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Addio a Benedetto XVI


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Oggi Benedetto XVI ha fatto ritorno alla casa di Nostro Signore.

Che il Signore lo accolga fra le Sue braccia.

 

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Inviato

Ho un ricordo molto tenero di questo Pontefice, ed in particolare del giorno della sua elezione. 

Ricordo che quel giorno uggioso, proprio prima della fumata bianca, vidi un evento (o un segno) molto particolare: sul tetto della Collegiata un corvo con ramo nel becco scacciò via prima una trentina di piccioni, poi si diresse con veemenza contro altri corvi. Una volta che il tetto fu totalmente sgombro iniziò a portare dei rami e costruire qualcosa del tetto. Naturalmente qualcuno potrebbe dire voleva fare semplicemente un nido, ma in quella posizione è impossibile essendo al centro del tetto.

Poi mi ricordai di un'antica tradizione ungherese nella quale i Bavaresi erano anche chiamati i 'corvi', quindi ero quasi sicuro che sarebbe stato eletto un tedesco (e in cuor mio speravo in Ratzinger).

E pochi minuti dopo ne avevo la conferma.


Inviato

Ho ritrovato un vecchio articolo che avevo salvato dopo le "dimissioni" di Papa Benedetto.

Improvvisamente e inspiegabilmente, lo IOR era stato escluso da SWIFT; con ciò, tutti i pagamenti del Vaticano erano resi impossibili, e la Chiesa era trattata alla stregua di uno stato-terrorista (secundum America), come l’Iran. Era la rovina economica, ben preparata da una violenta campagna contro lo IOR, confermata dalla apertura di inchieste penali della magistratura italiana (che non manca mai di obbedire a certi ordini internazionali).

Quando una banca o un territorio è escluso dal Sistema, come lo fu nel caso del Vaticano nei giorni che precedettero le dimissioni di Benedetto XVI nel febbraio 2013, tutte le transazioni sono bloccate. Senza aspettare l’elezione di papa Bergoglio, il sistema Swift è stato sbloccato all’annuncio delle dimissioni di Benedetto XVI.

 C’è stato un ricatto venuto da non si sa dove, per il tramite di Swift, esercitato su Benedetto XVI. Le ragioni profonde di questa storia non sono state chiarite, ma è chiaro che SWIFT è intervenuto direttamente nella direzione degli affari della Chiesa.

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1 ora fa, fagiolino dice:

Ho ritrovato un vecchio articolo che avevo salvato dopo le "dimissioni" di Papa Benedetto.

Cerchiamo, per cortesia, di evitare polemiche e dietrologie che porterebbero, temo, alla chiusura del topic. Se si dovesse arrivare a questo sarebbe, prima di tutto, una mancanza di rispetto alla memoria di Benedetto XVI.

Grazie.

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Inviato

“C’è stato un ricatto venuto da non si sa dove, per il tramite di Swift, esercitato su Benedetto XVI. Le ragioni profonde di questa storia non sono state chiarite,

 

E mai lo saranno...depistaggi,ricatti, azioni volte a nascondere la verità purtroppo appartengono al popolo dell'umanità, è sempe stato così e sempre sarà

 

 


Inviato
26 minuti fa, CdC dice:

Cerchiamo, per cortesia, di evitare polemiche e dietrologie che porterebbero, temo, alla chiusura del topic. Se si dovesse arrivare a questo sarebbe, prima di tutto, una mancanza di rispetto alla memoria di Benedetto XVI.

Grazie.

 

No.

Chiedo cortesemente che tutto ciò che non sia relativo al commiato o a ricordi siano eliminati da questa discussione, perché non sono ne il luogo ne il momento adatto per trattare ciò. Grazie.


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BIOGRAFIA 
DI SUA SANTITÀ 

BENEDETTO XVI

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Joseph Ratzinger - Cardinale dal 1977, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede dal 1981, Decano del Collegio Cardinalizio dal 2002 - è nato in Marktl am Inn, nel territorio della Diocesi di Passau (Germania), il 16 aprile dell'anno 1927. 

Suo padre era un commissario di gendarmeria e proveniva da una famiglia di agricoltori della bassa Baviera, le cui condizioni economiche erano piuttosto modeste. La madre era figlia di artigiani di Rimsting, sul lago di Chiem, e prima di sposarsi aveva fatto la cuoca in diversi alberghi. 

Egli ha trascorso la sua infanzia e la sua adolescenza a Traunstein, una piccola città vicino alla frontiera con l'Austria, a circa trenta chilometri da Salisburgo. Ha ricevuto in questo contesto, che egli stesso ha definito "mozartiano", la sua formazione cristiana, umana e culturale. 

Il tempo della sua giovinezza non è stato facile. La fede e l'educazione della sua famiglia lo ha preparato alla dura esperienza dei problemi connessi al regime nazista:  egli ha ricordato di aver visto il suo parroco bastonato dai nazisti prima della celebrazione della Santa Messa e di aver conosciuto il clima di forte ostilità nei confronti della Chiesa cattolica in Germania. 

Ma proprio in questa complessa situazione, egli ha scoperto la bellezza e la verità della fede in Cristo e fondamentale è stato il ruolo della sua famiglia che ha sempre continuato a vivere una cristallina testimonianza di bontà e di speranza radicata nell'appartenenza consapevole alla Chiesa. 
Verso la conclusione di quella tragedia che è stata la Seconda Guerra Mondiale egli venne anche arruolato nei servizi ausiliari antiaerei. 

Dal 1946 al 1951 ha studiato filosofia e teologia presso la Scuola superiore di filosofia e teologia di Frisinga e presso l'Università di Monaco. 

Il 29 giugno dell'anno 1951 è stato ordinato sacerdote. 

Appena un anno dopo, don Joseph ha iniziato la sua attività didattica nella medesima Scuola di Frisinga dove era stato studente. 

Nel 1953 si è laureato in teologia con una dissertazione sul tema:  "Popolo e Casa di Dio nella Dottrina della Chiesa di sant'Agostino". 

Nel 1957 ha fatto la libera docenza col noto professore di teologia fondamentale di Monaco, Gottlieb Söhngen, con un lavoro su: "La teologia della storia di san Bonaventura". 

