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Il depauperamento dello zinco nell'oricalco


tacrolimus2000

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Come noto il tenore di Zn nelle leghe denominate "oricalco" non restò costante nei secoli. Fino al periodo di Claudio I i nominali emessi in oricalco contenevano il 20-25% di Zn, ma successivamente iniziò una lenta diminuzione a scapito dello stagno e dello zinco. Nel periodo di Filippo I siamo attorno al 5%.

Ho riassunto (alcuni) dati di diversi autori nel grafico e nella tabella allegata. Anche se i dati sono eterogenei in relazione alle tecniche analitiche impiegate, dovrebbero rendere l'idea di quanto ho detto sopra.

Quale fù la motivazione principale di questa modificazione di composizione della lega? Accanto a motivi economici, di costo o di reperibilità dei minerali dello zinco, è possibile immagginare anche motivi tecnici?

Chiedo questo perchè guardando i dati mi sembra si evinca che l'incremento del tenore di stagno e zinco non segua un andamento speculare con il debassamento dello zinco.

Grazie

Luigi

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io credo che la diminuzione della percentuale di zinco nell'oricalco debba essere letto parallelamente alla riduzione di argento fino nel denario per mantenere costante il rapporto di cambio tra nominali enei e metalli preziosi, dato che era proprio lo zinco a dare al dupondio e al sesterzio un valore adeguato (come potrebbe altrimenti un dupondio valere due assi pesando solo il 20% in più 13g contro 11g circa). se la percentuale di zinco fosse rimasta costante negli anni dupondi e sesterzi si sarebbero progressivamente apprezzati nei confronti dei denari che invece vedevano calare la percentuale di argento.

i motivi di questo impoverimeno delle leghe monetali è da leggere sicuramente in chiave economica piuttosto che tecnologica, non sono un esperto di questa materia ma trovo che sia estremamente interessante approfondirla.

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E’ innegabile che il debassamento del contenuto in argento del denario abbia avuto una ripercussione sui nominali in oricalco, ma io non credo che il rapporto Ag/Zn fosse ancorato.

L’effetto della svalutazione del denario fu quello di far diminuire anche il valore reale di sesterzi e dupondi a tal punto che i costi di produzione della lega sarebbero stati superiore al valore degli stessi nominali prodotti.

Qui ritorno alla mia domanda: il debassamento dello zinco fu voluto o fu una conseguenza indiretta di come veniva prodotto o di come si andò modificando nel tempo la tecnica di produzione?

Perché c’è una così grande variabilità nel tenore di zinco nello stesso periodo se il rapporto con l’argento doveva rimare fisso? Ad esempio una serie di sesterzi di Traiano mostrano le seguenti percentuali di Zn:

15,45

9,90

13,90

16,40

7,56

15,35

12,42

16,01

Io sospetto che il debassamento del contenuto in zinco fu una conseguenza del dover mantenere bassi i costi di produzione dell’oricalco e per fare ciò si iniziò a rifondere monete circolanti usurate (ossia zinco secondario in contrasto con quello delle miniere o primario), piuttosto che estrarne di nuovo.

Ma le caratteristiche dello zinco sono abbastanza particolari: in natura non si trova come metallo (stato nativo), ma sotto forma di minerali.

La temperatura necessaria per la riduzione dei minerali con carbone è superiore a quella di ebollizione del metallo stesso (superiore ai 908 °C che è la temperatura di ebollizione dello zinco), quindi lo zinco vaporizza appena prodotto e necessita di trappole o sistemi di condensazione per catturarlo. Inoltre in presenza di aria, il metallo vaporizzato brucia istantaneamente ad elevate temperature con formazione di ossido di zinco.

L'oricalco, in epoca romana, veniva quindi prodotto per cementazione, sotterando barre sotttili di rame, minerali di zinco e carbone oppure in crogiolo chiuso minerali di zinco (carbonato o ossido), polvere di rame e carbone. Lo zinco vaporizzato prodotto veniva in massima parte condensato sulle barre di rame (o diffondeva nella polvere) e formava la lega anche se una parte poteva andare persa. La temperatura del crogiolo deve essere superiore ai 908°C ed inferiore al punto di fusione del rame (1083 °C). A 1000 °C si ottiene un oricalco con il 28% di zinco.

