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  1. Antonino1951

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  1. Si tratta dello stesso esemplare passato nel 2019 nell'asta Antykwariat Numizmatycny auctio n 21 del 26/10/2019... https://www.numisbids.com/sale/3424/lot/?lot=537 con base d'asta di circa 1738 € (7000 Zloty) e aggiudicato a 120500 Zloty = 32433 € per facilitarne il confronto... Mario
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  2. Segnalo un ducatone per Bozzolo, nella prossima asta Nomisma. Certamente una moneta che non compare tutti i giorni. https://nomisma.bidinside.com/en/lot/645795/bozzolo-giulio-cesare-gonzaga-1593-1609-/ N.
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  3. Quante cose le vecchie cartoline rivelano alle persone curiose ... A margine della illustrazione, di stessa mano del mittente, troviamo scritto : La cartolina è mal fatta, ma il quaro è molto bello ed è di Steffani e fu esposto alla permanente e l'ho nel mio torrione. Il mittente ha anche cancellato con una X il nome di Villa. Ed effettivamente il quadro da cui è tratta l'immagine della cartolina è di Luigi Steffani. Questa è un'altra cartolina con la stessa immagine ed a nome di L. Steffani.
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  4. LA PRIMA GUERRA MITRIDATICA L’area settentrionale della penisola anatolica era sede di un altro ricco e potente regno ellenistico, il Ponto, retto dal 111 a.C. da un uomo risoluto e determinato, Mitridate VI Eupatore. Questi, sebbene mantenesse rapporti diplomatici amichevoli con la Repubblica, mal ne sopportava le ingerenze: desiderava infatti espandere il proprio dominio assorbendo i deboli regni contigui, a cominciare da Bitinia e Cappadocia, che però erano protetti da Roma. Uno storico romano[1] riferisce che “insuperbito da un'enorme ambizione, ardeva dal desiderio di occupare l'intera Asia e se poteva anche l'Europa. Gli davano speranza i nostri problemi: credeva che fosse il momento favorevole, poiché eravamo distratti dalle guerre civili e in lontananza Mario, Silla, Sertorio che mostravano indifeso il fianco del dominio [romano]”. Nell’89 a.C. Mitridate detronizzò, per la terza volta, i regnanti di Bitinia e Cappadocia, sostituendoli con proprî adepti. Se nelle due occasioni precedenti Roma aveva avviato trattive diplomatiche per giungere a un accordo, questa volta gli dichiarò guerra; poiché tuttavia, impegnata nel bellum sociale, potè inviare solo truppe alleate, i primi scontri furono vinti dal re del Ponto che rapidamente, nel corso dell’88, riuscì a occupare quasi tutta la penisola anatolica, compresa la provincia d’Asia ove fece uccidere tutti gli Italici presenti, compresi almeno 80.000 Romani (Plutarco dice, addirittura, 150.000). L’esercito pontico passò allora in Grecia (che nel frattempo era stata riorganizzata come provincia separata, con il nome di Acaia) e, nel corso dell’87, ne prese il controllo: alcune città, a cominciare da Atene, gli si consegnarono spontaneamente, tradendo Roma. _________________ A Roma fu eletto console, per l’88 a.C., Lucio Cornelio Silla, che per il suo nobilissimo lignaggio era divenuto il campione degli optimates, la fazione che voleva conservare i privilegi tradizionali dell’aristocrazia opponendosi ai populares, ben rappresentati dall’altro eroe di guerra, Mario, i quali invece perseguivano riforme a favore delle classi sociali più povere. Il Senato incaricò Silla di condurre la guerra contro Mitridate e il console riuscì, malgrado il perdurante bellum sociale, ad arruolare ed equipaggiare 5 legioni (circa 20.000 uomini, cui nei Balcani si sarebbero aggiunti altrettanti alleati), accampate in Campania. Tuttavia un tribuno della plebe di parte mariana, Publio Sulpicio Rufo, occupò il Foro con seicento suoi scagnozzi, minacciò Silla (che, per aver salva la vita, fuggì presso il suo esercito) e fece approvare una legge per togliergli la conduzione della guerra e affidarla a Mario. Silla, allora, assunse un’iniziativa sino ad allora inconcepibile: chiese ai suoi soldati se fossero disposti a marciare contro Roma. Nessun uomo in armi poteva varcare il pomerium, sacro confine di Roma; nessun soldato aveva mai calpestato il sacro suolo dell’Urbe[2]; i proconsoli perdevano addirittura l’imperium, se entravano in città, mentre i consoli potevano permanerci (per esercitare il governo) ma dovevano far rimuovere le asce dai fasci portati dai littori. Fra gli ufficiali solo un questore fu disposto a seguirlo, il trentenne Lucio Licinio Lucullo, di cui Silla apprezzava le doti di mitezza, coraggio, rettitudine morale e sagacia, avendolo avuto come tribuno militare durante il bellum sociale; i soldati, invece, accettarono di mettersi in marcia. Fu così che il console compì il sacrilegio: entrò in armi a Roma, alla testa dei suoi soldati, fece uccidere Rufo (mentre Mario scappava dalla città) e si fece riconfermare come comandante della campagna contro Mitridate. Presiedette poi all’elezione dei nuovi consoli, che risultarono due persone neutrali, una delle quali era Lucio Cornelio Cinna. Così ristabilito l’ordine in patria, nell’87 a.C. Silla partì per la guerra. _________________ Sappiamo dalle fonti che Lucullo fu incaricato da Silla di emettere monete per finanziare la campagna militare, monete che i contemporanei definirono “luculliani”; non sappiamo tuttavia quali fossero. Una prima ipotesi è che i “luculliani” siano i denarî dell’emissione RRC 375/2, che Crawford data all’81 a.C. ma, secondo Pedroni[3], potrebbe essere anticipata all’87 e attribuita a Lucullo. Si tratta di monete molto belle, la cui iconografia presenta tre caratteristiche interessanti: la legenda Q (che indica che furono emesse da un questore, quale appunto Lucullo era); il ritratto di Venere, che Silla invocava come propria protettrice (ritratto che compare qui per la prima volta[4], ma diventerà poi un simbolo diffuso di fortuna, potere e legittimazione); soprattutto, due cornucopie affiancate. Queste sono una peculiarità, dato che una sola cornucopia, simbolo di prosperità, è presente anche su altre monete ma la rappresentazione di una coppia è tipica dell’Egitto. Tale stranezza si potrebbe spiegare ricordando che un Tolomeo Alessandro nominò suo erede[5] il popolo di Roma ove, quindi, arrivarono ingenti quantità di metallo prezioso; se si trattasse di Tolomeo X, deceduto nell’88, la tempistica sarebbe compatibile con l’impiego di questo stesso metallo per emettere i denarî in esame[6], coniati a Roma nei primi mesi dell’87 (prima, cioè, che Lucullo partisse per la guerra) oppure in Grecia, nei mesi successivi. In alternativa, i “luculliani” potrebbero essere stati emessi in Grecia come monetazione provinciale e si