Dopo un incarico di dogmatica e di teologia fondamentale presso la Scuola superiore di Frisinga, egli ha continuato la sua attività di insegnamento a Bonn (1959-1969), a Münster (1963-1966) e a Tubinga (1966-1969). Dal 1969 è professore di dogmatica e di storia dei dogmi presso l'Università di Ratisbona dove ha ricoperto anche l'incarico di Vice Preside dell'Università. 

La sua intensa attività scientifica lo ha portato a svolgere importanti incarichi in seno alla Conferenza Episcopale Tedesca, nella Commissione Teologica Internazionale. 

Tra le sue pubblicazioni, numerose e qualificate, particolare eco ha avuto "Introduzione al cristianesimo" (1968), una raccolta di lezioni universitarie sulla "professione di fede apostolica". 
Nel 1973, poi, è stato pubblicato il volume: "Dogma e Predicazione" che raccoglie i saggi, le meditazioni e le omelie dedicate alla pastorale. 

Una vastissima risonanza ha poi avuto la sua arringa pronunciata dinanzi all'Accademia cattolica bavarese sul tema: "Perché io sono ancora nella Chiesa?". Ebbe a dichiarare con la sua consueta chiarezza: "Solo nella Chiesa è possibile essere cristiani e non accanto alla Chiesa". 

La serie delle sue incalzanti pubblicazioni è proseguita copiosa e puntuale nel corso degli anni, costituendo un punto di riferimento per tante persone e certamente per quanti sono impegnati nello studio approfondito della teologia. Si pensi, ad esempio, al volume "Rapporto sulla fede" del 1985 e a "Il sale della terra" del 1996. Va ricordato anche il libro "Alla scuola della Verità" dato alle stampe in occasione del suo settantesimo compleanno. 

Di grande valore, centrale nella vita del Pastore Ratzinger, è stata l'alta e proficua esperienza della sua partecipazione al Concilio Vaticano II con la qualifica di "esperto" che egli ha vissuto anche come conferma della propria vocazione da lui definita "teologica". 

Il 25 marzo 1977 Papa Paolo VI lo ha nominato Arcivescovo di München und Freising. 

Ha ricevuto l'ordinazione episcopale il 28 maggio dello stesso anno:  primo sacerdote diocesano ad assumere, dopo ottant'anni, il governo pastorale della grande Diocesi bavarese. Egli ha scelto come motto episcopale: "Collaboratori della Verità". 

Sempre Papa Montini lo ha creato e pubblicato Cardinale, del Titolo di Santa Maria Consolatrice al Tiburtino, nel Concistoro del 27 giugno 1977. 

È stato Relatore alla Quinta Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi (1980) sul tema della famiglia cristiana nel mondo contemporaneo. In quell'occasione, nella sua prima Relazione, ha svolto un'ampia e puntuale analisi sulla situazione della famiglia nel mondo, sottolineando in proposito la crisi della cultura tradizionale di fronte alla mentalità tecnicistica e meramente razionale. Accanto agli aspetti negativi, non ha mancato di evidenziare la riscoperta del vero personalismo cristiano come lievito che feconda l'esperienza coniugale di molte coppie di sposi, ed ha rivolto anche un invito ad una retta valutazione del ruolo della donna, che va annoverata tra le questioni fondamentali nella riflessione sul matrimonio e sulla famiglia. Nella seconda parte della relazione, dedicata al disegno di Dio sulle famiglie di oggi, ha ricordato soprattutto che la mascolinità e la femminilità sono espressione della comunione delle persone come segno originale del dono d'amore del Creatore.

Ne consegue - ha sottolineato - che l'amore dell'uomo e della donna non è cosa privata, né profana, né meramente biologica, ma qualcosa di sacro che introduce ad uno "stato", ad una nuova forma di vita, permanente e responsabile. Il matrimonio e la famiglia - ha ricordato con forza - precedono in qualche modo la cosa pubblica, e quest'ultima deve rispettare il diritto proprio del matrimonio e della famiglia e il suo intimo mistero. Nella terza parte il Porporato ha affrontato i problemi pastorali legati alla famiglia:  da quello della costruzione di una comunità di persone a quello della generazione della vita, dal ruolo educativo dei genitori alla necessità della preparazione dei giovani al matrimonio e alla vita familiare, dai compiti sociali a quelli culturali e morali. La famiglia, ha concluso, può testimoniare dinanzi al mondo una nuova umanità di fronte al dominio del materialismo, dell'edonismo e della permissività. 

È stato anche Presidente Delegato della Sesta Assemblea (1983) che ha avuto per tema la riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa. Nel suo intervento ai lavori ha ribadito le norme pastorali promulgate dalla Congregazione per la Dottrina della Fede riguardanti il Sacramento della Riconciliazione ed ha approfondito, in particolare, le questioni legate a due interrogativi emersi più volte durante i lavori assembleari:  quello riguardante l'obbligo di confessare i peccati gravi già assolti durante l'assoluzione generale e quello concernente la confessione personale come elemento essenziale del Sacramento. 

La sua parola ha offerto un contributo fondamentale di riflessione e di confronto nello svolgimento di tutti i Sinodi dei Vescovi. 

Il 25 novembre 1981 Giovanni Paolo II lo ha nominato Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. È divenuto anche Presidente della Pontificia Commissione Biblica e della Commissione Teologica Internazionale. Il 15 febbraio 1982 ha quindi rinunciato al governo pastorale dell'Arcidiocesi di München und Freising. 

Il suo servizio come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede è stato instancabile ed è impresa impossibile elencare questo lavoro nello spazio di una biografia. La sua opera, come  Collaboratore  di  Giovanni  Paolo II, è stata continua e preziosa. 

Tra i tantissimi punti-fermi della sua opera, va segnalato il suo ruolo di Presidente della Commissione per la Preparazione del Catechismo della Chiesa Cattolica. 

Il 5 aprile 1993 è stato chiamato a far parte dell'Ordine dei Vescovi e ha preso possesso del Titolo della Chiesa Suburbicaria di Velletri-Segni. 

