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Contenuti più popolari

Elenco dei contenuti che hanno ricevuto i maggiori apprezzamenti il 09/19/25 in tutte le aree

  1. Posto una mia (sebbene in slab).
    5 punti
  2. Un successo straordinario: Grazie a tutti Ancora con gli occhi pieni di gioia e il cuore gonfio di gratitudine, guardiamo queste immagini che raccontano un'esperienza indimenticabile: Calabria Colleziona 2025 è stato un vero trionfo! Dalle foto si evince chiaramente l'enorme affluenza e l'atmosfera vibrante che ha animato ogni angolo dell'evento. Stand affollati, sorrisi, scambi appassionati e momenti di approfondimento hanno dimostrato che il collezionismo è più vivo che mai, specialmente qui in Calabria! Il successo di questa manifestazione è frutto di un lavoro di squadra eccezionale e di una visione ben precisa: Mettere al centro l'aspetto culturale. E in questo, la superba direzione del direttore Nicolò Giaquinta @jaconico è stata la nostra stella polare, garantendo una qualità e un'attenzione ai dettagli che hanno fatto la differenza. Un grazie immenso per la sua inesauribile passione! Un ringraziamento di cuore va ai nostri relatori di altissima qualità: Mattia Rescigno @Mattia Rescigno_ Salvatore Rubino e il Professore Caroccio, che con le loro profonde conoscenze hanno arricchito ogni sessione, trasformando la curiosità in vera cultura. E come non menzionare le due mostre di spessore, curate egregiamente da Pierpaolo Pisano e dallo stesso Nicolò, che hanno offerto percorsi espositivi unici e coinvolgenti. Dietro a tutto questo c'è l'impegno instancabile dei soci e l'organizzazione impeccabile di Collezionare RENDE Associazione Culturale. Un applauso speciale al nostro Presidente, Marco Mele, la cui innata pacatezza, saggezza e cortesia sono state un faro in ogni momento. E un grazie di cuore a tutto lo staff, veri pilastri dell'evento: Enrico Reda e Biagio Antonio Mazzulla per la loro energia e il loro supporto costante. Le loro gentilissime signore, che hanno gestito ogni aspetto con grazia e precisione. Il nostro esperto grafico Alessandro Berardi, che ha dato forma alle nostre idee. Il nostro energico commercialista Marco Bonaro, sempre prezioso e presente. Il vulcanico Francesco Salerno, un'anima trainante e insostituibile. Un ringraziamento speciale a Marika, compagna del nostro Nicolò, per il suo fondamentale supporto nel video marketing e nella grafica: La sua creatività ha dato voce e immagine al nostro evento! Sono onorato di aver dato il mio contributo in questa nuova, entusiasmante avventura. E come non menzionare il carissimo Antonio Pezzulli per tutto l'affetto sincero e la mia compagna di vita Alessia Mele, il cui supporto morale e logistico è stato fondamentale. Mi avete coccolato e fatto sentire davvero speciale. Grazie a tutti gli amici che, ancora una volta, vi siete adoperati con grandi sacrifici economici e fisici per la buona riuscita dell'evento. Posso tranquillamente definirlo: "Un Grande Successo!" Ma nulla nasce per caso! L'obiettivo principale era fare rumore, distinguerci da tanti eventi "visti e rivisti", mettendoci anima, cuore e passione, tratti identitari non comuni a tutti. Crediamo nel nostro piccolo di esserci riusciti! Vi aspettiamo per la nuova edizione, ancora più entusiasti, comunicativi, energici e reattivi...con il nostro motto di sempre: "Più siamo...più ci divertiamo!" E per la futura edizione, il nostro motto sarà "Calabria Colleziona: Energia pura, cultura ed avventura!"
    5 punti
  3. Partecipo con questa moneta da 10 centesimi 2021 del Vaticano, regnante Papa Francesco, trovata stamane nei resti della spesa al mercato, nel borsellino di mia moglie (per fortuna che controllo sempre...). Non dovrebbe essere circolante, coniata solo in 45.000 pezzi in set.
    4 punti
  4. Buon pomeriggio! Parma Oggi ho il piacere di presentarvi un francobollo del 1852: 5Centesimi nero su carta colorata. Dentellatura assente come nella maggioranza dei francobolli dell'epoca. Assente anche la filigrana... Come sempre, un vostro commento è sempre gradito Saluti
    3 punti
  5. 3 punti
  6. Medaglia Lauretana, bronzo/ottone seconda metà del XVII sec.- D/ Madonna di Loreto con Gesù Bambino a SX, tra due lampade votive.- R/ Crocefisso di Numana, volgarmente detto e conosciuto di Sirolo, anepigrafe.- Ciao Borgho
    3 punti
  7. Questo non è lo stemma dei Gastaldello: ma dei Giandolin. Mentre questo: non è dei Giandolin, ma dei Gastaldello. Santin non ci azzecca nulla in questa Osella.
    3 punti
  8. il 25 ottobre, ore 16, presso la sede della Deputazione di storia patria di Parma, avrò il piacere di presentare il mio nuovo libro, e l'onore di essere presentato dal Prof. Michele Asolati per chi fosse in zona....., sarà un piacere incontrarvi
    2 punti
  9. Carissimi, con grande soddisfazione vi segnalo l'uscita del volume n. 4 della rivista Kalkas, da questo numero anche in modalità open access (https://www.kalkas.it/). Il volume in questione è dedicato al collezionismo storico e contiene due saggi di Numismatica. Buona lettura e buon weekend a tutti!
    2 punti
  10. Buongiorno, dentro un accumulo di monete mondiali, ho trovato questo curioso gettone, svizzero, da 5 centesimi, buono per l'acquisto del corriere della Sera e il Secolo. Dalle informazioni che ho trovato, dovrebbe essere della fine del XIX° secolo, all'epoca i giornali costavano 5 centesimi
    2 punti
  11. Ciao @miza, bello ed anche ben centrato con i suoi bordi !
    2 punti
  12. In vendita il “Taupō invert” 18 Set 2025 - DALL'ESTERO Nuova Zelanda - Conosciuto in un unico esemplare, il 20 settembre verrà ceduto dall’attuale proprietario, l’operatore postale Nz post. Prezzo di partenza: 250mila dollari locali In vendita il 20 settembre Il Vaticano vorrebbe vendere il suo archivio di francobolli ricevuti nel tempo dall’Unione postale universale? È uno dei capitoli “misteriosi” che, purtroppo, negli ultimi anni hanno appesantito, per colpa di discutibili silenzi, i rapporti tra la sede e il mondo del collezionismo. Trasparente è invece l’operatore postale di Nuova Zelanda, Nz post: ha deciso di mettere all’asta quella che definisce la carta valore più rara del Paese. Avverrà il 20 settembre a Wellington tramite l’azienda Mowbray collectables. Prezzo di partenza: 250mila dollari locali. Il “Taupō invert”, così è passato alla storia, è un 4 pence raffigurante il lago Taupō e appartenente alla serie “Pittorica” del 1902-07, la quale riutilizzava i disegni della precedente emissione risalente al 1898. Per errore venne stampato con il centro invertito. Sebbene il foglio avesse ottanta esemplari, ne è stato trovato solo uno. Venne utilizzato nel 1904 su una lettera inviata da Picton. Lo scoprì nel 1930 l’agricoltore inglese Jack Dennett, trovandolo nella sua collezione d’infanzia. Fu venduto all’asta l’anno successivo per 161 sterline. Riapparve nel 1980, quando passò a un acquirente statunitense tramite commercianti francesi per 110.500 franchi. Successivamente risulta menzionato in diverse mostre e nei cataloghi, finché, nel 1998, venne acquistato da Nz post per 125mila dollari in concomitanza a una ristampa commemorativa, motivata dal centenario, della prima emissione. Dal 2010 è in prestito a lungo termine presso il Museo nazionale. E ora è pronto per la nuova transazione.
    2 punti
  13. Grazie come sempre. Questa cartolina é l' esempio di quelle che io chiamo " ordinate e pulite" , nel senso che non presentano scarabocchi, macchie ed hanno timbri perfettamente visibili e dritti 😃
    2 punti
  14. https://www.erroridiconiazione.com/a-1-monete-annullate/
    2 punti
  15. Buon Pomeriggio a Tutti, oggi condivido con voi questo scudo entrato da poco in collezione proveniente da un'asta, si tratta di un 5 lire del 1859 zecca di Genova, Vittorio Emanuele II° per il Regno di Sardegna, moneta rara secondo i cataloghi. Questo esemplare assieme a quello della zecca di Torino ( R3 ), presentano nella leggenda a diritto la variante senza il punto ... SARD CYP . anziché ... SARD . CYP . La conservazione è quella che è, forse nemmeno BB. Voi cosa ne dite ? Grazie.
    1 punto
  16. Si puo' vedere parzialmente in alcuni esemplari qualcosa di simile...
    1 punto
  17. Questa è la bandiere controvento, è costosa.
    1 punto
  18. Sposto nella sezione corretta.
    1 punto
  19. Buonasera É regolamento ed anche un modo per fruire del forum per sempre. I link prima o poi si perdono. Non bisogna pensare a soddisfare una richiesta nell'immediato e il resto nulla, in un forum ci si proietta anche per future richieste e chi vorrá sapere su questo quesito, ne potrá giovare vedendo delle foto, non link corrotti.
    1 punto
  20. Perfetto. È proprio lui. Il problema è che è vero che la moneta è più gradevole con questo "unto", ma é solo sporco, un residuo credo generato proprio dalla plastica. Quindi non è reale, è finto, una manipolazione. Non a caso le case d'asta fanno finta di niente (e non a caso io scarto queste monete). Per me è è da rimuovere e poi le monete vanno poste in un altro contenitore.
    1 punto
  21. Se tu consultassi un catalogo cartaceo sapresti come distinguerli.. i cataloghi online non approfondiscono.. si studia con i cartacei specializzati. Comunque l' ho anche scritto leggi attentamente.. si vedono le due stellette sul bavero.