identificherebbero, allora, in alcune tetradracme che ripetono l’iconografia tradizionale di Atene (Atena al dritto e una civetta su un’anfora con “A” al rovescio) ma presentano due strani monogrammi, composti uno dalle lettere ΑΡΜ, l’altro da ΜΤΑ. Una possibile interpretazione, infatti, è che siano lettere greche (talché P si legge R) e significhino la prima Marci, la seconda tamiou, “del questore”; infatti il tesoriere di Lucio Licinio Lucullo in Grecia era suo fratello[7], Marco Terenzio Varrone Lucullo. _________________ Silla sbarcò in Epiro e, di là, mosse direttamente contro Atene: il suo primo obiettivo era infatti punire la polis che aveva tradito Roma e si era consegnata al nemico. Atene cadde nei primi mesi dell’86 a.C., all’esito di un duro assedio; la vendetta di Silla fu spietata: la città fu saccheggiata e i suoi abitanti uccisi o venduti schiavi[8]. L’esercito pontico, benché tre volte più grande di quello romano (120.000 soldati contro 40.000), fuggì verso la Macedonia; arrivato tuttavia nei pressi della cittadina di Cheronea, fu bloccato per tre giorni dalla fiera e accanita resistenza di un piccolissimo contingente romano, comandato dal legato proquestore di quella provincia, Quintus Bruttius Sura. Egli infatti “affrontò Archelao [comandante dell’esercito pontico], che dilagava attraverso la Macedonia come un torrente in piena, con il massimo vigore. Disputarono tre battaglie nei pressi di Cheronea. Archelao fu sconfitto e costretto a ripiegare verso il mare. Poi [arrivò] Lucio Licinio Lucullo [che] ordinò [a Sura] di rientrare nella sua provincia, poiché stava giungendo Lucio Cornelio Silla”[9]. _________________ Il coraggioso Sura, che grazie alla sua capacità e determinazione salvò la Macedonia e diede a Silla il tempo di raggiungere il nemico, firmò le ultime emissioni provinciali con legenda ΜΑΚΕΔΟΝΩΝ[10]: si tratta di bellissime tetradracme e dracme che uniscono elementi locali e romani. Il dritto infatti riporta il ritratto di Alessandro Magno, che era tradizionale sulle tetradracme macedoni, con la legenda in alfabeto greco. Il rovescio, invece, propone un’iconografia tipicamente romana, ossia (attorno alla clava, simbolo di Ercole) gli strumenti dell’esazione delle tasse (compito dei questori), ossia la cesta, in cui veniva deposto il denaro raccolto, e la sella, su cui il magistrato sedeva durante la riscossione; inoltre, la legenda è in latino, SVVRA LEG. PRO Q. Ulteriore particolare d’interesse, al dritto a volte queste monete recano la sigla ΣΙ: si ritiene che sia un numerale, 16, e indichi il tasso di equivalenza (vigente all’epoca) tra una tetradracma e 16 sesterzî; costituisce quindi una prova aggiuntiva dell’integrazione della monetazione provinciale in quella “ufficiale” repubblicana e del fatto (già evidenziato) che stranamente, i valori e i prezzi venivano espressi in sesterzî, anziché in denarî. Oltre a queste ultime emissioni con legenda ΜΑΚΕΔΟΝΩΝ, continuarono a essere coniate monete, soprattutto in bronzo, con il nome della città emittente. Thessalonica, in particolare, proseguì a produrre gli assi con Giano e i centauri al rovescio, ma con un peso estremamente ribassato rispetto a quelli del secolo precedente. _________________ Silla, che stava inseguendo Archelao, lo raggiunse così a Cheronea e ivi lo affrontò in battaglia. Dapprima i Pontici lanciarono contro i nemici i loro terribili carri falcati[11], ma le disciplinatissime schiere romane furono pronte a scansarsi, facendoli passare senza danni, “per poi batter loro le mani, scoppiando a ridere e chiedendo un bis, come sono soliti fare alle corse nel circo”[12]. Si arrivò allora allo scontro di fanteria e i Pontici stavano per avere la meglio, grazie al loro numero preponderante, quando Silla diede nuova prova del suo genio: aveva infatti mantenuto da parte (forse, per la prima volta nella storia militare dell’Occidente) una riserva tattica e la fece intervenire al momento opportuno, rovesciando le sorti della battaglia. Di 120.000 soldati pontici, ne sopravvissero 10.000; di 40.000 romani, ne morirono 13. I legionarî, sull’onda dell’entusiasmo, acclamarono Silla imperator[13]; a perenne memoria della sua vittoria, egli fece erigere due grandi trofei d’armi sul campo di battaglia. Archelao e nemici superstiti fuggirono incontro a un altro esercito pontico, che stava sopraggiungendo in loro soccorso forte di altri 80.000 uomini; si accamparono in posizione favorevole a Orcomeno (distante solo 15 km da Cheronea). Ma quando giunsero le legioni, fu un’altra tremenda sconfitta. Silla progettò di passare in Asia, ma non disponeva di una flotta per contrastare quella pontica; incaricò allora Lucullo di trovargliene una. Lo zelante questore non esitò e, incurante del pericolo di essere catturato, viaggiò su piccole barche a vela recandosi presso gli alleati di Roma, Creta prima, poi Cirene, Alessandria, Cipro e infine Rodi e chiedendo loro di fornire alla Repubblica navi e marinai. _________________ A Roma il console Cinna abbandonò la sua posizione di neutralità schierandosi apertamente a favore dei mariani, intanto rientrati in città. Ci furono scontri, a seguito dei quali il Senato decretò la destituzione di Cinna; questa iniziativa fu tuttavia un errore, facendolo apparire una vittima e procurandogli molti seguaci. Si formarono così due opposti eserciti, prossimi a scontrarsi: quello dei mariani, comandati da Cinna, dallo stesso Mario e da un loro devoto collaboratore, Quinto Sertorio, cui si unirono gli ultimi ribelli sanniti e lucani; e quello del Senato, condotto da Gneo Pompeo Strabone e da Quinto Cecilio Metello Pio (figlio dell’omonimo che aveva iniziato la guerra contro Giugurta). La fortuna arrise ai mariani: Pompeo e molti suoi soldati morirono per una violenta epidemia, mentre i legionari di Metello si rifiutarono di combattere contro i concittadini. Cinna e Mario (che aveva ormai 70 anni e, secondo alcuni storici, soffriva probabilmente di una malattia mentale[14]) presero allora il controllo di Roma, fecero grande strage dei nemici e si auto nominarono consoli per l’86 a.C.; Mario tuttavia morì pochi giorni dopo e fu sostituito da Lucio Valerio Flacco. _________________ Una delle più gravi emergenze che Cinna dovette affrontare fu la crisi monetaria: dopo anni di bellum sociale e guerra civile, i Romani erano ormai oberati dai debiti e la fiducia dei creditori era compromessa dalla circolazione di una quantità esagerata di denarî suberati. Si definiscono “suberate”[15] monete realizzate da un tondello di bronzo, ricoperto con uno strato di argento fuso subito prima della coniazione; i due metalli aderiscono e il prodotto finale sembra d’argento massiccio[16] (anche se, a parità di dimensioni, pesa di