Il 6 novembre 1998 è stato nominato Vice-Decano del Collegio Cardinalizio e il 30 novembre 2002 è divenuto Decano:  ha preso possesso del Titolo della Chiesa Suburbicaria di Ostia. 
Sino all'elezione alla Cattedra di Pietro egli è stato Membro del Consiglio della II Sezione della Segreteria di Stato; delle Congregazioni per le Chiese Orientali, per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, per i Vescovi, per l'Evangelizzazione dei Popoli, per l'Educazione Cattolica; del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani; della Pontificia Commissione per l'America Latina e della Pontificia Commissione "Ecclesia Dei". 

In occasione del suo cinquantesimo di ordinazione sacerdotale, Giovanni Paolo II gli ha inviato un messaggio nel quale, riferendosi alla coincidenza del suo giubileo con la solennità liturgica dei Santi Pietro e Paolo, con parole in qualche modo "profetiche" gli ha ricordato che "in Pietro risalta il principio di unità, fondato sulla fede salda come roccia del Principe degli Apostoli; in Paolo l'esigenza intrinseca del Vangelo di chiamare ogni uomo ed ogni popolo all'obbedienza della fede.

Queste due dimensioni si congiungono alla comune testimonianza di santità, che ha cementato la generosa dedizione dei due apostoli al servizio della immacolata Sposa di Dio. Come non scorgere in queste due componenti - si è chiesto Giovanni Paolo II - anche le coordinate fondamentali del cammino che la Provvidenza ha disposto per Lei, Signor Cardinale, chiamandola al Sacerdozio?". 

Al Cardinale Ratzinger sono state affidate le meditazioni della Via Crucis 2005 celebrata al Colosseo. In quell'indimenticabile Venerdì Santo, Giovanni Paolo II, stretto, quasi aggrappato al Crocifisso, in una struggente "icona" di sofferenza, ha ascoltato in silenzioso raccoglimento le parole di colui che sarebbe divenuto il suo Successore sulla Cattedra di Pietro. Significativamente, il leitmotiv della Via Crucis è stata la parola pronunciata da Gesù la Domenica delle Palme, con la quale - immediatamente dopo il suo ingresso a Gerusalemme - risponde alla domanda di alcuni greci che lo volevano vedere: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12, 24). Con queste parole il Signore ha offerto una interpretazione "eucaristica" e "sacramentale" della sua Passione. Ci mostra - è stata la riflessione del Porporato - che la Via Crucis non è semplicemente una catena di dolore, di cose nefaste, ma è un mistero: è proprio questo processo nel quale il chicco di grano cade in terra e porta frutto. Con altre parole, ci mostra che la Passione è un'offerta di se stesso e questo sacrificio porta frutto e diventa quindi un dono per tutti. 

Le sue riflessioni risuonate la sera del Venerdì Santo nel suggestivo scenario del Colosseo sono rimaste impresse nelle coscienze degli uomini. "Non dobbiamo pensare anche - è stato il suo vibrante invito nella meditazione della nona stazione - a quanto Cristo debba soffrire per la sua stessa Chiesa? A quante volte si abusa del santo sacramento della sua presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso egli entra! Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza renderci conto di lui! Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c'è in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c'è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!". "Signore - è stata la preghiera scaturita dal suo cuore -, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. Ma siamo noi stessi a sporcarli! Siamo noi stessi a tradirti ogni volta, dopo tutte le nostre grandi parole, i nostri grandi gesti. Abbi pietà della tua Chiesa... Ti sei rialzato, sei risorto e puoi rialzare anche noi. Salva e santifica la tua Chiesa. Salva e santifica tutti noi". 

Appena ventiquattr'ore prima della morte di Giovanni Paolo II, ricevendo a Subiaco il "Premio San Benedetto" promosso dalla Fondazione sublacense "Vita e famiglia", aveva ribadito con parole oggi particolarmente eloquenti: "Abbiamo bisogno di uomini come Benedetto da Norcia, che in un tempo di dissipazione e di decadenza, si sprofondò nella solitudine più estrema, riuscendo, dopo tutte le purificazioni che dovette subire, a risalire alla luce. Ritornò e fondò Montecassino, la città sul monte che, con tante rovine, mise insieme le forze dalle quali si formò un mondo nuovo. Così Benedetto, come Abramo, diventò padre di molti popoli". 

Venerdì 8 aprile egli - come Decano del Collegio Cardinalizio - ha presieduto la Santa Messa esequiale di Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro. La sua omelia, si può dire, ha espresso la grande fedeltà al Papa e la sua stessa missione. ""Seguimi" dice il Signore risorto a Pietro, come sua ultima parola a questo discepolo, scelto per pascere le sue pecore. "Seguimi" - questa parola lapidaria di Cristo può essere considerata la chiave per comprendere il messaggio che viene dalla vita del nostro compianto ed amato Papa Giovanni Paolo II, le cui spoglie deponiamo oggi nella terra come seme di immortalità - il cuore pieno di tristezza, ma anche di gioiosa speranza e di profonda gratitudine". 

"Seguimi!" è stata la parola-chiave, il filo-conduttore dell'omelia che il Cardinale Ratzinger ha rivolto al mondo intero durante le esequie del Santo Padre. Una parola che racconta la missione di Giovanni Paolo II ed è allo stesso tempo una esortazione che raggiunge ogni persona. 

""Seguimi!" Insieme al mandato di pascere il suo gregge, Cristo annunciò a Pietro il suo martirio - sono le incalzanti parole del Cardinale Ratzinger nella sua vibrante e commossa omelia esequiale -. Con questa parola conclusiva e riassuntiva del dialogo sull'amore e sul mandato di pastore universale, il Signore richiama un altro dialogo, tenuto nel contesto dell'ultima cena. Qui Gesù aveva detto: "Dove vado io voi non potete venire". Disse Pietro: "Signore, dove vai?". Gli rispose Gesù: "Dove io vado per ora tu non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi" (Gv 13, 33.36). Gesù dalla cena va alla croce, va alla risurrezione - entra nel mistero pasquale; Pietro ancora non lo può seguire.

Adesso - dopo la risurrezione - è venuto questo momento, questo "più tardi". Pascendo il gregge di Cristo, Pietro entra nel mistero pasquale, va verso la croce e la risurrezione. Il Signore lo dice con queste parole, "...quando eri più giovane... andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi" (Gv 21, 18). Nel primo periodo del suo Pontificato il Santo Padre, ancora giovane e pieno di forze, sotto la guida di Cristo andava fino ai confini del mondo. Ma poi sempre più è entrato nella comunione delle sofferenze di Cristo, sempre più ha compreso la verità delle parole:  "Un altro ti cingerà...". E proprio in questa comunione col Signore sofferente ha instancabilmente e con rinnovata intensità annunciato il Vangelo, il mistero dell'amore che va fino alla fine (cfr Gv 13, 1)". 

