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Monete suoi millesimi e Avvenimenti


Litra68

Risposte migliori

36 minuti fa, giuseppe ballauri dice:

Conio veramente stupendo. Guardate la maestria dell'incisore nel ricreare il pizzo della veste! Chi era l'artista ? 

 

Opus: Anton Franz Widemann

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Buon pomeriggio a tutti, ho sentito parlare di Tarì nei precedenti post, allora prendo spunto per presentarvi il mio Propago Imperii 1716 Collezione Litra68. Riporto note storiche di quell'anno e una interessante testimonianza di Fede nella Madonna. Spero di non aver fatto torto a nessuno per le notizie prese da fonte Web. 

NAPOLI - CARLO VI (II° per.1707-1734) TARI' 1716 - D/Busti affiancati di Carlo VI ed Elisabetta R/Figura muliebre in piedi PROPAGO IMPERI  Magliocca 94.

 

Carlo Francesco Giuseppe Venceslao Baldassarre Giovanni Antonio Ignazio era il figlio secondogenito di Leopoldo I e della sua terza moglie, Eleonora del Palatinato-Neuburg. Nacque il 1º ottobre 1685 e suo tutore sin dalla giovane età fu il principe Antonio Floriano di Liechtenstein.

A seguito della morte di Carlo II di Spagna nel 1700 senza eredi validi a succedergli, Carlo si autoproclamò re di Spagna in quanto anch'egli era membro della famiglia Asburgo. Questo fatto portò alla Guerra di Successione spagnola in quanto Luigi XIV di Francia aveva proposto quale candidato per quel trono il nipote Filippo d'Angiò, il quale da testamento era stato anche designato erede di quella corona dallo stesso Carlo II il quale non voleva che la Spagna perdesse la propria indipendenza venendo riunita ai domini imperiali. Portogallo, Inghilterra, Scozia, Irlanda e gran parte del Sacro Romano Impero appoggiarono la candidatura di Carlo al trono spagnolo.Acclamato nel 1703 a Vienna come "Carlo III di Spagna", giunse in Spagna solo nel 1704 rimanendovi per i sette anni successivi.

Nel 1713, a seguito del trattato di Utrecht, divenne Re di Napoli, ottenne lo Stato di Milano, il regno di Sardegna e il Ducato di Mantova e successivamente, nel 1720 (trattato dell'Aia) re di Sicilia. Mantenne entrambe le corone fino alla battaglia di Bitonto, nel 1734, quando le truppe spagnole, guidate da Carlo di Borbone, sconfiggendo l'esercito austriaco posero a capo dei due regni di Napoli e di Sicilia la dinastia dei Borbone, che, per la prima volta dal tempo dei sovrani aragonesi, assicurò la corona del Mezzogiorno ad un sovrano non contemporaneamente a capo di un regno esterno. Nel frattempo, con il Trattato di Vienna del 1731, aveva riconosciuto i diritti sul Ducato di Parma a Carlo di Borbone e Farnese.

Tra il 1716 e il 1718, inoltre, combatté contro i Turchi riuscendo ad ottenere gran parte della Valacchia e della Serbia che vennero annesse al Regno d'Ungheria. Gran parte di questi territori vennero però persi al termine della Guerra russo-turca nel quale venne coinvolto nel 1737. Nel 1722 Carlo VI fondò la Compagnia di Ostenda per aumentare e organizzare i traffici commerciali dell'Austria nelle Indie Orientali e nelle Indie Occidentali oltre che in Africa. La compagnia doveva organizzare operazioni commerciali che venivano parzialmente finanziate dal Sacro Romano Impero, il quale incamerava ogni anno dal 3 al 6% del ricavato. Come era ovvio aspettarsi, la compagnia divenne impopolare presso inglesi e olandesi che avevano simili compagnie che solcavano gli oceani verso Asia e America. Carlo VI dovette quindi sciogliere la Compagna di Ostenda nel 1731 sulla base del Trattato di Vienna in cambio del riconoscimento della Prammatica Sanzione da parte del Regno Unito.

La Francia continuava ad essere ostile alla politica imperiale e tentava di espandersi in direzione della Germania. Nel 1733 la presenza del trono polacco vacante fu l'occasione per dichiarare guerra all'Austria. Il Sacro Romano Impero e la Russia erano infatti favorevoli all'elezione del principe elettore Federico Augusto II di Sassonia (nipote di Carlo VI per matrimonio), mentre Francia, Spagna e Sardegna proponevano come candidato il polacco Stanislao Leszczynski. Quando lo scontro divenne palese, le truppe francesi occuparono Milano e poi tutta la Lombardia giungendo sino a Mantova, mentre le forze spagnole presero possesso dei regni di Napoli e Sicilia; d'altra parte, sulle rive del Reno, passarono alla Francia le città di Philippsburg e il ducato di Lorena. Sentendosi attaccato su più fronti, Carlo VI siglò un accordo preliminare a Vienna nel 1735 (la pace verrà conclusa solo nel 1738) con il quale acquistò il Ducato di Parma e Piacenza dai Borbone, sacrificando però i regni di Napoli e Sicilia. La Lorena che venne affidata a Stanislao Leszczynski il quale da contratto aveva l'obbligo dopo la sua morte di passarla alla Francia. Carlo VI ottenne quindi che il Leszczynski non salisse sul trono polacco, il quale fu invece occupato da Federico Augusto di Sassonia che divenne re col nome di Augusto III. Carlo VI ottenne la compensazione della perdita della Lorena con la cessione del Granducato di Toscana che passò a Francesco Stefano di Lorena il quale poi sarà suo successore alla corona imperiale come marito di sua figlia Maria Teresa.

Sposatosi con Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbüttel, ne ebbe due figlie, Maria Teresa e Maria Anna (l'unico maschio, Leopold Johann, era morto a soli sette mesi nel 1716; un'altra figlia, Maria Amalia, nata nel 1724, era morta nel 1730). Nel 1713 tuttavia Carlo VI aveva promulgato la Prammatica Sanzione, con la quale stabiliva che il regno non potesse essere diviso alla sua morte e correggeva quanto stabilito il 12 settembre 1703 dall'imperatore Leopoldo I con il Pactum Mutuae Successionis a proposito della successione in caso di soli eredi di sesso femminile. Carlo VI morì il 20 ottobre 1740 alla Neue Favorita di Vienna. La sua morte venne causata da dei funghi che aveva mangiato della specie Amanita phalloides.

Nonostante gli sforzi da lui compiuti per far accettare dalle altre potenze il documento, scoppiò la guerra di successione austriaca, conclusasi solo nel 1748 con la definitiva ratifica della successione di Maria Teresa quale regina d'Ungheria e Boemia ed arciduchessa d'Austria; tuttavia, non fu eletta, in quanto donna, imperatrice del Sacro Romano Impero: al suo posto fu incoronato Carlo Alberto di Wittelsbach, col nome di Carlo VII. Alla morte di questi, però, il marito di Maria Teresa, Francesco Stefano di Lorena, assunse il titolo di imperatore, assicurando il mantenimento del titolo imperiale alla Casa d'Asburgo. All'epoca della sua morte, le terre degli Asburgo erano sature di debiti: il tesoro imperiale conteneva meno di 100.000 fiorini e la diserzione di molti soldati dall'esercito aveva portato ad una scarsa forza militare. Probabilmente in conseguenza dei suoi anni spagnoli, Carlo VI introdusse il cerimoniale di corte spagnolo (Spanisches Hofzeremoniell) a Vienna; tra le sue realizzazioni architettoniche per la capitale la Reichskanzlei e la Biblioteca Nazionale, in stile barocco.

Carlo VI fu allievo, da ragazzo, del compositore Johann Joseph Fux: si dilettava in composizione, suonava il clavicembalo e, di tanto in tanto, dirigeva l'orchestra di corte. Ebbe contatti col celebre cantante castrato Farinelli. Lasciò una sua autobiografia Commenti sulla propria vita che venne pubblicata per la prima volta a Bruxelles nel 1862.

Ora veniamo a quello che si ritiene un Miracolo

Anno 1716. La minaccia dei Turchi incombe sulla Serenissima. Il 4 agosto a Pellestrina, isola di pescatori davanti alla laguna, la Madonna appare ad un ragazzino e gli chiede di dire al parroco di celebrare delle messe per le anime del purgatorio, se volevano aver vittoria…

 

Natalino Scarpa di Zuanne detto il Muto quel mattino se ne andava per i fatti suoi. Lì, lungo la strada di casette colorate che costeggiano il mare, tra le reti e le barche. Il passo svelto del ragazzino svicolava distratto in mezzo a quel pugno di viuzze e di certo non avrebbe fatto caso a quella vecchia donna accanto alla chiesetta dei Santi Vito e Modesto se questa non lo avesse chiamato, facendogli cenno con la mano di avvicinarsi.
Quel giorno era un martedì. Un martedì come tanti in questa striscia di terra che s’affaccia sulla laguna veneziana. Un martedì feriale da sbrigarsi come sempre tra le reti e la pesca. Non fosse stato per quella guerra che ora incombeva sulla Repubblica di Venezia, tutto procedeva come al solito fra i pescatori dell’isola lagunare.
Quel giorno, quella donna anziana chiamò Natalino e tirandolo a sé per un braccio gli disse: «Vien qua fio. Va dal pievàn e dighe ch’el faza celebrar delle messe per l’aneme del purgatorio, se volemo aver vittoria. Portame la resposta, e tel digo a ti perché ti xe degno». Il ragazzino annuì con la testa e fece proprio come la donna gli aveva detto. Andò dal pievàn, il parroco, e riferì il tutto.
Pellestrina, 4 agosto 1716. Così andarono i fatti di una delle più singolari apparizioni mariane dell’epoca moderna. A questa apparizione è legata la fine della secolare minaccia turca in Europa e l’inizio di una lunga stagione di pace per la Repubblica veneziana. Il 5 agosto 1716, infatti, l’esercito dell’Impero ottomano venne sopraffatto nella battaglia di Petervardino sul Danubio, in Serbia, Belgrado fu riconquistata e conseguentemente fu recuperata all’area di influenza occidentale questa parte impoýtante dei Balcani. Tredici giorni più tardi, il 18 agosto, la flotta turca, forte di trentamila uomini, che aveva sferrato l’attacco decisivo alla potenza marittima di Venezia per la conquista dell’Adriatico, venne sconfitta a Corfù. Un improvviso temporale disperse le navi del Gran Visir ottomano e l’esiguo numero di uomini della Serenissima, sfiancati dal lungo conflitto, poterono inaspettatamente avere la meglio sulle superiori forze turche. La secolare belligeranza, che nel corso del Seicento era costata, soprattutto al Dogado veneto, gravi perdite e vessazioni alla popolazione, si era così definitivamente conclusa e le autorità civili della Repubblica non tardarono a mettere in relazione la duplice vittoria sui due fronti di terra e di mare, e quindi la risoluzione della guerra, con i fatti di Pellestrina.
Quanto all’autenticità dell’apparizione e ai prodigi miracolosi che l’accompagnarono, non sembra ci sia molto da discutere, dal momento che esistono precise testimonianze, un regolare processo canonico e una chiara sentenza di approvazione e di solenne conferma dell’origine soprannaturale di quei fatti da parte dell’autorità ecclesiastica. Proprio di recente sono stati ritrovati, nell’archivio diocesano di Chioggia, i documenti originali relativi al caso.

