c'è un nutrito gruppo di studiosi che hanno sposato questa tesi. Tutti omonimi. M1 punto
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Collina dei tesori. Scoperti altri preziosi sepolti. Ma cosa c’era in quel luogo 3000 anni fa? Perché tutti quei depositi di valori? Un dio minore favoriva i capitalisti e gli industriali della proto-storia? Rispondono gli archeologi Quali segreti si celano tra le rocce della collina? Chi erano gli artefici di quegli accumuli metallici così accurati e perché seppellivano ricchezze? È possibile che ritualità, produzione artigianale e insediamento convivessero in un’unica, straordinaria area? Siamo di fronte a un capitalismo metallurgico protostorico che aveva creato un universo rituale e cultuale, collegato al metallo? La collina di Somló, che domina la pianura transdanubiana occidentale dell’Ungheria, si sta imponendo con forza crescente nel panorama dell’archeologia europea come uno dei luoghi chiave per la comprensione delle pratiche di accumulo, insediamento e produzione metallurgica tra la tarda età del Bronzo e la prima età del Ferro. Tra i reperti anche produzioni collegate alle nostre zone alpine- Un recente e fondamentale studio pubblicato da Antiquity (“Later prehistoric hoarding and habitation on Somló Hill, western Hungary”, Bence Soós et al., marzo 2025) restituisce, con il rigore dell’analisi scientifica e l’apporto di tecnologie all’avanguardia, il ritratto vivo e complesso di un colle che fu luogo di vita, di deposito e di simbolo. Ma cosa rende Somló così speciale da elevarla a nuova “collina dei tesori” d’Europa? Una collina inedita: le scoperte dal 2023 a oggi Nel 2023, il Museo Nazionale Ungherese – attraverso l’Istituto Nazionale di Archeologia – ha avviato una sistematica campagna di ricerca, colmando un vuoto nella conoscenza archeologica dell’Ungheria occidentale. Fin dall’Ottocento, Somló aveva restituito materiali della tarda età del Bronzo e dell’età del Ferro, ma mancava un quadro coerente, scientificamente aggiornato e supportato da moderne indagini di superficie e sottosuolo. In due soli anni, sono emersi risultati di portata eccezionale: Oltre 300 reperti metallici, in particolare bronzi, in un’area ad alta densità localizzata sull’altopiano sud-orientale della collina. Sei nuovi tesori metallici, databili tra il 1400 e il 500 a.C., che consentono di ripensare le pratiche deposizionali del tempo. Tracce di attività metallurgica in situ, con blocchi di bronzo, gocce di fusione, frammenti di lingotti e scorie. Evidenze di insediamento continuo dalla tarda età del Bronzo fino all’inizio dell’età del Ferro, con dati anche per i periodi Hallstatt D2-D3. L’eccezionalità non è data solo dal numero dei ritrovamenti, ma dalla possibilità di studiarli con tecniche di assoluta avanguardia: tomografia computerizzata, neutronica, rilievi lidar con droni, magnetometria e fotogrammetria 3D. Questo approccio integrato ha permesso per la prima volta l’analisi non distruttiva e volumetrica del contenuto di alcuni depositi ancora intatti. La collina dei tesori. E’ evidente la relativa vicinanza all’area dell’Italia settentrionale, in un periodo in cui, anche grazie ad antichi rapporti familiari, i ceppi comuni restavano saldi. Qui sopra possiamo osservare la collina, dominata da un castello medievale – grafica in blu – e, in rosso, l’addensarsi di ritrovamenti collegati all’Età del Bronzo. Essi si trovano su una sorta di altipiano presente sulla collina, difeso da una scarpata, rispetto alla pianura. Foto Copyright © The Author(s), 2025. Published by Cambridge University Press on behalf of Antiquity Publications Ltd DOI: https://doi.org/10.15184/aqy.2025.44 Depositi e ritualità: tra ceramiche, bronzi, ambre e zanne I sei nuovi depositi, scoperti tra il 2023 e il 2024, si pongono in continuità con le pratiche di accumulo della tarda età del Bronzo europea, ma ne ridefiniscono i contorni. Non si tratta più soltanto di nascondigli per tempi difficili o di scorte, ma di veri e propri complessi rituali, concepiti con criteri di selezione, frammentazione e posizionamento simbolico. Quindi non depositi di valori, ma donazioni alle divinità. I tesori III e V sono stati rinvenuti all’interno di contenitori ceramici, una prassi ipotizzata ma mai confermata in precedenza per questo periodo nell’area danubiana. All’interno sono stati ritrovati: Falere traforate, fibule e pendenti in bronzo. Ambre, frammenti di tessuti, cuoio e zanne di suino e cinghiale. Resti di lenticchie, cereali e miglio in forma carbonizzata. Il Tesoro I ha restituito una grande punta di lancia in stile alpino, (nella fotografia qui sotto) analizzata mediante tomografia neutronica per rilevare imperfezioni e tecniche di produzione. Gli oggetti metallici erano spesso frammentati intenzionalmente, secondo modalità che indicano una volontà rituale, più che una semplice distruzione casuale. Migliori fotocamere Metallurgia in quota e insediamento: una collina viva L’area sud-orientale dell’altopiano appare come un polo metallurgico e abitativo. Qui si concentrano i manufatti, le scorie e gli elementi riconducibili ad attività artigianali, ma anche le tracce di strutture abitative rilevate dai rilievi magnetici e dai rilievi lidar. Non si tratta di un sito occasionale, ma di un insediamento stabile e strategico, posizionato a 431 metri d’altezza su un cono vulcanico, ben visibile a chilometri di distanza, nel cuore della Transdanubia. Il rilievo era servito da