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Tallero Eritrea 1918


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Complimenti per la moneta, una delle più riuscite del Re Numismatico a mio avviso, e in questa conservazione mette in mostra tutta la sua bellezza.

Nota per @@Lay11: ho visto IO con i miei occhi un perito della mia zona ribattere i suoi sigilli con un martellino poichè aveva problemi con la pinza.... la moneta chiusa era mia, sudavo freddo e lui mi diceva "stai tranquillo, lo faccio spesso!!"

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Complimenti per la moneta, una delle più riuscite del Re Numismatico a mio avviso, e in questa conservazione mette in mostra tutta la sua bellezza.

Nota per @@Lay11: ho visto IO con i miei occhi un perito della mia zona ribattere i suoi sigilli con un martellino poichè aveva problemi con la pinza.... la moneta chiusa era mia, sudavo freddo e lui mi diceva "stai tranquillo, lo faccio spesso!!"

mamma santa!

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ho visto IO con i miei occhi un perito della mia zona ribattere i suoi sigilli con un martellino poichè aveva problemi con la pinza.... la moneta chiusa era mia, sudavo freddo e lui mi diceva "stai tranquillo, lo faccio spesso!!"

Buonasera jeffff_it, questo credo sia il caso in cui si possa dire che c'è un eccesso di sicurezza (un po' pericoloso) nel maneggiare arnesi che potrebbero anche recar danni involontariamente a incolpevoli testimonianze del passato. Un saluto.
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  • 1 anno dopo...
Inviato (modificato)

Cari amici,

Riprendo una discussione da me iniziata, per condividere con voi il seguito della "storia" di questa moneta.

Premetto che a differenza della maggioranza dei collezionisti, a me non dispiacciono le monete in slab e che non ho la possibilità di tenerle su monetiere.

Ho deciso di sottoporre questa moneta a perizia NGC, anche per vedere la differenza  di valutazione degli americani con quella del perito forse più autorevole dlla numismatica italiana. Tra l'altro su una moneta italiana, sulla quale dovrebbero essere teoricamente meno preparati. Direi che l'esito è stato sostanzialmente una conferma : AU 55 per un qspl/spl. Ho visto che anche nelle recenti aste italiane (cito ad esempio l'ultima di Nomisma) quando ci sono monete su slab, più o meno questa equivalenza coincide.

Lascio a voi ogni commento, consapevole del fatto che la maggioranza non condividerà l'operazione. Aggiungo solo che secondo me un valore aggiunto potrebbe essere la possibilità di una maggiore facilità di commercializzazione nel caso (spero remoto) un giorno dovessi separarmi da questa o altre monete. Ma questo è solo un mio personale punto di vista ...

Un cordiale saluto a tutti.

Tall NGC 55 a low430.jpg

Tall NGC 55 b low431.jpg

Modificato da khodni
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Aggiungo solo che secondo me un valore aggiunto potrebbe essere la possibilità di una maggiore facilità di commercializzazione nel caso (spero remoto) un giorno dovessi separarmi da questa o altre monete.

Certo, dovendo però riprenderci circa il 20% del valore della moneta, speso per la Slabbatura, pure sbagliata.

 

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Buon giorno a tutti. Anche io sono particolarmente attratto dal fascino di questa moneta.

Con il dovuto rispetto per il compianto Sig. Emilio Tevere, devo dissentire dallo stato di conservazione dichiarato. Da quello che è possibile vedere dalle immagini pubblicate la moneta è ascrivibile a buon BB almeno per i seguenti motivi: al D rilievi scarsi, quasi scomparsi, sulle parti più elevate del conio, vedi la spilla che trattiene i capelli e le ciocche dei capelli all'altezza del collo dell'allegoria dell'Italia, oltre a tanti segnetti che mi pare si vedano nel campo; al rovescio le perle della parte centrale della corona sono illegibili, cosi come illeggibili sono i particolari delle parti terminali delle piume caudali.