«Certo oggi si potrebbe pensare che questa apparizione non sia politicamente corretta» dice sorridendo don Paolo. «Ma la richiesta di Maria è stata semplicissima: chiese solamente delle messe in cambio della pace. Così poco, in un certo senso immediato, per così tanto. Una semplicissima serie di messe, di cui non specifica neanche il numero e per solo diciassette lire e mezza». di Stefania Falasca. 

 

Saluti 

Alberto 

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Vi porto verso est, sperando di fare cosa gradita posto anche qui la scheda che ho preparato per la discussione sui "Rubli di Ferro" in monete estere
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1 Rublo 1924

Zecca: Leningrado

Tiratura: 12.998.000 esemplari

Metallo: Argento 900

Peso: 20 g

Diametro: 33.5 mm

Spessore: 2.6 mm

Referenze WCK: Y# 90.1, Y# 90.2

D/
In alto, al centro, vi è lo stemma dell’URSS come formalizzato nella Costituzione del ’24, “Lo stemma si compone di una falce e di un martello sul globo terrestre disegnato nei raggi del sole e incorniciato di spighe. Al di sopra dello stemma vi è una stella a cinque punte.”
Lo stemma taglia in due la sigla in cirillico "CCCP" (in caratteri latini "SSSR") formata dalle iniziali del nome ufficiale dello Stato. In basso, il valore in caratteri cirillici “Un Rublo" (ОДИН РУБЛЬ), e lungo il bordo perlato il motto marxista "Proletari di tutti i paesi, Unitevi!" (ПРОЛЕТАРИИ ВСЕХ СТРАН, СОЕДИНЯЙТЕСЬ!). Bordo perlinato.
 

R/
Il rovescio è dominato dalla figura di un lavoratore con in mano due arnesi, sullo sfondo una fattoria agricola, alla sinistra un giovane rivoluzionario che tenendogli un braccio sulla spalla punta il dito al futuro e gli mostra "Il sol dell'avvenir" che sta sorgendo da un monte, ai piedi un edificio industriale.
Il giovane proletario sta dicendo al vecchio lavoratore che la futura grandezza dell'URSS verrà attraverso l'industrializzazione.
In esergo, la data “1924г” con vicino l’iniziale della parola russa “anno”. Bordo perlinato.

C/ In incuso, il peso e le iniziali russe di P. V. Latishev, direttore della zecca di Leningrado, e la dicitura “Argento Puro 18gr.” (ЧИСТОГО СЕРЕБРА 18 ГРАММ)


Storia della moneta

Dopo il consolidamento del potere di Joseph Stalin in seguito alla morte di Lenin, nel 1924 l’URSS lanciò una terza riforma monetaria introducendo il Rublo "oro" per un valore di 50.000 vecchi rubli. Con questa importante riforma il Rublo veniva collegato allo Chervonets “oro” (10 Rubli) e si poneva così fine all'iperinflazione dei primi anni post rivoluzionari, la carta moneta fu emessa in rubli per valori inferiori a 10 rubli e in Chervonets per le denominazioni più alte.

Si tratta della prima moneta coniata in nome dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, era stata preceduta dalla serie 10, 15, 20 e 50 copechi e 1 rublo tutte in argento 1921-1923 che portavano invece l'emblema e le leggende della RSFSR (Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa).

Questa moneta nota come “Rublo dei lavoratori” assieme alla moneta da 1 poltinnik (½ Rublo) e la moneta in oro da 10 Chervonets rappresenta appieno lo stile artistico che nasceva in quegli anni in URSS, il Realismo socialista.
Furono introdotte le monete di rame nei tagli da ½, 1, 2, 3 e 5 copechi, insieme a dei nuovi copechi d'argento nei tagli da 10, 15 e 20, che andarono ad affiancare le monete della RSFSR che continuavano ad avere corso legale, le monete di questo periodo furono emesse nelle stesse dimensioni e peso delle monete utilizzate durante il periodo zarista.

Come facilmente immaginabile le monete in argento venivano subito tesaurizzate e sparivano dalla circolazione poco dopo essere state distribuite, l’argento stava diventando troppo costoso da utilizzare e gran parte doveva essere importato, nel 1930 la carenza di monete divenne acuta e le autorità sovietiche accusarono gli "accaparratori" e gli "speculatori di cambio" di essere i responsabili delle carenze, furono prese misure confiscatorie e nel 1931 furono definitivamente ritirate dalla circolazione e sostituite dalla nuova serie divisionale in cupronichel, da quel momento il solo possesso costituiva reato.
 

 

 Correva l’anno 1924, anno cruciale nella storia dell’Unione Sovietica.

21 Gennaio: a Gorky muore Lenin pseudonimo di Vladimir Il'ič Ul'janov, uomo politico, organizzatore del partito comunista (frazione bolscevica), capo della rivoluzione di ottobre del 1917, primo presidente dell'Unione delle repubbliche socialiste sovietiche. Servì come primo ministro della Repubblica russa dal 1917 al 1918, della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa dal 1918 al 1922 e dell'Unione Sovietica dal 1922 al 1924. Sotto la sua guida la Russia – e in seguito l'Unione Sovietica – diventò uno Stato socialista monopartitico governato dal partito comunista sovietico. Ideologicamente marxista, le sue teorie politiche sono state poi riconosciute come "leninismo". Il suo corpo verrà imbalsamato. È attualmente visibile in un Mausoleo in piena Piazza Rossa a Mosca.
Poiché i meccanismi di successione non erano stati stabiliti nelle procedure del Partito, la scomparsa del leader sollevò una feroce lotta tra fazioni. Questa "lotta per la successione" coinvolgeva principalmente due esponenti, Lev Trockij e Iosif Stalin
 

26 Gennaio: La città di Pietrogrado viene rinominata Leningrado in onore di Lenin.

31 Gennaio: Viene approvata dal II Congresso dei Soviet la Costituzione del 1924, che legittimò l'unione avvenuta nel 1922 della RSSF RussaRSS UcrainaRSS Bielorussa e RSSF Transcaucasica, viene proclamato ufficialmente il nuovo stato federale l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.
La nuova Costituzione rifletteva ancora l'atmosfera tempestosa dei primi anni e proponeva la dittatura del proletariato senza alcun addolcimento; i borghesi, gli ecclesiastici e quanti non svolgevano un “lavoro produttivo” erano esclusi dal voto, secondo il principio “Chi non lavora non mangia”.

Febbraio: la Gran Bretagna riconosce ufficialmente lo stato sovietico, seguita cinque giorni dopo dall'Italia fascista e dalla Francia, gli USA lo riconosceranno ufficialmente solo nel 1933.


7 Marzo: Per fermare l’iper-inflazione viene introdotto il “Rublo oro” per un equivalente di 50.000 vecchi rubli.

Maggio: La moglie di Lenin consegna il “Testamento di Lenin” affinché possa essere letto al XIII Congresso del Partito. Il documento fu letto ma ampiamente ignorato. Inoltre, i sostenitori di Stalin gli altri due membri della Troika, Zinoviev e Kamenev dichiararono che Stalin era cambiato e che i commenti di Lenin non erano più pertinenti.

Maggio: XIII congresso del PCUS, prende piede la tesi del socialismo in un solo Paese presentata da Stalin già al XII Congresso del 1923 in contrapposizione a quella della rivoluzione permanente di Lev Trotzkij.
Stalin partiva dal presupposto che le prospettive di una rivoluzione europea fossero fallite dopo la distruzione della Lega Spartachista adoperata dai Freikorps nel 1919 e sottolineava la necessità impellente del consolidamento della «patria del socialismo» attraverso la normalizzazione dei rapporti con gli altri Paesi capitalisti e il convogliamento di tutte le risorse economiche dei partiti comunisti occidentali in questa impresa. All'interno invece bisognava pretendere il massimo sforzo per fare di un Paese sottosviluppato uno Stato industrializzato e potente. 
Trotzkij invece sosteneva la tesi della Rivoluzione permanente, ovvero bisognava favorire l'estendersi del processo rivoluzionario nell'Occidente capitalistico, Trockij voleva esportare la rivoluzione nel mondo tramite l'Armata Rossa e i partiti comunisti degli altri Paesi fino alla vittoria globale del socialismo.

Fu uno scontro durissimo che si trascinò fino al 1927 dentro e fuori il partito, nelle piazze e sui giornali, Stalin si sbarazzò di Trotzkij (che del resto fu sempre in minoranza), fu dapprima esiliato in Kazakistan e successivamente allontanato dall'URSS. Da allora questa dottrina è stata contrastata e considerata una «deviazione» come tutto il pensiero trockijsta dalle organizzazioni di sinistra legate all'Unione Sovietica o alla Repubblica Popolare Cinese.

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Supporter

Ne aggiungo una recente.. come avevo scritto precedentemente volevo inserire anche io una moneta con la stessa età di mio figlio..

1 dollaro americano di argento da un' oncia del 1996

Anno funesto per i molti disastri aerei.

29 gennaio  Un incendio distrugge il Teatro La Fenice di Venezia.

4 febbraio – Cina: un terremoto di magnitudo 6.6 nel sud-est del paese uccide 322 persone, ne ferisce 17.000 e ne lascia 300.000 senza casa

25 marzo - Oscar: Braveheart diretto da Mel Gibson vince cinque premi Oscar; Il postino, ultimo film di Massimo Troisi vince la statuetta per la colonna sonora.

21 aprile: alle elezioni politiche in Italia vince la coalizione dell'Ulivo guidata da Romano Prodi.

20 maggio: arrestato il boss mafioso Giovanni Brusca, esecutore materiale della Strage di Capaci in cui morì il giudice Giovanni Falcone

23 giugno: il Nintendo 64 viene lanciato in Giappone.

5 luglio – Scozia: Roslin: nascita della pecora Dolly, il primo mammifero frutto di clonazione.

19 novembre: storica visita di Fidel Castroin Vaticano.

