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Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 07/20/25 in tutte le aree
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In merito al giudizio negativo gratuito (risposta #83) ricevuto in questa discussione dal nostro ormai noto amico, vorrei spendere solo poche parole di chiarimento, essendo stato menzionato esplicitamente, affinché ci si renda conto di quanto commenti così avventati, sbandierati in questo modo con l’unico obiettivo di denigrare pubblicamente il lavoro di studiosi che i libri li aprono e li consultano con un certo criterio, vagliandone i contenuti con spirito critico (e non si limitano soltanto a citare se stessi in maniera alquanto ossessiva e autoreferenziale, con contorno per lo più di studi ottocenteschi, se non precedenti – sempre utili e interessanti, per carità, ma ormai alquanto superati sotto molti aspetti e i cui contenuti vanno sempre “maneggiati” con la dovuta cura e cautela) siano del tutto insignificanti. In tal caso, il suddetto giudizio risulta essere talmente superficiale che non può essere neanche considerato veramente ostile, come pure voleva apparire inizialmente, per due semplici motivi: da un lato, esso mi viene mosso da una persona che, pur nutrendo delle velleità di ordine scientifico, non riesce a superare, con la sua produzione, i confini imposti dal pur sano e lodevole dilettantismo, in quanto non ho mai potuto individuare nelle sue ricerche l’adozione di un serio metodo scientifico (il che gli è stato fatto notare da più parti, da ultimo anche in questa discussione alla risposta #76, con cui sono perfettamente d’accordo e che mette in evidenza, lucidamente, delle criticità oggettive). Il problema è di rilevanza fondamentale, in quanto, in assenza di metodo, buona parte delle basi su cui dovrebbe poggiare un contributo di un certo livello si sgretolano, portando via con sé gran parte dei relativi contenuti. Purtroppo, questa problematica, che il Nostro tenta sempre di scrollarsi di dosso facendola passare molto frettolosamente e di nuovo superficialmente per “aria fritta” (ma vedo che chi è addentro alla materia e sa come muoversi in ambito accademico insiste sui miei stessi punti e di ciò me ne rallegro), era stata già da me ampiamente analizzata in altra discussione sempre qui sul Forum: https://www.lamoneta.it/topic/230490-l%E2%80%99augustale-federiciano-nuove-prospettive/page/3/, risposta #61. In tal modo, si finisce per non avere gli strumenti necessari (o, al limite, per non padroneggiarli in maniera consapevole) per avanzare critiche circostanziate e costruttive, libere da interessi personali. Così, si finisce solo per generare, come in questo caso, delle vuote invettive, assimilabili più che altro ad attacchi mirati ad personam. Dall’altro, invece, questo stesso commento negativo mi viene rivolto dalla medesima persona che, sempre chiusa nel suo guscio dilettantistico, non si limita solo a peccare di mancanza di metodo, come abbiamo appena visto, ma che fa anche sfoggio di manifeste e gravissime lacune in campo paleografico ed epigrafico, aree – queste – in cui giustamente egli si addentra (ma con quali risultati?), da ultimo, nel suo recente contributo che, credo, molti di noi hanno potuto leggere sulla RIN di quest’anno. Sfortunatamente, a causa dei ritardi nella sua consegna, ho potuto leggere il saggio del Nostro solo negli ultimi due giorni ed è per questo motivo che, di conseguenza, questa mia nota vede la luce in ritardo. Mi riferisco a S. PERFETTO, Un grosso a nome di Federico II: l’ultima sortita sveva in moneta?, in «Rivista Italiana di Numismatica e Scienze Affini», 126 (2025), pp. 155-173. Tra i vari contenuti che ho avuto modo di leggervi all’interno, uno su tutti mi ha colpito: un piccolo ma essenziale dettaglio, uno di quei particolari che aiutano a valutare meglio lo spessore di un contributo scientifico. A p. 168, il nostro autore, prendendo lucciole per lanterne, confonde alcuni tratti di abbreviazione che compaiono nella legenda di rovescio dei grossi a nome di Federico II, posti al centro della sua trattazione, per (e cito testualmente) «segni appartenenti a qualche lettera di una precedente moneta»; sempre dalla stessa pagina: «la parte che fuoriesce [ovvero il tratto di abbreviazione scambiato dal Nostro per il rimasuglio di una lettera di un precedente sottotipo monetale] potrebbe corrispondere alla parte superiore della E di GE [qui il riferimento è alla legenda dei grossi pavesi da lui illustrati a p. 167, fig. 8]» (!!!). Per capire meglio, basta osservare le monete raffigurate alla p. 162, fig. 5 e i relativi ingrandimenti a p. 168, fig. 9. Ora, senza avventurarmi in una recensione troppo articolata della restante parte dei contenuti (argomenti che, almeno in parte, per quanto riguarda Napoli, avrò modo di approfondire in un mio prossimo saggio di imminente pubblicazione), per evitare una simile gravissima caduta (che ha avuto ovviamente dei risvolti non secondari nello sviluppo delle sue argomentazioni, le quali, alla luce di quanto vado notando, perdono totalmente di significato), sarebbe stato sufficiente aprire un qualsiasi manuale di paleografia, se proprio il nostro autore non ricordava come riconoscere i segni di abbreviazione su un documento medievale (scritto o monetale che esso sia), per rendersi conto che quei trattini che sovrastavano le lettere della legenda