"Egli - ha affermato il Cardinale Ratzinger - ha interpretato per noi il mistero pasquale come mistero della divina misericordia... Il Papa ha sofferto ed amato in comunione con Cristo e perciò il messaggio della sua sofferenza e del suo silenzio è stato così eloquente e fecondo". E ha così concluso, con parole che costituiscono una "sintesi", si può dire, del Pontificato di Giovanni Paolo II ma anche della sua stessa missione di fedele, diretto e stretto Collaboratore del Papa dal 1981 come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede: "Divina Misericordia:  Il Santo Padre ha trovato il riflesso più puro della misericordia di Dio nella Madre di Dio. Lui, che aveva perso in tenera età la mamma, tanto più ha amato la Madre divina. Ha sentito le parole del Signore crocifisso come dette proprio a lui personalmente: "Ecco tua madre!". Ed ha fatto come il discepolo prediletto:  l'ha accolta nell'intimo del suo essere - Totus tuus. E dalla madre ha imparato a conformarsi a Cristo. Per tutti noi rimane indimenticabile come in questa ultima domenica di Pasqua della sua vita, il Santo Padre, segnato dalla sofferenza, si è affacciato ancora una volta alla finestra del Palazzo Apostolico ed un'ultima volta ha dato la benedizione "Urbi et orbi". Possiamo essere sicuri che il nostro amato Papa sta adesso alla finestra della casa del Padre, ci vede e ci benedice. Sì, ci benedica, Santo Padre. Noi affidiamo la tua cara anima alla Madre di Dio, tua Madre, che ti ha guidato ogni giorno e ti guiderà adesso alla gloria eterna del Suo Figlio, Gesù Cristo nostro Signore". 

Alla vigilia della sua elezione al Soglio Pontificio, nella mattina di lunedì 18 aprile, nella Basilica Vaticana, ha celebrato la Santa Messa "pro eligendo Romano Pontifice" insieme con i 115 Cardinali, a poche ore dall'inizio del Conclave che lo avrebbe eletto. "In quest'ora di grande responsabilità - ha esortato all'omelia -, ascoltiamo con particolare attenzione quanto il Signore ci dice". Riferendosi alle letture della Liturgia, ha ricordato che "la misericordia divina pone un limite al male. Gesù Cristo è la misericordia divina in persona:  incontrare Cristo significa incontrare la misericordia di Dio. Il mandato di Cristo è divenuto mandato nostro attraverso l'unzione sacerdotale; siamo chiamati a promulgare - non solo a parole ma con la vita, e con i segni efficaci dei sacramenti, "l'anno di misericordia del Signore"". "La misericordia di Cristo - ha sottolineato - non è una grazia a buon mercato, non suppone la banalizzazione del male. Cristo porta nel suo corpo e sulla sua anima tutto il peso del male, tutta la sua forza distruttiva. Egli brucia e trasforma il male nella sofferenza, nel fuoco del suo amore sofferente". "Quanto più siamo toccati dalla misericordia del Signore - ha aggiunto -, tanto più entriamo in solidarietà con la sua sofferenza - diveniamo disponibili a completare nella nostra carne "quello che manca ai patimenti di Cristo"". 

"Non dovremmo rimanere fanciulli nella fede, in stato di minorità - ha poi esortato -. Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde - gettata da un estremo all'altro:  dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all'individualismo radicale; dall'ateismo ad un vago misticismo religioso; dall'agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice san Paolo sull'inganno degli uomini, sull'astuzia che tende a trarre nell'errore (cfr Ef 4, 14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare "qua e là da qualsiasi vento di dottrina", appare come l'unico atteggiamento all'altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie.

Noi, invece, abbiamo un'altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. È lui la misura del vero umanesimo. "Adulta" non è una fede che segue le onde della moda e l'ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell'amicizia con Cristo. È quest'amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità. Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo". "Il nostro ministero - ha ricordato in conclusione - è un dono di Cristo agli uomini, per costruire il suo corpo - il mondo nuovo. Viviamo il nostro ministero così, come dono di Cristo agli uomini! Ma in questa ora, soprattutto, preghiamo con insistenza il Signore, perché dopo il grande dono di Papa Giovanni Paolo II, ci doni di nuovo un pastore secondo il suo cuore, un pastore che ci guidi alla conoscenza di Cristo, al suo amore, alla vera gioia". 

 

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Lo Stemma
di Papa Benedetto XVI

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Fin dai tempi medioevali, gli stemmi sono diventati di uso comune per i guerrieri e per la nobiltà, e si è quindi venuto sviluppando un ben articolato linguaggio che regola e descrive l'araldica civile. Parallelamente, anche per il clero si è formata un'araldica ecclesiastica. Essa segue le regole di quella civile per la composizione e la definizione dello scudo, ma vi pone intorno simboli ed insegne di carattere ecclesiastico e religioso, secondo i gradi dell'Ordine sacro, della giurisdizione e della dignità. È tradizione, da almeno otto secoli, che anche i Papi abbiano un proprio stemma personale, oltre a simbolismi propri della Sede Apostolica. Particolarmente nel Rinascimento e nei secoli successivi, era uso decorare con lo stemma del Sommo Pontefice felicemente regnante tutte le principali opere da lui eseguite. Stemmi papali appaiono infatti in opere di architettura, in pubblicazioni, in decreti e documenti di carattere vario. 

Spesso i Papi adottavano lo scudo della propria famiglia, se esso esisteva, oppure componevano uno scudo con simbolismi che indicavano una propria idealità di vita, o un riferimento a fatti o esperienze passate, oppure ad elementi connessi con un proprio programma di pontificato. Talvolta apportavano qualche variante allo scudo che avevano adottato da Vescovi. Anche il Cardinale Giuseppe Ratzinger, eletto Papa ed assumendo il nome di Benedetto XVI, ha scelto uno stemma ricco di simbolismi e di significati, per affidare alla storia la sua personalità ed il suo Pontificato. 

