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dibattito cronologia monete romane repubblicane


maurogerman

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Zoppicava un poco nella competenza attiva del Greco antico: una volta il celebre filologo Comparetti, per metterlo alla prova, gli si rivolse in Attico e lui riuscì a cavarsela, soltanto dopo aver tentennato.

Un altro frangente simpatico fu quando la contessa Ersilia Caetani Lovatelli, sua cara amica ed insigne studiosa di antichità, gli scrisse una lettera in Sanscrito e lui dovette ammettere, con sommessa umiltà, di non conoscere tale idioma.

Concordo con @@MAP (che, tra l'altro, ha menzionato un altro pilastro: il Friedlaender) sul fatto che quelli erano altri tempi e, soprattutto, altri uomini.

Modificato da Theodor Mommsen
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vogliamo dimenticare il Dressel? allievo di Mommsen e il più grande epigrafista che abbia calcato questa terra.

tutti e tre tedeschi. tutti ancora oggi insuperabili.

Mommsen ha scritto nella sua vita più di 1000 opere(non articoli, ma opere) e tutte ancor oggi perfettamente intellegibili.

probabilmente le sue "scarse" conoscenze del greco equivarrebbero alle somme conoscenze di qualsiasi studioso di oggi.

altri tempi. peccato.

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E i nostri de Rossi, de Ruggiero, Lanciani, Boni - per quanto discusso e discutibile - Blanc o Taramelli?

Altri tempi!

Oggi si potrebbe fare lo stesso? Ne dubito: i mezzi e le conoscenze non mancano, manca il materiale umano!

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Becatti, Bandinelli. Tutti ancora usati oggi. Fino a quando l'antichistica ha parlato italo-tedesco i risultati sono stati eccellenti.

Modificato da MAP
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Wow Bandinelli. ... conservo la prima edizione di "Storicità dell'arte classica" come una reliquia. ... e non parliamo di alcuni scritti di Arias. .... altra gente!

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@@karl, nominando Arias, mi hai fatto sovvenire di un suo illustre predecessore negli scavi di Locri Epizephiri: Paolo Orsi!

La lista sarebbe infinita e rischieremmo di andare fuori tema.

Tuttavia, si possono trarre facilmente alcune considerazioni: l'antichistica europea ha goduto di un periodo vivacissimo ed irripetibile, grazie a uomini straordinari, ai quali noi, loro modestissimi successori, dobbiamo praticamente tutto. Un periodo in cui le Regie Università, anziché essere guardate con sospetto dalla società civile, come accade per i moderni atenei, ne rappresentavano il fermento culturale.

A questo punto direi che, prima di abbandonare le teorie di un Mommsen o di un Babelon, sarebbe opportuno pensarci sopra due volte e chiederci se le nostre considerazioni siano più sensate e più scientificamente probabili delle loro.

Modificato da Theodor Mommsen
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Concordo e serve molta preparazione scientifica e buon metodo per poter correggere consolidate teorie.

Purtroppo, come in tanti campi (vedi quello medico), si perde sempre più di vista il contesto generale, dalla storia all'archeologia, distinguendo dati oggettivi da quelli soggettivi. Ci stiamo sempre più specializzando in uno specifico settore a scapito della visione e finanche della cultura più generale. Le grandi personalità sopra citate avevano anche grande cultura generale, anche se possono avere sbagliato qualcosa (sono ... umani !).

Da qualche tempo è lanciato sui media l'allarme sul sempre più massiccio uso del computer, anche nell'infanzia, che è sì un ottimo ausilio, ma tende anche a spingere sempre più al "taglia e incolla" e all'uso di frasi fatte, trascurando il lungo studio analitico e comparativo e anche un'attenta pausa di riflessione per elaborare i propri pensieri.

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Avviso agli utenti.

Da questo momento TUTTI i messaggi non inerenti alla discussione sulla datazione saranno cancellati.

L'OT, seppur a tema, è consentito ma senza esagerazioni.

