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Decargiro: ma quanto valeva davvero?


antvwaIa

Risposte migliori

IMHO, concordo con Te sul fatto il decargyrus nummus  fosse un esperimento di moneta fiduciaria destinata soprattutto al pagamento delle tasse....progetto, poi, abortito, nel 395 d.c.,

Quindi si potrebbe parlare:

1) AE2 o decargyrus nummus  pari ad 1/600 di solido;

2) AE3 o Centenionalis

3)  AE4 o 1/2 Centenionalis

 

In questo modo stai dicendo che il decargirium corrispondeva a 12 AE4.

Potrei anche coincidere con te, ma occorrono delle fonti per sostenere questa tesi.

Da dove dedurre che il decargirio valeva 1/600 di solido? Qui sta il quibus del'argomento.

 

La terminologia numismatica nel Codice Teodosiano è molto complessa, perché s'intreccia il linguaggio abituale con quello propriamente giuridico, e non sono mai pienamente coincidenti.

Nummus per l'uomo della strada non ha lo stesso significato che per il giurista.

D'altra parte, non  per nulla abbiamo il noto passo biblico:

"L'uomo cresceva in arroganza a dismisura e ciò spiacque all'Altissimo, che volle punirlo. Allora creò gli avvocati e il linguaggio giuridico e li castigó severamente: così gli uomini, che prima s'intendevano tra loro senza difficoltà, ora infatti smisero d'intendersi".

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La natura fiduciaria del decargiro potrebbe desumersi dal fatto che esso non poteva essere convertito, per legge, in moneta diversa...perchè imporre questo divieto?

 

La legge prevede il ritiro e la proibizione del suo uso! Dopo solo 3 anni dalla sua introduzione nel parco monetario. Perché? Difficile comprenderlo.

 

Siamo sicuri che il decargirio non contenesse una parte d'argento? Non credo che fosse così: ma quali sono le fonti (antiche o moderne) che ci dicono se davvero era una moneta di solo bronzo, oppure conteneva un 10% d'argento (antiche o moderne).

I nostri pareri possono essere molto validi: ma dobbiamo sempre avere degli argomenti concreti per corroborarli: una fonte storica, un'analisi chimica....

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La natura fiduciaria del decargiro potrebbe desumersi dal fatto che esso non poteva essere convertito, per legge, in moneta diversa...perchè imporre questo divieto?

Una moneta fiduciaria deve necesariamente avere un punto di riferimento e di convertibilità per poter essere credibile sul mercato.

Ad esempio, nella monetazione vandala, il nummo era convertibile in denari d'argento e i multipli del nummo, fiduciari e sottopeso, non potevano esere convertiti direttamente in denari d'argento, però sì indirettamente convertendoli prima in nummi.

Fin tanto che il sistema monetario di cui fa parte una moneta fiduciaria gode nel suo insieme della credibilità, allora la moneta fiduciaria circola liberamente. Nel momento in cui viene a meno la credibilità del sistema, la moneta fiduciaria perde valore e quella dal valore intrinseco diventa una moneta di rifugio e viene tesaurizzata.

Lo vediamo nella monetazione moderna, che è totalmente fiduciaria: quando un sistema perde fiducia, come ora l'euro, il meracto si rivolge verso altri sistemi (dollaro) oppure verso una "moneta" dal valore intrinseco: oro metallico.

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Hai perfettamente ragione. ..le mie, infatti, sono chiacchiere da forum...la definizione di decargyrus nummus, in effetti, fa presupporre il riferimento alla percentuale d'argento, anche se, in questo caso, potrebbe essere una generica unità di conto...il divieto di cambio, per me, potrebbe significare che il decargyrus fosse una moneta fiduciaria del valore fisso di 10 nummi, non convertibile. ..mentre l'ae3 e l'ae4 era la moneta spendibile..chiaramente, non sono assolutamente in grado di provare quanto detto...

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Tutto è possibile. Ma le fonti?

 

Per stimolare la discussione, riporto questo passo sulle cui affermazioni dissento:

 

“Alibi major moneta dicitur, cujus quidem species fuit decargyrus, nisi eadem sit. Ita porro apellatum volunt, majorina pecunia ex argento et aere constata, vel potius quod decem argenteis aestimaretur, quemadmodum denarium dixerunt Latini, qui decem argenteis valeret: Graeci vero δεκάχαλκον, quod decem aeris aestimaretur, ita ut decargyrus species fuerit majoris pecuniae, decem minutis argenteis aestimata”.