Rifondere monete vecchi circolate portava necessariamente ad una perdita netta in zinco che evaporava.

Riassumendo: per mantenere contenuti i costi di produzione dell’oricalco si iniziò a mescolare minerale di zinco primario con zinco secondario (vecchie monete) ed il tenore della lega finale era giocoforza più basso, viste le caratteristiche chimico-fisiche dello zinco.

Quando poi si iniziarono a rifondere anche emissioni provinciali, crebbe contemporaneamente il tenore di piombo e di stagno della lega.

Per questo penso che il debassamento del contenuto di zinco nelle monete in oricalco sia, seppur indirettamente, un effetto del processo tecnologico.

Ma è solo una ipotesi.

Luigi

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beh, sei davvero informato sull'argomento ed è davvero interessante e ben esposta questa tua teoria, la mia constatazione era molto superficiale, non avevo visto la cosa sotto questo aspetto e, anche se la tua è solo una teoria bisogna ammettere che è davvero convincente... vorrei poter contribuire in maniera proficua ma purtroppo al momento non ho sufficienti conoscenze dell'argomento, ma mi incuriosisce vedere l'evoluzione di questo post.

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Ottima analisi Tacrolimus ed ottima teoria, complimenti.

Attenendoci agli studiosi, pare che la diminuzione del contenuto di zinco sia dovuto al suo costo elevato ed alla dimininuzione di materiale disponibile; come avvenne per l'argento del resto.

Inizialmente l'uso dello zinco venne impiegato principalmente per un motivo estetico, infatti le nuove monete introdotte da Augusto, arrivavano al popolo ed erano quindi "economicamente povere" ma stilisticamente si avvicinavano all'aureo proprio per il colore che la lega di oricalco aveva.

Ponderalmente poi, la lega rame-zinco, considerata la più scarsa reperibilità del secondo, rendeva un'po' più ricca la moneta di oricalco che venne utilizzato perciò per dupondi e sesterzi.

Dunque gli studiosi imputano l'abbassamento della percentuale di zinco ai problemi di approviggionamento del materiale.

La teoria di Tacrolimus va però considerata, tenendo conto che certamente grandi volumi di vecchie monete erano rifuse costantemente per produrne delle nuove, eliminando quando possibile anche qualche passaggio di lavorazione come la saggiatura in fase di fusione dei metalli.

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lessi una volta un articolo che, se non ricordo male, confermava la teoria esposta da tacrolimus2000: e cioè che la riduzione dello zinco in lega fosse dovuta alla progressiva rifusione di vecchie monete: non era tra l'altro perfettamente chiaro ai romani le ragioni per cui, dal rame, si formasse l'ottone: lo zinco infatti era sconosciuto (fu "scoperto" nel 1746 - altri dicono nel XV secolo);

se ritrovo l'articolo ve lo segnalo

@+piotr

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Sarebbe molto interessante vedere dove, esattamente, i romani estraevano i minerali di zinco.

Lessi da qualche parte che l'economia dell'aureo si modificò profondamente quando le miniere spagnole si impoverirono...

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  • 1 anno dopo...

Il motivo per cui il sesterzio nasce di oricalco potrebbe anche essere di astuto calcolo politico-economico. Infatti Augusto aveva il monopolio dello zinco che proveniva dalla Spagna. Producendo grandi quantità di monete in lega non trascurabile di zinco, la zecca di Roma accresceva non poco il già considerevole patrimonio personale di Augusto.

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  • 1 anno dopo...

