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Monetazione di Velecha


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Nella parallela discussione “Due zecche misteriose”, il buon Gerardo 2211 ha scritto:

http://www.lamoneta.it/topic/93380-due-zecche-misteriose/page-6#entry1533325

 

Ringrazio di cuore per l’attenzione riservata al mio recedente intervento.

Vorrei ora sottoporre all'attenzione dei partecipanti al forum un'ipotesi per una possibile localizzazione di Velecha , già proposta in passato e oggi rafforzata sulla base di recenti ritrovamenti archeologici.

Riporto di seguito la prima parte di un articolo pubblicato a mia firma sul Quotidiano del Sud.

 

Fra le monete campane risalenti alla fine del III secolo a.C. è ben nota in ambiente numismatico una serie in bronzo che reca l’epigrafe VELECHA, a volte abbreviata in VE.

Queste monete hanno al dritto una testa raggiante, simbolo del Sole, e al verso il busto di un cavallo o un piccolo elefante.

I caratteri utilizzati appartengono a un alfabeto osco encorio derivato dall’alfabeto greco.

Alcune monete sono ribattute su monete mamertine.

È opinione prevalente degli studiosi che questa serie sia da collocare cronologicamente nell’ambito delle monete emesse dai popoli italici nel corso della seconda guerra punica (vedi sull’argomento Le monete della Campania antica di Renata Cantilena, Napoli 1987, da pag. 175 in avanti).

La provenienza delle monete di Velecha è assegnata in genere alla Campania interna (Friedlander); i più riconducono le monete alla città di Volcei (odierna Buccino), basandosi però solo su una certa assonanza del nome e sulla vicinanza del luogo a Poseidonia.

Velecha fino ad oggi resta in definitiva niente più che una città perduta, dove operava una zecca misteriosa.

Proviamo a cercarla, questa misteriosa città sannita, nelle pieghe della Storia, utilizzando le preziose informazioni trasmesseci dalla nostra moneta, che si rivelerà essere una vera e propria capsula del tempo.

Riviviamo gli anni tumultuosi della seconda guerra punica.

Nella fase iniziale Annibale, dopo l’improvvisa apparizione in Italia e le folgoranti vittorie del Ticino, della Trebbia e del Trasimeno, resta comunque ben consapevole di non poter condurre un attacco diretto a Roma, imprendibile per gli illimitati mezzi a sua disposizione.

Il suo progetto strategico diventa quindi quello di indurre i popoli italici a rinunciare all’alleanza con Roma e quindi di indebolirla per poi concludere la pace alle proprie condizioni.

Annibale si dirige verso le zone della penisola dove ci sono più speranze di far nascere un'opposizione contro Roma, ovvero i territori di lingua osca.

Il suo itinerario lo porta dal lago Trasimeno alla Via Flaminia, e di là attraverso gli Appennini alla costa adriatica. Dopo aver lasciato riposare i suoi uomini nel Piceno, raggiunge 1'Apulia settentrionale.

Nei popoli italici tuttavia sul rancore verso Roma prevale la diffidenza verso un invasore straniero, e non una sola comunità si unisce ai Cartaginesi.

Sarà la disfatta romana di Canne a portare molti fra Sanniti, Lucani, Bruzi, Apuli e Italioti dalla parte di Annibale, anche se non simultaneamente.

Le città campane (Capua, Nocera, Nola e altre), da tempo entrate stabilmente nell’orbita di Roma, si trovano in una situazione particolarmente delicata, divise fra il dovere di restare fedeli e sottomesse e la suggestione di ritrovare le antiche autonomie. Tuttavia la presenza sul territorio campano degli eserciti punici reduci da Canne non poco favorisce la scelta di passare, più o meno spontaneamente, nel campo annibalico.

Gli storici antichi non tramandano un quadro preciso e completo delle città che defezionano ad Annibale, né di quelle conquistate con le armi dall’uno o dall’altro esercito. Alcuni utili riferimenti si ritrovano comunque in Silio Italico e Tito Livio.

