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scudo borbonico


Rocco68

Risposte migliori

Salve a tutti, sto effettuando ricerche sulle varianti nello stemma borbonico e a chi se non chiedere aiuto  in questa bella sezione ? (vi seguo sempre) .

Periodo 1786-1802

Posto di seguito il rovescio di una mia Piastra 1794 in cui si vede tutto lo stemma e il particolare di cui vorrei sapere di piu': lo stemma del Portogallo e le sue torrette, cosa rappresenta il loro numero?IMG_20170812_171048.png.f7404a22c9159e5702022080ee8d310b.png

Vi ringrazio per l'aiuto che vorrete darmi.

Un caro saluto, Rocco.

IMG_20170722_073656.png

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Grazie @petronius arbiter, nello scudo borbonico del Regno di Napoli sono in numero di dieci.....come mai?

Il loro numero maggiorato a cosa è dovuto...

Saluti, Rocco.

Modificato da Rocco68
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16 ore fa, Rocco68 dice:

Grazie @petronius arbiter, nello scudo borbonico del Regno di Napoli sono in numero di dieci.....come mai?

Non sono riuscito a trovare nulla al riguardo, l'unico riferimento al numero dei castelli è in questo sito che descrive lo stemma del sedile di Oria

http://www.fondazioneterradotranto.it/2015/12/14/i-segni-del-potere-borbonico-lo-stemma-del-sedile-di-oria/

Alla nota 33, dopo aver ripercorso la storia dello stemma portoghese, dice solo che nello stemma di Oria (che è poi quello di Ferdinando IV), il numero delle torri è superieor a sette.

Proverò a cercare ancora.

petronius

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5 minuti fa, petronius arbiter dice:

Non sono riuscito a trovare nulla al riguardo, l'unico riferimento al numero dei castelli è in questo sito che descrive lo stemma del sedile di Oria

http://www.fondazioneterradotranto.it/2015/12/14/i-segni-del-potere-borbonico-lo-stemma-del-sedile-di-oria/

Alla nota 33, dopo aver ripercorso la storia dello stemma portoghese, dice solo che nello stemma di Oria (che è poi quello di Ferdinando IV), il numero delle torri è superieor a sette.

Proverò a cercare ancora.

petronius

Ti ringrazio per il tuo impegno......spero di venirne a capo.

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Ciao a entrambi,

non sono in ferie ma "solo" un po' in ritardo... vi chiedo scusa.

Grazie innanzitutto a @Rocco68 per la pazienza con cui segue questa sezione, e per le ottime foto abbinate al suo interessantissimo quesito.

Grazie all'amico @petronius arbiter per l'attenta ricerca, e per le utili risposte rinvenute.

---

Nel merito, la domanda di fondo rimane purtroppo senza risposte sicure.

Dal punto di vista araldico, il numero delle torri nella bordura dello stemma del Portogallo è tradizionalmente e normalmente di sette.

Questo vale per lo stemma ufficiale e normale del Paese lusitano, e per gli esemplari risalenti ai secoli moderni e contemporanei.

Quindi, anche per le epoche in cui lo stemma portoghese entrava a far parte della complessa arma dei Borbone di Napoli.

In precedenza, non era infrequente che l'arma di Portogallo contenesse in bordura un numero di torri diverso da sette: nel Livro do Armeiro-Mor, il più celebre e bello fra i manoscritti araldici di quella nazione (risalente al 1509), sono miniate varianti dell'arma contenenti torri  in quantità variabile da otto a tredici.

---

É da escludere che gli incisori delle zecche dei Borbone fossero a conoscenza di questi esempi rinascimentali dello stemma portoghese.

Sembra più corretto dire che in antico il numero delle torri fosse ininfluente: ciò che contava era che fossero d'oro, e che occupassero con elegante armonia lo spazio della bordura di rosso a esse destinato.

In epoca borbonica, invece, pare lecito pensare che l'incisore non si curasse della "perfezione filologica" del contenuto araldico di un quarto non principale dello stemma reale.

Quest'ipotesi sembra confermata dal contenuto interno dello stesso quarto portoghese, dove al posto dei cinque quinas (scudetti) posti in croce ci sono sei palline che scimmiottano il più grande quarto dei Medici sulla sinistra del medesimo stemma...

...e per tacere del quarto dei Farnese (quello che sovrasta il quarto di Portogallo), nel quale i canonici sei gigli sono stati decurtati a cinque!

Perchè tutto ciò?

Forse perchè si trattava di quarti "lontani" dall'ambito sociale e culturale dell'epoca di quegli artisti incisori, i quali quindi avevano scarsa nozione e ancor più scarsa attenzione verso stemmi a loro quasi (se non del tutto) sconosciuti.

---

Si tratta di ipotesi, certamente...

...ma la ricchezza di varianti negli stemmi borbonici coniati su monete di quel periodo (e presenti anche in esemplari di ambito non numismatico, vedi il link reperito da @petronius arbiter) induce a considerarle qualcosa di più che semplici congetture.