sentieri preistorici ancora visibili, delimitato da terrazzamenti che potrebbero essere stati utilizzati per la coltivazione o l’edificazione. Una veduta della collina di Somlo. Foto di fabiolah, Creative Commons Attribution 3.0 Il fatto che l’area sia sfuggita, nei secoli, alle attività estrattive moderne ha permesso di preservare un paesaggio archeologico integro, che oggi si rivela prezioso per ricostruire la coesistenza tra funzione rituale e abitativa. Rivoluzione metodologica: quando l’archeologia incontra la tecnologia Il progetto Somló rappresenta uno dei migliori esempi di archeologia digitale e integrata attualmente in corso in Europa centrale. La combinazione di: lidar da drone a risoluzione sub-metrica, magnetometria su oltre 2,5 ettari, fotogrammetria ad alta definizione, tomografia TC e neutronica per oggetti metallici, analisi archeobotaniche e archeozoologiche, datazioni radiocarboniche, ha permesso una stratigrafia dei significati, oltre che dei materiali. Per esempio, la datazione del Tesoro V (probabilmente l’ultimo della serie) contribuirà a chiarire la transizione tra l’età del Bronzo e l’età del Ferro, finora poco definita nella regione. La collina come archetipo: centro, margine o soglia? La sommità del Somló non è soltanto un luogo. È intersezione tra vita quotidiana, ritualità, artigianato, paesaggio e memoria. Gli autori dello studio – Bence Soós, Tamás Péterváry, Gábor Mesterházy, Tamás Látos, Ákos Pető, Mihály Pethe, Zoltán Kis, Zsolt Vasáros e János Gábor Tarbay – pongono una domanda implicita ma radicale: siamo di fronte a un “santuario” dell’età del Bronzo o a un abitato sacralizzato? La ricerca futura si concentrerà sullo scavo dell’area intorno al Tesoro V, per verificare se esso sia stato deposto in un contesto abitativo o in uno spazio deliberatamente separato, forse votivo. L’analisi approfondita della cronologia assoluta e della distribuzione spaziale dei reperti potrebbe riscrivere la mappa mentale degli insediamenti collinari dell’Europa centrale. Domande aperte: chi decide dove sotterrare il valore? Quale tipo di società poteva permettersi di accumulare, frammentare e sotterrare oggetti di grande valore? Chi deteneva il potere rituale o politico per orchestrare queste azioni? E ancora: i tesori erano rivolti agli dei, agli antenati o a un futuro incerto? La presenza, nei vasi, di altri materiali come i semi di cereali induce a pensare che, in parte, gli oggetti preziosi in metallo fossero destinati alle divinità. Nei casi di queste donazioni sarebbe necessario capire, forse attraverso indagini metallurgiche, da dove giungessero i pezzi che venivano sepolti o, in altri casi europei, gettati nei laghi o nelle paludi. A nostro giudizio le donazioni di armi potrebbero essere – come gesto antropologico – collegate, in buona parte, a bottini di guerra, che richiedevano la condivisione con la divinità. La posa di parte del bottino presso un luogo sacro poteva avere, oltre a una funzione sacrale di ex voto e testimonianza di una grazia ricevuta, anche il fine di sostenere gli addetti al culto della divinità, che avrebbero potuto prelevare bronzo dai depositi più vecchi e farlo fondere per finanziare, con la vendita del metallo, le attività religiose. La collina dei tesori di Somló si fa metafora di un passato in cui i confini tra sacro e profano, tra utilità e simbolo, erano permeabili. Le sue ricchezze, a lungo dimenticate, oggi tornano a parlarci con la forza della terra e della memoria. Fonte. DOI: https://doi.org/10.15184/aqy.2025.44 https://stilearte.it/archeologia-collina-dei-tesori-scoperti-altri-preziosi-sepolti-ma-cosa-cera-in-quel-luogo-3000-anni-fa-perche-tutti-quei-depositi-di-valori-un-dio-minore-favoriva-i-capitalisti-e-gli-industriali/1 punto
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Visti i rilievi, il metallo e se non è stata pulita in modo agressivo (la plastica falsa un po' l'immagine) direi qualcosa di più di BB +. Arka # slow numismatics1 punto
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Non risulta al momento una community ufficiale della Zecca su WhatsApp. L'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (IPZS) utilizza principalmente il suo sito web e il suo shop online per comunicazioni e vendite, oltre a canali tradizionali per le comunicazioni istituzionali. CHiudo1 punto
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Questa è la sezione numismatica della mia biblioteca. Focus: monete romane dell’età repubblicana (specialmente anonime). L’ho organizzata così: 1. Testi generali sulla storia antica e repertori di fonti per la storia romana 2. Testi generali sulla numismatica antica e romana in particolare (dizionari di numismatica; manuali principali degli ultimi 100 anni; manuali sulla catalogazione scientifica delle monete romane) 3. Cataloghi per le monete romane repubblicane: a) repertori di riferimento in ordine cronologico; b) cataloghi delle collezioni pubbliche, italiane e europee c) cataloghi delle più significative collezioni private 4. Monografie generali e monografie particolari sulle monete romane di età repubblicana 5. Articoli notevoli o abstract vari Formato delle immagini permettendo, magari più avanti allego le foto dei singoli scaffali.1 punto
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Per quello che mi riguarda se la registrazione che ho mandato va bene ok, altrimenti smetto... mi sono scocciato1 punto
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