In realtà il Tallero d'Italia (è questo il vero nome) non è una moneta vera e propria, in quanto è stato pensato e prodotto come pezzo commerciale d'argento con un determinato titolo (835/..) e un definito peso (g 28,067 g), da utilizzare negli scambi commerciali in Eritrea nel tentativo di soppiantare ivi il "dominio" del Tallero della pettoruta Imperatrice asburgica.

Emesso in 510.000 esemplari, mi risulta che gli esemplari leggermente meno comuni sono quelli che non recano al D la firma del modellista e incisore dei conii A. Motti.

Ha la caratteristica forma leggermente ellissoidale (un po' schiacciata) e reca sia al D che al R, nelle parti perimetrali, evidenti striature radiali, per il fatto che il tondello è stato coniato senza collare (o virola), dunque, all'atto della coniazione, si è potuto espandere liberamente in direzione radiale. Ciò è anche alla base del fatto che alcuni esemplari non recano la firma del modellista e incisore.

La coniazione è avvenuta senza virola per un semplice motivo: nel 1918 la Regia Zecca di Roma non era dotata di virole spaccate (o segmentate che dir si voglia), dunque era tecnicamente impossibile coniare la moneta senza compromettere la leggibilità del taglio,  che come tutti sappiamo reca legende e ornati in rilievo realizzati, prima della coniazione del tondello, mediante macchina orlettatrice.

Il taglio delle monete, infatti, può ricevere leggende in rilievo, all'atto della coniazione, solo utilizzando una virola segmentata, che consenta, allargandosi, l'espulsione della moneta coniata immediatamente dopo la coniazione.

Per quanto mi riguarda non toglierei la moneta dalla confezione sigillata del Sig. Tevere.

 

 

 

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5 ore fa, MezzaPiastraPupillare dice:

Buon giorno a tutti. Anche io sono particolarmente attratto dal fascino di questa moneta.

Con il dovuto rispetto per il compianto Sig. Emilio Tevere, devo dissentire dallo stato di conservazione dichiarato. Da quello che è possibile vedere dalle immagini pubblicate la moneta è ascrivibile a buon BB almeno per i seguenti motivi: al D rilievi scarsi, quasi scomparsi, sulle parti più elevate del conio, vedi la spilla che trattiene i capelli e le ciocche dei capelli all'altezza del collo dell'allegoria dell'Italia, oltre a tanti segnetti che mi pare si vedano nel campo; al rovescio le perle della parte centrale della corona sono illegibili, cosi come illeggibili sono i particolari delle parti terminali delle piume caudali.

In realtà il Tallero d'Italia (è questo il vero nome) non è una moneta vera e propria, in quanto è stato pensato e prodotto come pezzo commerciale d'argento con un determinato titolo (835/..) e un definito peso (g 28,067 g), da utilizzare negli scambi commerciali in Eritrea nel tentativo di soppiantare ivi il "dominio" del Tallero della pettoruta Imperatrice asburgica.

Emesso in 510.000 esemplari, mi risulta che gli esemplari leggermente meno comuni sono quelli che non recano al D la firma del modellista e incisore dei conii A. Motti.

Ha la caratteristica forma leggermente ellissoidale (un po' schiacciata) e reca sia al D che al R, nelle parti perimetrali, evidenti striature radiali, per il fatto che il tondello è stato coniato senza collare (o virola), dunque, all'atto della coniazione, si è potuto espandere liberamente in direzione radiale. Ciò è anche alla base del fatto che alcuni esemplari non recano la firma del modellista e incisore.

La coniazione è avvenuta senza virola per un semplice motivo: nel 1918 la Regia Zecca di Roma non era dotata di virole spaccate (o segmentate che dir si voglia), dunque era tecnicamente impossibile coniare la moneta senza compromettere la leggibilità del taglio,  che come tutti sappiamo reca legende e ornati in rilievo realizzati, prima della coniazione del tondello, mediante macchina orlettatrice.

Il taglio delle monete, infatti, può ricevere leggende in rilievo, all'atto della coniazione, solo utilizzando una virola segmentata, che consenta, allargandosi, l'espulsione della moneta coniata immediatamente dopo la coniazione.

Per quanto mi riguarda non toglierei la moneta dalla confezione sigillata del Sig. Tevere.