meno). Per effetto della legge di Gresham[17] oggi abbiamo pochi suberati e, quindi, ci è difficile capire quando ne siano stati emessi di più; però è stato rilevato[18] che i segni di controllo[19] si concentrano sulle monete datate tra il 126 e il 63 a.C., facendoci dedurre che l'emissione di suberati si sia concentrata in quegli anni di grave crisi sociale. Possiamo immaginare lo sconforto che creava, nella gente, il costante dubbio di avere tra le mani monete "cattive", non tesaurizzabili. I consoli intervennero con una serie di provvedimenti: sappiamo di una legge che permise ai debitori di pagare solo un quarto dei loro debiti; sembra inoltre che un’altra abbia vietato l’emissione dei suberati[20] e che sia stata creata una magistratura ad hoc, per ritirare i suberati dalla circolazione. Nell’85 a.C. un monetiere - tale Manio Fonteio - emise denarî, RRC 353/1 e 353/2, che presentano al dritto la sigla AP (in monogramma) oppure la legenda EX. A.P.: evidentemente, pur di far fronte alla necessità di immettere in circolazione grandi quantità di monete di buon argento, si fece di nuovo ricorso all’argentum publicum, forse alimentato dal lascito di Tolomeo Alessandro (essendo comunque difficile immaginare che fosse stato tutto utilizzato da Lucullo). È interessante, di queste monete, anche l’iconografia: al dritto è raffigurata una testa di Apollo con un fulmine, che si ritiene essere Apollo Vejove, a sua volta reinterpretazione tarda di un’antica divinità italica, Vejove appunto. Vejove era un dio infernale[21] e presiedeva alla potenza distruttrice della natura, alle paludi mortifere, agli eventi vulcanici, al fulmine distruttore: una scelta eloquente, in anni di guerra civile. Al rovescio è invece raffigurato un fanciullo (forse Cupido?) che cavalca una capra, con due pilei in cielo (berretti simbolo dei Dioscuri, assunti in cielo dopo la morte) e, in esergo, un tirso (bastone sacro, in uso ai seguaci di Dioniso): non si capisce bene a cosa queste figure alludano. _________________ Silla fu dichiarato hostis publicus e a fine 86 lo stesso Flacco partì, con due legioni, per andare a sollevarlo dal comando (e forse ucciderlo). Giunto nell’85 a Bisanzio, tuttavia, fu tradito e ucciso dal suo comandante della cavalleria, Gaio Flavio Fimbria, che condusse le truppe in Anatolia ove - malgrado le ridotte dimensioni del suo esercito (8.000 legionarî) - riuscì a mettere in fuga lo stesso Mitridate, ormai a corto di soldati, fino a bloccarlo nella cittadina costiera di Pitane. Fimbria chiese allora l’aiuto di Lucullo (che, nel frattempo, era tornato alla testa di un’imponente flotta alleata e aveva distrutto il grosso delle navi pontiche), per evitare che il re nemico fuggisse via mare, ma quegli rifiutò di aiutare un traditore e si riunì a Silla, nel Chersoneso. Braccato da Fimbria, Mitridate chiese che Silla lo raggiungesse in Asia Minore, per trattare la pace. Silla decise allora di rinunciare all’intenzione di debellarlo, perchè temeva che la sua posizione diventasse insostenibile dopo che era stato abbandonato dal governo di Roma, e accettò l’invito; passò in Anatolia e incontrò il re del Ponto ordinandogli di restituire tutti i territorî, le ricchezze e i prigionieri acquisiti con la guerra. Mitridate accettò e si ritirò nei confini del suo regno; si concludeva così, nell’85 a.C., la prima guerra mitridatica. Fimbria si suicidò; alle due legioni che lo avevano seguito, da allora denominate Fimbrianae, fu vietato di tornare in patria (come già era successo con le Cannensis). _________________ Rimasto senza i finanziamenti del Senato, Silla decise di emettere moneta imperatoriale per pagare le sue truppe; grazie a questa sua iniziativa abbiamo due delle più belle monete mai emesse dalla Repubblica, l’aureo RRC 359/1 e il denario RRC 359/2, assolutamente identici tra loro (tranne, ovviamente, il metallo). Occorre qui narrare un antefatto. Quando nel 479 a.C. l’esercito greco aveva sconfitto a Platea quello persiano di Serse, ne aveva saccheggiato l’accampamento traendone molto oro e argento; a titolo di ringraziamento verso gli dei, un decimo era stato inviato ai santuari di Olimpia e Delfi. Nell’86 Silla, dopo aver conquistato Atene, per dare dimostrazione del suo disprezzo verso il nemico (e financo verso i suoi dei) aveva fatto saccheggiare i due templi, sottraendone i lingotti. Nell’84, tornato in Grecia, diede ordine di usare quegli stessi lingotti per produrre denarî e, per la prima volta dopo oltre un secolo, aurei. Quando si prendono in mano queste monete, si rimira metallo che è giunto in Europa nel 480 a.C., al seguito di Serse; ha assistito alla disfatta dei Persiani; è rimasto nei più sacri templi greci mentre l’Ellade conosceva il massimo splendore; è passato nelle mani di Silla quando respingeva un nuovo invasore orientale, Mitridate; è stato infine ceduto ai suoi soldati, che torneranno in Italia per combattere la guerra civile. Quanta storia! Le monete in questione presentano al dritto Venere, la dea il cui favore aveva permesso a Silla di prevalere in tutte le sue battaglie, e Cupido, suo figlio, che le porge una palma, simbolo di vittoria; si tratta quindi di Venus Victrix, la versione “guerriera” della dea, piuttosto che quella “amorosa”. La legenda reca L. SVLLA. Al rovescio sono invece pubblicizzati i meriti guerreschi di Silla, con la rappresentazione dei due trofei eretti a Cheronea e la legenda, IMPER. ITERVM, “acclamato imperator due volte” (sembra infatti che Silla avesse già ricevuto un’acclamazione imperatoriale nel 96 a.C., durante una campagna in Cilicia). Fra l’altro, è la prima volta che il titolo di imperator compare su una moneta. In mezzo ai due trofei sono raffigurati la brocca e il lituum (bastone rituale) usati dagli àuguri; è probabile che con tali simboli Silla (che nell’84 non era augure) volesse riaffermare la legittimità del suo comando, a onta della dichiarazione di hostis publicus. Infatti, l’attribuzione dell’imperium veniva fatta con una lex curiata, cui dovevano appunto presiedere gli àuguri. Con queste monete Silla pagò i suoi legionari, prima di tornare in Italia. Afferma Plutarco, a proposito del suo ritorno: “Veniva Silla con ira gravissima”; l'iconografia scelta per questi aurei e denarî conferma questa frase. _________________ Cinna si auto proclamò console anche per l’85 e per l’84, ma nell’84, mentre si preparava a combattere Silla prossimo a rientrare in patria, fu ucciso dai suoi stessi soldati. L’anno successivo sua figlia Cornelia Cinna, che aveva solo 13 anni, andò in sposa al flamen dialis, sacerdote preposto al culto di Giove Capitolino, che di anni ne aveva 17. Era il nipote delle due sorelle Giulia che avevano sposato, rispettivamente, Mario e