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Circolazione grossi moduli d'oro Regno d'Italia


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Buongiorno, mi presento, mi chiamo Ruggero e questo e' il mio primo messaggio. Mi scuso se la domanda e' gia' stata posta, ma anche guardando vecchie discussioni non riesco a trovare una risposta completa. La mia domanda e': ma i grossi moduli d'oro, cioe' le 50 e le 100 lire, hanno circolato effettivamente durante il Regno d'Italia? O erano piuttosto tenuti esclusivamente nei caveu delle banche come si fa oggi con i lingotti o i marenghi da investimento? Venivano usati per transazioni quotidiane?

Lo domando perche', giudicando dalla scarsa emissione ( I pezzi coniati crollano se raffrontati a Carlo Alberto), mi domando se sia corretto considerarle vere e proprie monete. D'accordo che avevano valore legale, ma le usava qualcuno?? Se la risposta e' no, mi piacerebbe fare un raffronto con i re di Sardegna, che pur regnando su uno stato assai piu' piccolo, ne coniavano molte di piu'. Sotto Vittorio Emanuele III anche le 20 lire d'oro vengono coniate in quantitativi assai minori. Venivano ancora usate quelle di suo padre?

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Complimenti per la domanda, sicuramente interessante e degna di essere affrontata in modo approfondito, spero che intervengano anche i "pezzi grossi" del forum.

La mia sensazione è che per quanto riguarda il Regno D'Italia i grandi moduli (100 e 50 lire) fossero più che altro pezzi "di rappresentanza", mentre le 20 lire il taglio più alto spendibile (ricordiamoci che L'Italia faceva anche parte della Lega Latina)

Discorso diverso per i grandi aurei di Carlo Felice e Carlo Alberto dove i grandi moduli avevano tirature discrete e come si può vedere nelle vetrine dei vari commercianti copita spesso di vederne in conservazione BB.

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"La mia domanda e': ma i grossi moduli d'oro, cioe' le 50 e le 100 lire, hanno circolato effettivamente durante il Regno d'Italia? O erano piuttosto tenuti esclusivamente nei caveu delle banche come si fa oggi con i lingotti o i marenghi da investimento? Venivano usati per transazioni quotidiane?"

 

Ciao e benvenuto sul Forum.

 

Prima di considerare se e fino a quando la moneta aurea abbia circolato nel Regno d'Italia, è opportuno ricordare le modalità attraverso le quali tale moneta veniva "immessa sul mercato".

 

A parte alcune eccezioni verificatesi nel corso del XX secolo, la moneta aurea veniva usualmente richiesta alla zecca da soggetti (privati, banche, istituzioni ecc.) che fornivano il metallo prezioso (grezzo o monetato) e mediante il pagamento di diritti di coniazione ed affinanzione, ritiravano la moneta aurea di Stato.

 

Già questa modalità dimostra come vi fosse una netta differenza tra l'immissione sul mercato di moneta aurea rispetto a tutti gli altri tipi di monete (fa eccezione, per i primi anni del Regno, la moneta da Lire 5 - lo scudo -, che inizialmente seguì, quanto alla distribuzione, lo stesso sistema della moneta aurea) che invece venivano prodotte dalla zecca ed immesse sul mercato attraverso le Tesorerie dello Stato.

 

La moneta aurea del Regno è quindi sostanzialmente destinata a due tipologie di impiego:

 

1. pagamenti di elevate somme in transazioni nazionali e internazionali, per le quali il creditore pattuisce espressamente l'uso di tale moneta;

 

2. tesaurizzazione. 

 

E' praticamente assente una circolazione "diffusa" della moneta d'oro, anche se vennero emesse (per pochi anni) monete da 5 e da 10 lire, il cui taglio potrebbe far pensare che almeno queste tipoloie abbiano fatto una timida comparsa nel flusso circolatorio, al più nel primo ventennio del Regno, per poi finire anch'esse tesaurizzate.

 

L'emissione di moneta aurea nel Regno d'Italia, tende a ridursi notevolmente verso la fine del XIX secolo e ciò è ampiamente testimoniato da quello che hai notato già Tu, ovvero dalle scarsissime tirature e dall'emissione episodica dei "grossi moduli". 