sul rovescio del grosso federiciano indicavano il classico segno «delle abbreviature per contrazione» (G. BATTELLI, Lezioni di paleografia, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2015, p. 108). Altro che «segni appartenenti a qualche lettera di una precedente moneta»!!! Concludo, scusandomi per essermi dilungato nuovamente (il nostro Simonluca mi detesta perché, come già sottolineato altre volte, non ho il dono della sintesi), accodandomi a quanti se lo sono già chiesto, e mi domando secondo quali criteri valutativi sia stato possibile accettare che una tale ricerca, condotta evidentemente in maniera alquanto raffazzonata e poco accorta, sia finita per essere ospitata tra le pagine di una rivista come la RIN. A questo punto, anche il referee che valuta i saggi proposti di volta in volta a riviste scientifiche o di fascia A dovrebbe prestare maggiore attenzione ai contenuti da analizzare e, qualora riscontri dei limiti nei propri strumenti o conoscenze valutative, tramite gli organi competenti (comitato scientifico, redazione, ecc.), dovrebbe quantomeno avere il buon senso di mettersi in contatto con altri studiosi accreditati, i quali, attraverso un semplice dialogo di poche battute e un pacifico quanto costruttivo confronto, potrebbero evitare che, mediante strafalcioni come questo, anche le riviste di un certo prestigio ne paghino le eventuali ripercussioni in termini di reputazione e credibilità scientifiche.6 punti
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Ciao Domenico, posso sbagliare ma é sicuramente la linea del compasso. Un saluto Raffaele.4 punti
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Quello che avevo già di Tornesi 5, presenta la P senza punto e i rami più lunghi. Diametro sempre 29 mm4 punti
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Buona domenica, È la più bella perché mi mancava e la cercavo da tempo in alta conservazione : Ferdinando IV Tornesi 5 , 1798 variante di conio con punto dopo la P. del PERGER. Diametro 29 mm Taglio a treccia.4 punti
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Buono. Come ti è stato detto non riporta sigle di nessun massaro3 punti
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Buona domenica Oltre le cartoline non viaggiate di Rimini ritrovate oggi, ho scovato nei cassetti di casa dai miei un ' altra cartolina. Erano gli auguri fatti dai miei genitori per il mio compleanno. Siamo nei primi 2000. Oggi, a pranzo con mia madre e mio padre, abbiamo gustato oltre che le prelibatezze culinarie, anche quelle dei ricordi, loro quelli freschi di montagna, io quelli caldi del sud quando la ricevetti😁. @PostOffice2 punti
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Buona domenica Allora avevo dai tempi un certo "morbo" anche per la storia postale🤣! Guardate che ho trovato( @PostOffice queste le avevo rimosse dai ricordi). Un week end a Rimini (e Riccione). Le presi cosí come sono e le conservai come ricordo. Incosciamente magari pregustavo questa branca 😁 23 anni fa. Avevo 20 anni😅. É raffigurato tra l' altro su di una, papa Giovanni Paolo ll.2 punti
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@Oppiano, altro Mezzo Carlino senza numerale III, in collezione privata.2 punti
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Marengo Napoleone I https://www.canva.com/design/DAGttQAFXYo/ne72E2b1tUNlBDy_GQ-PQQ/watch?utm_content=DAGttQAFXYo&utm_campaign=designshare&utm_medium=link2&utm_source=uniquelinks&utlId=hd4d0a01f09 Sovrana 1800 https://www.canva.com/design/DAGttWC4qc8/-8Q_jZU_jV-HOYH06jcixQ/watch?utm_content=DAGttWC4qc8&utm_campaign=designshare&utm_medium=link2&utm_source=uniquelinks&utlId=h519c31b5b8 Qualche segnetto c'è2 punti
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Passato da poco sul noto sito. Mezzo Carlino con al dritto: PHILIPP. DG III. REX. AR. VT Differente dal CNI 591 per AR anziché ARA2 punti
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I globetti ad inizio e fine legenda non sono delle novità,sono meno comuni gli esemplari che il globetto non ce l'hanno... Per il discorso del simbolo sotto al busto sarebbe da verificare con moneta in mano,al momento conosco solo il globetto e il fiore sotto al busto (che ho in collezione)... La moneta era rimasta invenduta all' asta precedente... Trovo interessante il profilo di Filippo...2 punti
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Secondo me state perdendo troppo tempo. Il nostro ha semplicemente spostato il metodo Lancianocentrico ad altri luoghi Attenzione, magari ha dei documenti tanto segreti che non vuole fare vedere, trovati in.qialche bancarella della Sagra del tarallo di Cuma o a quella delle cozze di Baia. In attesa di vederli questi documenti , sentite a me, non ne vale la pena.2 punti
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Da sottolineare che Perfetto, autore in R.I.N., dovrebbe sottostare al suo codice etico (ma direi che TUTTI gli scritti, in qualsiasi contesto vengano pubblicati dovrebbero rispecchiarne il concetto): .... Gli autori di manoscritti che riferiscono i risultati di ricerche originali devono dare un resoconto accurato del metodo seguito e dei risultati ottenuti e devono discuterne obiettivamente il significato e valore. I dati sottostanti la ricerca devono essere riferiti accuratamente nell’articolo. Questo deve contenere sufficienti riferimenti tali da permettere ad altri di ripercorrere la ricerca eseguita. (ma in realtà sembra esserci, sempre e comunque, da parte dell'autore di autocitazione (non chiara ed risolutiva) e ... Quando un autore scopre un errore significativo o una inesattezza nel proprio articolo pubblicato, ha l’obbligo di notificarlo prontamente al direttore, redattori o editori della RIN e di cooperare con il direttore per ritrattare o correggere l’errore. (Possiamo attenderci questo nella RIN 26?) Da sottolineare che, come te, rimango quanto meno "attonito" sul modo di operare della redazione e del comitato sc. della rivista2 punti