Quest’ultimo, quando anticipa i tragici eventi di Canne, elenca i popoli che passeranno in seguito ai Punici: fra questi, in ordine di citazione, i Campani, gli Atellani, i Calatini, gli Irpini, parte degli Apuli, i Sanniti tranne i Pentri, tutti i Bruzi, i Lucani (Libro XXII, cap. LXI).

Silio Italico, quando elenca i popoli che dopo la disfatta di Canne passeranno nel campo punico, elenca i Sanniti, i Bruzii, gli Apuli, gli Irpini, Atella e Calatia, seguiti da numerosi altri (Guerre Puniche, libro XI), mentre per Capua fa un discorso a parte.

Notiamo che entrambi gli autori distinguono i Sanniti dagli Irpini, mentre la tribù dei Pentri è annoverata fra i Sanniti, ancorché restata fedele a Roma.

Seguendo il racconto di Tito Livio, apprendiamo che la prima città a passare nel campo punico dopo la disfatta di Canne è Conza (Libro XXIII, cap. I). Lo storico parla poi delle operazione belliche portate da Magone in Campania per obbligare con la forza i più riluttanti a defezionare, quindi espone dettagliatamente le manovre condotte da Annibale nel tentativo di conquistare i principali centri della regione, da Napoli a Nola, e le contromosse romane.

Roma ha perso numerose battaglie, ma non ha ancora perso la guerra: ha il controllo dei mari e nessun flusso di rifornimenti e rinforzi giunge ad Annibale con regolarità. Il Cartaginese non può essere ovunque nello stesso tempo, difficilmente può chiedere aiuti militari ai nuovi alleati e spesso è lui a doverli proteggere dalle rappresaglie.

Nel 215 il pretore Marco Valerio Levino riconquista agli Irpini i tre piccoli centri di Vercellium, Vescellium e Sicilinum, non ancora localizzati, ma secondo un’interessante ipotesi (articolo a firma di Mario Izzo pubblicato su Airone 113)) ubicati sulle alture della Daunia (Monte Castiglione, Monte Felice e Monte San Chirico), nell’alta valle del fiume Celone (antico Aquilo).

Anche il proconsole Marco Claudio Marcello nel 215 compie stragi e distruzioni sui ribelli, punendo severamente le città riconquistate.

L'anno successivo, consoli Marcello e Fabio, il dominio cartaginese sulla Campania è definitivamente spezzato.

Nel 213 viene portato a termine con successo il rastrellamento delle città caudine e l'anno seguente i Romani serrano le linee d'assedio su Capua, senza che Annibale possa intervenire efficacemente.

Nel 211 Capua si arrende ai romani, seguita dai Calatini, dagli Atellani e dai Sabatini.

A questi quattro popoli Roma riserva l’identica sorte della deportazione in massa e della limitazione dei diritti civili, e alle loro classi dirigenti quella della confisca dei beni e della riduzione in schiavitù (Tito Livio, libro XXVI cap. XXXIII e libro XXVI cap. XXXIV).

Qui fa il suo ingresso sulla ribalta della Storia la misteriosa Velecha .

Edward Togo Salmon, padre dei moderni studi sui Sanniti, ha fatto piena luce sulla questione, ma la cosa è stata inspiegabilmente sottovalutata, se non deliberatamente ignorata, in ambito scientifico.

Salmon parte dall’osservazione che le monete emesse da Velecha sono del tutto simili a quelle emesse da Capua, Atella e Calatia nello stesso periodo (E.T. Salmon, Il Sannio e i Sanniti, Torino 1985, pag.98), al punto che il retro di alcune monete presenta l’identica immagine di un piccolo elefante da combattimento, circostanza questa unica nel pur vasto scenario della monetazione greco-romana in Italia.

Le caratteristiche morfologiche dell’animale raffigurato avevano portato in un primo tempo gli studiosi a identificarlo con l’odierno elefante indiano, la specie portata in Italia da Pirro, e di conseguenza ad abbassare l’orizzonte cronologico delle serie monetali.

Successivamente l’elefante delle monete è stato correttamente identificato in una specie oggi estinta di elefante africano, molto più piccolo della specie attualmente diffusa nel continente.