Uno stemma, come si sa, si compone di uno scudo, che porta alcuni simboli significativi, ed è circondato da elementi, che indicano la dignità, il grado, il titolo, la giurisdizione, ecc. Lo scudo adottato dal Papa Benedetto XVI ha una composizione molto semplice:  esso è del tipo a calice, che è la forma maggiormente usata nell'araldica ecclesiastica (un'altra forma è quella a testa di cavallo, come adottò Paolo VI). All'interno, variando la composizione nei rispetti del suo scudo cardinalizio, lo scudo di Papa Benedetto XVI è diventato:  di rosso, cappato di oro. Il campo principale, infatti, che è di rosso, porta due campiture laterali negli angoli superiori a modo di "cappa", che sono di oro. La "cappa" è un simbolo di religione. Essa indica una idealità ispirata alla spiritualità monastica, e più tipicamente a quella benedettina. Vari Ordini o Congregazioni religiose hanno adottato la forma "cappata" nel loro stemma, come ad esempio i Carmelitani, ed i Domenicani, anche se questi ultimi lo portavano solo in una simbologia più primitiva della loro attuale. Benedetto XIII, Pietro Francesco Orsini (1724-1730), dell'Ordine dei Predicatori, adottò il "capo domenicano", che è di bianco cappato di nero. 

Lo scudo di Papa Benedetto XVI contiene dei simbolismi che egli già aveva introdotto nel suo stemma come Arcivescovo di München und Freising (Monaco e Frisinga), e poi come Cardinale. Essi però nella nuova composizione sono ora ordinati in un modo diverso. Il campo principale dello stemma è quello centrale, che è di rosso. Nel punto più nobile dello scudo, vi è una grande conchiglia di oro, la quale ha una triplice simbologia. Essa dapprima ha un significato teologico:  vuole ricordare la leggenda attribuita a sant'Agostino, il quale incontrando un giovinetto sulla spiaggia, che con una conchiglia cercava di mettere tutta l'acqua del mare in una buca di sabbia, gli chiese cosa facesse. Quello gli spiegò il suo vano tentativo, ed Agostino capì il riferimento al suo inutile sforzo di tentare di far entrare l'infinità di Dio nella limitata mente umana. La leggenda ha un evidente simbolismo spirituale, per invitare a conoscere Dio, seppure nell'umiltà delle inadeguate capacità umane, attingendo alla inesauribilità dell'insegnamento teologico. La conchiglia, inoltre è da secoli usata per rappresentare il pellegrino:  simbolismo che Benedetto XVI vuole mantenere vivo, calcando le orme di Giovanni Paolo II, grande pellegrino in ogni parte del mondo. La casula da Lui usata nella solenne liturgia dell'inizio del suo Pontificato, domenica 24 aprile, portava con evidenza il disegno di una grande conchiglia. Essa è anche il simbolo presente nello stemma dell'antico Monastero di Schotten, presso Regensburg (Ratisbona) in Baviera, cui Joseph Ratzinger si sente spiritualmente molto legato. 

Nella parte dello scudo denominata "cappa", vi sono anche due simboli venuti dalla tradizione della Baviera, che Joseph Ratzinger divenuto nel 1977 Arcivescovo di Monaco e Frisinga aveva introdotto nel suo stemma arcivescovile. Nel cantone destro dello scudo (a sinistra di chi guarda) vi è una testa di moro al naturale (ovvero di colore bruno), con labbra, corona e collare di rosso. È l'antico simbolo della Diocesi di Frisinga, nata nell'VIII secolo, diventata Arcidiocesi Metropolitana col nome di Monaco e Frisinga nel 1818, dopo il Concordato tra Pio VII ed il Re Massimiliano Giuseppe di Baviera (5 giugno 1817). La testa di Moro non è rara nell'araldica europea. Essa appare tutt'oggi in molti stemmi della Sardegna e della Corsica, oltre a vari blasoni di famiglie nobili. Anche nello stemma del Papa Pio VII, Barnaba Gregorio Chiaramonti (1800- 1823), apparivano tre teste di Moro. Ma il Moro nell'araldica italica in generale porta intorno alla testa una banda bianca, che indica lo schiavo reso libero, e non è coronato, mentre lo è nell'araldica germanica. Nella tradizione bavarese la testa di moro appare infatti molto spesso, ed è denominata caput ethiopicum, o moro di Frisinga.

Nel cantone sinistro della cappa, compare un orso, di colore bruno (al naturale), che porta un fardello sul dorso. Un'antica tradizione racconta come il primo Vescovo di Frisinga, san Corbiniano (nato verso il 680 in Chartres, Francia, morto l'8 settembre 730), messosi in viaggio per recarsi a Roma a cavallo, mentre attraversava una foresta fu assalito da un orso, che gli sbranò il cavallo. Egli però riuscì non solo ad ammansire l'orso, ma a caricarlo dei suoi bagagli facendosi accompagnare da lui fino a Roma. Per cui l'orso è rappresentato con un fardello sul dorso. La facile interpretazione della simbologia vuole vedere nell'orso addomesticato dalla grazia di Dio lo stesso Vescovo di Frisinga, e suole vedere nel fardello il peso dell'episcopato da lui portato. 

Lo scudo dello stemma papale può quindi essere descritto ("blasonato") secondo il linguaggio araldico nel seguente modo:  "Di rosso, cappato di oro, alla conchiglia dello stesso; la cappa destra, alla testa di moro al naturale, coronata e collarinata di rosso; la cappa sinistra, all'orso al naturale, lampassato e caricato di un fardello di rosso, cinghiato di nero".

Lo scudo reca al suo interno - come abbiamo descritto - le simbologie legate alla persona che se ne fregia, alle sue idealità, alle sue tradizioni, ai suoi programmi di vita ed ai principi che lo ispirano e lo guidano. I vari simboli del grado, della dignità e della giurisdizione dell'individuo appaiono invece all'intorno dello scudo. È tradizione, da tempo immemorabile, che il Sommo Pontefice porti nel suo stemma, intorno allo scudo, le due chiavi "decussate" (ovvero incrociate in croce di s. Andrea), una d'oro e una d'argento:  da vari autori interpretate come i simboli del potere spirituale e del potere temporale. Esse appaiono dietro allo scudo, o al di sopra di esso, affermandosi con una certa evidenza. Il Vangelo di Matteo narra che Cristo ha detto a Pietro "A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli" (cap. 16, v.19). Le chiavi sono quindi il tipico simbolo del potere dato da Cristo a San Pietro ed ai suoi successori. Pertanto, esse giustamente appaiono in ogni stemma papale. 