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La catalogazione della casa d'asta è errata... Tipica emissione senza particolarità...2 punti
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Lettera per Distretto in perfetta tariffa di 25 cent. assolta con 5 francobolli Imperiale cent. 5 , bella affrancatura2 punti
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Ciao, @decionell'attesa degli interventi degli esperti di questo particolare periodo ( io solo da alcuni mesi ho iniziato ad approfondirlo, da quando ho inserito in collezione un antoniniano del marito Valeriano, ma sono proprio all'a-b 🙂) ricordo di aver partecipato qualche anno addietro ad una discussione dove si parlava proprio dei segni nei campi sulle monete di Mariniana. Se non ricordo male tutti i partecipanti giunsero alla conclusione che molto probabilmente indicavano non la Zecca di emissione ( nel tuo caso quella che è una V che farebbe pensare a quella di Viminacium) ma la 5 officina di Roma ( dove se ricordo bene ne funzionavano 6) . Quindi l'antoniniano da te postato dovrebbe essere stato coniato a Roma. ANTONIO2 punti
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Buongiorno,abbiamo la scheda anche sul catalogo lamoneta 🙂 https://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-RC/192 punti
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Vi ringrazio molto per i vostri apprezzamenti: alla fine, il miglior riconoscimento per chi conduce questo genere di ricerche, a mio parere, è proprio quello di generare interesse e curiosità, oltre a trasmettere nozioni e conoscenze, nei lettori che si accostano a tali contributi. Quindi, grazie davvero!2 punti
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Salve,penso hai ragione,in un'asta viene descritta come CR27 secondo tipo.230/226 A.C. asta Negrini Dic.2018 lotto 9122 punti
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Non è una festa di carnevale ma una foto dell'incoronazione di Bokassa I, Imperatore del Centrafrica, avvenuta nel 1977 😀 Qui potete leggere tutto di questo singolare personaggio e il suo governo: https://it.wikipedia.org/wiki/Jean-Bedel_Bokassa La 500 franchi CFA modello 1978 con la scritta "Empire Centrafricain", nome ufficiale dello stato dopo la trasformazione in monarchia (dal 1976 al 1979), non fu mai emessa.2 punti
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Potrebbe essere l'usura...non mi desta particolari sospetti...è della tipologia che non reca all'esergo la sigla del massaro al D/ ....ex legge 1519...recentemente sulla baia sono stati individuati dei bagattini falsi moderni...questo però mi pare buono anche se parecchio malconcio...2 punti
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Salve allego immagini di una cartolina comprata in un mio recentissimo viaggio a New York per un commento speravo di trovare un po’ più di materiale invece unico acquisto ringrazio in anticipo chi interverrà’2 punti
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Buongiorno a tutti, ho acquistato questa moneta ad un mercatino nelle classiche ciotole tutto a 50 centesimi, so che si tratta di una bella moneta e l'ho presa senza nemmeno pensarci, poi ho controllato i dati ponderali e risultano corretti diametro 23,1 mm , peso 5 gr. Volevo chiedere un vostro giudizio sullo stato di conservazione che non riesco a classificare avevo pensato ad un BB oppure ad un qSPL però non sono sicuro perché i dettagli ci sono ma anche l'usura non è da meno ed anche una stima del suo valore economico. Ringrazio in anticipo tutti coloro che vorranno aiutarmi. mario981 punto
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Su questo esemplare della Numismatica Ars Classica, Auction 40, lot 645, 16.05.2007, autentico fino a prova contraria, l’atto sessuale è lo stesso ma il disegno è diverso. The Roman Empire The mint is Roma unless otherwise stated Tesserae, time of Tiberius No.: 645 Estimate: CHF 7500 d=24 mm Spintria early 1st century AD, æ 5.03 g. Erotic scene. Rev. VI within wreath. Buttrey –. Bateson –. Simonetta-Riva pl. 2, scene 5. Very rare. Dark green patina and extremely fine apollonia1 punto
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Quelle.d' epoca.sono un' altra cosa. Un pó come i francobolli daltronde...1 punto
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Emissione donna nell' arte, ritratto di donna di Raffaello Sanzio, ordinario di lire 800 con l' importo anche in euro, emesso nel 1999, filigrana stelle tipo IV multipla orizzontale, progettista Francesco Tulli. Non e' un capolavoro..?!1 punto
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Perché è un falso. Ne sono stati fatti a migliaia. Ogni tanto ne salta fuori 11 punto