Silla; si chiamava, come il padre e come il nonno, Gaio Giulio Cesare. NOTE [1] Epitome a Tito Livio, I, 40.3-4. L’autore sarebbe tale Lucio Anneo Floro, uno storico vissuto forse a cavallo tra I e II secolo d.C. [2] Infatti la vicenda del centurione che nel 390 a.C. aveva intimato ai Romani di ricostruire Roma nella sua naturale sede (vd. pag. 11) si era svolta nel Foro che ricadeva, all’epoca, all’esterno del pomerium (il quale, in origine, era limitato al solo colle Palatino). [3] L’eredità di Tolomeo e le monete di Silla, in “Pomoerivm 3”. [4] Per la precisione, un ritratto dubitativamente attribuito a lei compare anche sull’aes grave RRC 14/2; inoltre la sua figura in biga (non, quindi, il ritratto) è presente su un denario della gens Iulia (RRC 258/1), che vantava di discendere da essa. [5] Nel 30 a.C. Ottaviano userà questo testamento come pretesto per annettere l’Egitto. [6] L’alternativa è che si trattasse di suo figlio, Tolomeo XI Alessandro, ucciso dal suo stesso popolo nell’80 a.C., dopo pochi giorni di regno (fra l’88 e l’80 regnò invece Tolomeo IX, fratello di Tolomeo X). [7] Era infatti nato come Marco Licinio Lucullo e aveva mutato il nomen (nonché assunto un secondo cognomen) a seguito di adozione. [8] Silla, tuttavia, diede prova di quella che si sarebbe rivelata una peculiarità del suo agire: malgrado la sua ferocia, restava rispettoso della legge. Egli infatti perdonò coloro che, pur avendo combattuto per Atene, non potevano essere considerati responsabili di tradimento contro Roma perché non avevano avuto la cittadinanza romana né altri vincoli di fedeltà all’Urbe. [9] Plutarco, Vita di Silla, 11. [10] Giova precisare che monete identiche a quelle di Sura (cambia solo la legenda al rovescio, AESILLAS Q.) furono firmate anche, negli stessi anni, da un altro magistrato in servizio nella stessa provincia, il questore Aesillas. [11] Carri da guerra muniti, davanti e ai lati, di lunghe lame. [12] Plutarco, Vita di Silla, 18. [13] Imperator, che letteralmente significa “colui che esercita [sottinteso: in modo corretto] il comando militare [ossia, l’imperium]”, era in quest’epoca un titolo solo onorifico, ma molto ambìto; gli eserciti, infatti, lo tributavano spontaneamente al loro comandante se dimostrava di meritarlo grazie una vittoria eclatante. L’acclamazione dava poi diritto all’imperator di celebrare il trionfo (altro onore estremamente ambìto dai Romani) al termine della guerra, previo però nulla osta del Senato. [14] Fra l’altro, anziché rientrare a casa propria, si accampò con una tenda militare nel Foro. [15] Da “sub aes”, “sotto [c’è] il bronzo”. [16] A distanza di secoli, tuttavia, i metalli possono separarsi e tendere a staccarsi. Questo è il motivo per cui, oggi, abbiamo alcuni suberati che si “sfogliano”, perdendo pezzetti di argento. Al giorno d'oggi, grazie anche al basso costo dell'argento, la suberazione (operazione più complessa della mera argentatura) è più costosa della produzione di monete d’argento; ne consegue che, paradossalmente, oggi un suberato offre più garanzie di essere una moneta autentica (nel senso che esiste effettivamente da 2.000 anni). [17] Trattasi di un fenomeno sociale (osservato e teorizzato nel XVI secolo dal banchiere Grescham) per il quale, quando circolano due monete che presentano il medesimo valore nominale, ma una ha un valore intrinseco superiore, quest'ultima (cosiddetta moneta “buona”) viene tesaurizzata mentre l'altra (“cattiva”) diviene il principale strumento di spesa (perché tutti preferiscono darla via non appena qualcuno è disponibile ad accettarla). Ciò comporta che la moneta “cattiva” circola fino a usurarsi del tutto ed essere buttata via, mentre quella “buona” viene raccolta in tesoretti. Gli effetti pratici sono due: sul momento, circola prevalentemente la moneta “cattiva” (come se la “buona” non esistesse); ai posteri, invece, perviene soprattutto la “buona”, grazie al ritrovamento dei ripostigli. [18] Witschonke, The use of die marks on Roman Republican coinage, in “Revue Belge Numismatique”, 2012. [19] Piccole incisioni che i nummularii (ossia i banchieri) facevano sulla superficie delle monete, per verificare l’eventuale presenza di bronzo sottostante e scegliere, così, le monete “buone” da tesaurizzare. [20] Si discute, oggi, se i suberati fossero all’epoca monete false (come ritiene Crawford), magari realizzate dagli stessi operai della zecca (che, così, potevano portarsi via l’argento avanzato), oppure venissero realizzati, almeno in parte, dallo stesso governo, per sopperire alla carenza di argento (Debernardi, Plated coins, false coins?, in “Revue Numismatique” 2010, è favorevole a questa ipotesi). Sembra che siano state emanate numerose leggi per vietarli (oltre che da Cinna, da Silla e da Cesare), peraltro senza successo (come dimostrano i pur pochi che ci sono giunti), ma forse proprio queste leggi dimostrano che era una prassi normale. [21] Il prefisso *ve- è attestato in antichissime parole italiche per indicare la versione ostile del sostantivo che segue (come nel nome del Vesuvio), talché Ve-Jove va interpretato come il “Giove cattivo” la cui ira è necessario cercare di placare. ILLUSTRAZIONI Denario RRC 375/2 Tetradracma di Marcus Lucullus Tetradracma di Sura Asse Giano/centauri di Thessalonica, del peso di 4,7 g Denario RRC 353/1 Denario RRC 359/2
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  5. Con il taglio a treccia è catalogata rara dal manuale delle monete di Napoli, sarebbe stata molto rara se avesse avuto il taglio a cerchi e quadrati,mentre il taglio liscio è comune... In conservazione MB è valutata 250 euro... Questa mi è nuova... Le più rare sono quelle senza sigla AG/A e quelle con sigla ∧G/∧...
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  6. @mero mixtoque imperio toc toc... C'è nessuno? O come spesso succede lanci il sasso e poi scompari in attesa di una tua prossima autocitazione in un altro post? Avvocato, suvvia sei stato chiamato a rispondere, nell'interesse supremo della Scienza Numismatica, su questioni che a tuo dire rivoluzionerebbero secoli di scritti di "esperti", peraltro col contributo involontario e a sua insaputa dell' esimio Alan Stahl. Il tuo ripetuto non rispondere nel merito può portare in modo inequivocabile a far pensare ad alcuni che i tuoi ragionamenti non si fondino su dati evidenti, granitici e definitivi. Già nel '700 (v. Foto), tra gentiluomini, era uso rispondersi addirittura stampando poche pagine, nel caso di controversie. Credo che, senza coinvolgere stamperie, una tua risposta in questo forum alle numerose domande sia auspicabile. Possibilmente senza le tue ricorrenti chiose "Ho altro da fare", "Non addentrarti", "Seguirà lo studio" et similia.