 

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Modificato da savoiardo
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Buonasera a tutti, avevo impostato la discussione su monete suoi millesimi e avvenimenti, con l'intento di postare ogni volta una moneta diversa e avvenimenti diversi, ma credo se siete d'accordo che non ci sia niente di male nel diciamo integrare un millesimo, inizio io postando una delle ultime arrivate in collezione Litra68, un bellissimo 10 Tornesi 1859 di Francesco II di Borbone. Anno particolare che vede il passaggio del potere (a seguito della morte di Ferdinando II) nelle mani di quello che sarà poi ricordato come l'ultimo Re di Napoli. Voglio ricordare  come avvenimento principale proprio il 1859 e il passaggio di consegne, e voglio riportare alcuni cenni di questa figura Storica che nella sua non proprio lunghissima vita ha vissuto 23 anni da Principe 16 mesi da Re ed il resto della sua vita 34 anni in esilio morendo al di fuori della sua patria. Riporto cenni storici reperiti da Wikipedia. 

L'ultimo re di Napoli
La morte di Ferdinando II, avvenuta il 22 maggio 1859, trova il regno delle Due Sicilie in preda agli eventi: la forza della coscienza risorgimentale, oramai matura nel regno come nel resto d'Italia, sta per travolgere i vecchi assetti, anche se finirà con lo sfociare in una nuova e spietata monarchia, quella savoiarda. In tale clima sale al trono Francesco, nato a Napoli il 16 gennaio 1836 da Ferdinando II e Maria Cristina di Savoia, nonché marito da pochi mesi della bellissima e temeraria duchessa di Baviera Maria Sofia, sorella di Sissi e cognata dell'imperatore Francesco Giuseppe.

Borbone del ramo di Napoli di quinta generazione, Francesco è a tutti gli effetti un autentico napoletano, profondamente radicato in quella terra ed animato da un intimo attaccamento alla sua gente. A soli 23 anni, dunque, diventa re. Consapevole della criticità della situazione politica, chiama subito a capo del Governo Carlo Filangieri, valido generale ed abile uomo politico vicino alla famiglia reale e con simpatie verso la Francia.

Il nuovo Primo Ministro si preoccupa subito di uscire dall'isolamento internazionale, voluto da Ferdinando II, anche perché prevede che il regno avrà a breve bisogno di alleati forti per salvaguardare la sua stessa sopravvivenza. Riallaccia dunque relazioni diplomatiche con Francia e Gran Bretagna, oltre che con il Regno di Sardegna (alleato della Francia), ma quando presenta al re la proposta di alleanza con la Francia, Francesco II la rigetta decisamente, riluttante all'idea di abbandonare il vecchio alleato austriaco che per due volte, in passato, aveva salvato il regno, oltre alla stretta parentela che lo lega alla famiglia imperiale. E' questo l'atto che sancirà la catastrofe.

Nel marzo 1860 il Primo Ministro si dimette. Nei primi di aprile scoppiano tumulti a Palermo. Il 14 maggio Giuseppe Garibaldi, nella spedizione ordita da Mazzini e Crispi ed assecondata da Cavour e dal re di Sardegna, sbarca a Marsala ed il 27 entra a Palermo, dopo aver vinto le prime resistenze dell'esercito regio. Allora Filangieri torna ad insistere con il re per una richiesta di aiuto alla Francia di Napoleone III, e questa volta Francesco II acconsente ma, come si vedrà, è ormai troppo tardi.

A fine luglio la Sicilia è interamente in mano a Garibaldi, che riprende la sua marcia su per la penisola fino allo scontro decisivo, il giorno 1 ottobre, sul Volturno, dove l'esercito borbonico viene sconfitto e ripiega su Gaeta, insieme alla coppia reale. La resistenza di Gaeta, assediata, è strenua e riesce a durare fino alla metà di febbraio, quando le residue truppe borboniche capitolano. Il sovrano e la regina si trasferiscono in esilio a Roma nel palazzo Farnese ereditato dagli avi Borbone, ospiti politici oltre che personali di Pio IX. Le ultime sacche di resistenza, a Messina e Civitella, vengono neutralizzate di lì a poco. Molti ex-soldati borbonici, sbandati, si danno alla macchia, unendosi a bande di briganti. Ad essi si aggiungeranno, successivamente, tantissimi altri giovani renitenti alla leva piemontese.

Si formano così piccoli eserciti sparsi per i boschi di tutto il Meridione che avviano una lunga serie di guerriglie dando vita alla storia del brigantaggio di quegli anni, fatta di atrocità e massacri da ambo le parti. Questa fase della storia d'Italia rimane controversa ed oggetto di copiosa letteratura revisionista, tutta accentrata intorno alla questione se il "brigante" fosse in realtà un patriota piuttosto che un malfattore, come fu sempre descritto dai vincitori di quella guerra.

Da Roma Francesco II entra in connubio con essi fomentandoli e favorendone l'azione, nella mai sopita speranza di recuperare il regno. Compiuta l'unità d'Italia con l'occupazione piemontese dello Stato Pontificio, nel 1870 Francesco e Maria Sofia si trasferiscono a Parigi, in una villetta da loro acquistata in Saint Mandé. Nell'autunno del 1894 Francesco, che soggiorna nella località termale di Arco, in quel di Trento, in territorio austriaco, già sofferente si aggrava. Subito raggiunto da Maria Sofia, dopo pochi giorni, il 27 dicembre 1894, muore l'ultimo re di Napoli, a soli 58 anni.

La sua "napoletanità", che comporta altresì una filosofia di vita del tutto contrapposta alla cultura del potere e della guerra, aveva indotto i suoi stessi sudditi a riferirsi a lui confidenzialmente e affabilmente con il nomignolo di "Franceschiello": un nomignolo del quale si sono poi impossessate le cronache post-unitarie facendone discendere una figura superficiale, debole e patetica, senza che nessuno potesse intervenire a tutela della memoria di un re spodestato e diseredato dagli eventi.

In realtà Francesco II è stato un uomo riservato, sensibile, molto devoto, un sovrano onesto e generoso ed oltremodo perseguitato dalla sfortuna: la morte della madre pochi giorni dopo il parto, quella del padre alla vigilia delle nozze, quella della figlia dopo soli tre mesi dalla nascita, e poi quell'unico anno di regno nel corso del quale ha visto crollare il regno stesso insieme alla storica dinastia dei Borbone-Napoli. Principe reale per 23 anni, re per circa 16 mesi e, infine, 34 lunghi anni - oltre la metà della sua breve vita - da esiliato e senza i fasti delle origini.

Saluti 

Alberto 

 

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Ciao Alberto, bella moneta in ottima conservazione. 

Francesco II è una figura che ispira simpatia, è una persona romantica, triste e malinconica. Sicuramente ha avuto poco acume politico e non una grande personalità, come imponeva il periodo tragico per il suo reame. Napoleone III non vedeva di buon occhio l'Unità d'Italia, avrebbe sicuramente preferito un Regno del Nord con i Savoia ed un Regno del Sud con i Borboni. Francesco non lo capì e fu travolto dagli eventi. 

Un'ultima considerazione estetica ( personale ) sulle monete coniate a suo nome: il ritratto del Re è anonimo, sembra il ritratto di un impiegatino di banca angariato dal Direttore. Non ha la forza, a volte addirittura un po' grottesca di Ferdinando IV, nè l'espressività del padre Ferdinando II. 

Posto il mio 120 Grana e ringrazio Alberto anche per le note storiche sempre piacevoli e dettagliate. 

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Modificato da giuseppe ballauri
errore sintassi
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Buongiorno a tutti, stavo controllando tra le mie rarità ? ne ho scelta una, 5 lire grappolo 1949  Collezione Litra68, vi riporto avvenimenti principali di quell'anno e un interessante articolo preso dal web su Repubblica. Anche il resto degli articoli è fonte Web. 

Adesione dell'Italia alla NATO
4 maggio 1949: In un'Italia divisa tra due schieramenti contrapposti, il blocco comunista e quello filo statunitense, il governo guidato da primo ministro Alcide De Gasperi firma l'adesione del paese all' Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico divenendo uno dei paesi costituenti della NATO.

 


1949: L’ITALIA ADERISCE AL PATTO ATLANTICO

De Gasperi e la DC nella politica estera italiana

di Carmelo Caruso

Negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, l’Italia sceglie di orbitare nell’area delle potenze occidentali. Si tratterà di un’adesione molto più problematica di quanto possa apparire in superficie, non solo per la strenua opposizione portata avanti dalle sinistre, ma anche per le divisioni sorte in seno alla stessa DC, in cui, alcune componenti – in primis i Dossettiani – criticarono le scelte internazionali del governo.

Accanto a queste resistenze di carattere “interno”, Il governo dell’epoca dovette confrontarsi prima con i veti posti al suo ingresso nel Patto da parte di Stati Uniti e Francia, così come di Regno Unito, Canada, Belgio. I governi di questi paesi ritenevano che l’estensione verso il Mediterraneo dell’Alleanza, concepita per le potenze “rivierasche” (che in altre parole si affacciavano sull’Atlantico del Nord) avrebbe condotto ad uno snaturamento di quest’ultima, la avrebbe indebolita e molti altri stati avrebbero potuto seguire l’esempio italiano. Secondo quanto scrive Nico Perrone, fu grazie alle pressioni esercitate dall’ambasciatore Tarchiani e dal ministro degli esteri, Sforza, che si potè superare l’impasse.[1] In piena sintonia con le aspirazioni italiane, e del Presidente del Consiglio De Gasperi era invece J. D. Hickerson, direttore dell’Office of European Affairs del Dipartimento di Stato, che concepiva l’allargamento del Patto come uno strumento di lotta anticomunista.

In cosa consisteva esattamente il Patto atlantico? Si trattava di un’ alleanza difensiva proposta dall’amministrazione Truman, sintomo della nascente contrapposizione tra i blocchi nella guerra fredda. Essa realizzava la dottrina elaborata dal presidente americano, fondata sul containment, cioè sul contenimento e la risposta rapida all’avanzata sovietica. I firmatari sarebbero dovuti  intervenire in difesa di una delle parti aggredite, nel caso in cui vi fosse stato un attacco da parte di una potenza esterna. L’ipotetico destinatario di di questa disposizione era l’Unione Sovietica, in quanto l’Urss rappresentava “l’unico possibile aggressore, nell’area garantita dal trattato”.[2] Per l’Italia, d’altra parte, l’adesione al patto avrebbe implicato alcuni vantaggi, e, soprattutto, il prestigio che sarebbe conseguito dall’essere ammessi al club delle potenze filoamericane. Si trattava, in altri termini, di reintegrare l’Italia nelle relazioni internazionali.[3]

Il Parlamento italiano, si pronunciò favorevolmente all’adesione, confermando le aspirazioni di De Gasperi; tuttavia, come si scriveva poco sopra, si trattò di un’adesione sofferta. Lo fu per De Gasperi in particolare, le cui posizioni in politica estera furono la conseguenza di una valutazione ponderata tra i vantaggi promanati e i costi politici di una simile scelta; e l’Italia, costituì un alleato non sempre ligio alle direttive americane, poiché, come afferma Mario Del Pero, “la consapevolezza dei vantaggi derivanti da un legame più stretto con gli Stati Uniti maturò lentamente e non senza distinguo.”[4] Per questo motivo, si può supporre che De Gasperi considerasse l’opzione atlantica come l’unica alleanza concretamente praticabile nel contesto storico e politico del immediato secondo dopoguerra; ma, questo avvenne non per una presunta affinità ideologica con l’alleato d’oltreoceano, bensì per motivi strategici e programmatici. Infatti, se la Russia stalinista costituiva un modello antidemocratico e inevitabilmente lontano, non si può affermare al contempo che  l’utilitarismo consumistico degli Usa fosse in profonda sintonia con un partito come la DC, orientata verso valori tradizionali, propri di un paese non ancora aperto alle innovazioni della società.[5]

Ma anche alcuni settori del partito di maggioranza videro negativamente quest’operazione. La DC, infatti, in quanto “contenitore” di diversi orientamenti, registrò alcune difformità rispetto all’indirizzo generale del Governo. In linea di massima erano presenti tre correnti: i Dossettiani, neutralisti, che costituivano la sinistra del partito; i Gronchiani, che invece propendevano per il “terzaforzismo”, ossia per una posizione d’equilibrio tra Patto atlantico e COMECON,   in cui all’Italia e all’Europa sarebbe spettato un ruolo di mediazione e autonomia; mentre altre componenti del partito erano  favorevoli all’ingresso nell’alleanza. Nella primavera del 1949, tale dibattito divenne veramente acceso, coinvolgendo figure come Gedda, e sul versante opposto don Primo Mazzolari e Igino Giordani.