Ed è proprio questa specie di elefante quella che veniva utilizzata negli eserciti di Annibale.

Nella realtà storica essi, guidati da un solo uomo in sella e non già muniti di torretta, hanno avuto un peso quasi insignificante nei combattimenti in Italia. Si ritiene che a Canne ne fosse in campo uno solo, essendo tutti gli altri deceduti nell’attraversamento delle Alpi e nelle precedenti battaglie alla Trebbia e al Trasimeno.

Le monete di Velecha ci tramandano in definitiva l’immagine di un animale che già non era più presente nelle file di Annibale, e che oggi è addirittura sparito dal pianeta, ma è proprio l’immagine di questo piccolo elefante impressa sulle monete il filo rosso che ci porta finalmente sulle tracce di Velecha , la città perduta con la sua zecca misteriosa.

Tornando a Salmon, partendo proprio dall’osservazione che Capua, Atella, Calatia e il popolo dei Sabatini si fossero uniti in una sorta di lega contro Roma, tanto da subire tutte insieme la stessa triste sorte, e che Capua, Atella e Calatia e Velecha battessero monete dello stesso tipo, quasi facessero tutte parte di uno stesso piccolo stato cartaginese, lo studioso perviene alla conclusione che Velecha fosse all’epoca la capitale, ovvero la poleis, dei Sabatini (Salmon, op. cit. pag. 347), popolo da identificare con gli abitanti del territorio della valle del Sabato a Sud di Benevento (Salmon, op. cit. pag. 316).

E al centro della valle del Sabato, ovvero del territorio dei Sabatini, è situata la collina della Civita di Atripalda, ove è concordemente localizzata la colonia romana di Abellinum.

Come non concludere che proprio qui, e non altrove, sia da localizzare anche l’antica città di Velecha , da riconoscere quale nobilissima antenata dell’antica città romana e della moderna Avellino?

 

Ammettendo che questa ipotesi sia fondata, si porrebbero altri interrogativi, ognuno dei quali meritevole di specifico approfondimento:

▪   quale relazione c’è fra gli abitanti di Velecha (i Sabatini) e i Mamertini, sulle monete dei quali sono ribattute alcune delle monete “velechiane”?

▪   sono originari di Velecha alcuni dei mercenari campani reduci dalla Sicilia ai tempi della prima guerra punica?

▪   si spiega così l’uso, relativamente insolito, dell’alfabeto greco anziché di quello etrusco, più usuale?

▪   in che orizzonte cronologico si colloca l’ampia serie di monete fuse riconducibili a Velecha (come indicate nella catalogazione del Garrucci)?

▪   la presenza di questa serie di monete fuse potrebbe sancire in qualche modo l’esistenza di una zecca a Velecha più antica delle altre (Capua, Calatia e Atella)?

▪   Come mai su gran parte delle monete fuse ricorrono insieme i simboli del Sole e della Luna?

▪   è ipotizzabile per Velecha  il ruolo di zecca unica utilizzata per le emissioni “annibaliche”, in aggiunta se non in alternativa a Capua?

▪   è possibile, sulla base delle monete greco-romane analoghe a quelle di Capua. Atella, Calatia e Velecha , ampliare lo scenario delle emissioni riconducibili allo “stato” annibalico?

▪   rientrano in questo contesto le monete di IRNTI, MELES, COMPSA, AKUDUNNIAD, ecc.?

Grazie per l'attenzione e a risentirci.

 

Si tratta di un utile contributo e con l’occasione riprendo sotto miei vecchi appunti su questa zecca, cercando di collocare la monetazione in un preciso contesto storico-cronologico, che trova stretti paralleli con Atella, Calatia e Capua, che hanno adottato simili standards semilibrale e quadrantale e quindi in un periodo immediatamente precedente e successivo alla battaglia di Canne (216 a.C.), che segnò profondamente l’economia romana (creando le premesse entro il 215 a.C. alla nascita della nuova moneta romana, il denario e tale riforma ovviamente non fu immediatamente recepita da zecche periferiche e ancora fuori dell’orbita romana).