Ritorno su questo interessantissimo argomento dopo aver chiacchierato con un amico metallurgo dal quale ho appreso che la quantità di zinco teorica ottenibile per cementazione dai romani non poteva superare il 28%. Occorre però considerare la formula: Zn teor.max = 28 % - (Sn % + 2 Pb %) che si può trovare sul libro P.T. Craddock "Medieval Copper Alloy Production and West African Bronze Analysis" pt.1, Archaeometry 27 (1985) 23-25.

Quindi più cresce la quantità in lega di Stagno e Piombo, più si abbassa la percentuale di Zinco che si riesce ad inserire nella lega stessa.

La perdita di zinco per rifusione in realtà pare che non sia così scontata; facendo una prova su un sesterzio scaldato con una fiamma ossidrica, ho osservato che è venuto immediatamente a galla una certa quantità di metallo grigio che, seocndo l'amico metallurgo, era probabilmente piombo. Lo zinco infatti sembra che sia molto stabile una volta entrato in lega.

Sarebbe utile capire a questo punto perchè il contenuto di zinco, con il tempo, è andato diminuendo fino a sparire. Difficile reperibilità dei minerali di zinco?

La procedura per la cementazione richiedeva troppa tecnologia?

La lega con stagno e piombo invece che zinco si prestava meglio alla coniazione?

La rifusione di vecchie monete faceva perdere parte del contenuto di zinco?

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- temperatura di fusione del rame: attorno ai 1080 °C.

- temperatura di fusione dello zinco: attorno ai 420 °C.

Le leghe Cu-Zn hanno una temperatura di fusione intermedia tra questi valori (aumentando il contenuto di zinco diminuisce la temperatura di fusione della lega.)

- temperatura di fusione di una lega 85% Cu - 15% Zn (più o meno la composizione di sesterzi e dupondi del periodo Flavio, con percentuali modeste di stagno e piombo) 900-940 °C

- temperatura di di ebollizione dello zinco: attorno ai 908°C.

Alla temperatura cui si riesce a fondere un sesterzio di Vespasiano, lo zinco è allo stato vapore. Una piccola percentuale di zinco andava quindi sicuramente persa nella rifusione di monete usurate.

Il problema è capire quale peso ha avuto sul depauperamento rispetto ad altre possibili cause.

Il passaggio cui fa riferimento @piotr tratto da un lavoro della Società Numismatica Italiana è sostanzialmente questo:

L'oricalco rappresenta il singolare caso di una lega prodotta industrialmente nell'antichità senza conoscere un suo componente. (...) Riservato in origine ai grandi esemplari di sesterzi e dupondi, poi con Nerone anche ai semissi, l'oricalco dal bel colore dorato per l'alto tenore in zinco (oltre il 20%) riuscì a creare per la prima volta monete di alto valore artistico ed estetico in metallo non prezioso. Ben presto però il continuo riciclo per la rifusione degli esemplari più antichi (forse per difficoltà di reperire nuovo minerale adatto) portò ad una dezincificazione della lega, in quanto lo zinco bolle a temperatura vicina a quella di fusione dell'oricalco, ed evapoa con i fumi. L'oricalco andò così a confondersi con l'anonimo bronzo al piombo sopra citato e finì nel tardo impero con lo scomparire.

L'influenza della localizzazione delle miniere credo sia innegabile. Un confronto tra le emissioni in oricalco imperiali e quelle provinciali di Vespasiano, Tito e Domiziano dimostra come quelle provinciali hanno un contenuto di zinco maggiore. L'oricalco provinciale era prodotto per cementazione ed conteneva prevalentemente zinco primario, mentre quello imperiale proveniva anche da rifusione, o zinco secondario. Un lavoro di A. Pike, M. Cowell e A. Burnett, in Procedings of XIIth International Numismatic Congress (Berlino, 1977), cui non ho accesso ma è commentato nel Roman Provincial Coinage vol II (p. 123), indica che "l'uso dell'oricalco si correla bene con la localizzazione dei depositi moderni di zinco. La conclusione sembra quindi che nelle provincie lo zinco venisse usato nelle aree dove era facilmente accessibile". Lo zinco usato in Asia Minore era quindi estratto da miniere locali più facilmente accessibili e in definitiva meno costoso. Da qui una minore necessità di rifondere vecchie emissioni per abbattere i costi di produzione.