    1 punto
  22. se della fine del XIX° secolo, "il secolo" dovrebbe essere "Il Secolo XIX", fondato nel 1886. L'unica alternativa che conosco è "Il Secolo d'Italia", che però mi risulta fondato nel 1952. come gettone del Secolo XIX avevo già visto questo altro, ma in argento, con tanto di punzoni, quindi presumo molto più recente (immagini prese da Asta Roccaro)
    1 punto
  23. La colpa è tua Carlo, ricordi l'altro ieri quando mi hai scritto quanto segue : "Attendo di vedere gli altri tuoi acquisti, non ci credo che ti sei aggiudicato solo questo! 😁" 🤣🤣
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  24. male Alan! prepari il materiale per il post e parti senza una foto del bordo! come si fa a darti un segno meno sul registro?
    1 punto
  25. La tua e' una catalogazione storico filatelica, fai bene a farla e mantenerla con la collezione che ne valorizzerà l' insieme, sarà un'ottima lettura per le sere fredde e piovose d'inverno di fronte al fuoco.. magari con i nipotini che avranno modo di vedere quello che non avrebbero mai avuto occasione di vedere. 👍
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  26. Pesa 2,62 grammi, dovrebbe essere alluminio
    1 punto
  27. Cartolina con propaganda di guerra con VINCEREMO a sx, da 30c bruno su crema dell' Imperiale, emissione del 7.8.1942.... ....annullata da un meccanizzato con linee ondulate doppio cerchio di BERGAMO ARR. E PART. del 7 VI 43 XXI A.E.F. Mai comuni.. sempre unici questi oggetti postali che hanno fatto viaggiare grandi e piccole storie di vita. Ottimo acquisto. Se ho saltato e dimenticato qualche discussione riportala tranquillamente all' attenzione.
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  28. Si gli annulli sono del 1908 (6.2.1908) , ne ho certezza controllando la tariffa per l' invio per il distretto, se fosse 1918 la tariffa sarebbe 10c. Quindi la cartolina e' in perfetta tariffa per il distretto ( citta su citta = Palermo su Palermo) con 5c tipo Leoni, questo addirittura di un colore verde smeraldo, sempre bello. Come la cartolina di provenienza inglese sia arrivata a Palermo non saprei dire, ma possiamo presupporre sia stata portata da turisti e regalata a persone del luogo..???
    1 punto
  29. Propendo sempre nel consigliare un catalogo cartaceo (specializzato) dove avrai risposte a tutto.. e' un investimento per te stesso. Un catalogo nuovo di qualche anno addietro (specializzato) costa sui 10€. https://www.vaccari.it/editoria/1x1/index.php?_c=Y2F0&_n=&_s=61
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  30. Mi spiace per la tua disavventura ... l'unico lato positivo è che - ancora una volta - la circostanza denota la magagna della nuova gestione. Mi sorprende che questa volta tirino in ballo le Poste Vaticane che, evidentemente, non hanno verificato il plico e la documentazione prima che questa venisse affidata a UPS. Quando spedisco extra UE se il mio CN23 non è compilato a regola d'arte il pacco non viene accettato da Poste Italiane. A LORO tutto è concesso (con i nostri soldi ovviamente) PS: aggiungo che regna inoltre l'indeterminatezza. A te hanno chiesto la fattura. A me no. Cosa succederà in futuro? Un terno al lotto
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  31. Il problema è proprio questo, è una vita che faccio acquisti online e non ho mai fornito io personalmente la fattura al corriere per poter ricevere la merce, anche da acquisti esteri e quindi soggetti a dazi doganali. Con CFN siamo arrivati al paradosso, loro dicono pagami tranquillo, poi te la vedrai tu con il corriere non è più un mio problema.... quando invece basta inserire la fattura nel plico come fanno tutti, poi se vogliamo dirla tutta hanno scritto delle linee guida e perchè non hanno scritto questa piccola ma fondamentale procedura???, semplice perchè non sanno nemmeno come ci si relaziona con un vettore esterno al Vaticano.
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  32. la butto lì: Grandissima Testa Di C... di MG (queste ultime, immagino siano le iniziali di qualcuno) Intanto io sono ancora tranquillo: ordine fatto il 27/8 ancora "in preparazione": avrò tempo quando sarà spedito per inca...armi 😅
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  33. Per l'Italia ti consiglio il sito Ibolli Francobolli italiani - catalogo completo dei francobolli italiani Qui trovi tutti francobolli italiani a partire dagli Antichi Stati sino alle ultime emissioni + Vaticano e San Marino Potresti anche acquistare un catalogo cartaceo semplificato per pochi euro. Il Sassone Blu potrebbe fare al caso tuo.
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  34. Grazie. Immaginavo Grazie
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  35. Beh! insomma, non è proprio così,il valore è stabilito dal mercato che si basa sulla disponibilità e richiesta, nonché rarità è conservazione... Nel caso delle monete in discussione si parla di 2/3 euro al kilo,e anche se fossero in FDC non avrebbero chissà che valore...
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  36. Corretto, anche per questo problema pensavo a una collaborazione con gli organizzatori del mercato dei libri in piazza Diaz. Di sicuro anche questi espositori devono scaricare il materiale e, stante il peso dei libri, non lo possono fare troppo distante dal banco. Piuttosto che stare fermi ancora per mesi, credo sia meglio organizzare "il Cordusio" una volta al mese fino al momento in cui si arriverà al ripristino della sede storica (io continuo ad avere i miei dubbi ma sarò felicissimo se i fatti s'incaricheranno di smentirmi). Un saluto cordiale.
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  37. Nel post precedente di @Pontetto è emerso una casistica che ho sentito ricorrente… in generale per sua natura l’oro è inalterabile nell’ambiente, nel caso parliamo di una lega d’oro con una frazione di rame e argento pertanto, vi possono essere alterazioni nel lungo andare dovute all’interazione con la parte rameica. “Alterazioni” che possono essere considerate positive o negative a secondo da chi si interfaccia, con i propri concetti personali…patine ecc….ovvero qui entriamo nella natura umana, e tanto altro. Personalmente non penso che il coscienzioso trattamento di pulizia eseguito possa influenzare negativamente sul valore…eventualmente solo un consiglio come una finezza aggiuntiva: l’utilizzo di acqua distillata come ultimo passaggio di risciacquo e tamponamento umido con pura cellulosa. Quest’ ultima là si usa anche negli interventi sulle parti ottiche…per situazioni ordinarie anche una buona carta igienica.
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  38. L'originale è in argento, i falsi sono quasi tutti in ferro/zinco fai una prova con la calamita, se si attacca è falsa
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  39. Scusa di solito 1- si saluta 2- si perde un minuto per porre una domanda di senso compiuto (anche perché non so cosa vuole sapere: valore ? autenticità ? ... ) 3- si allegano le foto 4- ed infine, la cosa più importante: un ringraziamento Se avessi letto il regolamento o al meno un'altra discussione, ne avresti avuto contezza. Non è un rimprovero, ma un promemoria per la prossima volta.
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  40. Potrebbe essere il principale indiziato. Alcune plastiche creano problemi simili. Non sono rari: mi è capitato molte volte, nelle aste, di maneggiare monete d'oro ricoperte da "patine" che si rimuovevano ad un minimo contatto nei campi. Ovviamente ciò non è una buona cosa, lato acquirente, perché nasconde le vere condizioni della moneta (in particolare le hairlines). Anche quelle monete, molto probabilmente, erano inserite in bustine plastiche non adatte
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  41. Salve, è un sesino di Compiano, in provincia di Parma, del principe Federico Landi con ramo di alloro. https://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-COMP/3 https://it.numista.com/catalogue/pieces364816.html
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  42. A proposito sul cambiamento di metallo lo scorso anno era stata aperta una discussione ad hoc:
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  43. LA GUERRA CONTRO I CESARICIDI La morte di Cesare gettò Roma nel caos: i Senatori abbandonarono la Curia, impauriti. Gli stessi cospiratori, che avevano progettato di gettare il cadavere del dittatore nel Tevere, furono presi dal panico e fuggirono; si presentarono al popolo nel Comizio (la piazza del Foro antistante ai rostra), confidando di ottenere dal popolo manifestazioni di giubilo e riconoscenza, ma non fu così e preferirono rifugiarsi sul Campidoglio. Marco Antonio fece portare il cadavere del dittatore a casa; vedendolo passare, la folla ammutolì. La serie RRC 480 comprende ben 22 tipi diversi di monete (oltre a numerosi sottotipi); in molte di esse, tuttavia, il ritratto del dittatore è rappresentato non a testa nuda, bensì con un velo che gli copre il capo. Si ritiene che queste siano state emesse dopo la morte di Cesare: in altri termini, quando si seppe dell’assassinio la produzione continuò, ma gli incisori cambiarono i disegni dei conî aggiungendo il velo che, probabilmente, era un segno di lutto: a conferma di questa interpretazione, c’è un esemplare della stessa serie - RRC 480/22 - che riporta invece il ritratto di Marco Antonio ed ha la barba lunga, chiara manifestazione di lutto secondo la mentalità romana, oltre appunto alla testa velata. _____________________ Scomparsa la guida di Cesare, sulla scena istituzionale si affrontavano tre forze politiche differenti, che cercavano di prevalere l’una sull’altra: i cesariani (oltre a Marco Antonio, Marco Emilio Lepido, figlio dell’omonimo console ribelle), che potevano contare sulla fedeltà dei soldati di Cesare; i cesaricidi, che