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Ci vogliono anni di esperienza, bisogna leggere libri e vedere cataloghi d'aste con foto di monete ben visibili. L'ideale sarebbe di frequentare circoli numismatici e ritrovi Numismatici ma ce ne sono pochissimi soprattutto dal centro Italia in giù ed è difficile instaurare un buon rapporto con tutti, un conto è su internet ma poi quando ci si incontra le cose cambiano...... E' sempre stato un mio sogno aprire un Circolo/scuola ma non ci sono riuscito e non credo riuscirò mai a realizzarlo, non è facile , serve molto denaro o tante persone che la pensano allo stesso modo.😪1 punto
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Buonasera e Buona Domenica Rocco. Questo carlino è alquanto particolare perché oltre ad avere il III dopo DG, presenta la sigla inferiore GI e la variante in legenda AR anziché ARA. Sul Magliocca non riesco a trovarla. L'unica che più si avvicina è la numero 37, ma è comunque una doppia variante!1 punto
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L'autore si dimentica forse che il Ducato Veneziano divenne, a Napoli, unità di conto ufficiale (NON MONETA CONIATA A NAPOLI) cito da (breve ricerca, probabilmente google potrebbe risultare ancora moltoooo utile): Della storia delle finanze del regno di Napoli libri sette di Lodovico Bianchini Pag 115 … è quanto se ne comprendeva ne' nuovi carlini , addivenne che l'argento in confronto dell'oro fosse diminuito di prezzo , e segnatamente nella proporzione di uno a dodici. Ancora nel cambiare l'oro in argento si ricevevano quattro carlini per ciascun' oncia, il quale aggio crebbe sino a carlini cinque. Questi accidenti diedero causa all'introduzione di un numero di monete d'oro straniere, in ispezialità de' fiorini e de'ducati,… Pag 116 ...Di fatti cessò l'uso di contrattare ad oncia di oro , siccome erasi per tanto tempo praticato, ed invece in grazia del credito che godevano i ducati veneziani ed i fiorini si conteggiò con questi, ragguagliando però ciascun carlini e tarì. laonde la proporzione tra l'oro e l'argento tornò ad essere come di uno a dieci e mezzo. Queste cose avvenivano dalla fine del regno di Carlo II sino a quello di Ladislao , nella quale epoca il carlino di argento si tramutò nella nostra unità monetaria... Pag 135 … una specie di transazione co' pastori della Puglia e dell'Abruzzo, ed anche di altri luoghi , permettendo loro potessero da quel tempo in avanti venir in quei prati a prender pascolo pagando la fida… Il qual tributo di fida era di ducati otto veneziani per ogni cento pecore regnicole (quel ducato era uguale a carlini undici di nostra moneta), ducati sei per le pecore straniere , e ducati venticinque pe' così detti grossi animali, … ecc. UNITA' DI CONTO!!! (scritto nero su bianco [cit. Perfetto])1 punto
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Mia impressione. Il Lotto 323, di cui non si cita sia il peso sia il diametro, e’ un 1622 che presenta un globetto/punto (evidente) all’inizio di PHILIPPVS. Esemplare non citato dal Magliocca (salvo errori). Peraltro, visionando meglio l’esemplare, all'esergo del D/ dovrebbe essere presente un rosone. In questo caso, l’esemplare sarebbe da ascriversi al tipo 148 del CNI (forse si intravvede anche un punto dopo il millesimo). Peccato per i dati ponderali non riportati in catalogo.1 punto
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È quello che sicuramente voleva dire @gennydbmoneye che ho notato io. Credo lo stesso @Rocco68. A me piace molto per fattura, integrità, modulo ampio e poi è una bella 23. Saluti Alberto1 punto
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Rasoio in bronzo dalla Domus del Rasoio Imola: nell’ex refettorio del Convento è quasi pronta la Domus del Rasoio Approvato il progetto di fattibilità della nuova sezione archeologica, dedicata alla dimora romana, nel Museo civico San Domenico A Imola il Museo civico San Domenico, diretto da Diego Galizzi, avrà a fine settembre la nuova sezione archeologica, di cui si parla dal 2022, denominata «Domus del Rasoio». Nei giorni scorsi, infatti, la giunta comunale imolese ha approvato il progetto di fattibilità tecnico-economica necessario ad allestire l’area, affidato alla società pubblico privata Area Blu spa (nasce nel 1996 e oggi è composta da Consorzio A.M.I. e dai comuni di Imola, Dozza, Castel San Pietro Terme, Medicina, Mordano, Castel Guelfo e Province di Bologna e Forlì Cesena). Al termine dei lavori al San Domenico (consolidamento strutturale dell’ex refettorio, percorso espositivo sospeso sui reperti accessibile anche ai portatori di handicap, impianti per il controllo di temperatura e umidità per un costo complessivo di 500mila euro grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Imola), verrà così resa visibile la Domus del Rasoio, risalente al I secolo a.C. Questa domus romana, un’antica abitazione aristocratica individuata alcuni anni fa proprio nell’ex refettorio del complesso, oltre alle tracce strutturali presenta importanti mosaici pavimentali già restaurati e ricollocati in loco nonché alcuni reperti tra cui un pregevole rasoio in bronzo con impugnatura a testa di pantera che dà il nome al ritrovamento e un bronzetto raffigurante un Lare, divinità protettrice del focolare domestico: dopo l’età romana, per secoli, il luogo risultò abbandonato, fino al XIII secolo quando nell’area i frati domenicani impiantarono prima un’officina per la produzione di campane e più tardi un refettorio conventuale. «Questo progetto è di grande valore culturale e identitario per la città, concludono in una nota gli assessori comunali ai Lavori pubblici Pierangelo Raffini e alla Cultura Giacomo Gambi: ci sarà la piena valorizzazione della Domus del Rasoio, un ritrovamento archeologico straordinario che racconta le radici romane di Imola». Bronzetto raffigurante un Lare, divinità protettrice del focolare domestico https://www.ilgiornaledellarte.com/Articolo/Imola-nellex-refettorio-del-Convento-e-quasi-pronta-la-Domus-del-Rasoio1 punto