Fattori economici possono anche aver contribuito alla prograssiva diminuzione del tenore di zinco nell'oricalco. Ovviamente il costo di produzione dell'oricalco era superiore a quello del bronzo, ad esempio per la necessità di una materia prima aggiuntiva e per la tecnica di fusione più complessa. Il valore duppio del dupondio rispetto all'asse probabilmente rispecchia il rapporto iniziale dei due costi di produzione. Ma l'incremento del costo di produzione dell'oricalco dovuto al depauperamento delle miniere e la necessità di approvviggionamenti sempre più distanti avrebbe fatto aumentare anche il rapporto tra il valore del dupondio e dell'asse. Per mantenere invariato questo parametro era quindi necessario diminuire il contenuto in zinco, ossia la percentuale del costo imputabile allo zinco. Questo spiegherebbe anche quelle emissioni che presentano minore percentuale di zinco, senza compensazione da parte di piombo e stagno.

Luigi

Modificato da tacrolimus2000
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Luigi, grazie per l'ottima spiegazione e per i riferimenti citati.

Da qualche parte (non ricordo dove e quindi non sono neanche certo dell'attendibilità) avevo letto che per ogni rifusione andava perso circa il 20% del contenuto totale di zinco. Prendendo come spunto un lavoro dell'Ing. Marco Ferretti apparso su "Corrosion Science 51 (2009)- Ed. Elsevier" dove l'autore ha analizzato con il metodo dell'XRF ben 144 monete (di cui 104 sesterzi dal 69 al 193 D.C.) provenienti da un unico ripostiglio, la quantità di zinco va dal 11-13% nel 69 D.C. a circa l'1% nel 193 D.C. (Tabella pag. 2185); di conseguenza, per ottenere una lega con circa il 14% di zinco in epoca neroniana, stando al 20% teorico ci vaporizzazione a seguito di rifusione, un sesterzio di Augusto con un contenuto teorico del 28 % di zinco avrebbe dovuto subire ben 3 rifusioni. Dalla medesima tabella emerge chiaramente che il contenuto di zinco, a parità di anno di emissione, può oscillare anche tra il 6 ed il 13%; questo potrebbe effettivamente indicare l'utilizzo di metallo nuovo (contenuto di zinco maggiore) o di metallo rifuso (contenuto di zinco più basso).

Fattori economici possono anche aver contribuito alla prograssiva diminuzione del tenore di zinco nell'oricalco. Ovviamente il costo di produzione dell'oricalco era superiore a quello del bronzo, ad esempio per la necessità di una materia prima aggiuntiva e per la tecnica di fusione più complessa. Il valore duppio del dupondio rispetto all'asse probabilmente rispecchia il rapporto iniziale dei due costi di produzione. Ma l'incremento del costo di produzione dell'oricalco dovuto al depauperamento delle miniere e la necessità di approvviggionamenti sempre più distanti avrebbe fatto aumentare anche il rapporto tra il valore del dupondio e dell'asse. Per mantenere invariato questo parametro era quindi necessario diminuire il contenuto in zinco, ossia la percentuale del costo imputabile allo zinco. Questo spiegherebbe anche quelle emissioni che presentano minore percentuale di zinco, senza compensazione da parte di piombo e stagno.

Luigi

Ciò che mi sembra difficile da sostenere è la capacità tecnica dei romani di controllare la quantità di zinco in lega. Non potendo infatti ottenere dello zinco puro ma solamente per cementazione, introducendolo di fatto nella lega solo sotto forma di vapori di zinco, come avrebbero potuto stabilirne la percentuale esatta e quindi decidere di abbassarne la quantità percentuale?