Dopo la ratifica del Patto, De Gasperi seppe mediare con gli alleati, evitando conseguenze troppo impegnative. Così accadde, per esempio, nel 1950, quando, allo scoppio della guerra di Corea, il Governo italiano inviò una sola unità d’ospedale da campo[6]. Da questa scelta si comprende quali erano le intenzioni dello statista trentino: coinvolgere il Paese in un circuito politico di gran rilievo, con tutti i conseguenti frutti, senza compromettersi troppo, sebbene la questione delle basi statunitensi avesse creato un’accesa polemica attorno alla questione della sovranità nazionale.

Saluti 

Alberto

 

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Buonasera a tutti, oggi posto il primo Grano entrato in collezione Litra68, gli sono molto affezionato perché è venuto a me dal lontano 1792 passando di mano in mano e prima di me di un carissimo Amico Lamonetiano, attraverso avvenimenti e più di due secoli di vita, ne avrà viste proprio tante e di  tante ne avrà sentito parlare. Ricapitolando Vn Grano Cavalli 12 Ferdinando IV. Sigle A P. Magliocca 317. 

Spulciando sul web, in particolare Wikipedia, e su un interessante sito web di cui vi posterò link, ho trovato degli avvenimenti storici che ben inquadrano il millesimo in questione. Come al solito ho spaziato tra Italia ed Estero.. ? 

Il 10 agosto 1792 è il giorno della presa del Palazzo delle Tuileries, dove dai primi mesi della Rivoluzione francese risiedeva Luigi XVI con la famiglia reale. Con questa dimostrazione di forza l'ala più radicale dei rivoluzionari, sanculotti e giacobini, provocano la caduta della monarchia, prendono il potere e danno il via alla fase repubblicana della rivoluzione, che poi sfocerà nel Regime del terrore.

 

Quando la popolazione parigina assaltò il Palazzo delle Tuileries (10 agosto 1792) e invocò l'abolizione della monarchia, l'assemblea legislativa ordinò la sospensione temporanea del re dalle sue funzioni e convocò la Convenzione nazionale (termine di origine inglese, con il quale era stato designato il Parlamento atipico che, dopo la Gloriosa rivoluzione del 1689, aveva conferito potere a Guglielmo d'Orange a sua moglie Maria) affidando all'assemblea il compito di redigere una nuova costituzione repubblicana (in quanto la monarchia sarebbe stata completamente abolita dalla Convenzione nazionale il 21 settembre del 1792).

La convenzione si attribuì l'incarico di stabilire una nuova Costituzione per lo stato francese, dopo la deposizione del re Luigi XVI e la proclamazione della repubblica. La convenzione avrebbe anche svolto il ruolo di Camera dotata di poteri legislativi, cioè avrebbe approvato tutte le leggi della nuova Francia repubblicana.

Potevano essere eletti a far parte dell'assemblea tutti i cittadini francesi di età superiore ai 21 anni, residenti da più di un anno e stabilmente occupati: la Convenzione fu quindi il primo organo francese eletto a suffragio universale.

Insediatasi quindi il 21 settembre, risultò formata da 749 deputati. A sinistra, trovavano posto i montagnardi o deputati della montagna, di stampo repubblicano e democratico, si battevano per la tassazione del reddito, l'uguaglianza sociale, il ridimensionamento della proprietà privata e l'accentramento di tutti i poteri in mano alla convenzione. Questi rappresentavano all'incirca un quarto dell'assemblea. Ne facevano parte politici di idee radicali: Jean-Paul Marat, Georges Jacques Danton, Maximilien de Robespierre, Louis Antoine de Saint-Just, Camille Desmoulins e altri.

Il centro o palude, risultava essere lo schieramento più numeroso, all'incirca la metà dei deputati. Essi erano i "non schierati" e appartenevano allo schieramento che determinava l'esito di tutte le votazioni. A destra invece, stavano i girondini, rappresentanti dei ceti borghesi e nobiliari più elevati, che costituivano circa un quarto dell'assemblea. Essi osteggiavano la Comune di Parigi e erano contrari al grande potere da questa assunto, battendosi infatti per un decentramento amministrativo e politico.

Dal 1'novembre 1792 Presidente della Convenzione nazionale

Marie J. H. De Sehelles

 

Real dispaccio di Ferdinando IV di Borbone del 1792 sulla “Censuazione de’ Demani”
Il documento è un manoscritto che reca la firma di Ferdinando IV di Borbone.

Il Columbus Day è il giorno in cui negli Stati Uniti si festeggia l’arrivo di Cristoforo Colombo, avvenuto il 12 ottobre 1492. La data cade ogni anno il secondo lunedì di ottobre e viene celebrata con una grande parata a New York, dove viene anche illuminato l’Empire State Building con il tricolore italiano.

Mancava un pezzo, scusatemi:

UNA FESTA NAZIONALE IN ONORE DI COLOMBO
Il primo giorno commemorativo dedicato a Colombo si tenne nel 1792, nel 300esimo anniversario dell’arrivo degli Europei in America, ma fu nel 1866 che la comunità italiana di New York organizzò una grande festa per ricordare la figura del navigatore genovese. La comunità italo-americana e l’organizzazione cattolica dei Cavalieri di Colombo diedero una spinta enorme ai festeggiamenti anno dopo anno, finché, nel 1937, il presidente Usa Franklin Delano Roosevelt dichiarò il Columbus Day giorno di festa nazionale.

 

Saluti 

Alberto 

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Facciamo un salto di un ventennio ed arriviamo al 1812. Gli ideali della Rivoluzione Francese sono ormai stravolti dalla grande personalità di Napoleone, che nel 1812 si imbarca nella infausta Campagna di Russia. 

La campagna di Russia fu l'invasione francese dell'Impero russo nel 1812, terminata con una disastrosa sconfitta e con la distruzione di gran parte delle truppe francesi e dei contingenti stranieri. La campagna segnò il punto di svolta della carriera di Napoleone Bonaparte e delle Guerre napoleoniche.

Alla fine della campagna, l'esercito napoleonico - costituito da oltre 600.000 soldati, di cui 450.000 nella massa principale guidata dall'imperatore - era ridotto a poco più di 100.000 uomini. Le perdite ammontarono a 400.000 tra morti e dispersi; 100.000 furono i prigionieri caduti nelle mani del nemico[5].

La distruzione della Grande Armata in Russia ebbe conseguenze decisive sulla storia europea dell'Ottocento.

Tale avvenimento ha ispirato profondamente anche la letteratura russa, e ne fa fede - tra tutti - il più noto esempio, costituito dal celebre romanzo di Lev Tolstoj, Guerra e pace[6]. Oltre alla letteratura russa la campagna di Russia ha ispirato anche il brano Ouverture 1812 di Pëtr Il'ič Čajkovskij.

Altri avvenimenti del 1812: 

Gli Stati Uniti d'America dichiarano guerra al Regno Unito, inizia la Guerra del 1812.

Nell'estate 1812 il Parlamento siciliano approva la Costituzione elaborata da Paolo Balsamo.

Nel 1812 cominciò la commercializzazione della conservazione dei cibi in bottiglie di vetro o recipienti di stagno, invenzione dovuta a:

Nicolas Appert (Châlons-en-Champagne, 17 novembre 1749 – Massy, 1º giugno 1841) è stato un inventore francese. A lui si deve l'invenzione del metodo per la conservazione ermetica dei cibi.

Appert era un venditore di dolci. Dopo anni di sperimentazioni, nel 1810 Appert presentò la sua invenzione al governo francese che gli diede la scelta fra l'iscrizione di un brevetto o un premio di 12.000 franchi. Appert scelse il premio e lo stesso anno pubblicò L'Art de conserver les substances animales et végétales. Questo fu il primo ricettario sul moderno metodo per la conservazione dei cibi tramite le bottiglie con chiusura ermetica. In seguito riempì le bottiglie con i più svariati alimenti: carne, pollame, uova, latte e piatti pronti, bastava levare l'aria e chiudere ermeticamente la bottiglia con un tappo, la bottiglia doveva essere avvolta in una tela e successivamente immersa in acqua bollente fino a quando il cibo non fosse cotto.

La "Casa di Appert" divenne la prima fabbrica di alimenti in vasi di vetro al mondo. Da ricordare che ciò accadde circa cinquanta anni prima che Louis Pasteur dimostrasse che il calore era in grado di uccidere i batteri.

Il metodo di Appert era molto semplice da realizzare, si diffuse velocemente e fu sperimentato con grande successo durante le campagne napoleoniche.

Nell'agosto del 1810, un inglese, Pierre Durand, brevettò un suo metodo, utilizzando, questa volta, dei recipienti di stagno, realizzando l'attuale conservazione dei cibi in scatola. Nel 1812 Bryan Donkin e John Hall presero in considerazione entrambe le invenzioni e iniziarono a produrre delle conserve. ( Fonte Wikipedia ).

Posto uno scudo di Napoleone per Milano anno 1812. Ciao a tutti

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  • 2 settimane dopo...

Buonasera a tutti, stasera posto quella che non ho ancora capito se è una moneta, o una medaglia, Siglos del Perù, riporta anno 1958.

Sul diritto è rappresentato un antico Regnante e prendo spunto per riportarne la sua storia che ho trovato molto interessante, riporto come al solito  degli avvenimenti relativi al millesimo. 

La moneta/medaglia è Collezione Litra68, il resto è fonte Web. Wikipedia etc. 