si proponevano come paladini della libertà repubblicana; l’aristocrazia, guidata da Cicerone, che sperava di ripristinare il governo oligarchico. In questo contesto, il Senato cercò di mantenere le fazioni divise per scongiurare sia l’insorgere di un’ulteriore guerra civile, sia l’ascesa di un nuovo “uomo forte”; questa politica spiega le decisioni, apparentemente contraddittorie, che prese e il caos che ne conseguì. I senatori confermarono quindi la legittimità dei provvedimenti assunti da Cesare (annullarli avrebbe suscitato l’ira dei tanti cui egli aveva assegnato cariche pubbliche: non solo Marco Antonio, ma anche Bruto, Decimo Bruto e Cassio), ma decretarono anche un’amnistia per evitare che i cesaricidi fossero processati per omicidio. Essendo stato deciso che Cesare aveva agito legittimamente (e non, quindi, da tiranno), fu possibile assegnargli l’onore di un funerale pubblico, che venne celebrato il 20 marzo nel Foro; la sua salma fu bruciata presso un piccolo altare eretto dal popolo stesso, che è ancora visibile oggi. A quel punto ne venne letto il testamento; si scoprì che Cesare aveva lasciato 75 denarî a ogni cittadino romano e, a questa notizia, la rabbia popolare contro i cesaricidi esplose incontenibile. Ma c’era anche una sorpresa: il suo erede non era Marco Antonio, come tutti (lui compreso) si aspettavano, bensì Gaio Ottavio Turino; addirittura, Cesare lo aveva anche adottato, talché da quel giorno si sarebbe chiamato Gaio Giulio Cesare Ottaviano. I cesaricidi abbandonarono Roma e quelli cui era stato assegnato (da Cesare stesso) il governatorato di una provincia la raggiunsero: Decimo Bruto in Gallia Cisalpina, Gaio Trebonio in Asia, Gaio Cassio Longino in Siria. Anche Bruto era stato nominato governatore (di Creta), ma preferì fermarsi ad Atene a studiare filosofia. Ottaviano, che si trovava nei Balcani per i preparativi della guerra contro i Parti, capì l’importanza degli eventi: pretese da subito di essere chiamato “Gaio Giulio Cesare” (il cognomen Ottaviano sarà usato solo da Cicerone, nelle sue lettere); sbarcò a Brundisium e, presentatosi ai legionarî là acquartierati come figlio di Cesare, ne ottenne non solo un giuramento di fedeltà, ma anche la consegna del tesoro di guerra (175 milioni di denarî); raggiunse quindi Roma e, siccome Marco Antonio temporeggiava a consegnargli il patrimonio del padre adottivo, provvide con proprie risorse a pagare i 75 denarî che Cesare aveva lasciato ai cives, guadagnandosi grandi consensi. Infine, arruolò un esercito privato (del tutto illegittimo) di 3.000 veterani, assicurando loro uno stipendio annuo di 500 denarî. Il Senato passò allora a contrastate Marco Antonio, che appariva come l’esponente politico più pericoloso. Dapprima Cicerone cercò di farlo allontanare da Roma, pronunciando contro di lui le vementi orazioni denominate “Filippiche” e cercando l’appoggio di Ottaviano. Poi però i senatori, intimoriti da Decimo Bruto, inviarono proprio Marco Antonio a cacciarlo della Gallia Cisalpina; siccome Decimo Bruto non obbedì, Marco Antonio lo cinse d’assedio a Mutina (odierna Modena). Allora il Senato cambiò di nuovo orientamento e, nel 43 a.C., inviò i due nuovi consoli e Ottaviano a muovere guerra contro Marco Antonio. La battaglia di Mutina, nel 43 a.C., fu l’apogeo del caos (Ottaviano, cesariano, combatté contro Marco Antonio, cesariano, per liberare Decimo Bruto, cesaricida) e si concluse in aprile con la sconfitta e la fuga di Marco Antonio, ma anche con la morte dei due i consoli. Nel frattempo, in Oriente, Trebonio fu ucciso da Dolabella che, in qualità di ex console (aveva infatti sostituito Cesare nell’incarico, l’anno prima) pretendeva sottrargli il governatorato della provincia d’Asia; fu il primo dei cesaricidi a morire. Allora il Senato incaricò Cassio (che già si trovava nella penisola anatolica) di combattere Dolabella; al suo arrivo Dolabella fuggì in Siria, per cui Cassio poté insediarsi a Smyrna (attuale Smirne), capitale della provincia d’Asia. In seguito, Dolabella si suicidò. A questo punto Ottaviano riuscì a spostare definitivamente la politica romana a favore della fazione cesariana: tornato a Roma, pretese e ottenne di essere nominato consul suffectus (“console sostituto”, che veniva nominato alla morte di uno dei titolari) unitamente al cugino Quinto Pedio; fece quindi approvare la lex Pedia, che revocava l’amnistia ai cesaricidi, e poi la lex Titia, che nominava lui stesso, Marco Antonio e Lepido triumviri rei publicae constituendae consulari potestate (“triumviri con potere consolare per la ricostituzione dello Stato”) per la durata di 5 anni. I cesaricidi persero ogni speranza di poter vivere pacificamente; Decimo Bruto cercò di fuggire in Gallia, ma fu riconosciuto e ucciso da un alleato di Marco Antonio; Bruto, che ancora si attardava in Grecia, si recò a Smyrna, per preparare una difesa congiunta insieme a Cassio[1]. I processi avviati grazie alla lex Pedia si conclusero con la condanna in contumacia dei cesaricidi e i triumviri si prepararono a muovere guerra contro di loro. _____________________ Bruto e Cassio saccheggiarono le province asiatiche, per costituire un forte esercito da opporre a quello dei triumviri, e fecero emettere moltissimi aurei e denarî con il metallo razziato, fra cui la moneta più famosa di tutto il periodo repubblicano: RRC 508/3, il denario con cui Bruto si vantò di aver ucciso Cesare. Narra Cassio Dione (XLVII, 25) che Bruto “coniò monete su cui era raffigurato un pileo tra due pugnali, per dichiarare, con le figure e anche con la scritta, che egli, d’accordo con Cassio, aveva dato la libertà alla Patria”. RRC 508/3 reca, infatti, il ritratto di Bruto al dritto, un pileus (berretto che veniva posto sul capo degli schiavi affrancati e, quindi, simbolo di libertà) e due pugiones (pugnali da guerra) al rovescio, mentre la legenda recita BRVT. IMP e L. PLAET. CEST (Lucius Plaetorius Cestianus, un monetiere non altrimenti noto) al dritto, EID MAR (idibus martiis, “alle idi di marzo”) al rovescio. Questa iconografia rivela la pochezza e l’ipocrisia di Bruto: è infatti l’apologia di un tradimento, l’unico caso (come ha osservato Belloni) in cui un antagonista politico viene infamato su una moneta; inoltre, Bruto non disdegna di far apporre il proprio ritratto, sebbene avesse ucciso Cesare anche per aver fatto altrettanto. Dopo la sconfitta dei cesaricidi questo denario sarà fatto ritirare dalla circolazione e, quindi, ne sono sopravvissuti pochi esemplari: Campana ha contato 88 esemplari noti ritenuti autentici; in aggiunta a essi, tuttavia, esistono molti falsi, prodotti negli anni perché è un esemplare molto ambito dai collezionisti (nel 2019, un esemplare è stato acquistato a un’asta per 200.000 €, più 50.000 € di spese). ________________________ Marco Antonio, volendosi vendicare delle “Filippiche”, pretese che Cicerone fosse proscritto e, quindi, condannato a morte; Ottaviano, per non far fallire la loro alleanza, non si oppose. Il grande oratore, saputolo, fuggì nella sua villa di Astura (odierna Torre Astura); non sentendosi ancora al sicuro, dopo alcuni giorni si imbarcò per Formia. Fu tuttavia raggiunto e ucciso dai sicarî di Marco Antonio; era il 7 dicembre del 43 a.C. _____________________ Il conflitto tra triumviri e cesaricidi si concluse nell’ottobre del 42 a.C., a Philippi (odierna Kavala, in Grecia settentrionale). Fu uno scontro titanico: combatterono 19 legioni (a ranghi completi) comandate da Ottaviano e Marco Antonio contro 17 legioni (a ranghi ridotti, ma rinforzate da truppe alleate) comandante da Bruto e Cassio; in tutto, compresa la cavalleria, circa 200.000 soldati. Fra quelle le legioni che combattevano per i triumviri erano presenti la X Equestresis (la “favorita di Cesare”) e la VI Ferrata. Il 3 ottobre le truppe di Marco Antonio riuscirono ad aprirsi una strada nelle paludi e attaccarono alle spalle quelle di Cassio, infliggendo loro una grave sconfitta; nel frattempo, tuttavia, le legioni di Bruto assaltarono di sorpresa quelle di Ottaviano, sopraffacendole. A fine giornata la situazione era di nuovo in stallo ma Cassio, credendo che la sconfitta fosse irrecuperabile, si suicidò, lasciando Bruto solo al comando. I due eserciti continuarono a fronteggiarsi sino al 23 ottobre, subendo la fame e le difficoltà che derivavano dalla difficoltà di approvvigionamento; alla fine i soldati di Bruto, esausti per le privazioni, pretesero di scendere a battaglia. Il genio tattico di Marco Antonio fu decisivo: una sua brillante manovra permise di vincere la battaglia; a fine giornata anche Bruto, definitivamente sconfitto, si suicidò. A due anni e mezzo dall’assassinio di Cesare, il disegno dei cesaricidi era definitivamente tramontato, grazie alle abili manovre politiche di Ottaviano (che aveva saputo, fra l’altro, domare e sfruttare la furia bellica di Marco Antonio); di 21 cospiratori ne restava in vita uni solo, tale Gaio Cassio Parmense, un oscuro poeta. Sarà infine rintracciato e messo a morte da Ottaviano nel 31 a.C. _____________________ Dopo la battaglia i due eserciti furono fusi, sotto il comando dei triumviri e i veterani più anziani poterono quindi essere congedati; molti rimasero proprio a Philippi, ove fondarono una colonia. Occorre qui precisare che alcuni legionarî, scelti fra i più fidati e valorosi, avevano il compito di proteggere il comandante in battaglia; alla fine della Repubblica, invalse l’uso di denominare “pretorie” le coorti in cui essi erano inquadrati[2] (perché destinate a proteggere il “pretorio”, ossia l’alloggiamento del comandante[3]). Dopo il 27 a.C. proprio alcuni reduci di coorti pretorie (probabilmente, quelle stesse che erano state incaricate di proteggere Ottaviano), rimasti a vivere a Philippi, emisero un bronzo provinciale che commemorava la battaglia, RPC I 1651; essa reca al dritto