Nell'araldica civile vi è sempre al di sopra dello scudo un copricapo, in generale una corona. Anche nell'araldica ecclesiastica appare normalmente un copricapo, evidentemente di tipo ecclesiastico. Nel caso del Sommo Pontefice fin dai tempi antichi appare una "tiara". Essa era all'inizio un tipo di "tocco" chiuso. Nel 1130 fu accompagnato da una corona, simbolo di sovranità sugli Stati della Chiesa. Bonifacio VIII, nel 1301, aggiunse una seconda corona, al tempo del confronto col Re di Francia, Filippo il Bello, per significare la sua autorità spirituale al di sopra di quella civile. Fu Benedetto XII, nel 1342 ad aggiungere una terza corona per simbolizzare l'autorità morale del Papa su tutti i monarchi civili, e riaffermare il possesso di Avignone. Col tempo, perdendo i suoi significati di carattere temporale, la tiara d'argento con le tre corone d'oro è rimasta a rappresentare i tre poteri del Sommo Pontefice:  di Ordine sacro, di Giurisdizione e di Magistero. Negli ultimi secoli, i Papi usarono la tiara nei pontificali solenni, ed in particolare nel giorno della "incoronazione", all'inizio del loro pontificato. Paolo VI usò per tale funzione una preziosa tiara regalatagli dalla diocesi di Milano, come già questa aveva fatto per Pio XI, ma poi la destinò ad opere di beneficenza ed iniziò l'uso corrente di una semplice "mitra" (o "mitria"), pur talvolta impreziosita da decorazioni o gemme. Egli però lasciò la "tiara" insieme con le chiavi decussate come simbolo della Sede Apostolica. 

Oggi, giustamente, la cerimonia con cui il Sommo Pontefice inaugura solennemente il suo Pontificato non si chiama più "incoronazione", come si diceva in passato. La piena giurisdizione del Papa, infatti, inizia dal momento della sua accettazione dell'elezione fatta dai Cardinali in Conclave e non da una incoronazione, come per monarchi civili. Per cui tale cerimonia si denomina semplicemente come solenne inizio del suo Ministero Petrino, come è avvenuto per Benedetto XVI, il 24 aprile corrente.

Il Santo Padre Benedetto XVI ha deciso di non mettere più la tiara nel suo stemma ufficiale personale, ma di porre solo una semplice mitra, che non è quindi sormontata da una piccola sfera e da una croce come lo era la tiara. La mitra pontificia raffigurata nel suo stemma, a ricordo delle simbologie della tiara, è di argento e porta tre fasce d'oro (i tre suddetti poteri di Ordine, Giurisdizione e Magistero), collegati verticalmente fra di loro al centro per indicare la loro unità nella stessa persona. 

Un simbolo del tutto nuovo nello stemma del Papa Benedetto XVI è invece la presenza del "pallio". Non è tradizione, almeno recente, che i Sommi Pontefici lo rappresentino nel loro stemma. Tuttavia, il pallio è la tipica insegna liturgica del Sommo Pontefice, e compare molto spesso in antiche raffigurazioni papali. Indica l'incarico di essere il pastore del gregge a Lui affidato da Cristo. Nei primi secoli i Papi usavano una vera pelle di agnello poggiata sulla spalla. Poi entrò nell'uso un nastro di lana bianca, intessuto con pura lana di agnelli allevati per tale scopo. Il nastro portava alcune croci, che nei primi secoli erano in nero, oppure talvolta in rosso. Già nel IV secolo il pallio era una insegna liturgica propria e tipica del Papa. Il conferimento del pallio da parte del Papa agli arcivescovi metropoliti iniziò nel VI secolo. L'obbligo da parte di questi di postulare il pallio dopo la loro nomina è attestato fin dal IX secolo. Nella famosa lunga serie iconografica dei medaglioni che nella Basilica di San Paolo riportano l'effigie di tutti i Papi della storia (benché particolarmente i più antichi siano di fattezze idealizzate) moltissimi Sommi Pontefici sono raffigurati con il pallio, particolarmente tutti quelli fra il V ed il XIV secolo. Il pallio è quindi il simbolo non solo della giurisdizione papale, ma anche il segno esplicito e fraterno del compartire questa giurisdizione con gli Arcivescovi metropoliti, e mediante questi con i Vescovi loro suffraganei. Esso quindi è segno visibile della collegialità e della sussidiarietà. Anche vari Patriarchi Orientali usano una forma antichissima, molto simile al pallio, detta omophorion.

Nell'araldica in generale, sia civile, sia ecclesiastica (particolarmente nei gradi inferiori) è uso mettere al di sotto dello scudo un nastro, o cartiglio, che reca un motto, o divisa. Esso riporta in una sola o in poche parole una idealità, o un programma di vita. Il Cardinale Giuseppe Ratzinger aveva nel suo stemma arcivescovile e cardinalizio il motto: "Cooperatores Veritatis". Esso rimane come sua aspirazione e programma personale, ma non compare nello stemma papale, secondo la comune tradizione degli stemmi dei Sommi Pontefici negli ultimi secoli. Tutti ricordiamo come Giovanni Paolo II citasse spesso il motto "Totus Tuus", sebbene non figurasse nel suo stemma papale. La mancanza di un motto nello stemma del Papa non vuol dire mancanza di programma, ma significa invece apertura senza esclusione a tutte le idealità che derivino dalla fede, dalla speranza e dalla carità. 

 

Mons. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo
Nunzio apostolico

 
 

Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana

 

https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/elezione/documents/stemma-benedict-xvi.html


Inviato
16 ore fa, pato19 dice:

E mai lo saranno...depistaggi,ricatti, azioni volte a nascondere la verità purtroppo appartengono al popolo dell'umanità, è sempe stato cosi 

Fa davvero piacere vedere come gli inviti alla moderazione siano seguiti <_<

16 ore fa, ARES III dice:

Chiedo cortesemente che tutto ciò che non sia relativo al commiato o a ricordi siano eliminati da questa discussione, perché non sono ne il luogo ne il momento adatto per trattare ciò.