Lloque Yupanqui (Cusco, 1260 – Cusco, 1290) è stato un sovrano dell'epoca protostorica della etnia degli Inca. I dati riguardanti la sua vita sono desunti principalmente dalle leggende tramandate dai suoi discendenti.

È il terzo sovrano della dinastia inca. Il suo nome significa, in lingua quechua, il mancino memorabile, da lloqui, mancino e yupanqui, memorabile o famoso.

Una leggenda, riportata dalla maggior parte dei cronisti spagnoli, vuole Lloque Yupanqui, figlio e successore di Sinchi Roca, dedito ad una vita austera ed ascetica contraddistinta da pratiche di privazioni e digiuni. Secondo tali racconti, questo sovrano sarebbe giunto in tarda età senza avere figli e la mancanza di discendenza lo avrebbe enormemente angustiato, tanto più che avrebbe avuto la certezza di essere ormai troppo anziano per procreare. Inti (il dio Sole), padre spirituale di ogni sovrano Inca, gli si sarebbe allora presentato in sogno assicurandogli la nascita di un erede e pronosticandogli che questo figlio sarebbe stato particolarmente glorioso. Rinfrancato da questa visione Lloque Yupanqui avrebbe, in effetti, avuto un erede destinato a diventare famoso sotto il nome di Mayta Capac.

La vita di Lloque Yupanqui è particolarmente legata a quella del figlio destinato a succedergli e pochi sono i particolari che ci sono giunti, sulla vita di questo sovrano, se si eccettuano quelli che illustrano, assieme a lui, le gesta di Mayta Capac, protagonista, di imprese memorabili, già in tenera età. Egli viene peraltro indicato da Juan Santa Cruz Pachacuti come l'ideatore della pratica di deformazione del cranio, applicata, effettivamente, ai neonati nell'antico Perù. Secondo questo autore, l'Inca in questione l'avrebbe istituita nell'intento di infondere una predisposizione all'obbedienza, senza alcun rapporto con intenzioni di sviluppo estetico.
Sempre a Lloque Yupanqui viene attribuita l'istituzione delle vergini del sole, una sorta di forzata clausura a cui erano destinate molte giovani inca, racchiuse in speciali confraternite, in cui si occupavano di lavori di filatura e tessitura, tranne alcune che, per la loro avvenenza, erano scelte dall'Inca come concubine o come serventi delle divinità.

L'indole di questo sovrano, come traspare dalle cronache è quella di un personaggio influenzato dal potere sacerdotale e alieno da attività di carattere militare. Questa sua peculiarità gli avrebbe procurato una grande rinomanza nelle tribù confinanti con il Cuzco, al punto che genti di ogni dove sarebbero giunte al tempio di Indicancha, sua abituale dimora, per onorarlo e richiedere il suo consiglio.

Si deve a Pedro Cieza de León la notizia secondo cui Lloque Yupanqui avrebbe riformato la composizione del Cuzco introducendo la divisione in Hurin-Cuzco e Hanan-Cuzco. Secondo questo autore, la ripartizione sarebbe stata organizzata dal sovrano in seguito alla venuta, nella città, delle genti di Zañu, il villaggio di appartenenza della moglie di Lloque Yupanqui che sarebbero state alloggiate nella parte Hanan. Questa ipotesi contrasta con la versione ufficiale, seguita da tutti gli altri autori, che attribuisce a Manco Cápac la divisione del Cuzco in due metà e deve essere accettata con cautela, a meno che non la si voglia interpretare come una riorganizzazione a seguito del sinecismo contemplato.

Resta infine da segnalare che la panaca di Lloque Yupanqui è stata tramandata con nomi leggermente diversi dai cronisti spagnoli. Così viene indicata con Ahucani ayllo da Cobo, Auayni Panaca Ayllo da Sarmiento, Hauanina Ayllo da Garcilaso e Chigua Yuin dalle Informaciones, dette Declaración de los quipucamayos a Vaca de Castro. Solitamente si attribuisce maggior credito al nome riportato da Sarmiento.

Esplorazioni. - Nel 1958 ben due spedizioni italiane si sono recate nel Perù, per toccare cime ancora inviolate. La prima, di cui faceva parte anche un geologo, ha operato nella zona di Cuzco ed ha scalato 11 vette, tutte al disopra dei 5000 m, la più alta delle quali è il Nevado Gau, di 5650 m. L'altra, che ha operato nella cordigliera dell'Apocobamba, ha toccato 19 cime, delle quali otto al disopra dei 6000 m (Chuparojo, 6300 m).

Saluti 

Alberto 

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Buonasera a tutti, tra le mie monete estere superstiti, ho un 2 Marchi del 1989, moneta commemorativa  del 40°Anniversario della Repubblica Federale Tedesca 1948-1988.

Al diritto è raffigurato Ludwig Erhard (Fürth, 4 febbraio 1897 – Bonn, 5 maggio 1977) è stato un politico tedesco, Cancelliere della Germania Federale dal 16 ottobre 1963 al 1º dicembre 1966. È stato membro della CDU. È spesso ricordato per aver guidato la ripresa economica della Germania nel dopoguerra (il miracolo economico tedesco è noto come Wirtschaftswunder). È stato infatti ministro dell'economia della Repubblica Federale Tedesca per quattordici anni consecutivi, dal 1949 al 1963.

Ritornando al millesimo in oggetto, anno 1989  duecento anni dopo la rivoluzione Francese ci troviamo in un nuovo fermento. 

 

Le Rivoluzioni del 1989, a volte chiamate l'Autunno delle Nazioni, furono un'ondata rivoluzionaria avvenuta nell'Europa Centrale ed Orientale nell'autunno del 1989, quando diversi regimi comunisti furono rovesciati nel giro di pochi mesi. Il nome dato a questo evento ricorda quello delle Rivoluzioni del 1848, conosciute come la Primavera delle Nazioni. L'Autunno delle Nazioni iniziò in Polonia e si espanse anche all'estero, perlopiù in maniera pacifica, nella Germania Est, Cecoslovacchia, Ungheria, Bulgaria, Estonia, Lituania, Lettonia mentre la Romania fu l'unica nazione del blocco orientale che rovesciò il regime in maniera violenta giustiziando il capo di Stato. Questo evento alterò drasticamente la bilancia dei poteri mondiali, segnando, insieme al collasso dell'Unione Sovietica, la fine della Guerra Fredda e l'inizio dell'era post-Guerra Fredda. 

La caduta del muro di Berlino, è uno degli avvenimenti più significativi delle Rivoluzioni del 1989, che viene così ricordata. 

 

Folla ai checkpoint

La sera del 9 novembre 1989 il portavoce del Partito Comunista della DDR Gunther Schabowski annuncia in televisione la svolta nei rapporti della Repubblica Democratica Tedesca con l’Occidente. A mezzanotte una massa di cittadini di Berlino Est e di Berlino Ovest si ammassano presso i checkpoint, che vengono aperti alla mezzanotte esatta.

Cantando “Tor Auf!”, “aprite i cancelli”, la miriade di berlinesi si incontra nuovamente dopo 28 anni di divisione garantita dalla barriera di cemento nata dalla Guerra Fredda.

Nel weekend successivo l’euforia non si arresta. Migliaia di berlinesi, tedeschi e stranieri armanti di martelli, picconi e mazze cominciano l’opera simbolica di smantellamento del muro, mentre attraverso i varchi fino a poco prima sorvegliati da forze armate pronte ad uccidere i trasgressori, passeranno in due giorni oltre 2 milioni di persone.

Le note di Crosby Stills & Nash

Se Bruce Springsteen aveva per primo assestato colpi mortali al muro con le sue note rock del concerto del 1988, furono i suoi compatrioti Crosby Stills & Nash a cantare per primi di fronte al pubblico berlinese di nuovo unito. Era il 21 novembre 1989. L’anno dopo sarà la volta del maxiconcerto di Roger Waters con decine di guest star. “The Wall”, proprio di fianco ai resti del muro.

Un brano del trio della West Coast era direttamente ispirato all’opera dei punteruoli e dei martelli contro il cemento del muro di quei giorni indimenticabili, “Chippin’Away”.

Le notizie sono fonte Web. WIKIPEDIA E La Stampa. 

Saluti 

Alberto 

 

 

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Mi ricordo di quei giorni memorabili e del Concerto di Waters l'anno dopo ,trasmesso da Canale 5. Veramente coinvolgente. Mi aspettavo che si riunissero i Pink Floyd ( di cui sono sempre stato un grande fan ) ma non fu così. Grandi "guest stars" comunque. 

Ciao Beppe 

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Buongiorno e Buona domenica a tutti, oserei dire buon piovoso, ma in Francia corrispondeva se non sbaglio al mese di gennaio.. giusto per restare in tema francese, posto un mio 20 Franchi del 1952, tra gli avvenimenti vi propongo  la figura di Benedetto Croce che muore a Napoli proprio nel 1952, riporto una bellissima poesia scritta da Eugenio Montale che se non ho capito male è dedicata  al Croce. Tra gli avvenimenti di risalto mi ha colpito la crisi Franco Tunisina soprattutto per il motto riportato sulla moneta Libertà Legalità e Fratellanza15739807258663.png.be53a91d069e5f09c338c3e850e155e0.png. Tutto fonte Web. Lascio a voi la lettura. 

«Divideste lo Spirito in quattro spicchi che altri rimpastò in uno:
donde ripicchi, faide nel gregge degli yesmen professionali.
Vivete in pace nell'eterno: foste
giusto senza saperlo, senza volerlo.»

(Eugenio Montale, A un grande filosofo [1972], in Id., Diario del '71 e del '72, vv. 5-8[1])

Benedetto Croce (Pescasseroli, 25 febbraio 1866 – Napoli, 20 novembre 1952) è stato un filosofo, storico, politico, critico letterario e scrittore italiano, principale ideologo del liberalismo novecentesco italiano ed esponente del neoidealismo[2].

Presentò il suo idealismo come «storicismo assoluto», giacché «la filosofia non può essere altro che "filosofia dello spirito" [...] e la filosofia dello spirito non può essere altro che "pensiero storico"», ossia «pensiero che ha come contenuto la storia», che rifugge ogni metafisica, la quale è «filosofia di una realtà immutabile trascendente lo spirito»[3]. In funzione anti-positivistica, nella filosofia crociana, la scienza diventa la misuratrice della realtà, sottomessa alla filosofia, che invece comprende e spiega il reale.

Con Giovanni Gentile – dal quale lo separarono la concezione filosofica e la posizione politica nei confronti del fascismo dopo il delitto Matteotti – è considerato tra i maggiori protagonisti della cultura italiana ed europea della prima metà del XX secolo, in particolare dell'idealismo.