In sostanza, mi viene più facile credere che si sia proceduto rifondendo vecchie monete aggiungendo altro quantitativo di rame e/o stagno e piombo piuttosto che abbassare volutamente la percentuale di zinco inserendo nella lega primaria stagno, piombo e zinco (questo per cementazione). Quindi l'abbassamento della percentuale di zinco sarebbe effettivamente una conseguenza del processo utilizzato per ottenere i nuovi tondelli rifondendo vecchie monete? Se questo fosse vero vorrebbe dire che per i romani, il ritiro di vecchie monete da destinare alla rifusione, doveva essere una prassi di cui non abbiamo testimonianza scritta.

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Prendo sempre con le molle i dati ottenuti mediante florescenza a raggi X.

Nel 1999 ho lavorato con un ED-XRF della HNU modello TEFA-PC dotato di generatore di alta tensione da 5 a 50 kV, sorgente a doppio anodo Mo/W (molibdeno/tungsteno) e Rh/W (rodio/tungsteno), uno spettrometro multicanale (8000) abinato ad un microprocessore per l'ordinamento e la selezione delle energie ed un rivelatore a semiconduttore di Silicio drogato con Litio (Si[Li]).

Certo da allora la strumentazione si evoluta e sicuramente i lavori dell'Ing Ferretti meritano più credito delle mie modeste esperienze ed idee, ma resto ancora dell'avviso che le analisi ottenute mediante fluorescenza a raggi X danno informazioni su uno strato di metallo non superiore ai 100 µm e quindi possono non essere rapprentative della composizione del bulk della moneta, sopratutto in presenza di monete corrose, con presenze significative di piombo e con patina spessa.

Ho studiato molti dati ottenuti con diverse tecniche; ci sono monete di G III con l'8% di zinco e di Filippo con il 5%. La diminuzione dello zinco non va di pari passo con l'aumento di stagno e piombo (allego solo una porzione di dati).

Riguardo al controllo sul tenore di zinco di origine primaria, non da rifusione, è la temperatura che permette di giocare sul tenore di zinco. Con la tecnica usata dai romani a 1000 °C si ottiene un ottone con il 28% di zinco.

Di tante cose non abbiamo testimonianza scritta (anzi alcune di quelle scritte sono errate) eppure ne abbiamo testimonianza pratica.

Qual'era il destino di sesterzi e dupondi usurati allora? In qualche periodo sono stati contromarcati, ma certamente non tutti.

Onostamente non credo che una unica causa da sola possa spiegare il depauperamento dello zinco nelle monete di oricalco prodotte nei secoli, ma certamente uno dei fattori è legato alla natura chimico fisica dello zinco. Accanto a questo ce ne saranno sicuramente altre.

Mi permetto infine di consigliarti la lettura di Caley E.R., Orichalcum ad related ancient alloys - ANS 1964.

Luigi

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Mi permetto infine di consigliarti la lettura di Caley E.R., Orichalcum ad related ancient alloys - ANS 1964.

Caley discute questo argomento da pag. 99 in poi del suo lavoro sull'oricalco; te ne allego uno stralcio.

Luigi

PS: secondo l'autore la perdita di zinco è attorno al 10% per ogni rifusione

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Prendo sempre con le molle i dati ottenuti mediante florescenza a raggi X.

Nel 1999 ho lavorato con un ED-XRF della HNU modello TEFA-PC dotato di generatore di alta tensione da 5 a 50 kV, sorgente a doppio anodo Mo/W (molibdeno/tungsteno) e Rh/W (rodio/tungsteno), uno spettrometro multicanale (8000) abinato ad un microprocessore per l'ordinamento e la selezione delle energie ed un rivelatore a semiconduttore di Silicio drogato con Litio (Si[Li]).

Certo da allora la strumentazione si evoluta e sicuramente i lavori dell'Ing Ferretti meritano più credito delle mie modeste esperienze ed idee, ma resto ancora dell'avviso che le analisi ottenute mediante fluorescenza a raggi X danno informazioni su uno strato di metallo non superiore ai 100 µm e quindi possono non essere rapprentative della composizione del bulk della moneta, sopratutto in presenza di monete corrose, con presenze significative di piombo e con patina spessa.