Vorrei leggere un topic sulla datazione, che sicuramente metterà a confronto (come stava facendo) teorie diverse e sempre sicuramente porterà alla discussione nel senso accademico del termine. Ognuno è geloso delle sue certezze...ma bisogna, con accortezza, anche accettare il pensiero altrui (detta per anticipare future diatribe... :D :D :D ).

Grazie a tutti.

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Per riportare la discussione nel seminato della cronologia, mi sembra opportuno citare un celebre e problematico passo di Plinio (Nat. Hist., XVIII, 3, 12) cui finora - in questa discussione - non si è fatto cenno:

"Servius rex ovium boumque effigie primum aes signavit"

Come interpretare questa affermazione, alla luce delle conoscenze moderne?

Modificato da Theodor Mommsen
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Per riportare la discussione nel seminato della cronologia, mi sembra opportuno citare un celebre e problematico passo di Plinio (Nat. Hist., XVIII, 3, 12) cui finora - in questa discussione - non si è fatto cenno:

"Servius rex ovium boumque effigie primum aes signavit"

Come interpretare questa affermazione, alla luce delle conoscenze moderne?

Penso che in questo caso gli studiosi attribuiscano quasi unanimamente questa frase all'aes signatum, partendo dal ramo secco. Inoltre, ad ulteriore conferma,  Plinio dice che prima c'era solo l'aes rude: "antea rudi usos Timaeus tradit".

Questo passo è stato comprovato anche dall'archeologia con il ritrovamento di Bitalemi databile tra il 570 ed il 540. 

Esistono altre interpretazioni?

Modificato da Ross14
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Personalmente ho seri dubbi che la produzione del "ramo secco" possa essere riconducibile a Roma.

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Sono d'accordo con te @g.aulisio.

Infatti il ramo secco quasi sicuramente non fu prodotto a Roma ma in altre aree ( si dice in zona emiliana o toscana). Tuttavia a Roma, come in molte altre aree (il ritrovamento di Bitalemi in Sicilia lo conferma) il ramo secco arrivò.

Quindi il riferimento a Servio riportato da Plinio potrebbe indicare semplicemente un momento cronologico e non una decisione vera e propria presa dall'autorità statale.

Modificato da Ross14
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Penso che in questo caso gli studiosi attribuiscano quasi unanimamente questa frase all'aes signatum, partendo dal ramo secco. Inoltre, ad ulteriore conferma,  Plinio dice che prima c'era solo l'aes rude: "antea rudi usos Timaeus tradit".

Questo passo è stato comprovato anche dall'archeologia con il ritrovamento di Bitalemi databile tra il 570 ed il 540. 

Esistono altre interpretazioni?

Domanda da profano, anzi due:

Se Plinio fa un riferimento così preciso a buoi e pecore, riportarla ed estenderla anche al "ramo secco" è una logica deduzione per appartenenza familiare, è così?

E se è così, allora perché il "ramo secco" della stessa famiglia NON dovrebbe essere stato "coniato" a Roma, mentre altri aes signatum, sia quelli con la scritta ROMANOM che quelli riportanti il caduceo e il tridente ( simboli che si ritrovano pari pari su lingotti plumbei ascrivibili ad un produttore romano, e di peso corrispondente , traslato al piombo, di un aes signatum) invece si considerano "coniati" ( perché fusi non mi piaceva) a Roma?

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Domanda da profano, anzi due:

Se Plinio fa un riferimento così preciso a buoi e pecore, riportarla ed estenderla anche al "ramo secco" è una logica deduzione per appartenenza familiare, è così?

E se è così, allora perché il "ramo secco" della stessa famiglia NON dovrebbe essere stato "coniato" a Roma, mentre altri aes signatum, sia quelli con la scritta ROMANOM che quelli riportanti il caduceo e il tridente ( simboli che si ritrovano pari pari su lingotti plumbei ascrivibili ad un produttore romano, e di peso corrispondente , traslato al piombo, di un aes signatum) invece si considerano "coniati" ( perché fusi non mi piaceva) a Roma?

Buon pomeriggio @@Tinia Numismatica,

Se ricordo bene, avevo letto nel libro di Catalli che la produzione di "ramo secco" è stata collocata in Emilia e/o forse Toscana grazie a vari ritrovamenti archeologici.