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7 minuti fa, Corbiniano dice:

Ciao a entrambi,

non sono in ferie ma "solo" un po' in ritardo... vi chiedo scusa.

Grazie innanzitutto a @Rocco68 per la pazienza con cui segue questa sezione, e per le ottime foto abbinate al suo interessantissimo quesito.

Grazie all'amico @petronius arbiter per l'attenta ricerca, e per le utili risposte rinvenute.

---

Nel merito, la domanda di fondo rimane purtroppo senza risposte sicure.

Dal punto di vista araldico, il numero delle torri nella bordura dello stemma del Portogallo è tradizionalmente e normalmente di sette.

Questo vale per lo stemma ufficiale e normale del Paese lusitano, e per gli esemplari risalenti ai secoli moderni e contemporanei.

Quindi, anche per le epoche in cui lo stemma portoghese entrava a far parte della complessa arma dei Borbone di Napoli.

In precedenza, non era infrequente che l'arma di Portogallo contenesse in bordura un numero di torri diverso da sette: nel Livro do Armeiro-Mor, il più celebre e bello fra i manoscritti araldici di quella nazione (risalente al 1509), sono miniate varianti dell'arma contenenti torri  in quantità variabile da otto a tredici.

---

É da escludere che gli incisori delle zecche dei Borbone fossero a conoscenza di questi esempi rinascimentali dello stemma portoghese.

Sembra più corretto dire che in antico il numero delle torri fosse ininfluente: ciò che contava era che fossero d'oro, e che occupassero con elegante armonia lo spazio della bordura di rosso a esse destinato.

In epoca borbonica, invece, pare lecito pensare che l'incisore non si curasse della "perfezione filologica" del contenuto araldico di un quarto non principale dello stemma reale.

Quest'ipotesi sembra confermata dal contenuto interno dello stesso quarto portoghese, dove al posto dei cinque quinas (scudetti) posti in croce ci sono sei palline che scimmiottano il più grande quarto dei Medici sulla sinistra del medesimo stemma...

...e per tacere del quarto dei Farnese (quello che sovrasta il quarto di Portogallo), nel quale i canonici sei gigli sono stati decurtati a cinque!

Perchè tutto ciò?

Forse perchè si trattava di quarti "lontani" dall'ambito sociale e culturale dell'epoca di quegli artisti incisori, i quali quindi avevano scarsa nozione e ancor più scarsa attenzione verso stemmi a loro quasi (se non del tutto) sconosciuti.

---

Si tratta di ipotesi, certamente...

...ma la ricchezza di varianti negli stemmi borbonici coniati su monete di quel periodo (e presenti anche in esemplari di ambito non numismatico, vedi il link reperito da @petronius arbiter) induce a considerarle qualcosa di più che semplici congetture.

Ringrazio @petronius arbiter e @Corbiniano per la competenza e la gentilezza con cui aiutano tutti gli utenti che rivolgono i loro quesiti a questa stupenda sezione.

Saluti, Rocco.

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Stesso anno, diverso conio.

Da quel che so (e perdonate le parole di un non-numismatico), questo tipo di monetazione borbonica si caratterizza proprio per il profluvio di "varietà" di cui è ricco, e dal quale l'araldica non è purtroppo immune.

La soluzione al problema, credo, non potrà non affidarsi alle ipotesi che dicevamo sopra.

A meno che non esistano testimonianze scritte (bandi, note di zecca, ecc.) che ci offrano una soluzione ma temo che, se fossero esistite, molti studiosi ne avrebbero fatto tesoro da subito...

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Lo è moltissimo, caro @gennydbmoney, grazie davvero per averlo condiviso.

Lo studio che hai allegato va a rafforzare l'ipotesi che

Il 14/8/2017 at 22:20, Corbiniano dice:

(...) l'incisore non si curasse della "perfezione filologica" del contenuto araldico di un quarto non principale dello stemma reale (...)

Interessante un passaggio dello studio (p. 20, nota 1) dove l'Autore menziona un brano manoscritto da un maestro zecchiere nel 1804 e conservato in Archivio di Stato a Napoli.

C'è solo da sperare che altri manoscritti affini possano contenere ulteriori informazioni sul tema.

Purtroppo però lo studio, che risale al 1923, poteva attingere a documenti che forse oggi non esistono più.

Vent'anni più tardi la gran parte dell'Archivio napoletano finiva in cenere a causa di un disastroso incendio doloso: evento che riduce di molto tale speranza.

A meno che, prima della seconda guerra mondiale, non siano andate in stampa altre pubblicazioni che abbiano trascritto altri manoscritti, in tutto o in parte.

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3 minuti fa, Corbiniano dice:

Lo è moltissimo, caro @gennydbmoney, grazie davvero per averlo condiviso.

Lo studio che hai allegato va a rafforzare l'ipotesi che

Interessante un passaggio dello studio (p. 20, nota 1) dove l'Autore menziona un brano manoscritto da un maestro zecchiere nel 1804 e conservato in Archivio di Stato a Napoli.