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  7. Georgia On My Mind Beh, parlando della Georgia, questa non poteva proprio mancare E pazienza si ci hanno infilato dentro la pubblicità della famosa bibita di Atlanta, neanche quella, in fondo, può mancare E la Zecca? Davvero è finito tutto con l'incendio del 1878? Purtroppo sì non c'è stata alcuna "resurrezione", come avvenuto per Charlotte. Ma la sua storia, e quella della corsa all'oro della Georgia, non sono state dimenticate. A Dahlonega, in quella che era la sede del tribunale (Old Lumpkin County Courthouse), costruito nel 1836 (il più antico tribunale di contea sopravvissuto nello Stato), situato al centro della piazza cittadina, è stato aperto il Dahlonega Gold Museum, che ospita molti manufatti della corsa all'oro, tra cui un cannone idraulico, una pepita d'oro di oltre 140 grammi, e una serie completa delle monete della Zecca di Dahlonega https://georgiacfy.com/dahlonega-gold-museum/ E così, anche stavolta siamo giunti alla fine, ringrazio quanti hanno avuto la pazienza di seguirmi fin qui, dando appuntamento a tutti alla prossima discussione... dopo l'estate petronius
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  8. Salve Confermo come ha correttamente detto @fatantony che è una moneta del Kuwait, probabilmente un 10 fils o 5 fils (senza il diametro non lo possiamo sapere). L'anno è il 1968. https://it.numista.com/catalogue/pieces3037.html è una moneta comune e priva di valore. Visto che la moneta è del 1968 immagino che anche la cornice fosse recente seppur di aspetto vecchio. Non ho idea di perchè l'abbiamo incorniciata, magari aveva un significato speciale/affettivo per qualcuno. A voler pensar male magari qualcuno l'ha incorniciata perchè la credeva/la voleva far credere in oro
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  9. Buonasera, scusate, rispondo in modo veloce in quanto non ho sotto mano il materiale di riscontro, ho delle buste del genere ma in questi giorni oltre ai soliti problemi familiari, ho lo studio praticamente inaccessibile e questo durerà per diversi giorni, stò traslocando e ho dovuto imballare tutto , ho solo il materiale scannerizzato per i post del giorno ma non ho tempo di recuperare i file e portarli a casa, per quello che vedo la busta è autentica e le piccole differenze che vi sono , firma erinnofilo e affrancatura, e il NORGE sono normali, vennero come ben detto prodotte a più mani, come spesso accade negli aerogrammi, a mio parere il bollo al retro da una spinta in più al documento, ma quello postato da Gapox e molto bello. Per rispondere a Gordonacci, un aerogramma fondamentalmente è una lettera spedita per via aere, lo si indica soprattutto per i voli speciali, le crociere (Balbo - Zeppelin, Nobile, ecc..) è un tipo di collezione molto seguito e molto interessante scusate ma potrò essere poco presente e attivo in questi giorni, ma la sera riesco a leggere i post e per questo sono grato a tutti per essere sempre belli e partecipi alla nostra passione, saluti
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  10. Ciao,prova a leggere questa discussione...
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  11. @Gallienus Io credo che prima di diventare dipendente, tutti nessuno escluso dovrebbero fare gli imprenditori. Questo perchè altrimenti non vengono capiti i problemi del fare impresa, anche piccola. Soprattutto in Italia. Arka # slow numismatics
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  12. Per la verità le motivazioni non le abbiamo ben capite Anche perché mi sorge il dubbio che non le abbiano capite nemmeno loro. Di questo passo le monete FDC (per chi avrà la fortuna di arrivare fino al giorno in cui saranno vendute) avranno già la patina
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  13. Salve si vedono linee di espansione sotto una patina pesante che in alcuni punti è saltata per caduta o contatto.per lo stile ci vuole un cultore del periodo.mia opinione
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  14. Nei punti cerchiati parrebbe sfogliato il metallo, cosa che sarebbe indizio di autenticità. Aspettiamo altri pareri in ogni caso.
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  15. Ciao @Ale75 Le imitazioni vandaliche a nome di Onorio riproducono le siliquae ufficiali VRBS ROMA RIC 1316/1317 della zecca di Ravenna (RVPS all’esergo). Si riconoscono principalmente dallo stile. Qui abbiamo la sigla di Treviri (TRPS), ma Treviri non conia più siliquae all’inizio del regno di Onorio (questa tipologia esiste a Treveri per Arcadio). Si tratta di un’imitazione a peso ridotto proveniente da una zecca non determinata.
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  16. E poi... E poi, rispondendo ai continui appelli dei residenti del nord della Georgia, il governo Confederato finalmente approvò l'apertura di un assay office nell'edificio dell'ormai ex-Zecca, che entrò in funzione il 24 agosto 1861. L'ufficio rimase attivo almeno fino al primo quarto del 1864, tutta la documentazione successiva è andata persa. Riguardo la data ufficiale di chiusura, è probabile che il collasso dell'economia del Sud abbia comunque portato alla cessazione dei depositi di oro nello stesso periodo. Alla fine della guerra, nel 1865, c'era un grande desiderio tra i georgiani di vedere la Zecca riaperta. Nella loro convenzione istituzionale di quell'anno, un passo necessario per la riammissione della Georgia nell'Unione, una delle mozioni chiedeva proprio la ripresa delle coniazioni a Dahlonega. Ma il Congresso degli Stati Uniti non se ne diede per inteso, e respinse anche la richiesta di riaprire, almeno, un assay office. Per il governo, la vecchia Zecca sembrava non avere più alcuna utilità, e così la struttura e i suoi 10 acri di terreno vennero ceduti al North Georgia Agricultural College. E fu durante l'utilizzo come collegio che venne scattata, probabilmente tra il gennaio 1877 e il dicembre 1878, l'unica foto esistente dell'edificio originale della Zecca di Dahlonega. Non ce ne sono altre, e la cosa è assai strana, specie se si pensa che l'apertura della Zecca (1838) coincise quasi con l'invenzione della fotografia (1839). E questa foto, che mostra il lato frontale della Zecca, e un gruppo di allievi del college, è stata scoperta solo nel 1997, in una cartella denominata Old Photographs, nell'ufficio del presidente del North Georgia College and State University, come si chiama oggi quello che all'epoca era il Collegio per l'Agricoltura. L'edificio che vediamo, nella notte tra il 19 e il 20 dicembre 1878, fu distrutto completamente da un incendio e al suo posto venne eretta una nuova costruzione, che continuò a funzionare come college. petronius
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  17. Noto che c'è un nutrito gruppo di studiosi che hanno sposato questa tesi. Tutti omonimi. M