 

Durante il regno di V.E. III, la moneta d'oro mantiene essenzialmente la funzione di cui al punto 2. (la tesaurizzazione) che caratterizza, direi in via esclusiva, tutta la monetazione aurea del XX secolo.

 

Il raffronto fra la circolazione aurea del Regno di Sardegna e quella del Regno d'Italia è quindi impietoso. 

 

Tuttavia, pensare che la l'abbondanza di coniazioni auree nel periodo antecedente il Regno d'Italia significhi una circolazione diffusa di questa specie monetale, sarebbe fuorviante.

 

In buona sostanza, la moneta aurea non è mai passata fra le mani del "popolo" e neppure durante il Regno di Sardegna sarebbe stato normale trovare un cittadino qualunque pagare con moneta d'oro, l'oste, il falegname o il pizzicagnolo.

 

Saluti.

M.

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Tendenzialmente...tutto quello che....luccica...viene tesaurizzato....

 

Se pensate che molti tesaurizzavano le venti lirette repubblicane....immaginatevi quello che poteva accadere con le monete in oro.

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Il 2/4/2015 at 19:11, bizerba62 dice:

L'emissione di moneta aurea nel Regno d'Italia, tende a ridursi notevolmente verso la fine del XIX secolo e ciò è ampiamente testimoniato da quello che hai notato già Tu, ovvero dalle scarsissime tirature e dall'emissione episodica dei "grossi moduli".

Questo perché, negli stessi anni, si afferma anche in Italia l'uso generalizzato della cartamoneta.

La necessità di monete di alto valore (come erano ancora 50 e 100 lire), è ormai ampiamente soddisfatta dalle banconote, e l'oro, anziché essere trasformato in monete, rimane nei caveau del Tesoro, anche perché serve a garantire il circolante cartaceo, in un'epoca in cui alla quantità di banconote circolanti deve corrispondere, in teoria, pari quantità d'oro nelle casse dello Stato.

Le monete d'oro di alto valore non sono più necessarie alla circolazione e le poche coniate vengono tesaurizzate e collezionate, nella consapevolezza, in quest'ultimo caso, che, viste le basse tirature, un giorno potrebbero valere molto più del semplice contenuto in metallo ;)

 

Il 2/4/2015 at 19:11, bizerba62 dice:
Il raffronto fra la circolazione aurea del Regno di Sardegna e quella del Regno d'Italia è quindi impietoso. 

Tuttavia, pensare che la l'abbondanza di coniazioni auree nel periodo antecedente il Regno d'Italia significhi una circolazione diffusa di questa specie monetale, sarebbe fuorviante.

In buona sostanza, la moneta aurea non è mai passata fra le mani del "popolo" e neppure durante il Regno di Sardegna sarebbe stato normale trovare un cittadino qualunque pagare con moneta d'oro, l'oste, il falegname o il pizzicagnolo.

Vero, ma solo in parte: il discorso è l'inverso di quello sopra, qui le monete d'oro si coniano, e circolano, perché c'è una necessità reale, mancando alternative.

Sicuramente non andavi a comprare un litro di vino con una moneta d'oro, ma allo stesso tempo, se dovevi comprare qualcosa di grande valore, non ti portavi dietro sacchi di centesimi.

E l'unica alternativa ai centesimi erano le monete d'oro, perché il Regno di Sardegna, nei primi 50 anni dell'Ottocento, non stampa e non usa cartamoneta.

Dopo l'esperienza disastrosa delle Regie Finanze, bisognerà attendere il 1849 per i primi, timidi tentativi di tornare a stampare banconote.

Se, nel 1830, volevi comprare una cosa che costava 1.000 lire, il modo più semplice era pagarla con 10 monete d'oro da 100 lire, che venivano coniate in quantità perché c'era una necessità reale di esse, almeno per certe transazioni.