Per Velecha viene distinta una fase semilibrale, forse poco prima della battaglia di Canne, e una fase quadrantale, dopo la battaglia di Canne. Per la verità la serie fusa quadrantale non è sicuramente attribuibile a Velecha, essendo anepigrafe e più probabilmente va assegnata a una popolazione sicuramente vicina, per le affinità tipologiche.

 

VELECHA  (217-214 a.C.)

 

I° PERIODO:  217-216 a.C.

 

Serie fusa

 

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1      TRIENS   semilibrale fuso  (53,52-36,14  g.)

D/ = Testa radiata di Helios di fronte ; ai lati, segno di valore  o o   o o .

R/ = Protome equina a sinistra ; sopra, CE ; sotto, segno di valore  o o o o   

HN 1341 ; Vecchi 359 ; Syd. AG 331 ; Haeb. p. 173, 1-3, t. 69, 26-27 ; Garr. -

 

Glasgow 1 (H.1) g. 53,52

* Berlin 1 (H.2) g. 45,20

Berlin, H. (H.3) g. 36,14

 

 

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2       SEXTANS   semilibrale fuso   (26,20-18,40  g.).

D/ = Simile, ma ai lati, segno di valore  o   o .

R/ = Simile, ma sotto, CE ; a sinistra, segno di valore  o o .

HN 1342 ; Vecchi 360 ; Syd. AG 332 ; Haeb. p. 173, 1-4, t. 69, 28-30 ; Garr. t. LXVI, 9

 

Roma 1463 (H.1) g. 26,20

Berlin 2 (H.2) g. 24,47

Paris, SNG 1210 g. 21,02

* NAC 46/2008, 327 g. 20,59

Berlin 3 (H.3) g. 18,95

London, BMC 9 (H.4) g. 18,40

 

Nota: un esemplare è stato rinvenuto a Torre di Satriano, nel 1970  (debbo ancora cercare la fonte bibliografica).

 

 

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3       UNCIA   semilibrale fuso  (19,30-13,10  g.)

D/ = Simile, ma sotto, segno di valore  o .

R/ = Protome equina a destra ; sotto, CE ; a destra, segno di valore,  o .

HN 1343 ; Vecchi 361 ; Syd. AG 333 ; Haeb. p. 173, 1-2, t. 69, 31-32 ; Garr. t. LXVI, 10

 

* Roma (H.1) g. 19,30

(H.2 = ex Gotha) g. 13,10

 

 


 

II° PERIODO:  216-214 a.C.

 

a) Serie fusa (anepigrafe, di attribuzione incerta)

 

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4      SEMIS   quadrantale fuso   (36,65-33,53  g.).

D/ = Simile, ma a sinistra, segno di valore  o o o o o o   ; a destra, oggetto incerto. 

R/ = Crescente sormontato da stella con 9 raggi e 6 punti ; sotto, segno di valore  o o o o o o .

HN 1346 ; Vecchi 364 ; Syd. AG 345 ; Haeb. p. 174, 1-2, t. 69, 33 ; Garr. t. LXVI, 7

 

* Berlin 19 (H.1) g. 36,65

Berlin, H. (H.2) g. 33,53

 

 

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5      TRIENS   quadrantale fuso   (25.84  g.)  

D/ = Simile, ma a sinistra, segno di valore  o o o o .

R/ = Simile, ma la stella ha 7 raggi e 4 punti ; sotto,  o o o o .

HN 1347 ; Vecchi 365 ; Syd. AG 346 ; Haeb. p. 174, 1, t. 69, 34 ; Garr. -

 

* Berlin, H. (H.1) g. 25,84

 

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6      QUADRANS   quadrantale fuso   (18.22-15.45  g.).

D/ = Simile, ma a sinistra, segno di valore  o o o  in verticale.

R/ = Simile, ma la stella ha 6 raggi e 1 punto ; a destra  o o o .