l’immagine di una statua della Vittoria (statua che, forse, era stata là innalzata) e la legenda VIC AVG (victoria Augusti), al rovescio tre insegne militari decorate di cornicula e phalerae e la legenda COHOR PRAE PHIL (cohortes praetoriae - Philippi). È interessante notare che manca, nell’iconografia, l’aquila legionaria, perché appunto l’emissione era intitolata ad alcune coorti, non a una intera legione. Alcuni numismatici moderni ritengono che la moneta sia stata emessa durante il principato dello stesso Augusto; altri, sulla base del metallo utilizzato (la cui composizione sembra analoga a quella di metallo presente in miniere macedoni scoperte solo successivamente) ne spostano la datazione all’epoca di Claudio o Nerone NOTE [1] L’incontro fra i due, che poco si sopportavano pur essendo cognati (Tertulla, moglie di Cassio, era figlia di Servilia), non fu sereno; racconta infatti Plutarco che “c'era stata qualche differenza di vedute ed erano state scambiate accuse reciproche … cominciarono a darsi la colpa l'un l'altro; poi passarono a recriminazioni ed accuse. Questo ben presto portò a rimproveri indignati e lacrime e i loro amici, stupiti dalla veemenza e dall'amarezza della loro rabbia, temevano che la lite degenerasse in violenza”. [2] Prendendo spunto da questi reparti, Augusto istituirà nove “coorti pretorie” stanziate in Italia (a Roma, per precisione, all’interno del Castro Pretorio, una fortificazione ancora esistente) e incaricate di proteggere la persona dell’imperatore: si tratta dei celeberrimi “pretoriani”, che avranno un ruolo importante nella storia dell’impero e saranno sciolti da Costantino. [3] È interessante sottolineare come la tenda del comandante di una legione si chiamasse “praetorium”. I Romani erano convinti, che sin dalla sua fondazione, la Repubblica fosse stata governata da due consoli; in realtà, molti storici moderni, studiando le fonti, sono giunti alla conclusione che nei primissimi anni il rex fosse stato sostituito da un unico praetor cui, solo in seguito, furono sovraordinati due consoli (perché la duplicità dell’incarico dava maggiori garanzie contro eventuali derive autoritarie). Il fatto che il luogo da cui veniva comandata una legione (funzione tipica dei consoli, nella storia romana più antica) si chiamasse “[tenda] del pretore” costituisce una reminiscenza di quel tempo remoto, in cui tale comando era invece esercitato da un pretore. ILLUSTRAZIONI 44 a.C., denario RRC 448/13. L’iconografia è analoga a quella di altre monete della serie, ma la testa di Cesare è coperta con un velo. 44 a.C., denario RRC 480/22. Al dritto, Marco Antonio con velo e barba lunga. Al rovescio, un desultor (un tipo di acrobata che si esibiva con due cavalli). 43 a.C., denario RRC 508/3. 27 a.C. - 68 d.C., bronzo RPC I 1651
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  44. Anche via Cesare Cantù vedo che è ancora interessata da lavori
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  45. IL BELLUM CIVILE Durante la campagna gallica Cesare non fece coniare monete imperatoriali: evidentemente, riceveva un costante flusso di finanziamenti da Roma. Passato in armi il Rubicone, tuttavia, egli divenne un hostis publicus e dovette finanziare la prosecuzione delle operazioni da sé; il metallo prezioso del resto non gli mancava, avendo razziato abbondantemente in Gallia, a titolo di preda bellica. Nel 49 a.C., quindi, le legioni di Cesare realizzarono la prima delle sue monete itineranti, una delle emissioni più abbondanti di tutta la Repubblica, il denario RRC 443/1, divenuto simbolo stesso di Cesare e della guerra civile. Esso raffigura al dritto un elefante che calpesta un animale strisciante (un serpente, un dragone oppure addirittura un carnyx); si tratta di un’allegoria di Cesare stesso che schiaccia i suoi nemici: infatti, una delle etimologie che all’epoca veniva proposta per il cognomen Caesar era “caesai”, che nella lingua della Mauretania significava appunto “elefante”[1]. Per quanto riguarda i nemici calpestati, potrebbero essere i Germani (se è raffigurato un dragone, loro simbolo militare), i Galli (se è un carnyx) o generici avversarî (se è un serpente). Al rovescio, invece, sono raffigurati gli strumenti usati dai pontefici e dagli àuguri: culullus (brocca), aspergillum (aspersorio, ossia un pennello per spruzzare il sangue delle vittime sacrificali), securis (ascia) e apex (berretto cerimoniale); Cesare infatti era il pontifex maximus, e ricordarlo sulla moneta significava rassicurare i soldati sul fatto che stavano agendo secondo il volere degli dei. È interessante notare come questa fosse, formalmente, una moneta illegittima, emessa da un privato: avendo infatti invaso il suolo italico, Cesare aveva perso l’imperium e non deteneva più alcun potere che giustificasse l’emissione di moneta. Negli anni successivi, come si vedrà, le legioni produssero molte altre emissioni itineranti, spesso recanti allusioni alle vittorie in Gallia. Uno solo dei suoi grandi generali lo abbandonò per unirsi a Pompeo, e fu una sorpresa per tutti: Tito Labieno, “amico tra i più intimi e luogotenente di Cesare, che aveva lottato al suo fianco con grande coraggio durante tutte le guerre in Gallia”[2]. Malgrado la defezione, Cesare gli fece portare i suoi bagagli e il suo denaro. _________________ L’azzardo compiuto da Cesare nel passare il Rubicone causò sconcerto, a Roma: non si sapeva quanti soldati avesse portato al seguito e si temeva che fossero molti di più della realtà (in effetti, cinque coorti erano solo mezza legione: altre truppe, convocate da Cesare, stavano sopraggiungendo). Nell’anno precedente i Senatori avevano chiesto a Pompeo perché non organizzasse un esercito idoneo a difendere l’Italia ed egli, con sicumera, aveva risposto che non aveva bisogno di prepararsi in anticipo, perché gli bastava battere un piede per terra affinché ne sorgessero soldati pronti a mettersi ai suoi ordini; adesso, per metterne a nudo l’incapacità, gli chiesero dove fossero tali soldati. Pompeo non poté fare altro che dirigersi a Capua, ove c’erano i centri d’addestramento, per reclutare e preparare in tutta fretta nuove legioni. I preparativi di guerra del Senato furono frenetici, e ce li testimonia un denario: RRC 441/1, che al dritto reca il ritratto di Saturno e la legenda NERI. Q. VRB (Nerius, quaestor urbanus), al rovescio copia l’iconografia militare introdotta da Valerio Flacco e la legenda L. LENT C. MARC COS (Lucius [Cornelius] Lentulus et Gaius [Claudius] Marcellus consules). Questa moneta quindi afferma che Nerio, il questore urbano del 49 a.C., fu incaricato di attingere all’aerarium (ossia il tesoro dello Stato, custodito nel tempio di Saturno che, pertanto, è raffigurato al dritto) per finanziare l’arruolamento di nuove legioni (rappresentate al rovescio). La custodia dell’aerarium era, infatti, una precisa responsabilità del questore urbano. Per quanto riguarda la citazione dei due consoli (assolutamente anomala), Crawford suggerisce che si tratti di una data (sappiamo infatti che i Romani erano soliti individuare gli anni con il nome dei cosiddetti “magistrati eponimi”, ossia i consoli stessi); sembra tuttavia plausibile un’altra spiegazione: essa testimonianza che, in un momento di grave caos istituzionale, i consoli stessi fecero emettere a Roma una moneta imperatoriale (firmata quindi anche dal questore, urbano in questo caso); un caso del tutto eccezionale. Un ultimo cenno merita la rappresentazione, qui particolarmente dettagliata, delle insegne militari. Oltre all’aquila legionaria, infatti, si possono distinguere dall’alto in basso, sui due assi di sostegno laterali, i vexilla (stendardi in stoffa), i cornicula (decorazioni a forma di mezza luna) e le phalerae (decorazioni a forma di disco, simili alle odierne medaglie); infine, come già sull’emissione di Valerio Flacco, le lettere “H” e “P”, rispettivamente per hastati e principes. _________________ Da Ariminum (odierna Rimini), dove si era insediato, Cesare inviò emissarî a Capua (ove erano presenti sia Pompeo sia i consoli in carica) rinnovando la proposta che fossero fatti congedare i soldati di entrambi i condottieri, ma la risposta fu di nuovo negativa e, anzi, Pompeo rifiutò anche di incontrarlo di persona. Ricevuto il diniego, Cesare inviò i proprî soldati a occupare tutte le principali città circostanti e in ben quattro occasioni[3] le truppe del Senato, che avrebbero dovuto contrastarlo, preferirono invece ribellarsi ai proprî comandanti per unirsi a lui, l’eroe che aveva conquistato la Gallia, il popularis che proteggeva i poveri. La defezione delle proprie truppe, più ancora dell’avanzata di Cesare, gettò gli optimates nel panico: Pompeo, i consoli e la gran parte dei senatori scapparono a Brundisium (odierna Brindisi) con l’intenzione di fuggire nella penisola balcanica; saputolo, Cesare (che ormai poteva servirsi di sei legioni, di cui tre reduci dalla campagna gallica e tre costituite con le truppe sottratte ai nemici) si gettò a inseguirlo; a Brundisium cercò di bloccare il porto, facendo costruire un’immensa fortificazione attraverso il mare, ma le navi di Pompeo riuscirono a sfuggire al blocco e trasferirono in Epiro, oltre a lui, i suoi figli Gneo iunior e Sesto, Cicerone, Catone, Bruto, i generali Tito Labieno (cui fu affidata la cavalleria) e Gaio Cassio Longino (che invece fu messo al comando della flotta), i cosoli e gran parte dei senatori e dei magistrati in carica. Il 1° aprile del 49 a.C. Cesare fece ritorno a Roma, da cui mancava ormai da un decennio, e scoprì che nella fretta di scappare i consoli avevano lasciato le risorse dell’aerarium a sua disposizione. Egli riorganizzò il governo della capitale con i pochi senatori che vi erano rimasti, inviò emissarî in tutte le città costiere affinché gli inviassero navi in Puglia (onde usarle, poi, per inseguire