Necessità  che viene a mancare nella seconda metà del secolo (diciamo pure verso la fine) quando, come detto sopra, vengono sostituite dalle banconote.

petronius oo)

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"Se, nel 1830, volevi comprare una cosa che costava 1.000 lire, il modo più semplice era pagarla con 10 monete d'oro da 100 lire, che venivano coniate in quantità perché c'era una necessità reale di esse, almeno per certe transazioni."

 

Indubbiamente.

 

Anche se quella cosa che costava 1.000 lire non era certamente alla portata del cittadino (anzi...del suddito) comune.

 

M.

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Il 2/4/2015 at 19:54, bizerba62 dice:

Anche se quella cosa che costava 1.000 lire non era certamente alla portata del cittadino (anzi...del suddito) comune.

Ne convengo, e infatti ho scritto che venivano usate solo per "certe transazioni", intendendo quelle di importo elevato, sicuramente non alla portata del suddito comune.

Al contrario, negli ultimi anni del regno di Umberto (anni '90) e durante i primi di VEIII (fino alla prima guerra mondiale, perché dopo il valore intrinseco delle monete d'oro ha superato il facciale, ed è ovvio che nessuno le spendesse più), le monete d'oro non vengono più usate nemmeno da chi potrebbe permetterselo, perché è molto più comodo e facile usare le banconote.

Di conseguenza, anche le coniazioni diminuiscono.

petronius :)

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@@petronius arbiter ha risposto  in modo preciso ed esatto alla domanda di@@Ruggero86

infatti  nel regno di Sardegna  circolavano monete d'oro di grande taglio 40/80 poi 50/100 perchè non c'erano alternative, poi  con la crisi della lira, il corso forzoso della fine degli anni 60, s'iniziò a stampare....

e quando uno stato stampa  il risultato  lo si sa ..... anche se successivamente la lira ha riconquistato la convertibilità sull'oro ( fine XIX secolo) ed anzi  nei primi del  '900  si assistette  al fenomeno che la carta aveva aggio sull'oro, la fine della  "normale" circolazione  della moneta aurea la decretò la prima guerra mondiale, con la crisi economica/monetaria che  ne successe, di breve ed irrisoria importanza fu il tentativo agli inizi degli anni '30 di  ridare vita ad una circolazione aurea, ma fu soltanto una  mossa del regime, per glorificare  il traguardo di quota 90 con la sterlina.

 

PS:  la circolazione aurea nel Regno di Sardegna,  era molto diffusa, certo non si andava  dal fruttivendolo o dal macellaio, con il marenghino, ma  di un fatto che sono certo è  che il contadino  comperava/vendeva i capi di bestiame  pagando con moneta aurea, e questa abitudine durò fino allo scoppio della I° guerra mondiale.

 

saluti

TIBERIVS

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Al contrario, negli ultimi anni del regno di Umberto (anni '90) e durante i primi di VEIII (fino alla prima guerra mondiale, perché dopo il valore intrinseco delle monete d'oro ha superato il facciale, ed è ovvio che nessuno le spendesse più), le monete d'oro non vengono più usate nemmeno da chi potrebbe permetterselo, perché è molto più comodo e facile usare le banconote.

 

Di conseguenza, anche le coniazioni diminuiscono.

 

petronius :)

Su questo   ho alcuni  dubbi, ti ricordo che nei primi anni del 900 la cartamoneta  faceva aggio sull'oro, in sostanza  la "carta" era preferita all'oro, il cittadino che cambiava la moneta d'oro in banca, pagava un aggio per poter avere la carta,  sembra strano ma fu così, durò pochi anni  però successe

saluti

TIBERIVS

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Su questo   ho alcuni  dubbi, ti ricordo che nei primi anni del 900 la cartamoneta  faceva aggio sull'oro, in sostanza  la "carta" era preferita all'oro, il cittadino che cambiava la moneta d'oro in banca, pagava un aggio per poter avere la carta,  sembra strano ma fu così, durò pochi anni  però successe

saluti

TIBERIVS

 

Quali ragioni potevano motivare il cambio di oro in banconote?