Ho studiato molti dati ottenuti con diverse tecniche; ci sono monete di G III con l'8% di zinco e di Filippo con il 5%. La diminuzione dello zinco non va di pari passo con l'aumento di stagno e piombo (allego solo una porzione di dati).

Riguardo al controllo sul tenore di zinco di origine primaria, non da rifusione, è la temperatura che permette di giocare sul tenore di zinco. Con la tecnica usata dai romani a 1000 °C si ottiene un ottone con il 28% di zinco.

Di tante cose non abbiamo testimonianza scritta (anzi alcune di quelle scritte sono errate) eppure ne abbiamo testimonianza pratica.

Qual'era il destino di sesterzi e dupondi usurati allora? In qualche periodo sono stati contromarcati, ma certamente non tutti.

Onostamente non credo che una unica causa da sola possa spiegare il depauperamento dello zinco nelle monete di oricalco prodotte nei secoli, ma certamente uno dei fattori è legato alla natura chimico fisica dello zinco. Accanto a questo ce ne saranno sicuramente altre.

Mi permetto infine di consigliarti la lettura di Caley E.R., Orichalcum ad related ancient alloys - ANS 1964.

Luigi

Caro Luigi, grazie per il testo che mi consigli e per i dati che hai postato. :)

La tecnica all'XRF in effetti prende in esame solo la superficie della moneta pertanto non è detto che l'analisi della lega sia perfettamente realistica; ad ogni modo i dati ottenuti sono un valido punto di partenza per studiare il fenomeno e certamente possono fornire dei dati interessanti.

Anche dalle tabelle che hai postato si evince che in molti casi il tenore di zinco oscilla notevolmente anche prendendo come esempio le emissioni di uno stesso imperatore. Certamente sono assolutamente d'accordo con te quando scrivi delle vecchie monete in parte contromarcate e in parte, presumibilmente rifuse. Partendo dal presupposto che il depauperamento dello zinco vada ricercato in più cause, potremmo ipotizzare che, analizzando un sesterzio o un dupondio e confrontandolo con i dati medi del periodo (a parità di emissione e zecca), quando il contenuto di zinco è nettamente più basso di quello medio teorico del periodo è possibile che si tratta di una rifusione, è corretto?

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Alcune di quelle oscillazioni dipendono proprio dalle diversità tra le tecniche analitiche usate.

Non saprei come impostare una ricerca volta a stabilire se e quanto ha inciso la rifusione sul depauperamento dello zinco nelle monete di oricalco.

Non credo sia così semplice discriminare lo zinco primario da quello secondario e probabilmente non è sufficiente la misura dei soli Cu e Zn.

Caley fa studi articolati su vari rapporti, ad esempio Zn/Cu+Sn+Pb, il tenore di As e di S per qualche imperatore e prende in considerazione l’output di monete in oricalco del periodo.

Inoltre la rifusione potrebbe aver riguardato anche monete provinciali ed assi, il che complica il discorso.

Non provo neanche a rissumere la sua trattazione.

Luigi

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Molto interessante.

Può essere che la diversa proporzione di zinco nella lega determini anche un diverso colore del sesterzio?? E' osservazione comune che è molto più facile trovare un sesterzio verde tra le monete degli imperatori del II e III secolo piuttosto che tra quelli del I secolo. Che il maggior contenuto di zinco dia maggiore stabilità alla lega e quindi determini una minore propensione a formare patine variopinte???