 

 

 

 

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Gentile MPP,

Grazie dell'interessante contributo. Come Lei anche io sono appassionato di monete coloniali italiane, anche se per limiti finanziari, la mia collezione si limita a questo pezzo. Non entro nel merito della valutazione sia del perito Tevere che di NGC, pechè non ho la preparazione per esprimere un mio personale giudizio. Ovviamente però mi fa piacere in quanto possessore della moneta la similutudine dei giudizi, e direi che entrambe le valutazioni si allineano.

Detto questo, aggiungo che sono stato "forzato" a far ricertificare la moneta (definiamola una sorta di esperimento) perchè pur custodendo la moneta periziata in taschina in luogo molto secco, avevo notato la formazione di una pellicola verdastra. Cosa che tra l'altro noto anche in alcune monete periziate in vendita su internet (ebay, nomismaweb, etc.) ed a tal proposito ho visto che recentemente le monete periziate tendono ad essere avvolte in pellicola di acetato prima di essere riposte in taschina. Ovviamente ho tenuto il cartellino di Tevere, poichè fa parte della "storia" della moneta, e costituisce un giudizio di assoluto valore le panorama numismatico italiano.

Al di la di questa "divagazione" sulle modalità di conservazione delle monete da collezione, concordo con Lei sul fascino della moneta, per me accentuato dal fatto che sia in Etiopia che Eritrea ci ho lavorato per parecchi anni. Per cui secondo me ha molto più fascino una buona moneta SPL, o anche inferiore piuttosto che un più costoso FDC (sia esso il 5 Lire tallero che il Tallero italico), poichè è verosimile che solo un SPL o un BB abbiano realmente circolato in Africa, mentre gli FDC giunti fino a noi sono i pezzi rimasti in Italia e che si sono "salvati" dalla fusione, poichè come lei sa, sia il tallero italico che il 5 lire tallero non sono mai stati graditi in dalle popolazioni dell'Africa Orientale, che preferivano il tallero di maria teresa o il birr di Menelik (cit. pag 174 e 300 del libro "la Moneta Italiana, un secolo dal 1870" ed Banca Popolare di Novara).

Concludo dicendo che di questo periodo storico, ho per il momento un bel tallero di convenzione 1935 e spero di poter trovare un buon SPL di Rupia della Somalia e le 2 lire di Umberto I per la colonia eritrea. Purtroppo il 5 Lire Tallero, anche in modesto stato di conservazione, rimane al difuori della mia portata. Trovo d'altra parte veramente inspiegabile perchè quest'ultima moneta (tutto sommato marginale per il suo reale impiego) sia cosi molto seguita e purtroppo falsificata, ma questa è un'altro argomento che ci farebbe divagare ...

Un cordiale saluto.

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Buon pomeriggio @khodni,

 sono perfettamente d'accordo con Lei in merito al preferire le monete circolate rispetto a quelle in FDC o, come spesso sento dire da collezionisti, "FDC, eccezionale". Ovviamente con un occhio di riguardo al portafoglio, nel senso che, dovendo spendere comunque del denaro, preferisco comprare bene una moneta circolata ma ancora ben leggibile e, complessivamente, "gradevole" agli occhi, insomma, che mi comunica qualcosa. Sono convinto che le monete effettivamente circolate siano gli autentici testimoni della cultura, della storia e degli usi e costumi economici delle popolazioni che le spesero. In questo senso brillante Maestro è stato l'indimenticabile Mario Traina. Per quanto riguarda la conservazione, resto della mia personalissima opinione, senza nulla togliere all'importanza ed alla gradevolezza del Suo nummo.

Cordiali saluti.

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A proposito del tallero umbertino da lire 5, millesimi 1891 e 1896, è veramente sicuro che, almeno quello datato 1891, meno raro dell'altro, non sia alla Sua portata in conservazione BB o buon BB?

Faccia come me, se mi è consentito darLe consigli: diminuisca la frequenza degli acquisti e metta da parte qualche soldino, per poi puntare la moneta di cui intende entrare in possesso.