 

A voi commentarlo.

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Inviato (modificato)

Ma ciò ci riporta al topic #1: Cos'è davvero il decargirio? Quanto vale?

 

Fu una moneta fiduciaria che non riscosse fiducia e provocò la tesorizzazione del nummo?

Che cosa voleva davvero proibire la legge? Cambiare i nummi in decargiri o il contrario?

Essa proibisce esplicitamente l’accettazione del decargiro nei pagamenti fiscali, ma non quella del nummo. Il nummo era dunque accettato nei pagamenti di imposte?

Modificato da antvwaIa
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Antwala mi puoi precisare 

deka árgyros, Teodosio fu Augusto d'oriente,   il termine di derivazione greca fu latinizzato in decargyrus? %in Ag.?

maior pecunia (denaro di maggiori dimensioni)  Maiorina pecunia 

Sono equivalenti ed è la stessa moneta  che noi definiamo AE2 ?

Sono comprese quindi tutte la tipologie di VIRTVS EXERCITI; REPARATIO REIPVB; GLORIA ROMANORVM,?

Quando ritieni che cessò la coniazione dell'AE3? Contemporaneamente al 395 od in un periodo successivo?

Ti ringrazio delle delucidazioni che vorrai fornirmi.

Modificato da teodato
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1) Da non confondere il termine decargiro con decargirio!

Argiro [...] suonava in greco, quanto denario in latino; ma se furonvi, del che non è da dubitar punto, denari di puro rame, così ancora ebbervi argiri [...] chiamandosi più particolarmente argiro il denaro di rame, che non vuolsi in tal caso confondere con argirío, cioè argenteo" (Gaetano Marini, Seconda dissertazione, Bologna 1822)

 

2) Teodosio di fatto ebbe nelle sue mani tutto l'Impero

 

3) Maiorina Pecunia indica con certezza AE2, ma in certi contesti giuridici forse anche l'AE3. Se nella legge del 395 pecunia maiorina e decargiro nummo siano usati come sinonimi è qualcosa che vorrei davvero accertare, anche perché è proprio in quell'identità o non identità che si cela gran parte dell'intricata vicenda.

Allo scopo non basta un latinista, ma ci vuole un latinista esperto nei testi giuridici.

 

4) La coniazione dell'AE3 cessò nel 395, ma solo in Occidente. In Oriente, invece, Arcadio coniò la Virtvs Exerciti, che sempre è un AE3.

La legge CTh IX,23.2, promulgata da Arcadio e Onorio ma attuata solo in Occidente (perché?), segna uno spartiacque importante: da allora la monetazione denea dei due Imperi si separa e segue logiche diverse.

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Allego un breve excursus sulle monete enee di Teodosio ricavato da Acsearch .

Spero ti possa essere utile.

In giallo la media aritmetica.

Credo che si debba aggiungere almeno un 7/8 % per la perdita di peso dovuto all'alterazione.

post-1966-0-13110700-1428665509_thumb.jp

Modificato da teodato
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Ti ringrazio, Teodato: il web l'ho saccheggiato in modo sistematico e capillare :)  

acsearch è sempre il mio punto d'inizio; ma anche copinproject sta diventando sempre più utile, ma occhio a controllare sempre che quanto postato corrisponda. Ovviamente, spesso e volentieri la stessa moneta è riportata su entrambi i siti.

E' dai listini d'asta non riportati da questi due siti che possono esserci dati ponderali che mi mancano, ma soprattutto dalle collezioni private, e lì sì che i foristi possono esser di grande aiuto :)

 

Nei data-base non introduco mai dei pesi se non ho la fonte precisa, per non rischiare di introdurre due volte lo stesso dato

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Do il mio piccolissimo (ed umilissimo) contributo con il peso di questo rottame di Teodosio:

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g.4,85

 

 

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DE GREGE EPICURI

Vedo solo oggi questa interessante discussione, anzi devo ancora leggerla con la dovuta calma. Dò per ora il mio contributo con un "pentargiro" credo di Honorius (anche se le lettere sono un po' dubbie); pesa 2,4 g. e l'avevo classificata come: Antiochia, RIC IX, n. 69e.