HN 1348 ; Vecchi 366 ; Syd. AG 347 ; Haeb. p. 174, 1-2, t. 69, 35 ; Garr. -

 

Berlin, H. (H.1)  g. 18,22

(H.2 = ex coll. Rusconi) g. 15,45

 

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7       SEXTANS   quadrantale fuso   (10,79  g.)

D/ = Simile, ma a sinistra, segno di valore  o o  in verticale.

R/ =  Simile, ma la stella ha 6 raggi ; sopra, segno di valore,  o o.

HN 1349 ; Vecchi 367 ; Syd. AG 348 ; Haeb. p. 175, 1, t. 69, 36 ; Garr. t. LXVI, 8

 

* Roma 1465 (H.1) g. 10,79

 

 

b) Serie coniata

 

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8      SEXTANS   quadrantale coniato   (13.93-10,88  g.).

D/ = Simile al tipo 7, ma moneta coniata ; ai lati, segno di valore,  o   o .

R/ = Elefante avanzante a destra ; sopra, CELEXA ; all'esergo, segno di valore  o o.

HN 1344 ; Samb. 1064 ; Garr. t. LXXXVIII, 9-10

 

Berlin 1 g. 13,93 °

New York, ANS 1442 g. 12,25 °

München 431 g. 11,98 °

* Paris, SNG 1211 g. 10,88

 

Nota : Gli esemplari contrassegnati con ° risultano riconiati. Almeno l’esemplare di Berlino è definito riconiato su moneta dei Mamertini recanti i tipi Testa di Marte e APEOΣ/ Toro cornupeta e MAMERTINΩN (288-279 a.C.). Con questi tipi mamertini sono noti due nominali: una quadrupla di ca. 15-18 g e una doppia di 7-9 g, quindi con pesi scarsamente sovrapponibili. Controllare l’undertype….

 

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9      UNCIA   quadrantale coniato   (7.41-4.70 g.).

D/ = Simile, ma senza il segno di valore.

R/ = Protome di cavallo a destra ; sopra, CELEXA.

HN 1345 ; Samb. 1065 ;  Garr. t. LXXXVIII, 11-12

 

Berlin 3 g. 7,41

Berlin 2 g. 6,85 °

* Paris, SNG 1212 = Luynes 214 g. 5,52

Berlin 4 g. 4,70

 

Nota : L’esemplare contrassegnato con ° risulta riconiato su semuncia semilibrale romana con Testa femminile a d./ Cavaliere a destra (= Crawford 39/5, datato al 217-216 a.C.).

 

 

 

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Intanto la questione del riconio sulle monete dei Mamertini andrebbe valutata bene. Dal punto di vista ponderale non riesco a trovare un pezzo dei Mamertini con toro cozzante che abbia un peso sui 12 g.....

Purtroppo la ricchissima collezione delle monete di Velecha presenti a Berlino non è disponibile con immagini su internet e bisogna contattare il medagliere e acquistare le immagini con relativi diritti (almeno 20 euro per moneta...).

In ogni caso i Mamertini erano di origine italica e non pochi mercenari erano di ritorno nella madrepatria, in una zona compresa tra la Campania, il Sannio e la Lucania, e quindi è verosimile che le loro monete abbiano circolato anche in questi territori, magari ormai un pò consunte. Servirebbe conferma della presenza di monete mamertine in questi territori.

Interessante piuttosto il fatto che l'uncia n. 9 (di piede quadrantale), sia stata ricontata, almeno in un caso, su una semuncia semilibrale di Roma (chiaramente già disponibile e circolante al momento della riconiatura).

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  • 2 anni dopo...

Buongiorno,

complimenti ad acraf per il prezioso lavoro di ricerca sulle rare monete.

mi sono di recente imbattuto su internet in alcune monete attribuite a ROMA e definite "anomale", del tutto simili a quelle della seconda serie censita da acraf.

ci troviamo forse di fronte a un'emissione di velecha per roma alla vigilia della defezione?

cene sono in giro altre?

grazie in anticipo

gerardo

 

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  • 3 settimane dopo...