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Ecco cosa si diceva della provenienza e della datazione di un Aes signatum del tipo "ramo secco" proposto da  Artemide Aste nell' Asta XXVIII dell'aprile 2010

 

Lot 1121 Repubblica Romana. Aes signatum. Italia centrale o Aemilia, VI-IV secolo a.C. Frammento terminale di lingotto del tipo 'ramo secco'. TV pl. 3. Haeb. pl. 7, 6. gr. 1865.00RRR. AE. Dimensioni: mm. 148 x 74 x 30. SPL. Questo aes signatum, ben conservato e di grande fascino, è uno dei migliori esempi della produzione premonetale della penisola italica. Il suo peso di 1865 gr. lo colloca tra i più grandi in assoluto.  La produzione di questa tipologia di barre risale ad un periodo antecedente al IV secolo a.C.  Non è possibile stabilire una datazione più precisa, poiché l’uso di questi veri e propri ‘monumenti storici’, ha accompagnato tutta l’evoluzione della fusione del bronzo, dagli inizi sino alla produzione della moneta (secondo l’accezione moderna del termine). 

In base ai reperti noti, è possibile classificare queste barre secondo criteri di raffigurazione e secondo criteri dimensionali. Le tavole di Haeberlin (Frankfurt A.M. 1910) bene illustrano le varianti e le diverse dimensioni (tavv. da 4 a 8).

Il nostro esemplare corrisponde al tipo più grande, con disegno definito ramo secco,  presente sia al dritto che al rovescio. Altri manufatti, probabilmente appartenenti ad epoche più recenti, presentano la lisca di pesce ed i delfini in diverse combinazioni.

Il tipo del ramo secco è noto in due varianti. La prima può essere considerata la più antica poiché si presenta tozza e di forma irregolare, lievemente cuneiforme, con uno stile che appare piuttosto rozzo e poco curato. I rami del ramo secco hanno i versi concordi tra il diritto ed il rovescio.     La seconda, probabilmente un po’ più recente della precedente, si presenta più curata nella realizazione e nello stile, uniforme nelle dimensioni, con sezioni regolari ed uguali. Netta la differenza con la prima tipologia, poiché in questo secondo caso i versi dei rami risultano contrapposti tra dritto e rovescio.

A questa seconda tipologia appartiene il nostro pezzo, che, con i suoi 1865 gr., ci risulta essere il più pesante conosciuto. Il Turlow e Vecchi (Dorchester 1979) illustra un esemplare di 1552 gr (plate 3). Haeberlin (tav. 7 n° 6) illustra un pezzo di 835.20 gr., con sezione minore coincidente con quella del nostro esemplare. Garrucci (Roma 1885) illustra un pezzo di 1110 gr. proveniente dal ripostiglio di Fabro e poi confluito nella collezione Strozzi. Di quest’ultimo esemplare è raffigurata anche la vista laterale, che si presenta lievemente curva, proprio come risulta anche nel caso del nostro esemplare. Evidentemente la tecnica di lavorazione successiva alla fusione comportava una posizione in fase di raffreddamento che provocava la lieve curvatura. Non ci stupiremmo se i due pezzi (il nostro e quello descritto da Garrucci) avessero avuto origine nella stessa officina.

L’ esemplare offerto proviene dalla dispersione della collezione Tonachini ed è stato illustrato su ‘Il collezionista’ n° 12 del 1956. Compare anche su Pagine Gialle ‘turismo’ di Marche e Umbria del 1992/1993, presentato quale magnifica testimonianza della storia antica di quella terra.

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Buon pomeriggio @@Tinia Numismatica,

Se ricordo bene, avevo letto nel libro di Catalli che la produzione di "ramo secco" è stata collocata in Emilia e/o forse Toscana grazie a vari ritrovamenti archeologici.

di ritrovamenti di aes signatum ramo secco ce ne sono un po' dappertutto, credo fossero anche nella stipe del Garigliano, Vicarello e altre, oltre a quelle già qui citate da altri e se ne conoscono anche di effettuati in ex Jugoslavia e conservati al museo di Zagabria.