Nelle aste Varesi e Ranieri degli ultimi 36 mesi, ad esempio, il tallero di Umberto I millesimo 1891 in buon BB è stato esitato a circa 350 Euro oltre diritti, dunque, con un po' di buona volontà e sacrifici, può essere probabilmente abbordato. I sacrifici che affronterà, renderanno più intensa la soddisfazione di avere in mano il nummo mancante in collezione.

Questo primo tallero dei Savoia ha una particolarità: è stato il massimale della monetazione argentea per l'Eritrea che, primo caso nella monetazione delle Nazioni evolute per quanto ne sappia, ha avuto un titolo, 800/.., inferiore a quello delle divisionali da lire 2, 1 e 0,50, che ebbero titolo di 835/.. 

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Buona sera a tutti.

Sui cataloghi che vanno per la maggiore, ma anche su alcuni articoli recenti e meno recenti reperibili su internet, si dice che i talleri italiani (quelli di Umberto I e il Tallero d'Italia) non ebbero il successo sperato presso la popolazione eritrea e, più in generale, del Corno d'Africa a causa della scarsa somiglianza col tallero 1780 di Maria Teresa d'Asburgo, nonché, e questo è il caso del Tallero d'Italia, per la mancanza della spilla col giro di perline sulla spalla dx dell'allegoria italica, spilla che invece esisteva sulla spalla destra dell'imperatrice asburgica. Questa tesi è ripresa, oramai da troppi anni, in modo pedissequo e acritico dalla fondamentale opera di Mario Lanfranco sulle monete prove e progetti del Regno d'Italia, che vide la luce nei primi anni Trenta del XX secolo. Secondo il Lanfranco, addirittura, il Tallero d'Italia venne ricusato perché, senza la famosa spilla, gli eritrei non potevano discernere, col loro bel pollice, lo stato di consunzione della moneta e, dunque, decidere se accettarla o meno.

Personalmente ho ragionato sulle possibili cause dei fallimenti incontrati da questi massimali argentei coloniali italiani e mi sono fatto una personale idea.

Prima, però, vorrei stimolare questa platea di numismatici e collezionisti: qualcuno ha approfondito le possibili cause alla base di questi fallimenti monetari?

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11 ore fa, MezzaPiastraPupillare dice:

...per la mancanza della spilla col giro di perline sulla spalla dx dell'allegoria italica, spilla che invece esisteva sulla spalla destra dell'imperatrice asburgica...

Non mi sono fatto un'idea sul fallimento di questa tipologia monetaria, tuttavia, se vogliamo essere puntuali, una spilla, è presente anche sul tallero italicum, sui capelli della figura muliebre.

Il D/ del Tallero d'Italia si ispira ai talleri per il Levante di Venezia  i quali a loro volta imitavano quelli di Maria Teresa. Per cui il Tallerum Italicum è un'imitazione di un'imitazione, "platonicamente" due volte lontana dal vero.

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Buon giorno. E' proprio questo che intendevo. Anche io ho notato che gli indigeni d'Eritrea potevano tranquillamente passare il proprio dito, e misurare il logoramento del Tallero d'Italia, anche sulla spilla che abbellisce i capelli dell'allegoria d'Italia. Dunque ciò cosa rappresenta? Non è un evidente indizio che la tesi di Mario Lanfranco, che è stata pubblicata negli anni Trenta del secolo scorso, è stata ed è tuttora ripresa pedissequamente e acriticamente da listini d'asta, cataloghi, libri etc.. anche recentissimi?

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Il 5/8/2016 at 19:41, MezzaPiastraPupillare dice:

A proposito del tallero umbertino da lire 5, millesimi 1891 e 1896, è veramente sicuro che, almeno quello datato 1891, meno raro dell'altro, non sia alla Sua portata in conservazione BB o buon BB?

Gentile MPP,

Grazie del suggerimento. In effetti ci stavo seriamente pensando ... anche se poi sarei tentato di arrivare ad un SPL per avere un giusto compromesso tra storia, conservazione e valore della moneta. Ma già un SPL di 5 lire Tallero richiederebbe un impegno considerevole, di qui la ragione di muovermi intanto sui sottomultipli (1 e 2 lire) oppure su una moneta coloniale diversa come la rupia della Somalia, della quale ho solo la serie AFIS del 1950, che però ha tutt'altro valore.