Questa emissione romana, con il dio Sole, risale alla fase semilibrale e quindi all'inizio della seconda guerra punica, tra il 217 e 15 a.C., e precedette di poco la ribellione filocartaginese della comunità lucana dei Volceientes, che avevano che principale centro la piccola città di Volceii (nome tramandato dalle fonti al posto di Velecha e che va identificato con l'attuale Buccino).  Non si deve escludere che Livio abbia confuso il corretto nome di questa popolazione lucana con l'etrusca Volci (Vulci)

Volcei ha copiato il tipo del Sole romano, che era uscito un paio di anni prima non per dimostrare un sentimento filoromano, ma per commemorare la divinità che era venerata anche presso queste popolazioni. Non per nulla ha in qualche caso riconiato proprio su monete romane, in sfregio di Roma, similmente a Capua.

Solo nel 209 a.C., con l'attacco del console Q. Fulvio Flacco, Roma riuscì ad assoggettare i Volceientes, insieme alle tribù sannitiche degli Hirpini (Livio 27.15.2-3).

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Il 14/2/2015 alle 18:31, acraf dice:

Intanto la questione del riconio sulle monete dei Mamertini andrebbe valutata bene. Dal punto di vista ponderale non riesco a trovare un pezzo dei Mamertini con toro cozzante che abbia un peso sui 12 g.....

Purtroppo la ricchissima collezione delle monete di Velecha presenti a Berlino non è disponibile con immagini su internet e bisogna contattare il medagliere e acquistare le immagini con relativi diritti (almeno 20 euro per moneta...).

In ogni caso i Mamertini erano di origine italica e non pochi mercenari erano di ritorno nella madrepatria, in una zona compresa tra la Campania, il Sannio e la Lucania, e quindi è verosimile che le loro monete abbiano circolato anche in questi territori, magari ormai un pò consunte. Servirebbe conferma della presenza di monete mamertine in questi territori.

Interessante piuttosto il fatto che l'uncia n. 9 (di piede quadrantale), sia stata ricontata, almeno in un caso, su una semuncia semilibrale di Roma (chiaramente già disponibile e circolante al momento della riconiatura).

Data la grande discordanza fra le varie teorie (tradizionale, Crowford, ecc.), sarei molto interessato a conoscere quella autorevole di Acraf sulle varie riduzioni dell'asse (valori ponderali e date) per potermi meglio orientare nell'inquadramento corretto delle emissioni.

spulciando qua e là ho tentato di costruire un prospetto delle riduzioni, ma ho molti dubbi in proposito:

Aes grave

290 circa

 

Asse

 

327  g = 288 scrupoli

Semisse

1/2 asse

163,5 g = 144 scrupoli

Triente

1/3 asse

81,75 g = 72 scrupoli

Quadrante

1/4 asse

54,5 g = 48 scrupoli

Sestante

1/6 asse

40,8 g = 36 scrupoli

Oncia

1/12 asse

27,25 g = 24 scrupoli

 

Riduzione librale

270 circa

 

Asse

 

 

273 g = 240 scrupoli

Semisse

1/2 asse

136,5 g = 120 scrupoli

Triente

1/3 asse

91 g = 80 scrupoli

Quadrante

1/4 asse

68,25 g = 60 scrupoli

Sestante

1/6 asse

45,5 g = 40 scrupoli

Oncia

1/12 asse

22,75 g = 20 scrupoli

 

Riduzione semilibrale 217-215

 

Asse

 

163,5 g = 144 scrupoli

Semisse

1/2 asse

81,75 g = 72 scrupoli

Triente

1/3 asse

54,5 g = 48 scrupoli

Quadrante

1/4 asse

40,8 g = 36 scrupoli

Sestante

1/6 asse

27,25 g = 24 scrupoli

Oncia

1/12 asse

13,6 g = 12 scrupoli

 

Riduzione post-semilibrale 215-211, le altre in rapida successione

 

Asse

 

      136,25 g = 120 scrupoli

Semisse

1/2 asse

68,125 g = 60 scrupoli

Triente

1/3 asse

  45,42 g = 40 scrupoli

Quadrante

1/4 asse

34,06 g = 30 scrupoli

Sestante

1/6 asse

22,71 g = 20 scrupoli

Oncia

1/12 asse

11,35 g = 10 scrupoli

 

