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Francesco Foscari e le sue monete


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IL DUCATO

 

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Ducato. Oro, ⚖ g. 3,5 ø mm. 20

D/ — S. Marco porge il vessillo al doge FRAC • FOSCARI; lungo l’asta DVX, dietro il Santo • S • M • VENETI

R/ — Il Redentore benedicente in un’aureola elittica cosparsa di stelle, quattro a sinistra . cinque a destra • SIT • T • XPE • DAT • Q • TV • REGIS • ISTE • DVCAT’•

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Varianti:

Nel D/ FRAC • FVSCARI •

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DIFFERENZIAZIONI STILISTICHE e VARIANTI:

 

IL DRITTO

 

Nota: Ritengo che talune di queste differenze, non siano propriamente legate ad un passaggio di stile, ma alla personale capacità o incapacità della persona che preparava i punzoni e i conii.

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L'area interna del vessillo può venir rappresentata da : globetti o quadrati, pseudo figure, croce.

Due, uno, nessun punto nella veste del santo. Il punto può comparire nelle aree limitrofe a S. Marco.

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La veste dogale che oltre a variare stilisticamente può essere sovrapposta all'asta retta dai personaggi nel campo.

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Sul capo del Cristo può comparire quella che reputo la stilizzazione di un sole con raggi, una sorta di luce/aurea emanata dalla divinità presente nel Salvatore.

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(F) punto posto sopra la lettera “F”

(F) punto posto sotto la lettera “F”

(*) la lettera I è inglobata nell'abito del santo.

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IL ROVESCIO

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  • Tra i piedi e sul corpo del Redentore

  • A causa del riempimento di scorie nel conio possono mancare una o più stelle  nella “mandorla”.

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  • Nella “mandorla” le stelle posso avere forme differenti..

  • L'aureola è collegaata al capo del Redentore per mezzo di raggi che possono essere lineari o decorati con globetti.

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DIFFERENZIAZIONI

generali:

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  • Posizione nel campo del corpo del Doge;

  • Lo stile generale della moneta, più rozzo, più grossolano.

 

VARIETA' EPIGRAFICA comune ad entrambi i lati: lettere “S”, “R”, “A”, “E”.

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IL GROSSONE DA 8 SOLDI

 

 

1428

Venezia, in tutti i territori conquistati di Terraferma, tende a sostituire progressivamente la moneta circolante locale con moneta della propria zecca, infatti ad ogni conquista il Senato emette prima una tabella che definisce il cambio forzoso tra la vecchia moneta circolante e la lira di conto veneziana, concedendo ai detentori alcuni mesi per disfarsi del vecchio circolante prima del bando in seguito al quale esso perde qualsiasi valore legale.

 

Ad un anno dal definitivo trattato di pace tra Venezia e Milano, nel 1429, si datano le prime nuove emissioni per i territori conquistati. Nell’estate del 1429 Filippo Maria Visconti inonda mezza Italia, anche le terre soggette a Venezia, con nuove monete, dello stesso valore di conto delle monete veneziane, ma di lega inferiore, le monete milanesi «cacciarono» la buona moneta veneziana. La preoccupazione dei veneziani è di fare sì che la propria moneta predomini in tutte le terre soggette, «pro honore nostro». A questo scopo il 9 luglio si ordina la coniazione di due nuovi pezzi d’argento e uno di mistura: il grossone (del valore di 2 grossetti o 8 soldi veneziani), un mezzo grosso (del valore di 2 soldi veneziani) e un piccolo (del valore di 6 denari veneziani). Nell'agosto dello stesso anno poi si decide di bandire dalla circolazione nelle terre soggette le «monede cative e doloroxe» milanesi. In questo periodo la zecca veneziana viene chiamata a produrre i più alti introiti possibili per poter contribuire con essi alle casse di guerra.

Il grossone è emesso con un titolo legale di 0,952 subisce, successivamente, un calo ponderale ed il suo titolo viene portato a 0,948 (La parità argentea della moneta veneziana passa, dal 1429, anno di introduzione del grossone, al 1472, riforma di Nicolò Tron, da g. 7.289 di argento puro per lira a g. 6,180 per lira).

