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Quando un “tesoro” svela un territorio: le monete etrusche di Populonia in un libro non solo per numismatici


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Il tesoro di Populonia, libro a cura di Carolina Megale e Martina Fusi per la collana “Archeologia in Cantiere” (Pacini Editore) è il primo volume, ampiamente illustrato, che racconta al pubblico un aspetto importante di quella città che fu non solo il principale porto degli Etruschi, ma anche luogo dove in Etruria si batteva moneta.

Una zecca nasce sempre in un luogo particolare, dove gli interessi economici e commerciali mettono in comunicazione le risorse di un territorio con i flussi di approvigionamento di materie prime (in questo caso i preziosi metalli), la richiesta di beni di prestigio (gli stessi che ritroviamo nelle splendide necropoli di Baratti), in un luogo privilegiato per gli incontri di comunità molto diverse del Mediterraneo antico. Quindi l’agile volume, che raccoglie i contributi degli autori più esperti dell’archeologia del territorio, oltre che della numismatica, mette in relazione molti fattori, che si condensano poi nel piccolo ma importante museo del territorio stesso, il Museo etrusco Collezione Gasparri, la cui visita può ritenersi un importante completamento rispetto al grande museo di Piombino.

Ecco quindi che il golfo di Baratti, la città di Populonia, i siti che raccontano la storia mineraria del territorio nel corso dei millenni, si condensano attorno al “tesoro” di Populonia, che va quindi molto al di là dell’affascinante ritrovamento monetale e alla sue enigmatiche teste di Medusa. Dal volume impareremo che “La prima e più antica moneta pubblica etrusca è legata ancora a Populonia e sembra essere rappresentata da una serie di valori diversi, in argento e in oro, tra cui spicca l’esemplare con la testa di Medusa con il segno di valore X. Un esemplare di questa serie è stato rinvenuto nei pressi di Como in uno strato archeologico ben riferibile al terzo quarto del V secolo a.C. (450-425 a.C.). Questo dato cronologico conferma precedenti intuizioni scaturite da annotazioni sulle vicende
storiche della città. L’attività metallurgica di Populonia, infatti, si intensifica proprio nel V e nel IV secolo a.C. fino a costituire, alla metà del IV secolo a.C., solide basi di un monopolio per la produzione e l’esportazione del ferro dell’Isola d’Elba. Lo sviluppo di un mercato interno con le relative spese e i compensi può aver favorito il ricorso alla moneta che ora non si limita ai soli alti valori ma che prevede esemplari divisionali in discreta quantità” (da pag. 51).

Ma il libro ci ricorda anche l’archeologia dei paesaggi, che ha modellato il territorio stesso, e gli uomini che vi abitavano. Possiamo dire  generazioni di piombinesi: “i siti minerari costituiscono documenti di straordinario
valore per la conoscenza dei caratteri storici, archeologici, architettonici, naturalistici e geologici di un’area a vocazione mineraria, in quanto espressione della storia delle tecniche estrattive e testimonianza della memoria collettiva dei minatori che vi hanno lavorato, dall’antichità fino a un passato molto recente”

Tutto partendo, in fondo, da un (bel) gruzzolo di monete etrusche.

https://www.archaeoreporter.com/2023/01/01/quando-un-tesoro-svela-un-territorio-le-monete-etrusche-di-populonia-in-un-libro-non-solo-per-numismatici/

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