Resta però il fatto che l'aes grave a spina di pesce rientra nei metri ponderali dell'aes signatum romano, mi pare, quindi non riesco a spiegarmi il perché di questa esclusione dalle emissioni di Roma.

Modificato da Tinia Numismatica
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Senza entrare (per il momento) nel merito dell'area di dispersione dei lingotti a spina di pesce, l'affermazione che mi colpisce é quella relativa ai "metri ponderali". 

 

Resta però il fatto che l'aes grave a spina di pesce rientra nei metri ponderali dell'aes signatum romano

 

Qual'é la base di tale affermazione?

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Senza entrare (per il momento) nel merito dell'area di dispersione dei lingotti a spina di pesce, l'affermazione che mi colpisce é quella relativa ai "metri ponderali". 

 

 

Qual'é la base di tale affermazione?

il peso degli stessi aes signatum multiplo o sottomultiplo?

 

AES SIGNATUM

Il peso delle barre era di circa 1,5 kg ed avevano un valore di 5 assi[senza fonte]. Gli aes signatum non avevano un valore facciale e quindi non avevano dei tipi fissi, anche questi lingotti, come gli aes rude valevano quanto pesavano per questo venivano tagliati in base alle necessità. I lingotti presentano delle figure, una per lato, quasi una sorta di tipi primitivi. Basti ricordare la coppia: aquila che tiene un fulmine tra gli artigli su un lato e un Pegaso in volo dall'altro; una spada e una guaina; lato esterno e lato interno di uno scudo; elefante e maiale. Quest'ultimo tipo, ha permesso di datare il lingotto al 275 a.C. anno della sconfitta di Pirro e del trasferimento a Roma, per la prima volta, di quei pachidermi, che impressionarono il popolo. La presenza del suino è da spiegare con un passo di Eliano[1] secondo cui questi animali vennero usati per spaventare gli elefanti; difatti i maiali una volta coperti di pece venivano dati alle fiamme e i grugniti che ne seguivano spaventavano i pachidermi.

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AES PREMONETALE

Prima che a Roma la moneta fosse introdotta, nel Lazio e in alcune parti dell’Italia centro-settentrionale, era in uso, come mezzo di scambio, il rame in pezzi, senza forma, di varia grandezza e peso, spezzati senza regola e accettati a peso: l’aes rude o aes infectum (ovvero rame rozzo, grezzo), il cui uso è attestato già a partire dall’VIII sec. a.C.

Il passaggio successivo ci porta all’aes formatum: pezzi di rame non piú irregolari ma di forma rettangolare, chiamati anche barre o lingotti o pani. Si rinviene di solito spezzato o in frammenti delle piú svariate dimensioni e peso: i rari pezzi piú pesanti possono arrivare a gr. 2000; rari sono anche i pezzi da 400 - 300 grammi trovati nei ripostigli; quelli che piú comunemente si rinvengono non pesano piú delle monete librali.

Successivamente a questi pani di bronzo venne apposta un’impronta su una o entrambe le facce: l’aes signatum ovvero “rame con l’impronta”. I segni e i simboli piú antichi sono molto schematici, pochi tratti irregolari che li fanno assomigliare ad un “ramo secco” oppure ad una “spina di pesce. L'ipotesi piú probabile è che non si tratti di un motivo vegetale stilizzato, bensí di un espediente tecnico per facilitare la fuoriuscita dell'aria e dei gas durante la colata entro lo stampo. Anche questi lingotti difficilmente si rinvengono interi, ma spezzati. 

L’uso dell’aes signatum è attestato già alla metà del VI sec. a.C. (un frammento del ramo secco è stato rinvenuto in un deposito votivo nel tempio di Demetra Thesmophoros a Bitalemi presso Gela, datato dagli archeologici al 570-540 a.C). Non mancano però anche per l’aes premonetale teorie “ribassiste” che collocano il materiale piú antico non oltre la prima metà del V secolo a.C. e che il contesto archeologico di Bitalemi non sia affidabile ponendo il frammento del ramo secco rinvenuto agli ultimi decenni del V secolo a.C.