All’inizio del maggio 1472 si riduce del 40% il valore legale dei grossoni genuini perché molto tosati; e si finisce poi per bandire addirittura la moneta dalla circolazione e richiamarla alla zecca per valutarla solo al peso dell’intrinseco.

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Grossone da 8 soldi g. 2,6-3,9 ø mm. 26

D/ ·FRANCISCVS·FOSCARI·DVX·

Il doge in piedi, verso sinistra, tiene con le mani un'asta con il vessillo

R/ +·SANCTVS·MARCVS·VENETI·

S. Marco frontale, con il vangelo nella mano sinistra e con la destra benedicente.

Varianti:

D/ — Il doge in ginocchio, volto a sinistra, tiene con le mani l’asta di un orifiamma, la cui banderuola, volta a destra, divide l’iscrizione. Il diametro della moneta è minore e manca il cerchio di perline; FRANCISCVS • FOSCARI.... VX •

R/—S. Marco di fronte, come sopra, manca il cerchio di perline;

...SANCTVS·MARCVS·VENETI...

L’esemplare del Museo Correr, unico esemplare fino ad oggi conosciuto, è bucato, per cui il peso è di grammi 2,846, grani veneti 55;

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Grossone da 8 soldi g. 2,49 ø mm. 25

D/ FRANCI...S·FOSCARI·DVX

Il busto del doge , verso sinistra, tiene con le mani un'asta con il vessillo

R/ +·SANCT...ENETI·

S. Marco frontale, con il vangelo nella mano sinistra e con la destra benedicente.

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R/ +·SANCTVS·MARCVS·VENETI·

S. Marco frontale, con il vangelo, senza borchie, nella mano sinistra e con la destra benedicente.

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DIFFERENZIAZIONI STILISTICHE

 

Sia al dritto che al rovescio la lettera N” può essere speculare.

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In alcuni tondelli il busto di S. Marco risulta in uno stile differente e la sua mano destra risulta maggiormente piegata verso l'esterno.

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Mancanza, pobabilmente per riempimento del conio, di uno o più elementi nei caratteri della leggenda

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IL FENOMENO DELLA TOSATURA

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Probabilmente i grossoni, che circolano anche in territorio veneto con il valore di 8 soldi, diventano 'moneta buona' del mercato dopo i numerosi svilimenti del denaro piccolo attuati nella seconda metà del secolo, al punto da dover essere tosati per mantenere il loro valore di conto. Fino a che la moneta mantiene la differenza legale fra valore nominale e contenuto intrinseco, la tosatura è semplicemente una truffa e la autorità ogni volta che ne individuano qualcuna intervengono e la demonetizzano; quando il suo valore nominale si svaluta al punto da finire sotto il valore intrinseco, la tosatura per i privati diventava una necessità, e l'unica risposta possibile da parte delle autorità è la demonetizzazione di quel nominale, la sua sostituzione con una moneta più 'leggera' e l'accettazione delle vecchie monete, tosate o meno non ha importanza, come bolzone, cioè come metallo a peso per acquistare le nuove monete leggere, magari cercando di guadagnarci ancora qualcosa. Però questa scelta di scuola presenta un rischio, quello di veder molti privati preferire portare le loro monete presso un' altra zecca straniera, che magari paga meglio il bolzone.

In taluni casi poteva capitare l'autorizzazione anche alle vecchie monete tosate di poter ancora circolare, purché non sotto un certo peso. In questo caso può anche succedere che una moneta a suo tempo demonetizzata e quindi bucata o piegata possa tornare di nuovo ufficialmente in circolazione, se rispetta il nuovo peso 'legale'. Naturalmente quando queste monete arrivavano allo stato vengono fuse per farne tondelli delle nuove monete più leggere, perché sicuramente il peso tollerato dalla legge è tale da consentire questa operazione senza perdite (anzi con un qualche guadagno per la zecca). (A. Saccocci, forum “Lamoneta”)

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  • IL GROSSETTO

 

 

 

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Grosso o Grossetto; Argento ⚖ g. 1,1-1,5 ø mm. 18-22

D/ S. Marco porge il vessillo al doge FRA • FOSCARI, lungo l’asta DVX, a destra • S • M • VENETI • nel campo, tra le figure e l’iscrizione, lo iniziali del massaro.