 

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2 ore fa, MezzaPiastraPupillare dice:

Buon giorno. E' proprio questo che intendevo. Anche io ho notato che gli indigeni d'Eritrea potevano tranquillamente passare il proprio dito, e misurare il logoramento del Tallero d'Italia, anche sulla spilla che abbellisce i capelli dell'allegoria d'Italia. Dunque ciò cosa rappresenta? Non è un evidente indizio che la tesi di Mario Lanfranco, che è stata pubblicata negli anni Trenta del secolo scorso, è stata ed è tuttora ripresa pedissequamente e acriticamente da listini d'asta, cataloghi, libri etc.. anche recentissimi?

Anche a me questa sembra una giustificazione discutibile, poichè più o meno nello stesso periodo circolava in Africa Orientale il Tallero di Menelik (credo con medesimo potere di acquisto del tallero di MT), sul quale non mi pare esserci alcun bottone per misurare la consunzione della moneta. Per quel che conta, la mia personale spiegazione è che i Talleri Italiani di fine ottocento - inizio novecento, si dovevano misurare con una moneta (il Tallero di MT) già consolidato da quasi un secolo in tutta l'Africa Orientale e nei mercati del mare Arabico. Per quanto concerne il Tallero di Menelik invece, esso rappresentava uno stato sovrano (l'Etiopia), per cui almeno all'interno dei confini di quel paesee nelle colonie Italiane limitrofe problemi di "credibilità" della valuta non se ne ponevano.

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Anche il tallero di Menelik II, il famoso birr di cui si conoscono due tipologie diverse, coniato nella zecca di Parigi, non riuscì a soppiantare lo strapotere del tallero asburgico. La prova di ciò che dico sta, non solo nella letteratura, ma anche nelle tirature autorizzate di questa grande e pesante moneta argentea abissina: esse sono un'inezia rispetto alla gran messe di talleri di Maria Teresa affluiti nel Corno d'Africa.

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Caro @MezzaPiastraPupillare ,sono morto da molti anni.

Mi presento sono Akil,indigeno eritreo commerciante,che ha vissuto il meglio della vita nei primi anni del '900.

Inizio subito col dirti,anzi gridarti...per me il bottone è tutto!!!

La vecchia,grassa e bianca che è sul tondello di argento,non so chi sia!! 

E detto in tutta sincerità neanche mi interessa....per me il tallero NON È UNA MONETA intesa come la intendi tu,ma bensì una moneta merce,un lingotto, un sorta di aes signatum.

Nelle mie transazioni commerciali visiono migliaia di talleri,col polpastrello,senza neanche guardare il tondello,capisco se è usurato e di conseguenza regolo la transazione.

Capirai che su migliaia di talleri il contenuto di fino per me è fondamentale!

Nessuna altra moneta mi permette,con questa facilità e sicurezza di concludere efficacemente una transazione....e  poi...siamo abituati da sempre così!!

Persino il "tallero" con l'immagine di Menelik...IL RE!....ha fallito!

 

Saluti Akil

 

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Buongiorno Akil, interessante osservazione.

Ma vuole dire che il tallero è a tutt'oggi utilizzato in Africa orientale?

Io sono stato l'ultima volta in Etiopia nell'ormai lontano 1997 ed in Eritrea nel 2004, e mi sembrava che si trattasse ormai di una moneta relegata al collezionismo (infatti sia Talleri che Birr ne ho presi qualcuno li, peraltro in medesto stato di conservazione ...) .  La cosa divertente è che ho persino trovato falsi di Tallero Italico in negozi di antiquari ad Addis Abeba, sulla Churchil Road ... chissa se ci sono ancora quei negozi. Ma sempre li ho comprato anche la guida CTI dell'Africa orientale Italiana del 1938, quest invece in buono stato ... Ma qui inizio a divagare ...

Buona domenica

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Ciao Akil, piacere di conoscerti.