C'è solo da sperare che altri manoscritti affini possano contenere ulteriori informazioni sul tema.

Purtroppo però lo studio, che risale al 1923, poteva attingere a documenti che forse oggi non esistono più.

Vent'anni più tardi la gran parte dell'Archivio napoletano finiva in cenere a causa di un disastroso incendio doloso: evento che riduce di molto tale speranza.

A meno che, prima della seconda guerra mondiale, non siano andate in stampa altre pubblicazioni che abbiano trascritto altri manoscritti, in tutto o in parte.

Tra l'altro credo che sia stato quasi impossibile raffigurare perfettamente lo stemma borbonico sui nominali minori, qualcosa bisognava sacrificare... 

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1 minuto fa, gennydbmoney dice:

Tra l'altro credo che sia stato quasi impossibile raffigurare perfettamente lo stemma borbonico sui nominali minori, qualcosa bisognava sacrificare... 

Concordo sulla difficoltà di rendere in piccolo uno stemma complesso, come quello borbonico.

Però c'è da dire che, di solito, quando si sacrifica qualcosa si riduce il numero di ciò che si ripete.

Invece, negli esempi postati da @Rocco68 le torri hanno proliferato! ;)

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Grazie a tutti per il tempo, l'impegno e la competenza che mi avete dedicato.

Almeno ora so che la variante della Piastra che posseggo è il frutto di un'impostazione del conio casuale e senza motivo alcuno.

Da mie ricerche sulle numerose Piastre in vendita....ho riscontrato che su 30 esemplari visionati, solo quattro presentavano una torretta in meno.

Almeno ho una variante rara.:D

Salutoni, Rocco.

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  • 3 settimane dopo...

@Corbiniano, è vero che gli stemmi - non solo quelli monetali ma anche quelli presenti su altri supporti (carta stampata, affresci, etc.) - non rispettano perfettamente il modello deliberato dall'autorità, ma se ne discostano, più o meno vistosamente? È corretto? Grazie.

 

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7 ore fa, demonetis dice:

@Corbiniano, è vero che gli stemmi - non solo quelli monetali ma anche quelli presenti su altri supporti (carta stampata, affresci, etc.) - non rispettano perfettamente il modello deliberato dall'autorità, ma se ne discostano, più o meno vistosamente? È corretto? Grazie.

 

Bellissima domanda! :beerchug:

Piccola premessa: generalizzare è difficile, sempre; in questo caso lo è ancora di più, data la vastità dell'argomento che sollevi.

 

In linea di massima, un "modello deliberato dall'autorità" viene predisposto proprio perchè lo stemma venga riprodotto esattamente in quel modo e in ogni caso.

Ma bisogna distinguere i tempi e i modi in cui lo stemma nasce e vive.

 

Oggi la facilità del copia&incolla si abbina a una mentalità attenta ai millimetri, e le riproduzioni spesso sono identiche all'originale.

Ma non sempre.

A volte perchè la riproduzione è fatta su supporti minuscoli (spesso più piccoli di un tondello monetato), a volte perchè si riproduce a mano, a volte perchè si vuole riprodurre interpretando, o perchè non si sa interpretare, eccetera...

 

In passato, ciò che contava era il contenuto di ciò che si vedeva.

Se un re stabiliva di darmi uno stemma con un leone bianco in campo rosso, poco importava se il pittore mi realizzava un leone snello, e lo scultore me lo modellava panciuto, e l'orafo me lo stilizzava, e un altro artigiano in un altro modo ancora...

L'importante era che fosse bianco su rosso.

Ma in molti casi abbiamo stemmi che hanno attraversato i secoli rimanendo sostanzialmente uguali.

 

Nonostante il mutare degli stili artistici, che spesso fa sembrare diversissimi due esemplari di uno stesso stemma che in realtà sono identici.

Idem per le diverse abilità manuali dei diversi artefici.

 

In definitiva, la risposta al quesito non è nè sì, nè no.

Occorre esaminare caso per caso. ;)

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13 minuti fa, Corbiniano dice:

In passato, ciò che contava era il contenuto di ciò che si vedeva.

Ho capito. Lo stemma serviva per identificare un casato, poco importava se vi fosse stata qualche torretta in più o in meno. Grazie.

Modificato da demonetis
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7 minuti fa, demonetis dice:

Ho capito. Lo stemma serviva per identificare un casato, poco importava se vi fosse stata qualche torretta in più o in meno. Grazie.

Si può dire che sia così.

Ma (nel caso della componente portoghese dello stemma Borbone) il diverso numero delle torri conseguiva al fatto che nessun re del Portogallo vigilava sull'operato della zecca di Napoli...

...al contrario di quel che accadeva sulle monete della zecca di Lisbona (o di dove coniassero i portoghesi)! ;)

E poi c'era re e re, chi più e chi meno attento ai particolari del proprio stemma, non importa se complesso o meno.

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