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Salve,prova prima ad andare di benzotriazolo per passivare un eventuale cancro,ma qua la patina è fragile e il benz.ha un blando effetto consolidante.comunque male non fa.per l'uso lo trovi in rete o in questo forum,non temere di usare dosi più elevate.tienila in osservazione e a seconda dell'evolversi ti potrei dare privatamente qualche consiglio poco ortodosso1 punto
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Bella e storica @fapetri2001, trattandosi della mia città natia, ma con breve riassunto storico a lato un po' "ingannevole" e propagandistico 🙂 . La città con la sua contea e territori, dopo la morte del Conte Leonardo di Lurngau nel 1500 ( casato teutonico ) che aveva sposato Paolina Gonzaga, fu lasciata in eredità alla sovranità d'Austria, il cui regnante era Massimiliano I°, questo perché Leonardo non aveva avuto figli eredi. I veneziani che provarono ad accampare i diritti ereditari, occuparono brevemente dal 1508 al 1509 per meno di un anno la città, per poi ritirarsi definitivamente. Carlo X di Francia si recò in esilio a Gorizia nel 1836 con il suo seguito, per poi morire di colera dopo pochi mesi ed è tutt'ora sepolto nel monastero di Castagnevizza ora Slovenia. Quindi queste terre, ovvero la Venezia Giulia con Gorizia e Trieste ( che ha una storia diversa dal Friuli ), non furono mai italiane prima della fine del conflitto bellico della Prima Guerra Mondiale nell'Agosto del 1916 e Trieste addirittura nel 1918, passando al Regno d'Italia il 12 Novembre 1920 con il Trattato di Rapallo. La cartolina del 1817 è bella ed in essa è raffigurata l'antica chiesa in stile barocco del 1767 di Sant'Ignazio, con a sinistra la vecchia caserma militare asburgica il tutto ripreso dal colle del castello, simbolo della città.1 punto
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grazie ma... c'è qualche fiera tipo Veronaphil a Madrid o devo andare a caccia di negozi ? Nel secondo caso non penso mia moglie approverebbe il viaggio...1 punto
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Letto tutto di un fiato. Ti faccio i miei complimenti Raffaele per questo tuo nuovo lavoro. Una disamina direi... perfetta! Grazie per il tuo tempo che spendi per la conoscenza dei fatti del nostro meridione e in particolare di Salerno.1 punto
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Ricordo quando il grande Totò diceva che aveva attraversato L'ALTO ADIGE.1 punto
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Ora non mi viene in mente se ci furono emissioni di francobolli in merito alla tubercolosi, probabilmente si ma non mi sovviene quando.. ... ci furono comunque molte emissioni "erinnofile" quindi non di francobolli ma bensì di chiudilettera non emessi dallo Stato come i francobolli ma da organizzazioni private.. ..venivano emessi come parte di campagne di sensibilizzazione e raccolta fondi dalla Federazione Italiana Fascista per la lotta contro la tubercolosi, iniziarono nel 1931 e continuarono fino al 1940. Alla tua domanda deve essere chiaro che servivano esclusivamente a raccogliere fondi e mai potevano essere utilizzati per affrancare la posta in quanto non erano dei francobolli ma "erinnofili" quindi etichette. Sotto posto alcuni esempi dove sono anche su buste viaggiate ma sempre come etichette erinnofile mai come francobolli per affrancare: Questi erinnofili sono molto interessanti e hanno un loro collezionismo, personalmente io ne sono molto affascinato e li colleziono avidamente. Molti sono più rari dei francobolli in quanto non sopravvissuti e non giunti a noi, al contrario dei francobolli non si conoscono le tirature di questi erinnofili e questo li rende piu' rari. Sono comunque parte della Filatelia a pieno titolo. Spero di essere stato utile e di aver chiarito.1 punto
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Si evidenziano incomprensibili lacune nel sistema di referaggio, oltre che per la R.I.N., anche per i Quaderni Ticinesi... Il triste declino del metodo e del rigore scientifico a favore della più comoda divulgazione sensazionalistica?1 punto
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Se c’ è un utente coerente e aggiungerei saggio, oltre che molto ben ‘letto’ ( allocuzione per erudito) questo e’ @talpa. Tacciarlo d’inconferenza mi suona di dissennatezza. anni fa conobbi un siciliano, autodidatta ma molto intelligente. Studiava alacremente le fonti e tutto quello che trovava sul periodo normanno e svevo. Si era messo in testa un’interpretazione storica che riguardava l’inizio della dominazione normanna in dissenso con quella di tutti gli storici accreditati. Ci credeva pero’ talmente tanto che volle pubblicare un libro con la sua tesi a tutti i costi. Non trovo’ nessuno che gli pubblicasse il suo libro, dovette pagarlo di tasca propria e nonostante gli sforzi per pubblicizzarlo da piu’ parti resto’ alla fine lettera morta. Non du mai riconosciuto come storico originale ma soprattutto le sue tesi non fecero alcuna breccia. Forse non cosi fondate come lui - in perfetta buona fede - credeva. e’ il sano confronto tra studiosi che porta avanti la ricerca e fa emergere le tesi piu’ corrette, che si affinano via via in un processo virtuoso. L’onanismo dottrinale raramente produce germogli di sapienza.1 punto