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Non sarei così convinto che la gente del popolo di fine '800 non maneggiasse moneta d'oro. Tolti gli strati più umili, il popolo non era mica costituito di soli nullatenenti che faticavano ad arrivare a fine giornata: il ceto medio (e medio-basso) era diffuso, e le 20 lire pure (milioni di pezzi!), con proporzionale moderazione. Oltre che nella tradizione orale, che potrebbe avere valore documentario opinabile su un forum, riferimenti all'uso e alla circolazione di marenghi tra le mani del popolo sono ricorrenti nella letteratura tardoottocentesca, come Cuore di de Amicis (tanto per citarne uno). 

La dote delle donne, poi, era solitamente resa in "contanti", spesso dopo aver venduto parte dei terreni di famiglia, e in monete d'oro (marenghi principalmente) erano versati il prezzo della compravendita e poi la dote.

Modificato da Filippo1948
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Perchè era più comodo?

TIBERIVS

 

al punto di pagarci una commissione?

Non che metta in discussione quanto asserisce, solo mi incuriosisce questa cosa. Impicciavano così tanto alcuni chili d'oro (nel caso di una grossa spesa) da rendere necessario il ricorso a un cambio con cartamoneta? 

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al punto di pagarci una commissione?

Non che metta in discussione quanto asserisce, solo mi incuriosisce questa cosa. Impicciavano così tanto alcuni chili d'oro (nel caso di una grossa spesa) da rendere necessario il ricorso a un cambio con cartamoneta? 

Ti riporto un passo de " Le avventure della lira" di Carlo Maria Cipolla ( 1922-2000)( uno dei maggiori esperti di storia monetaria) libro che consiglio a chi non l' ha ancora letto;

....( pag  97 Ed Il Mulino 2001) .... tra  il 1903 ed il 1910 il prezzo dell'oro fluttua tra le  L. 3,40 e le 3,44 al grammo. E' il periodo della "carta che fa premio sull'oro": il periodo che i nostri padri ricordavano con tanta nostalgia. Tra il 1911 ed il 1914  la lira cede lievemente ma nel 1914 il prezzo di un grammo d'oro è ancora di L. 3,48.

 Per rispondere alla tua domanda:

Impicciavano così tanto alcuni chili d'oro (nel caso di una grossa spesa) da rendere necessario il ricorso a un cambio con cartamoneta? 

 

La risposta è certo che impicciavano,  una transazione  importante  esempio  100.000 lire era pari a 32,250 Kg d'oro, pensa ai costi di una transazione del genere, assicurazioni, trasporto valori, ecc ecc, 

 

il pensiero attuale porta a pensare ad una moneta tesaurizzata e ferma, ma ciò all'epoca  non era assolutamente vero, la moneta circolava, con tutti i pro e contro che comportava

saluti

TIBERIVS

Modificato da TIBERIVS
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Tendenzialmente...tutto quello che....luccica...viene tesaurizzato....

 

Se pensate che molti tesaurizzavano le venti lirette repubblicane....immaginatevi quello che poteva accadere con le monete in oro.

mia madre ne raccolse diverse centinaia da ragazza... :D

ma lo sai che proprio qualche giorno fa pensavo all'affinità "ideale" delle due monete: colore molto simile, stesso valore nominale (Lire 20), pressappoco identici diametro e spessore..... è solo un caso o c'era un ragionamento dietro? un'eredità, e non mi viene termine migliore di quello che ho già usato, "ideale" tra le due monetine? 

un saluto.

p.s. interessantissimo il dibattito scaturito in questa discussione, tutti i vostri interventi per me sono estremamente interessanti; peccato che la quota si "mi piace" spendibile quotidianamente sia così bassa, a mio personale parere.

ciao a tutti.

Modificato da Lay11
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Ti riporto un passo de " Le avventure della lira" dia Carlo Maria Cipolla ( 1922-2000)( uno dei maggiori esperti di storia monetaria) libro che consiglio a chi non l'ho ha ancora letto;

....( pag  97 Ed Il Mulino 2001) .... tra  il 1903 ed il 1910 il prezzo dell'oro fluttua tra le  L. 3,40 e le 3,44 al grammo. E' il periodo della "carta che fa premio sull'oro": il periodo che i nostri padri ricordavano con tanta nostalgia. Tra il 1911 ed il 1914  la lira cede lievemente ma nel 1914 il prezzo di un grammo d'oro è ancora di L. 3,48.