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Lo studio che vorrei cercare di portare avanti riguarda proprio quanto hai scritto; dallo studio condotto dall'Ing. Ferretti su più di 100 sesterzi rinvenuti in un unico ripostiglio, sembrerebbe chiaro come la colorazione delle patine dipenda dal contenuto della lega e non dal terreno di giacitura (come generalmente si è sempre sostenuto). Ad esempio è emerso che le monete ad alto contenuto di piombo presentano in patina delle venature giallo ocra mentre le leghe più omogenee con un contenuto superiore di zinco (e basso contenuto di stagno) presentano un apatina più uniforme e bella (priva di porosità). Dunque sarebbe interessante approfondire questi studi dal momento che forse potrebbe essere possibile determinare la bontà di una patina anche semplicemente in funzione del periodo di emissione e della lega che si presume possa essere stata utilizzata per la sua produzione. Automaticamente potremo capire come una serie di bronzi di modulo, tipologia, periodo storico e provenienza diversa, non possono avere la medesima patina e potrebbe farci pensare a delle patine fasulle...;)

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Lo studio che vorrei cercare di portare avanti riguarda proprio quanto hai scritto; dallo studio condotto dall'Ing. Ferretti su più di 100 sesterzi rinvenuti in un unico ripostiglio, sembrerebbe chiaro come la colorazione delle patine dipenda dal contenuto della lega e non dal terreno di giacitura (come generalmente si è sempre sostenuto).

Mi risulta difficile credere che l'ambiente non influenzi struttura e composizione di una patina; nel caso in questione le condizioni chimico fisiche del terreno rappresentano grossomodo una costante e quindi non può essere una variabile da studiare. E' del tutto lecito aspettarsi che leghe diverse formino patine diverse.

Il confronto andrebbe fatto prendendo in considerazione anche un'altro gruppo (o altri gruppi) di sesterzi coevi al ripostiglio studiato da Ferretti (o se vogliamo con la medesima varietà di leghe), ma rinvenuto (i) in condizioni ambientali diverse. Solo in questo modo, a mio avviso, si puo impostare una analisi multivariata e vedere se i dati clusterizzano o meno in rapporto al tipo terreno e non solo in rapporto alla composizione.

Progettare una sperimentazione è una fase critica; se non eseguita correttamente si rischia di ottenere tanti dati, ma ininfluenti per verificare quello che si vuole dimostrare.

Luigi

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Mi risulta difficile credere che l'ambiente non influenzi struttura e composizione di una patina; nel caso in questione le condizioni chimico fisiche del terreno rappresentano grossomodo una costante e quindi non può essere una variabile da studiare. E' del tutto lecito aspettarsi che leghe diverse formino patine diverse.

Il confronto andrebbe fatto prendendo in considerazione anche un'altro gruppo (o altri gruppi) di sesterzi coevi al ripostiglio studiato da Ferretti (o se vogliamo con la medesima varietà di leghe), ma rinvenuto (i) in condizioni ambientali diverse. Solo in questo modo, a mio avviso, si puo impostare una analisi multivariata e vedere se i dati clusterizzano o meno in rapporto al tipo terreno e non solo in rapporto alla composizione.

Progettare una sperimentazione è una fase critica; se non eseguita correttamente si rischia di ottenere tanti dati, ma ininfluenti per verificare quello che si vuole dimostrare.

Luigi

Indubbiamente il terreno e il clima hanno la loro influenza, basti pensare alle monete rinvenute nelle torbiere o quelle rinvenute nelle zone desertiche; certamente anche le monete studiate da Ferretti hanno subito l'influenza del terreno e delle condizioni ambientali del luogo di giacitura. Nel caso specifico le monete sono state rinvenute in un vaso integro, quindi, a parità di luogo e modalità di conservazione è stato possibile studiarne le diverse patine che si sono formate (la patina non dipende nemmeno dalla posizione all'interno del vaso). Sicuramente non è semplice fare uno studio di questo genere ma, partendo da quanto emerso dall'analisi metallografica abbinata all'immagine della moneta, si potrebbero provare a fare delle analisi su monete con patine simili per tentare di capire se effettivamente c'è una correlazione tale da prendere seriamente in considerazione l'ipotesi di fare delle analisi campione al fine di determinare, a grandi linee, la struttura delle leghe, partendo dall'esame visivo della patina...