Le aree di maggior rinvenimento di questi oggetti si concentrano nell'Etruria padana, in particolare nell'Emilia, tra Bologna e Reggio, con propaggini significative in Toscana, Lazio e Veneto. Uno dei ritrovamenti piú importanti è stato quello di Castelfranco Emilia, in provincia di Modena, dove nel 1897 si rinvennero 59 lingotti con il "ramo secco" (pesi da 806 a 2115 grammi), 21 barre e 19 frammenti.

Si presume che questi lingotti siano stati prodotti da privati per venderli o per usarli come mezzo di scambio. In età piú tarda compaiono altri contrassegni quali l’asta, il delfino, il crescente lunare insieme talvolta con una stella a otto raggi: si ipotizza come datazione per questi lingotti un periodo compresa tra il 325 e il 250 a.C.

E’ evidente che questa forma di premoneta veniva impiegata nelle contrattazioni e valutata a peso, secondo un sistema che a Roma restò in vigore a lungo e che si ripeteva nella formula “per aes et per  libram” (per mezzo di bronzo e di bilancia). Sia l’aes rude che l’aes signatum continuarono ad essere usati come mezzo di pagamento anche dopo l’introduzione della moneta vera e propria e li ritroviamo nei ripostigli monetari insieme alla moneta ufficiale.

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Vi e' comunque una profonda diversita' tipologica e - in parte - anche pinderale tra l'aes signatum - tipo ramo secco ( e/o lisca di pesce) e i cosiddetti quadrilateri figurati .

Questi ultimi - pur nella variabilita' sei pesi - dispersi tra gr. 1100/1200 fino a 1800 e passa per i piu' pesanti, offrono una notevole uniformita' tipologica di dimensioni, spessore, fattura , chd differisce notevolmente dai lingotti del tipo ramo secco. Incerto ancora il loro effettivo utilizzo economico piu' plausibile un loro impiego come moneta 'sacrificale' e certamente di riserva di valore suffragate anche dai contesti di ritrovamento presso templi e luoghi di culto ( cfr stipe di Vicarello etc)

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Vi e' comunque una profonda diversita' tipologica e - in parte - anche pinderale tra l'aes signatum - tipo ramo secco ( e/o lisca di pesce) e i cosiddetti quadrilateri figurati .

Questi ultimi - pur nella variabilita' sei pesi - dispersi tra gr. 1100/1200 fino a 1800 e passa per i piu' pesanti, offrono una notevole uniformita' tipologica di dimensioni, spessore, fattura , chd differisce notevolmente dai lingotti del tipo ramo secco. Incerto ancora il loro effettivo utilizzo economico piu' plausibile un loro impiego come moneta 'sacrificale' e certamente di riserva di valore suffragate anche dai contesti di ritrovamento presso templi e luoghi di culto ( cfr stipe di Vicarello etc)

Sono d'accordo sulle differenze citate: il " ramo secco" ha tutta l'aria di essere una semplificazione contabile, cosa che non si può ascrivere alle altre tipologie, però ancora non ho capito perché non dovrebbe far parte delle emissioni Romane e invece essere assimilato alle emissioni dell'Etruria, emissioni con cui non vi sono affinità ponderali neanche nel confronto con le seguenti dell'aes signatum  e dello stesso aes grave italici.

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  • 2 settimane dopo...

Giacché la discussione - iniziata meravigliosamente - ristagna, mi pare appropriato riprendere Plinio, N.H. 33, 13 e sollevare una nuova questione: in merito al bronzo, bene o male, ci siamo confrontati, sull'argento non ne verremo mai a capo (Crawford mi disse che avrebbe preferito che il passo pliniano non fosse mai giunto fino a noi), ma per quanto riguarda le prime emissioni auree cosa ne pensate?

 

Proximum scelus fuit eius qui primus ex auro denarium signavit, quod et iprum latet auctore incerto.

 

La mente corre subito al c.d. oro del giuramento, coniato certamente dopo la battaglia di Sentinum, ma quando?

La datazione comunemente accettata - il 220 a.C. - mi pare troppo distante dai fatti della terza guerra sannitica. 

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Modificato da Theodor Mommsen
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