Pompeo) e, dopo appena una settimana, si mise in marcia alla volta dell’Hispania, intenzionato a cacciarne i pompeiani prima che vi si rafforzassero. Lungo la strada, lasciò Decimo Giunio Bruto Albino e Gaio Trebonio ad assediare (rispettivamente, su terra e dal mare) Massilia, che si era schierata con Pompeo; giunto in Hispania riuscì a sbaragliare gli eserciti pompeiani e, ottenuta la loro resa, lasciò i soldati liberi di scegliere se passare ai suoi comandi oppure tornare privati cittadini, senza scatenare alcuna vendetta contro di loro. Tornando in Italia ottenne la resa di Massilia e giunse a Roma a dicembre del 49, facendosi nominare dittatore sino a fine anno. Fu poi eletto console per il 48 e avviò immediatamente una serie di riforme, prima fra tutte una legge per alleggerire il peso dei debiti contratti dai cittadini più poveri. _________________ Nel 48 a.C. un monetiere, Lucio Hostilio Saserna, emise una serie di denarî che inneggiavano alle grandi vittorie ottenute da Cesare nella Gallia. Uno di essi, RRC 448/2, è particolarmente interessante: reca infatti al rovescio la rappresentazione di un carro da guerra (strumento bellico in uso a molte popolazioni celtiche), al dritto invece il ritratto di un uomo con lunga barba, palesemente affranto, e l’immagine di uno scudo gallico alle sue spalle: Babelon, Amisano e molti altri autori sono convinti che questo sia l’unico ritratto contemporaneo di Vercingetorige , che all’epoca era incarcerato a Roma. Merita qui una precisazione: sia l’iconografia monetale, sia la scultura dimostrano che, in questo periodo, l’arte a Roma pervenne a un elevato livello di realismo: i ritratti non erano più astratti o edulcorati, ma cercavano di riprodurre con minuzia e precisione le espressioni e gli stessi difetti delle persone. Da un lato, questa tendenza è giustificata dalla volontà di far riconoscere i potenti dai cittadini dello Stato romano (in un’epoca in cui non esistevano le fotografie); dall’altro, è evidente che i nobili e le persone illustri si facevano un vanto di non dover nascondere i proprî difetti, che evidentemente non minavano il loro senso di superiorità. Grazie a questa corrente artistica, le monete ci restituiscono ritratti fedeli (fatti alcuni in vita, altri dopo morte) di Silla, Cesare, Pompeo, Marco Antonio, Ottaviano, Cleopatra e tanti altri, fra cui appunto Vercingetorige. _________________ A gennaio del 48 a.C. Cesare, con le navi inviate dalle città a lui fedeli, poté raggiungere la penisola balcanica con sette legioni, inseguendo Pompeo. I due eserciti si incontrarono a luglio a Dyrrhachium (odierna Durazzo) e ne nacque una guerra di trincea: entrambi gli schieramenti costruivano fortificazioni per tagliare le linee di rifornimento del nemico, mentre lo tempestavano con proiettili scagliati da arcieri e frombolieri (soldati armati di fionda). Pompeo era in posizione di vantaggio: disponeva di 9 legioni contro le 7 dell’avversario e, soprattutto, riceveva costanti rifornimenti di cibo via mare, mentre i soldati di Cesare dovettero abituarsi a mangiare una specie di pane fatto di radici, non avendo altro. Alla fine Cesare fu sconfitto, ma riuscì a ritirarsi senza gravi perdite grazie al valore dei suoi veterani: Marco Cassio Sceva, centurione della VI legione “Ferrata”[4], con la sola I coorte (1.000 uomini) e benché ferito a occhio, coscia e spalla respinse l’assalto di ben 4 legioni nemiche. Muovendosi attraverso la Grecia, Cesare e Pompeo tornarono a fronteggiarsi in Tessaglia: il primo, avendo distaccato parte delle sue truppe per proteggere le vie di rifornimento, disponeva solo di 22.000 fanti e 1.000 cavalieri, ma tutti veterani; il secondo invece poteva contare su oltre 45.000 fanti e 7.000 cavalieri, ma prevalentemente reclute. Capendo che i suoi uomini non erano all’altezza di quelli avversarî Pompeo optò per una tattica di logoramento, colpendo le linee di rifornimento del nemico senza affrontarlo direttamente; i nobili che lo seguivano, tuttavia, erano convinti che sarebbe stato facile schiacciare Cesare in battaglia e desideravano farlo prima possibile, per cui tacciarono Pompeo di viltà con tanta petulanza da convincerlo, infine, a scendere in battaglia, a Farsalo. La cavalleria pompeiana si scontrò violentemente con la X legione, comandata da Marco Antonio, ma Cesare fece intervenire una riserva appositamente tenuta nascosta per colpire, al momento opportuno, i cavalieri; la manovra riuscì e il combattimento si risolse in una grande vittoria dei cesariani. Terminata la battaglia, Cesare proclamò che qualunque cittadino romano si fosse arresto sarebbe stato perdonato, senza subire punizioni. Questo suo atteggiamento divenne famoso con il nome di clementia Caesaris; in realtà si trattava non di bontà d’animo, ma di uno specifico progetto politico: Cesare sperava di interrompere così la spirale di vendette reciproche che aveva trasformato il confronto fra optimates e populares in una sorta di sanguinosa faida. Alla fine di quell’anno le legioni Cesare emisero pertanto un aureo e un denario (RRC 452/2) che raffiguravano proprio la personificazione della Clemenza (e, al rovescio, un trofeo di armi galliche); particolare curioso, la legenda comprende un misterioso IIT: l’ipotesi più accreditata (poco convincente, ma non ne esistono di migliori) è che sia in realtà , grafia arcaica per LII, e indichi l’età di Cesare. ________________ I soldati di Pompeo approfittarono dell’opportunità loro concessa, arrendendosi in massa a Cesare. Dopo lo scontro di Filippi i capi degli optimates si disgregarono: Bruto, appena terminata la battaglia, corse nella tenda di Cesare a invocarne la clemenza; Cicerone tornò in Italia e là aspettò Cesare, che infine perdonò anche lui; Gaio Cassio Longino rimase per un periodo al comando di quel che rimaneva della flotta, poi anch’egli raggiunse Cesare e ne ottenne il perdono; Catone e Tito Labieno si rifugiarono in Africa, ove potevano contare sull’alleanza di Giuba, re di Numidia; Gneo Pompeo iunior, figlio del Magno, si recò prima in Africa, poi in Hispania, ove ricostituì un esercito. Pompeo Magno e il figlio Sesto fuggirono invece per mare e, dopo alcune peripezie, giunsero in Egitto; qui tuttavia, il 28 settembre del 48, il padre fu ucciso e decapitato su ordine di Potino, potente consigliere del re Tolomeo XIII, che sperava così d’ingraziarsi il benvolere di Cesare; il figlio Sesto fuggì di nuovo, ricongiungendosi con Catone e Labieno in Africa. Tre giorni dopo sbarcò in Egitto Cesare, che inseguiva i fuggitivi insieme alla VI legione. Quando gli offrirono in dono la testa di Pompeo, ne fu rattristato e inferocito, per tante ragioni: perché comunque quell’uomo era stato suo genero; perché desiderava lui stesso perdonarlo, onde mettere fine alle divisioni interne; perché infine riteneva inconcepibile che un grande generale di Roma fosse ucciso, a tradimento, da un barbaro. Si installò allora nel palazzo reale di Alessandria, fece convocare i due fratelli che all’epoca si contendevano il trono - Tolomeo XIII e sua sorella, Cleopatra Tèa Filpàtore - e, nel nome di Roma, ordinò loro di cessare ogni ostilità reciproca e governare insieme. Potino tuttavia non gradì l’ingerenza e, da dentro lo stesso palazzo, ordinò all’esercito egiziano di convergere su Alessandria per cacciarne i Romani; Cesare allora si asserragliò nel palazzo reale, fece uccidere Potino e attese l’arrivo di rinforzi . Le truppe posero quindi l’assedio al palazzo, appoggiate dagli stessi cittadini, ostili ai Cesare; il loro comando fu assunto da Arsinoe, sorella minore di Tolomeo e Cleopatra, poi dallo stesso Tolomeo, che Cesare lasciò libero nella speranza - vana - di placare gli animi. Tra la fine del 48 a.C. e gli inizî del 47 giunsero infine i rinforzi attesi da Cesare: la XXVII legione via mare e le truppe alleate di Pergamo e Giudea via terra. Dopo aver subito una serie di sconfitte, Tolomeo decise di muovere tutte le sue truppe contro gli eserciti che giungevano via terra; tolse allora l’assedio di Alessandria per mettersi in marcia verso oriente ma Cesare ne approfittò e, fatte uscire le legioni dal palazzo, lo raggiunse e lo sconfisse prima ancora che riuscisse a entrare in contatto con gli eserciti di Pergamo e Giudea. Tolomeo morì in battaglia e Cleopatra fu confermata regina d’Egitto (insieme a un altro suo giovanissimo fratello). _________________ Nel frattempo a Roma, nell’ottobre del 48 a.C., Cesare fu nominato dittatore una seconda volta, per la durata di dodici mesi, ed eletto console per il 47. Finché restò fuori dall’Italia non assunse, tuttavia, i poteri di console. Uno dei monetieri del 47 a.C., Lucio Plauzio Planco emise una moneta di grande bellezza, RRC 453/1, che raffigura al dritto la testa di Medusa, al rovescio una dea alata che avanza frontalmente trascinando alcuni cavalli. La legenda, molto piccola, recita L. PLAVTIVS da un lato, PLANCVS dall’altro. Di questa complessa iconografia sono state proposte due spiegazioni. Amisano, Babelon, Borghesi e Grueber vedono al dritto una maschera teatrale, al rovescio la dea Aurora e propongono che sia qui ricordato un evento narrato da Livio e Ovidio: nel 312 a.C. il censore Gaio Plauzio Venox aveva vietato ai tibicines (suonatori di flauto) di mangiare dentro al tempio di Giove Capitolino e quelli, per protesta, si erano trasferiti a Tivoli, lasciando Roma priva dell’accompagnamento musicale (indispensabile per i riti sacri); allora Plauzio Venox aveva ordinato che fossero fatti ubriacare e poi, con i volti coperti da maschere teatrali, riportati furtivamente a Roma, ove giunsero di prima mattina (quindi, appunto, all’aurora). Crawford identifica invece al rovescio la dea Vittoria e ritiene che sia qui riprodotto un famoso quadro di Nicomaco (pittore tebano del IV secolo a.C.) del valore di milioni di sesterzi, che secondo quanto ci