Dici di essere stato in età lavorativa nei primi anni del Novecento, dunque ti sarai confrontato col tallero del re Umberto I, quello con effigiato un uomo dalla grande corona e dai mustacchi imponenti. Infatti se ti fosse capitato tra le mani un Tallero d'Italia avresti sicuramente (visto che il tondello monetato, l'argentum signatum appunto, per tua stessa ammissione manco lo guardavi) poggiato il tuo pollice sul fermaglio dei capelli dell'italica rappresentazione muliebre, del tutto identico per dimensioni e per forma a quello della pettoruta imperatrice asburgica.

Caro Akil, ti devo confessare che sono irato nei confronti di chi, con fare persuasivo e con sorriso ammiccante, ha cercato di far passare te  e i tuoi colleghi commercianti e conterranei eritrei per una massa di ignoranti facilmente gabbabile. Hanno tentato, i governanti italiani, supponenti e sprezzanti del retaggio culturale tuo e dei tuoi conterranei (certamente diverso da quello occidentale europeo, ma senz'altro esistente e non ignorabile) di farti fesso pretendendo di farti cambiare tranquillamente il tallero di Maria Teresa con quello con ritratto l'uomo dai grandi mustacchi e l'imponente corona, magari sussurrandoti suadentemente che la nuova grande moneta italica, addirittura, era più pesante di quella dell'imperatrice.

Tutto vero, per carità, ma tu e i tuoi colleghi commercianti, e forse qualche capo tribù più sveglio di altri, avete iniziato a porvi delle domande sul contenuto di argento delle nuove monete italiche. Per voi, giustamente, il cambio alla pari doveva riferirsi alla stessa quantità d'argento. Ed è proprio qui che l'italico invasore fece male i suoi conti, li fece senza l'oste....eritreo!

Solo un pazzo - e tu Akil lo sai bene, non è vero? -  avrebbe cambiato alla pari la moneta della grassa signora (28,066 g di Ag al titolo 833/.., dunque con un fino di 23,37 g) col tallero italiano da 5 lire, moneta decimale a tutti gli effetti, pesante 28,12 g d'Ag 800/.. ed avente un fino di "soli" 22,5 g (pari a quello degli scudi dell'Unione Monetaria Latina, ecco perché la moneta coloniale italiana era a sistema decimale perfetto)!!!

Per non parlare del cambio di un tallero di Maria Teresa con gli spezzati italiani umbertini concepiti per la Colonia Eritrea! Facendo quattro conti, infatti - e tu Akil te ne sei accorto quasi subito non è vero? - si capisce che la fregatura avrebbe avuto proporzioni ancora più grandi!

Ebbene si, carissimo amico eritreo vissuto nei primi anni del Novecento, è proprio questa la mia verità sul fallimento della monetazione coloniale per l'Eritrea emessa a nome del re Umberto I.

Diversa è quella sul fallimento del Tallero d'Italia, ma per adesso me la tengo per me, in attesa di altri contributi da parte di questa stimolante platea di numismatici.

Caro amico Akil, ti saluto cordialmente e ti abbraccio.

Modificato da MezzaPiastraPupillare
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Ciao.

Concordo anch'io che il fallimento dei talleri umbertini per l'Eritrea fu dipeso da ragioni puramente economico-monetarie e non già dalla mancanza della "spilla" o di altri particolari a cui le popolazioni locali si erano abituate e senza dei quali non avrebbero avuto agevolmente la possibilità di verificare l'usura dei pezzi.

La ragione principale del fallimento di questa monetazione coloniale va ricercata nel tentativo italiano di raggirare le popolazioni locali spingendole a cambiare i talleri di M.T. con una moneta di valore intrinseco inferiore (quale appunto il tallero di Umberto) per giunta "tariffando" la moneta austriaca ad un tasso di cambio puramente formale e decisamente non conveniente per i locali.