 Per rispondere alla tua domanda:

Impicciavano così tanto alcuni chili d'oro (nel caso di una grossa spesa) da rendere necessario il ricorso a un cambio con cartamoneta? 

 

La risposta è certo che impicciavano,  una transazione  importante  esempio  100.000 lire era pari a 32,250 Kg d'oro, pensa ai costi di una transazione del genere, assicurazioni, trasporto valori, ecc ecc, 

 

il pensiero attuale porta a pensare ad una moneta tesaurizzata e ferma, ma ciò all'epoca  non era assolutamente vero, la moneta circolava, con tutti i pro e contro che comportav,

saluti

TIBERIVS

 

32,25 kg occupavano un volume di pressappoco 2 litri (tenendo conto degli spazi vuoti tra rotolo e rotolo di monete, o tra moneta e moneta se sfuse), tutto sommato un volume contenuto, e i costi di assicurazione e trasporto valori erano i medesimi delle banconote, che non sarebbero state rimborsate in caso di furto. Mah, in qualche modo avrei capito  un fenomeno del genere per le monete divisionali in argento... ma nemmeno tanto. Non so, al di là del valore intrinseco delle monete, fluttuante per natura, chi avrebbe accettato di cambiare marenghi per banconote perdendoci? Il valore nominale c'era già tutto: perché effettuare un inutile cambio? Per trasportare qualche chilo di carta invece dei 32 chili di oro?

Non ho mai pensato alla Moneta (maiuscolo per indicare lo strumento monetario) come mero oggetto da tesaurizzazione, neppure a quella d'oro, ma anche 5.000 marenghi sarebbero stati facilmente disperdibili nel pagamento di prestazioni d'opera quanto nell'acquisto di merci, senza ricorrere al cambio in banconote.

Da legge di Gresham sarebbe stato sempre più opportuno spendere banconote piuttosto che marenghi (ma qualora si disponesse delle une e degli altri, sicuramente non pagando un aggio per ottenere cartamoneta dal cambio di moneta aurea), se non altro perché in ogni caso sia banconote che marenghi erano garantiti per il nominale dallo Stato, ma in caso di "problemi" la sola moneta d'oro avrebbe avuto in garanzia anche il suo peso oltre alla parola dello Stato.

Saluti.

Modificato da Filippo1948
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32,25 kg occupavano un volume di pressappoco 2 litri (tenendo conto degli spazi vuoti tra rotolo e rotolo di monete, o tra moneta e moneta se sfuse), tutto sommato un volume contenuto, e i costi di assicurazione e trasporto valori erano i medesimi delle banconote, che non sarebbero state rimborsate in caso di furto. Mah, in qualche modo avrei capito  un fenomeno del genere per le monete divisionali in argento... ma nemmeno tanto. Non so, al di là del valore intrinseco delle monete, fluttuante per natura, chi avrebbe accettato di cambiare marenghi per banconote perdendoci? Il valore nominale c'era già tutto: perché effettuare un inutile cambio? Per trasportare qualche chilo di carta invece dei 32 chili di oro?

Non ho mai pensato alla Moneta (maiuscolo per indicare lo strumento monetario) come mero oggetto da tesaurizzazione, neppure a quella d'oro, ma anche 5.000 marenghi sarebbero stati facilmente disperdibili nel pagamento di prestazioni d'opera quanto nell'acquisto di merci, senza ricorrere al cambio in banconote.

Da legge di Gresham sarebbe stato sempre più opportuno spendere banconote piuttosto che marenghi (ma qualora si disponesse delle une e degli altri, sicuramente non pagando un aggio per ottenere cartamoneta dal cambio di moneta aurea), se non altro perché in ogni caso sia banconote che marenghi erano garantiti per il nominale dallo Stato, ma in caso di "problemi" la sola moneta d'oro avrebbe avuto in garanzia anche il suo peso oltre alla parola dello Stato.