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Su questo sono d'accordo con te: il dono della sintesi non è tra le mie qualità, ahimè. Purtroppo, vedo che non riusciamo a comunicare: io parlo di metodo e tu di contenuti (su cui, se potrò e lo riterrò opportuno, mi ci soffermerò qualora abbia qualcosa da approfondire in maniera più puntuale. Ma anche questo l'ho già detto più volte). Io ti chiedo: "come stai?" e tu mi rispondi: "fuori piove". Visto che non vorrei ripetermi all'infinito, a mo' di pappagallo, il mio contributo alla discussione l'ho dato: chi vuole cimentarsi nella lettura, non potrà farmi altro che piacere. Per ulteriori chiarimenti, laddove mi sarà possibile, ovviamente la mia disponibilità è scontata. Per il resto, chi ha orecchie per intendere, intenda, altrimenti non fa nulla. Per il significato del termine "detrattore" e per le relative accezioni: Detrattóre - Significato ed etimologia - Vocabolario - Treccani A presto!1 punto
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Vorrei lasciare solo un piccolo commento a margine, visto che la questione mi tocca da vicino: ho riflettuto a lungo prima di intervenire e scrivere queste brevi considerazioni perché, visti i presupposti, non ero pienamente convinto di farlo. Tuttavia, rispondo in questa discussione, ma il mio discorso è più ampio e si adatta bene anche ad altri topic simili su temi e pubblicazioni affini. Con questo, non voglio assolutamente far perdere altro prezioso tempo (che non ha – l’ha ripetuto fino alla noia in vari contesti come questo) al nostro Amico, ma, impiegandone un po’ del mio, non posso fare a meno di notare che, quando la nave inizia ad affondare, il capitano, in questo strano caso, sia il primo ad abbandonarla. Dopo un’attenta lettura di quest’ultimo affascinante capitolo di quella che sembra essere effettivamente una interminabile “saga”, com’è stata definita precedentemente in tale contesto, aggiungerei dai parziali contorni “fanta-numismatici”, mi è parso superfluo e del tutto inutile procedere con una lunga disamina dei punti deboli di tale ricostruzione: ne sarebbe uscito un altro corposo saggio che, oltre a risultare scomodo per qualcuno, avrebbe dato eccessiva visibilità a questioni che non la meritano. Non è detto, tuttavia, che gli scritti del nostro Amico, trattati con la dovuta attenzione, non possano fornire, nel prossimo futuro, l’assist necessario per correggere il tiro e segnare finalmente un punto a favore delle scienze storico-numismatiche: d’altra parte, come è ben noto ai professionisti del settore, la ricerca storica, così come quella numismatica ad essa affine, comporta dei rischi a cui nessuno si può sottrarre. Da qui, il richiamo e l’invito, come vedremo nel corso di questa mia raccolta di osservazioni, alla prudenza. Mi è parso, inoltre, superfluo approfondire i singoli punti, in primis perché la maggior parte delle criticità si sono già rese evidenti agli occhi dei lettori più attenti; in secondo luogo, perché non si può discutere scientificamente di qualcosa che non è scientificamente fondato: non basta saper citare fonti, bibliografie e documenti per riconoscere la scientificità di un elaborato, ma, come dirò qui appresso, è il metodo ad indirizzare buona parte della ricerca e a determinarne la propria validità scientifica. D’altronde, «una cosa è lo strumento, un’altra è la scienza» (M. Bloch, Apologia della storia o Mestiere di storico, a cura di M. Mastrogregori, Milano, 2024, p. 134): già raccogliere e selezionare i documenti più utili per il proprio lavoro è, per lo studioso, uno dei compiti più complessi; figurarsi, ora, passare alla loro esegesi. Occorre una buona dose di accortezza in questa fase, a maggior ragione se i documenti ufficiali sopravvissuti sono relativamente pochi e ci consentono di ricostruire solo uno spaccato parziale e non il quadro generale della questione: «il pericolo inizia solamente quando ogni fonte di luce pretende da sola di illuminare tutto» (p. 248). Perché, per quante fonti possiamo disporre in ogni periodo storico, esse non saranno mai in numero sufficiente per ricostruire minuziosamente l’intero panorama degli eventi: tentiamo di avvicinarci ad esso con gli strumenti che abbiamo a disposizione di volta in volta, ma, al massimo, possiamo solo sottolineare alcuni aspetti del tutto. Infatti, mi è sembrato di individuare nuovamente il vero problema di questi scritti nel metodo d’indagine adottato, lo stesso con cui i documenti vengono man mano approcciati ed interpretati. Il merito principale del nostro Amico – ormai è palese ai più – consiste nel pubblicare documenti e testimonianze d’epoca in maniera filologicamente corretta (anche se non sempre possiamo parlare di edizioni critiche che seguono i classici criteri paleografici e diplomatici), ma il metodo d’interpretazione che poi viene ad essi applicato è finalizzato solamente alla dimostrazione di una o più idee che già sono insite nell’ipotesi iniziale a priori. In altre parole, non è