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  18. Il rumore di fondo dei complottisti, degli pseudocosi, dei laureati all'università della vita, supportato dagli echi degli ignoranti (in contrapposizione di esperto e studioso) della materia la fa solitamente da padrona sui social. Ecco qui lo studio pubblicato su una delle principali riviste con vera peer review (qui: https://static-content.springer.com/esm/art%3A10.1038%2Fs41586-025-09195-5/MediaObjects/41586_2025_9195_MOESM3_ESM.pdf) https://www.nature.com/articles/s41586-025-09195-5 il metodo vuole che chi dice la propria porti tesi e dati misurabili e o replicabili a confutazione dell'articolo che, essendo SCIENTIFICO, viene pubblicato proprio perché divenga materiale di confronto e crescita per la comunità scientifica -------------------------------------------------------------------------------- Qui, invece, l'articolo divulgativo pubblicato su Nat Geo https://www.nationalgeographic.it/come-e-stato-ricostruito-il-volto-di-un-antico-egizio-vissuto-oltre-4500-anni-fa-?utm_source=firefox-newtab-it-it Come è stato ricostruito il volto di un antico egizio vissuto oltre 4.500 anni fa Gli scienziati hanno sequenziato il primo genoma completo di un antico egizio dal DNA intatto estratto dai suoi denti restituendo così un volto a un uomo dell'Antico Regno DI Nicholas St. Fleur pubblicato 07-07-2025 Sigillato in un vaso funerario di ceramica, con le ginocchia piegate verso il mento, lo scheletro di un uomo egizio è rimasto indisturbato per migliaia di anni. Nel 1902, alcuni archeologi britannici lo dissotterrarono dalla sua tomba scavata in una collina calcarea nella necropoli di Nuwayrat (Nuerat), oltre 240 chilometri a sud del Cairo. Mentre i faraoni del tempo del defunto costruivano monumenti colossali come la Grande Piramide di Giza, quest'uomo, probabilmente un vasaio vissuto tra i 4.500 e i 4.800 anni fa, ha lasciato dietro di sé un'eredità di tipo diverso: il suo DNA eccezionalmente ben conservato. In qualche modo, i suoi resti hanno resistito a secoli di caldo torrido egiziano e persino ai bombardamenti nazisti mentre si trovavano a Liverpool, in Inghilterra, durante la Seconda guerra mondiale. Ora gli scienziati hanno sequenziato il primo genoma completo di un antico egizio a partire dal DNA intatto estratto dai suoi denti. Lo studio, pubblicato il 2 luglio su Nature, descrive il più antico DNA mai recuperato in Egitto, datato al radiocarbonio tra il 2855 e il 2570 a.C. Questo intervallo si colloca tra la fine del Periodo Protodinastico e l'inizio dell'Antico Regno, quando i governanti egizi consolidarono il potere e diedero inizio all'"Età delle piramidi".  "Ci sono centinaia, se non migliaia, di genomi antichi provenienti da tutto il mondo", afferma Linus Girdland-Flink, archeologo biomolecolare dell'Università di Aberdeen in Scozia e coautore dello studio. Ad oggi, gli scienziati hanno raccolto DNA antico da Neanderthal, Denisova e Homo sapiens di 45.000 anni fa. "Eppure, l'Egitto era rimasto una sorta di tessera mancante in questo grande puzzle dell'ascendenza genetica umana". Prima di questo studio, il DNA più antico recuperato dall'antico Egitto proveniva da tre mummie sepolte nella necropoli di Abusir el-Meleq e datate tra il 787 e il 23 a.C. Ma quelle sequenze rappresentavano solo genomi parziali. Il nuovo genoma è completo e proviene da un individuo vissuto circa 1.500 anni prima. Il contenitore “bara” di terracotta e i resti dell'uomo di Nuwayrat scoperti nel 1902. FOTOGRAFIA DI GARSTANG MUSEUM, UNIVERSITÀ DI LIVERPOOL (PER GENTILE CONCESSIONE) "Questo genoma ci permette, per la prima volta, di conoscere l'ascendenza genetica di un individuo egizio vissuto nel periodo dell'Antico Regno", ha dichiarato nel corso di un briefing con la stampa Adeline Morez Jacobs, un'antropologa fisica che ha condotto la ricerca durante il suo dottorato alla Liverpool John Moores University. Inoltre, ha permesso agli scienziati di ricostruire parzialmente l'aspetto del volto della persona. Daniel Antoine, capo del dipartimento Egitto e Sudan del British Museum di Londra, che ha revisionato lo studio, ha elogiato il lavoro. "Anche se si basa su resti di un solo individuo, la scoperta è molto significativa perché il DNA antico sopravvive raramente nella valle del Nilo", ha dichiarato. Con esso, gli scienziati possono iniziare a svelare gli indizi genetici di come diverse popolazioni di persone interagissero nell'antico Egitto. Svelata l'antica ascendenza genetica Con il sequenziamento del DNA, gli scienziati possono iniziare a porsi domande su questo antico individuo, a partire da una domanda fondamentale: chi erano i suoi antenati? Sebbene si tratti del lignaggio di una sola persona, potrebbe aiutare gli storici a capire come le persone migravano e si mescolavano nell'antico Egitto. Circa l'80% dell'ascendenza dell'uomo risale alle popolazioni neolitiche del Nord Africa. Il restante 20% è legato a popolazioni antiche dell'Asia occidentale, tra cui la Mezzaluna Fertile orientale (Mesopotamia), che comprende l'attuale Iraq, l'Iran occidentale, parti della Siria e l'estremo sud-est della Turchia, spiega Morez Jacobs. Nell'individuo di Nuwayrat non sono state trovate prove di ascendenza dall'Africa orientale o sub-sahariana. Il contenitore-urna di terracotta in cui è stato scoperto l'individuo di Nuwayrat. FOTOGRAFIA DI MUSEO GARSTANG, UNIVERSITÀ DI LIVERPOOL (PER GENTILE CONCESSIONE) Le tombe rupestri di Nuwayrat che racchiudevano il vaso di terracotta contenente la sepoltura. FOTOGRAFIA DI GARSTANG MUSEUM, UNIVERSITÀ DI LIVERPOOL (PER GENTILE CONCESSIONE) I ricercatori non sanno quando queste due popolazioni si siano mescolate nel lignaggio dell'uomo di Nuwayrat, ma affermano che probabilmente la mescolanza si è verificata nell'arco di centinaia o addirittura migliaia di anni nell'ascendenza dell'uomo, e forse più volte. Questi dati genetici sono in linea con le prove archeologiche, le quali suggeriscono che, oltre allo scambio di beni come i raccolti o gli animali e allo scambio culturale (come i sistemi di scrittura e il tornio da vasaio), le persone stesse si spostavano e si mescolavano tra le regioni. "Il documento costituisce una pietra miliare nel campo della genomica dell'antico Egitto", afferma Yehia Gad, supervisore scientifico del laboratorio del DNA antico presso il Museo Nazionale della Civiltà Egizia del Cairo, che non è stato coinvolto nello studio. Secondo Gad, la nuova scoperta "rafforza lo status dell'antico Egitto come fulcro e crogiolo del mondo antico". I prossimi passi del team, dice Girdland-Flink, saranno quelli di collaborare con gli scienziati egiziani per decifrare ulteriormente il passato dell'Egitto. Gad, che contribuisce alla guida del progetto nazionale egiziano sul genoma, che mira a sequenziare i genomi di 100.000 adulti egiziani e di 200 antiche mummie egizie, afferma di essere favorevole all'idea. "Possiamo tutti servire e lavorare insieme per tracciare un quadro migliore di questa affascinante civiltà antica, che costituisce una tappa importante nel cammino dell'umanità", afferma. Ricostruzione facciale (e potenziali controversie) Oltre al sequenziamento del genoma dell'uomo di Nuwayrat, i ricercatori hanno anche presentato una ricostruzione facciale realizzata dall'antropologa forense Caroline Wilkinson. Wilkinson, che dirige il Face Lab della Liverpool John Moores University, ha già ricreato i volti di personaggi come Ramesse II e Arsinoe IV, sorella di Cleopatra.  Partendo da una scansione 3D del suo cranio, ha costruito i suoi tratti facciali come la linea mandibolare, il naso e gli occhi, parti del corpo relativamente facili da prevedere dalla sola struttura ossea. Orecchie e bocca, invece, sono più difficili [da ricostruire]. L'analisi genetica ha suggerito che l'uomo avesse probabilmente gli occhi marroni, i capelli castani e una pigmentazione della pelle "che andava dalla pelle scura a quella nera", in base alle previsioni di uno strumento chiamato sistema HirisPlexS. Ma gli autori avvertono che queste previsioni sono caratterizzate da incertezza, data la scarsità di dati genetici provenienti da popolazioni antiche comparabili.  