Saluti.

Il tuo pensiero è fatto su basi attuali di ragionamento ,  da come tu dici :

perché in ogni caso sia banconote che marenghi erano garantiti per il nominale dallo Stato, ma in caso di "problemi" la sola moneta d'oro avrebbe avuto in garanzia anche il suo peso oltre alla parola dello Stato.

Pre ondizionato da cent'anni di inflazione ed iper inflazione, che ci ha portato a pensare alla moneta d'oro SOLO come tesaurizzazione e non più  come semplice moneta di scambio.

 

Comunque sia non è a me che devi chiedere giustificazioni,  penso che non metterai in dubbio le parole di un economista storico del calibro di C.M Cipolla?!

TIBERIVS

Modificato da TIBERIVS
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Interessantissime considerazioni.

Tuttavia mi chiedo come mai la Francia (giusto per citare in paese confinante, che aveva certo un'economia più forte ma simili esigenze in fatto di transazioni a tutti i livelli di importi) abbia coniato massimali aurei da 100 franchi (che nell'Unione Monetaria Latina corrispondevano sempre a 32.25 g. di AU 900) in quantità immensamente superiori alle "inesistenti" quantità del Regno d'Italia... forse che le banconote erano sconosciute in Francia ? :huh:

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Non è che non concepisco il cambio di oro in cartamoneta, è che non posso credere che davvero qualcuno fosse disposto a pagarci una commissione. Alla parità sicuramente poteva avere i suoi vantaggi pratici, ma per credere a quel quid in più dovrei leggere con quale documentazione il Cipolla argomentava le sue parole.

Modificato da Filippo1948
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Ciao.

 

"Tuttavia mi chiedo come mai la Francia (giusto per citare in paese confinante, che aveva certo un'economia più forte ma simili esigenze in fatto di transazioni a tutti i livelli di importi) abbia coniato massimali aurei da 100 franchi..."

 

C'è da dire che la Francia aveva all'epoca (1861) circa 10 milioni di abitanti in più del Regno d'Italia ed un'eonomia certamente più florida della nostra.

 

Tornando all'uso della moneta aurea nella circolazione, è bene ricordare che nel 1862 un operaio tessile percepiva 1,30 lire al giorno di salario (per le donne e i minori il compenso varia a partire da 50, 60 o 70 centesimi al giorno per 10, 11 o 12 ore di lavoro).

 

Il tasso di analfabetismo oscillava tra il 70 ed il 75% della popolazione, con punte dell'80% nel meridione e alle elezioni del 1861 gli aventi diritto al voto sono (si consegue l'elettorato attivo in base al censo e all'età) appena ....420.000! su circa 20 milioni di abitanti.

 

Credo che bastino questi pochi ma eloquenti indicatori, per comprendere quale potesse essere la circolazione di monete auree fra la popolazione.

 

M.

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Ciao.

 

"Tuttavia mi chiedo come mai la Francia (giusto per citare in paese confinante, che aveva certo un'economia più forte ma simili esigenze in fatto di transazioni a tutti i livelli di importi) abbia coniato massimali aurei da 100 franchi..."

 

C'è da dire che la Francia aveva all'epoca (1861) circa 10 milioni di abitanti in più del Regno d'Italia ed un'eonomia certamente più florida della nostra.

 

Tornando all'uso della moneta aurea nella circolazione, è bene ricordare che nel 1862 un operaio tessile percepiva 1,30 lire al giorno di salario (per le donne e i minori il compenso varia a partire da 50, 60 o 70 centesimi al giorno per 10, 11 o 12 ore di lavoro).

 

Il tasso di analfabetismo oscillava tra il 70 ed il 75% della popolazione, con punte dell'80% nel meridione e alle elezioni del 1861 gli aventi diritto al voto sono (si consegue l'elettorato attivo in base al censo e all'età) appena ....420.000! su circa 20 milioni di abitanti.