La filosofia crociana, ispirata al liberalismo sociale e improntata alla storiografia, ebbe grande influenza sulla cultura italiana, specificatamente per il suo pensiero politico; in particolare è ricordato come guida morale dell'antifascismo con la sua "religione della libertà"[4], tanto che fu anche proposto come Presidente della Repubblica italiana[5]. Fu tra i fondatori del ricostituito Partito Liberale Italiano, assieme a Luigi Einaudi.[6]

Alcune riserve alla sua estetica, tra cui alla critica letteraria (in particolare alla sua definizione di «poesia») e alla superiorità attribuita da Croce alla filosofia sulle scienze nell'ambito della logica, sono state, tuttavia, espresse in tempi successivi.[4]

D'altra parte, il pensiero di Croce, specialmente quello politico, ha goduto di apprezzamenti più recenti e di una "riscoperta" anche al di fuori dell'Italia, in Europa e nel mondo anglosassone (specialmente gli Stati Uniti d'America), dov'è riconosciuto, al pari di pensatori come Karl Popper, come uno dei più eminenti teorici del liberalismo europeo e un autorevole oppositore di ogni totalitarismo.[7]

Crisi Francia Tunisia 1952

Antefatto:

Durante la seconda guerra mondiale le autorità francesi in Tunisia collaborarono con il governo di Vichy. Dopo lo sbarco degli Alleati in Algeria e in Marocco nel novembre del

1942, la Tunisia venne occupata dalle forze tedesche, che tuttavia furono costrette prima a ritirarsi e poi a capitolare, sotto l’offensiva alleata, il 12 maggio 1943. La Tunisia fu così posta sotto il controllo di France libre, le forze francesi guidate dal generale De Gaulle. I francesi ne approfittarono per sferrare un nuovo colpo contro i nazionalisti, nonostante questi non si fossero schierati con la Germania e avessero favorito l’avanzata alleata; la deposizione di Moncef Bey e la brutale repressione contro gli indipendentisti suscitò un così profondo risentimento nell’opinione pubblica tunisina, che andò a gonfiare le file neo-destouriane. Al termine del conflitto, la Francia non riuscì a contenere le spinte indipendentiste, che ebbero nuovo impulso dal rientro in patria di Burghiba nel 1949 e dalla scesa in campo dell’organizzazione sindacale Union générale des travailleurs tunisiens (UGTT, Unione generale dei lavoratori tunisini) di Ferath Hached. Nel 1952, dopo lo scioglimento del governo guidato da Mohammed Chenik e l’ennesimo arresto di Burghiba e di molti altri esponenti nazionalisti, il contrasto tra tunisini e coloni francesi si acuì e, mentre tra i primi si fece strada la posizione più radicale del ricorso alla lotta armata, tra i secondi si sviluppò un’organizzazione terroristica, la “Mano rossa”, una delle cui prime vittime fu il sindacalista Hached.

Saluti 

Alberto 

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Grazie Alberto soprattutto per le note su Benedetto Croce che mi rimandano ai tempi del Liceo. A quel tempo ebbi una divergenza di vedute con il Prof di Filosofia. In uninterrogazione lo definii, un grande Uomo, un ottimo storico, un buon politico ed un "pensatore" criticabile. Mi riferivo in particolare alla supremazia della Filosofia sulla Scienza, che ritenevo una posizione anacronistica, Rimediai un "cazziatone" ed un brutto voto. Nonostante questo non mi risulta antipatico ed in seguito ho letto con piacere alcune suo opere. 

Ciao Beppe 

 

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  • 2 settimane dopo...

Buonasera a tutti, difficile per me stare lontano da questa discussione, che amo molto. Questa sera vi presento il mio Grano Cavalli millesimo 1791 sigle A P. Come al solito riporto avvenimenti del millesimo, per l'Italia riporto la scoperta del Galvani in merito ai suoi studi sull' elettricita' animale. Poi interessanti note sulla rivoluzione Haitiana, l'insurrezione degli schiavi, la  Costituzione Francese e riferimenti ai diritti dell'uomo, la famosa battaglia del Wabash negli Stati Uniti d'America. Ma per prima cosa voglio riportare stavolta le poche ma veramente interessanti (direi anche particolari) notizie riguardo proprio al Planelli che nel 1791 era a pieno regime nella zecca di Napoli (chiusa la parentesi del 1790 del passaggio di consegne dalla Regia Corte). Tutte le notizie sono fonte Wikipedia. 

Antonio Planelli (Bitonto, 1737 – Napoli, 1803) è stato un musicista e musicologo italiano.

Studiò ad Altamura e successivamente si trasferì a Napoli, dove fu ammesso alla scuola di Giuseppe Vairo. Nel 1790 fu nominato da Ferdinando IV di Napoli "Maestro della Zecca".

Planelli studiò presso l'Università di Altamura e, dopo la morte dei genitori nel 1775, presso l'Abbazia di Montecassino, dove prese gli ordini sacri. Trasferitosi a Napoli, fu ammesso alla scuola di Giuseppe Vairo, dove si perfezionò in fisica e metallurgia. Divenne in seguito titolare del priorato di Barletta, cavaliere dell'Ordine Gerosolimitano e nel 1790 entrò nell'amministrazione statale. Ferdinando IV lo nominò infatti maestro della zecca ed ebbe il compito di riordinare il Museo Mineralogico di Napoli. Ha scritto "Riflessioni sulla poesia", pubblicate in appendice alla traduzione italiana dei Principi elementari delle belle lettere di J.H.S. Formey (Napoli, 1767). Nel 1770 scrive "Dell'opera in musica", importante opera teorica che analizza il rapporto tra testo e musica nell'opera. Di Planelli si conoscono anche alcune composizioni orchestrali.

Galvani

Gli studi per i quali Galvani è maggiormente ricordato riguardano la cosiddetta elettricità animale. Gli anni ottanta furono cruciali per la sua attività scientifica: nel triennio 1780-1783 Galvani passava oltre sedici giorni al mese rinchiuso nel suo laboratorio, circondato da assistenti e personaggi autorevoli, come Francesco Sacchetti e Sebastiano Canterzani, e affiancato dalla moglie Lucia (alcuni attribuiscono a lei la scoperta del movimento nelle gambe delle rane). La scelta della rana come cavia per gli esperimenti scientifici non deve stupire: questa era, infatti, un animale comunemente usato in laboratorio, anche da scienziati illustri di poco precedenti come Marcello Malpighi. Le notizie riguardanti i dettagli dell'esperimento vengono fornite da Galvani stesso, che nel 1791 pubblicò il De viribus electricitatis in motu musculari, un opuscolo in cui erano illustrati tutti i processi che portarono alla scoperta dell'elettricità animale.

 

La Costituzione francese del 1791 è la carta costituzionale approvata il 3 settembre 1791[1] in ottemperanza a quanto previsto dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789. Tuttavia è importante sottolineare che l'uguaglianza espressa formalmente dalla Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino non fu pienamente formalizzata né all'interno della Costituzione né all'interno della Dichiarazione dei diritti (in particolar modo per ciò che riguarda i diritti della donna e quello di voto).

L'art. 6 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino riconosceva a «tutti i cittadini» il diritto di partecipare «direttamente o tramite i loro rappresentanti alla sua [della legge] formazione»; ma secondo la carta del 1791 i "cittadini", sulla base del loro censo, venivano distinti in "attivi" e "passivi": questi ultimi, meno abbienti, non avevano diritto di voto. 

Bois Caïman (in haitiano: Bwa Kayiman) è il sito di una cerimonia voodoo nella quale ebbe inizio l'insurrezione di schiavi che provocò poi la Rivoluzione haitiana. La notte del 14 agosto 1791, diversi schiavi delle piantagioni vicine al sito, si erano riuniti in loco per presenziare ad una cerimonia religiosa tra i boschi di Le Cap nella colonia francese di Saint-Domingue. Presieduta da Dutty Boukman, un capo schiavo e sacerdote voodoo, la cerimonia era sia un rituale religioso che un incontro strategico dei cospiratori che avevano pianificato una rivolta contro i proprietari bianchi delle piantagioni della colonia.

La preghiera recitata da Dutty Boukman quella notte fu la seguente: Buon Signore che ogni giorno fai risplendere su di noi il sole, lo fai sorgere dal mare, che fai ruggire le tempeste; e governi i tuoni, Signore che ti nascondi in cielo e da li ci guardi. Il Signore vede ciò che i bianchi hanno fatto. Il loro dio ha comandato questi crimini, ma i nostri ci hanno dato benedizioni. Il Buon Dio ordina vendetta. Egli darà forza e potenza alle nostre braccia e coraggio ai nostri cuori. Egli ci sosterrà. Abbattiamo le immagini del dio dei bianchi, perché è lui che fa scendere le lacrime dai nostri occhi. Per la libertà che risuona ora nei nostri cuori.

Nei giorni successivi, l'intera regione delle pianure del nord era infiammata dalla rivolta dal momento che i rivoluzionari condussero atti di violenza contro coloro che li avevano schiavizzati. La cerimonia venne riportata per la prima volta da Antoine Dalmas nella sua "Storia della Rivoluzione di Saint-Domingue" del 1814.[1] La cerimonia è considerata l'atto ufficiale d'inizio della rivoluzione haitiana.

Lo stesso Dalmas riporta a tal proposito[2]:

Un uomo di nome Boukman, con un altro houngan, organizzarono per il 14 agosto 1791, un incontro tra gli schiavi nelle montagne a nord. Questo incontro aveva la forma di una cerimonia voodoo e si svolse al Bois Caïman nella parte settentrionale dei monti dell'isola. Pioveva ed il cielo era zeppo di nuvole; gli schiavi iniziarono ad esprimere il loro risentimento per le loro condizioni. Una donna iniziò a danzare contorcendosi tra la folla, presa da uno spirito. Con un coltello tra le mani, recise la gola di un maiale e ne distribuì il sangue a tutti i partecipanti all'incontro che giurarono di uccidere tutti i bianchi dell'isola.

Malgrado i fatti riportati e la drammatizzazione della cerimonia nei secoli, l'elemento del sacrificio di un maiale creolo a Ezili Dantor da parte della mambo Cécile Fatiman ed il patto sottoscritto con questo atto sono elementi sempre ricorrenti in tutte le versioni. Il sacrificio fu documentato per la prima volta da Dalmas, di seguito un frammento che ne dà i primi dettagli:

Questo cerimoniale venne considerato da molti cristiani sull'isola come un "patto col demonio", fatto che dunque contribuì certamente all'opposizione da parte dei francesi.

 

La battaglia del Wabash o battaglia del fiume Wabash (anche sconfitta di St. Clair) fu combattuta il 4 novembre 1791 - durante la presidenza di George Washington - nel territorio del nord-ovest tra Stati Uniti d'America e la Confederazione Occidentale di nativi americani nel corso della guerra indiana del Nord-Ovest. Fu una grande vittoria indiana, la peggiore sconfitta subita dallo United States Army per mano dei nativi americani.