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Si sono aggiunti i vostri dati, qualche altro lo trovato da altre fonti, proviamo a fare il punto della situazione:

 

1zp6xpk.jpg

 

Abbiamo dunque i seguenti pesi medi:

nummo centennionale (Salvs Reipvblicae): 1,15 g

decargiro ridotto: 2,00 g  ("ridotto" perché non è provato che valesse metà decargiro, contraddicendo quindi una mia affermazione iniziale)

decargiro: 4,95 g

 

Il rapporto di peso tra i tre nominali risulta essere: 1:1,75:4,3

 

Un rapporto di valore fiduciario nei nominali maggiori, ci puo' stare, purché sia limitato. Se,ad esempio, il decargiro valesse 10 nummi, sarebbe un ottimo affare fondere 10 nummi, cioè 11,5 g, e fabbricare 2 decargiri.

Per la stessa ragione non mi convince che il decargiro ridotto fosse un mezzo decargiro.

 

A questo punto, ma solamente quale ipotesi di lavoro, avanzerei questa: che il rapporto di valore tra i tre nominali fosse pari a 1:2:5.

 

Cosa ne pensate?

Modificato da antvwaIa
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Gianfranco: "Dò per ora il mio contributo con un "pentargiro" credo di Honorius (anche se le lettere sono un po' dubbie); pesa 2,4 g. e l'avevo classificata come: Antiochia, RIC IX, n. 69e".

 

Salve a tutti,

una piccola correzione:

questo decargiro ridotto è di Onorio (l'unico con legenda senza interruzioni) per Costantinopoli Δ, Ric IX, 89c (Aes III).

 

 

Marcus Didius

post-14680-0-16945500-1428695668_thumb.j

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Si sono aggiunti i vostri dati, qualche altro lo trovato da altre fonti, proviamo a fare il punto della situazione:

 

1zp6xpk.jpg

 

Abbiamo dunque i seguenti pesi medi:

nummo centennionale (Salvs Reipvblicae): 1,15 g

decargiro ridotto: 2,00 g  ("ridotto" perché non è provato che valesse metà decargiro, contraddicendo quindi una mia affermazione iniziale)

decargiro: 4,95 g

 

Il rapporto di peso tra i tre nominali risulta essere: 1:1,75:4,3

 

Un rapporto di valore fiduciario nei nominali maggiori, ci puo' stare, purché sia limitato. Se,ad esempio, il decargiro valesse 10 nummi, sarebbe un ottimo affare fondere 10 nummi, cioè 11,5 g, e fabbricare 2 decargiri.

Per la stessa ragione non mi convince che il decargiro ridotto fosse un mezzo decargiro.

 

A questo punto, ma solamente quale ipotesi di lavoro, avanzerei questa: che il rapporto di valore tra i tre nominali fosse pari a 1:2:5.

 

Cosa ne pensate?

Concordo...trovo molto convincente l'ipotesi che hai formulato...è interessante anche il fatto che, a seguito dell'abolizione, dell'AE2, il nuovo AE3 di Arcadius Virtus exerciti, mi sembri  che aumenti di 0,50 - 0,80 g. rispetto al vecchio  AE3...quindi si crea una nuova moneta intermedia che va a sostituire il decargyrus nummus e quello ridotto...

Modificato da eliodoro
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Credo che si debba tener conto della perdita di peso a causa dell'inflazione galoppante, bisognerebbe fare una media su monete coniate all'incirca nello stesso periodo temporale.

Se Teodosio muore nel Gennaio del 395, fino alla costituzione del 12 Aprile del 395 Onorio ed Arcadio continuarono a coniare tali tipi di monete.

Le monete PF AVG di Arcadio potrebbero essere state coniate dalla data in cui fu associato all'impero nel 383, mentre tali tipi di monete per Onorio vengono coniate dopo il 393.

La cosa viene ben evidenziata dalla preziosa ricerca che Antwala sta portandi avanti.

Per l'AE2, media di 5,10 g. per Teodosio, 4,93 per Arcadio, 4,86 per Onorio.

Oltre a ciò bisogna tener conto dello stati di alterazione e di usura originaria che hanno tali monete.