la pubblicazione e la lettura del documento, laddove esso esista e ci sia giunto, a dimostrare i passaggi chiave di questo o di altro suo studio, bensì la dinamica è inversa: il documento viene interpretato e finanche, in alcuni passaggi, forzato al solo fine di arrivare alle conclusioni che egli ha già preconcette, ovvero «quando il giudizio pende da una parte, non si può evitare di volgere e torcere la narrazione in quel senso» (M. de Montaigne, Essais, a cura di A. Thibaudet, Paris, Gallimard, 1953, libro II, cap. X, p. 459 [ed. it. F. Garavini, Milano, Bompiani, 2012, p. 743]). È, questo, uno degli errori di metodo più comuni tra gli storici non professionisti, il che non è una novità: «le lunghe minuzie dell’erudizione storica, del tutto capaci di divorare una vita intera, meriterebbero di essere condannate come spreco di energie assurdo, quasi criminale, se avessero come unico risultato quello di rivestire con un po’ di verità uno dei nostri svaghi» (pp. 37-38). Ed è proprio quello che accade tra queste come in altre pagine a firma del nostro Amico: l’erudizione da lui messa in campo, con questi continui scoop e scoperte inseguite quasi ossessivamente ad ogni costo (come se l’unico senso della ricerca scientifica fosse quello di presentare ogni volta un elemento di novità da presentare tra squilli di tromba e rulli di tamburi), ha il solo scopo di «rivestire con un po’ di verità» una teoria a monte già data. In altre parole, quest’«immodesta sicurezza di sé» devia dalla cultura del dubbio, già di pirenniana memoria, che costituisce una delle basi fondanti, ma non esclusive, del metodo storiografico moderno e si imbatte, invece, in quella serie di errori e refusi che già Bloch riconosceva «in qualche modo suggeriti dai suoi testimoni» (p. 165). Estremizzando, forse, si potrebbe esemplificare tale meccanismo vizioso con un aneddoto narrato dal nostro storico: «smanioso di far prevalere le proprie tesi sulla trasmissione dei caratteri acquisiti, il biologo viennese Paul Kammerer produsse lui stesso, con iniezioni d’inchiostro di china sulle zampe dei suoi rospi, le supposte escrescenze nuziali che poi avrebbe mostrato trionfalmente come l’effetto di adattamenti ereditari». E sono proprio casi simili che inducono gli studiosi a ricorrere alle «regole ordinarie della critica della testimonianza» e, quindi, ad interrogarsi sul metodo e sulle sue problematiche, per evitare di incorrere in false o inquinate piste (anche queste citazioni sono tratte tutte da Bloch, Apologia della storia cit., p. 114). Tali “incidenti di percorso”, dunque, furono, sono e – mi auguro in misura progressivamente minore – saranno sempre presenti, sebbene in percentuali ridotte, all’interno della parabola evolutiva della ricerca, qualsiasi campo d’indagine essa abbia per oggetto. Perché di questo si tratta: le fonti, la bibliografia, i documenti, maneggiati in assenza di metodo critico, languiscono nel campo dell’erudizione o, al massimo, di un’utile ricerca antiquaria, ma non sono capaci di andare oltre. La critica, infatti, è come una «specie di torcia che ci illumina e ci conduce lungo le oscure strade dell’antichità, aiutandoci a distinguere il vero dal falso» (L. Ellies Du Pin, Nouvelle bibliothèque des auteurs ecclésiastiques, I, Paris, A. Pralard, 1690, p. 13). Se ne erano consapevoli già gli autori del XVII secolo – e, anzi, fu proprio all’epoca che le opere critiche iniziarono a muovere i loro primi passi, soprattutto in ambito dell’esegesi biblica e successivamente anche storiografica (penso, per rimanere in tema, a Pierre Bayle, il quale aveva già capito come tale metodo si potesse applicare ad un’infinità di opere e campi diversi del sapere) –, come mai ce ne dimentichiamo così facilmente ancora nel nostro tempo? Nonostante tutti i suoi successivi perfezionamenti, aggiungerei. D’altronde, la conduzione di un simile metodo ha portato a scardinare, allontanandoli tra loro, alcuni nessi di causa ed effetto su cui si regge la ricostruzione storico-numismatica, approdando a ben altre conclusioni. Per dirla con le felici parole – ancora una volta – di Bloch, che, mi pare chiaro, abbiamo eletto a nostra guida in tale frangente, «l’errore sulla causa si trasforma, come succede quasi necessariamente, in terapia sbagliata» (p. 92). Questo non si traduce, in ultima analisi, con la preclusione nei confronti di alcuni protagonisti di occuparsi di storia e di numismatica, anche a determinati livelli, né che queste discipline siano solo appannaggio di una ristretta cerchia di studiosi accreditati, bensì, più propriamente, significa sottolineare come esse debbano essere trattate con il dovuto rigore metodologico e con la giusta prudenza intellettuale, soprattutto se si è decisi ad agire in contesti scientifici, perché la storia, così come altre scienze, gode di punti fermi assoluti, ma è costellata di altrettanti – e forse più numerosi – punti oscuri che non le consentono, al pari della numismatica, di farne una disciplina ammantata di certezze. Infatti, già Bloch aveva intuito che «le certezze della storia sono ancora a uno stadio molto meno avanzato» (p. 44): e la situazione, ad oggi, non è mutata così tanto. I problemi e gli errori di metodo non sono sempre difficili da individuare, soprattutto per gli “addetti ai lavori”, ma ardui da risolvere nel momento in cui quello sfoggio di erudizione, a cui ci si richiamava precedentemente, è