riferisce Livio nel 40 a.C. sarà donato a un tempio da Lucio Munazio Planco, fratello del monetiere[5]. In quest’ottica, la scelta di riprodurre la Vittoria (seppur nella forma del quadro) sarebbe un omaggio a Cesare. _________________ Nel 47 a.C. Cesare si fermò sei mesi in Egitto insieme a Cleopatra, di cui si era invaghito e con cui ebbe un figlio, Tolomeo Filpàtore Filomètore Cesare, detto Cesarione; poi, a fine estate, con una rapidissima marcia raggiunse il Ponto, dove il re Farnace (figlio di Mitridate) aveva approfittato della guerra civile romana per invadere i regni circostanti, facendo uccidere un gran numero di cittadini dell’Urbe. Farnace non si aspettava che Cesare potesse presentarsi così presto: fu colto impreparato e rapidamente vinto in battaglia a Zela (odierna Zile, in Turchia). Questo intervento fu tanto rapido e risolutivo che il generale, in una lettera, lo riassunse con la celeberrima frase “veni, vidi, vici”. In autunno Cesare tornò in Italia, ove assunse i poteri di console. Là, la situazione stava degenerando: quattro legioni si erano ribellate al loro comandante, Marco Antonio, pretendendo dopo 15 anni di servizio l’honesta missio (il congedo) e un donativum (un premio in denaro); nelle more, razziavano e distruggevano campagne e abitazioni e ogni sforzo di riportarli alla calma e all’obbedienza era risultato vano. Cesare si presentò da loro senza scorta; ascoltatene le richieste, rispose chiamandoli “cives” anziché “comites” (“cittadini” anziché “commilitoni”, dato che avevano chiesto di essere congedati) e garantendo che avrebbero avuto il donativum, ma solo dopo che egli, con altri soldati, avesse sbaragliato le ultime sacche di resistenza pompeiana. I legionarî ammutolirono: avevano bluffato nel pretendere il congedo[6]; sentire Cesare, che per anni aveva marciato, vissuto e combattuto con loro, trattarli con disprezzo e sufficienza li disorientò. Chiesero quindi subito di essere perdonati e si rimisero a suoi ordini. Nel 47 a.C. Cesare fu nominato dittatore per la terza volta, per un periodo di 10 anni; utilizzò il potere dittatoriale (come già aveva fatto Silla) per scegliere i magistrati e nominò sè stesso console per il 46, il 45 e il 44. Già nel 54 a.C. egli aveva ideato la realizzazione, nel cuore di Roma, di una grande piazza circondata su tre lati da un portico e sul quarto da un tempio, destinata a fungere da ampliamento dello storico Foro (diventato ormai troppo angusto per le esigenze della capitale); sappiamo da Cicerone che solo l’acquisto dei terreni era costato almeno 15 milioni di denarî (forse addirittura 25), pagati dallo stesso Cesare. I lavori erano iniziati nel 51 ma solo nel 47 Cesare rivelò a chi avrebbe dedicato il tempio: Venus Genitrix, Venere “genitrice” di Iulo (figlio di Enea) e quindi - in un certo senso - di tutti i Romani, dato che Romolo era un discendente dello stesso Iulo. Cesare affermò che adempiva a un voto alla dea, fatto prima dello scontro di Farsalo; in realtà, coglieva l’occasione per affermare che egli stesso discendeva dagli dei, dato che Iulo era anche capostipite della gens Iulia. La nuova piazza sarà inaugurata il 26 settembre del 46 e diverrà nota come Foro di Cesare. Riorganizzate le sue forze, a dicembre del 47 a.C. Cesare sbarcò in Africa, determinato a debellare i pompeiani. _________________ In Africa sono stati rinvenuti diversi esemplari di un altro denario imperatoriale, RRC 458/1, che per questa ragione Crawford ritiene essere stato coniato appositamente per finanziare la spedizione contro i pompeiani. Coerentemente con tale datazione, al dritto è raffigurata appunto Venus Genitrix; al rovescio invece è rappresentato Enea che fugge da Troia, portando il padre Anchise in spalla e il Palladio in mano. La raffigurazione al rovescio aveva un triplice scopo: ricordava al popolo che Cesare (tramite Iulo) discendeva da Enea, grande e nobilissimo eroe, e quindi anche - come detto - dalla dea Venere, con cui quegli aveva concepito un figlio; comunicava (con la raffigurazione di un figlio che salva il padre) che Cesare teneva in gran conto la pietas filiale, virtù molto considerata dai Romani; evidenziava che il Palladio, simbolo del potere di governare il mondo, era giunto nell’Urbe grazie agli antenati di Cesare. Il Palladio era infatti uno dei sette pignora imperii (oggetti sacri che gli dei avevano fatto pervenire nelle mani dei Romani quali garanzie - “pignora” - del loro potere; se fossero andati perduti, sarebbe stata la rovina per la Città Eterna); si trattava, secondo la mitologia, di una statua lignea che Atena aveva realizzato in ricordo di Pallade, sua cara amica uccisa per errore, e aveva le sembianze della dea perché ella stessa - per il dolore - si era identificata nella mortale, tanto da essere appunto chiamata Pallade Atena. Il Palladio aveva dapprima ornato il trono di Zeus, divenendo così una potente fonte di protezione divina, invincibilità e potere militare; un giorno tuttavia Atena, infuriata con il padre, l’aveva ripreso e scagliato sulla terra, a Troia. Rimase in questa città sino alla guerra, quando scomparve; secondo i Romani era giunto nell’Urbe ed era custodito dalle Vestali. Sarà da loro bruciato nel 394 d.C., per non farlo cadere nelle mani dei Cristiani. La menzione dei pignora imperii merita una digressione per narrare di uno di essi: la pietra nera ritenuta materializzazione della dea Cibele[7], probabilmente un meteorite, portata a Roma nel 204 a.C. Attorno al 220 d.C. l’imperatore Eliogabalo la collocò nel palazzo imperiale, ove sopravvisse a distruzioni e saccheggi, ma nel 1730 fu rinvenuta da un archeologo incompetente, monsignor Bianchini, che non capì di cosa si trattasse (e quindi, probabilmente, la distrusse)[8]. Per poco, un pignus imperii non è giunto sino a noi. _________________ Lo scontro fra Cesare e i pompeiani, appoggiati dalle truppe numide del re Giuba, si ebbe il 6 aprile del 46 a.C. a Tapso (attuale Ras Dimas, in Tunisia). Fu una netta vittoria di Cesare, a seguito della quale la Numidia venne ridotta a provincia romana; Labieno e Sesto Pompeo fuggirono in Hispania, presso Gneo Pompeo, mentre Catone si uccise a Utica (città costiera, oggi scomparsa) e, da allora, fu ricordato come “l’Uticense”. Il 25 luglio del 46 a.C. Cesare tornò nell’Urbe, ove lo raggiunsero Cleopatra e Cesarione (ma la regina non fu autorizzata a varcare il pomerium, per cui soggiornarono in una villa sul Gianicolo), e celebrò quattro trionfi successivi per le vittorie conseguite contro i Galli, gli Egiziani di Tolomeo XIII, i Pontici di Farnace e i Numidi di Giuba. La cerimonia del trionfo era un onore molto ambìto dai Romani, concesso dal Senato ai comandanti dotati di imperium quando terminavano una campagna bellica contro una popolazione straniera; non era quindi ammesso se gli sconfitti erano schiavi, come Spartaco, oppure Romani stessi, in caso di guerra civile (per questo, Cesare presentò la vittoria di Tapso come una vittoria contro i Numidi). Nell’occasione il comandante - già acclamato imperator - era eccezionalmente autorizzato a entrare con l’esercito in armi dentro al pomerium; adornato come se fosse Giove in persona, sfilava con i soldati lungo la Via Sacra, dal Circo Massimo attraverso il Foro sino al Campidoglio, mostrando ai concittadini esultanti il bottino e i prigionieri ottenuti. In una società guerriera, era la più bella esperienza che un mortale potesse vivere; pertanto, per compensare l’inebriamento che poteva dare, i soldati erano autorizzati a canzonare il proprio generale[9], mentre una persona al suo fianco gli sussurrava costantemente “hominem te memento” (“ricorda che tu sei [solo] un uomo”). Nel 46 a.C. Cesare adottò la più longeva delle sue riforme: il calendario giuliano. Occorre premettere che il più antico calendario romano aveva solo 10 mesi[10]; già in epoca regia era stato portato a 12 mesi, ma con una durata di soli 355 giorni, e per compensare lo scostamento rispetto alle stagioni il pontefice massimo aggiungeva - quando necessario - un tredicesimo mese, “mercedonio”, dopo febbraio. Questo sistema complesso si era tuttavia inceppato durante le guerre civili, quando i pontefici massimi (compreso lo stesso Cesare) avevano trascurato di apportare le modifiche necessarie, tanto che il solstizio d’inverno arrivava ormai a marzo. Cesare dispose che l’anno 46 a.C. durasse ben 445 giorni e che, dal 1° gennaio 45, entrasse in vigore il calendario di 365 giorni, con previsione di anno bisestile, ancora oggi in uso (con una piccola rettifica apportata da papa Gregorio XIII nel 1582). In occasione dei trionfi del 46 a.C. i legionarî ebbero il donativum loro promesso, pari a 6.000 denarî (più un appezzamento di terra da coltivare), mentre i cittadini di Roma ricevettero un munus (dono) di 100 denarî. A tal fine, Cesare assunse l’insolita iniziativa di utilizzare un denario ad hoc, RRC 467/1, che al rovescio reca la lettera D se destinato al donativum, M se al munus. L’iconografia comprende al dritto il ritratto di Cerere (allusione alle iniziative assunte da Cesare per garantire gli approvvigionamenti di grano alla popolazione), al rovescio gli strumenti rituali usati dal pontefice massimo e dagli àuguri (culullus e aspergillum, già visti su RRC 443/1 e brocca e lituus, già visti su RRC 359/2). Particolarmente interessante è la legenda, che enuncia le cariche politiche di Cesare al dritto (DICT. ITER - COS. TERT.), quelle religiose al rovescio (AVGVR - PONT. MAX.). Poiché Cesare - come già detto - fu dittatore “per la seconda volta” (“iterum”) dall’ottobre 48 all’ottobre 47 e assunse i poteri del suo terzo consolato tra settembre e ottobre 47, la produzione di questa moneta (benché sia datata da Crawford al 46, anno dei quattro trionfi) deve essere iniziata nell’autunno del 47: ciò significa che quando Cesare arringava le legioni ammutinatesi, garantendo