Bisognerebbe escludere la monete molto consunte e prendere in considerazione solo quelle in stato ottimale.

Modificato da teodato
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Vi dico come la vedo io…..

Decargyrus = Deca+Argyrus

 

La prima “e” è breve (dizionario Campanini Carboni), quindi 10, come decastylos (che ha 10 colonne)

 

Ἀργυρός significa Argento in greco

Il dizionario dice: “del valore di 10 denari d’argento”

 

Ora, il Denario come unità di conto, dato per assodato che non fosse più una moneta fisica, cosa di cui non sono certo al 1000% (cioè che non fosse ancora usato come termine per monete fisiche), era decisamente svalutato….soprattutto se crediamo che 1 nummo nel 384 valeva 6000 denari, come ci dice J. P. Callu, monnaies de compte et monnaies réelles: l’ostracon 54 de Douch in “ZPE” n 79  pg 73-79 – 1989 - Hier. Ep. XXII 32, unica lettera in cui si cita il nummus come moneta fisica….ed è abbastanza credibile perché l’ostracon è un documento del tempo

 

Mi chiedo allora, se quello che scrivo è vero, se il Decargyrus valeva 10 denari, non valeva proprio nulla J

 

Allora anche Argyrus=nummus, non funziona, perché avremmo un Decargyrus del valore di circa 60000 denari di conto, e con il nome non ci siamo…

 

La mia opinione, ribadisco…mia…. È che il riferimento sia alle parti d’argento contenute nella moneta e nulla più…occhio, “deca” vuol dire 10 e non può essere letto come decima parte, quindi il punto di partenza della nuova domanda è:

il Decargyrum contiene 10 parti di argento su un complessivo di quante?

Supporre un complessivo di 100 parti e dire 10% è di certo superficiale e errato….

 

Quindi, questa moneta garantiva un contenuto di argento di 10 parti su X, e il nome forse era un modo per renderlo evidente a chi la usava, forse con lo stesso spirito con il quale si metterà la scritta OB (obryzum) sui solidi….e chi lo sa? J

 

Penso quindi che dal nome di questa moneta non si riesca a definire il suo valore perché a mio avviso il nome garantiva altro… c’è la stessa differenza che può esserci tra il chiamare la moneta da 500 lire propriamente “500 lire”, oppure “la bimetallica”.

La bimetallica è una moneta che al tempo per me voleva dire 500 lire…..ma se a un ragazzo di oggi dico “la bimetallica” lui mi dirà: da 1 o  da 2 euro?

 

Capite il mio ragionamento?

Pensieri in libertà ….come sempre

 

bye

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Argiro [...] suonava in greco, quanto denario in latino; ma se furonvi, del che non è da dubitar punto, denari di puro rame, così ancora ebbervi argiri [...] chiamandosi più particolarmente argiro il denaro di rame, che non vuolsi in tal caso confondere con argirío, cioè argenteo” (Gaetano Marini, Seconda dissertazione, Bologna 1822)

 

Alibi major moneta dicitur, cujus quidem species fuit decargyrus, nisi eadem sit. Ita porro apellatum volunt, majorina pecunia ex argento et aere constata, vel potius quod decem argenteis aestimaretur, quemadmodum denarium dixerunt Latini, qui decem argenteis valeret: Graeci vero δεκάχαλκον, quod decem aeris aestimaretur, ita ut decargyrus species fuerit majoris pecuniae, decem minutis argenteis aestimata” (Caroli Du Fresne, De imperatorum Constantinopolitarum … numismatibus dissertatio, Roma 1755)

 

Con mayor seguridad podemos entrever su uso durante el reinado de Juliano, cuando la moneda mayor era también de vellón y mantenía la misma relación metálica con el aes 3. A partir de entonces el decargiro debió de haberse convertido en una forma alternativa - más propia del lenguaje burocrático oficial - de designar a la maiorina, con independencia del valor real de ésta.” (Juan José Cepeda, Maiorina Gloria Romanorum. Monedas, tesoros y áreas de circulación en Hispania en el tránsito del siglo IV al siglo V, in AespA, n. 73, 2000)

Modificato da antvwaIa
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Eccone un'altra, Arcadius Nicomedia, 4,8 gr.

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