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Sicuramente non è semplice fare uno studio di questo genere ma, partendo da quanto emerso dall'analisi metallografica abbinata all'immagine della moneta, si potrebbero provare a fare delle analisi su monete con patine simili per tentare di capire se effettivamente c'è una correlazione tale da prendere seriamente in considerazione l'ipotesi di fare delle analisi campione al fine di determinare, a grandi linee, la struttura delle leghe, partendo dall'esame visivo della patina...

Come puoi affermare che la lega A, che nelle condizioni del ripostiglio in oggetto da una patina X, la dia uguale o diversa in altre condizioni non verificabili sperimentalmente?

Come puoi affermare che la lega B, diversa da A, in condizioni diverse da quelle del ripostiglio in oggetto, non possa dare una patina uguale, senza avere la possibilità di verificarlo sperimentalmente?

Con un unico ripostiglio puoi solo verificare se composizioni diverse danno patine diverse e composizioni simili hanno prodotto patine simili, ma non è possibile estrapolare i dati ad altre condizioni ambientali e quindi è impossibile "determinare, a grandi linee, la struttura delle leghe, partendo dall'esame visivo della patina..." a meno che non si ammetta che le condizioni ambientali non abbiano influenza (ma vorrei dati sperimentali a riprova di ciò).

Luigi

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Come puoi affermare che la lega A, che nelle condizioni del ripostiglio in oggetto da una patina X, la dia uguale o diversa in altre condizioni non verificabili sperimentalmente?

Come puoi affermare che la lega B, diversa da A, in condizioni diverse da quelle del ripostiglio in oggetto, non possa dare una patina uguale, senza avere la possibilità di verificarlo sperimentalmente?

Con un unico ripostiglio puoi solo verificare se composizioni diverse danno patine diverse e composizioni simili hanno prodotto patine simili, ma non è possibile estrapolare i dati ad altre condizioni ambientali e quindi è impossibile "determinare, a grandi linee, la struttura delle leghe, partendo dall'esame visivo della patina..." a meno che non si ammetta che le condizioni ambientali non abbiano influenza (ma vorrei dati sperimentali a riprova di ciò).

Luigi

Luigi, io non voglio affermare nulla, non ho alcuna base per poterlo afre, stò cercando di ipotizzare quali dati si potrebbero estrapolare e quale uso se ne potrebbe fare. Se analizzassimo 100 monete, provenienti da tanti distinti ritrovamenti, che visivamente presentano una patina molto simile, ad esempio un bel verde smeraldo a smalto, per scoprire che hanno una composizione molto simile, non potremmo ipotizzare che quel tipo di lega con quelle determinate percentuali, può formare quel tipo di patina (certamente la medesima lega in ambiente diverso potrà formarne un'altra)?

Chiaro che se dall'analisi dovessero emergere leghe molto diverse allora tutto il mio discorso non avrebbe più alcun senso. Ti risulta che un'analisi del genere sia già stata fatta?

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...... se analizzassimo 100 monete, provenienti da tanti distinti ritrovamenti, che visivamente presentano una patina molto simile, ad esempio un bel verde smeraldo a smalto, per scoprire che hanno una composizione molto simile, non potremmo ipotizzare che quel tipo di lega con quelle determinate percentuali, può formare quel tipo di patina (certamente la medesima lega in ambiente diverso potrà formarne un'altra)?

Veramente fino ad ora si era parlato di un unico ripostiglio e la mia obbiezione era legata a questo aspetto.

Se le monete provengono da condizioni di terreno diverse, amio avviso, il discorso cambia; non ripeto quanto ho già scritto, ma sostanzialmente se lo scopo del lavoro è: patine uguali > composizone uguale, credo che occorrano dati di più ritrovamenti.

Aggiungo un altra motivo di scetticismo: conosciamo le condizioni dell'ambiente al momento del ritrovamento, ma ci ci garantisce che per 2000 anni siano state le medesime?

Non voglio fare una critica a priori della tua ipotesi di studio; sto solo cercando di mettermi nei panni di un referee.

Luigi

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