 

Riduzione trientale

 

Asse

 

109  g = 96 scrupoli

Semisse

1/2 asse

54,5 g = 48 scrupoli

Triente

1/3 asse

37,2 g = 32 scrupoli

Quadrante

1/4 asse

27,25 g = 24 scrupoli

Sestante

1/6 asse

18,6 g = 16 scrupoli

Oncia

1/12 asse

9 g = 8 scrupoli

 

 

Riduzione quadrantale

 

Asse

 

81,75 g = 72 scrupoli

Semisse

1/2 asse

40,8 g = 36 scrupoli

Triente

1/3 asse

27,25 g = 24 scrupoli

Quadrante

1/4 asse

20,4 g = 18 scrupoli

Sestante

1/6 asse

13,6 g = 12 scrupoli

Oncia

1/12 asse

6,8 g = 6 scrupoli

 

Riduzione sestantiaria

 

Asse

 

54,5 g = 48 scrupoli

Semisse

1/2 asse

27,25 g = 24 scrupoli

Triente

1/3 asse

18,6 g = 16 scrupoli

Quadrante

1/4 asse

13,6 g = 12 scrupoli

Sestante

1/6 asse

9 g = 8 scrupoli

Oncia

1/12 asse

4,5 g = 4 scrupoli

 

Riduzione onciaria

 

Asse

 

27,25 g = 24 scrupoli

Semisse

1/2 asse

13,6 g = 12 scrupoli

Triente

1/3 asse

9 g = 8 scrupoli

Quadrante

1/4 asse

6,8 g = 6 scrupoli

Sestante

1/6 asse

4,5 g = 4 scrupoli

Oncia

1/12 asse

2,2 g = 2 scrupoli

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Uno dei punti critici della teoria del Crawford è la corretta datazione della svalutazione semilibrale, che lo studioso inglese attribuisce come conseguenza delle prime sconfitte romane ad opera di Annibale, nel 217 a.C.

In effetti si nota una notevole compressione delle serie semilibrali, che in pratica sarebbero durate poco più di un anno, dal momento che lo standard ponderale avrebbe subito già una riduzione trientale e subito dopo quadrantale (definite riduzioni post-semilibrali) subito dopo la disfatta di Canne, nel 2 agosto 216 a.C. (anche se va tenuto presente che il calendario romano dell'epoca era avanti di circa un mese rispetto alle reali stagioni, per cui la battaglia dovrebbe essere avvenuta in realtà nel 1 luglio 2016 a.C. solare). D'altra parte si noterà, nell'arco dei successivi anni di lotta contro Annibale, un grandissimo sforzo monetario, con produzione di un enorme numero di conii da parte dell'esercito romano.

Un problema è ad esempio costituito dalla famosa serie enea RRC 39, con una intrigante e misteriosa scelta di varie tipologie che non si incontreranno più nella monetazione romana, allontanandosi notevolmente dalla solita tipologia della prora di nave. Usualmente tale serie è stata collegata ai Ludi Magni del 217 a.C., ma propongo ad esempio un interessante articolo apparso nel 2009 dove la datazione viene retrocessa di un ventennio circa, in occasione dei Ludi Saeculares....

Lippi 2009 Ludi Magni o Ludi Saeculares.pdf

In ogni caso, come per la monetazione romano-campana del tardo IV e fino alla prima metà del III secolo a.C., anche il periodo compreso tra la prima e la seconda guerra punica attende ancora delle puntualizzazioni rispetto alla sistemazione offerta dal Crawford.

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  • 2 settimane dopo...

Ancora per acraf.

Può esserci una relazione fra gli "aterischi" o "stelle" che sormontano il calante delle monete di Velecha con la stella macedone.

mi ha sorpreso l'affinità con una moneta di Uranopolis del 300 a.c..

Il collegamento nn potrebbe ricondurre all'utilizzo di mercenari campani nel IV secolo da parte delle potenze greche?