che avrebbero avuto il donativum, non faceva (come alcuni storici hanno ipotizzato) una promessa a vuoto, avendo già avviato la necessaria emissione di denarî. _________________ In Hispania Gneo Pompeo aveva riorganizzato i sostenitori del defunto padre, instaurando di fatto una repubblica secessionista e organizzando un nuovo, potente esercito. La sua volontà di presentarsi come detentore della legittimità repubblicana, in contrasto con Cesare, presentato come un usurpatore, si riflette sulla monetazione: nella penisola iberica, infatti, circolavano molte monete di bronzo di produzione locale, necessarie a sopperire alla mancanza di contante ufficiale (l’ultimo asse era stato emesso da Silla nell’82 a.C. e, dopo di esso, Roma non aveva più coniato monete di bronzo); Gneo Pompeo fece allora emettere una moneta, RRC 471/1, con l’antica iconografia di Giano al dritto e della prora navis al rovescio (e la legenda CN. MAG IMP), con il chiaro intento di presentarsi come vero rappresentante delle tradizioni della Repubblica. Si tratta di monete molto diverse l’una dall’altra, con peso variabile da 15 a 37 grammi; peraltro, in alcune (ma non in tutte) i profili delle due facce di Giano hanno le sembianze di Pompeo Magno. Benché presentino il segno di valore “I”, come gli antichi assi, Amisano ha supposto che possano essere dupondî o addirittura sesterzî, in analogia alle emissioni cesariane di poco successive (RRC 476/1 e 550/2). _________________ Alla fine del 46 a.C. Cesare partì con otto legioni alla volta della Hispania, determinato a estirpare una volta per tutte la resistenza pompeiana. Si trattò della più difficile e sanguinosa fra tutte le campagne belliche che aveva combattuto: aiutati dal terreno favorevole e da una popolazione che li appoggiava, gli avversarî riuscirono a infliggere pesanti perdite alle sue truppe, mettendolo più volte in difficoltà. Per finanziare la campagna, egli fece produrre un’altra emissione itinerante: il denario RRC 468/1, che raffigura al dritto il ritratto di Venere (con un piccolo Cupido sulla spalla), al rovescio un trofeo di armi galliche sotto cui giacciono una donna in lacrime e un uomo barbuto con le mani legate. Babelon ritiene che la donna sia la personificazione della Gallia, l’uomo invece Vercingetorige; per Crawford sono invece generici prigionieri gallici. La rievocazione della guerra in Gallia aveva uno scopo ben preciso: ricordare ai soldati (molti dei quali, reduci da quella guerra) ciò che erano riusciti a fare sotto il comando dello stesso Cesare, per tenerne alto il morale e infondere loro coraggio e fiducia in un momento di grave difficoltà. Lo scontro decisivo si ebbe a Munda (odierna Osuna), nella primavera del 45 a.C.: Cesare sorprese l’esercito di Gneo Pompeo e Tito Labieno accampato in cima a una collina e, stanco di una serie apparentemente infinita di scontri fratricidi, decise - contro ogni regola tattica - di giocare il tutto per tutto, attaccando in salita e in forte inferiorità numerica (disponeva di 40.000 uomini contro i 70.000 degli avversarî). All’inizio sembrò una disfatta, tanto che lo stesso Cesare arrivò a pensare di suicidarsi; decise comunque di morire in modo onorevole e, sceso da cavallo, raggiunse i ranghi della X legione per combattere insieme ai suoi soldati preferiti. La presenza di cesare galvanizzò tuttavia i legionarî della X, che cominciarono a combattere con tanto ardore da guadagnare terreno; allora Gneo Pompeo tolse una sua legione dal fianco opposto e la mandò contro la X. Fu una mossa falsa: Cesare, pronto a cogliere l’occasione, inviò subito la sua cavalleria ad attaccare nel punto in cui, essendo stata distolta una legione, si era creato un buco nello schieramento avversario; contro ogni aspettativa, vinse così anche questa sua ultima battaglia. Alla vittoria contribuì anche un suo giovane parente, che egli aveva voluto con sé proprio per valutarne le capacità militari: Gaio Ottavio Turino. Labieno morì in combattimento; Gneo Pompeo fu catturato e ucciso poco dopo. Sesto riuscì invece a fuggire in Sicilia, dove continuerà ad agire in quasi totale autonomia, in alcuni anni con il consenso del Senato (che nel 43 a.C. lo nominerà praefectus classis et orae maritimae, comandante supremo delle flotte militari) ma più spesso in conflitto con Roma. _________________ Cesare tornò finalmente a Roma, ove commise un grave errore politico: infrangendo una tradizione plurisecolare, celebrò il trionfo per aver sconfitto i soldati di Gneo Pompeo, ossia dei concittadini. La sanguinosa campagna iberica l’aveva cambiato: era frustrato e inferocito per il fatto che, malgrado la sua politica di clemenza, i pompeiani avessero continuato a osteggiarlo; probabilmente pensò quindi di umiliarne la memoria, trattandoli come barbari debellati. Per il popolo, tuttavia, la guerra civile restava un evento forse necessario, ma sicuramente doloroso ed esecrabile: mostrando di vantarsi di aver ucciso cives Romani, Cesare perse parte del suo consenso. In quel periodo furono emesse due monete in oricalco, una lega di bronzo e zinco, di colore simile all’oro, che a Roma veniva usata per la prima volta. Le due tipologie sono molto simili: la prima, RRC 476/1, reca al dritto il ritratto di Vittoria e al rovescio l’immagine di Minerva che avanza con un trofeo sulla spalla (e un serpente ai piedi); la seconda invece, RRC 550/2 (oggi molto rara) il ritratto di Venere al dritto, l’immagine di Vittoria che avanza con un ramo di palma in spalla al rovescio. La prima è sicuramente databile al 47-44 grazie alla legenda CAESAR DIC TER (Cesare detenne la terza dittatura tra l’ottobre del 47 e il marzo del 44) e C. CLOVI PRAEF: Gaio Clovio, personaggio storico proco noto, fu governatore della Gallia Cisalpina nel 44 a.C. e quindi, probabilmente, prefetto nel 45. La datazione della RRC 550/2 è invece molto discussa: la legenda recita Q. OPPIVS PR. e l’unico Quinto Oppio noto fu governatore della Cilicia nell’88 a.C.; molti numismatici tuttavia (fra cui Alföldi, Woytek e Marta Barbato) ritengono che anche questa moneta, viste le grosse similitudini con la precedenza, sia stata emessa da un un altro dei prefetti (oppure anche da un pretore) del 45. In quest’ottica, è probabile che la prima moneta, e forse anche la seconda, siano state emesse in occasione del trionfo del 45 a.C. per disporre di spiccioli da distribuire al popolo durante la processione. Per quanto riguarda il valore, Grueber ipotizza che fossero assi, McCabe invece dupondî. Nei pochi mesi in cui governò indisturbato, Cesare avviò molte riforme per modernizzare Roma e il suo Stato: fra l’altro, concesse la cittadinanza romana a tutti gli abitanti della Gallia Cisalpina, elevò da 600 a 900 il numero dei senatori e fece entrare in Senato molti nobili di origine spagnola e gallica. Molti suoi sforzi furono profusi in campo urbanistico, nel tentativo di rendere l’Urbe una vera metropoli: propose una legge (approvata dopo la sua morte) che vietava la circolazione dei carri nelle ore diurne, per rendere più sicuri i pedoni; avviò la realizzazione di molti monumenti, che saranno conclusi dopo la sua morte (il teatro di Marcello, la basilica Giulia, il tempio di Marte Ultore, uno stadio per naumachie), compresa una nuova Curia, per sostituire quella distrutta nel 52; ipotizzò di rettificare il tratto urbano del Tevere (tra l’attuale ponte Cavour e l’isola Tiberina), per ridurre le esondazioni; infine fece razionalizzare la disposizione dei monumenti dell’antico Foro, facendo sostituire la tradizionale pedana dei rostra, che aveva andamento semicircolare, con una di pianta rettangolare. Forse, quindi, fu anche per nostalgia che un monetiere del 45 a.C., tale Palicano, emise il denario RRC 473/1 che immortalava i rostra nella loro vecchia forma semicircolare, con sopra il subsellium (sedile in uso ai tribuni della plebe). Sicuramente, egli voleva anche commemorare un suo parente, Marco Lollio Palicano, tribuno nel 71 a.C., che da quella tribuna aveva ardentemenmte perorato l’abrogazione delle leggi con cui Silla aveva limitato i diritti della plebe. Al dritto è invece raffigurata la Libertà (con didascalia LIBERTATIS), probabilmente in omaggio a Cesare che aveva “liberato” la Repubblica dai pompeiani. _________________ Nel 44 a.C. Cesare, oltre a ricoprire il consolato insieme a Marco Antonio, fu nominato dictator perpetuus (dittatore a vita), una forzatura ancora più grande di quella che era stata fatta per Silla (la cui nomina “a tempo indeterminato” presupponeva che prima o poi si sarebbe dimesso, come effettivamente avvenne): era ormai chiaramente determinato a governare con potere monarchico, seppur nell’interesse del popolo, situazione paradossale che il grande Mommsen ha riassunto con l’ossimoro “monarchia democratica”. Molti temevano che volesse farsi addirittura rex, un azzardo assolutamente inaccettabile per la mentalità romana; gli indizî in tal senso erano tanti (ad esempio, scelse di portare i calzari rossi simbolo degli antichi re di Alba Longa, giustificando che gli competevano quale discendente di Iulo e quindi ultimo erede di quella mitica dinastia), ma quello che fu forse ritenuto eccessivo ebbe natura numismatica. Il dittatore infatti preparò una grande campagna militare contro i Parti, per vendicare la disfatta di Carre, e a tal fine fece coniare una grande quantità di denarî, oggi raccolti nella serie RRC 480 e, con un incredibile strappo alla tradizione, fece apporre il suo ritratto[11], un’iniziativa che richiamava i monarchi ellenistici. Il giorno delle idi di marzo il Senato, essendo indisponibile la vecchia Curia, si riunì in quella che Pompeo aveva fatto realizzare presso il suo teatro; là Cesare fu raggiunto dai congiurati e pugnalato a tradimento. Tentò di difendersi, ma quando si avvide che fra i suoi assassinî c’erano amici (Decimo Bruto