 

Credo che bastino questi pochi ma eloquenti indicatori, per comprendere quale potesse essere la circolazione di monete auree fra la popolazione.

 

M.

 

Purtuttavia la piccola proprietà era ampiamente diffusa, come il ceto medio costituito da artigiani e piccoli-medi commercianti. La diffusione dell'analfabetismo era sintomatica di un tendenzialmente basso livello sociale, ma se è vero che per studiare servivano soldi (per pagare gli studi e per mantenere un figlio temporaneamente improduttivo) è anche vero che non necessariamente chi disponeva di risorse (sufficienti ma non elevate) doveva spingere i figli allo studio. La piaga dell'analfabetismo aveva origini lontanissime, e la gente comune (non necessariamente alla fame) non coglieva l'utilità della scuola, da qui i problemi all'alfabetizzazione elementare imposta dallo Stato postunitario. Sono comuni gli esempi (documentati da amplissime fonti d'archivio) di famiglie non povere, costituite di piccoli proprietari terrieri che lavoravano la propria terra e ne vendevano i prodotti, che pure non credevano all'utilità di un'istruzione, e quando andava bene ci si fermava alla III elementare.

Modificato da Filippo1948
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Non è che non concepisco il cambio di oro in cartamoneta, è che non posso credere che davvero qualcuno fosse disposto a pagarci una commissione. Alla parità sicuramente poteva avere i suoi vantaggi pratici, ma per credere a quel quid in più dovrei leggere con quale documentazione il Cipolla argomentava le sue parole.

Non voglio  discutere più di tanto su fatti che personalmente non posso provare, ma sicuramente  uno storico  economista se ha scritto su  un suo libro un dato fatto, sicuramente lo ha fatto  su basi certe e documentabili,  per esempio e molto semplicemente registrazioni contabili bancarie.

saluti

TIBERIVS

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Ciao.

 

"Tuttavia mi chiedo come mai la Francia (giusto per citare in paese confinante, che aveva certo un'economia più forte ma simili esigenze in fatto di transazioni a tutti i livelli di importi) abbia coniato massimali aurei da 100 franchi..."

 

C'è da dire che la Francia aveva all'epoca (1861) circa 10 milioni di abitanti in più del Regno d'Italia ed un'eonomia certamente più florida della nostra.

 

 

 

certo delle ragioni ci devono pur essere e, oltre al maggior numero di abitanti e alla più solida economia (che da sole non spiegano una differenza così enorme), devono esserci ulteriori motivazioni, altrimenti il paragone sarebbe tanto impari da far sembrare l'Italia uno stato tribale rispetto alla Francia limitatamente alla monetazione aurea ... tanto per fare un confronto....

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I marenghi e i piccoli tagli d'oro avevano una circolazione se non quotidiana da spesa al mercato sicuramente per le spese medio grandi (una mucca, un cavallo o pezzi di terreno) certo è che la tendenza alla tesaurizzazione esisteva (se potevo scegliere tra pagare con uno scudo d'argento o con 5 lire d'oro non avrei avuto dubbi), per quanto riguarda i grossi moduli questi, a parte rarissime eccezioni, venivano utilizzati solo per transazioni bancarie o grossi pagamenti internazionali. La loro eventuale usura è dovuta dal fatto che ad ogni verifica venivano contati ed esaminati uno ad uno dal personale preposto ma di circolazine di mercato manco a parlarne.

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certo delle ragioni ci devono pur essere e, oltre al maggior numero di abitanti e alla più solida economia (che da sole non spiegano una differenza così enorme), devono esserci ulteriori motivazioni, altrimenti il paragone sarebbe tanto impari da far sembrare l'Italia uno stato tribale rispetto alla Francia limitatamente alla monetazione aurea ... tanto per fare un confronto....

 

giusto per mettere i puntini sulle "i"...

 

massimali aurei (100 Lire / 100 Francs=32.25 g. AU900) coniati nel periodo 1862-1914:

 

- Italia: 15.429 pezzi

- Francia: 537.637 pezzi

 

Non certo una differenza spiegabile con qualche milione di abitanti in più ed una economia pur più solida... chissà ...

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