I nativi americani erano guidati da Piccola Tartaruga dei Miami, Giacca Blu degli Shawnee e Buckongahelas dei Delaware (Lenape). Erano composti da oltre 1000 guerrieri compresi numerosi Potawatomi del Michigan orientale e del Saint Joseph. I circa 1000 statunitensi che si trovarono di fronte erano comandati dal generale Arthur St. Clair. La confederazione indiana riportò un'incredibile vittoria. In termini di proporzione tra forze in campo e perdite fu una delle peggiori sconfitte subite dagli Stati Uniti d'America in battaglia; dei 1000 soldati che St. Clair portò in battaglia solo 48 ne uscirono illesi. In seguito il presidente George Washington obbligò St. Clair a dare le dimissioni ed il Congresso avviò la prima indagine dell'esecutivo.

Saluti

Alberto 

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Buongiorno e buona domenica, oggi ho scelto dalla Collezione Litra68  una monetina molto consumata ma piena di Storia, sono tanti anni che è con me, ma solo ora ho compreso di cosa si tratta, anche e soprattutto grazie al Forum. 

Napoli. Ferdinando il Cattolico (1504-1516). Sestino. MIR 120. P.R. 7. AE. g. 2.19

Riporto delle note bibliografiche di Ferdinando D'Aragona detto il Cattolico e poiché mi è difficile stabilire con precisione in quale anno sia stato emesso, riporto gli avvenimenti relativi al 1516 che è l'anno di morte di Ferdinando. Le note biografiche sono fonte Enciclopedia Treccani, il resto tutto Wikipedia. 

 

Ferdinando il Cattolico (sp. Fernando el Católico) II (V) re d'Aragona (III di Napoli, II di Sicilia): l'ordine tradizionale (V) si riferisce alla serie di Castiglia e León. - Figlio (Sos, Aragona, 1452 - Madrigalejo 1516) di Giovanni II d'Aragona e di Giovanna Henríquez. Promosse una politica di espansione nel Mediterraneo e particolarmente in Italia e fu l'animatore delle coalizioni di Stati europei (1494-95) tese a impedire che la penisola gravitasse nell'orbita francese. Con la Francia si accordò comunque in diversi momenti (ad es. trattato di Granada, 1500). Dispose di collaboratori di prim'ordine, quali Gonzalo Fernández de Córdoba (detto il Gran Capitano), e fu senza dubbio il massimo uomo politico del suo tempo per abilità tattica e ampiezza di vedute. Sotto di lui la Spagna, che intanto si arricchiva dei domini transoceanici, giunse alla sua massima potenza.

VITA E ATTIVITÀ
Per la morte di Carlo di Viana, figlio di primo letto di Giovanni II, divenuto nel 1461 principe ereditario, nel 1468 fu nominato re di Sicilia e coreggente; nel 1469 sposò Isabella erede del trono di Castiglia. Alla morte di Enrico IV di Castiglia fratello di Isabella (1474), F. dovette difendere i diritti della moglie contro Alfonso IV di Portogallo, fautore di Giovanna la Beltraneja, figlia discussa di Enrico IV; la lotta finì con la vittoria di Isabella (pace di Alcoçobes, 4 sett. 1479). In quello stesso anno F. successe sul trono d'Aragona. Concluse felicemente la lunga lotta contro l'ultimo centro arabo della penisola iberica, il regno di Granada (1481-92). Intanto, spingendosi verso la Navarra, impose a quel regno il protettorato spagnolo (trattati di Tudela, 1476; di Granada, 1492), e infine, nel 1512, approfittando della lotta europea contro Luigi XII re di Francia, s'impadronì, con un fortunato colpo di mano, della Navarra spagnola. Se le campagne del Nord-Africa, che culminarono nella conquista di Orano (1509), Bugia (1510), Tripoli (1511), furono opera essenzialmente del card. Fr. Jiménez de Cisneros e dell'ambiente "castigliano", sua e tipicamente aragonese fu l'attività espansiva nel Mediterraneo e particolarmente in Italia. Fu l'anima dei movimenti antifrancesi (1494-95) e fu il promotore della lega del 1495. Accordatosi momentaneamente con Luigi XII di Francia (trattato di Granada, 1500), approfittò di ciò per insediarsi nell'Italia meridionale e per rivolgersi subito dopo contro l'alleato di venendo così unico padrone del Regno di Napoli (1502-04).

Alla morte di Ferdinando il Cattolico la contrastata successione al trono del nipote Carlo fu accompagnata in Sicilia (e altrove nei regni iberici) da un'ondata di malessere che sfociò in una complessa trama di congiure e rivolte che interessarono il panorama politico siciliano in particolare negli anni compresi tra il 1516 e il 1523.

Cosa succede in Sicilia

 

La rivolta nei centri demaniali e feudali.
Nel 1516, alla morte di Ferdinando, l’isola è percorsa da un capo all’altro da comitive di cavalieri in armi al comando dei maggiori feudatari, da un lato i Cardona, Santapau, Ventimiglia e i loro accoliti; dall’altra i vari rami dei Moncada e i Luna. Le diverse fazioni si affrontano more bellico in ogni città del Regno o in piccole battaglie campali di cavalieri e fanti, con armi da fuoco e cannoni. L’elenco dei baroni coinvolti in fatti di sangue si sovrappone quasi del tutto all’elenco dei titolari di benefici feudali e cavallereschi.

In ogni parte dell’isola si regolavano i conti per la conquista del governo locale con vere e proprie battaglie. Gli argomenti sollevati dagli aristocratici palermitani avevano avuto larga eco non solo nella capitale ma anche negli altri centri demaniali e in quelli feudali. Dopo l'esplosione della rivolta palermitana, infatti, i baroni ribelli avevano intrapreso un viaggio per le tre valli del Regno per presentare il loro programma nelle città demaniali e baronali e cercare adesioni e consenso. Nei centri demaniali il ricordo dell'antica autonomia si era legato a esigenze più prosaiche: gruppi da anni in lotta per il controllo delle cariche amministrative intuirono che la rivolta appena scoppiata nella capitale rappresentava un'occasione per rimescolare le carte e ridare voce a chi era rimasto escluso dalla sfera del potere. Legarsi ad una delle due fazioni in lotta nella capitale divenne per le città siciliane l'unico modo per far sentire la propria voce a Corte.

Altri Avvenimenti del 1516

18 agosto - Concordato di Bologna tra papa Leone X e il rappresentante del re di Francia (Antonio Duprat): il papa rinunciava ai territori di Parma e Piacenza, ma otteneva la revoca, da parte di re Francesco I, della Prammatica Sanzione di Bourges.
Ad Augusta (Germania) viene fondato il quartiere Fuggerei.
Lo spagnolo Díaz de Solís esplora l'Uruguay.
Trattato di Noyon (Milano alla Francia, Napoli alla Spagna).
Leone X è ricevuto a Palazzo Venturi Ginori dai nipoti di Bernardo Rucellai.
Carlo I diventa re di Spagna.
In Sicilia, alla morte di Ferdinando il Cattolico, scoppia una rivolta che coinvolge i feudatari, il patriziato urbano e i ceti popolari dei maggiori centri urbani dell'isola.
26 novembre - Trattato di Friburgo fra Francia e Svizzera: la Lombardia passa sotto il dominio transalpino, gli elvetici rinunciano per sempre ai loro progetti espansionistici sulla Pianura Padana, e viene tracciato il tratto varesotto e comasco del confine italo-svizzero ancora oggi in vigore.
Tommaso Moro pubblica la sua opera più celebre, L'Utopia.
Erasmo da Rotterdam pubblica a Basilea l'edizione critica del testo greco del Nuovo Testamento.
Asola è assediata dalle truppe dell'Imperatore Massimiliano I.
Sorge a Venezia il primo ghetto.
Pubblicazione dell'opera Orlando Furioso di Ludovico Ariosto.

 

Saluti 

Alberto 

 

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  • 3 settimane dopo...

Buonasera a tutti e Tantissimi Auguri Buona Vigilia di Natale, stasera vi presento il mio primo Tarì di Ferdinando II millesimo 1833 scusate per le foto non proprio nitide, la moneta è periziata e sono in guerra con mia figlia che l'ha praticamente adottata e si rifiuta di farmela aprire.. ? È da qualche giorno che meditavo di farvela conoscere, poi all'improvviso tra le carte che avevo stipato nel mio garage ho trovato un vecchio libricino di quelli tascabili Newton costo 1000 lire, edizione 1996 di Roberto Maria Selvaggi, ebbene, ho trovato interessante rileggerlo a distanza di tanti anni, ricordando il mio passato, degli inizi della mia passione per lungo tempo sopita ma risvegliata grazie al Forum e a voi tutti Fratelli Lamonetiani, propongo due pagine relative all'operato a ridosso del 1833  di un giovane Sovrano e di un colorito ritratto della sua personalità oltre ad un ritratto vero e proprio con le inconfondibili fossette alle guance, così realisticamente riportate su molte sue monete. Tra gli avvenimenti, trovandoci a Natale, ne riporto uno che mi ha molto colpito e che riguarda Manzoni, fonte Osservatore Romano. 

Natale 1833: muore Enrichetta Blondel, la moglie di un addoloratissimo Manzoni che non si rassegna al silenzio di Dio di fronte alle preghiere inesaudite, e alla speranza di una guarigione dolorosamente invocata e negata. Un lutto che lo scrittore non riesce a elaborare, e il cui sfogo affida a una manciata di versi, Natale 1833, rimasti incompleti. Ma bastano per esprimere un sentimento diverso rispetto a quello espresso dall’inno sacro.
Manzoni si ribella al dolore che ritiene di subire ingiustamente e il «fanciullo celeste» della natività diventa «severo». «Regna sopra i turbini ... sì che tu sei terribile / sì che in quei lini ascoso / in braccio a quella Vergine / sovra quel sen pietoso/... è legge il tuo vagir / vedi le nostre lagrime / intendi i nostri gridi / il voler nostro interroghi / e a tuo voler decidi». È il lamento di un innamorato deluso, privato dell’amore di quella donna che, fra l’altro, aveva avuto un ruolo fondamentale nella sua conversione.

In quel Natale del 1833 Dio non rispose, si nascose nel silenzio. Ma bisognava capirne le motivazioni e un altro grande scrittore di fede cattolica, Mario Pomilio, a distanza di oltre un secolo, si assunse il compito di ricavare, scavando nel medesimo mondo manzoniano, le motivazioni per cui non bisognava disperare per il precipitare di quell’avventura umana.

Natale 1833 diventò il titolo dell’originale e profondo romanzo investigativo di Pomilio, dove riecheggia tutto di Manzoni. Ma il filtro è quello di Pascal, lo scrittore francese che in pieno Seicento non mancò di basare l’apologia della fede cristiana sul mistero di Dio: ciascuno ha da portare la croce del proprio dolore e il dolore di ciascuno è la croce di Dio, che pertanto è sempre presente, non estraneo ma partecipe del dolore dell’uomo.
Di Melo Freni

 

Buona Lettura e soprattutto Buona Vigilia di Natale. 