Per evitare speculazioni su caratteristiche che non potevano essere determinate in modo definitivo, Wilkinson afferma che lei e il suo team hanno reso la ricostruzione in scala di grigi, senza capelli o tonalità della pelle. Wilkinson ha aggiunto che si aspetta che l'immagine susciti qualche polemica, come hanno fatto in passato le rappresentazioni di altri antichi egizi, spesso criticate per il loro aspetto "troppo europeo" o "troppo africano". Utilizzando una scansione 3D, gli antropologi forensi hanno ricostruito il volto dell'uomo di Nuwayrat partendo dall'analisi del suo cranio. ILLUSTRAZIONE DI CAROLINE WILKINSON, LIVERPOOL JOHN MOORES UNIVERSITY/MOREZ, A. (2025), NATURE Ma Wilkinson sottolinea che il volto è solo l'aspetto di una persona dell'antichità. "Questo individuo non è rappresentativo di tutti gli individui dello stesso periodo e di questa stessa parte del mondo, così come io non sono rappresentativa di tutti gli europei di oggi". Per capire meglio chi fosse questa persona e la vita che conduceva, gli scienziati dovevano guardare oltre il suo volto. I suoi denti consumati suggeriscono che avesse tra i 44 e i 64 anni, o forse probabilmente più anziano. Il suo scheletro mostra segni di artrite dovuta all'età, articolazioni e vertebre usurate e affaticamento muscolare dovuto al frequente accovacciarsi e appoggiarsi, come conseguenza di postura da lavorazione di argilla e ceramica, occupazione fisicamente impegnativa, afferma Joel Irish, bioarcheologo della Liverpool John Moores University e coautore dello studio.  "Durante la sua vita guardava spesso verso il basso, come oggi gli adolescenti guardano i loro cellulari", afferma Irish. Da questi indizi e dallo studio dei geroglifici dei laboratori di ceramica, il team ha concluso che l'uomo era probabilmente un vasaio piuttosto che un fornaio, un agricoltore, un muratore o un soldato. Tuttavia, non si può escludere che fosse un tessitore. Il team ha ipotizzato che se fosse stato un vasaio, forse ci sarebbe stato un legame tra la sua professione e il motivo per cui era stato sepolto in un vaso di terracotta. Ma hanno anche aggiunto che questa pratica non era esclusiva dei vasai, di questo periodo o di Nuwayrat. E se invece fosse stato un costruttore di piramidi? L'uomo di Nuwayrat poteva aver trasportato enormi pietre nella piana di Giza? (Ma a oltre 160 chilometri di distanza dal luogo in cui fu sepolto). Si tratta di "pura speculazione", afferma l’archeogenetista Girdland-Flink. Inoltre, mette in guardia dal trarre conclusioni sulle persone che davvero hanno costruito le piramidi sulla base di questo antico genoma egiziano. “Per sapere chi ha costruito le piramidi", conclude Girdland-Flink, "è necessario disporre dei genomi di chi con certezza vi ha lavorato ". 
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  19. Mi chiedo a questo punto a cosa serva iscrivere il Circolo, dal momento che i singoli potranno comunque registrarsi quando sarà permesso a tutti di farlo. Il mio Circolo, per tutta una serie di problematiche, non ultima la mancanza di carta credito per effettuare gli acquisti (e la non volontà, da parte della dirigenza, di dotarsene), non ha dato seguito alla registrazione, se le cose stanno davvero così mi sa che abbiamo risparmiato tempo e inc...ture petronius
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  20. Certamente. Per quanto invece riguarda le macchie presenti sulla tua moneta @Alan Sinclair credo si tratti di pulizia improvvida.
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  21. Grazie a te @fapetri2001 noi siamo qui e anche se scalpitiamo in attesa delle risposte tue e di @PostOffice siamo consapevoli che ognuno di noi ha una propria vita quindi ci mettiamo buoni (non sempre) e attendiamo....
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  22. Salve, come detto da @fatantony dovrebbero essere 10 fils del Kuwait, per l'anno bisognerebbe tradurre i caratteri in figura
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  23. La base d’asta è pari a circa tre volte il prezzo di aggiudicazione del 2019: una partenza decisamente ambiziosa. A cifre del genere si possono acquistare multipli d’oro di zecche italiane di grande rarità. Serve una forte passione e una disponibilità finanziaria significativa per fare un’offerta su un lotto del genere. La rarità è fuori discussione, ma lo stato di conservazione non è eccezionale per una moneta d’argento da 100 mila euro… sarà un vero banco di prova per il mercato delle grandi rarità.
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  24. Purtroppo si tratta di cancro del bronzo. I crateri sono evidentemente ricoperti dai prodotti della corrosione che, a vista, sono identificabili come nantokite (CuCl)... (quel composto azzurro chiaro che al contatto può facilmente polverizzarsi) che, come spesso accade, pare essere ben diffusa sotto tutta la patina superficiale... Se, nonostante l'aspetto, la situazione è rimasta stabile nel tempo, la cosa è probabilmente dovuta a trattamenti di stabilizzazione con benzotriazolo praticati dal precedente possessore. In questo specifico caso gli equilibri sono e rimarranno decisamente precari. Eventuali sollecitazioni meccaniche avrebbero l'unico effetto di far "saltare" la patina superficiale... come facilmente accade, ed è successo, per i bordi esterni. L'unico trattamento consigliabile, praticabile e ripetibile senza mettere a rischio la stabilità e l'aspetto della moneta è la neutralizzazione del processo di corrosione con bagni ripetuti in soluzione di acetone e benzotriazolo. Normalmente l'efficacia complessiva di questo intervento è ottima se preceduta dalla completa rimozione dei prodotti superficiali della corrosione. In questo caso specifico non si può intervenire su tutti i sottoprodotti della corrosione perché in buona parte coperti dalla patina superficiale... Una volta stabilizzata dal punto di vista chimico si potrà decidere se stabilizzarla anche dal punto di vista esterno con una leggera patina di cera microcristallina miscelata con benzotriazolo o con paraloid b72 in acetone (che io però sconsiglierei perché in più occasioni, nel tempo, ha manifestato una certa appiccicosità superficiale). Mario p.s. i trattamenti consigliati sono quelli normalmente in uso in interventi di restauro e conservazione approvati dalle soprintendenze. Per l'utilizzo del benzotriazolo leggere e seguire le istruzioni di sicurezza.
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  25. Mi sono sempre chiesto come mai, nonostante la brevità del suo regno, la maggior parte delle monete di Gioacchino Murat, in particolare i 3 grana, siano giunte a noi condizioni pessime. Da cosa dipende? Possibile che abbiano continuato a circolare anche dopo la sua fucilazione?
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  26. Ciao Ale, grazie e buon fine settimana. Gianfranco
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  27. AE 3 di un cesare di sicuro. Potrebne anche essere Giuliano. Se @Pino 66 riuscisse a vedere qualche lettera... Arka # slow numismatics
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  29. OK,la ringrazio lo stesso,se nei suoi percorsi dovesse trovare qualche corrispondenza ci terrei a saperla
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  30. Ciao Pino,questa è davvero disastrata. Ho però notato che l unico che ha il laccetto dietro i capelli più lungo del normale è Costante in alcune monete. Non so se può essere valido per l identificazione.. https://www.acsearch.info/search.html?id=3038059
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  31. Ciao Pino,cosa leggi della zecca?
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  32. Credo di sì, leggendo la discussione (al di là della mancanza delle immagini) si intuisce delle varianti… Ad ogni modo è una discussione del 2005, alcuni membri non sono nemmeno più attivi. N.
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  33. Moneta arrivata ieri, io sono in vacanza... Ottimo corriere Bartolini, hanno indicato la fascia oraria della consegna e non trovandomi al citofono mi hanno telefonato, così io subito avvisato il mio vicino di casa che era già stato preallertato.
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  34. Una rapida verifica che la terna 23-262-265 non è una terna pitagorica è che in ogni terna pitagorica ci deve essere un numero divisibile per tre e non lo sono 23, 262 e 265. Buon fine settimana, apollonia
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  35. Mi organizzo per far insegnare a scuola in Germania come pagare una mignotta in nero con dei bitcoin.