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Le successive riduzioni dell'asse romano sono più o meno quelle...

Circa le stelle è difficile offrire una valida spiegazione, anche se si dovrebbe immaginare un trinomio Luna - Stelle - Dioscuri.

Tanto per complicare un pò il quadro generale, allego un interessante articolo di Roberto Lippi di alcuni anni fa:

Lippi 2009 Ludi Magni o Ludi Saeculares.pdf

Attendo volentieri commenti su questa particolare serie romana

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  • 2 anni dopo...
Il 10/11/2017 alle 01:10, acraf dice:

Questa emissione romana, con il dio Sole, risale alla fase semilibrale e quindi all'inizio della seconda guerra punica, tra il 217 e 15 a.C., e precedette di poco la ribellione filocartaginese della comunità lucana dei Volceientes, che avevano che principale centro la piccola città di Volceii (nome tramandato dalle fonti al posto di Velecha e che va identificato con l'attuale Buccino).  Non si deve escludere che Livio abbia confuso il corretto nome di questa popolazione lucana con l'etrusca Volci (Vulci)

Volcei ha copiato il tipo del Sole romano, che era uscito un paio di anni prima non per dimostrare un sentimento filoromano, ma per commemorare la divinità che era venerata anche presso queste popolazioni. Non per nulla ha in qualche caso riconiato proprio su monete romane, in sfregio di Roma, similmente a Capua.

Solo nel 209 a.C., con l'attacco del console Q. Fulvio Flacco, Roma riuscì ad assoggettare i Volceientes, insieme alle tribù sannitiche degli Hirpini (Livio 27.15.2-3).

Il 10/11/2017 alle 01:10, acraf dice:

Questa emissione romana, con il dio Sole, risale alla fase semilibrale e quindi all'inizio della seconda guerra punica, tra il 217 e 15 a.C., e precedette di poco la ribellione filocartaginese della comunità lucana dei Volceientes, che avevano che principale centro la piccola città di Volceii (nome tramandato dalle fonti al posto di Velecha e che va identificato con l'attuale Buccino).  Non si deve escludere che Livio abbia confuso il corretto nome di questa popolazione lucana con l'etrusca Volci (Vulci)

Volcei ha copiato il tipo del Sole romano, che era uscito un paio di anni prima non per dimostrare un sentimento filoromano, ma per commemorare la divinità che era venerata anche presso queste popolazioni. Non per nulla ha in qualche caso riconiato proprio su monete romane, in sfregio di Roma, similmente a Capua.

Solo nel 209 a.C., con l'attacco del console Q. Fulvio Flacco, Roma riuscì ad assoggettare i Volceientes, insieme alle tribù sannitiche degli Hirpini (Livio 27.15.2-3).

non concordo con l'identificazione di velecha con volcei, che si baserebbe solo su una vaga assonanza. Salmon ha in modo più che convincente identificato velecha con la polis dei sabatini, cioè con i sannti abitanti la valle del sabato, sabatini che seguono non a caso la sorte di capua, atella e calatia quando roma li punisce (livio), centri con cui condivide la monetazione e ubicati nella stessa area geografica (per l'esattezza sulla direttrice capua-compsa-apulia percorsa più volte da annibale nel corso della guerra). semmai è vero il contrario. quando livio menziona volcei (insieme agli hirpini, abitanti della valle del calore irpino, non lucano) forse fa confusione proprio con velecha.

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come ho detto, non concordo con l'identificazione di velecha con volcei, che si baserebbe solo su una vaga assonanza. Salmon ha in modo più che convincente identificato velecha con la polis dei sabatini, cioè con i sannti abitanti la valle del sabato, sabatini che seguono non a caso la sorte di capua, atella e calatia quando roma li punisce (livio), centri con cui condivide la monetazione e ubicati nella stessa area geografica (per l'esattezza sulla direttrice capua-compsa-apulia percorsa più volte da annibale nel corso della guerra). semmai è vero il contrario. quando livio menziona volcei (insieme agli hirpini, abitanti della valle del calore irpino, non lucano) forse fa confusione proprio con velecha.

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