Saluti 

Alberto 

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Grazie Alberto per la bella moneta e come sempre, l'ottimo contesto storico.

Mi attirerò le ire su quanto dico, ma sulla figura di Manzoni, sarebbe doverosa una approfondita revisione storica, sia come persona, sia come scrittore. E' diventato una icona dell'italianità e di una certa parte della critica cattolica-buonista. 

A mio parere ( da quanto ho studiato e letto ), fu una persona "meschinella" senza trasporti nei confronti della famiglia in generale e delle persone che lo circondarono. 

Non fu un poeta sicuramente. Lo definiscono l'inventore del romanzo italiano, quando in altre nazioni erano decenni che si scrivevano romanzi eccellenti. Si piantò sui "Promessi Sposi" per tutta la vita, lavorando di cesello e creando un opera artefatta. 

Non ebbe nessun ruolo politico, sintomo di una certa pusillanimità di carattere. 

Non ebbe il coraggio di appoggiare il "giansenismo" che forse considerava la sua religione. 

Potrei continuare... però il coraggio non si può comperare al mercato, e lui non lo ebbe. 

Ciao Buon Anno!

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Supporter

...mai amato il Manzoni...e dire che avevo un'ottima professoressa al Liceo che si sforzò in tutti i modi...L'unica opera che mi destò un'emozione fu l'Adelchi, per il resto...buio pesto!!!

E quando mi è toccato ristudiarlo con i miei nipoti ho confermato le mie impressioni giovanili: distanza emotiva, artifizio retorico, … e più ci si addentrava nello scoprire la "costruzione del romanzo", più sentivo la distanza che altri autori, invece non mi hanno suscitato … mi stupisco come possa essere assurto ad emblema della letteratura italiana...chissà quanto ha influito in questo la critica letteraria di stampo cattolico-positivista.... Qualche studioso di letteratura sul forum che può fornire qualche ulteriore spunto?

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Sentendo un vecchio LP di Jimi Hendrix "Electric Ladyland" ( quello originale con le donne nude...) che fa bella mostra di sè nella mia raccolta...ho avuto una riminiscenza del 1968, quell'anno di rivolta giovanile, quando tutto sembrava poter essere cambiato, le regole bacchettone abbattute e fosse possibile cominciare a costruire un mondo nuovo e senza tante imposizioni. Poveri quelli che scesero in piazza o che avevano degli ideali. Come ogni Rivoluzione, in seguito arriva la Restaurazione e sono cavoli amari...

Però almeno i miei amici più vecchi si erano divertiti. Noi che avevamo 10 anni, ritornammo a vivere in un mondo rigido e pieno di restrizioni...solita sfiga! Restarono solo gli LP di Pop-Rock da sentire !

Per il resto, non molti sanno indicare dove è il Niger su una carta geografica, qual'è la sua storia e cosa capitò nel 1968. Ma in quell'anno coniò una bella moneta da 10 Franchi che non so per quale ragione finì nella mia collezione. 

La posto perchè la considero veramente bella e giuro che un giorno studierò la storia del Niger! ?

Ciao a Tutti

Beppe 

 

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Buonasera e di Nuovo Auguri di Buon Anno a tutti, riprendiamo la discussione, che era ferma da ben un anno..dal lontano 2019.. ? 

Posto quello che è il primo 9 cavalli Filippo IIII  entrato in Collezione Litra68, millesimo 1626. 

Cosa succedeva in quell'anno? come al solito ho trovato qualcosa  sempre sul Web. Sono tre gli avvenimenti che più mi hanno colpito e ve li riporto qui, si va dalla Consacrazione della Basilica di San Pietro ad un interessante dipinto e al Trattato di Menzon che ha tra i protagonisti proprio Filippo IIII. 

Nel 1626 viene inaugurata la Basilica di San Pietro
Fu Papa Niccolò V, verso la metà del XV secolo, a progettare quella che sarebbe diventata la più importante basilica della cristianità: San Pietro, dal nome dell’apostolo sepolto in quel luogo. Ma la posa della prima pietra si ebbe solo con Papa Giulio II, il 18 aprile 1506, e dopo 120 anni di lavori, che videro all’opera i più grandi geni della storia dell’architettura, il 18 novembre 1626, Papa Urbano VIII la consacrò.

 

Il Sileno ebbro è un dipinto olio su tela di Jusepe de Ribera, realizzato nel 1626 e conservato all'interno del Museo nazionale di Capodimonte, a Napoli. Wikipedia

Realizzato nel 1626 a Napoli, le prime notizie riguardanti la proprietà della tela riguardano un mercante fiammingo chiamato Gaspere Roomer, di certo non il committente dell'opera, in quanto questo l'avrebbe acquistata diversi anni dopo la morte del pittore; alla fine del XVIII secolo il Sileno ebbro viene annoverato nella collezione dei possedimenti napoletani dei Borbone e conseguentemente esposta all'interno della galleria di Capodimonte[1].

L'opera, il cui sfondo è un paesaggio classicheggiante, è stata realizzata con una pennellata grossa per raffigurare i personaggi, mentre una più sottile, in nero, per delimitarne i contorni, offrendo una maggiore tridimensionalità[2]. La figura centrale è quella di Sileno, grasso, in un primo momento ritenuto essere Bacco, raffigurato steso su un drappo e nell'atto di offrire una coppa di vino ad un personaggio posto alle sue spalle, recante un sacco sulle spalle, durante dei festeggiamenti proprio in onore di Bacco[3]; sul lato destro è Pan con orecchie, corna e zampe di capra, incorona Sileno con un alcuni tralci di vite: intorno a Pan, sono inoltre disegnati alcuni oggetti tipici del suo personaggio come il pastore della pastorizia, la tartaruga, simbolo della pigrizia, e la conchiglia, simbolo con cui egli annunciò la sua morte[1]. Completano il dipinto: in basso a destra, con in bocca un cartiglio, sul quale è riportata nome dell'autore e data di esecuzione dell'opera, è un serpente, che starebbe a simboleggiare la saggezza, così come, in alto a destra, simboleggerebbe il profilo di Apollo, mentre secondo altri questa figura potrebbe essere quella di Priapo, mentre cerca di abusare della ninfa Lotis; sulla destra un giovane satiro sorridente, anch'egli con orecchie di capra, ed alle sue spalle un asino, uno dei simboli che si ritrova nelle raffigurazioni di Sileno, lasciata ai bordi di un fiume, mentre raglia.

Trattato di Monzón,
accordo franco-spagnolo firmato il 5 maggio 1626 a Monzón, dove il re Filippo IV di Spagna stava tenendo le Cortes d'Aragona, che chiudeva, almeno provvisoriamente, la questione della Valtellina, dopo due anni di guerra. Il Trattato stabiliva che la Valtellina, rimasta cattolica, sarebbe stata indipendente rispetto ai Grigioni protestanti, sotto la garanzia della Francia e della Spagna. Poiché la Valtellina avrebbe dovuto comunque far capo allo Stato di Milano, possesso spagnolo, la regione, strategicamente importante come via di comunicazione fra gli Stati austriaci e la Lombardia, veniva in tal modo a restare nella sfera d'influenza della Spagna.

Con la firma del trattato la Valtellina ritornava sotto il dominio dei grigioni che ne permettevano il culto cattolico in cambio di un tributo annuo. I magistrati venivano eletti dai valtellinesi e approvati dai grigioni. La fortezze passavano sotto il controllo del papa che provvedeva alla loro demolizione. Finivano le ostilità tra le parti (Francia e Spagna) ad anche tra i loro alleati entro 4 mesi, eventualmente costringendoli con la forza.

Il trattato si rivelò tutt'altro che risolutivo, e si rivelò un sostanziale scacco diplomatico per la Francia; l'esercito spagnolo, infatti, anche grazie alla complicità delle forze di occupazione pontificie, riuscì a mantenere le sue posizioni in Valtellina fino al 1639. Come risultato le ostilità tra Francia e Spagna sarebbero riprese di lì a poco, questa volta per il possesso del Monferrato e del Ducato di Mantova, e sarebbero poi sfociate nel 1635 nell'intervento francese nella Guerra dei trent'anni; il conflitto tra i due stati sarebbe proseguito oltre la fine della guerra stessa, terminando solo con la pace dei Pirenei del 1659. Dal punto di vista locale, il trattato di Monzón rappresentò un primo passo nel lento processo di allontanamento della Valtellina dalla Confederazione Elvetica.

Se vogliamo, ci sono diversi spunti per ampliare ancora le notizie riguardo la situazione Valtellinese. 

Saluti 

Alberto 

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Buonasera e Buona Epifania, nella calza ho trovato solo cioccolato, per fortuna niente carbone, ma nemmeno monete.. ? 

Per fortuna che ne ho qualcuna da parte, stasera posto Un Tornese Francesco I di Borbone anno 1827 Magliocca 478. Vi riporto quello che ho trovato sul web relativo agli avvenimenti del 1827. Come al solito riprendo delle notizie sia del Regno che esteri. 

Ve li riepilogo. Decreto del 28 Luglio 1827 con il quale Francesco I nomina 4 ufficiali dell'ordine di San Gennaro. La guerra de Los Agraviados in Spagna. Entrata in Carboneria da parte di Giuseppe Mazzini. La battaglia di Navarino nel porto del Peloponneso. 

SI ebbe nel 1827, la cosiddetta guerra de los Agraviados, una rivolta scoppiata in Catalogna e diffusa nella regione di Valencia, in Aragona, nel Paese Basco e, addirittura, in Andalusia, scatenata da chi considerava troppo timida la restaurazione assolutista condotta da Ferdinando[1], con particolare riferimento al mancato ristabilimento dell'Inquisizione.[2] Si raccolsero sino a 30.000 uomini armati, che giunsero a controllare gran parte della Catalogna ed alcune regioni del nord ed a costituirsi in governo autonomo.

Il sovrano intervenne personalmente, recandosi a Tarragona, ove spense la rivolta e promise un'amnistia, salvo poi giustiziare o costringere all'esilio in Francia i capi della rivolta.

Si constata quindi come Ferdinando distribuisse in modo piuttosto equanime la propria crudeltà, e come fosse un sovrano di polso: tanto che, quando egli venne a mancare, scemò la possibilità di controllare simili episodi, e si crearono le condizioni per le successive guerre carliste.

Giuseppe Mazzini
Laureato in Legge nel 1827, entrò l'anno appresso nella Carboneria, per conto della quale svolse una serie di delicate missioni segrete in Liguria e in Toscana

La battaglia di Navarino fu combattuta nelle acque del porto del Peloponneso il 20 ottobre 1827, nel quadro della guerra d'indipendenza greca. Le flotte alleate inglesi, francesi e russe distrussero la flotta egiziana di Ibrāhīm Pascià, inviata in aiuto alle forze ottomane impegnate nella repressione greca.

 

Saluti 

Alberto 

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