funzionale all’aumento dell’ego personale: e questo fenomeno mi pare pacifico anche dai toni usati ed emersi in questa discussione (ma non è la prima volta), non da ultimo quello sprezzante, emerso nel momento in cui viene citata qualche mia pubblicazione scientifica sull’argomento. Come è stato giustamente sottolineato anche in questa sede, senza un dibattito e un confronto costruttivo, oltreché scientificamente fondato non solo sui documenti (questi ultimi subentrano solo in un secondo momento), quanto più sull’adozione di un metodo storiografico valido in grado di comprendere tali fonti, questi suoi scritti, seppur con i dovuti pregi, approdano a conclusioni quantomeno discutibili e poco condivisibili; a maggior ragione ora che si delinea un quadro quasi surreale nel quale sono stati tirati in ballo eventuali grandi “guru” e “poteri forti” della numismatica che metterebbero a tacere le voci della presunta verità mediante complotti mirati. Neanche stessimo trattando, soprattutto in questa sede, di fantascienza con tanto di complotti e man in black della numismatica, ovviamente sottomessi a non meglio specificati “poteri forti” ed operanti sotto la loro egida, che tentano di intimorire e mettere a tacere i veri studiosi con la presunta verità in tasca. Il che, per carità, si sposa perfettamente con la “fanta-numismatica” praticata a tratti dal Nostro, ma mi lascia con un sorriso amaro sulle labbra il constatare come le nostre amate discipline, anziché essere trattate con il giusto metodo ed il rigore che richiederebbero, vengano esposte in tal modo su vetrine internazionali, evidentemente a digiuno di tali tematiche settoriali e, come si vedrà, ad esse poco o per nulla avvezze, e quindi incapaci, in assenza di strumenti critici adeguati, di emettere un giudizio metodologicamente fondato. Inoltre, come è stato già evidenziato, il criterio di riordino delle emissioni degli augustali, da cui deriva anche tutto un discutibile sistema di datazioni, è a dir poco risibile e non ha nulla di assimilabile alla scientificità che ci si aspetterebbe da una pubblicazione che si presenta in tale veste: anzi, mi meraviglio pure che abbia trovato seguito e accoglienza in una rivista con tanto di peer-review (questa, se ce ne fosse ancora bisogno, è l’ennesima conferma di ciò a cui mi riferivo poco più sopra)! Per dimostrarlo, infatti, mi sarà sufficiente chiedere cosa sarebbe successo agli augustali, e alla loro relativa sistemazione cronologica basata sui paragoni con le monete romane e bizantine, qualora si fossero individuati ritratti monetali afferenti agli stessi imperatori ma di stili completamente diversi rispetto a quelli selezionati dal nostro Amico nel suo lavoro: tanto per fare un esempio, i ritratti sugli assi o sui sesterzi di Domiziano (per limitarci al bronzo – ricordo che anche io ho una buona esperienza in campo di monetazione classica: sono stato, tra l’altro, curatore per ben due anni, qui sul Forum, della sezione di monete romane repubblicane) sono tutti uguali, in termini stilistici, a quello pubblicato dal Nostro per eseguire il confronto con il relativo augustale? Oppure si conoscono anche altri ritratti monetali del suddetto imperatore, stilisticamente differenti da quello selezionato nella pubblicazione, che sarebbero da soli sufficienti a smontare tutto questo inutile castello di carte? E siamo proprio così sicuri (le certezze della storia e della numismatica!) che tra le mani di Federico II e dei suoi funzionari capitò proprio e solo quel ritratto monetale di Domiziano, anziché un altro di tipo e fattura diversi? I richiami al mondo classico, custoditi nei caratteri iconografici ed epigrafici dell’augustale federiciano, sono ovviamente chiari e innegabili – e sono stati appurati da studiosi di ben altra caratura –, ma qui mi sembra che si stia andando un attimino oltre. Tra l’altro, questo sistema di classificazione e datazione, evidente prodotto dei problemi di metodo fin qui evidenziati, non può essere nemmeno scusato con il pretesto di una futura ottimizzazione: cosa dobbiamo ottimizzare se tale sconclusionata catalogazione si regge su basi così inconsistenti e facilmente opinabili? Mi chiedo, dunque, se siamo arrivati a tanto – il che è davvero triste –, quali siano le prospettive future per scienze come la storia o la numismatica se continueranno ad essere bistrattate in questo modo, senza metodo, senza prudenza e senza senso critico? In altre parole, prima di mettere mano alle fonti e ai documenti e a spendere a livello internazionale i propri titoli, sarebbe quasi un dovere morale per ogni studioso che intenda scrivere di storia o di altre discipline ad essa affini, come la numismatica, accostarsi ad una lettura, come quella di Bloch, che avvii allo studio metodologicamente ragionato e fondato della storia: il nostro Amico dovrebbe avere – mi auguro – una certa familiarità con testi di tal fatta, ed in particolare con le pagine di Bloch, non solo in virtù della sua recente formazione, ma vieppiù se pensiamo che proprio in Spagna, prima che altrove, il lavoro del nostro storico-guida fu dato alle stampe proprio con la chiara intenzione di fornire uno strumento di introduzione al metodo storiografico! Se accantoniamo tutto ciò, il risultato sarà quello di rimanere nel recinto del dilettantismo erudito, per quanto virtuoso e utile esso sia.1 punto
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