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  36. Ma è comunque a un livello inferiore, in quanto il pagamento con carta comporta il poter rilevare anche i dati associati al pagatore. Vanno comunque considerate anche le non secondarie implicazioni negli altri campi. Per me il gioco non vale la candela complessiva.
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  37. Da tempo stampavano già le 10 e le 20, credo che continueranno con quei tagli. Il resto gli arriverà dagli altri stati, come da prassi.
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  38. Non so se gli attuali prezzari l'abbiano inserita...l'articolo è apparso su PN numero 398 dei ottobre 2023. Si ,era sconosciuta,gli stessi periti di lungo corso a cui la feci esaminare non l'avevano mai vista. è sicuramente Rara o molto rara,sono pochi gli esamplari con questa particolarità.
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  39. Luca1984, qui una tiratina d'orecchi te la devo proprio fare
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  40. Salve E' la variante di cui scrissi un articolo su Panorama Numismatico (Variante inedita del 5 lire 1871 Milano) non molto tempo fa... Con E di Emanuele corretta dall'incisore,che per sbaglio aveva inizialmente inciso una R...se non si fosse accorto in tempo dell'errore avremo avuto Rmanuele. distinguibile anche per il secondo 1 della data che è privo della base a destra. L'alta conservazione non lascia dubbi e i pezzi con questo errore sono molto pochi.
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  41. Immagini che ho catturato dai PDF, migliori
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  42. Un dollaro per la Confederazione La Zecca di Dahlonega coniò i dollari d'oro fin dal 1849, anno della loro istituzione. Quell'anno furono 21.588, una quantità mai più raggiunta in seguito (e nemmeno avvicinata, ci si mantenne sempre abbondantemente sotto i 10.000), e continuò a coniarli ininterrottamente fino al 1861. E proprio a quell'anno appartiene la più grande rarità della Zecca della Georgia, seconda solo, tra le monete da 1 dollaro d'oro, al 1849-C che abbiamo visto in precedenza. Perché quella fu l'unica emissione regolare di Dahlonega interamente gestita dalla Confederazione. Dopo che Kellogg, alla fine di aprile, aveva formalmente rimesso il suo mandato di Sovrintendente, nel mese di maggio la Confederazione ordinò a nuovi coniatori di sua fiducia di produrre un certo numero di dollari d'oro utilizzando le limitate scorte di lingotti disponibili. Il risultato fu che questi dollari, coniati da mani inesperte, non riuscirono della migliore qualità, presentando quasi sempre evidenti debolezze di conio, specie al dritto... e questo, in fondo, contribuisce ad aumentare il loro fascino Quanto al loro numero, nessuno lo ha mai saputo con esattezza. Alcune fonti parlano di 500/1000 esemplari, altre si spingono fino a 1500: i cataloghi indicano, salomonicamente, 1250: si stima che oggi ne siano sopravvissuti non più di 50/60. La cosa strana è che molti di questi sono in una conservazione più alta di quanto ci si potrebbe aspettare, addirittura, almeno una dozzina, in mint state, il nostro FDC. Si ipotizza che alcune monete possano essere state "conservate come souvenir". Qualche ufficiale confederato, o qualcuno coinvolto nella produzione, avrebbe conservato una manciata di esemplari di quella che deve essere stata un'occasione memorabile per i coinvolti: una testimonianza tangibile, in metallo dorato, della frattura che stava dividendo il tessuto di una nazione. L'esemplare che presentiamo, dall'asta Heritage del 17 settembre 2020, è ritenuto essere il più bello tra quelli conosciuti, stimato da PCGS in conservazione MS64+, sebbene anch'esso presenti le già citate debolezze di conio al dritto. La sigla UN in UNITED è debole, anche se in realtà più evidente del solito. Anche la sigla IC in AMERICA è incompleta, ma, ancora una volta, più definita rispetto a quasi tutti gli altri esemplari di dollaro d'oro 1861-D. Vi è una certa debolezza sul lato sinistro dei dentelli, indicativa dell'emissione. Il notevole rovescio presenta invece, probabilmente, la coniazione più completa su un 1861-D. Questo esemplare, nell'asta citata, ha realizzato 180.000 dollari. petronius
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  43. Accidenti, hai citato giustamente un altro paradiso biblionummofilo 😍 Ne approfitto per inserire dei link che illustrano e approfondiscono questa meravigliosa biblioteca numismatica, specializzata in monete greche, purtroppo venduta... https://numismatics.org/pocketchange/long-table-100-an-interview-with-basil-demetriadi/
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  44. ...quoto me stesso.. per questo nuovo arrivo bibliografico. Arrivato il secondo volume trovato anche scontato..
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  45. Neapolis Moneta Mundi.
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  46. E già! Dopo anni sono riuscito a metterlo finalmente in Collezione .
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  47. Non vorrei essere di parte ma credo che sia un testo che non debba mancare a chi studia o colleziona questa tipologia monetale...
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  48. Buongiorno a tutti, io ho 3 monete da 3 Grana di Gioacchino Murat e tutte 3 in bassissimo stato di conservazione (come potete vedere nella foto che segue).. La mia è più che altro una curiosità, mi domandavo come fosse possibile che delle monete che hanno circolato cosi poco (in fondo il regno di Murat è stato breve) si possano trovare in tale disastrata condizione?
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  49. Ottima domanda. Parli di "motivazioni tecniche", ma tu sai come veniva coniata una moneta nella zecca di Napoli nel XIX secolo? A grandi linee sì, ma nel dettaglio? Conosci ogni singolo strumento che veniva utilizzato nel processo produttivo e quali difetti poteva produrre sulle monete (ad es. i graffi)? Conosci ogni singolo accorgimento adottato dallo zecchiere per ottenere il migliore prodotto possibile? Mi sai spiegare perché si compiva una determinata azione prima di un'altra? Quali erano i compiti degli zecchieri? E com'era suddiviso il loro lavoro? Etc. etc. Non esistono documemti dell'epoca - o per lo meno non sono ancora stati scoperti - nei quali viene spiegata nel dettaglio come veniva coniata una moneta. Finché non ne troveremo possiamo formulare solo congetture, più o meno condivisibili. Concludendo, io non riesco a dare una risposta alla tua domanda. Scusami per lo sfogo.
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  50. E' solo un N.I.P. torinese , ma non e' un perito. Visto che nessun altro e' intervenuto vi metto la mia identificazione Il sovrano non e' Carlo Emanuele I (1580-1630) come scrive il venditore ma si tratta di Carlo II (1504-1553) L' esperto ha confuso questa moneta con il quarto di Piemonte (I e II Tipo) simile FERT ma fra rosette o fra rette parallele e simile legenda con il termine Carolus al dritto La legenda del rovescio e' totalmentew diversa Pertanto , a mio avviso , si tratta di : Quarto di Grosso I Tipo Carlo II D/ CAROLVUS DVX SA II nel campo FERT in lettere latine tra due anellini R/ MARCHIO IN ITALIA CAS Croce mauriziana con anello nel terzo cantone e punto nel secondo (esitono diverse varianti a riguardo dei punti e degli anelli) Mistura 18 mm. , gr 1,01 / 0,72 , Zecca di Torino Mir Cudazzo 407 , Simonetti 71 e 72 , Biaggi 346
    1 punto
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