R/ Il Redentore in trono + TIBI LAVS 7 • GLORIA

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Varianti:

D/ FRAC • FOSCARI


grammi 1,600, legge 6 febbraio 1420-21;

grammi 1,538, legge 9 luglio 1429

grammi 1.402, legge 22 gennaio 1443-44.

 

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...solo col suo nome si improntano le monete…”

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IL CASO DEL GROSSO

 

Nel 1192 vediamo nascere la “Promissione ducale” sottoscritta e giurata dal Doge Jacopo Tiepolo; strumento che poneva precisi confini alla sua autorità. Da quel momento il Doge, spogliato di quasi tutti i poteri e fortemente limitato in qualsiasi libertà d’azione da norme sempre più stringenti, sarà considerato solamente il portavoce della superiore volontà assembleare dello Stato e la sua persona rivestirà il mero e precipuo compito di impersonificare la Repubblica.

Esistono esemplari di grosso a nome di Antonio Venier (1382-1400) che, pur ascrivibili al III° tipo, hanno la raffigurazione del viso del Doge molto differente da quella solitamente presente; è un viso molto realistico, con tanto di barba, a quanto pare il Senato giudicò tollerabile il solo uso di questo punzone nel contesto immobilizzato del grosso. Il prof. Stahl, sulla base dello studio dei conii da lui fatto, giudica che il ritratto del Doge compaia nel 30% dei casi.

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Dopo qualche tempo, ma già sotto questo doge, i punzoni cominciarono a divenire stereotipati, mantenendo soltanto la barba come segno distintivo, ma senza essere particolarmente fedeli riguardo alle fattezze del doge; probabilmente i nuovi punzoni copiavano i precedenti; non ritornando quindi a modellarli sulla base del ritratto originale del doge, con tutte le conseguenze del caso. Così la barba venne mantenuta anche nella raffigurazione del grosso del doge successivo, Michele Steno (1400-1414), ma senza nessun rapporto con le fattezze originali del nuovo Doge.

Con la svalutazione del 1404, la raffigurazione con barba venne abbandonata per ritornare all’immagine di un doge glabro.

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Le cose, sembrano, non variare col doge successivo, Tommaso Mocenigo (1414-1423), nella quale l'immagine appare glabra.

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Con Francesco Foscari, il cui dogato dura più di 34 anni, si assiste alla ricomparsa, accanto a grossi “glabri” di alcuni esemplari dove i punzoni sembrano modellati sulle fattezze realistiche del doge. Il volto, con l'avanzare dell'età del doge, si fa sempre più magro e rugoso, si passa dal ritratto di un uomo ancora giovanile ad uno più maturo, per arrivare infine ad uno più invecchiato. Probabilmente proprio il Doge.

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IL CASO DEL DUCATO

 

Nel ducato veneziano, spesso, i visi dei personaggi erano dei punzoni a se stanti; un particolare tondello di Francesco Foscari ci rivela questa tecnica: in esso si può chiaramente vedere che il collo di San Marco è stato impresso scostato dal busto. Ricordiamo anche quanto scrive Marin Sanudo nei suoi “Diarii” : “...Le stampe erano fate, manchava le letere e la testa a far, e le monede batude, né mancava si non stampar...” .

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Perché attendere l’elezione del Doge per stampare oltre alle “letere” del suo nome anche la “testa”? Certo non è un vero ritratto e tale eventualità è da considerarsi limitata a pochi dettagli e per pochi Dogi; ma in qualche modo la fisionomia dell’eletto doveva essere in qualche modo “ricordata”; un viso più affilato o grassoccio, una barba lunga piuttosto che un viso senza, dovevano essere peculiarità salvaguardate, pur non rinunciando a quell’anonimato formale del Doge al quale la Serenissima, in generale, derogò pochissimo.

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Come nel caso del grosso, anche sul ducato il volto, con l'avanzare dell'età del doge, si fa sempre più magro e rugoso, si passa dal ritratto di un uomo ancora giovanile ad uno più maturo, per arrivare infine ad uno più invecchiato.

 

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