Con decreto del Ministro del tesoro del 9 settembre 1890, si stabiliva infatti che il ragguaglio del tallero di M.T. con la lira italiana dovesse essere pari a 1 Tallero di M.T. = 4,75 Lire italiane:

 24np734.jpg

Considerando che gli indigeni trattavano il tallero di M.T. non come una moneta ma come una merce, essi non capirono il motivo per il quale avrebbero dovuto cedere i loro talleri ad un prezzo autoritativamente imposto ed inferiore al valore di mercato che aveva la "merce".

Secondo i geni del nostro ministero, che pensarono probabilmente di avere a che fare con dei poveri incivili con l'anello al naso, costoro avrebbero dovuto spendere e/o cambiare i loro talleri austriaci, per qualche ignoto motivo, al di sotto del valore corrente di mercato.

L'operazione chiaramente fallì e non fu certo per la mancanza di una spilla nella veste della regina (o del re), ma per motivi molto più pragmatici.

Si era tentato di coinvolgere nell'operazione anche Re Menelik II di Etiopia, nella convinzione che una nuova moneta coloniale appoggiata dal Ras Macconen e che fosse valida in Etiopia, avrebbe potuto essere meglio accettata anche nei vicini possedimenti soggetti alla nostra influenza.

Nella convenzione addizionale al Trattato di Uccialli, sottoscritta tra il Regno d'Italia e, appunto, Re Menelik II, il 1° ottobre 1889, all'art. 4 si conveniva che:

"L'Imperatore di Etiopia potrà far coniare per i suoi Stati una moneta speciale di un peso e di un valore da stabilirsi di comune accordo. Essa sarà coniata nelle zecche del Re d'Italia ed avrà corso legale anche nei territori africani posseduti dall'Italia. Se il Re d'Italia conierà una moneta per i suoi possedimenti, essa avrà corso legale in tutti i regni dell'Imperatore d'Etiopia".

Si sa, poi, come andò a finire con il Trattato di Uccialli e come Menelik II, da amico dell'Italia, ne divenne poi acerrimo nemico.

Saluti.

Michele

 

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Caro @bizerba62 ti ringrazio per la tua opinione, che supporta il mio convincimento, nonché per avermi dato notizia del DM 9 settembre 1890.

Finora, infatti, mi ero persuaso che il tallero umbertino venisse cambiato alla pari col tallero asburgico, ma è evidente che non ho approfondito a dovere il tema.

A questo punto le grandi menti economiche nostrane di allora vollero ordire una truffa, nei confronti delle ignoranti (secondo loro) ed incivili masse indigene d'Eritrea, delle seguenti proporzioni:

- intrinseco Tallero Maria Teresa: 28,066 g x 0,833 = 23,37 g

- equivalenza in lire italiane del TMT: 23,37 / 22,5 (fino in grammi dello scudo) = 1,038 x 5 lire = 5,19 lire

- cambio di cui al DM 09.09.1890: 4,75 lire per ogni TMT;

- perdita netta a danno degli eritrei in caso di cambio con tallero umbertino: in assoluto lire 0,44 per ogni TMT ; percentuale 8,48% per ogni TMT.

- perdita netta a danno degli eritrei nel caso di cambio con moneta coloniale umbertina divisionale: la lira coloniale umbertina è moneta da 5 g in AG 835/.., contenente, dunque 4,18 g di fino; equivalenza del TMT con le divisionali: 23,37 / 4,18 = 5,59 lire, dato che sottende una perdita netta a danno degli eritrei di lire 0,84 per ogni TMT eventualmente cambiato mediante spezzati coloniali umbertini; in percentuale la perdita ascende, dunque, al 15% e passa!!!

Si presumeva di fare grossi affari monetari, dunque... ma poi sappiamo tutti come è andata a finire la faccenda.

Si badi, lo Stato italiano non era nuovo a simili truffe legalizzate. Non si dimentichi che simile trattamento normativo è stato dedicato al cambio forzoso delle monete d'argento circolanti, al momento dell'annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno d'Italia, nelle c.d. Provincie napoletane e in Sicilia...

Mi riprometto, se è di interesse dei lettori di questo forum, di fare un breve intervento in merito, attingendo a piene mani dagli studi a suo tempo condotti da quel grande numismatico e studioso della monetazione meridionale che fu il Dr. Giovanni Bovi.

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