Per ora resta tutto visibile, il CdC vuole continuare a confidare nel buon senso di tutti.

Non dovesse essere così, non si potranno che adottare i necessari provvedimenti nei confronti di chi, anche in questa occasione triste, non riesce ad astenersi dalle polemiche.


Inviato
53 minuti fa, CdC dice:

Fa davvero piacere vedere come gli inviti alla moderazione siano seguiti

Fa davvero dispiacere vedere che non sei d'accordo con me.

Non ho fatto nessuna polemica, ho solo espresso la mia opinione che penso che forse qualcuno anche condividerà, altrimente fa niente ,se tu nelle mie parole trovi qualcosa di sbagliato,polemico,offensivo, questa è solamente la Tua opinione.

Auguri 


Supporter
Inviato

La risposta agli scandali

Gli ultimi anni sono segnati dal riesplodere dello scandalo pedofilia e da Vatileaks, la fuga di documenti sottratti dalla scrivania papale e pubblicati in un libro. Benedetto XVI è determinato e duro nell'affrontare il problema della «sporcizia» interna alla Chiesa. Introduce regole severissime contro gli abusi sui minori, chiede alla Curia e ai vescovi di cambiare mentalità. Arriva a dire che la persecuzione più grave per la Chiesa non arriva dai suoi nemici esterni, ma dal peccato all’interno di essa. Un'altra importante riforma è quella finanziaria: è Papa Ratzinger a introdurre in Vaticano le norme antiriciclaggio.

«Chiesa libera da soldi e potere»

Di fronte agli scandali e al carrierismo ecclesiastico, l’anziano Papa tedesco continua a fare richiami alla conversione, alla penitenza e all’umiltà. Durante l’ultimo viaggio in Germania, nel settembre 2011, invita la Chiesa a essere meno mondana: «Gli esempi storici mostrano che la testimonianza missionaria di una Chiesa “demondanizzata” emerge in modo più chiaro. Liberata dai fardelli e dai privilegi materiali e politici, la Chiesa può dedicarsi meglio e in modo veramente cristiano al mondo intero, può essere veramente aperta al mondo…».

 

https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2022-12/benedetto-xvi-dio-amore-editoriale-tornielli.html


Inviato
14 ore fa, pato19 dice:

Non ho fatto nessuna polemica, ho solo espresso la mia opinione che penso che forse qualcuno anche condividerà

Non si tratta di condividere o meno la tua opinione, ma del fatto che questa, in questo contesto, non c'entra niente, siamo qui per commemorare Benedetto XVI, non per discutere sulla natura umana.

Auguri anche a te.


Inviato
13 ore fa, CdC dice:

Non si tratta di condividere o meno la tua opinione, ma del fatto che questa, in questo contesto, non c'entra niente, siamo qui per commemorare Benedetto XVI, non per discutere sulla natura umana.

Auguri anche a te.

Troppa pazienza.

Ci ha lasciato un Uomo straordinario che meriterebbe essere ricordato per quello che ha fatto.

Chi vuole fare polemiche (indipendentemente dalla loro effettiva realtà) dovrebbe capire che questo non è il momento e non è il luogo (in virtù delle nuove normative).

Quindi prego con tutto il cuore @CdC di ripulire tutto ciò che è estraneo al ricordo di Papa Benedetto.  


Supporter
Inviato

A ricordo della monetazione di Papa Benedetto XVI.

https://catalogo-euro.lamoneta.it/riepilogo/SE-B16
 


Supporter
Inviato

La famosa 

DECLARATIO

 

Carissimi Fratelli,

vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice.

Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio.

Dal Vaticano, 10 febbraio 2013

BENEDICTUS PP XVI

https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2013/february/documents/hf_ben-xvi_spe_20130211_declaratio.html


Inviato

Per me il segno maggiore di questo papa sara‘ l‘aver inaugurato in epoca moderna una tradizione di papi che non moriranno in carica ma che per motivi di salute si dimetteranno.

Dal profilo delle idee io non credo che le posizioni di ratzinger rifioriranno in futuro in vaticano.

https://www.rsi.ch/news/svizzera/Ratzinger-e-quellantagonismo-con-Hans-Küng-durato-oltre-settantanni-15905815.html?_r_=_
 

a me sembra che quel che papa francesco predica ora non e‘ la continuazione del pensiero di ratzinger ma e‘ una rottura brusca malgrado lo stesso francesco dica che e‘ in armonia con la dottrina ratzinger.


Supporter
Inviato

Inviato

Quando fu eletto, in tutta sincerità, rimasi deluso (dopo Giovanni Paolo II forse non era una delusione così strana) e durante il suo pontificato non lo apprezzai tantissimo, nonostante fossi sempre d'accordo con quanto predicava. Quando, a seguito delle sue discusse e discutibili dimississioni, fu eletto Francesco capii quanto, invece, apprezzavo inconsciamente Benedetto XVI. Grande uomo e grande testimone della fede. 


Inviato
5 ore fa, Josh81 dice:

Quando fu eletto, in tutta sincerità, rimasi deluso (dopo Giovanni Paolo II forse non era una delusione così strana) e durante il suo pontificato non lo apprezzai tantissimo, nonostante fossi sempre d'accordo con quanto predicava. Quando, a seguito delle sue discusse e discutibili dimississioni, fu eletto Francesco capii quanto, invece, apprezzavo inconsciamente Benedetto XVI. Grande uomo e grande testimone della fede. 

 

Per me uno dei più grandi papi della storia contemporanea. Forse non sarà ricordato come tale, tanto grande è l’ombra, assolutamente meritata, del suo predecessore, e tanto diverso è il suo successore. Ma se leggete ed approfondite vi renderete conto del suo spessore e anche del coraggio che ha dimostrato nel dimettersi. Probabilmente non aveva molta scelta, ma tant’è. 


Inviato (modificato)

Buongiorno,

come già accaduto nel corso della Storia, la grandezza degli uomini meritevoli ,  verrà riconosciuta solo dopo anni dalla loro scomparsa e Benedetto XVI° non farà eccezione.