Giunio Albino e Gaio Trebonio), avversarî che lui stesso aveva perdonato (Gaio Cassio Longino) e persino Bruto, deluso gli disse “καὶ σὺ, τέκνον” (“anche tu, figlio”)[12]; si coprì volto e ginocchia, per morire in modo decoroso, e cadde trafitto ai piedi della statua di Pompeo. Quella statua esiste ancora: recuperata nel 1553, è ora esposta a Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato. Particolare numismatico interessante: la produzione delle monete della serie RRC 480 continuò, ma in quelle emesse dopo la sua morte Cesare è rappresentato con un velo sulla testa, in segno di lutto. NOTE [1] Secondo la Historia Augusta (al capitolo “Vita di Elio”, II, 3), testo storiografico redatto nel III secolo d.C., un antenato di Cesare si sarebbe guadagnato questo cognomen per aver ucciso in guerra un elefante cartaginese. Va precisato che esistevano, già all’epoca, altre ipotesi tra cui quella, più realistica, di “nato con parto cesareo” (che veniva praticato in caso di morte della madre). [2] Plutarco, Vita di Cesare, 34. [3] A Iguvium (odierna Gubbio), Osimo, Ausculum (odierna Ascoli Piceno), Firmum (odierna Fermo) e Terracina. [4] Il soprannome derivava dall’armamento pesante, in ferro, dei suoi legionarî. [5] Il monetiere infatti era nato come Gaio Munazio Planco, cambiando poi praenomen e nomen a seguito di adozione. Lucio Plauzio sarà messo a morte con le liste di proscrizione del secondo triumvirato; è possibile che il quadro fosse suo e che, alla sua morte, Lucio Munazio se ne sia appropriato, per poi offrirlo agli dei in memoria dello sventurato fratello. [6] La richiesta di congedo era stata un bluff, perché significava “dateci i soldi o ce ne andiamo”, ma in realtà era interesse degli stessi legionarî restare sino a guerra conclusa (perché i generali vittoriosi elargivano donativa molto più consistenti). Rimasero quindi spiazzati dalla risposta di Cesare, che sostanzialmente significava “bene, andatevene pure; troverò altri soldati”. [7] Gli altri cinque erano: l’ancile, un antichissimo scudo donato da Marte (e di cui esistevano 11 copie identiche, per evitare che l’originale fosse riconosciuto e rubato); lo scettro di Priamo, ultimo re di Troia; il velo di Iliona, sua figlia; le ceneri di Oreste, figlio di Agamennone; la quadriga di Giove Capitolino, collocata sulla sommità del suo tempio. [8] L’episodio è narrato da un altro archeologo, Rodolfo Amedeo Lanciani (nel libro Ancient Rome in the light of recent discoveries del 1890), che l’ha inutilmente cercata un secolo dopo. [9] Sappiamo che i soldati di Cesare, ad esempio, ne dileggiarono la presunta omosessualità cantando “ecce Caesar nunc triumphat qui subegit Gallias, Nicomedes non triumphat qui subegit Caesarem” (“ecco, ora che trionfa Cesare che ha sottomesso la Gallia, [ma] non trionfa Nicomede che ha sottomesso Cesare”). Nicomede era stato l’ultimo re di Bitinia; quando aveva solo 19 anni, nell’81 a.C., Cesare era stato mandato come ambasciatore alla sua corte e si diceva che avesse avuto una relazione con lui. [10] Secondo Carandini, illustre archeologo e antiquario romano, perché l’anno veniva assimilato a un ciclo di fertilità umana: nove mesi di gestazione più uno di infertilità. Di questa antichissima scansione del tempo resta memoria nei nomi degli ultimi mesi dell’anno. [11] Alcuni autori, citando Cassio Dione, sostengono che questo privilegio gli sia stato concesso dai senatori ma lo storico dice solo che “πατέρα τε αὐτὸν τῆς πατρίδος ἐπωνόμασαν” (Storia Romana, 44), “appellarono lui stesso padre della patria e incisero sopra le monete”: chiaramente, significa che fecero apporre su alcune monete il titolo di parens patriae, non il ritratto. [12] Svetonio, Cesare, 82; Cassio Dione, Storia Romana, 44. La versione latina “tu quoque, Brute, fili mi” è un’invenzione moderna. ILLUSTRAZIONI Denario RRC 443/1 Denario RRC 441/1 Denario RRC 448/2 Denario RRC 452/2 Denario RRC 453/1 Denario RRc 458/1 Denario RRC 467/1. Questa moneta è stata usata durante il trionfo di Cesare, per farne dono (“munus”) a un cittadino di Roma. Bronzo RRC 471/1 Denario RRC 468/1. Bronzi RRC 476/1 e 550/2. Denario RRC 473/1 Ricostruzione della tribuna dei “rostra” nella vecchia forma semicircolare Denario RRC 480/9 Statua di Pompeo di Palazzo Spada a Roma
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  46. Buon giorno, La diagnostica XRF, come sicuramente molti di voi già sanno, misura l'emissione di fluorescenza caratteristica degli elementi per determinare la composizione elementale di una lega o composto. Essenzialmente un fascio di elettroni di data energia penetra nel materiale, eccitando gli atomi che attraversa. Gli atomi si diseccitano emettendo radiazione ad energia caratteristica. Questa emissione caratteristica è la "firma" del materiale. In base al tipo di righe emesse e alla loro intensità caratteristica è possibile determinare composizione di un materiale. Il problema del metodo è che l'XRF da informazioni esclusivamente sullo strato attraversato dal fascetto elettronico. Nel caso dell'oro, è probabile che tale strato sia dell'ordine delle decine, massimo centinaia di micron. Ossia di molto inferiore al mm. E' chiaro che quindi la composizione fornita dall'orafo non è relativa all'intera moneta, ma solo ad un suo strato superficiale spesso veramente dai 20-40 micron. una formuletta utile a valutare il range è la seguente (anaya–Okayama range formula) : A = peso atomico dell’oro ≈ 197 u E0 = energia degli elettroni in keV Z = numero atomico = 79 ρ = densità in g/cm³ = 19.3 Per elettroni da 100 keV, tipici di uno scanner XRF, il risultato è per l'appunto 25 micron, se non ho commesso errori. E' quindi evidente che l'XRF da una valutazione della composizione esclusivamente della superficie, e non da alcuna informazione sulla parte più profonda della moneta. E' possiibile che, nel caso in oggetto, la composizione non sia perfettamente omogenea e i primi micron di superficie contengano un pizzico in più d'oro. Inoltre il metodo ha un suo errore sperimentale, che in questo caso non è stato specificato. Considerate che è sufficiente un errore del 5% per rientrare nel valore atteso teoricamente.
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  47. Eccomi, allora per quanto riguarda il peso e il diametro anch'io li avevo dati per normali, le piccolissime differenze rispetto a quanto riportato su gigante, potrebbero spiegarsi anche con piccoli errori degli strumenti, per quanto riguarda il magnetismo invece ne sono abbastanza certo. Prima di spiegarvi come misuro il magnetismo/diamagnetismo è meglio che faccio una premessa, io acquisto da oramai 15 anni placchette e lingotti d'oro come forma di investimento e solo negli ultimi due anni ho deciso di diversificare anche con monete del regno, preferibilmente in oro, ma qualcosa anche in argento. Io ho sempre controllato le placchette e i lingotti una volta ricevuti con un bilancino di precisione, una calamita al neodimio N50 (un magnete molto forte), e due supporti in plastica, di cui uno cilindrico stampato da me con la stampate 3d in modo che ho potuto alloggiarci al suo interno nella parte superiore la calamita attaccandola al supporto in plastica. Posiziono il supporto in plastica con la calamità sul bilancino e azzero la tara, e esternamente al bilancino posiziono l'altro supporto che arriva a filo quasi al contatto con la calamità lasciando pochi millimetri a separarli. Così facendo, con la tara a zero appoggio delicatamente la placchetta o in questo caso la moneta sopra il secondo supporto, affinchè si vada a trovare a pochi millimetri dal magnete, e di conseguenza se attrae o respinge il magnete, il bilancino misurerà un'unita positiva o negativa. ma forse con un video rendo meglio l'idea. Ho fatto due video così da rendere l’idea, facendo il confronto fra questa 50 lire cinquantenario 1911 e un'altra moneta aggiudicatomi nella stessa asta, la 50 lire aratrice 1912, ho comparato il cinquantenario con quella aratrice perchè sono due monete arrivate dalla stessa asta, dovrebbero avere lo stesso peso, lo stesso diametro e lo steso fino dell'oro, oltre a essere state coniate nella stessa epoca, risultato, quella aratrice risulta correttamente diamagnetica, mentre il cinquantenario presenta magnetismo. Magari se qualcuno con in possesso il cinquantenario e se sela sente potrebbe fare lo stesso test mio per capire, se questo magnetismo è intrinseco a tutte le 50 lire cinquantenario, o se solo quello in mio possesso è un falso, certo fatto molto molto molto bene ma pur sempre un falso. https://www.youtube.com/shorts/CRnn05kkTYA - 50 lire cinquantenario 1911, come potete vedere il bilancino indica un peso negativo, significa che la moneta attrae il magnete. https://www.youtube.com/watch?v=K0ry1YADes4 - Prova fatta con 50 lire aratrice aggiudicato nella stessa asta, e come vedere indica un peso positivo significa che la moneta spinge il magnete verso il basso, respingendolo Vi assicuro che funziona benissimo per poter controllare se la lega presentare magnetismo o meno, e ho sempre controllato sia le placchette, che tutte le monete che ho ricevuto, e tutte quelle del regno in oro 900/1000 sono sempre state diamagnetiche, compreso le altre 3 monete aggiudicatomi nella stessa asta, quanto vorrei avere qui con me un’altra 50 lire cinquantenario per esserne assolutamente certo. Comunque ho inviato il video completo alla la casa d'aste per spiegare nel dettaglio il problema con i test che ho fatto, e dopo aver inviato un email, il titolare mi ha richiamato garantendomi che non ci sono problemi, che posso rispedirgliela e l'avrebbero ricontrollata, e che in tutti i casi se mi permangono dei dubbi avremmo trovato una soluzione, suppongo mi propongano una nota di credito da usare per la prossima asta di novembre.
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