In ogni modo, giova ricordare che il diritto canonico, non prevede che ci sia un ruolo per il Papa che si dimette né contempla la figura del «papa emerito». Pertanto Benedetto XVI° , Papa  lo é sempre stato. Infatti dichiarò di  rinunciare al ministero di Vescovo di Roma e Successore di San Pietro, ma non ha affatto abdicato al “munus”, ovvero all'ufficio, alla carica del Pontefice che deriva da Dio e da San Pietro. (Le parole sono importanti: dimettersi è rinunciare a delle funzioni, abdicare è rinunciare al titolo di sovrano).

il Codice di Diritto Canonico, alla cui autorità è sottoposto anche il papa, parla chiaro: per abdicare, il papa deve rinunciare al munus petrino, al titolo.

Art. 332 § 2: “Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti” – “Si contingat ut Romanus Pontifex MUNERI suo renuntiet, ad validitatem requiritur ut renuntiatio libere fiat et rite manifestetur”.

Ergo, la rinuncia al solo ministerium, che, come spiegato dal teologo Carlo Maria Pace, resterà solo annunciata e non sarà mai confermata dopo le ore 20.00 del 28 febbraio2013, non fa decadere il papa dal soglio.

un saluto a tutti

per approfondire:https://www.silvanademaricommunity.it/2021/09/10/chi-e-lunico-papa-della-chiesa-cattolica/

Modificato da Saturno
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Inviato

Lo status del papa che ha rinunciato

Con un papa dimissionario, come nel caso di Benedetto XVI, si dovrebbe stabilire la prassi canonica vigente per i vescovi dimissionari: essi diventano "emeriti".

Quindi si ha un vescovo di Roma pleno jure ("con pienezza di potere") che è anche papa, su Roma e su tutta la Chiesa Cattolica; e un vescovo di Roma emerito, che però non è più papa.

Il Romano Pontefice ha un duplice "incarico", in latino munus:

  • Il munus Apostolatus: è l'incarico pastorale, comune ad ogni vescovo, ricevuto con la consacrazione episcopale. In caso di dimissioni, o altro legittimo impedimento, esso resta, ma soltanto come emerito della sede di cui è stato vescovo; per il papa, il munus è stato quello di essere vescovo di Roma, ricevuto nel momento della elezione.
  • Il munus Capitis: è l'incarico di essere Capo della Chiesa, ricevuto dai Cardinali riuniti in conclave, come conseguenza della elezione a vescovo romano. Esso cessa nel caso della rinuncia volontaria, o altro legittimo impedimento.

Il papa dimissionario conserva quindi il titolo di vescovo emerito di Roma, ma non ha più potere giurisdizionale su Roma e quindi neppure sulla intera Chiesa Cattolica.

Il titolo con cui sarà chiamato resta sempre quello di "Santità"; potrà continuare a portare la talare bianca (senza mozzetta); l'anello sarà quello episcopale: quello Piscatorio sarà reso inservibile.

 

https://it.cathopedia.org/wiki/Rinuncia_all'ufficio_di_Romano_Pontefice

 

Cattura.PNG


Supporter
Inviato

Gli ultimi atti consumati nella discrezione dopo l’infinito omaggio pubblico. Ieri dopo essere stata per tre giorni al centro dell’ininterrotto pellegrinaggio tributato da oltre 200 mila persone nella Basilica vaticana, la salma di Benedetto XVI è stata rinchiusa in una bara di cipresso, nella quale sono stati deposti il pallio, le monete e le medaglie del pontificato e il Rogito, un testo custodito in un cilindro di metallo che ricorda i tratti salienti della vita e del ministero del Papa emerito, dalla nascita ai suoi ultimi giorni. Il testo del Rogito è stato letto dal maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, monsignor Diego Ravelli. Dopo le esequie presiedute da Papa Francesco la bara di cipresso verrà inserita in un rivestimento di zinco e quindi in una bara di legno per essere infine tumulata nelle Grotte Vaticane.”

https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2023-01/benedetto-xvi-funerali-rogito-bara-pallio-monete-testo-integrale.html

Qualcuno sa le ragioni dell’inserimento nella bara delle monete e delle medaglie del pontificato di Benedetto XVI?

E’ una tradizione? Risponde a qualche norma? 
 

Grazie.

Domenico

 

 


Supporter
Inviato
3 ore fa, Oppiano dice:

Gli ultimi atti consumati nella discrezione dopo l’infinito omaggio pubblico. Ieri dopo essere stata per tre giorni al centro dell’ininterrotto pellegrinaggio tributato da oltre 200 mila persone nella Basilica vaticana, la salma di Benedetto XVI è stata rinchiusa in una bara di cipresso, nella quale sono stati deposti il pallio, le monete e le medaglie del pontificato e il Rogito, un testo custodito in un cilindro di metallo che ricorda i tratti salienti della vita e del ministero del Papa emerito, dalla nascita ai suoi ultimi giorni. Il testo del Rogito è stato letto dal maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, monsignor Diego Ravelli. Dopo le esequie presiedute da Papa Francesco la bara di cipresso verrà inserita in un rivestimento di zinco e quindi in una bara di legno per essere infine tumulata nelle Grotte Vaticane.”

https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2023-01/benedetto-xvi-funerali-rogito-bara-pallio-monete-testo-integrale.html

Qualcuno sa le ragioni dell’inserimento nella bara delle monete e delle medaglie del pontificato di Benedetto XVI?

E’ una tradizione? Risponde a qualche norma? 
 

Grazie.

Domenico

 

 

 

Penso la prima.

apollonia

  • Grazie 1

Inviato
4 ore fa, Oppiano dice:

 

Кто-нибудь знает причины помещения в гроб монет и медалей понтификата Бенедикта XVI?

Это традиция? Соответствует ли оно каким-либо стандартам? 
 

Спасибо.

Доминик

MONETE E MEDAGLIE. Ai suoi piedi, lo stesso Maggiordomo, deporrà una borsa di velluto cremisi decorata in filo d'oro; al suo interno tre ulteriori sacchetti di velluto rosso contenenti rispettivamente medaglie e monete d'oro, argento e bronzo, tante quanti son stati gli anni di pontificato; ciascuna medaglia, a conio annuale, ha impressa in un lato il volto del defunto papa e nel retro le più prestigiose gesta del suo regno.

  • Grazie 1

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